Il Fatto Nisseno - maggio 2011

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COSTUME & SOCIETA’

IL PERSONAGGIO

Marco Venturi: L’importanza della zona franca

Nisseni “allergici” al codice della strada

Emanuele Macaluso alla direzione de “Il Riformista”

di A. Sardo

di D. Polizzi

a pagina 8

di M. Spena

alle pagine 6 e 7

a pagina 21

RESS

FREE P

Mensile di approfondimento Direzione Editoriale: Michele Spena

-

redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta

Maggio Anno I Num. 4

- Tel/Fax: 0934 594864

Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL

- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011

Non abbiate paura

“Questo popolo, popolo siciliano, talmente attaccato alla vita, popolo che ama la vita, che dà la vita, non può vivere sempre sotto la pressione di una civiltà contraria, civiltà della morte!” Il personaggio del mese

Giovanni Paolo II Beato SANITA’

Di Forti chiede un Punto di primo intervento a pagina 13

STORIA & CULTURA

Sciascia, libraio che conobbe John Kennedy

SETTIMANA SANTA 2011

Don Quattrocchi: Una edizione da dimenticare

a pagina 22 scrivi alla redazione: lettere@ilfattonisseno.it

alle pagine 16 e 17

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L’ editoriale

Un polacco in prima — di Michele Spena —

I

l Fatto Nisseno nasce come mensile di approfondimento locale e proprio per questo abbiamo abituato i nostri lettori a trovare nelle nostre pagine fatti e volti più o meno noti del territorio nisseno. Ma per quale motivo su questo numero di maggio in prima pagina c’è un polacco? La risposta è semplice: è un polacco speciale, il Beato Giovanni Paolo II, un papa che ha aperto una nuova strada alla Chiesa nel dialogo con la grande famiglia umana e che lega il suo nome al mese di maggio perché il 1 maggio di quest’anno è stato proclamato beato dalla Chiesa (ma era ancora maggio, quando scampò miracolosamente, nel 1981, all’attentatore Ali Agca). Mettendo da parte ogni valutazione di natura morale o teologica sull’opportunità di questa scelta, ho sentito la necessità della Sua presenza su questa edizione perché ritengo che il Beato Karol Wojtyla sia stato (e rimane) “cittadino del mondo” e quindi possiamo sentirlo anche cittadino nisseno. Forse sarà riduttivo e per certi versi irriverente, e se dovesse essere così mi scuso, ma vorrei che quella bellissima esortazione del Santo

Padre, “Non abbiate paura”, diventasse, al di là del credo religioso di ogni singolo individuo, il motore propulsivo in grado di spingere il nostro territorio verso una svolta attesa e necessaria. Tutti dobbiamo “non avere paura” di essere protagonisti del cambiamento. La classe dirigente e politica è spesso impaurita dalle decisioni e se decide, decide con paura. L’automobilista non deve avere paura nel rispettare le regole del Codice della strada. L’imprenditore non deve avere paura di investire nella propria azienda e non deve avere paura a denunciare chi quell’investimento rende vano. I genitori non devono avere paura a parlare con i propri figli. E se oggi avvertiamo questo profondo malessere, che ci consuma, forse è perche abbiamo avuto per troppo tempo paura, magari sentendoci (paradossalmente) “coraggiosi” nel non rispettare le regole, sia quelle più ovvie, che ci impone il galateo, sia quelle legate al nostro ordinamento giuridico. E non diamo sempre la colpa alla classe politica. Tutti, impauriti e coraggiosi a modo nostro, siamo responsabili. E nelle mani di tutti è il cambiamento vero.

ISSN: 2039/7070

ECONOMIA


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Maggio

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Nel mese in cui la Chiesa ha beatificato Papa Giovanni Paolo II, da sempliici operatori dell’informazione preferiamo omaggiarlo pubblicando un messaggio che il Santo Padre

aveva inviato agli operatori del settore in occasione della venticinquesima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali. Karol Wojtyla era un grande comunicatore, ne è testimo-

nianza questo scritto che resta una pietra miliare nei rapporti tra la Chiesa e i mass media. Il contenuto del messaggio è un insegnamento che facciamo nostro.

MESSAGGIO DI GIOVANNI PAOLO II PER LA XXV GIORNATA MONDIALE DELLE COMUNICAZIONI SOCIALI

“I mezzi di comunicazione per l’unità e il progresso della famiglia umana” Domenica 12 Maggio 1991 Cari fratelli e sorelle,

I

n occasione della celebrazione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, torniamo al tema che ha costituito il messaggio centrale della Istruzione Pastorale Communio et Progressio, approvata da Papa Paolo VI nel 1971 e relativa all’applicazione del Decreto del Concilio Vaticano II sugli strumenti della Comunicazione Sociale. Formulata in conformità ai desideri dei Padri Conciliari, la Istruzione individuava nell’unità e nel progresso della famiglia umana gli obbiettivi principali della comunicazione sociale e di tutti i mezzi di cui essa si serve. Nel ventennale di questo importante documento, desidero richiamare tale fondamentale considerazione per invitare i membri della Chiesa a riflettere, una volta di più, sui gravi problemi e sulle nuove, ricche opportunità che i continui sviluppi degli strumenti della comunicazione originano, soprattutto in relazione all’unità ed al progresso di tutti i popoli. Da molto tempo la Chiesa ritiene che i media (stampa, radio, televisione e cinema) sono da considerare dei «doni di Dio» (cfr. Pio XII, Miranda Prorsus, AAS, 24, [1957], p. 765). Da quando venne pubblicata l’Istruzione Pastorale l’elenco dei «doni», comprensivo dei mezzi di comunicazione, ha continuato ad allungarsi. Ora, l’umanità dispone di mezzi quali satelliti, computer, videoregistratori e sempre più avanzati metodi di trasmissione ed informazione. Il fine di questi nuovi doni è lo stesso dei mezzi di comunicazione più tradizionali: avvicinarci l’un l’altro più intimamente nella fratellanza e nella mutua comprensione, ed aiutarci a progredire nella ricerca del nostro destino umano, come diletti figli e figlie di Dio. Il legame tra questa considerazione d’ordine generale e la riflessione che vorrei offrirvi in questa occasione è chiaro e diretto: l’uso di mezzi di comunicazione così potenti, oggi a completa disposizione dell’uomo, richiede in tutti coloro che ne sono coinvolti un alto senso di responsabilità. Nelle parole della Istruzione Pastorale del 1971, i media sono «mezzi di comunicazione sociale inanimati». Se essi adempiono oppure no allo scopo per il quale ci sono stati dati, dipende in larga misura dalla saggezza e dal senso di responsabilità col quale se ne fa uso. Dal punto di vista cristiano, gli strumenti di comunicazione sono dei meravigliosi mezzi a disposizione dell’uomo per allacciare, con l’aiuto della Divina Provvidenza, rapporti sempre più stretti e costruttivi fra gli individui e nell’intera umanità. Infatti, grazie alla loro diffusione, i media sono in grado di creare un nuovo linguaggio che mette in grado gli uomini di conoscersi e capirsi con maggior facilità, e quindi di lavorare meglio assieme per il bene comune (cfr. Communio et Progressio, 12).

Tuttavia, se i media sono chiamati ad essere veicoli efficaci di amicizia e di autentica promozione dell’uomo, essi devono essere canali ed espressione di verità, di giustizia e pace, di buona volontà e carità fattiva, di mutuo aiuto, di amore e comunione (cfr. Communio et Progressio, 12 e 13). Se i media servano poi ad arricchire o ad impoverire la natura dell’uomo, questo dipende dalla visione morale e dalla responsabilità etica di coloro che sono coinvolti nel processo di comunicazione e di coloro che sono destinatari del messaggio dei media. In questo quadro, ogni membro della famiglia dell’uomo, dal più semplice consumatore al più importante produttore di programmi, hanno una responsabilità individuale. Mi appello dunque ai Pastori della Chiesa ed ai fedeli cattolici che sono impegnati nel mondo della comunicazione, affinché rinfreschino la loro conoscenza dei principi e delle linee direttrici così chiaramente enunciati nella Communio et Progressio. Che possano capire dove è il loro dovere e possano trarne incoraggiamento per portare avanti i loro doveri come servizio fondamentale per l’unione ed il progresso della famiglia dell’uomo. Mi auguro che questa XXV Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali sia un’occasione affinché le parrocchie e le comunità locali rinnovino la loro attenzione verso le realtà dei media e la loro

influenza sulla società, sulla famiglia e sugli individui, soprattutto i bambini ed i giovani. Vent’anni dopo la Communio et Progressio è possibile aderire interamente al monito espresso nel documento ed alle sue aspettative sugli sviluppi della comunicazione: «Sono quindi aumentate d’improvviso, in maniera vertiginosa, le responsabilità e i doveri del popolo di Dio di fronte ai nuovi impegni, poiché sono anche aumentate, come non mai in passato, le sue possibilità di influire positivamente perché gli strumenti della comunicazione sociale diano una spinta efficace al duraturo progresso dell’umanità, . . . alla collaborazione fraterna fra i popoli ed anche all’annuncio del Vangelo di Salvezza, che porti fino ai confini della Terra la testimonianza del Salvatore» (Communio et Progressio, n. 182). Prego ardentemente Dio affinché vi guidi e vi aiuti nella realizzazione di questa grande speranza, di questo grande compito! Dal Vaticano, 24 gennaio 1991.

IOANNES PAULUS PP. II


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Maggio

Fatti contro la mafia

Rosario Angelo Livatino (Canicattì, 3 ottobre 1952 – Agrigento, 21 settembre 1990) è stato un magistrato italiano assassinato dalla mafia.

per non dimenticare

Vincenzo Livatino, il papà del magistrato che ispirò l’ anatema di Agrigento di Giovanbattista Tona

A

lla sua età, incerto sulle gambe, camminava tenendosi al braccio di un parente o di un amico, ma non mancava mai ogni anno il 21 settembre sulla statale 640 tra Canicattì e Agrigento, quando veniva commemorato il figlio magistrato, ucciso lì dai sicari della stidda agrigentina nel 1990. E nella solennità delle divise, delle corone di fiori e delle auto blu, la sua era la presenza più lieve e più allegra: salutava tutte le autorità e poi, con sguardo esperto, individuava nelle seconde e terze file i capannelli degli intervenuti più giovani e si avvicinava a loro, apostrofandoli quasi come a volerli prendere in giro: “Che siete voi, ora, i giudici ragazzini? E allora vi devo salutare”. Vincenzo Livatino era il padre del “giudice ragazzino”; attratti dalla sua severità bonaria e dal suo affetto perentorio, quei giovani magistrati si sentivano un po’ anche figli suoi e per questo un po’ fratelli di Rosario Livatino. Fratelli minori, si intende, che guardano con sconfinata ammirazione al “ragazzino” più grande e cercano di imparare, sperando e temendo di potere essere com’era lui. Insieme a sua moglie Rosalia Corbo, Vincenzo Livatino aveva cresciuto il loro unico figlio educandolo al rigore e all’onestà ed era stato ripagato vedendolo diventare un magistrato competente e coraggioso. Ciò che dava orgoglio ai genitori, dava invece fastidio alle cosche mafiose. Quando seppero che la macchina di Rosario era stata speronata dai killer, che il loro figlio aveva cercato di fuggire nella campagna oltre il guard rail, che era stato inseguito e che gli avevano sparato senza pietà, per Vincenzo Livatino e sua moglie Rosalia la vita sembrò fermarsi. E invece l’esempio luminoso di Rosario e la testimonianza dei suoi genitori avrebbero ancora dato molto alla Sicilia e al mondo. Sobri e composti, vissero il loro dolore senza nasconderlo ma senza proclamarlo; piansero il loro figlio

senza dolersi mai delle scelte che aveva fatto; nulla rivendicarono dallo Stato, da quello Stato per servire il quale Rosario non aveva potuto accompagnarli nella loro vecchiaia; non persero, anzi accrebbero la loro fede in quel Dio che insieme a Rosario tante volte avevano pregato e sotto la tutela del quale Rosario si

Il 9 maggio del 1993, Giovanni Paolo II andò in visita pastorale ad Agrigento; si era documentato moltissimo sulla mafia, ma, a differenza di tanti esperti, sentiva che per capirla a fondo tutti quegli studi non potevano bastare. Il Vescovo di allora, Mons. Ferraro, gli presentò Rosalia Corbo e Vin-

L’incontro tra Giovanni Paolo II ed i genitori di Rosario Livatino

metteva ogni giorno. Al Presidente della Repubblica che li andò a trovare per i funerali chiesero perché si era preso tanto di-

L’esempio luminoso di Rosario ha dato molto alla Sicilia e al mondo

sturbo da fare un viaggio così lungo da Roma a Canicattì; a chi poneva loro domande sulla scorta che il figlio non aveva mai avuto, dicevano che così aveva voluto e che aveva avuto ragione, perché era morto lui solo e non altri padri di famiglia; quando vennero condannati i colpevoli dell’omicidio di Rosario, dissero solo che erano vecchi e non avevano la forza di seguire tutti i processi. Invece di forza ne avevano tanta e la trasmettevano a tutti. Persino ad un Papa santo.

cenzo Livatino; Vincenzo si mise di fianco e lasciò alla moglie tutta l’attenzione del Papa, che le prese le mani, le tenne nelle sue e la fissò negli occhi amorevolmente; in questo lungo ed intenso momento trascorso da Rosalia e dal Santo Padre in un abbraccio di sguardi e in assoluto silenzio, Vincenzo restò da parte continuando a sussurrare: “Me l’hanno ammazzato, nemmeno quarant’anni”. Racconterà Gianfranco Svidercoschi, biografo di Wojtyla e suo fedele accompagnatore, che, quando i genitori del “giudice ragazzino” si allontanarono, il Papa disse: “Ecco cos’è la mafia. Un conto è studiarla, un conto è vedere quello che ha provocato”. Poi si avviò verso la valle dei Templi dove avrebbe celebrato una Messa storica, che avrebbe dato un impulso irrever-

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sibile alla pastorale della Chiesa. Gli occhi e le mani di Rosalia, il mesto e dignitoso sussurrare di Vincenzo, la testimonianza semplice e vigorosa del loro figlio Rosario quante sensazioni avranno lasciato nel grande cuore di Wojtyla? Quante di tutte quelle che spontaneamente egli espresse nell’oramai celebre anatema contro la mafia? “Dio ha detto una volta: non uccidere. Non può l’uomo, qualsiasi uomo, qualsiasi umana agglomerazione, mafia, non può cambiare e calpestare questo diritto santissimo di Dio. Lo dico ai responsabili: convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!” La potenza di quelle parole ricordava il velo del tempio squarciato in due dopo l’ultimo grido di Gesù crocifisso. E l’emozione, la rabbia che esprimevano non contrastavano per nulla con la mitezza delle persone che avevano concorso ad ispirarle. Oggi Giovanni Paolo II è beato; da un anno è in corso il processo canonico diocesano di beatificazione per Rosario Livatino. Rosalia Corbo nel 2003 ha raggiunto il figlio e ha lasciato a Canicattì Vincenzo Livatino, che ha continuato, fino all’età di 93 anni, ad incoraggiare la buona volontà di uomini delle istituzioni e della società civile, additando Rosario come servitore dello Stato e martire della fede. E’ morto, forse non ancora stanco, il 5 maggio dell’anno scorso. I giudici ragazzini ne hanno tanta nostalgia.

Rosario Livatino, il giudice ragazzino martire della giustizia Figlio dell’avvocato Vincenzo e della signora Rosalia Corbo. Conseguita la maturità presso il liceo classico Ugo Foscolo, nel 1971 s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Palermo nella quale si laureò nel 1975 cum laude. Tra il 1977 ed il 1978 prestò servizio come vicedirettore in prova presso l’ufficio del Registro di Agrigento. Sempre nel 1978, dopo essersi classificato tra i primi in graduatoria nel concorso per uditore giudiziario, entrò in magistratura presso il Tribunale di Caltanissetta. Nel 1979 diventò sostituto procuratore presso il tribunale di Agrigento e ricoprì la carica fino al 1989, quando assunse il ruolo di giudice a latere. Venne ucciso il 21 settembre del 1990 sulla SS 640 mentre si recava, senza scorta, in tribunale, per mano di quattro sicari assoldati dalla Stidda agrigentina, organizzazione mafiosa in contrasto con Cosa Nostra. Del delitto fu testimone oculare Pietro Nava, sulla base delle cui dichiarazioni furono individuati gli esecutori dell’omicidio. Nella sua attività si era occupato di quella che sarebbe esplosa come la Tangentopoli Siciliana ed aveva messo a segno numerosi colpi nei confronti della mafia, anche attraverso lo strumento della confisca dei beni. Visse e operò in un periodo nel quale alcuni giovani magistrati cominciarono delle indagini che rivelavano per la prima volta i legami tra mafia, politica e massoneria. Il Presidente della Repubblica di allora Francesco Cossiga attaccò quei magistrati con una notissima dichiarazione: «Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l’azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a nessuno...? Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perchè ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un’autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno l’amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta». Fu poi Nando Dalla Chiesa che ribattezzò Livatino con la stessa dizione usata da Cossiga, intitolando una famosa biografia del magistrato “il giudice ragazzino” (edita da Einaudi e venduta in centinaia di migliaia di copie); ciò con il fine di dimostrare che quell’insofferenza di Cossiga nei confronti dei giovani magistrati era mal riposta. Papa Giovanni Paolo II definì Rosario Livatino «martire della giustizia ed indirettamente della fede».


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Maggio

di Salvatore Falzone

IL RICORDO. Da parlamentare fu protagonista della stagione del “milazzismo”

Pignatone, un gigante rispetto ai nani della politica Francesco Pignatone

S

embra incredibile. Ma c’è stato un tempo in cui la provincia di Caltanissetta era autorevolmente rappresentata a livello parlamentare e governativo, oltre che

guidata con saggezza nelle amministrazioni locali. Dalla ricostruzione delle macerie della guerra al cosiddetto miracolo economico: 1948-1958. A fare la politica, in quegli anni, c’era gente seria e

capace. Non mancavano le contrapposizioni né gli interessi di parte. Non mancavano le furbizie di sempre e le lotte per il potere. Ma la classe dirigente di allora aveva una sua qualità, anche mo-

Un tempo la politica usava il “baciamano”, adesso la “toccatina”

Direzione Editoriale

Michele Spena m.spena@ilfattonisseno.it

Direttore Responsabile

Rosamaria Li Vecchi r.livecchi@ilfattonisseno.it

Collaborazioni:

Osvaldo Barba Marco Benanti Rosamaria Colajanni Salvatore Falzone Lello Lombardo Martina Nigrelli Donatello Polizzi Alberto Sardo Gianbattista Tona

'LVHJQR JUD¿FR Michele Spena

Impaginazione

Claudia Di Dino

Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel/Fax: 0934 - 594864 info pubblicità: 333/2933026

rale. Erano politici, non politicanti da strapazzo. Attrezzati culturalmente. Giganti in confronto ai nani degli ultimi anni. Uno di questi (giganti) fu Francesco Pignatone, che è stato ricordato nei giorni scorsi con un convegno di studi a San Cataldo, suo paese natale. Politico e intellettuale cattolico di raffinata sensibilità, visse da protagonista la tormentata stagione del milazzismo. Con passione e lucidità prese di petto la crisi dell’autonomia siciliana e dell’unità politica dei cattolici, alla fine degli anni Cinquanta, quando la Sicilia era ai margini del sistema capitalistico italiano, la riforma agraria si era già rivelata un insuccesso e l’industrializzazione un’illusione. Scomparso nel 2006, Pignatone elaborò in quel contesto una riflessione originale

impastata di istanze liberaldemocratiche e di cristianesimo sociale. E soprattutto sorretta da una serie di intuizioni tutte moderne: al di là dell’esito storico dell’esperienza Milazzo, scandalosamente fallita dopo appena sedici mesi di governo per colpa di incoerenze interne e soprattutto di pressioni esterne. Classe 1923, Pignatone respirò fin da subito l’aria del vivacissimo movimento cattolico nisseno. Laureato in lettere, insegnante di latino e greco nel liceo classico di Caltanissetta e nel seminario vescovile, presidente diocesano dell’Azione Cattolica, entrò in politica spinto dal vescovo Giovanni Jacono. Fu consigliere comunale e sindaco di San Cataldo. Elet-

to deputato al Parlamento nelle liste della Democrazia Cristiana a venticinque anni, rappresentò insieme al concittadino Giuseppe Alessi (del quale fu prima pupillo e poi nemico giurato) il fiore all’occhiello della tradizione del cattolicesimo politico nisseno e isolano.


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Maggio

Costume & Società

IL VIGILE URBANO. Parla Giorgio Villa

Parcheggi. I nisseni ?

Nonostante l’appello lanciato dal vice questore Milli, i nisseni appaiono allergici alle regole. E il caos padroneggia nel traffico. Se non ci credete guardate le immagini.

I tirchi della sosta

Se ci si arrischia di dissentire, dai furbetti della doppia fila ci si sente rispondere: “va beh... 5 minuti” ed invece passano ore. E se le aree delimitate da strisce blu risultano vuote, nelle zone di sosta vietata i posti sono esauriti.

La pagina 19 de Il Fatto Nisseno di Marzo

IL REPORTAGE. Ecco cosa accade nelle vie della città in una giornata qualunque

Colpo gobbo al codice della strada

L

1 Galleria fotografica degli orrori relativi alle inadempienze del codice della strada compiute dagli automobilisti nisseni. Il repertorio è ricco di “genialità”: sosta selvaggia, parcheggio abituale in doppia fila, sosta in prossimità di incrocio, fermata permanente sul marciapiede. Un moltiplicarsi di infrazioni che aumenta costantemente e che conferma la sensazione di come le leggi che regolano la circolazione siano, per i cittadini di Caltanissetta, determinazioni arcane dal significato incomprensibile, la cui applicazione è assolutamente incompatibile con le abitudini dei guidatori nostrani.

di Donatello Polizzi a città di Caltanissetta ha un nemico subdolo e implacabile che rende impossibile la vita dei nisseni, da sempre ligi ed ossequiosi ai regolamenti ed alle leggi. Non parliamo del problema dei rifiuti, della discontinua distribuzione idrica o delle periodiche crisi che attanagliano la politica nazionale, regionale e locale; la complicazione in questione ha un nome ed un cognome: il Codice della Strada! Risulta inammissibile e dunque incomprensibile agli automobilisti della nostra città il motivo per cui debbano, mentre guidano, rispettare delle regole. Come mai ognuno di noi non è libero di fare ciò che vuole quando guida la propria auto? Per quale motivo quando si devono acquistare le sigarette, l’au-

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Presto pubblicheremo la galleria fotografica completa su www.ilfattonisseno.it

to non può essere posteggiata sul marciapiede, in prossimità dell’ingresso del tabaccaio? Perché non è possibile parlare al telefonino? Ma chi può aver stabilito queste malsane statuizioni? Il nisseno, furbo e intraprendente per antonomasia, ha però ben pensato di disattendere quotidianamente queste indicazioni legislative, creando un codice alternativo in cui le regole principali sono la comodità ed il fregarsene del senso civico. Nel numero di marzo del nostro mensile, Maria Grazia Milli, Vice Questore aggiunto e da dieci anni al timone delle Polizia Stradale di Caltanissetta, aveva già sottolineato “l’allergia” dei guidatori locali alle leggi; passeggiando per le vie cittadine, accompagnati dalla nostra fedele macchina fotografica, abbiamo ri-

scontrato che nonostante il monito lanciato dalla dott. Milli, la situazione non è per niente migliorata anzi, paradossalmente, assistiamo ad un imbarbarimento crescente di usi e consuetudini automobilistiche. Qualcuno potrebbe chiamare in causa i vigili urbani, adducendo una loro manchevole attività di controllo e repressione. Sarebbe opportuno ricordare che dovrebbe essere la maggior parte dell’utenza dedita alle norme ed, invece, inosservante soltanto una piccola minoranza; a Caltanissetta, accade l’esatto contrario! Abbiamo avuto modo di osservare (e fotografare) centinaia di infrazioni, perpetuate per ore, senza che i brillanti piloti in questione si preoccupassero minimamente delle difficoltà arrecate ai pedoni ed alla circolazione. La

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nostra rapida carrellata delle “genialità” inizia con la foto numero 1. Abbiamo sempre creduto che le quattro ruote dovessero stazionare sulle strade e le persone sui marciapiedi: fortunatamente…qualcuno ha avuto l’accortezza di svelarci la verità! L’auto è comodamente posteggiata sulla banchina mentre l’anziana signora (con tutti i pericoli che ne derivano) è costretta ad incamminarsi lungo il tratto viario. Evitiamo commenti superflui sui consuetudinari posteggi in doppia e tripla fila e se qualcuno prova ad obiettare qualcosa al furbo di turno, si sente costantemente rispondere “eh va beh. 5 minuti!”, anche se in realtà sono trascorse ore. Già perché violare una regola per ridotte frazioni di tempo, non è sbagliato a parere di queste menti illuminate! Di male in peggio: osserviamo la foto numero 2. Posizionamento strategico dell’auto, sotto il segnale che indica il divieto di sosta permanente e rimozione forzata ambo i lati. Tanti credono che la segnaletica stradale non sia perentoria ma soltanto indicativa; qualcosa del tipo, qui sarebbe vietato posteggiare però siccome tu sei scaltro, lascia pure qui il tuo automezzo per un po’ di tempo,

in fondo non muore mica nessuno. La foto numero 3 può essere definita il manifesto ideologico dell’italiano “sperto”. Da un lato le zone di sosta delimitate dalle strisce blu completamente libere, dall’altro una fila enorme di automobili in sosta vietata! Prodigio intellettivo di questi valenti cittadini che dimostrano il loro innato ingegno: intanto non pagano e poi intralciano il traffico! Questa è una circostanza che abbiamo riscontrato in diverse zone della città. Strisce blu vuote ma in prossimità di incroci o zone di soste vietate, cumuli di auto. In

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futuro, quando leggeremo che la nostra città occupa le ultime posizioni nelle classifiche annuali della qualità della vita redatte dai giornali di settore, operiamo un piccolo esame di coscienza: perché quei cittadini che non sono in grado di rispettare le norme basilari della circolazione e dell’educazione civica, dovrebbe poi pagare le tasse, essere onesti o votare con coscienza?

“I Nisseni con l’auto si recano anche a pranzare! Nel senso che, se potessero, posteggerebbero fra la sedia ed il tavolo della cucina!” Giorgio Villa, vicecomandante dei Vigili Urbani della nostra città, in servizio dal 1975, esordisce con la sua abituale ed innata ironia; personaggio poliedrico che divide le sue giornate fra la divisa e l’arte della recitazione teatrale, settore in cui eccelle. “La nostra libertà impedisce agli altri di essere liberi. Se sostiamo 5 minuti per prendere il pane alle 11:30 il fatto è veniale. Ma nel momento in cui, lo stesso gesto lo attuiamo all’una e mezza (ora di punta) la situazione cambia totalmente: intanto devo aspettare il mio turno al panificio perché avrò davanti una decina di persone che a loro volta avranno parcheggiato l’auto in maniera inadeguata. L’ingorgo è bello e servito!” Probabilmente la tortuosit à delle vie, non aiuta. “Noi siamo arabi, non soltanto nell’indole ma anche nel modo in cui abbiamo, gradualmente, costruito la città, quasi fosse una casbah. Non abbiamo belle strade dritte ed altre che le intersecano. Basti citare l’esempio del quartiere S.Luca dove erano previste 32 cooperative e

sono diventate 58, per cui si è dovuto fare economie di carreggiate”. Possiamo anche parlare di una carenza di parcheggi? “La situazione non è felice ma i nisseni amplificano

Giorgio Villa vicecomandante della Polizia Municipale

le difficoltà. Talvolta invece di utilizzare i parcheggi delimitati dalle strisce blu e stare tranquilli per un’oretta con la spesa di 77 centesimi, si – sottolinea ironicamente Villa - preoccupano perché tale cifra può incidere sul bilancio familiare in questo periodo di crisi. Ma se la cifra diventa di svariati euro per il verbale che si prende per sosta vietata…allora quello non rappresenta più un problema! Senza parlare, e più che di educazione stradale dovremmo fare riferimento a quella civica, di chi posteggia negli stalli riservati ai portatori di handicap. O ancor peggio, coloro i quali utilizzano abusivamente le fotocopie del tesserino o lo stesso documento ma impropriamente. Il tesserino viene rilasciato nominalmente al disabile, non è collegato alla targa del veicolo: dunque può usarlo solo la persona a cui è intestato”. D. P.


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Maggio

L’ INCONTRO. Marco Venturi spiega l’importanza della zona franca

“Cinquanta milioni in nome della legalità”

L’ intervista del mese L’assessore regionale parla anche della riforma delle Asi e dei suoi piani sulla zona industriale

di Alberto Sardo

U

n territorio in cui fare investimenti per creare nuova produzione e nuovi posti di lavoro grazie ad agevolazioni fiscali e credito d’imposta, con premialità (finanziamenti) sempre e comunque legate al rispetto dei protocolli di legalità che promuovono una nuova immagine di imprenditore “attivo” nel rispetto delle regole. E’ questo il punto di partenza per spiegare cosa è la Zona Franca per la legalità e lo sviluppo nelle parole di Marco Venturi, assessore regionale alle attività produttive, imprenditore del settore chimica con un azienda nella zona industriale di Caltanissetta. Venturi, ex presidente regionale della “Piccola” di Confindustria, spiega al “Fatto Nisseno” le novità contenute nella delibera della giunta regionale che ha istituito la ZFL. Assessore Venturi, parliamo del “fatto”, l’approvazione di una delibera con cui si finanziano la zona franca per la legalità. Cosa signi-

E un fatto importante perché parte da Caltanissetta

fica? “La zona franca è un fatto importantissimo perchè parte da Caltanissetta, da un’idea di Confindustria e del sindacato del 2004 e oggi dopo la legge antimafia del 2008 che prevedeva l’istituzione delle zone franche per la legalità e lo sviluppo, è stato compiuto l’atto

ciliana che dovrà fare il regolamento, creare delle zone attrattive per gli investimenti e gli insediamenti produttivi in aree industriali e artigianali, per creare nuovi posti di lavoro e nuova produzione, quindi

successivo che andava fatto dalla giunta di governo ed è stato fatto. Si sono delimitati i confini della zona franca, la provincia di Caltanissetta, Pietraperzia e quattro comuni della provincia di Agrigento. Su questa zona franca si sono stanziati 50 milioni di euro per gli investimenti e inoltre è stata avviata la procedura per addivenire ad una zona che sia defiscalizzata e questo seguirà i tempi del governo nazionale e della richiesta al commissario dell’Unione Europea affinchè si sancisca, anche a livello europeo, che quest’area definita dalla giunta di governo sia

realmente una zona franca”. Di questi stanziamenti quale parte sarà subito disponibile? “50 milioni di euro sono competenza regionale e a breve saranno destinate le risorse, non appena il governo nazionale stanzierà i fondi Fas. Per quello che riguarda la defiscalizzazione, per rendere il territorio veramente una zona franca, aspettiamo la decisione della Commissione europea. Le amministrazioni locali a diversi livelli, dai comuni piccoli alla provincia, cosa devono fare? In questo momento è la Regione Si-

Dobbiamo rendere la città attrattiva con gli strumenti messi in campo

lavorare e andare avanti. I protocolli sono importanti perchè le aziende si impegnano a rispettare protocolli di legalità già scritti da Confindustria e dalle Prefetture e su quello ci si confronterà”. Su questo non si transige, come l’obbligo di denuncia. Se si scopre, da indagini, che un imprenditore ha pagato il pizzo? “Perde il finanziamento”. Riforma delle Asi. E’ in commissione bilancio il disegno di riforma che porta il suo nome. Delle 4 grandi aree dell’isola, una è Caltanissetta. Un’opportunità? “Caltanissetta ha una realtà industriale importante. Abbiamo l’Asi che è allocata a San Cataldo, Caltanissetta, Riesi e Grottadacqua. Dobbiamo rendere efficienti e ben fruibili gli insediamenti produttivi che sono già allocati e poi render attrattive le aree che sono vuote, come Riesi e Mazzarino, dove ancora non vi sono insediamenti produttivi”. Su Grottadacqua prendete un impegno? “Sicuramente abbiamo 200 ettari di terreno che sono vuoti e lasciarli così non ha senso. Dobbiamo tro-

vare imprenditori importanti, locali o provenienti da fuori, che vengono a investire in questo territorio. La riforma delle Asi è importante non solo per Caltanissetta ma per tutta la regione. Azzeriamo gli 800 posti di sottogoverno risparmiando 4 milioni di euro l’anno e daremo a queste 11 unità periferiche regionali un servizio più efficiente e più efficace alle aziende e ai cittadini. Per Caltanissetta il problema è rendersi attrattiva con gli strumenti che stiamo mettendo in campo. Sicuramente daremo un vantaggio competitivo come territorio e quindi bisogna cercare che tutti quanti facciano la loro parte, le istituzioni locali devono essere al servizio dei cittadini e delle imprese”. I disegni di legge sulla Zona Franca adesso sono due. “Forse ce ne sono di più. C’è quello presentato da Lomaglio alla Camera un paio di anni fa, poi quello presentato al senato da Lumia, circa un anno e mezzo fa. Poi ci sono la proposta della Cardinale e per ultimo questa di Pagano, l’importante è che anche loro, tutti quanti insieme perseguano un obbiettivo comune e questo non fa sicuramente male. Più si parla del territorio e più si lavora per il territorio per dare nuove opportunità, più si fa bene”. Ma voi non avete preferenze? “Non conosco in profondità il disegno di legge di Pagano e della Cardinale, ho letto molto attentamente quello di Lomaglio e di Lumia che erano molto vicini e avevano molti punti di convergenza. Questi non li ho ancora approfonditi ed è una mia carenza, però ti posso dire che se si fossero unificati ai primi e quindi è una riproposizione degli altri, vanno sicuramente bene”.


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Sinistra & Destra LA GOUCHE. L’ ex parlamentare esprime un giudizio fortemente negativo

In passato esponente del partito Comunista parla di un continuo precipitare del confronto ed elenca le differenze tra la destra e la sinistra

Arnone boccia i politici attuali “Si battono per i posti di potere”

di Rosamaria Li Vecchi

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eputato regionale, deputato nazionale, consigliere comunale e certamente uno dei più lucidi intellettuali della sinistra siciliana e nissena, Mario Arnone osserva con dispiacere “l’infrenato precipitare del confronto politico”, come lo definisce, negli ultimi vent’anni e con grande disponibilità ha accettato di rispondere alle domande de Il Fatto Nisseno. Onorevole, Lei ha visto mutare non solo il panorama politico ma anche il modo di fare politica. Quale è il suo giudizio sul clima di questi ultimi anni, sia in ambito locale sia in campo nazionale? “Ho frequentato per almeno un trentennio le istituzioni, Comune, Provincia, Assemblea regionale, Camera dei deputati, e sono pertanto in grado di segnalare il continuo infrenato precipitare del confronto politico che, a decorrerre dagli anni ’90 del ‘900 ai nostri giorni, ha visto avviarsi verso livelli di degrado, che pochi avrebbero potuto prevedere e che credo di potere attribuire a un lento decadere dei livelli di democrazia nella società italiana. La ragione probabilmente consiste nel modo con cui si sono deperiti i rapporti tra il partito politico e gli elettori. Le strutture territoriali dei partiti erano animate, in gran parte, da progetti politici che si ispiravano a valori che avevano le loro radici nella volontà politica di correzione delle diseguaglianze sociali, usando valori politici ed etici di uno Stato democratico moderno, valori che sono quelli della nostra Carta Costituzionale, non a caso nata dallo scontro tra i poteri autoritari del fascismo italiano e il vasto movimento di liberazione nazionale ispirato ai valori della libertà. Cosa

è accaduto a un certo punto? La società italiana sbocciata dal miracolo economico degli anni Sessanta fu abbagliata dalla società dei consumi, che consentiva l’acquisizione di beni e servizi anche non primari. La politica si trovò ad accondiscendere a queste pulsioni, schierandosi verso forme di acquisizione di ricchezze spesso illegali, approntando talora normative capaci di favorire rendite speculative”. Quali i “vizi” del confronto politico che affliggono oggi Caltanissetta? “Ricordo con nostalgia i tempi in cui il dibattito politico, anche se difficile e duro su temi quali la speculazione edilizia, la lotta ai poteri illegali, la corruzione, si svolgeva

Una volta il dibattito si svolgeva in maniera ordinata

in maniera ordinata, nel rispetto dei regolamenti. La cittadinanaza ancora credo ricordi gli scontri politici appassionati portati nel Consiglio Comunale attorno ai temi permanenti della speculazione edilizia, che ha occupato per quarant’anni il dibattito politico, e non ancora spento, dal momento che il risultato è quello di un disordinato ampliamento dei confini della citta, in uno con l’abbandono e il degrado dei centri antichi di essa. Con l’assurdo risultato di un patrimonio edilizio abitativo eccedente in maniera scandalosa il fabbisogno abitativo, rimasto tuttavia insoddisfatto per le esigenze delle classi sociali più deboli. La sete di case

popolari è ancora altissima e non si vede nessuna prospettiva per la sua soddisfazione. La crisi della democrazia ha avuto come conseguenza la riduzione delle garanzie richieste nella selezione dei gruppi consiliari, che anche nella nostra città ha sofferto di crisi politiche in conseguenza del disvelamento di rapporti col sistema mafioso di personale politico, che una selezione appropriata avrebbe dovuto tenere lontano dagli accessi alle rappresentanze politicoamministrative. Tale degrado obbliga i gruppi politici a battersi per

la presenza nei posti di potere e di sottogoverno, anziche ai problermi della gestione di una città che vanta storie luminose della sua comunità. La nomina di uno o più assessori vincola il funzionamento delle istituzioni sino al risultato paralizzante delle contrattazione per la divisione dei centri di potere. Dura da mesi, per portare un esempio, lo scontro per la individuazione del presidente del consiglio comunale nella nostra città, fatto che rende ancora più penosa la condizione di esistenza dei suoi cittadini”.

Destra e sinistra: ha ancora senso parlare di “idee di destra” e di “idee di sinistra”? “Non bisogna farsi infinocchiare dalla confusione: è di de-

Oggi la nomina di un assessore vincola il funzionamento delle istituzioni

stra avere usato le leve economiche e fiscali per aumentare la ricchezza dei gruppi sociali alti, tollerando metodologie corruttrici e prevedendo sanatorie fiscali a periodicità costante ed è di destra la posizione di chi rinuncia a credere nella laicità dello Stato, fingendosi difensore di valori religiosi ai quali non ha mai creduto. E’ di destra la posizione di chi incrementa la paura del diverso per sesso, razza, opinioni, rifiutando solidarietà umana, accoglienza, confronto, percepiti come valori capaci di compromettere il proprio spazio identitario e il proprio meschino interesse privato. C’è una linea di divisione netta con i valori di una sinistra democratica: sono di sinistra tutte le battaglie per il riconoscimento degli antichi e fondamentali diritti, nonchè dei nuovi diritti, che l’avanzare civile delle società impone a ognuno di noi di esaminare senza rifiuti pregiudiziali. Sono di sinistra le battaglie per superare le diseguaglianza e salvaguardare le conquiste sociali che il secolo XX ha guadagnato alla democrazia, a cominciare dalla tutela della salute e finire al diritto a una vita dignitosa e a una morte anch’essa dignitosa. Non può esserci confusione tra destra e sinistra!”.


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C’era una volta... DROITE. L’ ex sindaco parla dei suoi concittadini e rimpiange il passato

Caustico Peppino Mancuso “I nisseni non amano la città”

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onsigliere comunale, deputato regionale, sindaco di Caltanissetta (il primo ad essere eletto direttamente dai cittadini, secondo la nuova legge regionale del 1992), firmatario all’Ars di un disegno di legge su “Provvedimenti straordinari per lo sviluppo

Amo molto Caltanissetta ma non amo assolutamente coloro che vi vivono

civile, sociale ed economico della città di Caltanissetta”, presentato il 31 gennaio 1975 insieme all’onorevole Grammatico, ma innanzitutto “cittadino nisseno”. Lo rivendica ancora oggi con orgoglio Giuseppe Mancuso, Peppino per gli amici e per tutti quelli che hanno creduto nelle battaglie da lui sostenute, dai banchi dell’aula consiliare di Palazzo del Carmine a quelli di Palazzo dei Normanni, ed osserva con occhio critico e con disappunto la deriva del Paese. Il Fatto Nis-

seno lo ha incontrato nello studio di corso Umberto, al civico n. 2, per una chiacchierata su come è cambiato negli ultimi venti anni il modo di intendere la politica locale. Lei è stato sindaco di Caltanissetta, città per la quale si è speso tanto ma non tutti i nisseni compresero quello slancio. Quali sono state secondo Lei le ragioni? “Premetto che io amo molto questa città – dice l’avvocato Mancuso – ma non amo assolutamente i nisseni. Ho sacrificato gran parte della mia vita per Caltanissetta ma i risultati non sono stati positivi per-

ché sono i nisseni che non amano questa città. Basti ascoltare gli abitanti di Enna, di Agrigento, bisogna vedere come parlano bene delle loro città: i nisseni, invece, il sabato sera se ne vanno a San Cataldo pur di non prendere la pizza a Caltanissetta. Io sono nato a San Domenico, in via Natale, e sono cresciuto ascoltando la mattina presto gli zolfatai che andavano al lavoro. Sapevo che a volte accadevano disgrazie in miniera e quando giocavo con i loro figli soffrivo pensando che ogni giorno che passava qualcuno di loro

E’ stato il pimo sindaco scelto direttamente dagli elettori Serba un buon ricordo degli anni a Palazzo del Carmine e giudica negativamente il bipolarismo

poteva rimanere orfano. Credo che il mio attaccamento a Caltanissetta sia nato allora”. Che ricordo ha degli anni a Palazzo del Carmine e del confronto con il consiglio comunale di allora e con le opposizioni? “Ho bei ricordi, anche per quanto riguarda i rapporti con le opposizioni, anche da consigliere comunale: pur essendo partiti allora completamente avversi le grandi battaglie per la città, per l’acqua, per le strade, le abbiamo fatte insieme. E poi ho sempre pensato che i problemi bisogna volerli risolvere. Per l’acqua, dopo centinaia di richieste, andammo di notte a Palermo, non ci vollero fare entrare a Palazzo d’Orléans ed allora mi misi la fascia tricolore e sfidai chi era all’ingresso ad arrestarmi perché ero lì a perora-

Si sono persi i valori Passare da una corrente ad un’ altra non è onorevole

re la causa di una città senz’acqua. Solo così gli agenti ci consentirono l’ingresso e a mezzanotte incontrammo il presidente della Regione, che diede la sua parola. E a Caltanissetta l’acqua non mancò più. Era il dicembre del 1993, qualche settimana dopo la mia elezione a sindaco. Era cominciata una nuova era, in cui ci si potevano scegliere gli assessori, senza vincoli di partiti, e così

io ho fatto, mettendo in piedi una squadra valida (ndr: Elisa Ingala, Giovanna Candura, Elio Cigna, Gianfranco Fuschi, Luigi Gattuso, Michele Giarratana, Riccardo Longo, Arcangelo Pirrello i componenti della giunta). Ma non ho mai preteso riconoscimenti per quello che facevo perché la mia aspirazione era essere al servizio della città. E poi devo sottolineare che sono riuscito a fare tante cose grazie all’impegno degli impiegati comunali, ai quali ho voluto trasmettere l’amore per la città, che andava consegnata più bella ai figli e ai nipoti. Così abbiamo sistemato i giardini pubblici, creandone anche di nuovi come villa Monica. Ma i nisseni questo non hanno voluto capirlo”. Destra, sinistra, centro: una volta era così, ora il bipolarismo invece di allentare le tensioni sembra alimentare il “tutti contro tutti”. Quale è il suo giudizio su ciò che sta succedendo oggi con la perdita della dialettica politica, sostituita da scontri costanti, nei consigli comunali, in particolare a Caltanissetta, e addirittura in Parlamento? “Si sono perduti i valori, le idee per le quali noi ci battevamo, non ci sono più ideali, che sono molto importanti in politica. Intanto trovo che non sia una cosa onorevole, una cosa da uomini passare da una corrente all’altra, da un partito all’altro e poi oggi io non vedo un solo partito in cui si trovino ancora gli ideali per i quali io e tanti altri ci siamo battuti, ora c’è solo egoismo e la vita civile non si può fondare sull’egoismo”. R.L.V.


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POLITICA. Il consigliere non si sente un traditore: “Non sono uno yes man”

Tricoli, il picconatore di Palazzo del Carmine Lorenzo Tricoli

E’

nato a Sommatino (“cittadinanza” che non lo ha mai abbandonato), Lorenzo Tricoli, consigliere comunale nisseno, ma il suo cuore è sempre diviso a metà tra il ridente comune e la città capoluogo, dove vive ormai da più di dieci anni. “Non tutti i nisseni sanno – dice a chi lo ha spesso accusato di non esserlo – che io sono sposato con una nissena, che mia figlia è nata qui a Caltanissetta e qui sta crescendo e che da sindaco di Sommatino facevo il “pendolare” quasi tutti i giorni e quindi non mi sono “improvvisato” nisseno nel 2009, quando sono stato eletto consigliere comunale”. Ma Lorenzo Tricoli, che nonostante la giovane età ha già alle spalle esperienze di un certo peso, dall’impegno istituzionale come sindaco a quello attuale di consigliere comunale, sembra nato per alimentare polemiche: accuse di tradimento per il suo passaggio pressoché immediato all’opposizione dopo essere stato eletto nelle file della maggioranza e, ancor di più, il ruolo di “picconatore di Palazzo del Carmine”. Cosa è accaduto? “Il percorso politico che mi ha condotto a Palazzo del Carmine – dice – nasce da una scelta politica

ben precisa, al di là delle scelte partitiche: io ho dato il mio pieno sostegno alla candidatura di Campisi e se oggi mi appare forse una scelta affrettata tuttavia mi ha consentito di portare avanti rapporti in questa città, scontrandomi anche con difficoltà innegabili nel confrontarmi con consiglieri comunali uscenti e addirittura con chi era stato, nella precedente legislatura, assessore. Il risultato mi ha dato ragione ma ho chiarito subito che non ero disposto a fare lo “yes man”, cosa che non rientra nelle mie logiche, e qualcuno è forse rimasto contrariato. La frattura con Campisi nasce dalla creazione della seconda associazione antiracket, che non ho condiviso mentre avevo dichiarato pieno sostegno all’associazione di Con-

La frattura con Campisi nasce con la seconda associazione antiracket

findustria che mette insieme tutte le forze imprenditoriali che hanno determinato oggi una svolta per questa provincia”. Impegno politico che, comunque, è in qualche modo nato già negli anni della scuola. “La mia esperienza – ricorda – parte dal mitico istituto comm e rc i a l e Rapisardi, dove mi sono candidato per la prima volta a neanche 15 anni, come rappresentante per il consiglio d’istituto, e dove venni eletto grazie al voto degli studenti pendolari per portare

avanti la lotta per avere pullmann nuovi. E poi l’impegno vero e proprio in politica, prima da segretario Udeur, poi nella segreteria tecnica del ministro Ciampi e del senatore Cusumano, quindi stretto collaboratore di Mastella e infine collaboratore delle attività gestite dal partito. Di questi due anni a Palazzo del Carmine posso parlare fino ad ora di una bellissima esperienza”. Appare però evidente agli occhi dei cittadini una mancanza di dialogo tra consiglieri durante le sedute consiliari. “E’ frutto – sottolinea Tricoli – della tensione accumulata perché si è voluto dare un segnale ben preciso nella conduzione dei lavori: il presidente del consiglio è stato costretto ad ergersi a “diga foranea” nei confronti delle opposizioni. Ma in realtà nelle commissioni si lavora in maniera più serena, con un confronto sempre serrato, e si produce tanto. Ritengo che questo civico consesso sia uno dei più trasparenti e soprattutto dei più leali rispetto alle funzioni dei gruppi consiliari: l’unico torto è forse non tramare nelle stanze fuori da Palazzo del Carmine”.

Tricoli ricorda tutta una serie di atti approvati dall’assemblea consiliare, dal codice etico alla battaglia per l’abbattimento della Tarsu, dai vari atti di indirizzo al sindaco (per la stabilizzazione dei lavoratori precari del comune, poi fatta, per

Non ho mai combattuto e diviso a metà Detesto inciuci e la politica sottobanco

diatico. La formazione dei rappresentanti della politica di una volta è quella che io ho condiviso nella DC e devo ammettere che purtroppo oggi non è più possibile tenere in aula il comportamento tenuto una volta dai nostri colleghi. Noi però abbiamo ancora la capacità di capire quando si arriva al limite, attuando quello che gli inglesi chiamano “autoprocessing”, facendo ricorso insomma all’autocontrollo per evitare di scendere sotto certi limiti”. Anche se penso che in questo momento qualcuno della

il supporto al trasporto locale, per strumenti finanziari) all’approvazione di strumenti di pianificazione urbanistica e del territorio. E su come è cambiato il modo di fare politica negli ultimi

Sopra Lorenzo Tricoli nel giorno della prima comunione (1976) Accanto la sua prima candelina

venti anni dice: “Tanti i cambiamenti dal 1994 ad oggi, con un unico comune denominatore: Berlusconi, che ha avuto anche la capacità di trasformare la politica da fatto istituzionale e confronto a fatto me-

maggioranza vorrebbe fare più da arbitro che da lottatore. Quello che però è importante sottolineare è che si sono mantenuti comunque intatti i rapporti personali. Quanto alla definizione di “picconatore” la accetto ma solo se intesa come l’attività istituzionale di un consigliere comunale che decide di fare opposizione e ribadisco che non ho mai combattuto e diviso a metà, perché detesto gli inciuci e la politica fatta sottobanco”. R. L.V.


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Fatti & Sanità Il sindaco sancataldese lancia la proposta attraverso una lettera inviata al direttore generale dell’ Asp Paolo Cantaro ma anche al collega nisseno Michele Campisi.

L’IDEA. Di Forti chiede di decongestionare il Pronto Soccorso

“All’ ospedale Sant’ Elia si apra un Punto di primo intervento”

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a quando la scure dei tagli si è abbattuta inesorabile su alcuni servizi dell’ospedale “Maddalena Raimondi”, decretando persino la chiusura del Pronto soccorso, gli effetti deleteri del programma di riordino della sanità isolana si sono resi evidenti non solo a San Cataldo, ma per una sorta di desolante “capillarità” negli esiti, pure il Pronto soccorso del Sant’Elia di Caltanissetta è stato costretto (e continua ancora) a fronteggiare una ricorrente emergenza: un caos incessante che trasforma le sale d’attese in una babele. Giuseppe Di Forti, sindaco sancataldese, a parole scatta un’istantanea del Pronto soccorso nisseno: “Lunghe attese per i pazienti, eccessivo carico di lavoro del personale sanitario sottoposto a ritmi incessanti, difficoltà nello svolgimento dell’attività di assistenza al paziente”. Per capirci, la soluzione passerebbe dall’opportunità di decongestionare la struttura “alla luce – è sempre lo stesso Di Forti a dirlo in una lettera inviata sia al manager dell’Azienda sanitaria provinciale Paolo Cantaro che al sindaco di Caltanissetta Michele Campisi- del volume di interGiuseppe Di Forti Sindaco di San Cataldo

LA PROPOSTA: L’ ATTIVAZIONE DEL PUNTO DI PRIMO INTERVENTO Presso il PPI (Punto di primo intervento) andrebbero trattati i codici bianchi e i codici verdi lasciando ai medici del Pronto Soccorso i codici gialli e i codici rossi (le urgenze)

Codice Verde venti giornalieri che fanno apparire la dotazione insufficiente”. Premesse necessarie a formulare una proposta che indirizza al numero uno dell’Asp e all’inquilino di Palazzo del Carmine. “Potrebbe essere utile attivare un punto di primo intervento” sostiene Di Forti. Dalla sua parte la normativa regionale, per la precisione il decreto assessoriale n. 723 del 10 marzo 2010. Il sindaco

consiglia pure di “utilizzare i medici della continuità assistenziale (guardia medica) di Caltanissetta e dei

Necessario dopo i tagli al Maddalena Raimondi di San Cataldo

Comuni vicini ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del Decreto 6 settembre 2010, (Accordo Regionale di Continuità Assistenziale). La normativa prevede che questi medici prestino servizio per 4 ore più ulteriori 2 ore ciascuno settimanali di plus-orario, oltre il normale orario di servizio per attività nei servizi distrettuali. Essi potrebbero essere prioritariamente impiegati in un Punto di primo intervento a turnazione, dalle

Intervento differibile Poco critico, assenza di rischi evolutivi e di pericolo di vita, prestazioni differibili

Codice Bianco Non urgente Non critico, pazienti non urgenti, possono essere visitati dal medico di medicina generale

ore 8 alle ore 20 dei giorni feriali e dalle 8 alle 10 dei prefestivi”. “Tutto ciò- aggiunge- senza alcun aggravio di spesa, in quanto il relativo costo è già ricompreso fra le risorse economiche nel bilancio dell’Azienda. Presso il Punto di primo intervento andrebbero trattati i codici bianchi e i codici verdi(le non urgenze), lasciando ai medici del Pronto Soccorso i codici gialli e i codici rossi (le urgenze)”. Paolo Cantaro Direttore generale A.S.P. n° 2 Caltanissetta


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SOLIDARIETA’. La villetta è oggi una comunità alloggio per minori

L’ ex villa del boss Madonia divenuta rifugio per bimbi di Rosamaria Li Vecchi

La struttura dell’ associazione dedicata al giudice Rocco Chinnici, ospita bambini dai 17 mesi ai 12 anni

Da sinistra Giovanna D’Antoni, Gabriella Buccarello e Padre Giuseppe Anfuso

Certo, anche adesso alcuni sabato e domenica vanno a casa e non perdono il rapporto con la famiglia”. Dodici i bambini che la comunitàalloggio di Caltanissetta ospita. “Qui – precisa don Anfuso – fanno vita normalissima: vanno a scuola con lo scuolabus che li accompagna tutte le mattine ciascuno nel proprio quartiere di appartenenza, dove frequentano anche il catechismo, ognuno nella propria parrocchia”. A chiedere assi-

la comunità Giovanna D’Antoni (“Nanna” la chiamano affettuosamente i più piccini), che vive a tempo pieno nella struttura, e poi una psicologa, un’assistente sociale, due cuoche e una ausiliaria. “Per la notte – dice la signora Giovanna – dorme qui anche una

cambiamento. Appartenuta al boss Giuseppe “Piddu” Madonia, la villetta alla periferia del capoluogo

mesi ai 12 anni) che porta il nome di Rocco Chinnici, il giudice ucciso dalla mafia che credeva nel riscatto della Sicilia attraverso il dialogo con i giovani e i giovanissimi. Ed è bellissimo vedere i giocattoli nel giardino, sentire i bimbi che ridono allegri, vedere le culle, la vita, la speranza nel futuro, insomma, in quelle stanze dove – come ricorda ancora il giudice Gianbattista Tona – i summit di mafia dei boss locali suggellavano condanne a morte. E proprio perché la cultura della mafia si può sradicare solo cercando di debellare la povertà e sostenendo le famiglie più deboli la comunità, come spiega don Giuseppe Anfuso, presidente dell’associazione “Voglia di Vivere Onlus” alla quale è affidata la comunità “Rocco Chinnici”, cerca di

nisseno, confiscata alla mafia nel 2010, è oggi una comunità alloggio per minori (ospita bambini dai 17

tutelare soprattutto le famiglie e non si limita all’accoglienza dei bambini. “E’ grande la nostra soddisfazione – dice padre Anfuso – quando i piccoli possono tornare definitivamente a casa.

stenza sono le famiglie stesse, che si rivolgono ai servizi sociali del comune i quali, a loro volta, tramite il Tribunale dei minori, li affidano alle comunità, ma solo per un periodo di tempo limitato. “Le famiglie sanno comunque – dice don Anfuso – che questi bambini torneranno a casa, che nessuno glieli toglierà e per questo non sono di ostacolo”. Ad accudire i piccoli sono quattro educatori, la responsabile del-

volontaria, che collabora con noi anche per la distribuzione dei pacchi-spesa alle famiglie in difficoltà. Attualmente assistiamo 150 persone”. I bambini ospitati nella comunitàalloggio “Chinnici”, piccoli gruppi composti da fratelli e sorelle appartenenti a quattro diversi nuclei familiari, d’estate fanno pure gite al mare e passeggiate all’aria aperta. Ma si godono il verde ed il sole già in primavera nel giardino della ex

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mmersa nel verde della campagna nissena sembra una villetta come tante altre ma in realtà è il simbolo forte di un

Padre Anfuso: Il nostro lavoro è quello di salvare i bambini dalla strada

villa del boss, dove ognuno di loro ha avuto assegnato da don Anfuso un pezzetto di terra da curare. Ogni aiuola è gestita da un ragazzino, che ne ha grande cura, ed è abbellita da graziose statue: c’è la panchina degli innamorati, il nanetto con la carriola, una statua di Venere e, sotto una pergola, una Madonnina di Medjugorie. “La nostra esperienza – dice don Anfuso – ci insegna che il ragazzo deve sentire veramente sue le cose che gli sono affidate da custodire per potersi veramente sentire non ospite ma padrone di casa”. “Il nostro lavoro – dice ancora – è guidare questi bambini, toglierli dalla strada, e questa crescita graduale noi la vediamo giorno dopo giorno, quando imparano a sistemarsi il letto la mattina prima di andare a scuola, a sparecchiare la tavola, a rispettare gli orari, ad avere ordine nella loro giornata. E poi si rafforzano legami già esistenti, con i più grandi che proteggono ed aiutano i più piccini”. Forte il legame affettivo che si crea anche tra i piccoli e gli operatori e con i luoghi in cui i bimbi crescono (“si attaccano alle cose, ai giocattoli con cui hanno giocato, ai lettini in cui hanno dormito” dice la signora Giovanna). “Cerchiamo di far stare bene i bambini – ci tiene a ricordare più volte padre Giuseppe – e la Provvidenza di Dio per fortuna ci aiuta. Oltre al contributo del comune abbiamo, infatti molti amici grazie ai quali ai bimbi non manca nulla”. Di grande aiuto è ogni anno il 5 per mille, che molti devolvono a favore dell’associazione “Voglia di Vivere Onlus” Comunità alloggio minori “Rocco Chinnici” (C.F. 01598820858). Info 0934.565137.


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VOLONTARIATO. Intervista a Roberto Bonasera, presidente del gruppo

Emergenza sangue in estate la Fidas non va in vacanza di Rosamaria Colajanni

L’associazione promuove la raccolta da 35 anni. E come sempre con l’ arrivo dell’ estate, il gruppo si mobilita.

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a 35 anni promuove la donazione del sangue come dovere morale e sociale di ogni cittadino e nel perseguire questo fine ha concentrato tutti i suoi sforzi, puntando negli ultimi anni sulle nuove generazioni e sulla sen-

Vogliamo fare capire ai giovani che donare non costa nulla

sibilizzazione dei più giovani a compiere questo grandissimo gesto di generosità e solidarietà. E’ la Fidas, che conta nella sezione di Caltanissetta qualche migliaio di donatori. Ma con l’approssimarsi dell’estate, nonostante la disponibilità dei volontari, torna di drammatica attualità il problema legato all’insufficienza delle scorte sangue nel territorio della provincia di Caltanissetta. Un invito viene dunque rivolto

dal presidente della Federazione Italiana Associazione donatori di sangue di Caltanissetta Roberto Bonasera a collaborare tutti insieme per aiutare chi ne ha bisogno. Il Fatto Nisseno lo ha intervistato per “raccontare” alla città l’importante sfida che il giovane presidente e i donatori lanciano ogni anno per sostenere tutti quelli che, a causa di patologie diverse, necessitano di trasfusioni di sangue. Chi sono i donatori? Come si suddividono per età e sesso? “I nostri donatori sono circa 2900, di cui quasi 1000 residenti nella provincia nissena. Vi è una percentuale maggiore di donatori maschili, circa il 60%, con un età media tra i 35 e 50 anni”. Ma quale è il bacino di potenziali donatori in città? E quali le necessità della rete sanitaria ed ospedaliera locale? “A Caltanissetta ci sono circa 20.000 potenziali donatori ed ogni anno riusciamo a raccogliere circa 4300 unità di sangue che vanno all’ospedale nisseno. Qui il sangue viene frazionato e utilizzato secondo le necessità e le priorità stabilite dall’ospedale. Il fabbisogno della nostra città si attesta a circa 6000 unità all’anno, di cui 3000 vengono utilizzate per i 120 talassemici che necessitano ogni 20 giorni di tre sacche di sangue, mentre il resto viene utilizzato per le attività mediche, chirurgiche e per fronteggiare le emergenze. Ma i donatori potenziali presenti in città sono almeno 20.000 e per questo abbiamo già iniziato la nuova campagna pubblicitaria grazie al supporto gratuito dello

studio grafico Alterergo e all’amministrazione comunale, che ci ha concesso gli spazi per le affissioni. Inoltre sono in programma attività sportive in alcuni mesi estivi per richiamare l’attenzione soprattutto dei più giovani, ai quali vogliamo davvero far capire che donare il sangue non costa nulla”. Giovani che comunque sono rappresentati in seno all’Associazione? Quali i ruoli che ricoprono? “Oggi la nostra associazione, nata come Adas nel 1975, federata alla Fidas Nazionale nel 1983 e

sociativa e rappresenta la forza operativa della Fidas. Alcuni giovani sono in forza nel consiglio direttivo e negli organi statutari che gestiscono e guidano l’associazione: tutte le iniziative nelle scuole e verso i giovani sono organizzate e concretizzate da questo gruppo”. Quali i requisiti necessari e le remore e/o paure che “bloccano” i potenziali donatori? “Nella maggior parte dei casi è la pau-

Basta, dunque, davvero poco a diventare donatori (si può cominciare a 18 anni e continuare

Sono solo 2 mila i donatori effettivi su 20 mila potenziali

da sinistra verso destra: Salvatore Abate, Segretario - Giuseppe Candura, Tesoriere - Salvatore Calà, Coordinatore - Giovani Giuseppe Geraci, Consigliere - Alfonso Grillo, Consigliere - Nello Ambra, Consigliere - Roberto Bonasera, Presidente - Gaetano Pavano, Vicepresidente - Carmelo Giardina, Consigliere - Ferdinando Di Gesù, Consigliere

diventata Fidas Caltanissetta nel 2004, sta attraversando un profondo ricambio generazionale: il gruppo giovani nato nel 2005 oggi è una importante realtà as-

ra dell’ago ma in genere esiste un diffuso senso di indifferenza verso gli altri: basti valutare che sono solo 2000 i donatori effettivi sui circa 20.000 potenziali!”.

fino a 65) e in cambio c’è la soddisfazione di poter salvare vite umane. E questo non è poco. (Info 0934.592830 – www.fidascaltanissetta.it).


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Tra Sacro & Profano IL PARERE. Oramai i riti hanno perso il loro afflato di religiosità

Duro don Quattrocchi “Settimana Santa da dimenticare” di Donatello Polizzi Procedono le Vare, la musica risuona lenta, lamentosa, malinconica ma coinvolgente e si fonde con la religiosità dei volti muti ma espressivi dei maestosi personaggi che campeggiano dall’alto dei Gruppi Sacri. Un misto di fede e tradizione, culto e folklore che dovrebbe avvolgere le anime dei fedeli. Ma che processione sarebbe senza una pagnottella con le panelle o un panino ricco di salse e condimenti vari o le “simenze”? Le manifestazioni della Setti-

mana Santa, dai tragitti costellati di bancarelle luminose e colorate che offrono tante gioie per il palato e per i bambini, si sono gradualmente svuotate dei loro antichi e riverenti significati. Ogni anno la flessione in termini di presenze dei cittadini è lieve ma costante e ci si interroga sui motivi dell’allontanamento. Inoltre chi partecipa, talvolta, è più impegnato a mangiare, cincischiare con il cellulare o intrattenere discorsi con gli amici, ridondanti di schiamazzi sgradevoli e risate scomposte. La Real Maestranza, la processione delle Varicedde e dei Grandi Gruppi Sacri, sembrano perdere il loro afflato di religiosità. Soltanto il Cristo Nero prova a mantenere un respiro intimistico. Ritrovare il vero spirito di queste manifestazio-

ni, sia chiaro, non si otterrebbe con l’eliminazione dei molteplici punti di ristoro ambulanti che si trovano lungo il percorso. Un primo passo potrebbe essere la creazione di apposite e delimitate zone ristoro (con punti di assistenza sanitaria e dotate di bagni chimici), in luoghi relativamente distanti dalla percorrenza delle varie processioni. La reintroduzione delle transenne, poi, ottimizzerebbe i tempi ed eviterebbe l’accesso indiscriminato e confusionario di terzi fra le bande o l’ammasso disordinato, in prossimità dei Gruppi sacri, di persone il cui unico pensiero è immortalare, con telefonini o macchine fotografiche, le raffigurazioni in cartapesta. Ma il punto dolente e che rappresenta un banco di prova davvero arduo per tutti noi è lo

Sopra quella che riteniamo essere l’immagine simbolo della Settimana Santa 2011

spirito con il quale noi nisseni ci accostiamo ai riti della Settimana Santa. Dobbiamo renderci conto che non si tratta di eventi festaioli, deputati al divertimento, allo “struscio” o alla mondanità. Sull’argomento, abbiamo ascoltato le ponderate ed incisive valutazioni di don Michele Quattrocchi, assistente spirituale d e l l a Real Maestranza: “La partecipazione devozionale dei nisseni

alle processioni della Settimana Santa, non è mai stata molto religiosa o intensa. Ricordo che a metà degli anni 50’, allorquando seminarista accompagnavo nell’ultimo tratto la Sacra Urna che allora apparteneva al Clero, assistevo a scene di ogni genere: gente ubriaca, tanto chiasso, addirittura una volta i portatori della Traslazione intonarono la canzone Bandiera Rossa”. Esiste una maniera per modificare e migliorare la situazione? “E’ estremamente complicato. Così per come è strutturata la processione di Vare e Varicedde è quasi impossibile. Sono dannose le fermate, che fanno perdere il ritmo e aumentano la stanchez-


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Maggio

Dal Giornale di Sicilia di Martedì 26 Aprile Riportiamo le “dure” parole di S.E. Mons. Mario Russotto pronunciate durante il Pontificale di Pasqua

“ za. Processione vuol dire…procedere non sostare. Senza dire, dell’usanza di voltare il Gruppo Sacro in prossimità di chi ha offerto qualcosa o in direzione di alcuni esercizi commerciali,

Don Michele Quattrocchi

quasi che Nostro Signore si inchini: circostanza inaccettabile. Inoltre, ma la mia è un’idea che risulterà impopolare, accorcerei il percorso. Esistono Gruppi Sacri ben organizzati ma è l’insieme del programma e degli orari delle processioni che è farraginoso. A Trapani per ridare smalto ad una processione che è simile alla nostra, hanno impegnato la forza pubblica per consentire che il tutto avvenga in tempi ragionevoli. Orari da rispettare e poche fermate, per far rinascere l’interesse e la partecipazione dei trapanesi per quelle celebrazioni”. Qual è il suo giudizio sulla Settimana Santa di quest’anno? “Da dimenticare! Non vorrei apparire eccessivo ma sono costretto ad esprimermi così. Oltre a tutti i difetti a cui accennavo poc’anzi, dobbiamo

“La città piange perchè i riti che si celebrano sono senza Dio. E’ arrivato il momento di decidere: vogliamo il folklore o riscoprire la vera pietà popolare. Varicedde e Vare sono la profanazione di quello che viene portato in processione”

Si è aperta una nuova tradizione: quella della legittimazione, in un momento religioso, della protesta sociale autorizzata. E nessuno ha avuto modo di ridire

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IL CASO. Quest’anno in coda al corteo, i

lavoratori di Nissambiente hanno manifestato il loro disagio

La Real Netturbanza

L

a Real Maestranza del 2011 verrà ricordata nella storia, come la prima alla quale ha preso parte una categoria non…tradizionale, quella degli operatori di Nissambiente. In religioso silenzio, in coda al corteo, con le sfavillanti tute arancioni, questi lavoratori hanno voluto manifestare il disagio di chi ri-

Forse chiedere, ed ottenere, di costruire e portare in giro un nuovo gruppo sacro? Possiamo ufficialmente dichiarare che si è aperta una nuova tradizione, quella della legittimazione, in un momento religioso e di orgoglio di essere nisseni, della protesta sociale autorizzata. Nessuno ha avuto nulla da ridire. Ammini-

ceve lo stipendio saltuariamente; un mese di ritardo, le spettanze relative a Marzo, era la pendenza che vantavano allorquando presenziavano al ricevimento delle chiavi da parte del Capitano della Real Maestranza per mano del sindaco. Dopo aver minacciato lo sciopero in concomitanza con i riti pasquali, hanno deciso di revocarlo soltanto la mattina del mercoledì santo, iniziando a lavorare all’alba. Poi, come insegnava Andy Warhol, hanno voluto ritagliarsi un quarto d’ora di celebrità, anzi qualcosina in..più. Un cerimoniale che durava da anni, piegato alle esigenze di alcuni. Ci domandiamo allora quale forma di protesta avrebbero dovuto attuare i lavoratori di tante aziende private ed a partecipazione pubblica, che di stipendi arretrati ne hanno otto, nove o addirittura tredici? Ed i tanti giovani disoccupati, i soggetti in cassa integrazione, il popolo dei precari, in che modo avrebbero potuto rendere manifesto un disagio che si protrae da anni?

strazione cittadina, autorità religiose e civili, hanno rivolto lo sguardo altrove. Che i giornali si siano occupati della nostra città per i cumuli dei rifiuti sparsi per le vie non ha indignato alcuno. La minaccia di una Settimana Santa, offuscata dai cassonetti pieni, ha avallato ogni eventuale richiesta. Magari il prossimo anno, qualora il Comune non dovesse versare in tempo i contributi sportivi, in coda alla Real Maestranza, vedremo gli atleti delle società sportive in maglietta e pantaloncini. Oppure vi troveremo tutti i cittadini che sventolano la bolletta della tarsu aumentata del 40%. Non mancheranno neanche i nisseni che devono fare i conti con l’erogazione idrica discontinua; in corteo, con i celebri “bidoni” di plastica fra le mani. Insomma ognuno avrà il modo di lagnarsi ed infine concludere lietamente il corteo con una foto ricordo in compagnia del Capitano della Real Maestranza nel cortile della biblioteca Scarabelli. O tempora, o mores! D. P.

ricordare gli orari di conclusione: sono stati spropositati. L’epilogo dovrebbe avvenire, al massimo, entro l’una. L’organizzazione è stato il motivo che ha consentito uno svolgimento

Inaccettabile voltare il gruppo sacro in direzione degli esercizi commerciali

regolare e religioso soltanto al Gesù Nazareno della domenica delle Palme, alla processione del Cristo del mercoledì mattina ed infine vi includerei la Via Crucis giunta al quinto anno: davvero, probabilmente, l’unico esempio di assorta religiosità e meditazione, con una partecipazione di fedeli numericamente ragguardevole e crescente”.

Sopra i lavoratori di Nissambiente “orgogliosi” della posa durante la foto ricordo con il Capitano


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Maggio

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Settimana Santa & Bambini L’ANALISI. L’innocenza dei piccini potrebbe essere la chiave di volta

per conferire nuova linfa. Soltanto i bimbi potranno ridare credibilità

I più piccoli salveranno i riti

Sopra l’editore del Fatto Nisseno, Michele Spena, in una foto del 1974. Nella pagina una serie di scatti fotografici che ritraggono i volti dei piccoli protagonisti della Settimana Santa.

di Donatello Polizzi

L’

attenzione dei piccoli è rapita dai giganti di cartapesta che sfilano oscillanti, accompagnati dalle bande musicali. Un susseguirsi colorato di figure, dai costumi e dagli sguardi differenti, che raccontano in maniera emozionante l’ultima fase della vita terrena di Cristo. Le menti dei bambini rielaborano il mescolarsi di situazioni che rendono la processione un momento unico e fantastico: i suoni, i cortei dei vari ceti, l’avanzare lento e maestoso delle Vare, la sfilata delle bande musicali, tutti fattori che si incardinano nell’animo del fanciullo. La trasparenza e l’innocenza dei piccini potrebbero essere la chiave di volta per conferire nuova linfa ai riti della Settimana Santa. Si rivela come necessaria e propedeutica l’opera di preparazione e divulgazione da svolgersi nelle

scuole elementari che però non può essere disgiunta dal comportamento delle famiglie che devono riscoprire e far conoscere ai

bambini il valore etico, culturale, storico e di appartenenza di una manifestazione che è tratto insostituibile della “nissenità”. Dove sono finiti i nonni che pazientemente accompagnavano i nipotini ai riti della Settimana Santa?

La conservazione ed il mantenimento di tradizioni peculiari della città di Caltanissetta e della sua identità storica sono anche sfide da lanciare alla progressiva globalizzazione di usi e coIl saluto del Capitano a tutti i bambini che hanno partecipato con genuina passione alla Settimana Santa 2011


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Maggio stumi che rischia di cancellare le identità locali. Nessun videogioco, nessun cellulare, nessun cartone animato o qualsivoglia attrattiva di vario genere, distrae un bambino che si trova al cospetto di un maestoso Gruppo Sacro. Il fascino che esercita la “Vara”, è un concentrato di fede e folklore, mistero e religiosità, che ancor più marcatamente incide sulla fantasia dei pargoli. Gli adulti si spera abbiano la capacità di instillare in quelli che saranno gli uomini e le donne di domani, il senso di appartenenza e di partecipazione alla celebrazione di riti che, oltre ad un’evidente connotazione religiosa, si rivelano educativi per la forte valenza morale e culturale. I bambini si avvicinano alle Vare, tentano di spingerle, le guardano, le ammirano, ne avvertono inconsapevolmente l’importanza,

hanno fame di capire e di essere partecipi; non dobbiamo rompere l’incantesimo, non possiamo compiere l’errore (come avviene attualmente per gli adolescenti e gli adulti) di far passare il messaggio diseducativo e fuorviante che i riti della Settimana Santa sono semplicemente un’occasione per andare a fare una passeggiata. Innanzitutto vi è l’obbligo morale di recuperare l’animo religioso dei riti e si rivela di ugual rilievo la necessità di veicolare questo messaggio in chiave pedagogica. Soltanto i bambini hanno la possibilità di ridare smalto e credibilità alla Settimana Santa!

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INCONTRI SPIRITUALI. Intervista al francescano Vittorio Viola

“Bisogna comprendere l’essenza del Mistero che noi rappresentiamo”

Assisi. La Basilica di Santa Chiara

di Rosamaria LiVecchi

E’

un percorso personale che parte da un incontro con Gesù, con la sua persona quello della spiritualità come momento saliente della nostra vita di credenti. A sottolinearlo è padre Vittorio Viola, frate francescano dell’Ordine dei Frati Minori, per dieci anni guardiano della Basilica di S. Maria degli Angeli ad Assisi ed oggi guardiano della Basilica di Santa Chiara, periodicamente ospite a Caltanissetta per una serie di incontri di riflessione insieme alla comunità della parrocchia di Sant’Agata al Collegio, aperti a tutta la città. “Del resto – conferma padre Viola - la nostra fede non è adeguarsi ad una norma morale sola ma è un vero incontro con Gesù Cristo e la vocazione è scritta nella concretezza di quall’incontro con Lui, nello scoprire la sua volontà su ciascuno di noi, nel provare a rispondere a quella chiamata con la certezza che il progetto che Lui ha è un progetto d’amore”. Ma cosa ha significato per lei essere per tanti anni il custode della Porziuncola, dove pregava San Francesco, e quale il messaggio che ci parla ancora incessantemente da quei luoghi dove la santità è stata vita vissuta nel fiducioso abbandono alla Parola di Dio? “L’ incontro con Assisi, con Francesco, con Chiara – dice padre Vittorio – è stato l’incontro con testimoni autentici della persona di Gesù. Le loro scelte continuano ad essere scelte attuali, capaci

di dare una risposta alle domande più profonde del cuore dell’uomo. Ed è sempre l’inizio di un percorso

Abbiamo la necessità di ascoltare chi ha dato disponibilità a Dio

vivere resa allo Spirito perché possa compiere la sua missione, fare di ognuno di noi Gesù Cristo. Il cuore dell’uomo, quando si chiude a Dio, perde la possibilità di pace che solo Lui può dare. Ma a volte la chiusura manifesta un bisogno di Dio: tutto sta nel cercare cosa lo Spirito suggerisce, ascoltare come parla nel cuore di ciascuno. C’è na-

che, come per ogni chiamata, riconosci quando cominci tu a renderti disponibile a questa chiamata, sulle strade che lo Spirito Santo ci

indica”. L’ esempio per tutti è sempre Cristo e la sua obbedienza al Padre. “L’ obbedienza che Gesù ha vissuto per noi – dice il frate francescano – e che ci ha donato di poter

Padre Vittorio Viola, 45 anni, originario di Biella, ha conseguito il dottorato in Liturgia presso il Pontificio Istituto liturgico “S. Anselmo” di Roma ed è attualmente docente di Liturgia alla Facoltà teologica di Assisi e presso lo stesso istituto “S. Anselmo”.

turalmente anche la libertà che può portare ad una chiusura nei confronti di Dio”. Ma alcune manifestazioni della fede, specialmente connesse a particolari riti tra tradizione e devozione in alcuni periodi dell’anno, come ad

esempio la Pasqua, non rischiano oggi di perdere il loro vero significato per divenire pura esteriorità? “Forse – suggerisce padre Viola – abbiamo bisogno di incontrare e di ascoltare persone che abbiano dato la loro disponibilità a Dio. Gli incontri che si sono tenuti a Caltanissetta in occasione anche della Pasqua 2011, che ripetiamo ormai da qualche anno e ai quali partecipano non solo gli artigiani della Real Maestranza ma tanti cittadini nisseni, sono una strada per entrare nel cuore dell’anno liturgico che qui ha testimonianze molto vivaci di partecipazione e devozione. Ho trovato molta disponibilità all’ascolto ma di certo è importante riuscire ad entrare dentro il Mistero che noi rappresentiamo, senza fermarsi al dato esteriore e comprendendone l’essenza più profonda”.


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Maggio SDJLQD GL FRPXQLFD]LRQH LVWLWX]LRQDOH

DALLE POSTE ITALIANE ALLA BCCN /D VWRULD GHOO¶HGL¿FLR GL SLD]]D 0DUFRQL

“Progetto di valenza sociale”

Restituito alla città un pezzo di storia D

a anni si discute sulla necessità che il Pubblico intervenga nella riqualificazione del centro storico. Pochi i passi effettuati fino ad oggi e modesti i risultati. Non così quando interviene il Privato. Un esempio ci viene dalla Banca di Credito Cooperativo del Nisseno la quale, acquistato nel 2003 il prestigioso palazzo delle ex Poste Centrali di via Crispi, lo ha restituito alla pubblica fruizione dopo un’attenta e qualificata opera di restauro conservativo. Ma come nasce questo sfarzoso edificio, superbo esempio di architettura del Regime che per oltre mezzo secolo è stato centro nevralgico di lettere e telegrammi? Nei primi mesi del 1919, la man-

canza di un Palazzo Postale portò le autorità locali a discutere, con sempre maggiore insistenza, sulla possibile edificazione di uno stabile in cui dare un’autonoma e più consona sede all’attività degli uffici e del Telegrafo, fino alla metà degli anni ’30 operanti a piano terra dell’odierna Camera di Commercio. Con tale intendimento il Cav. Fazioli, allora direttore delle costruzioni, redige un progetto per la fabbricazione del detto stabile che inizialmente si pensa di ubicare tra la via Saetta e il largo Badia. Dopo varie tesi si predilige l’ipotesi di contrada “Canalicchio” (oggi piazza Marconi), luogo in cui si ergeva l’antica chiesa di Sant’Antonino e l’annesso convento dei Minori Riformati. Tale chiesa, edificata nel settembre del 1637 per lascito del benefattore Nicolò Sagitta e di Donna Maria D’Alcalà moglie del principe di Paternò, venne, nel 1866, a seguito della soppressione degli ordini religiosi, demanializzata è pertanto adibita a magazzino militare mentre l’annesso convento, parzialmente demolito alla fine del 1800 per le pessime condizioni statiche, viene nel 1913 raso al suolo

per dar spazio alla nuova caserma dei Carabinieri Reali (oggi Uffici Provinciali). Nel 1920 pertanto si procede, sotto invito del Reggio Governo, all’abbattimento della chiesa, sulle cui ceneri si dà avvio alla costruzione del nuovo stabile; così le fervide

preghiere dei fedeli lasciano il passo al vocio degli utenti assorti nell’inviare missive e telegrammi. Qualche mese dopo si cominciano anche i lavori di edificazione su progetto dell’Ingegnere delle Ferrovie dello Stato Francesco Lombardo. Caratterizzato da un certo eclettismo l’edificio, di 3.500 metri quadri, si presenta come un corpo allungato costituito da un unico blocco chiuso che si sviluppa su tre elevazioni, l’ultima delle quali con funzione di attico. Il basamento costituito da pietra bianca squadrata è interrotta dall’apertura di finestre protette da massicce inferriate che offrono luce al seminterrato, il piano rialzato con una superficie bugnata in pietra arenaria locale, è contraddistinto da finestre ad arco, mentre il primo e il secondo piano si mostrano con finestre modulari rettangolari e ad arco con mostre in pietra arenaria su campo ad intonaco bianco. L’edificio completo in ogni sua parte è solennemente inaugurato, alla presenza di autorità civili e militari, il 29 ottobre 1934, all’indomani dell’anniversario della Marcia su Roma. Le sale interne sono ornate con decorazioni parietali dell’artista siciliano Gino Morici (Palermo 1901- 1972), docente presso l’Accademia di belle arti di Palermo e

noto scenografo e arredatore d’interni. Ispirati al mondo del lavoro, gli affreschi della Sala dei Telegrammi racchiudono “La Storia delle Comunicazioni”, con un “excursus” che và dall’età preistorica fino ai tempi recenti, mostrando caratteri di una pittura sintetica - monumentale tipica del Novecentismo. La sala presenta inoltre i lavori del pittore Gaetano Sparacino, intimo amico del Morici, al quale si devono altresì gli affreschi decorativi presenti sulle pareti e sul soffitto, e due bassorilievi opera di Benedetto De Lisi. Nella Sala del Pubblico il Morici interviene invece sul soffitto con riquadri in cui spiccano i simboli delle comunicazioni circondati da decori di indubbio Astrattismo Avanguardistico. L’edificio rimane operante come sede centrale delle Poste fino al 1992, e poi come succursale fino alla metà del decennio scorso. Nel 2003 il passaggio alla “Banca di Credito Cooperativo del Nisseno”, guidata dal presidente Giuseppe Di Forti che, su progetto e con la direzione dei lavori dell’Ing. Manlio Averna, da avvio ad un lungo e attento intervento di restauro in una logica strettamente conservativa. Non sono mancate nel corso dei lavori le sorprese, come per esempio la scoperta, nel cortile, di una cripta del 1842, verosimilmente al servizio dell’ormai scomparsa chiesa di Sant’Antonino, utilizzata come luogo di sepoltura di massa, e tracce di un pavimento esagonale in cotto risalente alla prima metà del XV secolo. Il 29 ottobre 2010, nel giorno della ricorrenza della sua inaugurazione settantasei anni

prima, il Palazzo, dopo un interessante convegno svolto presso il Teatro Margherita dal tema “Per fare piccoli passi … ci vogliono grandi sogni” che ha visto la partecipazione di autorità civili e militari nonché i vertici nazionali e regionali del Credito Cooperativo, ha riaperto le sue porte alla cittadinanza che si è riappropriata così dell’identità di un luogo ricco di memoria. Attualmente esso è sede della Soprintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali di Caltanissetta che, in locazione, occupa il secondo, il terzo piano e parte del piano rialzato e del seminterrato mentre entro l’anno diventerà anche sede dell’Istituto di Credito che vi trasferirà gli uffici amministrativi, la Presidenza e la Direzione. Le sale affrescate, vero scrigno d’arte, per ammirevole iniziativa della Banca sono già a disposizione della popolazione per la

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realizzazione di convegni, mostre e presentazioni varie. Il Palazzo è divenuto così un punto stabile per lo sviluppo e la crescita culturale della collettività nissena.

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L’immobile, vincolato ai sensi della legge 1089/39, è rimasto per anni in stato di semiabbandono anche a motivo dei cospicui capitali necessari per il risanamento. “Siamo una banca ma anche un’impresa che ha una responsabilità sociale sul territorio – dice il Presidente Di Forti – e come tale promuoviamo la crescita culturale. L’acquisto del Palazzo da parte della BCCN è stato effettuato per esigenze funzionali dell’Azienda ma anche con l’intento di restituire alla Città un bene di interesse storico e artistico che sarebbe rimasto per molti anni ancora privo di manutenzione e quindi avrebbe subito un ulteriore definitivo degrado che avrebbe comportato la perdita di un importantissimo patrimonio

Promuoviamo la crescita culturale del territorio artistico, storico e culturale”. Le sale affrescate, sottratte all’uso ordinario della banca, sono state rese disponibili per la realizzazione di eventi culturali di interesse collettivo (diversi già gli eventi che ha ospitato) mentre una buona porzione dei rimanenti locali è stata affittata alla Soprintendenza che è riuscita ad avere una sede adeguata e prestigiosa che diversamente non avrebbe avuto. I lavori di restauro sono stati finanziati interamente dalla Banca con propri capitali. “Si tratta di una testimonianza di come pubblico e privato bene possono coniugare i propri obiettivi nell’interesse comune – dichiara il Presidente Di Forti - con vantaggi reciproci e con ricadute positive per l’intera collettività. Siamo i proprietari dell’immobile ma ci sentiamo i detentori di un bene comune. Abbiamo voluto condurre i lavori di restauro con la cura che si deve ad un oggetto prezioso e siamo orgogliosi del risultato”.


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Maggio

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IL PERSONAGGIO. A 87 anni ha scelto di dirigere il quotidiano “arancione”

Emanuele Macaluso,

“Il Riformista”

di Michele Spena

Una nuova sfida per il politico nisseno, ex dirigente del Partito comunista e storico direttore dell’Unità.

dare un giornale riformista nella sostanza e nel nome. Dopo l’addio degli Angelucci, (quelli di “Libero” per intenderci), la testata arancione, “Il Riformista” appunto, è passato totalmente in mano al gruppo del-

Giorgio Napolitano, oggi presidente della Repubblica, il militante nisseno figlio di un ferroviere e di una casalinga, guidò la fronda “migliorista”, sommariamente targata come la destra del Pci. Nel 1958, da leader

H

a scelto il giorno che celebra il lavoro per tornare al timone di un giornale. E lo ha fatto all’età in cui di norma ci si ritira a vita privata, in attesa che l’ignoto decida sul proprio destino. Ma lui è un combattente nato, una mente vivacissima e raffinata, di un intelligenza fervida. Colto e sobrio

grafia dell’onorevole raccoglie una pagina importante del Macaluso giornalista. Guidò l’Unità, all’epoca organo ufficiale del Pci, dal 1982 al 1986, cercando di modernizzarlo, alla pari della trasformazione che la fine degli anni ’80 portò il partito a cambiare pelle prima e il nome in seguito. Lasciato gli scranni dei parlamenti, da osservatore attento e lungimirante, ha intensificato la sua attività pubblicistica scrivendo per La Stampa, Il Mattino, e poi l’incontro con Il Riformista. Da semplice comment atore,

Due immagini di Emanuele Macaluso nella redazione romana de L’ Unità (1982). A destra la prima pagina de Il Riformista del 1° Maggio, suo primo giorno da direttore

nei ragionamenti; un progressista nell’animo e nelle congetture. Emanuele Macaluso ha 87 anni, più di esperienze che di acciacchi. Politico per passione, innovativo nella ragione, ha accettato la sfida di gui-

la cooperativa “Le ragioni del Socialismo”, di cui Macaluso è al vertice. Dopo l’addio di Antonio Polito, dal primo maggio il giornale lo guida lui, Emanuele, il compagno che per primo capì l’errore di arroccare il Partito comunista su delle posizioni radicali ed estreme. Assieme a

comunista nell’Isola, benedisse il “milazzismo” dal nome del presidente della Regione Siciliana Silvio Milazzo, che varò un governo regionale sostenuto da comunisti, socialisti, monarchici, da fuoriusciti della Dc e persino dal Movimento sociale. A fianco al Macaluso politico, la bio-

Emanuele Macaluso con l’amico di sempre il Presidente Giorgio Napolitano

adesso è divenuto pure direttore ed editore, anche se al

Corriere ha confessato; “Rimettermi alla direzione è una faticaccia. Farò un giornalee senza padro-

Rimettermi alla direzione è una faticaccia. Farò un giornale libero

ni”. Una nuova sfida per un uomo avanti negli anni, ma ancora più avanti nelle idee. Un nisseno dal grande intelletto, che ha avuto la forza e l’acume di innovare e rinnovare. Un uomo coraggioso, più volte critico con il Pd, ma che sogna ancora un grande movimento socialdemocratico e liberale. In una sola parola: un “riformista”.


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Maggio

Storia & Cultura

IL PERSONAGGIO. Divenuto editore fu molto amato dagli intellettuali

Sciascia, il libraio nisseno che conobbe Kennedy di Martina Nigrelli

A

l civico 111 di corso Umberto c’è ancora la sua libreria. Salvatore Sciascia, sommatinese ma nisseno di adozione, illustre intellettuale che ha portato una ventata culturale in una Caltanissetta che stentava a riprendersi dalla guerra. Sciascia, la passione per i libri e l’editoria l’ha ereditata da uno zio, editore e titolare di importanti librerie a Palermo. La sua attività a Caltanissetta iniziò quando decise,

La libreria Sciascia al civico 111 di Corso Umberto

cero la storia. Con la pubblicazione di una serie di volumetti di filosofia, storia e letteratura italiana e straniera, alla fine del 1949, nasce la “Edizioni Salvatore Sciascia”. Tra i primi libri pubblicati troviamo “Pirandello e pirandellismo” dell’amico fraterno Leonardo Sciascia, “Il fiore della poesia romanesca”, sempre dello stesso ma con la premessa firmata da Pier Paolo Pasolini. Il sodalizio culturale tra Leonardo Caltanissetta 1971, Salvatore Sciascia dinanzi all’ingresso della libreria con il Procuratore della Repubblica Gaetano Costa

Washington 1961, Salvatore Sciascia alla Casa Bianca dal Presidente John F. Kennedy

a sua volta, di aprire una libreria vicino la chiesa di Santa Lucia che poi spostò nel corso principale della città. Caltanissetta, in quel periodo, era ricca di stimoli provenienti dal mondo operaio e dell’imprenditoria mineraria, impulsi che hanno contribuito a creare una classe politica e sindacale che, col tempo, avrebbe dato lustro alla città. La libreria di Salvatore Sciascia, così, divenne un crocevia per intellettuali e giovani politicanti: tra gli scaffali colmi di libri era facile incontrare, oltre a Leonardo Sciascia, anche Vitaliano Brancati, un giovane Emanuele Macaluso, il preside Monaco e il magistrato Gaetano Costa. Tutti, assieme, diedero vita a una sorta di circolo culturale che “firmò” per lunghi anni il fermento della città. E in effetti Salvatore Sciascia era un uomo che aveva quella che oggi si potrebbe chiamare una vocazione innata per le pubbliche relazioni e per questa ragione il suo “entourage” era composto da intellettuali che fe-

tutti. Un po’ meno è conosciuta la vicenda che lo vede protagonista, quando fu invitato dal presidente Kennedy alla Casa Bianca, perchè in una delle sue riviste era stato tracciato un profilo di John curato dal giornalista italo- americano Philip Cor-

daro. A Caltanissetta Sciascia è anche ricordato come presidente della Camera di Commercio ma soprattutto come animatore e promotore di uno dei più prestigiosi club service, il “Rotary”. Proprio durante un convegno organizzato a Bari dal “Rotary” fu colpito da un malore che non gli lasciò scampo. Era il 1986 e alla sua morte i figli Paolo e Giuseppe presero le redini della casa editrice, riuscendo sempre a man-

e Salvatore Sciascia arriva al culmine quando inizia la pubblicazione della rivista letteraria “Galleria”, che i due intellettuali curarono insieme fino al 1959; negli stessi anni, inoltre, cominciò a uscire anche il fascicolo “I quaderni di galleria”, dove ebbero modo di scrivere anche Pasolini, Roberto Roversi e Giorgio Caproni. Ma che Sciascia avesse un “fiuto” eccezionale per “scovare” grandi autori è noto a

tenere alto il livello delle pubblicazioni. Il “Rotary”, invece, per ricordare il lustro che Sciascia aveva portato sia al club che all’in-

Il sindaco Campisi: Mi adopererò per intitolargli una strada

tera città, nel 1987 ha dato vita alla “Fondazione Sciascia”, oggi presieduta da Arcangelo Lacagnina. A venticinque anni dalla scomparsa Caltanissetta ha reso omaggio alla memoria di Salvatore Sciascia lo scorso mese, con un incontro al quale hanno preso parte anche la moglie Maria e i figli. Lo storico Sergio Mangiavillano ha tracciato un profilo umano e professionale commovente e l’assemblea, riunita al centro polivalente “Michele Abbate”, ha strappato una promessa al sindaco Campisi, che ha assicurato il proprio impegno per l’intitolazione all’editore Sciascia di una strada.


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Maggio

LA RIVISTA. Rassegna semestrale di storia, letteratura, arte e società

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A curare la pubblicazione nata nel 2007, l’Officina del libro Luciano Scarabelli

“Archivio Nisseno”, progetto temerario per promuovere cultura

“Il libro rende liberi; la cultura rende liberi”: questo è il messaggio del logo dell’Associazione “Officina del libro Luciano Scarabelli”

di A. Vizzini

N

on molti tra i nisseni sanno che a Caltanissetta si pubblica una prestigiosa rivista che raggiunge le più importanti biblioteche italiane e i centri di studio più prestigiosi della nostra penisola: è “ARCHIVIO NISSENO”, una rassegna semestrale di storia, lettere, arte e società, fondata nel 2007 e ormai giunta al suo settimo numero che esce in questi giorni. E’ il risultato di un progetto che è stato definito “temerario”, portato avanti da un’associazione di studiosi che raccoglie le firme più impegnate della cultura nissena, l’Officina del libro Luciano Scarabelli di Caltanissetta, che si ispira alla figura e all’opera del letterato piacentino che nel 1862 donò alla biblioteca comunale di Caltanissetta, oggi a lui intitolata, un cospicuo numero di libri per aiutare concretamente la città a promuovere la cultura quale leva primaria per il suo progresso civile e sociale. La pubblicazione della rivista risponde alla missione fondamentale che l’Associazione si è data, che è quella di coordinare e promuovere il lavoro di ricerca degli studiosi dell’area nissena, indirizzandolo ad un progetto comune di futuro. “Un azzardo calcolato – lo definirono nel 2007 i direttori editoriali Antonio Vitellaro e Sergio Mangiavillano – che vuole provare a mettere in circolo e a raccordare i timidi segnali di vitalità esistenti nella nostra area, che fanno fatica a venir fuori e a incidere sul suo tessuto. Pensiamo che un salto qualitativo sia possibile, valorizzando hic et

nunc il nostro patrimonio culturale in una prospettiva di presenza attiva. Questo è l’obiettivo arduo che ci proponiamo, in un contesto dominato dalla civiltà dell’uomo solo, come lo definì Leonardo Sciascia,

paradossalmente, nella metafora della piccola Atene potenzialità e opportunità ristrette a pochi intellettuali suoi maestri, che oggi possono dilatarsi con un raggio più ampio, creativo e propositivo insieme”. Se scorriamo i sette numeri della rivista finora puntualmente pubblicati, ci accorgiamo che il progetto originario si va concretizzando attraverso la pubblicazione di studi e ricerche, degli atti

Due immagini dell’altare in marmi mischi di S. Ignazio nella Chiesa di S. Agata di Caltanissetta, di cui si parla nel n. 7 della rivista.

che in anni ormai lontani a Caltanissetta studiò e scelse di vivere intravedendo, ironicamente e

di importanti convegni, facendo conoscere beni culturali e opere d’ingegno finora non opportuna-

mente valorizzati.

attraverso la sola oralità. La rivista ha affrontato anche temi di più stretta attualità, quali quelli sul sistema delle relazioni nella sfera Il n. 7 (Luglio-Dicembre 2010) di “Archivio Nisseno”.

E’ il caso dei convegni su Giordani e Scarabelli, su Paolo Emiliani Giudici, su Luigi Russo, sul fondo biblico della Biblioteca “Scarabelli”, o degli studi sugli artisti della “Scuola di Caltanissetta”, sull’opera del pittore Oscar Carnicelli o degli studi critici di Gino Cannici; oppure della riscoperta di fatti e personaggi del territorio nisseno, come le vicende dei Fasci dei lavoratori o di letterati come Giuseppe Rossi Barbera e dello scultore Francesco Asaro; ma anche l’analisi delle opere d’arte di proprietà del Comune di Caltanissetta o le decorazioni parietali nell’antico edificio delle poste della città; o i contributi fondamentali sulle associazioni artigiane nissene nel Seicento o sulla storia della Real Maestranza. Preziosa è stata anche l’opera di recupero di inediti dimenticati e la pubblicazione dei vecchi canti popolari di Milocca-Milena, che rischiavano di perdersi perché se n’era interrotta la trasmissione

pubblica, sulla lotta alla mafia o sull’attualità del pensiero di Leonardo Sciascia. La rivista “Archivio Nisseno” merita di essere sostenuta da quanti amano la storia e le esperienze culturali, passate e presenti, della nostra città. E’ stato detto che dai tempi della rivista “Galleria” di Leonardo Sciascia nulla di tanto meritorio è stato fatto per la promozione della cultura a Caltanissetta.

Ritratto del 1882 di Luciano Scarabelli dell’artista Michele Tripisciano


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Fatti & artisti di provincia

ARTE. Lo scultore mussomelese è un fervido credente. Eppure le sue opere sono spesso considerate al limite della trasgressione

Per Phil il nudo è il soggetto predominante, ma non nasconde che in passsato tale scelta è stata motivo di sofferenza

Phil Kay, artista folgorato sulla via di Damasco Filippo Misuraca

di Osvaldo Barba

N

on sono solo i colori sociali delle squadre calcistiche ad accomunare Catania e Mussomeli. Oggi c’è un motivo in più. Una straordinaria scultura, intitolata L’Ultima Spiaggia e realizzata dal poliedrico artista mussomelese PhylKay, ha avuto il suo posto d’onore all’interno del polo fieristico Etnaexpo. L’opera, ammirata quotidianamente dalla moltitudine di visitatori che frequentano il noto centro commerciale catanese, è stata realizzata nel corso del Simposio di Scultura organizzato da Tina Aldisi, nell’ambito della Mostra Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea SICILIARTE 2011, curata dal critico d’arte Francesco Gallo. Del comitato consultivo della mostra ha fatto parte anche Graziano Cecchini, l’artista futurista famoso fra il grande pubblico perché nel 2007 ha colorato di rosso l’acqua della fontana di Trevi. Un’altra vetrina importante per Phil Kay, al secolo Filippo Misuraca, classe 1962, che sta inanellando commissioni su commissioni in ogni parte dell’isola, a suggello di un talento in netto crescendo che ha prodotto opere presenti non solo in Italia, ma anche in Gran Bretagna. Eppure PhilKay non si sente appagato dai traguardi raggiunti; neanche quando ha realizzato uno straordinario tabernacolo in bronzo per l’aula liturgica della parrocchia “S.Giuseppe” di Villabate, nella cui chiesa esiste uno stupefacenteCristo in Croce di Pericle Fazzini,considerato tra i maggiori e più celebri esponenti della scultura internazionale. Per onore di cronaca va ricordato che le opere di Fazzini sono conservate nelle maggiori collezioni private e nei musei più importanti del mondo. PhilKay si considera come un “artista maledetto”, le cui opere e l’indiscutibile talento, sono riconosciute ovunque…..eccetto che a Mussomeli. Insomma,

un ennesimo caso di Nemo Profeta in Patria. Eppure Phil è molto legato alle sue radici e alla sua terra. Gli amici lo ricordano come un ragazzo che, sin dall’adolescenza, ha avuto dentro di sé un vulcano in continua attività che ha “eruttato” una straordinaria energia positiva coinvolgente.Non solo i conoscenti sono stati “catturati”

vita come un continuo verificarsi di segni che non ha colto fin quando….. non si è sentito come un “folgorato sulla Via di Damasco”. Come San Paolo, egli condivide molto del cammino spirituale di una dei Padri fondatori della Chiesa. A partire dal giorno di nascita il 25 gennaio,ricorrenza in cui la chiesa ricorda proprio l’avvenu-

forme in genere e di tutta la materia. Racconta che varie volte ha avuto ospite a casa sua modelli e modelle che hanno posato nudi per la realizzazione di opere che sono state acquistate in ogni parte dell’isola. Il tutto è avvenuto con la serenità di chi vive con trasparenza e amore, la sacralità del focolare domestico. Fra queste opere va ricordato un telamone, una scultura maschile, a tutto tondo o a rilievo, impiegata come sostegno, strutturale o decorativo, finita in un notissimo ristorante londinese, per la cui realizzazione ha posato Gero Mongiovì, pluripremiato culturista mussomelese. Tacciato di volgarità, oltre ogni dubbio, Phil si è trovato al centro di un caso mediatico nel 1998, con l’opera “L’intruso”. La scultura, realizzata in calcarenite, è stata considerata hard ed addirittura dissacrante visto che all’epoca era stata momentaneamente collocata al cen-

Nella pagina le foto di alcune opere dello scultore

da Phil ma anche i molti estimatori delle doti che madre natura ha generosamente elargito all’eccentrico Kay. Mai domo, nonostante il durissimo lavoro nella cava di pietra posseduta dal padre, Phil

Le mie opere sono il concretizzarsi dell’amore per le forme

ha alternato l’amore per la musica a quello per la scultura, la passione per le moto da cross a quella per le donne, l’innato senso di rivoluzionario anche nell’abbigliamento a quello di padre e marito innamoratissimo della propria moglie e del figlio. Descrive la sua

to ravvedimento dell’anticristiano Saulo, acciecato da Dio e ritrovatosi credente e vedente a Damasco. Oggi Phil è un fervido credente ed un assiduo lettore della Parola di Dio. Eppure le sue opere sono spesso considerate al limite tra lo sconcio ed il perverso, dove il nudo è il tema predominante del soggetto. Alla data odierna,Kaysorride serenamente a questa accuse, ma non nasconde che negli anni passati, sono state fonte di sofferenza interiore e soprattutto di emarginazione. Definisce le sue opere come il concretizzarsi del grande amore che nutre nei confronti delle

tro del Palacultura “M.Randazzo”, locale sito all’interno del chiostro “S.Domenico” attiguo all’omonimo Santuario dove si venera la Madonna dei Miracoli. Agli occhi di molti visitatori “L’intruso” è apparso come una figura geometrica di tipo falloidale contenuta all’interno di quello che poteva anche essere considerato un bacino femminile. In sintesi l’opera,

per la chiesa e per i molti credenti sconcertati e disgustati, altro non era che la riproduzione di un atto sessuale tra uomo e donna. Phil ha sempre detto che “L’intruso” non era altro che la rappresentazione della mafia che si insinua nelle viscere della Sicilia e che, con le sue azioni e le sue malefatte, mette costantemente in ginocchio quella che è considerata come la Perla del Mediterraneo. Dopo la conversione al cattolicesimo e la frequentazione periodica di un gruppo di preghiera, Phil rispetta in pieno le interpretazioni che i “profani” dell’arte danno in genere delle sue opere, ma naturalmente non le condivide affatto. E non ha tutti i torti. Basta pensare che ci si dovrebbe scandalizzare per il David di Michelangelo di Piazza della Signoria a Firenze o per i nudi scultorei di Piazza della Vergogna a Palermo. Critiche a parte Phil crede molto di più nei veri valori come l’amicizia, il rispetto , la famiglia, la Chiesa, virtù che oggi sono al centro di quella che non solo è la sua arte, ma anche e soprattutto del suo impegno di credente e professante. Le sue sculture sono realizzate in materiale vario, come l’argilla, la terracotta, il bronzo, la calcarenite, il marmo e l’alabastro. Maniacale nella cura di ogni sua realizzazione, si affida costantemente alla protezione del suo spirito guida. Già, perché l’avventura di Phil con l’arte, parte proprio dall’incontro con uno spirito……in “etere” ed ossa. Ma questa è un’altra storia che Filippo Misuraca proverà a raccontare in un libro in corso di realizzazione, in cui questa volta, non metterà a nudo nessuna delle sue opere. Denuderà sé stesso e traccerà il profilo dell’artista Phil Kay senza tralasciare l’essenza dell’uomo Filippo Misuraca. Non è ancora uscito, ma chi ha avuto la fortuna di leggere qualche pagina del libro, assicura che si tratta di un vero e proprio capolavoro.


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pagina pubblicitaria di comunicazione

IL CONVEGNO. Agorà 2011, l’evento nazionale promosso dall’Acli, per la prima volta si terrà in città.

Giovani “aclisti” da tutta Italia a Caltanissetta

S

pazio di riflessione, occasione e motivo di coinvolgimento sui temi che riguardano le giovani generazioni, la cittadinanza globale, il senso della comunicazione sociale e l’uso delle nuove tecnologie: queste sono le colonne portanti della prossima Agorà 2001 dei Giovani delle Acli, evento nazionale promosso e organizzato dal movimento giovanile aclista

più tradizionali e consolidati. La ricerca della verità deve essere perseguita con mente e cuore appassionati, ma anche con professionalità. Ciò risulta ancora più importante nell’attuale momento storico in cui la comunicazione ha un peso sempre maggiore e può anche diventare indipendente dal reale, può dare vita ad un mondo virtuale, con varie conseguenze, la prima delle quali è il rischio dell’indifferenza nei confronti del vero”. L’Agorà 2011 quindi farà in

“ Italo Calafiore

che per la prima volta farà tappa a Caltanissetta e in Sicilia, dopo avere toccato negli anni passati città importanti (Pesaro-Urbino, Siena). Il tema scelto, “Agorà 2.0-11. Generazioni e reti nella società dei media”, coinvolge tuttavia non solo le giovani generazioni in termini sociali, culturali e anche politici, ma si pone come esigenza di interesse collettivo, allo scopo di promuovere il dialogo su più fronti, alla luce anche dei nuovi strumenti di comunicazione di massa (internet, social network, chat, telefonia mobile, ecc…). “La riflessione cui punterà l’Agorà 2011 – fa presente il Segretario dei Giovani delle ACLI di Caltanissetta, Italo Calafiore – fa breccia anche nelle parole che il nostro Papa Benedetto XVI ha rivolto agli operatori della comunicazione mondiale durante il congresso della stampa cattolica, sottolineando infatti come il mondo dei media è attraversato da una profonda trasformazione anche al proprio interno”. “Lo sviluppo delle nuove tecnologie – sono queste le parole espresse dal Santo Padre – e, in particolare, la diffusa multimedialità, sembra porre in discussione il ruolo dei mezzi

Tra i temi di discussione il senso della comunicazione sociale e l’uso delle nuove tecnologie

modo che i giovani e tutti i partecipanti possano discutere sul ruolo dei media nella società moderna e in politica; parleranno del rapporto, non sempre facile ed immediato, tra

media, giovani e soggetti del terzo settore. Si confronteranno su questi temi con importanti giornalisti, docenti universitari, uomini del mondo dello spettacolo, rappresentanti del sociale organizzato, esponenti del mondo politico ed ecclesiale sia locale che nazionale. L’evento si svolgerà secondo le tipiche modalità di un talk show televisivo con domande e risposte rapide tra i vari relatori ed ospiti che interverranno. Parteciperanno ad Agorà 2011: il Ministro delle Gioventù Giorgia Meloni, il Senatore dell’UDC Gianpiero D’Alia, il Deputato Nazionale del FLI Fabio Granata, il Deputato all’ARS del MPA Lino Leanza, il Consigliere Regionale Lombardia del PD Giuseppe Civati, il Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo e il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola, oltre alle varie istituzioni del nisseno. Scopo di Agorà 2011 è mettere al centro i temi giovanili perché diventino contenuto di interesse generazionale.

L’iniziativa si terrà dal 26 al 29 maggio. Tra gli ospiti il ministro della Gioventù Giorgia Meloni, il presidente Lombardo, e Nichi Vendola. Abbiamo il piacere di ospitare a Caltanissetta l’incontro nazionale di studi dei Giovani delle Acli e questo rappresenta per noi motivo di grande gioia ed orgoglio. Ancora una volta Caltanissetta diventa epicentro nazionale di eventi stra-

Italo Alberto Calafiore Segretario Provinciale GA Caltanissetta Fausto Marchese

ordinariamente importanti. La nostra città nuovamente al centro dei riflettori nazionali non per evidenziarne i limiti e le arretratezze ma per rilanciare un messaggio di speranza e per costruire un percorso di sviluppo integrale nel faticoso cammino della costruzione del bene comune. La Segreteria Nazionale dei Giovani delle Acli ha voluto celebrare questo importante appuntamento di riflessione nella nostra città sancendo ancora una volta il principio dell’unità del nostro Paese, dell’opportunità della formazione all’impegno civile e della necessità di esplorare i moderni segni dei tempi per trarne spunto di elaborazione per la progettazione di interventi capaci di innescare processi concreti di sviluppo integrale dei cittadini a partire dai più giovani. I Giovani delle Acli della nostra provincia hanno certa-

mente lavorato bene in questi ultimi anni altrimenti la candidatura della nostra città ad ospitare l’“AGORA’ 2.0-11” non sarebbe stata accolta con tanto entusiasmo; a tutti loro un doveroso e sentito ringraziamento per la quotidiana opera di servizio che svolgono per la nostra associazione e per tutte le iniziative che in questi anni hanno saputo regalarci dandoci l’opportunità di costruire con le giovani generazioni un rapporto tanto solido quanto prezioso per il bene della nostra provincia. Mi auguro che da questo appuntamento che vedrà la presenza di personaggi di primo piano della scena politica e culturale del nostro Paese possa rafforzarsi nei giovani aclisti che verranno da tutta Italia la convinzione che in loro è depositata la nostra speranza per la costruzione di una nuova stagione di democrazia e di sviluppo. La speranza è ancora più forte e sentita guardando ai giovani della nostra provincia ai quali va il mio appello affinché possano essere attori consapevoli delle loro scelte e comprendano che nessuno, oggi, è in grado di assumersi, in loro vece, il carico di riforme utili a riportare i diritti dei più giovani nell’agenda della politica. Soltanto una nuova

Guardiamo ai giovani ai quali va l’ appello ad essere attori delle proprie scelte

classe dirigente profondamente ringiovanita sarà capace di garantire ai giovani di oggi un futuro nel quale il diritto allo studio, il diritto al lavoro e ad una vita giusta, possano divenire finalmente fatti concreti e non inutili parole nei programmi elettorali. Il Presidente Provinciale ACLI Caltanissetta (dott. Fausto Marchese)


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Economia & Società

In pochi giorni la cittadina nissena è stata al centro degli interessi imprenditoriali. E l’ economia gira

ESPOSIZIONI. Migliaia di visitatori per due eventi importanti

San Cataldo, città delle fiere di Marco Benanti Due fiere, una settoriale ed una merceologica varia, ed ancora l’apertura di una struttura sportiva polivalente con ospiti illustri e migliaia di presenze. Morale: economia “che gira” ed un positivo segnale per gli imprenditori e per i cittadini. Ma che cosa succede? Succede che in un comune della provincia di Caltanissetta, distante dal capoluogo appena pochi chilometri, la positività e l’intraprendenza degli imprenditori e degli artigiani ha provocato in queste ultime settimane un palese risveglio del comparto economico ed una ritrovata fiducia verso la ripresa da una cattiva congiuntura economica, una crisi tanto reale quanto idealmente scoraggiante. È San Cataldo, come non notarlo, la vera protagonista dell’economia della provincia di Caltanissetta, un comune che, a pochissima distanza dal capoluogo, è capace di ospitare due importanti fiere, il Coif e la Fiera dell’Artigianato, che hanno costituito un momento importante per l’economia del territorio. San Cataldo è storicamente il comune da dove provengono le migliori maestranze della muratura e della carpenteria: erano sancataldesi i migliori “mastri”e carpentieri, protagonisti di quel boom dell’edilizia arrestatosi solo a metà degli anni ’90 a causa di ben note vicende giudiziarie che coinvolsero diversi imprenditori edili, provocando con le loro de-

fezioni anche la fine dell’indotto. Oggi la voglia di confrontarsi e di crescere nel settore dell’edilizia si è tradotta appunto nel “COIF Costruire in Fiera”, manifestazione fieristica di ampio respiro in cui sono state presenti oltre 70 aziende, provenienti anche da oltre stretto, ospitate in moderni padiglioni suddivisi in 110 stand presso il centro commerciale “Il Casale”, frequentati da circa 11 mila visitatori in quattro giorni. Ad organizzare il Coif una decina di imprenditori edili, sotto la guida di Michele Scarantino, che sulla manifestazione si esprime con tono ovviamente soddisfat-

orgoglio la soddisfazione degli imprenditori che hanno creduto nella nostra scommessa, l’unica

cora gli imprenditori in prima fila, a rimboccarsi le maniche per organizzare un altro evento,

“ Sopra i corridoi della COIF, la prima fiera regionale dell’edilizia in centro Sicilia. Sotto un momento della fiera dell’artigianato e dell’ industria

“ to. “Non ci aspettavamo neanche noi tale successo – dice - e raccogliamo con ancor più grande

no alla sua quarta edizione, che ha visto la partecipazione di circa 70 imprenditori di San Cataldo e non solo. Dalle automobili agli

per il centro Sicilia”. Accanto al successo della fiera sull’edilizia San Cataldo vede an-

Scarantino: “Successo inaspettato. Con il Coif abbiamo vinto la scommessa”

questa volta in pieno centro città, animando le strade e, manco a dirlo, l’economia, ovvero la “Fiera dell’Artigianato”, giunta quest’an-

Bonaffini: “La fiera dell’Artigianato è un impulso per superare la crisi”

avveniristici arredi per esterni, dai servizi informatici ai laterizi, ed ancora concerti, sfilate, musica ed intrattenimento per un bilancio ancora di migliaia di visitatori. Ad organizzare l’evento è stato, ad inizio maggio, i giovani imprenditori Eugenio Bonaffini e Toti Torregrossa, che insieme a Giuseppe Diliberto ed altri amici hanno dato vita ad una fiera che anche in questo caso ha dato “un positivo impulso all’economia - come sottolineato dallo stesso Bonaffini, che aggiunge: “A noi imprenditori tocca l’impegno di scommettere, nella speranza di superare la tanto vituperata crisi economica”. Menzione a parte merita l’apertura del Palasport intitolato a Giuseppe Maira, noto sportivo sancataldese, la cui inaugurazione è avvenuta alla presenza del Guardasigilli Angelino Alfano e dello scienziato Antonino Zichichi.


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Fatti & Dintorni Il 21 maggio al Borgo S. Rita si fa festa per celebrare la candidatura del dolce nell’ Arca del gusto di Slow Food

Il trionfo della ciambella sancataldese Una festa per un dolce secco tipico del comune di San Cataldo, la ciambella, che si candida a entrare nell’Arca del Gusto di Slow Food, progetto nato per preservare la piccola produzione agroalimentare artigianale di qualità dal diluvio dell’omologazione industriale. Cornice della festa sarà il Borgo rurale Santa Rita, poco distante da Caltanissetta, che ospita per l’occasione anche una mostramercato di prodotti tipici di qualità dell’entroterra siciliano. Organizzata dall’associazione “Il Sacco in movimento” di San Cataldo, in collaborazione con l’Associazione di S.Rita, il patrocinio di Slow Food Sicilia, e il supporto di diversi sponsor privati, la “Festa della ciambella” è anche l’occasione per valorizzare il piccolo

del centro Sicilia e, in particolare, di un tipico prodotto dolciario della tradizione della città di San Cataldo, appunto la “ciambella”, che rappresenta un unicum nel territorio siciliano e recuperare suoni, colori, sapori della tradizione, in un binomio che può diventare volano di nuovo sviluppo per i territori interni dell’Isola. Appartenente alla tipologia del dol-

naro. L’appuntamento è per sabato 21 maggio, a partire dalle ore 18,00.

Il maestro pasticcere Nicola Fiasconaro

Santa Rita piccolo borgo antico

La chiesa di Borgata Santa Rita

e suggestivo borgo. La scelta del luogo, infatti - individuato tra l’altro dall’Assessorato regionale alle Risorse Agricole e Alimentari come uno dei borghi rurali d’interesse per il recupero e la valorizzazione attraverso i GAL - non è casuale, in quanto si tratta di uno dei pochi borghi rurali del territorio nisseno, dove ancora sono presenti agricoltori e artigiani che coraggiosamente continuano le loro attività, cercando di salvaguardare e mantenere tradizioni agricole e artigianali sempre a rischio di estinzione per la globalizzazione e l’omologazione dei gusti e dei mercati. Promuovere la cultura gastronomica

ce secco, la ciambella, di forma ovale piuttosto grande (10-15 centimetri) offre alla degustazione la sua caratteristica pasta morbida e fragrante, “custodita” sotto una golosa cupola un po’ più consistente; viene lavorata esclusivamente a mano e cotta in forno, utilizzando ingredienti semplicissimi come farina di grano duro, zucchero, uova e lievito. La festa è anche l’occasione per assistere alla lavorazione dell’impasto “a vista”, con i panificatori e i pasticceri di San Cataldo impegnati a cimentarsi nelle fasi di preparazione del dolce per poi deliziare il palato di grandi e piccini, il tutto sotto l’ attento occhio del maestro pasticcere Nicola Fiasco-

Santa Rita (ex Borgo Pisciacane), è una frazione di Caltanissetta, tra i comuni di Sommatino e Delia, sul Monte Pisciacane. È raggiungibile dalla strada SP 2 Caltanissetta/ Sommatino. Il borgo è abitato ormai da pochissimi abitanti, dediti soprattutto all’agricoltura, allevamento ed alla pastorizia. “Il borgo nasce dopo lo smembramento dei feudi di Draffù, San Martino, Cicuta e Gissùdraffù, di proprietà della casata dei Moncada, e su iniziativa dell’aristocratico barone Ignazio La Lomia-Bordonaro di Canicattì, che volle costruire alla fine del secondo decennio del Novecento un villaggio autonomo al centro dei propri fondi nel contado nisseno. Il villaggio fu costruito come jun’entità autonoma, sia economica che sociale. Infatti oltre alla costruzione delle abitazioni dei coloni e dei soprastanti, furono edificate la scuola, la chiesa, la rivendita dei Sali e tabacchi, il magazzino sociale e il palmento.” (Fonte: Mario Cassetti “Borghi, villaggi e ville di campagna - Schedatura dei beni culturali della Provincia Regionale di Caltanissetta).

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ocus & lettori

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L’APPELLO. Lasciate spazio a chi ha tanta voglia di fare

MEMORIA STORICA. Gli eredi dei minatori ancora delusi

“Seguiamo l’esempio di Lorenzo il magnifico”

Miniera Juncio Gessolungo

Che stiamo attraversando un periodo di grosse difficoltà economiche per tutti gli enti locali, è senza dubbio cosa certa. Tant’è che comuni e provincie subiscono grossi tagli, ricevendo minori trasferimenti

Anche quest’anno concluse le celebrazioni Pasquali noi eredi dei minatori della miniera Juncio Gessolungo, abbiamo avuto l’ennesima delusione nel notare che la “Vara” della “Flagellazione”, commissionata con sacrificio e sudore dai nostri avi, figura in processione sotto il nome dei fratelli Cervellione. La storia ci racconta che a provvedere alla gestione del simulacro fossero i minatori con un proprio contributo, necessario a coprire le spese vive del corteo, con l’ausilio nella gestione affidata a un rappresentante da loro designato. Negli ultimi anni dell’attività mineraria a curare, su mandato dei minatori, la festività fu il sig. Cervellione (operaio elettricista della succitata miniera e in seguito con mansione anche di sindacalista). Prima del nuovo millennio, con nostro vivo stupore, abbiamo avuto modo di appurare la scomparsa dal gruppo del nome della Miniera (vera proprietaria della Vara) e l’aggiunta impropria del nome dei Cervellione. Addirittura nel 2004, a seguito del restauro effettuato sul gruppo, sulla base dello stesso, si notò la comparsa, eseguita in pittura, della dicitura

Vito Margherita

di denaro. Eppure, si deve cercare di governare nel miglior modo possibile, per far crescere al meglio la nostra amata città. Tantissimi sono gli amici, con i quali ho trascorso l’infanzia, che non vedo più, in quanto le nostre strade si sono divise. In tanti hanno deciso di andar via dalla Sicilia per cercare un futuro certamente più solido. Ma, allo stesso tempo, in tanti hanno deciso di rimanere. Così, chi è rimasto, si pone diverse domande. Ad esempio: perché la nostra città non offre alcunchè per il futuro di noi giovani nisseni? Cosa impedisce che tutto cambi? E, sopratutto, noi cosa

possiamo fare? Per iniziare, bisognerebbe che la classe politica che fino ad oggi ci ha rappresentato, sempre che tra le sue volontà ci sia realmente stata l’idea di far crescere la nostra città, ammettesse di aver fallito. E ciò ha portato grande sfiducia nelle istituzioni e un grande allontanamento dalla politica: basti pensare al più ‘ grande partito italiano, il partito dell’astensione. Non è facile far riacquistare fiducia nelle istituzioni perché troppi politicanti non fanno altro che lanciare proclami senza aver mai fatto nulla di utile per la comunità. Il più delle volte, i giovani sono esclusi dalla res pubblica, o piuttosto tirati per la giacca durante le campagne elettorali, per fini prettamente utilitaristici. E’ giunto il momento di dire basta a tutto ciò. Lorenzo il magnifico all’età di 16 anni fece grandi cose per la sua città. Voi direte, e tu

mica sei Lorenzo il Magnifico? Infatti spero che i leader politici del nostro territorio non fraintendano le mie affermazioni ma le colgano come un invito a lasciare spazio e a puntare su chi ha ancora tanta voglia di dare nuova linfa alla nostra amata città. Giovani non da un punto di vista anagrafico,ma giovani intesi come persone rispettose delle istituzioni capaci di portare avanti nuove idee. Bisogna puntare su chi ha le mani libere di lavorare per il bene comune e lo sviluppo complessivo con nuove logiche fuori dai vecchi schemi. Vito Margherita

La dicitura che manca

a grandi lettere del nome della menzionata famiglia, quasi a voler suggellare in modo indelebile un mai avvenuto passaggio. Non volendo disconoscere l’impegno profuso dal signor Cervellione, ci chiediamo perché non riportare la scritta originale “Miniera Juncio Gessolungo” restituendo i giusti meriti a chi, a fronte del sudore della propria fronte, ha lasciato in eredità tale opera? Precisando che i gruppi statuari sono un bene della collettività nissena e non

privata, ci domandiamo perché il signor Cervellione e la sua famiglia, che ha assunto la responsabilità del gruppo, nel giorno del Giovedì Santo, non intende condividere tale privilegio con gli eredi dei minatori, anche loro legittimi proprietari del simulacro, così da non dar luogo ad una vera forma di usurpazione a cui abbiamo assistito negli ultimi anni? Per gli eredi di Gessolungo Giusy Polizzi


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Omaggio a tutte le mamme Mia madre sorrideva sempre … lavorava e sorrideva Da un lettore La casa sorrideva con lei mentre conteneva i suoi movimenti trasparenti. Con mio padre e miei fratelli non ci siamo mai accorti veramente della sua forza. Intendo quella potenza ordinaria che rende supereroi pur rimanendo nell’anonimato del quotidiano. Non sapevamo quanto quella donna fosse indispensabile …! E così, continuavamo a vive-

della scomparsa e chiamava, pronunciando il mio nome come una cantilena sempre meno urlata. Il volto appoggiato al bianco candido mi permetteva di respirare la fragranza del pulito e sarei rimasta ore in quello stato di oblio, ad aspettare d’essere scoperta. Era tutto così semplice … così bello. E lei mi guardava, di nascosto e da lontano, e sorrideva …

re le nostre consuetudini in una strana simbiosi silente. Lei lì, sempre presente alle nostre esigenze; noi .. distratti dai giorni … A volte, mi raccontava di suo padre; del rispetto misto a terrore che conservava nel cuore come se fosse un valore antico. Una piccola parte di eredità consegnata a ciascuna generazione come pegno per una crescita misurata. Si rallegrava che non fosse più così e mi ripeteva “ .. quando vuoi io sono qui, anche solo per rimanere in silenzio … insieme ..” E poi poggiava la mano rasposa sulla mia guancia, lasciando scivolare le dita lentamente nel tentativo di conquistare tutto il tempo necessario per non interrompere mai quel contatto in modo prematuro. Voleva farmi capire il suo amore, trasferirne una parte, fisicamente … La sua educazione controllata e riverente non le permetteva di abbracciarmi, non più. Eravamo diventate adulte entrambe ed i grandi non si soffermano in smancerie … Controllava così quel desiderio prorompente che, se fosse stato esaudito, l’avrebbe portata a stringermi al petto; come da piccoli, quando in un tentativo improbabile, sperava di riportarci dentro lei, nel suo mondo. Dalle mani trasferiva il profumo di bucato sulla mia pelle. Così, i ricordi rincorrevano la realtà in una corsa folle per giungere vincitori al cuore. Tornavano alla mente i giochi consumati nel giardino di casa, quando scappavo a nascondermi dietro le lenzuola appena stese sui fili. Mia madre fingeva di preoccuparsi

lavorava e sorrideva. Trattava la casa con l’amore di chi possiede solo quel bene ed il rispetto di chi non ne possiede alcuno. Attenta ad ogni esigenza nostra, non sua … non che fosse trascurata: sapeva che il suo turno sarebbe stato il prossimo, in un futuro prossimo. Il profumo di mele e cannella era il richiamo per trascinarmi in cucina. Il mio dolce preferito: una crostata dal colore dorato e dal gusto indescrivibilmente buono. Era il premio per un bel voto, per un servizio portato a termine, per dirmi “ti amo”. Un gesto di solidarietà femminile per convincersi che, almeno io, ero dalla sua parte. Per non sentirsi sola in una casa perennemente al maschile. Quel privilegio era l’unico concessomi in esclusiva: poter mangiare prima degli altri. Avviare quel rito di dividere tutto … che in ogni altro caso che spettava a mio padre. Oggi mi rendo conto di cosa ho perso. Mi rendo conto della sua indispensabile presenza … Ma il tempo non concede appelli … e ciò che si perde è per sempre. A volte immagino di tornare indietro per dirle qualcosa di gentile, tenerle la mano più a lungo, convincerla a superare la sua educazione o stringerla tra le braccia … A volte sogno il suo volto scavato dai pensieri, dalla fatica d’essere moglie e madre, dall’orgoglio di sentirsi pienamente donna … nonostante tutto ..!! A volte sento la sua voce e le risa … Mia madre sorrideva sempre … lavorava e sorrideva. Michele Albano

Referendum, una occasione di democrazia Il 12 e 13 Giugno i cittadini italiani potranno, se lo vorranno, incidere decisamente sulle decisioni che il Parlamento dovrà adottare su questioni fondamentali della loro vita e delle prossime generazioni. I due quesiti sull’abrogazione della legge che rende possibile la gestione privata dell’acqua e dei servizi correlati mirano infatti a riconsiderare l’utilità della gestione pubblica dei beni di prima necessità e dei servizi pubblici essenziali. La gestione privata del servizio idrico e la conseguente “vendita” dell’acqua non sempre hanno generato virtuosi processi di efficacia ed economicità per i cittadini, anzi spesso hanno provocato vere tragedie sociali per coloro che non si trovavano nella possibilità di far fronte economicamente

ai considerevoli aumenti di canone per un servizio che tuttora non raggiunge standard degni di paesi moderni e sviluppati. Il quesito sull’energia nucleare ripropone una questione sulla quale gli italiani si sono già pronunciati a larghissima maggioranza e oggi, alla luce del disastro conse-

guente al terremoto in Giappone, assume una

drammatica attualità. Le firme per l’effettuazione del referendum sono state però raccolte molti mesi prima del terremoto e quindi in tempi non influenzati dall’emotività derivante dalla tragedia

Salvatore Messana

giapponese. Il quesito sull’abolizione della legge su “legittimo Impedimento” ha invece una fondamentale valen-

za per l’affermazione del principio di uguaglianza

di tutti i cittadini nei confronti della legge.

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Per questioni così importanti che investono la vita di tutte le persone e che possono incidere in maniera determinante sul nostro futuro ci si aspetterebbe un grande dibattito pubblico e ogni utile iniziativa istituzionale e politica per incentivare la partecipazione al voto e giovarsi nell’attività parlamentare del contributo dato dalla maggioranza degli italiani. E invece, un silenzio che appalesa la paura che molti partiti hanno della partecipazione vera e incisiva dei cittadini alla vita delle istituzioni, in quanto la popolazione che partecipa e vota non garantisce il soddisfacimento di specifici e materiali interessi e rischia di smascherare quanti quotidianamente affermano di essere legittimati ad agire in forza del mandato popolare ricevuto. Italia dei Valori ha condotto una tenace campagna per la raccolta delle firme e oggi offre agli italiani e alle forze politiche il risultato di quell’impegno. Ora quanti credono nella necessi-

tà di un impegno particolare per salvare i diritti inviolabili dei cittadini sono chiamati a sostenere questa occasione di democrazia , tutti insieme e senza medaglie. Noi diciamo no all’acqua privata – no all’energia nucleare – no al legittimo impedimento. noi diciamo si alla democrazia e ai diritti dei cittadini. Il 12 e 13 Giugno invitiamo a votare 4 SI per dire 4 NO. Salvatore Messana Vice segretario Italia dei Valori Sicilia

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