RESS ISSN: 2039/7070
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Ottobre Mensile di approfondimento Direzione Editoriale: Michele Spena
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redazione: Viale della Regione, 6 Caltanissetta
2015 Anno V Num. 40
- Tel/Fax: 0934 594864
Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abbonamento Postale D.L. 353/2003 conv. N. 46 art. 1 comma 1. Sud /CL
- Stampa: STS S.p.A. Zona industriale Vª Strada, Catania - Reg. Tribunale di Caltanissetta n° 224 del 24/02/2011
La medaglietta da
di M. Spena
Exporre
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Fatti in Redazione
L’intervista
Bruno Megale,
il Questore dal Dna calabrese e dall’ aplomb milanese
La morte di Aldo Naro. L’inchiesta sul delitto del giovane sancataldese si arricchisce di nuovi elementi: molti i dubbi
A
bbiamo incontrato il nuovo questore di Caltanissetta, il calabro Bruno Megale, 49 anni, in servizio nel capoluogo nisseno da 5 mesi. Un intervista in cui ha raccontato oltre che dell’impatto con il centro Sicilia e delle sue aspettative professionali, dal terrorismo alla mafia, del suo percorso da uomo dello stato: dei suoi 15 anni a Milano, dei suoi affetti, dei suoi valori. Uno sportivo, amante del rock, che privilegia un rapporto diretto con i suoi uomini e la città. Fiero figlio del sud: l’ascesa di chi parte dalla provincia. di D. Polizzi
di V. Martines
a pagina 22
Petizione del Forum dei Movimenti per l’acqua, il Vescovo Mario Russotto ai sacerdoti: “Sostenete la raccolta firme” di A. Sardo
a pagina 21
Via F. Paladini, 97 Caltanissetta
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Acqua pubblica
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I Fatti di Etico
Fatti & Palazzo del Carmine
Un sistema... “maligno”
di Salvatore Mingoia
Antonio
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Favata
“Consiglio Comunale impantanato come il governo della Città” P
assata l’estate (e passato anche ottobre) torna a farsi incandescente il clima politico a poco più di due anni dall’inizio del mandato “ruvoliano”. Il consigliere comunale Antonio Favata, dai banchi del gruppo misto, con alle spalle diverse legislature, va alla guerra da solo e scopre le carte di una amministrazione che ritiene ingessata ed a corto di idee. Secondo il consigliere del gruppo misto, non c’è progettualità anzi siamo in presenza di chi una sorta di appiattimento politico-amministrativo, a parte qualche fiammata che scaturisce da eventi non previsti e non prevedibili (come l’annuncio delle dimissioni del sindaco comunicate con un messaggio alla presidente del consiglio e subito smentite) che strascina in questo pantano di improvvisato
qua come bene pubblico, piano della mobilità urbana, riqualificazione del centro storico; consiglieri emarginati dal contesto politico delle scelte amministrative”. La giunta arranca da sola, lungo l’impervio sentiero della attività di governo, senza il coinvolgimento del consiglio: di consiglieri di maggioranza e di opposizione che all’occasione gridano alle dimissioni del primo cittadino. La fiera dei morti in corso Umberto rappresenta anche, nella fattispecie, la festa della ricorrenza di questa amministrazione.”C’è una maggioranza allo sbando ed una opposizione che segue le logica della conflittualità; quando l’opportunità lo richiede si va alla guerra tutti insieme, diversamente si alzano le barricate e si fanno i distinguo. Favata fin da subito, dopo l’insediamento del
me regolamentari: “di manchevolezze – dice ancora Favata - come quelle direttamente collegate alle mancate opere di compensazione, oppure alla disattenzione della giunta nei riguardi dei comitati di quartiere, delle mense scolastiche senza copertura finanziaria, del progetto Provvidenza nel cassetto e per quanto concerne l’attività del consiglio e dei consiglieri punta il dito sulla commissione trasparenza che omette di verificare la legittimità degli atti prodotti dalla giunta e dagli uffici”. Insomma un vero e proprio attacco frontale che, anche se non porterà il risultato sperato, se non altro movimenta la discussione politica e mette al palo le scelte politiche di una amministrazione che predica “democrazia, condivisione e partecipazione”, ma
amici negli uffici di Caltacqua. Politici che hanno investito bene sul posto di lavoro, ma bisognava essere amici o parenti di qualcuno che contava. Questo è un dato. “Ed a proposito di investimenti- conclude Favata - ci sono poi quelli riferiti al patrimonio comunale, collegati solo alla speranza della vendita degli immobili, oppure a ipotetici finanziamenti regionali che non danno garanzie, mentre, al contrario, il degrado delle nostre borgate e frazioni, dei quartieri del centro storico, Angeli, Provvidenza, San Rocco e dei beni comunali diviene ogni giorno più evidente. Il tutto condito dal comportamento di un sindaco che, privo di idee e di prospettiva, incapace come pochi di gestire il comune, risponde con l’arroganza, arma dei deboli e degli incompetenti;con assessori assenti ed una maggioranza consiliare che non approfondisce i temi, votando spesso a favore di tutto, solo per dovere. Si naviga a naso”.
Direzione Editoriale Michele Spena
Direttore responsabile Marco Benanti
Collaborazioni:
governo della città anche il consiglio comunale, anchesso privo di strategia politica; un consiglio comunale chiamato a deliberare le ordinarie scadenze: bilancio, piano triennale, debiti fuori bilancio,raccolta differenziata, cani randagi: all’orizzonte non si intravedono novità di rilievo.”
consiglio e l’inizio dell’attività amministrativa, ha preferito avere la mani libere dai partiti , transitando nel limbo del consiglio: il Gruppo Misto da dove è possibile aprire il fuoco della contestazione, sparando in ogni direzione. Da pagine di questo giornale, e prima ancora in consiglio comuna-
Il consigliere del gruppo misto va alla guerra contro l’Amministrazione Comunale e più segnatamente contro il Sindaco senza lesinare bordate polemiche con i colleghi di banco Attività politica - dice Favata - ferma ai box complice anche le varie feste, ricorrenze e manifestazioni occasionali create ad arte per distogliere l’attenzione pubblica su quelli che sono i veri problemi della città: ac-
le, il consigliere del gruppo misto va alla guerra contro l’amministrazione e più segnatamente contro il sindaco senza lesinare bordate polemiche con i colleghi di banco. Inizia a sgranare il rosario delle manchevolezze e di nor-
che di fatto arranca da sola nel lungo e impervio percorso di governo della città. Impervio cammino come quello del bene pubblico dell’acqua che dovrebbe tenere conto delle recente legge regionale sulla ripubblicazione del servizio idrico integrato. Dalle ovattate stanze della Curia anche il vescovo della diocesi ha benedetto la petizione popolare e la raccolta di firme con l’obiettivo di chiedere la ripubblicazione del servizio idrico la cui mancata attuazione penalizza i più poveri e gli indigenti,” che spesso – ha detto il vescovo - subiscono i distacchi idrici quando non pagano le bollette”. L’acqua, insomma appartiene a tutti. Ma dal consiglio comunale di Palazzo del Carmine non si leva alcuna voce a sostegno dell’acqua pubblica; c’è evidente imbarazzo. E lo sappiamo bene, o meglio lo sanno tutti coloro, politici, portaborse, amici degli amici, esponenti di partito di destra e di sinistra, con dei riferimenti ancora oggi in consiglio comunale, che a suo tempo si sono dati da fare per piazzare figli e parenti e figli degli
Ivana Baiunco Liliana Blanco Etico Fiorella Falci Filippo Falcone Roberta Fuschi Annalisa Giunta Franco Infurna Lello Lombardo Valerio Martines Salvatore Mingoia Donatello Polizzi Alberto Sardo Giuseppe Taibi Giovanbattista Tona
Disegno grafico e Impaginazione Antonio Talluto
Distribuzione
Giuseppe Cucuzza
Redazione Viale della Regione, 6 Caltanissetta redazione@ilfattonisseno.it Tel: 0934 - 594864 Fax: 0934 1935990 pubblicità: 389/7876789 commerciale@ilfattonisseno.it
i svegliamo e troviamo il popolo nisseno stremato, in crisi di riferimenti e di prospettive, confuso ma complice, che applaude e s’indigna, che soffre e vive alla giornata, che si esalta o si deprime davanti ad ogni evento come un perfetto capo ultras ma ancora apatico e disinteressato. Certamente, scontiamo la nostra leggerezza di ieri e sventoliamo la nostra rabbia di oggi. Disabituati al pensiero critico, contenti della vita del giorno per giorno, ci troviamo oggi disarmati davanti all’uragano rappresentato dalla pochezza e dall’impalpabilità di chi ci amministra. Con questa sciagurata conduzione caratterizzata da una preoccupante e incosciente assunzione di ruoli e di responsabilità, ora rilevata con impetuosità da tutti i nisseni, compresi i partecipativi, i civici e i solidaristici, c’è il rischio dall’antipolitica, del populismo; ma anche il rischio della dominanza e della vischiosità del controllo lobbistico, come del resto da tempo si comincia a vedere. Qualcuno lo chiama “scambio di cambiali” ma il senso è quello. Un sistema così maligno che si ciba delle sue stesse fragilità, non deve essere un destino ineluttabile. Non possiamo accettarlo! Perché significherebbe barattare la cultura del giusto, del rispetto, della solidarietà, dei diritti e dei doveri ma anche dell’efficienza amministrativa con la cultura del privilegio, dell’arbitrio, dell’onnipotenza e purtroppo dal tanto peggio tanto meglio che fuoriesce dagli stupidi detrattori. Ruvolo, che presenta chiarissimi connotati della sinistra radicale ma che ha paura di esprimere pienamente, dovrebbe leggere cosa scriveva Gramsci in “Odio gli indifferenti”: “O davamo troppa importanza alla realtà del momento o non ne davamo alcuna. O eravamo astratti perché di un fatto della realtà facevamo tutta la nostra vita, ipnotizzandoci, o lo eravamo perché mancavamo completamente di senso storico e non vedevamo che l’avvenire sprofonda le sue radici nel presente e nel passato e gli uomini, i giudizi degli uomini possono fare dei salti, devono fare dei salti, ma non la materia, la realtà economica e morale. Il dovere attuale è di porre un ordine in noi. Una crisi spirituale enorme è stata suscitata. Bisogni inauditi sono sorti in chi fino a ieri non aveva sentito altro bisogno che quello di vivere e di nutrirsi. Non mi resta che darvi in custodia, amici miei, parole che fischiano nella mia mente una melodia che lenisce per un istante la grande confusione che marca la quotidianità” Se il Mahatma dei boy scouts coniuga questo pensiero allora domattina dovrebbe dimettersi poiché non sarà mai capace di mettere ordine e di fronteggiare coloro che devono soddisfare i bisogni inauditi, ammesso che siano veri e reali. Se lui non comprende questo pensiero, come è probabile che sia, e comunque non lo fa suo, allora non percepisce il senso della realtà; e se non è capace di fare analisi figurarsi se possa essere capace di essere consequenziale e risolvere i problemi di vita quotidiana che ci attanagliano. Mentre la burrasca imperversa in questa altra notte da incubo speriamo di trovare la forza e la pazienza di resistere aspettando un’alba migliore.
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Ornamenti
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di Ivana Baiunco
Le vere finte dimissioni del sindaco ed il coraggio della verità
L’sms tra scoop e smentite
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ra il 14 novembre del 1974 e sulle pagine del Corriere della Sera Pierpaolo Pasolini scriveva :”Conosco i colpevoli ma non ho le prove”. Ero nata da un mese e mentre mi affacciavo alla vita, un intellettuale puro scriveva un manifesto di prospettiva che avrei fatto mio per sempre. Oggi più che mai il “conosco i nomi e non ho le prove “ si può applicare perfettamente al caso della smentita ufficiale di un sms che da reale è diventato ipotetico ed è poi nei fatti definito una “bufala” dai protagonisti della vicenda e dai giornali che l’hanno riportata. Ci sarebbe da stabilire la linea di confine tra giornalismo d’assalto e quello da desk e stabilire qual è più utile per gli altri, quelli per i quali ogni giorno scriviamo: i lettori. Cosa è più utile, non dire easpettare oppure scrivere e prendersi le conseguenze e le smentite di maniera, quelle obbligate dalle circostanze per salvare capre e cavoli? Io so ma non ho le prove. L’sms con il quale il sindaco annunciava probabili dimissioni ha squilibrato una già fragile e sfilacciata situazione politica, ha destabilizzato una città che annaspa quotidianamente tra carenze varie e disfunzioni burocratiche. Era obbligatorio smentire era politically correct, bisognava salvare la faccia. Qui
prodest? A chi giova tutto ciò. Non ha giovato sicuramente alla presidente del consiglio Leyla Montagnino che si è trovata protagonista involontaria di un caso mediatico, senza nessun appoggio da parte di chi avrebbe dovuto dire “l’ho detto ed ora ne sono pentito”. Troppo umano per un semi Dio per chi vive nell’Olimpo e sacrifica tutti per il bene supremo che è salvarsi la faccia. Smentire uno scoop, perchè in barba ai soloni benpensanti, alle anime nere e suggeritori occulti, autorevoli pensatori con trentennale esperienza giornalistica, scoop è stato. Il fiuto per la notizia spesso non fa il paio con un tesserino di pelle marrone lucida, la vivacità dell’intelligenza per fortuna non ha bisogno di essere ratificata, con buona pace di tutti. Il risultato è quello che conta, non abbiamo visto picchetti e sit-in in favore del sindaco, non abbiamo visto petizioni popolari, proteste di massa affinchè il primo cittadino cambiasse idea, niente di tutto ciò. Anzi tutt’altro si è letto in rete, quella rete ormai quasi unico strumento di comunicazione del primo cittadino, che non lo ama più. In alcuni ambienti politici già si cercava il successore .È stato un sondaggio gratuito senza scomodare società di rilevamento dati, il risultato
è da leggere chiaro, netto, cristallino. La città non ama più Giovanni Ruvolo. C’è uno scollamento tra palazzo e piazza, tra eletti ed elettori. I suoi lo hanno mollato, sono caduti anche gli ultimi baluardi di civismo dopo la notte dai lunghi coltelli di giovedì 22, il consiglio comunale lo ha sfiduciato nelle parole ed in parte nei fatti. Lo scriviamo da mesi che ormai la storiella del sogno non incanta più nessuno e più di tutti quelli che ci hanno creduto. Adesso però basta con il rilanciare continuo, con i post arroganti e tracotanti in cui la solfa è sempre la stessa: scaricare le responsabilità ai partiti e partire con la sindrome da martire moderno. Neanche i discorsi simil afflitti per ingraziarsi il consiglio comunale fanno più breccia. Ho sentito parlare di complotti orditi da screditanti organizzati. Dalla teoria del complottismo contro il profeta salvatore a sentire le voci come Giovanna D’Arco il passo è breve. Bisogna scomodare categorie alte della morale come l’onestà intellettuale per avere il coraggio di dire che ci sono state due telefonate,
o forse tre durante le quali la parola dimissioni è stata più volte pronunziata, ed ammettere che la debolezza e lo sconforto dinnanzi alla totale perdita della fiducia politica possono portare a dire cose delle quali ci può pentire subito dopo, senza far apparire gli altri leggeri e superficiali nella propria professione perchè tanto li si sa essere vincolati da segretezza nel rivelare le fonti. Il coraggio intellettuale della verità e la pratica politica sono due cose inconciliabili. “Ci sono soggetti che hanno piacere di delegittimare le istituzioni” ha dichiarato Giovanni Ruvolo ai microfoni di Tony Maganuco, riferimenti celati silurate sottintese, faccia nomi e cognomi dica chi, dove, come, quando e perchè. Chi ha la coscienza a posto come spesso dice il primo cittadino di avere, non ha problemi dinanzi alle parole che raccontano la verità. I fatti narrano un’altra storia,
quella di un centralismo quasi dispotico. A palazzo del Carmine anche i muri parlano e non solo. Si racconta della totale mancanza di condivisione tra sindaco ed assessori e tra assessori stessi. Solo pochi sono gli ammessi alla corte del re e neanche quelli sono messi al corrente di tutto. “L’état c’est moi” diceva il re Sole per attestare la centralità del potere che era rappresentato da un uomo solo per elezione divina. Quella era la monarchia quelli erano altri tempi. Non esistevano gli sms ma i libelli che raccontavano dei segreti della reggia. Scoperti gli autori venivano esiliati alla Bastiglia con brutta fine assicurata. Siamo in democrazia per fortuna, alla monarchia è stata scelta la repubblica ed al massimo l’esilio potrebbe essere qualche giorno a Santo Spirito per pregare e pensare passeggiando nel chiostro. Pratica peripatetica da consigliare a Sindaco e giunta magari anche fuori le mura per discreto periodo di tempo.
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L’Intervista Bruno
Megale D
a Milano a Caltanissetta, passando per Reggio Calabria: ascoltando i Led Zeppelin. Raccontare e far conoscere il nuovo Questore di Caltanissetta, Bruno Megale, reggino di 49 anni, in servizio nel capoluogo nisseno dalla fine di maggio, è impresa ardua: ricco di interessi, pragmatico, innamorato del suo lavoro, sportivo, colloquiale, ha percorso, o per meglio dire ripercorso, il sentiero delle sue esperienze, del suo modo di intendere un lavoro così impegnativo, ma soddisfacente, di come ha vissuto questi primi 5 mesi al centro della Sicilia. “Sono fiero del mio essere reggino. A 15 anni mi sono trasferito a Napoli per frequentare la scuola militare Nunziatella. Poi l’approdo nel 1985 all’Istituto Superiore di polizia a
di Michele Spena e Donatello Polizzi
Un Questore rock a Caltanissetta
Roma. Infine la mia fetta di vita lombarda, 10 anni a Brescia e quasi 15 a Milano. Nel capoluogo meneghino mi sono trovato benissimo, non è stato facile ambientarsi, ma superata la prima fase ho apprezzato e scoperto una città meravigliosa. Mi è entrata dentro, è la più mitteleuropea delle città italiane. Sei al centro di tutto, riserva opportunità a chiunque, non interessa il colore della pelle o altro, importa solo il tuo progetto e le tue capacità. Si lavora tantissimo. Parlando di sicurezza, delle forze dell’ordine, la richiesta dei servizi da parte dei cittadini è molto elevata, sono esigenti, dunque dobbiamo adeguarci”. Con abile passaggio dialettico è già in Sicilia. “Quando vi è stato il crollo di una parete sull’autostrada Catania-Messina, io tornavo da Reggio Calabria. Per arrivare a Caltanissetta ho impiegato 8 ore; per arrivare a Milano dalla Calabria, ne impiegavo 11. Il paragone è esemplificativo. Se fosse crollato un pilone, riferimento al viadoto Himera dell’A19, a Milano sarebbe successa la rivoluzione, non era concepibile”. Come dargli torto, come ritenere
sede. Investigazioni importanti, realtà diverse da quelle a cui ero abituato, per chi svolge il mio lavoro più sono complesse le situazioni, più sono intriganti e coinvolgenti. Ho trovato uomini di grande levatura professionale, sempre sul pezzo. Ho notato molta coesione, solidarietà, non solo come tratto distintivo caratteriale tipico di noi meridionali, ma probabilmente frutto della sopportazione, con cospicui sacrifici, una grande mole di lavo-
Corte d’Appello. “Ci tengo ad esprimere la mia opininione in merito alla paventata chiusura della Corte d’Appello di Caltanissetta. Deleteria la ricaduta sull’attività investigativa che sarebbe ridimensionata. Adesso come Distretto di Corte d’Appello, procura distrettuale, diversi mandamenti mafiosi, abbiamo una struttura investigativa proporzionata alle esigenze. Per dare un’idea basti pensare che Enna, che non ha
Led Zep
pelin
concepibile o sopportabile una regione tagliata in due. “La Sicilia è bellissima, adoro il clima, ho notato, inizialmente, un po’ di rassegnazione. Non manca, però, la voglia di cambiare le cose, ad iniziare dai servizi che non sono ottimali”. Megale, da dirigente dell’Antiterrosimo alla Digos di Milano alla carica di Questore, peraltro il più giovane d’Italia: il passaggio dalla realtà lombarda a quella nissena non è stato traumatico? “Caltanissetta ovviamente non è paragonabile al capoluogo lombardo, ma è molto carina e ordinata. Questa è una scommessa lavorativa importante. Sono entusiasta. Molto gratificato dall’incarico che non mi aspettavo e dalla
ro”. La sicurezza del Capoluogo. “Oggettivamente è abbastanza sicuro e tranquilo, si può girare a piedi tranquillamente. Comprendiamo come l’opinione pubblica è infastidita da taluni episodi di microcriminalità, ma li stiamo affrontando con determinazione. Iniziative proficue come il poliziotto di quartiere, il lavoro di prevenzione svolto nelle scuole con la collaborazione dei professori, sono chiari segnali. Le statistiche confermano la mia sensazione. Degli interventi mirati dell’Amministrazione alla riqualificazione urbanistica del centro storico, ad esempio alla Provvidenza, sarebbero utili anche per combattere i fenomeni di degrado nei quali cresce e si alimenta la microcriminalità”.
distretto, ha una squadra mobile che, numericamente, è un quarto della nostra. Catania e Palermo, dovrebbero dividersi un territorio geograficamente ampio, troppo vasto; pensiamo al Vallone che già per noi è distante. Non ho dubbi, Caltanissetta merita la Corte d’Appello”. La polizia, non solo repressione del crimine, non solo volanti o uomini in divisa. “Anche noi a livello di organico abbiamo subito la spending review, con un calo fisiologico nazionale del 20% in termini di personale. Abbiamo razionalizzato gli uffici, non ha inciso sulle nostre prestazioni. Ci occupiamo anche di emergenze, leggasi immigrazione, o abbiamo compiti, vedi i passaporti, che non sono da polizia. Negli altri paesi europei non è cosi. Spesso la polizia sopperisce alle inefficienze delle altre ammi- nistrazioni. Questo aumenta le relazioni con il cittadino. Ricevere la telefonata, com’è successo, di un anziano che si sente solo, ci fa capire della percezione quasi familiare che hanno i cittadini nei nostri confronti e ciò mi rende orgoglioso”. Uomo di sport, in termini fattivi, lo dimostra l’ottima forma fisica. Amante del calcio, milanista sfegatato (non si è perso un derby negli ultimi dieci anni) seconda punta di buon livello, con tanti campionati Uisp alle spalle
ed adesso appassionato di golf. Amante del green che ha scoperto a Brescia, uno sport ormai non più d’elitè, ma alla portata di tutti, tanto quanto un abbonamento annuale in palestra. “Sul calcio per motivi anagrafici, il mio fisico non risponde più come una volta, per cui prediligo adesso questo sport, di grande concentrazione, che ti consente di vedere posti meravigliosi e di trascorrere una giornata a contatto con la natura”. Gusti musicali, ci spiazza: inizia dai Led Zeppelin e passa ai The Clash. Un minimo comun denominatore il Rock: nelle sue declinazioni Punk e Hard. Alla fine tentiamo di strappargli la “consueta” confidenza, su cosa abbia realmente apprezzato di Caltanissetta, della Sicilia, oltre il clima. Non ha esitazioni: “La cucina, si mangia in maniera meravigliosa, la migliore d’Italia. Vince facile”. L’elenco dei piatti è quasi infinito, ma appena citiamo la pasta con le sarde, finocchietti e pinoli la repentina, classica, esclamazione in dialetto siciliano, certifica il gradimento assoluto. Torniamo a parlare di sicurezza, di futuro, di prospettive: “Puntiamo sui giovani, loro sono il nostro valore, il nostro capitale. Le nuove dinamiche sociale, con l’avvento dei social, ha condotto, portato all’appiattimento. Rispetto a dieci anni fa, tutto è cambiato. I giovani, però, sono attivi, cercano, vogliono, aspirano; necessitano di essere guidati. Hanno voglia di emergere, di vivere”. Dai giovani alla famiglia, il passaggio è quasi obbligato. La famiglia come pietra portante, casa, approdo, sicurezza. “Sono sposato da sette anni con Danie-
A Caltanissetta da cinque mesi ha già le idee precise: “Il capoluogo merita la Corte d’Appello” la, avvocato calabro, non abbiamo figli. Dopo il mio trasferimento a Caltanissetta, abbiamo deciso di scegliere Reggio Calabria, come base, anche perché consapevoli che dovrò spostarmi spesso per lavoro. Mia moglie viene spesso qui, ha scoperto una città adorabile. Devo molto a mio padre Benito, capo tecnico delle ferrovie dello stato e a mia mamma Maria Pia, funzionario di ragioneria. Mio fratello gemello è colonnello della Guardia di Finanza”. Belle storie, della provincia italiana, quelle che i cronisti di una volta amavano raccontare, intrise di sacrifici, valori, qualità che rappresentavano lo scheletro dell’allora locomotiva Italia, del Bel Paese. Virtù ormai in disuso per molti, ma non per Bruno Megale.
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Il Fatto Siciliano di Roberta Fuschi
La riforma delle Province ...un buco nell’acqua U
n testo riscritto e una rivoluzione mai nata. L’epilogo della tanto decantata riforma delle province in salsa sicula la dice lunga sull’azione di governo dell’esecutivo regionale. Un testo salutato, in più occasioni, come “storico”, che di epocale sembrerebbe avere soltanto la portata della brutta figura a livello nazionale. L’ennesima tirata d’orecchie da aggiungere ad una corposa collezione di insuccessi che hanno scandito questi tre anni di governo. Ma andiamo per ordine. L’obiettivo di partenza era l’abolizione delle province, un modo, tra le altre cose, per fare cassa e godere a vele spiegate del vento della retorica dell’antipolitica. Ma tra il dire, anzi l’annunciare, e il fare c’è di mezzo l’Ars e la capacità di scrivere un testo in grado di intervenire nel merito delle questioni. La riforma targata “Crocetta”, al netto dei passaggi in aula, si dimostra carente tanto da attirarsi i richiami del governo romano. Tutto parte della legge Delrio che “detta disposizioni in materia di città metropolitane, province, unioni e fusioni” e dalle incongruenze sostanziali tra questa e la riforma siciliana. Tra i nodi da sciogliere, già in prima battuta, ci sono i meccanismi di elezione e l’attribuzione di competenze da conferire alle nuove creature amministrative. Il 30 luglio l’Ars, dopo non poche difficoltà, approva la riforma delle province con trentasei voti favorevoli, undici contrari e sei astenuti, istituendo tre Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) e sei Liberi Consorzi (Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani). “É la prima volta, dallo Statuto, che noi applichiamo quel principio democratico che prevede la democrazia dei sindaci attraverso la costituzione dei Liberi consorzi dei comuni, lo considero un fatto storico, per la Sicilia è un fatto epocale”, dichiara il Presidente a margine del voto dell’Ars. E aggiunge un appello alle forze autonomiste: “Non esistono leggi perfette, ma ritengo che sia venuta fuori una legge buona”. La partita, però, è destinata a non chiu-
dersi così facilmente. Non c’è soltanto il richiamo dell’Anci, o meglio un ordine del giorno del comitato direttivo pieno di dubbi sulla riforma e richieste di modifica, ma c’è soprattutto l’altolà di Roma. Infatti, entra in campo la presidenza del Consiglio dei Ministri per impugnare la riforma intimando a Crocetta
Il testo, insomma, va corretto e nuovamente approvato dall’assemblea regionale siciliana. Nello specifico i compiti a casa per l’esecutivo riguardano le indennità dei presidenti dei liberi consorzi, incarichi da svolgere a titolo gratuito nella Delrio e retribuiti con un bonus nel testo siciliano, e le competenze di pertinenza degli enti di secondo livello. La gestione dei rifiuti ad
siciliano sono papabili tutti i sindaci della provincia. C’è poi da considerare che l’assenza di “un voto ponderato” rispetto all’elezione del presidente del Libero consorzio fa sì che non si tenga conto del “criterio di rappresentanza”, visto che il voto di un sindaco di una città con un tot di abitanti vale quanto quello di un primo cittadino di un paese più piccolo. C’è ancora il tasto dolente della data
Il testo della riforma deve essere corretto, adeguato alla Legge Delrio e riapprovato dall’ARS. L’altolà è giunto da Roma
Sopra Davide Faraone, sottosegretario del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca nel governo Renzi. A sinistra Enzo Bianco, sindaco di Catania
di apportare una serie di modifiche. Riducendo all’osso la questione: Crocetta deve mettere mano alla legge, entrata in vigore il 4 di agosto, e renderla quanto più possibile uniforme a quella nazionale creata da Graziano Delrio.
esempio rimane una funzione di pertinenza dello Stato. Ma non solo. Un altro punto controverso riguarda il sistema di elezione del sindaco metropolitano che secondo il testo nazionale è de facto il sindaco del comune capoluogo, mentre nel testo
delle consultazioni elettorali. A tal proposito si era già acceso un vespaio di polemiche per il divieto di candidatura per i sindaci “il cui mandato non scada prima di diciotto mesi dalla data di svolgimento delle elezioni”. Una puntualizzazione, letta da alcuni come una sorta di norma contra personam nei confronti del sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. Tutto da cassare e rifare. E la data delle consultazioni, fissata il 29 novembre, è stata messa in soffitta.
Provocatoriamente basta dire che andava scritto un solo articolo che così recita: “Viene integralmente recepita la Legge Delrio”. Che, oltre allo scrupolo amministrativo, ci sia dietro anche un tentativo di mettere la mordacchia a un presidente poco amato dal suo stesso partito non è un fatto da escludere. In tanti pensano al dopo Crocetta. E i motori iniziano a scaldarsi, in pole position c’è, non a caso, un renziano della prima ora: Davide Faraone. E il sottosegretario sta premendo sull’acceleratore in vista di un voto anticipato. Un altro nome che circola con insistenza è quello del sindaco di Catania, Enzo Bianco. Il primo cittadino etneo è tra le altre cose presidente del Consiglio nazionale dell’Anci e anche lui ha avuto un ruolo nell’affaire riforma delle province. Al netto della fantapolitica e dei rumors di palazzo, rimane una sola certezza: lo stop alla riforma. Un fatto che ci consegna un dato squisitamente politico: sono troppi i buchi nell’acqua totalizzati dal governo regionale. E con questo aspetto anche i deputati regionali dovrebbero fare i conti, ma pallottoliere alla mano sembrerebbe un altro il calcolo: in vista della diminuzione dei seggi prevista al prossimo giro meglio tirare a campare. Una futura elezione non è un investimento sicuro, soprattutto con l’ennesimo rimpasto alle porte. “Occorre una verifica politica per capire chi sta nella maggioranza e chi sta fuori”, ha recentemente dichiarato Crocetta mettendo nero su bianco l’intenzione di “un azzeramento della giunta chiarificatore”. Un tentativo di resistere alla rottamazione, termine buono per il marketing che tanto ricorda la “rivoluzione” megafonista: un cambiamento, non bene identificato, portato avanti da quelli che si voleva rottamare e attraverso pratiche pressoché simili. Ovviamente con una condizione imprescindibile: nessuna prospettiva di reale trasformazione della realtà e azzeramento delle differenze tra destra e sinistra, altrimenti come si fa a fare il pienone di voti e deputati?
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Fatti & POST SCRIPTUM di Filippo Falcone
Sicilia
di sabbia M
entre le cronache regionali e nazionali archiviano ormai la vicenda delle presunte intercettazioni telefoniche CrocettaTutino (passando il testimone all’altrettanto inquietante vicenda MontanteVenturi), proprio nelle scorse settimane l’Eurostat ha pubblicato i dati in cui la Sicilia mostra il più basso tasso di occupazione dell’intera unione europea. Il tasso di disoccupazione nell’isola, tra persone in età compresa tra i 20 e i 64 anni, risulta - ripetiamo - il più basso di tutte le regioni dei paesi europei e con oltre trenta punti di differenza tra l’area italiana con il più alto tasso di occupazione (Bolzano 76%). La Sicilia pare, dunque, ormai definitivamente abbandonata a se stessa e la rivoluzione crocettiana sostituita - più che da un presidente della regione difensore della legalità e della trasparenza - da un vero e proprio novello Giufà; non più in grado neppure di governare, figurarsi di rilanciare le politiche sociali ed economiche dell’isola. Scrive della Sicilia il giornalista Nuccio Vara: “E come se un destino cieco e barbaro impedisse a questa terra di incontrare finalmente la modernità, e di instaurare con essa un rapporto di lunga durata”. E, nel frattempo, in Sicilia, la civilizzazione appare sempre più lontana; tutto regredisce, tutto si immiserisce. Governo regionale, ars, forze politiche di maggioranza e minoranza sembrano ormai personaggi usciti dall’opera dei pupi di Mimmo Cuticchio. Gli sperperi - ieri di milioni di lire, oggi di milioni di euro - continuano a caratterizzare le maggiori voci di uscita del bilancio regionale. Basterebbe far riferimento al foraggiato, ed ancora vivo e vegeto, sistema della cosiddetta formazione, degli enti inutili, con la logica del solo clientelismo amicale e parentale. Si tratta di un’impostazione in antitesi con qualsiasi precondizione di sviluppo economico civile di ogni società. Se le nuove generazioni vanno via dalla Sicilia (e, alla luce dei fatti, fanno bene) e perché quando progettano il loro futuro non voglio immaginare di doversi confrontare con questa cultura anacronistica e inaccettabile di reti oligarchiche, politiche, economiche, e, più in generale, dei gruppi dirigen-
ti isolani. Qui, la parlamentare è figlia dell’ex parlamentare/ministro, il docente universitario è figlio dell’ex docente universitario, il direttore di banca e figlio dell’ex direttore di banca e così via (ovviamente con delle eccezioni). E’ proprio questo uno dei cancri della nostra terra: la messa al bando dalla meritocrazia, metastasi di un sistema con il quale ci confrontiamo quotidianamente. Sono queste perverse logiche
In Sicilia sono sempre gli altri che dovrebbero fare le cose, la responsabilità personale da noi non esiste, perché non esiste appunto il senso civico. La cattiva qualità della politica in Sicilia e soprattutto determinata dalla cattiva qualità della sfera civile: quella del consenso. I Cuffaro, i Lombardo, i Crocetta, siamo ognuno di noi. Ma questo è andato bene finché il sistema del voto di scambio in Sicilia ha funzionato,
do Faletra, Emanuele Macaluso, Luigi Di Mauro, Totò La Marca ed altri. Sotto la loro direzione si sentiva palpabile il senso profondo dell’interesse per la gente, per i territori, ponendosi sempre, anche negli errori, quali rappresentanti di valori e interessi collettivi. Questo prestigio è via via crollato, sia nell’opinione pubblica, che tra gli stessi tesserati. Oggi i “sindacalisti” della nostra depressa area - una volta
che ostacolano l’affermazione di diritti legittimi e che arrivano persino a dilatare quelli che dovrebbero essere i normali tempi di azione nella gestione dei processi di sviluppo politico, economico, sociale e persino antropologico. Ma vi è in tutto ciò una serie di corresponsabilità con la mala politica che oggi si incarnata con il falso “Che Guevara” Crocetta. Vi è anzitutto la grave responsabilità di molti siciliani: quella di non aver mai avuto la forza, ed appunto quel senso civico-etico, di reagire a questa deriva; di esserci sempre piegati ai più forti. Noi siciliani siamo quelli del “s’avissi a fari”, una frase senza soggetto, senza tempo, senza luogo.
producendo i risultati di gonfiare a dismisura i pubblici uffici: comuni, province, regione, strutture sanitarie, aziende municipalizzate, miste, partecipate ecc. Riempiti via via all’inverosimile, in ogni campagna elettorale, quegli uffici, si è fatto sì che si costruisse una Sicilia di sabbia. Quella che ci ritroviamo oggi. Ma, in questo quadro, una gravissima responsabilità va data pure ad un sindacato che ha ormai svenduto il proprio patrimonio organizzativo ed ideale. Un sindacato dal grosso prestigio, fattogli acquisire - in Sicilia e nel nisseno, in lunghe battaglie a fianco dei lavoratori - da uomini come Gui-
sguinzagliati a seguire le battaglie nel territorio (non entrando neanche nel merito della maggior autorevolezza dei loro predecessori) - sono ormai anonimi e mediocri burocrati, che hanno trasformato le sedi sindacali, una volta fucine di discussioni, confronti, battaglie, in grigi luoghi impiegatizi. Neppure un qualsiasi tentativo di proposta di sviluppo del territorio, nessuna voce nel già assente dibattito socio-economico sulla Sicilia e sulla nostra stessa area. Si è dato vita solo ad una nuova forma sindacale: il “sindacato dei sindacalisti”. Mi chiedo come vi sia ancora gente che rinnovi la propria tessera.
Politica, economia, imprenditoria, sindacato, che avrebbero dovuto essere i “pezzi” più imporranti di un più generale meccanismo di sviluppo di una regione, invece tutti hanno miseramente fallito. A volte mi sembra di vivere in una terra che non permette scampo. Scampo delle sue bellezze, così come delle sue bruttezze (mi riferisco anche a quelle umane e sociali). Dove la cultura, invece che essere un valore, diventa spesso un disvalore. Dove vi è una totale mancanza di progetto. Ci si immerge in questo drago a cento teste, in un groviglio infinito di membra, senza mai trovare la via d’uscita. Alla ricerca sempre di un luogo per respirare, di un luogo per pensare. In questo quadro, come tanti altri ex giovani della mia generazione impegnati in politica, nella mia modestissima, ma lunga fase di attivismo, sono stato un povero illuso. Pensavo, sopravvalutandomi, si potesse contribuire ad un cambiamento (è semmai questa terra che cambia le persone). Ma rifletto oggi: se non c’è riuscito neanche un fuoriclasse della cultura come Leonardo Sciascia, figurarsi! E per lui questo era motivo di profondo dolore quando si rifugiava nella sua casa di campagna circondata da vigne, in contrada Noce a Racalmuto. Non c’è più Sciascia, né Vittorini, né Bufalino e nemmeno Consolo. Nessuno che ci possa più raccontare neppure come siamo diventati nel corso di questi ultimi decenni. Pasolini, nel ’59, in un suo viaggio in Sicilia disse: “Pur con gli splendidi scorci e sfilate di strade di un barocco che pare di carne, delle cattedrali di una ricchezza inaudita e quasi indigesta tutto pare provvisorio, cadente, miserabile, incompleto”. Sono parole che hanno, purtroppo, ancora oggi una loro cruda verità. Espunti dall’orizzonte, dunque, le ultime due rivoluzioni culturali, quella di Confindustria Sicilia e quella crocettiana, a noi siciliani non rimane altro da fare che prendercela con un destino cieco, con un fato crudele, che ci ha fatto nascere in una regione destinata a rimanere sempre marginale, senza futuro, sotto un cielo implacabile, limpido solo nelle apparenze.
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Comunicazione istituzionale
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Alternanza Scuola-Lavoro La CCIAA nissena al servizio degli studenti
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cuola-Lavoro, un binomio ricco di promesse, ma spesso insidioso. Strada ardua, ma percorsa in anticipo, con grande lungimiranza e proficuità dalla Camera di Commercio di Caltanissetta. L’ente è stato un antesignano con iniziative che hanno brillantemente coniugato l’attività didattica con la conoscenza dei prodotti tipici del territorio e l’apprendimento pratico di attività lavorative. L’evoluzione normativa che, recentemente, ha riguardato la formazione scolastica, la “Buona Scuola”, avviata dal Governo Renzi, ha tra i suoi obiettivi l’incremento dell’alternanza scuola-lavoro per tutte le tipologie di istituti superiori. “Per certi versi abbiamo fatto da pio-
Stipulato il protocollo di collaborazione con molti istituti d’istruzione secondaria superiore nieri e precursori della recente riforma del sistema scolastico italiano e della prossima revisione che il Governo attuerà, a seguito del- la legge Delega di riforma della Pubblica Amministrazione, in riferimento ai nuovi compiti ed alle nuove funzioni da assegnare alle Camere di Commercio Italiane nell’ambito delle attività di alternanza scuola-lavoro”. “Siamo davanti ad un cambio di paradigma che non permette dietro-front.”dichiara il Presidente della Camera di Commercio nissena Antonello Montante - “l’alternanza scuola-lavoro significa creare occupazione e formare un capitale umano all’altezza dei tempi: persone in grado di non di subire il cambiamento, ma di gestirlo e orientarlo verso la crescita.” Il primo elemento importante che irrobustisce questo settore riguarda l’obbligatorietà dell’utilizzo dello strumento alternanza scuola-lavoro e l’aumento dell’ammontare delle ore annuali ad esso dedicate e in futuro non potrà che essere anche uno degli elementi da inserire nelle valutazioni dell’esame di Stato. “Saranno presto emanate delle circolari attuative che daranno indicazioni più dettagliate sui piani di lavoro” - precisa il Segretario Generale della Camera di Commercio, il dottor Guido Barcellona - “Secondo le prime disposizioni l’alternanza si dovrebbe applicare a cominciare dalle terze classi e si estenderebbe alle clas-
si del quarto e quinto anno per una quantità oraria complessiva diversa a seconda che si tratti di istituti tecnici e professionali oppure di licei. Nel primo caso (tecnici e professionali) le ore complessive sono 400, nell’altro caso (licei) la metà, 200.” Potrebbero apparire fredde norme, statuizioni teoriche prive di riscontro nella realtà. Raccontiamo come già ha agito la Camera di Commercio del capoluogo nisseno, ad esempio, in occasione del Blue Sea Land Expo dei Distretti Agroalimentari del Mediterraneo, dell’Africa e del Medio Oriente, tenutasi a Mazara del Vallo dal 9 all’11 ottobre. Gli studenti dell’I. S. “Senatore Angelo Di Rocco” hanno avuto occasione di fare una importante esperienza per promuovere le eccellenze agroalimentari del territorio ed i principi della dieta mediterranea. Gli studenti ed i professori dell’Istituto hanno organizzato degustazioni al pubblico della manifestazione con l’utilizzo di materie prime della nostra terra (lenticchie di Villalba in primis) direttamente dal produttore alla lavorazione delle sapienti mani dei maestri cuochi e dei ragazzi che hanno destato grande apprezzamento tra gli avventori ad anche tra i buyers esteri. Un percorso circolare virtuoso che ha come attori protagonisti solo “nisseni”: materie prime e studenti entusiasti di conoscere realmente come approcciarsi al lavoro e desiderosi di potersi nuovamen-
te cimentare in esperienze simili. “Alle Camere di Commercio viene dunque affidata la funzione di perno attorno al quale si costruiscono i percorsi di alternanza” prosegue il Segretario Generale. “Le Camere svolgono il ruolo chiave di trait-d’union tra mondo della scuola e mondo dell’impresa, favorendo gli scambi di conoscenze tra di essi e quindi il progressivo avvicinamento, in un’ottica di incremento della qualità della formazione professionale, e con l’obiettivo di semplificare l’inserimento del mondo del lavoro per i giovani. Già negli anni scorsi la Camera ha infatti avviato una serie di progetti con le scuole e con gli studenti del territorio, che si sono misurati con la partecipazione a manifestazioni di carattere nazionale, stage e tirocini anche presso la stessa CCIAA, attraverso i quali misurarsi per la prima volta con il mondo del lavoro.”
Particolarmente significativa l’iniziativa legata all’AF - artigiano in Fiera, manifestazione fieristica internazionale che si tiene ogni anno a Milano, durante la quale gli studenti dell’Istituto Carafa di Mazzarino e Riesi, dell’Istituto Virgilio di Mussomeli, dell’IPSSAR di Gela e dell’Istituto di Rocco di Caltanissetta si sono misurati in vere e proprie sessioni di show - cooking e degustazioni dal vivo
all’interno dello stand dell’ente camerale. I docenti-masterchef dei quattro istituti si sono sfidati a colpi di ricette e preparazioni “a vista”
ci protocolli: Istituto di Istruzione Secondaria Superiore “Sebastiano Mottura” di Caltanissetta, Liceo Classico “Ruggero Settimo” di Caltanissetta, IISS “Manzoni Juvara” di
ta, Istituto comprensivo “Vittorio Veneto” di Caltanissetta, Istituto comprensivo “ Paolo Emiliano Giudici” di Mussomeli, Istituto d’Istruzione Superiore “Eschilo” di Gela, ITCG “MAJORANA” di Gela, ITIS “MORSELLI” di Gela, IIS “STURZO” di Gela. A breve saranno formalizzati nelle prossime settimane accordi con altri istituti. “La programmazione di nuovi progetti e manifestazioni - conclude il Vice Presidente della Camera di Commercio, Giuseppe Valenza, Consigliere delegato per le attività de quibus - che consentiranno agli studenti di vivere vere e proprie esperienze professionali e di lavoro “sul campo” sono solo all’inizio e la Camera di Commercio si propone di estendere la rete con altri Istituti interessati a questa forma di formazione ormai ineludibile per concretezza ed importanza allo
che hanno incuriosito, interessato e fatto conoscere agli avventori le storie della cucina mediterranea e della provincia nissena. Anche l’anno scolastico 2015-2016 è ripartito con la stipula di moltepli-
Caltanissetta, Istituto Comprensivo “Don Milani” di Caltanissetta, Liceo Classico “Mignosi” di Caltanissetta, ITCG “M.Rapisardi” di Caltanissetta, ITCG Hodierna di Mussomeli, IPIA “Galileo Galilei” di Caltanisset-
scopo di formare, sin dai banchi di scuola, i nuovi imprenditori ed i nuovi professionisti che costituiranno anche la nuova classe dirigente attraverso il “ritorno” alle eccellenze che le nostre terre ancora possono esprimere”.
Guido Barcellona, Segretario Generale della Camera di Commercio di Caltanissetta
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Fatti & Salute
“La prima volta” di Francesco
Amico
Eseguita una valvuloplastica aortica percutanea
di Marco Benanti
U
na novantenne in fin di vita. La valvuloplastica aortica percutanea. Una vita che continua. Il nesso tra l’anziana paziente e queste parole complicate lo scopriremo tra poche righe. Ci sono due modi perché la sanità possa fare notizia. La prima è ovviamente quella che segue la scia del giornalismo inglese d’assalto, più sono cattive le notizie più sono buone. C’è poi l’altro fronte, quello forse meno battuto dalle cronache ma
Ospedale Sant’Elia, l’intervento ha salvato una paziente di 87 anni altrettanto affascinante, quello cioè delle buone pratiche e delle positive conquiste e se queste notizie arrivano dalle aree dove per salute si affrontano viaggi della speranza verso altre regioni d’Italia, la cosa diciamoci la verità riempie d’orgoglio. Non parleremo quindi del caso Crocetta- Tutino, della telefonata vera, non vera, esistente o fatta sparire. Non parleremo nemmeno dei rapporti tra Tutino e Sampieri, altro illustre personaggio che proprio all’ospedale Sant’Elia di Caltanissetta, godendo anche per via del gentil aspetto dei favori dei media locali, era avvezzo a pratiche tutt’altro che conformi adesso al vaglio degli inquirenti. Per fortuna la sanità al Sant’Elia non è solo questo, ed anzi a portare avanti con abnegazione, professionalità e spirito di sacrificio il benessere dei
pazienti, ci sono centinaia di donne e uomini che ogni giorno sottraggono tempo e risorse alle proprie famiglie per dedicarsi alla crescita dell’offerta sanitaria, nonostante i tagli, le riduzioni, i governi. Ed è proprio una storia di questa che vogliamo raccontarvi. Forse soltanto gli addetti ai lavori e chi ha purtroppo problemi di cuore, cardiaci s’intende, non di sentimento conoscerà già. Lo sa bene la signora 87enne di Delia che nei mesi scorsi è arrivata al Sant’Elia in stato di grave insufficienza cardiaca praticamente in fin di vita, ricoverata preso l’Unità Operativa di Cardiologia e strappata alla morte dall’equipe di medici ed infermieri dell’Unità Operativa Dipartimentale di Emodinamica del P.O. S.Elia diretta dal Dott. Francesco Amico che hanno eseguito un’ innovativa procedura con successo. Ma come si è salvata questa paziente? Come fanno gli scompensati cardiaci ad avere delle chances in più di sopravvivenza? Ce lo racconta proprio Francesco Amico, il medico nisseno che ha messo in atto la procedura per fronteggiare la stenosi valvolare aortica, ovvero quel restringimento che talvolta soffoca letteralmente l’aorta, il vaso principale del nostro organismo. Si tratta della valvuloplastica aortica percutanea, tecnica che permette mediante l’utilizzo di uno speciale catetere a palloncino introdotto dall’arteria femorale di arrivare fino al cuore per dilatare la valvola aortica ristretta causa appunto della stenosi valvolare. “La stenosi valvolare aortica degenerativa – spiega Francesco Amico - è la patologia valvolare più diffusa nella popolazione oltre i 75 anni registrando un’incidenza del 3%. Decorre per molti anni in completa assenza di sintomi, una volta sintomatica la prognosi diviene
Da sinistra Gianfranco Bartolomeo, Giuseppe Addamo, Gabriella Modica, Rosalia Mirto, Francesco Amico e Francesca Lavieri
to ad un mese dalla dimissione ha confermato il buon esito della procedura. Tale procedura – sottolinea il medico nisseno - si conferma una tipologia di intervento da riservare ai pazienti a più elevato rischio non candidabili ad intervento cardiochirurgico e per tale motivo diverrà sempre più frequen-
infausta, con un tasso di mortalità che può raggiungere anche la metà dei soggetti in assenza di terapia. L’intervento cardiochirurgico di sostituzione valvolare costituisce il “gold standard” per il trattamento della patologia, ma risulta gravato da un’elevata percentuale di rischio di mortalità fino all’8%, specie per i pazienti più anziani affetti da concomitanti patologie quali diabete, broncopneumopatie croniche, insufficienza cardiaca, insufficienza renale. La valvuloplastica percutanea permette di trattare efficacemente la patologia stenosante soprattutto nei pazienti a rischio elevato non candidabili all’intervento cardiochirurgico oppure come terapia “ponte” per ottenere una stabilizzazione clinica ed emodinamica in vista del successivo intervento definitivo di sostituzione valvolare. Tale tecnica è stata eseguita con successo per la prima volta a Caltanissetta, su una paziente di anni 87 originaria di
Delia. Il trattamento con valvuloplastica percutanea ha consentito la dilatazione della valvola con conseguente ripristino di una regolare funzione contrattile del ventricolo sinistro. La paziente è stata dimessa senza complicanze dopo due giorni dall’intervento; il controllo clinico-diagnostico esegui-
te la sua applicabilità anche presso il P.O. S.Elia di Caltanissetta per offrire un’assistenza in termini di standard di qualità ed efficienza ad un ampio bacino di pazienti evitando inutili e costose trasferte in altri ospedali siciliani e di altre regioni”.
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Federfarma a t t e s s i n a t l Ca
Al via molteplici iniziative a favore delle fasce deboli di Annalisa Giunta “Le farmacie sono il front office del SSN, presenti in tutti i comuni anche i più piccoli e strutturate in rete tra loro. Il loro compito non è solo quello di dispensare farmaci, ma di partecipare attivamente all’assistenza sanitaria grazie a iniziative di solidarietà sociale, educazione in senso lato e prevenzione”: a sottolinearlo è Maria Ippolito, presidente di Federfarma di Caltanissetta che aggiunge come esse “rappresentino una risorsa per evitare gli sprechi grazie anche alle nuove iniziative sperimentali di presa in carico dei pazienti cronici (diabetici, ipertesi e broncopatici) per la corretta aderenza alla terapia, ossia il corretto uso dei farmaci sia come dose sia come risposta all’uso corretto degli stessi”. “Da progetti su scala nazionale (i Mur) l’intervento del farmacista – aggiunge - determina risparmi al SNN e vantaggi
scorso 20 luglio su tutto il territorio nazionale grazie alla collaborazione tra Federfarma, il Ministero della Salute e la Rai - rivolto alle “fasce sensibili”, ossia anziani soli (ultra settancinquenni), persone con patologie che non sono autosufficienti o con difficoltà a deambulare e che per la loro condizione non sono in grado di recarsi in farmacia o di incaricare terze persone per l’acquisto dei medicinali. “Apprezzando la sensibilità del sindaco Modaffari, che già nel suo programma elettorale del maggio 2014 aveva previsto questo servizio, intendiamo – afferma Maria Ippolito – intraprendere assieme alle farmacie sul territorio un percorso di collaborazione per il benessere
nisce). Un acronimo ideato da Armando e Rosella Lachina e Barbara Iraci nel ricordo di Liù Lachina, la giovane farmacista nissena, mamma del piccolo Lorenzo, che perse la vita il 7 maggio del 2008 fa mentre
Dal “Progetto Liù”, alle farmacie di quartiere della cittadinanza. La consegna dei farmaci e dei presidi per i diabetici sarà gratuita. Chi intende beneficiare del servizio dovrà chiamare il numero verde 800 189 52, attivo dal
al paziente. Basti pensare che la non aderenza alla terapia e’ una delle maggiori cause di mortalità causando 125.000 morti all’anno e percentuali di ospedalizzazioni che oscillano dal 35 al 65 per cento. Il costo per il SNN per la non aderenza alla terapia sfiora i 125 miliardi annui. In Basilicata il percorso diagnostico terapeutico assistenziale coinvolge le farmacie e le vede protagoniste in una azione sinergica con i medici specialisti. Tutto ciò determina risparmi e salute”. Partendo da questo concetto a breve partirà la consegna a domicilio dei farmaci per le categorie più fragili. Start up a San Cataldo ove l’iniziativa sarà presentata nei prossimi giorni da Maria Ippolito presidente di Federfarma di Caltanissetta e dal sindaco Giampiero Modaffari . Un servizio gratuito - attivo dallo
farmacia consegnerà, sotto la sua responsabilità e a proprie spese, entro le 48 ore lavorative a domicilio il farmaco richiesto”. Un’iniziativa che si aggiunge alle altre sinora portate avanti sul terri-
torio da Federfarma, da sempre sensibile e attenta ai bisogni delle fasce deboli, delle persone più fragili e a garantire loro il diritto alla salute. In quest’ottica nei giorni scorsi è stato siglato un protocollo con l’Asp e
Da sinistra il presidente A.DI.CAL. Lillo Alù, Barbara Iraci e Maria Ippolito di Federfarma, e il presidente della LILT Caltanissetta Aldo Amico
lunedì al venerdì dalle ore 9,00 alle ore 18,00, per essere messo in contatto con la farmacia più vicina. La
l’Ordine dei farmacisti nisseni, per dare il via al progetto pilota “Liù” - Life is unendind (la vita non fi-
stava attraversando la strada con il suo bambino. Un progetto per il recupero e il reimpiego di farmaci non scaduti ancora utilizzabili, che verranno raccolti dalle farmacie della provincia per essere riutilizzati nelle farmacie ospedaliere. “Sentimentalmente – ha sottolineato Maria Ippolito - vuol essere un regalo che Liù fa a tutti noi dal cielo dall’altro si tratta di un progetto di altissima civiltà che vede al centro il cittadino che recupera il farmaco non ancora scaduto e lo consegna in farmacia che a sua volta, dopo averne controllato l’integrità e la validità, lo consegnerà all’Asp per essere poi distribuito negli ospedali. Un occasione per creare una sinergia tra cittadino e istituzioni che contribuirà, oltre a ridurre l’impatto ambientale dovuto allo smaltimento dei farmaci, ad eliminare gli sprechi sanitari”. Saranno utilizzati particolari contenitori nei quali sarà apposto il timbro “Progetto Liù” che consentiranno di introdurre i farmaci donati ma dai quali non sarà possibile più toccarli, per evitare manipolazioni. Un progetto che da novembre e nei primi sei mesi vedrà coinvolte le 22 farmacie di Caltanissetta e San Cataldo, per poi essere esteso a tutte le 75 farmacie della provincia. Solidarietà, politica e farmacie le parole chiave dell’iniziativa “Farmacia di quartiere” un’idea nata dal consigliere comunale del M5 Stelle
Giovanni Magrì sposata da Federfarma e alla quale hanno aderito altri consiglieri comunali che hanno deciso di versare il 10% del loro di gettone a favore dell’iniziativa. Un servizio attivo da febbraio, al quale hanno aderito tutte le sedici farmacie della città, a favore delle famiglie in difficoltà rivolto ai bambini da 0 a 6 anni che prevede uno sconto del 70% sui farmaci pediatrici da banco. “Un’iniziativa lodevole - sottolinea il presidente di Federfarma - che dimostra come istituzioni e politica sono accanto alle famiglie in difficoltà per cui rinnovo vigorosamente l’invito ai consiglieri che hanno firmato l’adesione alla coerenza”. In questi giorni Federfarma è impegnata nella campagna promossa dal Lions Club Caltanissetta dei Castelli, presieduto da Fabiola Safonte, nella seconda edizione della campagna raccolta occhiali usati il cui slogan è “A te non servono più, ma possono aiutare qualcuno a riacquistare la vista”. “Il Salus Festival, che ci ha visto in collaborazione con Adical e
Il presidente Maria Ippolito: “Assistenza sanitaria, prevenzione e partecipazione attiva” Cittadinanzattiva, ha offerto a tutti i soggetti coinvolti – prosegue Maria Ippolito - la possibilità di interscambio con la Lilt di Caltanissetta, presieduta dal chirurgo Aldo Amico, con cui si è siglato un protocollo di intesa su un progetto pilota . Il progetto è ambizioso perché prevede oltre alla promozione delle campagne di prevenzione nelle farmacie anche la prenotazione gratuita presso gli ambulatori Lilt che presto apriranno”. “Quello che noi facciamo - sosteneva Madre Teresa di Calcutta - è solo una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno”: questo il messaggio che Federfarma vuole dare alla città.
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di Donatello Polizzi
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i è chiuso l’Expo, dopo 184 giorni, e da italiani siamo fortemente orgogliosi del risultato ottenuto dal Bel Paese: un successo senza se, senza ma, senza forse. Fiumi d’inchiostro nelle ultime ore stanno tingendo di tricolore un bilancio ampiamente soddisfacente. Nel nostro piccolo la nostra redazione è stata all’esposizione universale di Milano, abbiamo toccato con mano, visto, provato: l’organizzazione perfetta, il clima gioioso e festoso, frutto anche dei tanti bambini presenti, delle famiglie, tralasciando, non perché siano poco importanti ma perché non rendono merito “all’aria festosa” che si è respirata, i dati dell’affluenza, il sito espositivo è stato visitato da 21,5 milioni di persone, delle quali 6,5 milioni straniere. Non cadiamo nel tranello che talvolta può perpetuarsi dei numeri che rappresentano il successo, ma cerchiamo di rendere a chi l’Expo non l’ha visitato, quale clima sia stato vissuto, contesto di grande bellezza architettoniche, ambiente festoso pur trattando di un tema scottante e di grande attualità “Nutrire il Pianeta. Energia per la Vita”. Molte strutture di Expo sono diventate un must, come ad esempio l’ologramma degli Emirati o le installazioni tecnologiche del Giappone. Tra i grandi classici, degno di nota è il Padiglione della Svizzera che
ha ragionato sui contenuti. Al suo interno quattro torri che ospitano scatole piene di acqua, sale, mele e caffè, ma solo fino a che i visitatori non avranno portato via tutto, visto che possono prendere ciò che vogliono e nelle quantità desidera-
Piazzetta Sicilia: 40 eventi, 360 tavoli di lavoro, coinvolti 300 operatori stranieri e 400 addetti tra il CNR e le università te. Queste torri, che rappresentano i quattro alimenti tipici del paese, sono come un’enorme dispensa non più alimentata man mano che si svuota. Lo slogan su cui si articola il Padiglione è: “Ce n’è per tutti?”, una domanda che fa riflettere sulle risorse disponibili del pianeta. La struttura del Padiglione si modifica via via che le torri si svuotano dato
si sulle fredde cifre, sulla ricaduta economica ci affidiamo ad Alberto Dell’Acqua, docente di Finanza aziendale all’università Bocconi di Milano e autore di una ricerca sulle ricadute economiche dell’evento. “Finora il Pil prodotto da Expo si aggira sui 4,5 miliardi di euro”. Secondo il modello elaborato dall’esperto, il valore aggiunto portato
Alessandro Ferrara, Dirigente generale dell’Assessorato Regionale alle Attività produttiva e Maria Stassi, Direttore di Sprint Sicilia (Sportello Regionale per l’Internalizzazione)
commesse grazie all’evento, i posti di lavoro creati” nota il docente. Evitiamo lo sbaglio di tarare un
La Sicilia a Milano,
l’Isola si apre al mondo
che le piattaforme su cui poggiano si abbassano progressivamente Vogliamo tenerci lontani da soloni, criticoni, gufi, disfattisti, che hanno sempre parlato male di questo evento mondiale, e molti di questi senza neanche averlo visitato: un autole-
all’Italia dalla manifestazione arriverà alla cifra totale di 10 miliardi da qui al 2020. A oggi, al netto dei circa 800 milioni di euro di costi di gestione, sono già arrivati 1,4 miliardi grazie agli investimenti fatti sul sito di Rho, sia dal nostro sia
sionismo ingiustificato e malato, da evitare assolutamente. Anche le file ai padiglioni, durata media 2h 45’ di coda, sono state vissute con un fare positivo, favorevole, tra selfie, risate e socializzazione mondiale. E se qualcuno volesse interrogar-
dagli altri Paesi partecipanti: spese fatte per migliorare trasporti e costruire strutture e padiglioni. “Più di 3 miliardi sono arrivati dall’indotto: i turisti che hanno riempito alberghi e ristoranti, le aziende dell’edilizia o dei servizi che hanno avuto più
giudizio sulla ricaduta economica, positiva o negativa che sia, le nostre sensazioni sono state “rapite” dall’insieme che non è solo i 194 padiglioni, belli e affollati, ma dell’intera organizzazione, parcheggi, aeroporti, pulizia, sicurezza: voto dieci e lode. Esserci è stato importante, averlo vissuto ci ha arricchito moltissimo e con occhio attento abbiamo guardato l’operato della nostra Isola: meravigliosa piazzetta Sicilia, ubicata a poca distanza dal padiglione Italia, da rivedere invece, si poteva fare sicuramente di più, il Bio Cluster Mediterraneo, posizionato in maniera defilata. L’Expo 2015 per la Sicilia è stato brillantemente interpretato come punto di partenza per costruire il futuro economico della nostra isola. La strategia è dare visibilità all’agroalimentare di qualità, ai beni culturali e all’identità territoriale in modo unitario e coordinato, per creare o rafforzare le relazioni commerciali, per incrementare il turismo e le relazioni internazionali. Obiettivo che emerge dalle parole di Alessandro Ferrara, dirigente generale dell’assessorato regionale alle Attività Produttive e di Maria Stassi direttore di Sprint Sicilia (Sportello Regionale per , l’Internazionalizzazione). Il nisseno Alessandro Ferrara non manifesta incertezze: “L’importanza di questa manifestazione è evidente, così come la proficua partecipazione della Regione Sicilia. La folla che vediamo alle nostre spalle è la pro-
va tangibile del successo planetario dell’Expo, la nostra regione non poteva mancare, ha partecipato e l’ha fatto nel migliore dei modi. Difficile raccontare sei mesi di piazzetta Sicilia, in cui hanno brillato i due Acroliti di Morgantina restaurati, raffiguranti le divinità di Demetra e Kore”. Non solo bellezza, ma anche, anzi soprattutto imprenditoria. “Abbiamo aperto, sin dall’inizio, un ufficio per le nostre imprese affinché potessero incontrare i buyer di tutti il mondo. Abbiamo creato un balcone sul mondo. Abbiamo unito e reso possibile a Distretti, Reti di Impresa e Consorzi, di competere sul piano internazionale: metterli in rete è il modo migliore, perché internazionalizzarsi non è facile. I risultati ci hanno dato ragione”. Questo contesto espositivo di caratura mondiale, offriva maggiori spunti, possibilità, Ferrara coglie al volo l’assist. “Abbiamo svolto molti work-shop con la Sicilia protagonista. Abbiamo scelto questo sistema perché il contenuto di quei lavori rimane e sarà il contenuto di un book che sarà la sintesi della nostra esperienza, non solo fine a se stessa. Questo servirà anche per il Programma 2014-202, Sviluppo Sicilia”. I numeri sono “robusti”: 40 eventi, 360 tavoli di lavoro; coinvolti, tra l’altro, 300 operatori stranieri, 400 addetti tra il Cnr, le università i dipartimenti regionali. Maria Stassi già guarda al futuro. “La fine dell’Expo è l’inizio, per la Sicilia, di qualcos’altro. Vogliamo parlare di quello che sta prendendo nuove forme e ricomincerà come seguito delle relazioni avviate qua. Centinaia di rapporti con delegati esteri, che peraltro è l’obiettivo del mio ufficio; la capacità di incontrare paesi esteri e lanciare i nostri distretti ad esempio Meccatronica o agrumicoltura, serviva un attrattore forte come l’esposizione universale. I nostri distretti produttivi hanno detto la loro, gli osservatori esteri hanno osservato, provato i nostri prodotti. Abbiamo piantato le radici per il futuro”.
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L’ editoriale
Un’occasione persa, ma con la medaglietta al collo di Michele Spena
L
’espressione dell’ambizione di un’amministrazione comunale al governo di una città come Caltanissetta, che vuole esprimersi nel valorizzare, non solo a parole, il proprio patrimonio economico, artistico, culturale ed antropologico, considerando l’ubicazione, nella parte centrale della Sicilia, e gli atavici problemi infrastrutturali e di sviluppo, deve necessariamente esprimere un livello qualitativo delle professionalità’ coinvolte nell’obiettivo, almeno 100 volte superiore ad amministrazioni omologhe di città ad alta attrattivita’ turistica ed economica. Questo è il presupposto per qualsiasi ragionamento su un progetto di promozione territoriale. Le esperienze già note nel nostro paese e all’estero ci insegnano come ai fini del successo di qualsiasi iniziativa promozionale in qualsiasi settore, ciò che vendiamo e’ largamente meno importante di come lo presentiamo. Rileva purtroppo poco quanto il nostro amore per i luoghi natii ci porti ad esaltarli nel nostro immaginario e nella semiotica locale. Ciò potrebbe essere sufficiente per noi cittadini, per vivere il nostro rapporto con il circostante al meglio, gustandole i pregi e accettandone amorevolmente i difetti. Ma convincere gli altri ad apprezzare il tutto come lo facciamo noi, ed ancor di più apprezzarlo in una competizione con luoghi costieri e città d’arte proclamate patrimonio mondiale dell’unesco, ed anche meglio collegate alle grandi vie di comunicazione, e’ impresa assai ardua. Il grande interrogativo che deve porsi chi è preposto a valorizzare il nostro territorio e’: come faccio a superare il gap con luoghi più attrattivi per convincere un visitatore a venire a Caltanissetta piuttosto che a Noto, ad Agrigento, a Modica? Non esigiamo che un non addetto ai lavori dia una risposta, ma a fronte della serietà dell’interrogativo, cosa fa la nostra amministrazione comunale per dare le gambe ai suoi onirici proclami? Si affida ad ‘esperti’ a titolo gratuito, si conclama onnisciente, gestisce tutto con l’unico obiettivo di dimostrare quanto è ‘gigante’ nel risparmiare qualche migliaio di euro (poi spesso neanche riuscendoci)che invece potrebbe essere ben impiegato per dotarsi delle risorse necessarie per ‘volare’, e magari risparmiarsi la fatica a cercare di dimostrare l’inverosimile quando i risultati sono clamorosamente ‘nani’. C’è da chiedersi se i nostri amministratori, quando affrontano una visita medica, una controversia legale, l’acquisto di una casa, a quali criteri si attengano, e se sono gli stessi che utilizzano nell’amministrazione del nostro Comune. Noi non possiamo crederlo, perché nonostante tutto, e non è poco, li riteniamo ancora dotati di buon senso ed intelletto. La vicenda del viaggio della vara
all’expo’ (perché di più di un viaggio riteniamo sia presuntuoso parlare) e’ emblematica di quanto succede dal primo giorno dell’amministrazione Ruvolo in tutta la gestione delle attività istituzionali: servizi alla persona, verde pubblico, manutenzione strade, vivibilità per le famiglie e per i bambini, sviluppo economico, opere pubbliche. Tutto ha subito una evidente battuta di arresto, proprio perché gestito con improvvisazione. La capacità di un amministratore non si misura nell’elaborare sogni da somministrare ai cittadini affidati alle proprie cure, ma fare in modo che i sogni dei cittadini che lo hanno eletto, spesso consistenti semplicemente nell’ avere resa una qualità delle vita e dei servizi decente , commisurata al fior di tasse che pagano, siano esauditi. Tornando al sogno più recente, quello della vara all’expo, non dobbiamo commettere l’errore di pensare che sia un’intuizione del sindaco Ruvolo e della sua Amministrazione. Il minimo sindacale (ci si scusi il gioco di parole) di fronte ad un’irripetibile occasione come l’Expo di Milano rendeva logico e quasi scontato che la
città non vive. A questo punto viene naturale riportarsi alla prima considerazione in preambolo e chiedersi fino a che punto la nostra amministrazione sia stata
la soluzione giusta esporre la nostra opera locale in una teca per una settimana, avulsa dalla necessaria attività promozionale della Settimana Santa? Una organizzazione fatta con i tempi necessari poteva e doveva prevedere, non solo un adeguato presidio multimediale, ma anche la presenza stessa della Real Maestranza. Poteva e doveva essere accompagnata dalla presentazione di una rete ricettiva, di un percorso organizzato, anche correlato alle manife-
L’iniziativa
Selfie e Vara: il dilemma tra sacro e profano Sacro e profano. Una commistione anomala che ha ingenerato molto dubbi, partendo dal presupposto che l’Ultima Cena è un gruppo sacro che oltre al valore artistico e rappresentativo di elevati significati morali e religiosi. Il concorso “Taste, Selfie & Win Sicily” che ha offerto ai turisti l’opportunità di vincere quindici soggiorni vacanza in Sicilia durante la Settimana Santa e quindici confezioni con prodotti alimentari a km zero di aziende nissene. I visitatori dell’Expo sono stati invitati a scattare un selfie con l’Ultima Cena e inserire l’immagine sulla pagina Facebook entro il 31 dicembre 2015. “La Settimana Santa” di grande impatto emotivo e cementato con la tradizione del territorio; vedere “labbra a papera” o sguardi languidi con lo sfondo della Vara, probabilmente non è stato il modo migliore per valorizzare il tesoro del capoluogo nisseno. Valutiamo infine i dati, i numeri del concorso: in base ad un rapido calcolo teorico, sono cifre risicate. L’Ultima Cena è stata esposta da domenica 25 a sabato 31 ottobre. Affluenza all’Expo in quella settimana, circa 290 mila visitatori al giorno; moltiplicando 7 giorni per 290 mila, otteniamo 2.030.000 (oltre due milioni) di persone. Dati
nostra città partecipasse con un iniziativa degna dell’evento. E con che cosa poteva partecipare Caltanissetta se non con la Settimana Santa? Il sogno dei cittadini che l’amministrazione comunale doveva interpretare, non era solo quello di essere degnamente rappresentati, ma trasformare tutto ciò in una concreta possibilità di far divenire l’evento una reale e continuativa possibilità di indotto economico, perché solo di immagine e di ricordi purtroppo la
pagina facebook del concorso (ricordiamo che si tratta di un concorso con selfie, quindi il social network è determinante) : 99 mi piace, 67 selfie (dato aggiornato alle 23.59 d e l 31 ottobre).
capace di quello straordinario livello di professionalità richiesto (almeno cento volte superiore) per cogliere l’opportunità e amplificarla con il necessario effetto moltiplicatore sortendone un tangibile vantaggio per il nostro territorio. Noi siamo stati all’Expo di Milano, e ci rendiamo conto che reggere il confronto con la magniloquenza espressa da altri paesi era veramente un’impresa ardua. Ma volendo perseguirla con successo riteniamo che sia stata
stazioni dei comuni della provincia. Poteva e doveva interfacciarsi con il padiglione spagnolo, dove la città di Avila offre riti che recano grandi similitudini con i riti nisseni, proponendo anche tour tematici internazionali. Non
Il viaggio della vara a Milano, emblema di un modus operandi proprio dell’ ammininistrazione Ruvolo: l’improvvisazione vogliamo continuare in un elenco che potrebbe essere troppo lungo e noioso, ma riteniamo che l’iniziativa sia iniziata e conclusa nell’essere riusciti (forse) ad organizzare un viaggio in sicurezza per un gruppo monumentale e basta più, e in una certa quantità di selfie d’autore inaugurati dal Primo Cittadino. Troppo poco a fronte del costo dell’operazione e dal ritorno negativo di immagine per aver dimostrato fino all’ultimo momento di non sapere o meno se la vara partiva. Ultimo aspetto che ci preoccupa molto sulle cronicità delle ‘criticità’ organizzative della nostra amministrazione, e’ la mancanza di procedure di ‘auto diagnosi’, presupposto di una prospettiva di miglioramento, cui si accompagna una spiccata tendenza ad individuare responsabilità indeterminate ed immateriali. Se la vara e’ pubblicizzata come una latta di pomodoro pelato la colpa non è di chi non ha controllato, ma del ‘passato’. Se la vara e’ partita in grande ritardo la colpa non è di chi doveva munirsi per tempo delle autorizzazioni, ma di non meglio precisate ‘forze negative’. Metodo certamente comodo per non creare contraddittorio e deresponsabilizzarsi al contempo, ma purtroppo i risultati sono visibili a tutti.
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L’iniziativa del Fatto Nisseno
L’Ultima Cena
di Michele e Donatello all’Expo di Andrea Milazzo
Un possibile approccio manageriale per l’evento
Secondo noi...
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rganizzare un evento, come quello della presenza della Vara dell’Ultima Cena a Milano, in considerazione delle speciali condizioni offerte dall’Expò richiede attenzione e preparazione. Questo evento è stato il vostro evento, una vostra creatura, per voi che lo organizzate è l’appuntamento più importante forse della vostra storia. Andava affrontato quindi con tanta passione e con il massimo impegno. E’ fondamentale “giocare d’anticipo! Prevedendo e preparando tutto quanto sarà necessario, con la giusta tempistica ed estrema professionalità. Solo chi pianifica con attenzione e agisce con strategia avrà un’elevatissima probabilità di riuscire nel proprio intento. Ma andiamo per ordine. Risulta fondamentale fissare l’obiettivo da raggiungere e definire il budget a disposizione. Chiariti questi due punti può iniziare la progettazione che si estrinseca poi attraverso i seguenti passaggi: staff, idea della location, target interessato, organizzazione della comunicazione, fornitori e logistica, attività collaterali, animazioni e spettacoli, convegni, coinvolgimento tour operator e broker, feedback e spunti per il futuro. La dinamica delle azioni avviene sempre attraverso il pre evento, l’evento stesso e il post evento. Il primo passo da fare, è un corposo briefing iniziale con staff e attori in cui sarà necessario per prima cosa dare un nome a questo progetto. Capiamo da dove arriva, come poterla inserire in un contesto reale conoscendo in anteprima l’allocazione nel padiglione e soprattutto raccontiamo la sua storia, con tanti tantissimi dettagli. Si consiglia sempre di esagerare! Tanto siamo ancora al concepimento, se non ci piace non attueremo nulla…insomma non abbiamo niente da perdere! Se la risposta è un bel sogno allora potete passare al secondo passo della prima fase: definire gli
obiettivi. Cosa voglio ottenere? (attenzione dei media, passaparola, interviste) In pratica; qual è il messaggio che deve arrivare? Che impatto sociale deve avere il mio evento? Passo tre: il target. Chi saranno le persone che vengano a vedere il mio gioiello? Questo permette che tutto diventi sempre più nitido e che le azioni da compiere siano sempre più chiare. Passo quattro: la promozione. È forse la cosa più importante per la riuscita di un evento. Se non avete personale all’interno che sia specializzato nella promozione degli eventi, affidatevi a persone esperte! Il 50% del successo del tuo evento dipende da quanto è stato promosso! Quinto e ultimo passo. Serve la cosiddetta analisi SWOT. Dobbiamo scrivere i nostri punti di debolezza e i nostri punti di forza, il nostro budget, i ricavi, i mezzi che abbiamo a disposizione e quelli che ci servono. Solo in questa fase possiamo cominciare a vedere il nostro evento prendere forma, possiamo togliere le cose che sono in più e aggiungere quelle che sono in meno, e dare un equilibrio al tutto. Perché da qui…si parte con il lavoro duro che porterà sicuramente risultati significativi.
Una galassia di sentimenti positivi ha pervaso i nisseni per l’originale iniziativa di Michele Spena e Donatello Polizzi. Risate? Moltissime. Ne abbiamo bisogno del resto. Molti si sono appassionati delle suggestive ‘trovate’ dei simpatici autori, chiedendosi come l’ormai celeberrimo camioncino giallo, con il piccolo simulacro della ‘Cena’ a bordo, possa essersi mosso, in lungo e in largo, per la Città in pieno giorno, senza che nessuno se ne sia accorto. Molti altri, mercoledì 21 ottobre, dopo aver letto l’articolo e visto il cortometraggio, ormai a pieno titolo divenuto parte integrante dell’albo d’oro delle storie da tramandare della nostra amata Città, hanno spergiurato che “la cena”, quella autentica, a Milano c’era già per davvero. Taluni, e pochi speriamo, hanno elaborato perverse proiezioni dietrologiche sul perché ed il per come di questa gradevolissima intuizione, gettandosi a capofitto nel cercare di scoprire a favore di chi e contro che cosa si sia affrontata tutta questa faticaccia, non escludendo in tutto ciò l’influenza di qualche potere esoterico. Qualcuno, addirittura, si è avventurato a ipotizzare che l’iniziativa fosse volta a concorrere con quella vera, messa in piedi dall’Amministrazione Comunale, certamente più ambiziosa, ma egualmente tanto divertente, soprattutto nell’ infinita e travagliata fase preparatoria. In realtà dell’altro ha animato il nostro creativo Editore e l’ineffabile Donatello: l’amore, quello semplice ma genuino per la nostra Città, percorsa, prima della partenza per l’Expo, dal camioncino giocattolo, trainato dal bambino che c’è in loro, che ha attraversato alcuni dei suoi luoghi simbolo: la Piazza con la fontana di Tripisciano, l’Abbazia di Santo Spirito,
il Redentore, il Cimitero dei Carusi, dove riposano i sogni, mai realizzati, di tantissimi innocenti. Una lunghissima partenza, che tradisce un sentimento confuso, ma egualmente forte, di resistenza al di-
stacco di chi va via dal luogo dov’è nato. La vara della “Cena”, per la prima volta nella storia separata dalle sorelle gemelle con cui costituisce un unicum inscindibile, rappresenta ognuno di noi che con la propria famiglia e comunità, in un algoritmo esistenziale è unione e non somma delle singole parti. Ma attenti a scambiare la Vara per una figura retorica. E’ molto di più. Dopo aver superato la ‘via dell’onestà’, icona dell’arte della sopravvivenza di un territorio ferito, il nostro camioncino approda a Milano, all’alba, come tanti di noi che sono migrati per coltivare le proprie speranze. Sì, proprio speranze, parlare di sogni è troppo qualche volta. La piccola “vara” si muove per piazza Duomo ed arriva all’Expo. E’ piccolissima rispetto a tutto il resto,
indifesa, ma in lei c’è l’ironia, la creatività e la fantasia dei nostri conterranei che la rendono solidissima, irraggiungibile, senza farle perdere l’umanità e la generosità. Tenerissime le immagini, con la moltitudine di persone di ogni nazionalità che applaudono al nostro giocattolo, prova incontrovertibile che per comunicare i nostri sentimenti non occorrono, per forza, opere sontuose e talvolta megalomani, nè discorsi pregnanti di termini altisonanti e promesse mancate, ma solo buone idee, onestà e tanta, tanta semplicità, magari provando a pensare come i bambini. È tutto lì, nel sorriso senza malizia che questa volta ci ha donato questa irripetibile impresa. L’Expo si appresta ormai a chiudere i battenti e conosceremo presto l’impatto che ha avuto nella promozione del territorio siciliano e nisseno. Speriamo tanto e per il bene di tutti, che sia stato corrispondente alle aspettative ed agli investimenti impiegati. Un fatto, comunque, è certo. Nel cuore dei nisseni , nella loro Settimana Santa, oltre al meritato spazio per vare e variceddre, da ora in poi si troverà anche un piccolo angolo per ‘la cena’ di Michele e Donatello.
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Economia & Società
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di Marcello Curatolo
L’economista ha realizzato un “Modello di domanda quasi ideale”: il sistema è diventato uno standard per la valutazione di diversi parametri econominci
l premio Nobel 2015 per l’Economia è stato assegnato a Angus Deaton per i suoi studi sui consumi, la povertà ed il welfare. Nato a Edimburgo nel 1945 ha conseguito il dottorato presso l’Università di Cambridge, diventando poi nel 1983 docente di Economia e affari internazionali presso l’Università di Princeton, nel New Jersey (Usa). Gli studi di Deaton si sono concentrati su tre aspetti dell’economia: come i consumatori distribuiscono la loro spesa su prodotti diversi, quanto di ciò che guadagna la società viene speso e quanto risparmiato, qual è il modo migliore per valutare e analizzare il benessere e la povertà. Le motivazioni del premio sono tre. Deaton ha realizzato un “modello di domanda quasi ideale”, che serve per stimare come la domanda per ogni bene dipenda dai prezzi di tutti i beni e dal reddito dei singoli individui: il sistema è diventato uno standard per la valutazione di diversi parametri economici. Il modello di domanda mette in relazione la quantità domandata di ciascun bene con il prezzo di tutti gli altri beni, il reddito del consumatore e caratteristiche demografiche, come età e composizione del nucleo familiare. Il modello empirico di Deaton ha dato luogo a numerosissime applicazioni ed estensioni nei decenni successivi, ed è ancor oggi largamente utilizzato per valutare l’effetto delle politiche economiche e la costruzione degli indici dei prezzi. Il secondo contributo fondamentale di Deaton riguarda le scelte intertemporali di consumo e la generalizzazione dell’ipotesi del ciclo vitale di Franco Modigliani e della teoria del reddito permanente di Milton Friedman, considerando esplicitamente anche l’incertezza sui redditi da lavoro, i vincoli nel mercato del credito e la differenza tra comportamento dei singoli consumatori e comportamento aggregato. La teoria di Modigliani e Friedman consiste in un modello di scelte del consumatore basato sull’idea che le persone hanno una forte preferenza per la stabilità del flusso di consumo nel tempo. I consumatori risparmiano parte del reddito per far fronte alle loro esigenze di consumo quando il reddito si riduce, oppure si indebitano quando il reddito è relativamente basso per sostenere i consumi correnti e restituire il debito quando il reddito sarà tornato ai livelli normali. In altre parole, secondo la teoria, risparmia chi si aspetta una riduzione di reddito, e si indebita colui che se ne aspetta un aumento. In una serie di contributi tra gli anni Ottanta e Novanta, Deaton ha proposto modelli del consumo più sofisticati, in grado di incorporare nell’analisi delle scelte intertemporali anche il cosiddetto movente precauzionale al risparmio (cioè, il fatto che l’incertezza sul reddito futuro ne rappresenta un ulteriore, importante movente) e dei vincoli che i consumatori incontrano nel mercato del credito (e cioè il fatto che non tutti riescono ad accedere a
prestiti per finanziare i consumi),oltre che l’interazione tra incertezza sul reddito e vincoli sul mercato del credito (cioè il fatto che i consumatori non riducono la propria ricchezza a livelli molto bassi per evitare il rischio di non ottenere un prestito in caso di caduta imprevista del reddito). In un altro
di Deaton non si limita dunque alle scelte di un singolo individuo considerato isolatamente, ma considera con la massima attenzione il cosiddetto problema dell’aggregazione, mettendo in risalto il fatto che solo in circostanze eccezionali e non realistiche il comportamento dei sin-
contributo importante, Deaton estende la teoria del consumo per studiare la dinamica della disuguaglianza nel corso del tempo, verificando empi-
goli coincide con il comportamento del consumo aggregato, o di un individuo che fittiziamente rappresenta tutti i consumatori. L’implicazione fonda-
aton ha dimostrato una straordinaria capacità di essere, allo stesso tempo, un raffinato teorico, un eccellente statistico e uno studioso attento ai fenomeni
Angus Deaton
Per evit a re di essere particol ar m e nt e tecnico, mi preme sottolineare l’importanza dello studio compiuto da Deaton circa la correlazione tra benessere fisico e benessere economico. Cercare di capire il comportamento dell’aggregato dei consumatori studiando quello di un “consumatore rappresentativo”, come fanno i libri di testo di economia, è secondo Deaton di limitato valore. Rispetto ai consumatori reali, questo consumatore fittizio, per dirla con Deaton – “vive troppo e sa troppe cose”. Negli ultimi anni Deaton ha concentrato gli studi sulla salute degli individui e i legami con le loro condizioni economiche. Benessere fisico e benessere economico correlano. I ricchi vivono più a lungo e le persone sane fanno scelte finanziarie più remunerative. Ma è la maggior ricchezza ad allungare la vita o è l’orizzonte di vita più lungo che stimola chi lo possiede a risparmiare e rischiare di più? Capire cosa causa cosa è importante. Ma la vera pretesa di Deaton è spiegare, analizzando i legami tra salute e redditi a livello individuale, la forte correlazione tra il reddito di un paese e la salute dei suoi cittadini. Per secoli la vita attesa nel pianeta è rimasta piatta intorno
L’intuito di formulare ipotesi verificabili empiricamente
ricamente il fatto che durante la vita lavorativa di una generazione, la disuguaglianza dei consumi aumenta per effetto dei diversi livelli di reddito dei singoli individui. Parte del rischio di reddito è assicurata dal sistema di welfare e da trasferimenti tra famiglie; in ciascun paese la dinamica della disuguaglianza dei consumi riflette quindi non solo la dinamica dei redditi, ma anche l’importanza delle istituzioni sociali e delle famiglie per la protezione dei rischi individuali. Questo contributo è stato fondamentale per capire le differenze tra paesi o nel tempo della disuguaglianza dei consumi, ed è stato applicato, con varie estensioni, a molti paesi, sia industrializzati sia in via di sviluppo. In tutti i suoi studi, l’analisi
mentale è che per studiare il comportamento individuale occorre disporre di dati sui bilanci delle singole famiglie; non sono sufficienti, e a volte sono addirittura fuorvianti, le analisi basate sui consumi aggregati, prevalenti negli anni Settanta e Ottanta. La terza motivazione per il Nobel è quella di aver fornito strumenti statistici agli economisti applicati per verificare le teorie del consumo con dati sui bilanci delle famiglie, ad esempio dimostrando che è possibile studiare alcuni comportamenti di consumo utilizzando indagini ripetute nel tempo su individui diversi, quando non si dispone – come spesso accade nei paesi in via di sviluppo – di indagini sugli stessi individui intervistati più volte nel corso del tempo. De-
economici e sociali. Per il suo intuito, la capacità di formulare ipotesi verificabili empiricamente, imparare dai dati economici e trasmettere un metodo di ricerca rigoroso, in cui analisi teorica ed empirica vanno di pari passo, è uno dei maggiori protagonisti del dibattito economico degli ultimi tre decenni. I contributi hanno influenzato un’intera generazione di studiosi del consumo e delle scelte intertemporali (e tra essi alcuni italiani). E anche per questo gli siamo grati. Pertanto collegando scelte individuali dettagliate e risultati aggregati, la ricerca di Deaton ha contribuito a trasformare i campi della microeconomia, macroeconomia ed economia dello sviluppo.
ai 30 anni e il reddito stazionario. Dal 1850 il reddito mondiale è decuplicato e la vita media più raddoppiata. Oggi nei paesi più poveri si vive molto meno e in salute precaria che nei paesi ricchi. E la ragione non è la malnutrizione che imbriglia questi paesi nella povertà. Se la nutrizione fosse la trappola della povertà, sarebbe, conclude Deaton, una trappola dalla quale esiste una scappatoia. Per concludere la salute è una dimensione fondamentale del benessere. Unitamente al reddito è “però”, una condizione per il consumo. Il benessere nel senso di cattiva salute, e il basso reddito incidono profondamente nel livello dei consumi!
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di Fabiola Palmigiano
Le Nozze d’oro del gemellaggio 1
965 il gemellaggio, 2015 l’anniversario di un legame fra due città in cui scorre sangue nisseno misto a quello americano: Rochester e Caltanissetta. 50 gli anni che hanno reso la città newyorkese retaggio di un passato di artigiani, commercianti venuti da lontano, dall’entroterra siculo, lì dove era difficile arrivare a fine mese, tra famiglie numerose e un dopoguerra che ha lasciato a Caltanissetta le sue cicatrici. Sono le storie di chi è partito, di chi è rimasto, di chi ha “fatto famiglia” regalando un futuro migliore ai propri figli, ma sono anche le storie di chi è tornato raccontando la sua esperienza con orgoglio misto ad una punta di nostalgia. L’avventura newyorkese segna quella
Rinsaldati i rapporti tra Caltanissetta e la città newyorkese con la “dichiarazione di amicizia” che viene definita una “dichiarazione di amicizia” firmata dai sindaci di Caltanissetta e Rochester Giovanni Ruvolo e Lovely Warren che a sua volta rinnova quella siglata 50 anni fa dai sindaci Calogero Traina e Frank Lamb. Accordi, scambi culturali con le scuole, promozione turistica ed economica per valorizzare il territorio nisseno; tutti temi trattati durante una tavola rotonda a cui ha preso parte la delegazione composta da 14 nisseni e la Warren, la prima cittadina di Rochester. I componenti della delegazione volata a New York per portare un po’ di sicilianità a chi forse solo per sentito dire ne ha conosciuto una piccola parte, tra foto, regali, telefonate interurbane e ristoranti italiani dai cibi “rivisitati” sono i nisseni Giovanni Ruvolo sindaco della città, la presidente del Consiglio comunale Leyla Montagnino, le responsabili del comitato promotore Alida e Titti Marchese, il giornalista Enrico De Cristoforo, il fotografo Andrea Camilleri, l’artigiano di pipe Salvatore Amorelli, la delegata dell’associazione Culturscambi Adriana Scibetta, la dirigente del Liceo Classico Ruggero Settimo Irene Collerone, il presidente del Consorzio Universitario di Caltanissetta Emilio Giammusso, il capitano emerito della Real Maestranza Pasquale
Tramontana, lo studente che ha partecipato al programma “Exchange” Italo Scarlata, I’insegnante dell’IIS Di Rocco indirizzo alberghiero Emanuela Petix, la rappresentante del progetto E_Migrantes del Distretto Turistico Valle dei Templi Sofia Pilar Di Buono e Alessandro Amore. Ma al di là di incontri, firme e “inter-scambi” ci sono immagini e storie raccontate da chi è partito alla volta di Rochester per fare fortuna ed è poi ritornato a Caltanissetta nella sua bottega di calzolaio dove ha continuato a lavorare per veder crescere i propri figli e nipoti. È il mastro calzolaio, emerito capitano della Real Maestranza nel 1998, Pasquale Tramontana, uno dei tanti “migranti ritornati” che tra lacrime di gioia e nostalgia ha riabbracciato la sorella, i nipoti e i pronipoti, generazione dopo generazione “portatori sani” di una sicilianità che sembrerebbe celarsi dietro il “meet ball”; un piatto all’italiana con polpette e spaghetti, un’unica portata fusione di due modi di fare cucina differenti: uno proprio del fast food americano con le sue porzioni extra large e l’altro caratterizzato dalla fusione di due pietanze appartenenti alla tradizione culinaria tricolore. Questo è soltanto uno dei manicaretti italo-americani cucinati dalla nipote di Tramontana, Alba Ragusa, che ha aperto un ristorante alla 138 South Union St.: il Granpa Sam’s. “Si respira aria nissena a Rochester
degli anni meravigliosi come la gente che ho incontrato, erano tutti gentili e ospitali con me, mi sentivo a casa” ha commentato Pasquale Tramontana. Il ritorno a Caltanissetta sebbene segnato da una motivazione forte come l’amore per la figlia che ha sposato l’uomo della sua vita, lascia un po’ di nostalgia in Tramontana che spesso ritorna in America, la città che ha consentito a sua sorella e ai suoi parenti di “fare fortuna”. Migrazioni del secondo dopoguerra, segnate dalla fame e dalla povertà, speranze di migliorare la propria vita che si fanno concrete nelle fabbriche newyorkesi. Si intrecciano le storie delle prime generazioni di migranti con le seconde, le terze e le quarte generazioni che di nisseno hanno forse solo il sangue e qualche abitudine ereditata dai nonni e dagli zii, legate alla cucina, all’amore per la famiglia, all’ospitalità.
“È un piccolo mondo fatto di case bifamiliari, dove vivono persone che trascorrono molto tempo tra le mura domestiche, sono molto unite, si muovono insieme anche per fare la spesa” ha spiegato la rappresentante del progetto E_Migrantes del Distretto Turistico Valle dei Templi Sofia Pilar Di Buono. Una cultura multietnica quella descritta dalla Di Buono, lei che ha osservato da vicino le abitudini, le espressioni di una sicilianità che sembra mantenersi viva nonostante fossero trascorsi 50 anni dal gemellaggio con le due città. “Un legame che non deve assolutamente perdersi soprattutto per le giovani generazioni che sembrerebbero essere staccate da quest’appartenenza con il mondo nisseno” ha commentato il sindaco Giovanni Ruvolo rinnovando il suo impegno a rilanciare la cultura nissena soprattutto in occasione delle vacanze pasquali dove sarà
proprio una delegazione di Rochester a fare visita alla città. “Un’esperienza positiva soprattutto dal punto di vista umano, la mia famiglia – afferma il sindaco Ruvolo – ha esperienza di emigrazione negli Stati Uniti, alcuni miei cugini e zii vivono a Long Highland e altri a New York. E’stato davvero emozionante sentire le testimonianze di coloro che hanno coronato il loro sogno americano” racconta entusiasta del viaggio a Rochester Giovanni Ruvolo parlando di coloro che con pochi soldi in tasca e tante speranze hanno lasciato Caltanissetta e sono diventati professori universitari, dirigenti sanitari a Rochester, in una città segnata dalla meritocrazia, esempio pratico di riscatto che oggi continua ad essere suggellato da un legame che rende Caltanissetta e Rochester due città seppur diverse, unite e alimentate dalla forza dell’interazione e dello scambio.
La delegazione nissena presente a Rochester Foto di Andrea Camilleri
con i suoi 60,000 abitanti tanti quanti quelli che vivono in città” commenta il maestro Tramontana ricordando il suo arrivo a Rochester nel lontano 1972 dove per 4 anni ha lavorato in una fabbrica che costruiva macchine per la General Motors. “Sono stati
Sopra il Capitano emerito Pasquale Tramontana con il sindaco di Rochester Lovely Warren. A destra la firma della dichiarezione di amicizia tra le due città
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Fatti & territorio
Acqua pubblica, il Vescovo Russotto ai sacerdoti:
“Sostenete la raccolta firme” di Alberto Sardo
Anche la Curia sostiene la petizione del Forum dei movimenti per l’acqua. Appello ai sindaci per attuare la legge regionale 19 di quest’estate sulla “ripubblicizzazione”
U
na petizione popolare per sensibilizzare sindaci, consigli comunali e mondo politico sull’attuazione della legge regionale n.19 approvata ad agosto dall’Ars. Dopo un referendum e una legge regionale approvata, ma impugnata in diverse parti dal Governo nazionale, il servizio idrico in provincia di Caltanissetta difficilmente potrà cambiare gestione. Il contratto tra Ato idrico CL6 e Caltaqua è blindato, sebbene la Legge 19 dia comunque nuovi strumenti ai sindaci per verificare, controllare e sanzionare le inadempienze, con penalità tali (tra i 100 e i 300 mila euro al giorno per ogni giorno di interruzione dell’erogazione idrica), che potrebbero rendere per nulla conveniente la gestione del privato. La legge non esplicita in positivo cosa bisogna fare con i contratti in essere. Si limita a indicare i passaggi per, eventualmente, sciogliere i contratti con le società che si sono aggiudicate la concessione delle reti per trent’anni, come nel caso di Caltaqua, solo attraverso il meccanismo delle penalità e delle gravi inadempienze contrattuali che una commissione tecnica insediata al tale scopo dovrà segnalare alla presidenza della Regione per valutare lo scioglimento. Intanto però il forum provinciale dei Movimenti per l’Acqua e i beni comuni di Caltanissetta spinge per dare attuazione alla Legge, che prevede comunque che vengano fatti passaggiamministrativi pre-
cisi da parte degli enti locali, e in tempi brevi. Si può incidere sul rispetto delle voci del contratto, la garanzia della qualità del servizio e la tutela delle fasce deboli. Ed è proprio per favorire una “presa di coscienza del problema” che è sceso in campo il Vescovo della Diocesi di Caltanissetta, Mario Russotto, che insieme al Vicario, Don Pino La Placa, hanno scritto a tutte le parrocchie ed ai sacerdoti una lettera per dire loro di facilitare la raccolta firme del Forum dei movimenti per l’acqua e altresì premurarsi di
di qua delle fazioni politiche, si tratta di difendere l’uomo e la dignità. Sarebbe come dire a uno che ha diritto al lavoro ma deve pagare per avere il lavoro. Se si ha diritto all’acqua è perchè siamo esserei umani e senz’acqua non possiamo sussistere, abbiamo allora diritto all’acqua”, spiega ancora il Vescovo Mario Russotto. Alla domanda se la presa di posizione della Chiesa nissena sia anche un modo per sollecitare la politica, dal momento che la legge regionale sull’acqua publica
Il contratto di Caltaqua è blindato e la legge non prevede la rescissione se non per gravi inadempienze. Ma la “commissione tecnica” sindaci e cittadini avranno più potere contrattuale darne avviso ai fedeli durante la messa. Le chiese nissene sono quindi aperte ai banchetti del forum per l’acqua pubblica che in questi giorni sta raccogliendo le firme dei cittadini. Il Vescovo Russotto spiega l’iniziativa “al di qua” di qualsiasi fazione politica, poiché ispirata al diritto all’acqua quale inalienabile condizione per la vita dell’uomo. “Penso che, al di là della questione politica, l’acqua è un bene primario umano e sociale e tutti hanno diritto all’acqua, dai poveri ai ricchi. Non si può tassare un bene primario, sarebbe come tassare l’aria. Senz’acqua non c’è vita e quindi nessuno può privarla”, spiega il Presule nisseno. Un’iniziativa inedita in Sicilia da parte di una chiesa, quella nissena, in sintonia con l’anelito cristiano di equità sociale rivolto agli ultimi, professato da Papa Francesco. “Mi sembra giusto, tra l’altro è un’istanza che viene dalla base e incontra il pieno favore della Diocesi, del Vescovo, perchè siamo al
dispone adempimenti e azioni dei sindaci con una tempistica veloce, il Vescovo risponde: “certo!”. “Si prenda coscienza del problema, della questione, e per tale ragione il Vicario generale ha mandato una lettera ai parroci con cui stiamo sollecitando la raccolta firme, proprio perchè bisogna prendere coscienza dei beni di cui ciascuno ha veramente il diritto di usufruire e che chi ci governa ha il dovere di offrire” conclude il Vescovo Russotto. Come ha ben spiegato il deputato regionale del Movimento 5 Stelle Matteo Mangiacavallo, in un recente incontro tenutosi a Caltanissetta, la legge regionale n.19 del 11 agosto scorso difficilmente potrà incidere sulla validità di contratti trentennali stipulati tra Ato idrici e società private per la gestione del servizio idrico, soprattutto se tutti i comuni della provincia, come nel caso nisseno, hanno consegnato le reti al gestore privato. Ciò che invece è pienamente operativo, anche perchè non impugnato, è l’articolo 12 della legge 19, che i sindacati Cgil, Cisl e Uil hanno indicato tra le ricadute immediate per la provincia nissena. Prevede l’istituzione delle Commissioni tecniche (tre sindaci, un rappresentante sindacale, uno dell’assessorato e uno delle associazioni) presso gli ATO idrici posti in liquidazione allo scopo di accertare eventuali inadempimenti contrattuali. Dalla relazione scritta da tale commissione si può arrivare anche alla proposta di risoluzione anticipata del contratto.
La Commissione avrà anche il compito di formulare proposte per calmierare le tariffe. L’istituzione di tale commissione, che il sindaco di Caltanissetta, Giovanni Ruvolo assicura avverrà a breve, può incrementare il potere contrattuale dei cittadini in termini di qualità del servizio e soprattutto di tutela delle fasce svantaggiate. In un recente incontro organizzato dal Forum siciliano dei movimenti per l’acqua, con il deputato PD, Giuseppe Lauricella, l’ingegnere Gaetano Melillo ha
sottolineato l’importanza di tagliare il mark-up (differenziale fra il prezzo della prestazione erogata e il suo costo) circa il 20% aggiuntivo sulle tasche dei cittadini. Ciò che invece la Legge non prevede, e che non può passare sotto silenzio, è l’assenza di qualsiasi riferimento al mantenimento dei livelli occupazionali. Con un cambio di gestore, verrebbero garantiti per legge i lavoratori dell’Ato idrico ma non quelli di Caltaqua.
AVVISI LEGALI TRIBUNALE DI CALTANISETTA Vendita Immobiliare - Esecuzione n. 75/2010 R.G. Es. Appezzamento di terreno sito in Comune amministrativo di San Cataldo (CL) e in Comune censuario di Caltanissetta, in Contrada RaffondoSerra, su cui insiste un fabbricato diruto ed una tettoia, della superficie catastale complessiva di ettari uno are trenta e centiare venticinque (ha 01.30.25), di cui mq. 650 sono occupati dalla strada Canicattì - San Cataldo - Santa Caterina, suddiviso nei seguenti lotti e così catastalmente individuato al N.C.T.: LOTTO UNO: Terreno di mq. 8.360,00 in catasto al fg. 158 part. 234 (in parte seminativo classe 2, are 64 centiare 34, reddito dominic. € 33,23, reddito agrario € 9,97; in parte uliveto classe 2, are 19 centiare 26, reddito dominic. € 10,94, reddito agrario € 6,96), con insistente fabbricato rurale di mq.190,00 in catasto al fg. 158 part. 3 (are 1 centiare 90). Prezzo base € 184.820,00; offerta minima in aumento € 10.000,00. LOTTO DUE: Terreno di mq. 1.990,00 in catasto al fg. 158 part. 5 (seminativo classe 2, are 19 centiare 90, reddito dominic. € 10,28, reddito agrario € 3,08). Prezzo base € 13.348,00; offerta minima in aumento € 1.000,00. LOTTO TRE: Terreno di mq. 2.485,00 in catasto al fg. 158 part. 235 (seminativo classe 4, are 24 centiare 85, reddito dominic. € 3,85, reddito agrario € 1,03). Prezzo base € 15.390,00; offerta minima in aumento € 1.000,00. Vendita senza incanto: 4/12/2015 ore 17,30, innanzi al professionista delegato Avv. Rossella Ilardo c/o lo studio in Caltanissetta Viale Sicilia n. 126. Deposito offerte in bollo ed in busta chiusa entro le ore 12 del 3/12/2015 c/o lo studio del delegato. Cauzione pari al 10% del prezzo offerto. Eventuale vendita con incanto: 23/12/2015 ore 17,30, stesse condizioni. Deposito domande entro le ore 12,00 del 22/12/2015. Cauzione pari al 10% del prezzo base. Per informazioni tel. 0934/680645, fax 0934/680707 e sito internet www. astegiudiziarie.it. Il Professionista Delegato: Avv. Rossella Ilardo
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Viale della Regione Fatti in Redazione
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di Valerio Martines
Le carte dell’inchiesta sul delitto di Aldo Naro. La rissa e il ruolo degli amici del medico. Parla uno dei difensori: “I buttafuori gli unici responsabili della violenza” L’Avvocato Davide Schillaci
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uella che doveva essere una notte di divertimento e spensieratezza, è diventata in un battibaleno una delle pagine più nere della cronaca italiana. Musica, luci stroboscopiche che si riflettono sui volti del popolo della notte, risate tra amici e colleghi d’università con i quali ha condiviso ansie e sogni, balli e movimenti del corpo che si muovono a ritmo. Corpi che sprigionano vita in quel privè. E improvvisamente fanno spazio al battibecco, quindi al caos, alla baraonda, agli spintoni, ai pugni, fin quando arriva quel calcio. La morte. Tutto per un cappellino da cowboy preso dai ragazzi del tavolo accanto. Un banalissimo scherzo, forse pure ovvio in quel clima carnevalesco. Che notte, quella notte al Goa. Quartiere Zen, uno dei più difficili di Palermo. Dal futuro ancora da inseguire ma già proiettato per aiutare gli altri, al gelido tavolo della camera mortuaria. Il sogno del camice bianco va in frantumi. Spezzato da un paio di Converse All Star bianche. Sono le ore 3:15 e 33 secondi della notte di San Valentino quando si alza un piede. C’è
una telecamera che lo riprende. Il destino di Aldo Naro, giovane medico di San Cataldo ucciso a 25 anni, è legato alle sneakers a polacchino che indossa Andrea, un diciassettenne che vive in quel rione periferico e ama il pugilato. È lui – teenager palestrato e buttafuori irregolare - che magistrati e carabinieri accusano ed è lui che confessa di aver sferrato il calcio letale. Ma è ciò che succede prima del mortale pestaggio che ha dato linfa ad un’altra inchiesta sulla tragica fine di Aldo Naro. Un dossier in cui sono stati coinvolti anche due amici e colleghi del giovane medico, tirati in ballo dalla Procura di Palermo con altri 11 indagati – tra
bodyguard e gestori del locale - con l’accusa a vario titolo di rissa aggravata e favoreggiamento. Il Fatto Nisseno ha voluto parlare di questo spaccato d’indagine appena conclusa con l’av-
è trattato di un comportamento poco professionale dei buttafuori, che con una violenza inaudita hanno fatto irruzione nel privè dove Aldo è stato preso a pugni e calci”. Ed è pure chi in-
un primo brutale pestaggio sul privè ad opera proprio degli addetti alla sicurezza”. E sono tante le perplessità che l’avvocato Davide Schillaci solleva: “Agli atti ci sono decine di te-
animatamente (…) sopraggiungevano quattro o cinque buttafuori che correndo mi hanno fatta cadere. Una volta giunti al privè, hanno subito cominciato a picchiare tutti
“Il cappello da cowboy, le Converse e quell’omicidio in discoteca” vocato Davide Schillaci, difensore di uno dei due aspiranti medici. Probabile che presto si vada al processo. E dalle carte dell’inchiesta emerge che la discussione nata tra i ragazzi dei due privè per la restituzione del cappello da cowboy, è degenerata per colpa di chi, al contrario, doveva garantire sicurezza nel locale. I buttafuori. Alcuni dei quali abusivi. Ne è convinto il penalista nisseno mentre sfoglia il corposo fascicolo del caso Naro e pronto
a dare battaglia per dimostrare che gli amici di Aldo, in questa storiaccia di violenza, sono estranei. “È il personale della security che provoca e scatena la rissa, non sono stati gli amici di Aldo Naro che piuttosto discutevano per ottenere la restituzione del cappello ma senza venire alle mani. Si
daga, come emerge dall’informativa, a puntare il dito contro i buttafuori. Parlando di “intervento scomposto e poco professionale del personale addetto alla sicurezza per di più sprovvisto di mezzi di riconoscimento, nonché l’arbitrario uso della forza fisica (…) innescava comportamenti di natura violenta che nel loro evolversi segnavano inevitabilmente in modo negativo gli ultimi minuti di vita di Aldo Naro, il quale restava vittima di
stimonianze dei giovani del secondo privè che parlano di una discussione animata per quel cappellino. Non c’è nessuno dei presenti che parla di violenza, eccetto quella dei buttafuori che strattonano e buttano per terra i ragazzi prima che Aldo morisse per difendere i suoi compagni dalla furia incontrollata della security che si è accanita contro ragazzi perbene”. Non solo: per il legale “è paradossale che i migliori amici di Aldo siano indagati per rissa, perché nessuno dei ragazzi coinvolti ha riportato graffi e agli atti non esiste un certificato medico che comprovi l’esistenza di una lite”. Ma sono le dichiarazioni di chi c’era nei due privè – la comitiva di Caltanissetta con Aldo Naro e i ragazzi di Palermo - a chiarire che nessuno si stava picchiando e che sono stati i buttafuori a scatenare il parapiglia. “Fino a quel momento le persone presenti discutevano animatamente ma nessuno aveva usato violenza”, fa mettere a verbale Antonino. “Ho visto che tante persone, una decina, in maniera molto impetuosa è entrata nel privè calpestando m at e r i a l mente una ragazza bi on d a”, chiarisce S av e r i o ai carabinieri che lo i nt e r ro g an o. Silvio dice agli inquirenti che “mentre la situazione si stava tranquillizzando, all’improvviso giungevano almeno due buttafuori (…) data la particolare forza usata dal buttafuori, alcuni ragazzi cadevano a terra”. Dalla discussione accesa per il cappellino da cowboy al caos, il passo è breve come spiega Adriana ai pubblici ministeri che ha davanti: “In corrispondenza del nostro tavolo c’erano dei ragazzi che stavano discutendo
i ragazzi presenti senza distinzione alcuna”. Dai verbali di interrogatorio, emerge anche la fase clou in cui Aldo Naro viene accerchiato e aggredito. Ed è ciò a cui assiste Gabriele: “Ho visto svariate persone (…) che stavano picchiando un ragazzo che
Versioni contrastanti, la Procura di Palermo sta indagando per fare chiarezza era truccato in viso di bianco e gli amici di quest’ultimo che tentavano di sottrarlo alle percosse di queste persone”. Ed è sempre lui a fornire una testimonianza chiave, che permetterà di blindare la posizione del diciassettenne, finora unico indagato per l’omicidio di Aldo.
“Quando il ragazzo rovinava al suolo, i quattro-cinque soggetti che pochi istanti prima lo stavano percuotendo, ripiombavano verso di lui e uno di essi gli sferrava un calcio colpendolo alla testa”. Ma per chi indaga luci e ombre si accavallano da allora, da quella notte da incubo al Goa. L’ultima di un bravo ragazzo che fin da bambino voleva aiutare chi soffre.
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Fatti & Cultura Una nuova presenza culturale in Sicilia
È nata la rivista
Studi Storici Siciliani
Tra i promotori anche alcuni studiosi nisseni
La prof.ssa Sonia Zaccaria, Gero Difrancesco e Filippo Falcone durante la presentazione della rivista al Centro studi “Paolo Emiliani Giudici” di Mussomeli
A
l suo secondo numero la rivista semestrale di ricerche storiche sulla Sicilia “Studi Storici Siciliani”, costituita nel 2014. La rivista, che ha sede a Gangi, in provincia di Palermo, ed è edita dalla prestigiosa associazione Archoclub d’Italia, raccoglie attorno a sé sia studiosi “accademici”, cioè provenienti da ambito universitario, che “non accademici”, ovvero cultori e appassionati di storia, che hanno tuttavia alle spalle un’attività scientifica e pubblicistica di tutto rispetto in campo di ricerche storiche. L’obiettivo che la rivista si prefigge è quello di indagare sulla storia recente e passata della Sicilia, sui suoi territori, sui suoi personaggi e fatti. Nell’editoriale di avvio delle pubblicazioni (dicembre 2014) il suo Direttore responsabile, Filippo Falcone, studioso di origini sommatinesi, ha voluto
“Senza la storia rischiamo di perdere la coscienza di noi stessi” rimarcare anche il tentativo di un superamento della vecchia impostazione gerarchica tra storiografia “localistica” e quella cosiddetta “generale”. La questione - ha evidenziato - è semmai la distinzione tra lo scrivere pagine di buona o di cattiva storia, aggiungendo: “L’intendo è dunque lo studio e l’analisi del territorio siciliano, dei suoi personaggi, come dei gruppi sociali, in un quadro che non sia solo rivolto al passato, ma che guardi anche al futu-
ro, in una prospettiva di consapevole attenzione ai meccanismi che regolano le dinamiche della memoria e del sapere storico”. Ed infine: “La storia sta in rapporto attivo sia con il passato che con il futuro. In essa si manifesta la struttura stessa della società; senza di essa rischiamo di perdere finanche la coscienza di noi stessi”. Il Comitato scientifico della rivista vede lo stesso Falcone (che è anche firma del nostro giornale Il Fatto Nisseno) che ne è, in veste di giornalista dell’Albo regionale della Sicilia, il Direttore responsabile. Ricordiamo che Falcone è anche autore di numerose pubblicazione sulla storia politica e sociale della Sicilia, storico accreditato presso l’Istituto Gramsci siciliano di Palermo ed oggi tra i più riconosciuti studiosi delle lotte sociali e del movimento sindacale e in Sicilia, con collaborazioni con gli stori-
ci Francesco Renda e Giuseppe Carlo Marino, con il sociologo e politico Luigi Manconi, con il sen. Emanuele Macaluso, con l’ex segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani, con il giornalista e politico Claudio Fava ed altri; che ne hanno curato anche le prefazioni di diversi suoi lavori. Ed ancora fa parte del Comitato scientifico della rivista Gero Difrancesco, responsabile dell’Archivio storico della Provincia regionale di Caltanissetta, autore di varie pubblicazioni e tra i più impegnati ed autorevoli studiosi dell’area del Vallone; oltre che ex consigliere provinciale e già sindaco di Sutera. Ne fanno parte poi anche il prof. Mario Siragusa, originario di Gangi, già docente a contratto di Storia Contemporanea all’Università di Palermo, autore di diversi libri soprattutto sull’area madonita e la canicattinese prof.ssa Gabriella
Portalone, che ha insegnato Storia del Risorgimento e Storia Contemporanea all’Università di Palermo, con all’attivo decine di pubblicazioni, nonché per anni Direttrice della Rassegna siciliana di storia e cultura edita a Palermo. Tra gli altri collaboratori a quest’ultimo numero (luglio/dicembre 2015) anche il prof. Michelangelo Ingrassia, docente di storia dell’Età Contemporanea all’Università di Palermo, l’architetto Attilio Gerbino e la docente Maria Rosa Sinatra. La rivista è stata, nei mesi scorsi, presentata con successo in varie realtà siciliane, tra cui Petralia Soprana, al centro valdese di Riesi, al centro studi “Paolo Emiliani Giudici” di Mussomeli e con prossime presentazioni a Gangi, Racalmuto, Caltanissetta ed in varie emittenti televisive dell’agrigentino e del nisseno.
Riflessioni
La rivoluzione segreta che minaccia la nostra identità di Michele Giarratana
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a famiglia, i sessi e la procreazione; sono i capisaldi, i ruoli e i rapporti su cui si è fondata finora l’umanità. Oggi la nostra società quasi ineluttabilmente, come spinta da uno spirito che silenziosamente contagia, pervade, anzi conquista, anime e cervelli di chi decide, ci sta portando dritti verso la loro vanificazione. Stiamo vivendo, in totale incoscienza, una rivoluzione radicale che sta cambiando il senso e il destino dell’umanità. È la rivoluzione con metodi scientifici di comunicazione che marcia verso la neutralizzazione delle identità e delle differenze originarie, la rimozione della natura. Stiamo procedendo verso una società unisex, ove l’unificazione dei sessi prelude a un’assoluta transitorietà dei medesimi. I sessi non sono due, ma uno o chissà quanti. Una popolazione androgina con sessualità mutante. La parola chiave di tutto è: transgender. Mentre nel dibattito corrente ci fissiamo sui superficiali
e sterili conflitti sull’omofobia non ci accorgiamo che il processo in corso è ben più grande e si riassume in quella parola. Le più grandi istituzioni internazionali, come l’ONU e la stessa Unione Europea, sono ormai pervase da questa ideologia e gli Stati che si oppongono vengono isolati e discriminati. È imponente l’apparato mediatico e legislativo che spinge in quella direzione: dalla neutralizzazione di padri e madri nel dispositivo di legge che li definisce genitore 1 e 2 alle fiabe gay diffuse negli asili, dalle campagne governative tese a rieducare la popolazione non solo su lesbiche e gay ma anche di transgender (cioè una vera manipolazione della natura). Il transgender sarebbe quindi il prodotto supremo del processo di artefazione della natura: l’uomo geneticamente modificato (altro che “gayzzazione” del mondo!). Secondo questa ideologia, camuffata con grande abilità e sopraffini
studi dalle parole “amore” e “libertà”, con questa parola si intende l’autodeterminazione totale, anche in ordine alla natura, al sesso e al destino. L’apparente innocua conclusione del dibattito, organizzato
Ci evolveremo verso un modello unico e perderemo il padre e la madre, perderemo la famiglia dalle lobbies che la conducono in ogni ambito della comunicazione, recita: “Io transessuale non decido della tua vita e non dispongo dei
tuoi valori; tu vivi come vuoi ma lascia che anche gli altri vivano come vogliono”. Questa ideologia – virale, permissiva e purtroppo sempre più conformista – non si è fatta solo moda ma ha anche qualcosa di spirituale. Per dirla con il solito linguaggio ormai in uso, chi non si adegua è out. Hanno creato una reazione a catena, un processo automatico. Hanno messo su una vera e propria tecnica che si serve dei suoi agenti (consci e inconsci). Questa tecnica, orrendo e diabolico mezzo della lobby, decide sulla vita e decreta il mutamento. Così, giusto per arrivare subito alla conclusione del processo, si interrompe una vita con le tecniche abortive o l’eutanasia, o viceversa la sua prosecuzione artificiale o la sua mutazione sessuale. Alla fine cosa resta? Il dominio della tecnica sulla vita, una forza nera sulla sfera biologica e genetica,
sulla natura e sulla cultura. Le procedure studiate a tavolino vincono sugli scopi e le intenzioni. L’uomo viene dominato dalla tecnica. Ci evolveremo verso un modello unico e perderemo il padre e la madre, perderemo la famiglia. Cosa pensate che sia la mutazione? Questa è la mutazione! Questo è il frutto del pensiero che ormai alberga nelle istituzioni, nelle scuole e nei posti di potere, anche mediatici. Chi ancora riesce ad essere immune da questo spirito artificiale e maligno non si adoperi ma si armi a difesa della nostra umanità erigendo una barriera alta e forte nei confronti della superficialità. Vigiliamo su chi è accanto a noi; spesso chi ci sta accanto è un elemento debole e giusto per questo attaccabile e vittima inconscia del contagio.
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Fatti & San Cataldo
Ad Abu Dhabi un campione sancataldesediGTAcademy H
a fatto parlare di sé a livello internazionale Simone Maria Marcenò, ventunenne sancataldese. E lo ha fatto non in una competizione qualsiasi, ma per aver ottenuto un prestigioso terzo posto al “Race Camp 2015” che quest’anno s’è svolto ad Abu Dhabi negli Emirati Arabi. Qui, in quello che viene considerato un autentico paradiso terrestre, il giovane sancataldese ha avuto modo di confrontarsi con i migliori esperti di Gt Academy a livello europeo riuscendo a salire sul podio non prima di aver superato l’ennesima durissima selezione. Anche perché se è vero che ad Abu Dhabi c’era il meglio a livello europeo, è altrettanto vero che, in precedenza, il giovane sancataldese aveva dovuto superare una selezione durissima a livello nazionale per conquistarsi il diritto a prendere parte alla finale mondiale in terra araba. In precedenza, infatti, Simone Maria Marcenò aveva superato una selezione nazionale altrettanto dura che lo aveva visto superare brillantemente le prove in un contesto selettivo nel quale erano circa 30 mila gli italiani che vi avevano preso parte. Simone Maria Marcenò aveva vinto la fase on line con Alessandro D’Aprile (39 anni, Roma), Edoardo Pirozzi (19 anni, Roma), e Federico Agosta (26 anni, Trento). Una selezione veramente severa quella alla quale s’è sottoposto Simone Marcenò e che gli ha poi permesso di conquistare la fase finale di Abu Dhabi. Qui erano complessivamente 56 i rappresentanti provenienti da ogni parte d’Europa che si sono qualificati per la finale del “Race Camp 2015”. Di questi 56 rappresentanti, tutti bravissimi, gli organizzatori, alla fine, ne hanno selezionati solo sette. E tra questi ha avuto l’onore di far parte di questa
ristrettissima cerchia anche Simone Maria Marcenò che, alla fine, è riuscito a piazzarsi terzo assoluto mostrando un carattere ed una personalità davvero notevoli. Il Race Camp 2015 è stato organizzato dalle case giapponesi “Nissan” e “Sony” per individuare nuovi piloti professionisti. Il Race Camp europeo di Nismo PlayStation® GT Academy s’è svolto sul circuito Yas Marina Formula One di Abu Dhabi. Il campo scuola intensivo per piloti, della durata di una settimana, ha visto riunirsi nella capitale degli Emirati Arabi Uniti 56 giocatori di Gran Turismo®, provenienti da 11 paesi europei. I concorrenti si sono sfidati allo scopo di conquistare la possibilità di prendere parte all’impegnativo Driver Development Programme e diventare veri e propri piloti da corsa. Giudice capo è stato Adrian Newey, direttore tecnico di Red Bull Racing
al reale, è stato quello in base al quale i simulatori hanno ormai un’importanza sempre maggiore nel mondo delle corse, per cui, alla fine, non è stato certo sorprendente il fatto che questi vincitori di GT Academy, tra cui lo stesso Simone Maria Marcenò, siano poi riusciti a farsi valere in pista, con Niss an. Gli aspiranti pi-
di Formula 1. Per lui la scommessa da vincere era di riuscire ad individuare nel vincitore una vera e propria stella nascente direttamente dal mondo dei videogiochi. Il concetto dal quale si è partiti in questa selezione dal virtuale
loti sono stati messi alla prova in pista e fuori, grazie a una serie di sfide pensate per verificare capacità di guida, tenuta fisica e atteggiamento mentale. Una selezione veramente unica nel suo genere, considerato che nel 2015
sono stati 24 i paesi di tutto il mondo che hanno preso parte a tre competizioni dal virtuale al reale. I campioni dell’Asia e della competizione internazionale sono già stati incoronati a Silverstone (sede tradizionale del Race Camp), mentre la competizione europea ha deciso di far svolgere le sue selezioni ad Abu Dhabi. Ne è uscita una ambientazione unica nel suo genere con tanto sole, mare e sabbia, ma anche con gli straordinari grattacieli di Abu Dhabi. Simone Maria Marcenò s’è piazzato al terzo posto, ma ha veramente entusiasmato la giuria con le sue evoluzioni che ne hanno esaltato il talento e la determinazione. Simone ha saputo esprimersi a grandi livelli palesando un talento veramente notevole. E se è vero che solo il vincitore del Race camp 2015 avrà la possibilità di realizzare i suoi sogni unendosi agli atleti Nismo e gareggiare in tutto il mondo, è altrettanto vero che il giovane pilota sancataldese ha dato prova di carattere, personalità e freddezza riuscendo a mettersi alle spalle concorrenti di grandissimo valore. Il vincitore di GT
Academy Europa affronterà il Driver Development Programme, con l’obiettivo di intraprendere la carriera di pilota da corsa. I risultati di questo programma, negli anni passati, sono stati più che positivi. Basti pensare che Lucas Ordoñez, che ha inaugurato il programma nel 2008, ora gareggia con Nissan nella classe GT500 in Giappone, dopo aver conquistato per due volte il podio alla 24 Ore di Le Mans. Jann Mardenborough, che invece è stato vincitore nel 2011 del Regno Unito, gareggia in GP3, campionato minore della Formula 1, mentre il belga Wolfgang Reip, in appena tre anni, è passato da videogiocatore a campione delle Blancpain Endurance Series, a bordo di una Nissan GT-R NISMO GT3. Simone Marcenò, alla fine, non ha conquistato il primo posto che gli avrebbe dato diritto ad affrontare il Driver Development Programme con l’obiettivo di intraprendere la carriera di pilota da corsa, ma ha vinto lo stesso in quanto, riuscire a classificarsi al terzo posto in una competizione internazionale così importante e partecipata, non è certo cosa di tutti i giorni. Di certo, il ventunenne sancataldese, è riuscito non solo a conquistare i giudici per le sue incredibili doti, ma ha fatto decisamente colpo sui giudici, compiendo un passaggio da virtuale a reale che, per poco non lo ha incoronato vincitore assoluto. In ogni caso, resta la soddisfazione per lui di una esperienza, quella del Race Camp, veramente unica nel suo genere e comunque destinata a restare per sempre impressa nella sua memoria e che gli ha dato la possibilità di rappresentare la sua città di appartenenza, San Cataldo, in ambito internazionale.
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Fatti & Vallone
il Fatto del Golfo
“Odissea Punto Nascita”
La beffa della spendig review
Mussomeli: consentiti solo parti d’emergenza
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a Punto Nascita ad ambulatorio il passo è stato fin troppo breve. Nel giro di pochi giorni, con due note consecutive, una datata 19 ottobre e l’altra 24, il direttore del Dipartimento Materno Infantile Michele Palmeri ha disposto che il personale di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Mussomeli limiti la propria attività al monitoraggio della fase terminale della gravidanza, fino all’avvio dalla partoriente presso un’altra struttura del territorio. Che il Punto Nascita di Mussomeli avrebbe chiuso i battenti il primo dicembre era oramai certo, ma nessuno si aspettava che fino ad allora avrebbe limitato i parti alle sole emergenze. “Siamo stati colti di sorpresa” – commenta a tal proposito la responsabile di Reparto dott.ssa Provvidenza Castronovo, che si è battuta invano per poter fare partorire a Mussomeli almeno le gestanti giunte alla 35esima settimana. Non è stato possibile. Dallo scorso 26 ottobre sono già una quindicina le mamme, precesarizzate e non, che sono state dirottate
altrove, principalmente all’Ospedale di Agrigento. Due, per scelta personale, hanno preferito l’Ospedale di Enna. “Il Reparto rimane aperto come attività ambulatoriale con accesso libero dalle 8:00 alle 20:00 di ogni giorno, con o senza impegnativa. – spiega la dott.ssa Castronovo - Non c’è bisogno di nessuna prenotazione. La gravida viene seguita regolarmente, e poi ne viene disposto il trasferimento ai Punti Nascita di riferimento nel momento in cui inizia il travaglio. Se arriva già in travaglio, in uno stato non avanzato, viene accompagnata in ambulanza da personale in servizio. È importante sottolineare che, dalla chiusura di questo Punto Nascita, Caltanissetta non ne gioverà, perché le gravide lì non vogliono andare a partorire. Preferiscono recarsi ad Agrigento, perché i collegamenti viari sono un pochino migliori.” Così, anziché mettere in sicurezza il Punto Nascita, come peraltro previsto da una circolare regionale del 2013 a firma dell’allora Assessore alla Salute Lucia Borsellino, si è deciso di chiuderlo. Per colpa di chi? Una decisione politica, per rappresentanti amministrativi e sindacali. L’assessorato dice al manager
“Il porto approda” L’Ars lavora per due finanziamenti
di Giusy Fasino dell’Asp Carmelo Iacono di mantenerlo aperto fino al 31 dicembre, mettendolo però in sicurezza. Il manager chiede allora il reclutamento di ulteriori 3 anestesisti, 3 ginecologi e 1 pediatra, in aggiunta a quelli attualmente in servizio, rispettivamente 2, 3, 3. L’ASP non dà nessuna autorizzazione, e il manager anticipa tutti i tempi e chiude. Morale: a rimetterci sono in primis i pazienti. L’eventuale trasferimento in
un qualsiasi Punto Nascita dovrebbe essere effettuato con l’unica ambulanza in dotazione al nosocomio mussomelese che, oltre a poter essere impegnata in altro servizio, non è attrezzata né adatta al trasporto di donne in uno stato di gravidanza a termine. Il ricorso all’elisoccorso è da tenere in poco conto, soprattutto nei periodi invernali, quando a causa dei venti è impensabile decollare. Da questa analisi è corretto non tralasciare un altro aspetto, quello della tempistica organizzativa per la reperibilità del personale di Ostetricia in caso di “emergenze” notturne, i contatti con il Punto Nascita di riferimento per la disponibilità del posto e, dulcis in fundo, frane, interruzioni stradali e tutte quelle “piaghe” che affliggono da sempre i collegamenti interni tra Mussomeli e il resto della Sicilia. E poi, questi Punti Nascita di riferimento sono stati adeguati al di certo crescente afflusso di partorienti provenienti dal Vallone e non solo? Sono in grado, con in mezzi attualmente in dotazione, di fronteggiare la media dei
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250 parti l’anno registrati finora all’Ospedale di Mussomeli e degli eventuali 150 della Clinica Attardi di Santo Stefano Quisquina che ha già chiuso i battenti? E davvero più sicuro partorire in queste condizioni piuttosto che in un Ospedale con 36 anni di attività alle spalle, dove si partorisce del settembre del 1979? Intanto, è già partita la mobilitazione
per ottenere l’ennesima proroga, e far slittare l’eventuale chiusura al 31/12/2017, come richiesto per altre strutture del resto dell’Isola. I sindaci dei Comuni del circondariato si sono già incontrati per programmare azioni d’intervento. Il sindaco di Mussomeli Giuseppe Catania, insieme al presidente del consiglio Gero Valenza, è stato a Roma per spiegare al consigliere del Ministro Lorenzin, Giuseppe Chiné, le ragioni di necessità del mantenimento. E si fanno avanti le prime proposte di protesta: dalla class action alle ordinanze sindacali all’ANAS per chiedere la pulizia delle strade provinciali per questioni di tutela della salute pubblica, dall’occupazione delle sale consiliari al blocco dello scorrimento veloce PalermoAgrigento. “Ci hanno tolto il diritto di cittadinanza” – è il commento del sindaco di Sutera Giuseppe Grizzanti. “Da qui non si passa. Noi ci abbiamo già rimesso.” – è la posizione del collega di Marianopoli Carmelo Montagna. “Così facendo, ritorneremo indietro di 40 anni” – tuona il primo cittadino di Vallelunga Pratameno Giuseppe Montesano. “Noi garantiremo sempre la nostra presenza, a dimostrazione dell’importanza dell’Ospedale di Mussomeli, del nostro Ospedale” – afferma il vicesindaco di Cammarata Giuseppe Bastillo. Un coro di voci unito al di là dell’appartenenza politica, stanco di combattere in territori di frontiera dove il Governo anziché portare condizioni di avanzamento, li condanna con politiche finanziare di spending review alla retrocessione.
di Liliana Blanco La vicenda porto approda all’Ars per l’ennesima volta, ma adesso gli attori principali si intendono. Due le problematiche trattate: finanziamento del progetto del nuovo porto di Gela e dragaggio del Porto. Interventi urgenti e programmazione a medio termine, sono le richieste dell’amministrazione alla Commissione Territorio e Ambiente dell’Ars per rendere il porto rifugio funzionale. Il dragaggio urgente con un’ordinanza di Protezione Civile è la priorità. Per favorire la celerità burocratica, la Giunta Messinese potrebbe deliberare la richiesta di cambiare per la sola area del porto rifugio, la denominazione da Sito di Interesse Nazionale a Sito di Interesse Regionale,come avvenuto per il porto di Salerno. All’incontro hanno partecipato i deputati Giuseppe Arancio,, Giuseppe Federico, Antonio Malafarina, il Sindaco Messinese , il Vice Sindaco Siciliano , il Comandante della Capitaneria di Porto, Pietro Carosia, i Consiglieri comunali Cirignotta e Scerra, il Presidente del Comitato Porto Massimo Livoti, Ascanio Carpino, Antonio Adragna e Salvatore Roveccio che hanno presentato le richieste al Rup Ing. Munafo, all’ing. Foti, per la protezione civile, ai rappresentanti della Prefettura di Caltanissetta, all’Assessore Regionale Infrastrutture Pizzo. Tutti d’accordo sull’utilizzo delle compensazioni Eni inserite nel protocollo d’intesa, per 2 milioni di euro, come anche deliberato dal consiglio comunale nella seduta del 22 settembre. Con riferimento al nuovo porto, il tavolo ha impegnato l’assessore Pizzo ad accelerare l’iter autorizzativo presso i Ministeri di competenza per
mento del dragaggio, i deputati arancio e Federico, il sindaco ed il vicesindaco, i consiglieri Cirignotta e Scerra, insieme ai rappresentanti del comitato del Porto. L’amministrazione comunale, secondo l’atto di indirizzo del Consiglio Comunale, ha sottolineato di usare un’anticipazione degli oneri di compensazione che l’azienda deve al territorio per il dragaggio del porto rifugio, come da progetto del Genio Civile, funzionale per gli interventi futuri, dando ristoro immediato a tutti gli operatori. “In questo modo – ha commentato il sindaco di Gela – verrebbero abbattuti burocrazia e costi di gestione e manutenzione ordinaria del nuovo porto rifugio, con l’ottica di una politica che
redigere il progetto definitivo da inserire nel programma di finanziamento comunitario 2014-2020. Per il problema dell’insabbiamento, la commissione ha incaricato l’Ing. Foti di indire una riunione presso la Protezione civile, con l’impegno di presentare il progetto già redatto dal genio civile di Caltanissetta, con la presenza dell’Eni. Per quanto concerne il finanzia-
realizzazione del porto rifugio”. Soddisfatto dell’incontro si è detto il vice sindaco Simone Siciliano: “L’amministrazione ha espresso con chiarezza la propria posizione politico amministrativa – ha commentato l’assessore -, registrando l’aperturada parte della deputazione regionale rappresentata in aula dagli onorevoli Arancio, Malafarina e Federico”.
I due stanziamenti serviranno per il progetto del nuovo porto e per il dragaggio guarda lontano per anticipare ad oggi la risoluzione di problematiche future”. Il primo cittadino ha inoltre preteso certezze sui finanziamenti: “Auspichiamo che non vengano distratti i fondi Po-Fesr 2014/2020 destinati alla portualità gelese, pari a 67 milioni di euro, e chiederemo conto anche dei 30miliardi di vecchie lire erogati da Agip spa nel 2000 a favore della Regione Siciliana proprio per la
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Fatti & Foto
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di Fabiola Palmigiano
Il giovane artista nisseno ha scoperto la sua passione per caso: complice un regalo di cresima ricevuto dallo zio. La macchina fotografica è diventata la sua compagna prediletta
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itratti di immagini tra pellicole e copertine, testimoni di momenti, spaccati di vita vissuti tra le periferie del mondo. Sono gli scatti di Camillo Campisi, fotografo nisseno autore di numerose foto che raccontano volti di donne, bambini, paesaggi. Persone che diventano foto ma anche copertine come quella del secondo volume de “Il Guanto di Rame, Magisterium” edito da Mondadori con il viso di una giovane ragazza indiana che Camillo ha incontrato per caso a Milano oggi protagonista della verde copertina del libro fantasy di Holly Back e Cassandra Clare. Il giovane artista, 23 anni a fine novembre, conosce e riconosce bene il suo obiettivo che non è soltanto quello delle sue macchine fotografiche ma è anche quello della sua vita: la fotografia. Una passione che nasce per caso, un regalo di cresima ricevuto dallo zio; una Canon 30 Digital Ixus che ha segnato l’inizio della sua carriera attraverso viaggi che hanno catturato storie di gente, bambini protagonisti di sorrisi festanti e colorati. La macchina fotografica è diventata lo strumento che “genera immagini”, chiari scuri e scale cromatiche che segnano un percorso tutto in salita per Camillo. Un contatto e poi un incontro quello con il fotoreporter di Ascoli Piceno Gabriele Viviani ad accompagnare, infatti, la giovane promessa nissena della fotografia protagonista di tre viaggi in Turchia, India e Brasile, tre tappe quante gli scatti che sono diventati protagonisti di libri, concorsi, progetti. Camillo ha trascorso molto tempo con le persone del posto, ha osservato le loro abitudini e le ha trasformate in fotografie con i loro effetti speciali ed imprevisti del caso come quelli che hanno caratterizzato il suo primo viaggio in Turchia nel settembre 2013 dove il giovane nisseno per la prima volta ed in occasione della sua prima esperienza fotografica all’estero si è imbattuto nei cosiddetti “residui” di una manifestazione iniziata il 28 maggio dello stesso anno per difendere un parco dal trasformarsi in centro commerciale. Era piazza Taksim il centro delle manifestazioni dove fuoco e colpi d’arma, non hanno di certo intimorito in Camillo la voglia di documentare, immortalare la realtà. Il ragazzo è riuscito, infatti, assieme al suo maestro Viviani a fuggire via dalla manifestazione nascondendosi in una gelateria e poi scappando in direzione della prima metropolitana per raggiungere un posto sicuro dove tra le strette vie, i mercati e le botteghe degli artigiani
ha cominciato a riconoscere qualcosa di familiare. Odore di legno e colla, un artigiano a lavoro ed è subito foto, la stessa che trova spazio tra le pagine di “una foto una storia” un libro con tanto di immagine e descrizione dell’attimo in cui Camillo quasi in punta di piedi, entra nella bottega dell’artigiano e lo fotografa proprio mentre sta controllando che il suo lavoro stia procedendo alla perfezione. “Mi è sempre piaciuto l’odore del legno e della colla. Incuriosito entrai in questo piccolo garage e senza farmi notare scattai un paio di foto all’artigiano, che dopo un po’ si accorse della mia presenza e mi mostrò un giochino da lui realiz-
getti e immagini che fanno da sfondo ai suoi scatti. Un sorriso poi diventa festa ma soprattutto un concorso a cui il giovane nisseno prende parte. Sono i “coloratissimi” bambini indiani con i loro visi sorridenti la cui foto è stata una delle finaliste del: Siena International photography awards. “Happy Holi! Questo è quello che mi sussurrano le persone che incontro per strada – commenta sorridente Camillo mentre racconta che in quel momento i suoi piedi erano immersi nel fango e nella spazzatura di Mahra, una città dell’India - un bambino sulla decina d’anni e dagli occhi neri mi spruzza del colore in volto, macchiando an-
Scatti, viaggi e spaccati di vita Camillo Campisi un fotografo tra le periferie del mondo
zato” commenta così Camillo Campisi la foto del libro. “Non sono solo scatti ma emozioni, non esiste un momento perfetto per fare una foto - spiega Camillo - posso fare 200 scatti e di questi solo 10 forse possono raccontare l’emo-
che la mia macchina fotografica, mi sussurra “Happy Holi!”, mi abbraccia forte con un sorriso che ti mette in pace con il mondo. E’ una festa che si celebra in Inda, Pakistan, Nepal ed è l’inizio di marzo del 2015”. Ne parla così il fotografo nisseno del giorno che segna l’inizio della primavera, il trionfo del bene sul male dove gli induisti ballano insieme oltre ogni differenza sociale; ricchi, poveri, giovani, anziani ballano, ridono insieme. Un viaggio, un ritorno e poi ancora un altro viaggio alla volta del Brasile per prendere parte al progetto fiorentino “Agata Esmeralda”. Un impegno portato avanti dal professor Mauro Barsi accompagnato dall’amore verso i bambini poveri del Card coronato grazie al Il Guanto di Rame, Magisterium. Edito da Mondadori
zione che ho percepito quando ho deciso di impugnare la mia macchina fotografica, essa va interpretata negli istanti di vita dal momento in cui osservi un paesaggio, una persona, un oggetto, al momento in cui decidi di farlo diventare una fotografia” dice Camillo riferendosi ai svariati sog-
contributo di alcuni missionari inviati in Brasile dalla chiesa fiorentina e al gemellaggio avvenuto nel 1991. Tra le favela dei “senza terra” gli scatti del ventitreenne nisseno prendono forme diverse. Non è solo la gente comune a prendere parte del suo reportage per l’ambizioso progetto ma anche strumenti musicali, odori e sapori che diventano forme
colorate. L’incontro con l’amico Jean Costa creerà qualcosa di magico con quegli strumenti musicali colonna sonora di uno scatto tra la gente di Bairro una comunità di Salvator De Bahia. “Il desiderio di Jean – racconta Camillo - era quello di impugnare una chitarra, accarezzare le sue corde e magari accompagnare la sua musica a quella di una diamonica, un violino ed è così che le i bambini del villaggio cominciarono a suonare e diventarono protagonisti di uno scatto, quello che ricorda la scena del film “City of God” di Fernando Mairelles”. Povertà, gioia, cultura, bambini, lavoro sono solo alcuni dei temi rappresentati da Camillo. Foto che raccontano una storia, che parlano di un popolo con la loro cultura e tradizione, lo stesso in cui Camillo rivede un po’ della sua Sicilia. “Vedo la Strata ‘a Foglia nei mercati indiani, turchi, l ’o s p i t a l i t à della gente mi ricorda quella dei siciliani, mi sento parte delle culture e dei mondi con cui en-
tro in contatto pur senza fondermi completamente in essi, i miei reportage hanno sempre uno scopo, rappresentare quella realtà con i miei occhi, così come mi si presenta pur consapevole di vivere in quella città, in quel paese da turista e non da cittadino”. Commenta così Cammillo i suoi lavori, le sue emozioni che osserva e scruta con “occhi da visitatore” conscio del fatto che dovrà tornare a casa a raccontare per immagini e colori la sua storia dedicandola non solo ai suoi soggetti ma a tutti coloro che attendono con ansia il suo ritorno.
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Fatti & Teatro
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di Annalisa Giunta
La Compagnia Officina Teatro, nata nel 2011, indaga e sperimenta le potenzialità del linguaggio. Costituita da giovani attori e professionisti, ha una fisionomia interculturale
La lingua universale
A San Cataldo un laboratorio sperimentale
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l teatro come momento di riflessione, specchio delle dinamiche sociali, delle differenti culture e linguaggi; il teatro come strumento di comunicazione, lettura ed interpretazione della costruzione e della visione della realtà. Partendo da questo presupposto la Compagnia OfficinaTeatro, nata nel 2011 a San Cataldo come laboratorio, ha indagato e sperimentato le potenzialità del linguaggio e delle lingue partendo da un interrogativo: “Esiste una lingua che possa comunicare agli uomini di tutte le lingue?”. Un interrogativo che sembra aver trovato risposta positiva in tal senso. “La lingua come musicalità, il costrutto delle immagini, la musica, le luci, il rimando simbolico alle maschere
e alle macchine teatrali – afferma Michele Celeste, direttore della compagnia OfficinaTeatro - linguaggi apparentemente differenti tra loro messi a confronto e adattati che assurgono ad un altro linguaggio universale, comprensibile da tutti”. “Con il teatro noi vogliamo –aggiunge – trasmettere sensazioni, emozioni affrontando temi attuali. Le morti in mare, la gelosia, la guerra, la fame, la carestia, l’immigrazione sono i temi ricorrenti delle nostre opere teatrali, temi che accomunano tutti i popoli del mondo e per i quali abbiamo trovato una chiave di lettura comprensibile che vada a parlare con il cuore agli spettatori al di là della lingua”. “Noi confezioniamo uno spettacolo con un nostro obiettivo e intento, ma lo spettacolo che confezioniamo come compagnia – prosegue - a sua volta viene fruito dagli spettatori. Ogni singolo spettatore ha una sua storia e una differente sensibilità dunque vive quello spettacolo secondo i propri
occhi con i quali guarda il mondo”. Un teatro sperimentale quello della compagnia OfficinaTeatro, una compagnia dalla fisionomia interculturale costituita da giovani attori e professionisti con un esperienza ultra ventennale che sinora sembra aver vinto la sua scommessa e ottenuto i giusti riconoscimenti per un lavoro portato avanti con tanta passione e impegno. “Hotello full immersion”, prima opera della compagnia, ha di recente vinto il primo premio per la categoria videoteatro del Grand Prix del teatro - concorso nazionale per professionisti. Un prestigioso riconoscimento per OfficinaTeatro, unica compagnia teatrale regionale presente al concorso, conse-
Bernard. Una rilettura in chiave moderna dell’Othello di Shakespeare attraverso la letteratura, la musica e le arti figurative e performative della contemporaneità, frutto delle esperienze vissute dall’autore e regista Michele Celeste che dopo essere transitato nel piccolo schermo nello spettacolo “Cultura moderna” e in fiction di successo come “I Cesaroni 3”, “Distretto di Polizia 9” e “Ris Roma” ha deciso di tornare alle origini occupandosi della ricerca teatrale. Complici gli studi al corso Dams – indirizzo teatro dell’Università Kore di Enna, del corso di Letterature comparate, i fatti di cronaca con le prime morti dei migranti dovute agli sbarchi e dell’omicidio di due
Differenza nelle lingue che si ritrova anche nello spettacolo “My name is …877”, un dramma teatrale sull’immigrazione che racconta in urdu, inglese e italiano storie d’amore, guerre, regimi dittatoriali e fughe dalla propria terra di tanti giovani etichettati extracomunitari, privati di tutto, persino del loro nome e identificati con il numero assegnato all’arrivo nei centri di prima accoglienza. “Una rappresentazione teatrale – afferma Michele Celeste - che nasce da un mia crisi artistica e spirituale, superata grazie al laboratorio teatrale che assieme agli altri componenti della compagnia abbiamo portato avanti all’Ipab di San Cataldo con una ventina di ragazzi pakistani e africani ospiti del centro. Lì si è sperimentato come il linguaggio dell’arte possa superare qualsiasi barriera. Inizialmente il titolo originale era “My name is ..133”, ma a seguito dell’incontro con il poeta e pittore afghano Arian Sadiq autore di ‘Ultima speranza’,brano inserito nel dramma, il titolo definitivo ha preso spunto dal suo contrassegno: 877”. Due clown Linus (bianco) e Bangiù (nero), una valigetta e la radio aprono lo spettacolo. Ed è proprio la radio lo strumento di comunicazione che ha unito il popolo italiano durante la guerra diffondendo i notiziari e i discorsi di Mus-
senegalesi al mercato di Firenze Michele Celeste decide di rileggere con gli occhi della modernità Othello, comparando e contaminando il testo con autori contemporanei quali Ionesco , Artaud, Pasolini e gli autori della tragedia greca, in particolare Sofocle. “Hotello full immersion” è il teatro dei colori del mondo, l’incontro di culture e razze diverse, del continuo incrocio di lingue (italiano, arabo, inglese, tedesco, senegalese…), della ricerca dell’armonia universale.
solini e Hitler che funestano la festa di Linus e Bangiù. Secondo l’autore infatti il sogno fascista dell’imperialismo della prima metà de 900 tra le conseguenze ha causato il fenomeno dell’immigrazione, fomentato il razzismo e legittimato lo sfruttamento dei popoli più deboli. Uno spettacolo, ove oltre ai rimandi al mondo classico e pittorici, l’autore ha sfruttato le immagini tratte dal mondo del cinema e del web in modo da ricercare una scrittura che potesse racchiu-
Vinto il primo premio del Grand Prix Roma con l’opera “Hotello full immersion” gnato a Roma lo scorso 28 settembre nello storico salone Margherita. Uno spettacolo premiato con la “maschera d’argento” selezionato dalla commissione organizzatrice del concorso l’associazione Naschiria, in collaborazione con la B.I. production ed eletto vincitore dal patron Virigina Barret e della giuria tecnica composta da giurati di chiara fama nazionale: Mariano Rigillo, Tullio Solenghi, Vince Tempera, Mariano Anagni, Daniele Giakketta ed Enrico
dere diversi linguaggi. Una ricerca e una sperimentazione nel mondo della comunicazione apprezzata da Sofia Scardura, regista e drammaturgo, fondatrice e coordinatrice della Libera Università del Cinema di Roma che su Michele Celeste ha scritto. “Bravo soprattutto perché affronti con ugual misura il classico e il moderno. Ti devo confessare che il tuo spettacolo mi ha fatto ricredere sull’unione del mezzo teatrale con quello cinematografico, infatti ho sempre pensato che hanno due magie diverse e che mal si accoppiano e invece tu li hai usati insieme senza perdere magia, anzi spesso acquistandola”. Anche nell’opera “Moon Light –omaggio a Federico Fellini” ritroviamo la figura dei clown: il Bianco e l’Augusto, il primo rappresenta l’intelligenza, l’armonia, l’eleganza, l’ordine; il secondo la rivolta contro il rigore. Una fiaba teatrale ambientata nel mondo del circo, dove gli artisti sono il chiarore della luna così come si legge su un cartello mostrato dal matto Mr. Karciofen, scritto in tre differenti lingue - italiano, inglese e urdu - per chiudere la performance. La stessa luna che illumina con il suo chiarore il percorso dell’umanità. Un inno alla pace in nome dell’arte interpretato dagli attori italiani, pakistani ed africani della Compagnia OfficinaTeatro. La compagnia - attualmente composta oltre che dal regista e attore Michele Celeste, dall’attore Lino Pantano, dalle attrici Emanuela Pantano, Anita Donisi, Daniela Garofalo, Valeria Celeste, dagli attori Lino Pantano, Abdul Man Bhatti, Banjougou Sackone, Cheema Imitiaz Ali, dallo scenografo Marco Tullio Mangione, dal pittore scenografo Arian Sadiq, dal responsabile delle riprese e video editing Rosolino Prinzivalli, dal light desiner e direttore di fotografia Alessandro Caiuli e dal fonico e datore luci Giovanni Flores - al momento è impegnata nel cast del docufilm “A me resta la speranza” di Virginia Barrett. Uno spettacolo all’insegna della solidarietà che racconta le vicissitudini del viaggio di una donna africana imbarcatasi su una carretta del mare sulle coste libiche alla volta di Lampedusa con la speranza di cambiare la propria vita e assicurare un futuro migliore a se stessa e ai propri figli. Una storia che rievoca il tragico sbarco avvenuto a Sampieri, in provincia di Ragusa, nel 2013 quando 13 immigrati sono annegati tentando di raggiungere la riva a nuoto dal barcone, che si era arenato, davanti gli occhi increduli di turisti e bagnanti. Attori protagonisti Michele Celeste nel ruolo del pescatore e Marcia Sedoc nel ruolo della scampata naufraga. Docufilm che sarà girato a fine ottobre a Sampieri e che dovrebbe essere presentato a novembre al Festival del Mare a Genova e poi parteciperà al festival di Berlino.
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Il teatro de
“I Guitti”
L’Accademia prepara la leggenda del Cristo Nero
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a devozione del Cristo Nero ritrovato secondo la leggenda da due caprai all’interno di una grotta su un altare parato e con due candelabri alle spalle, un crocifisso del quattrocento con un piccolo Cristo di colore nero affilato dalla fame e dalla sofferenza venerato per secoli dai nisseni. Un culto povero ma potentissimo, sostenuto dai più poveri, i “fogliamari” costretti per sopravvivere alla ricerca di verdure e funghi nelle campagne, professato in segreto per anni e ufficializzato con l’arrivo dei frati cappuccini a Caltanissetta quello che sarà rivissuto nello spettacolo “La leggenda del Cristo Nero” scritto e diretto da Antonello Capodici e portato in scena dalla Compagnia dell’Accademia dei Guitti. Uno spettacolo teatrale basato sulla ricostruzione storica del libro “Universitas Caltanixette” della professoressa Rosanna Zaffuto Rovello che riporta alla luce, grazie ad un approfondito studio e traduzione degli atti conservati all’Archivio di Stato di Caltanissetta, i tumultuosi passaggi storici che hanno dato vita alla città. A calcare il palco nei panni dei ruoli epici della storia e della leggenda Giorgio Villa, Alessandro Falci e Michele Privitera.
istaurare inspiegabilmente nessun tipo di rapporto”. Una dura presa di posizione quella di Michele Privitera nei confronti di una città che non dà il giusto riconoscimento ai suoi figli e al loro talento. “Fare spettacolo e incentivare la cultura - aggiunge Privitera - a Caltanissetta è difficile perché manca il sostegno delle autorità preposte. Nonostante il successo riscosso con i nostri spettacoli in delle rassegne teatrali alle quali siamo chiamati annualmente e che vedono la nostra compagnia in giro per la Sicilia, siamo abbandonati dalla nostra città alla quale continuiamo a proporci per essere messi costantemente da parte e quando veniamo chiamati vengono trovati degli escamotage da parte dell’Amministrazione per non pagarci”. “Vorremo – prosegue – essere apprezzati e ricevere attenzioni anche dalla città e dalla no-
tevole successo: “L’avaro di Moliere”, prima rappresentazione teatrale della compagnia; “Volare”; “Don Chisciotte e Sancio Panza”; “Finchè suocera non ci separi”; “La cucina del libero inganno”, “Il triangolo… no!” quest’ultimo gettonatissimo: 40 date in soli 3 mesi. Una compagnia cresciuta negli anni che ha ottenuto numerosi riconoscimenti per le sue rappresentazioni teatrali. L’Accademia dei Guitti è infatti la prima compagnia siciliana ad avere vinto per due volte il primo premio “Angelo Musco” di Milo, la prima volta nel 2013 con “Finchè suocera non ci separi” e la seconda nel 2014 con “La cucina del libero inganno”. Apprezzata dai nisseni la rassegna estiva “Un mercoledì da Guitti” all’Arena della chiesa San Paolo con gli spettacoli “la cucina del libero inganno “, “Il triangolo no” e “One man show”.
dei Guitti e dalla Nuova Compagnia Teatrale “Il canovaccio di Leonforte” con la quale si sta pensando, visto i consensi ottenuti, di riproporre un altro spettacolo a tre questa volta scritto e diretto da Antonello Capodici. “Il nostro successo – conclude Michele Privitera – è il pubblico che ci ha sempre ripagato con tanto affetto e partecipando numeroso ai nostri spettacoli, ciò ci spinge ad andare avanti seppur con sacrifici e a scommettere sul nostro prossimo spettacolo che mira a far conoscere e valorizzare la Settimana Santa
“Quest’anno niente rassegna invernale. L’utilizzo di strutture comunali ci svena economicamente” nissena, se l’amministrazione comunale ritiene di aiutarci in questo intento siamo aperti al dialogo e a ricevere una mano d’aiuto”.
Michele Privitera, uno dei fondatori dell’Accademia dei Guitti. A destra in scena con Giorgio Villa
AVVISI LEGALI TRIBUNALE DI CALTANISSETTA Procedura Esecutiva Immobiliare N. 10/2012 R.G.
Ad affiancare lo spettacolo un laboratorio teatrale tenuto da Giorgio Villa e Antonello Capodici rivolto ai ragazzi dai 14 anni in su che si terrà due volte a settimane (3 ore ad incontro) per quattro mesi e che servirà a formare e a preparare futuri attori che calcheranno con i protagonisti il palco de “La leggenda del Cristo Nero”. “Uno spettacolo teatrale – afferma Michele Privitera, uno dei soci fondatori, attore e responsabile dell’Accademia dei Guitti - che debutterà i primi di marzo al teatro Rosso di San Secondo alla riscoperta dell’identità nissena da tramandare alle giovani generazioni e per il quale speriamo che le istituzioni, una volta tanto, ci diano una mano a realizzarlo. Sino ad oggi infatti non siamo riusciti ad entrare nelle grazie di nessuna Amministrazione Comunale né ad
stra Amministrazione. Siamo così sfiduciati che non andiamo neanche più a bussare alle porte del Comune per chiedere il Teatro Margherita: i tempi, infatti, sono così farraginosi che quando ormai arriva la risposta i giochi sono già fatti. Ci stupiamo tra l’altro, così come sostengono alcuni consiglieri comunali, come non esista nessun documento che attesti la cessione o la possibilità di usufruire del teatro a capo di altre compagnie. Ufficialmente il teatro Margherita al momento non è affidato a nessuno né nessuna carta che attesti la possibilità di fare spettacoli all’interno”. Tra gli spettacoli di successo della compagnia dell’Accademia dei Guitti - nata nel 2008 dalla scissione di alcuni attori capeggiati da Giorgio Villa dal “Teatro Stabile nisseno” - che hanno riscosso no-
“Quest’anno – dichiara Michele Privitera – ci sarebbe piaciuto organizzare una rassegna invernale sinora mai realizzata per tante difficoltà soprattutto dal punto di vista logistico, non abbiamo mai avuto la possibilità di poter usufruire delle strutture comunali senza svenarci economicamente. Dunque piuttosto che affittare delle sale come ad esempio quelle parrocchiali abbiamo deciso anche per quest’anno di accantonare questo nostro desiderio. Il rischio è troppo alto per un’associazione che si occupa di cultura a livello amatoriale e senza nessuno scopo di lucro”. Durante i mesi invernali, dunque, l’Accademia dei Guitti sarà impegnata nella preparazione dello spettacolo “La Leggenda del Cristo Nero” e della prima fiaba della compagnia “Giufà… re di Sicilia!” , anch’esso scritto e diretto da Antonello Capodici che vedrà come protagonista Vincenzo Volo spalla storica di Enrico Guarneri. Spettacolo che debutterà il 9 dicembre a Caltanissetta e che coinvolgerà nei matinèe le scuole della città. Proseguirà nei prossimi mesi anche la tournèe “Il triangolo …no!” scritto Massimo Pantano, interpretato e diretto da Michele Privitera, Alessandra Falci e Sandro Rossino, coprodotto dalla compagnia giovane dell’Accademia
Il professionista delegato dottore Giuseppe Giulio Catalano avvisa che il giorno 07 dicembre 2015, alle ore 16:00, presso il proprio studio sito a Mussomeli in via Garibaldi n.24, si procederà alla vendita senza incanto dei seguenti beni immobili: LOTTO UNO: piena proprietà, unità abitativa sita in Caltanissetta alla via Calamita nn. 1-5, piano terra e primo, distinta in catasto “N.C.E.U.” del comune di Caltanissetta al Fg. 302 particelle graffate nn. 415 sub 5, 417 sub 5 e 418 sub 7, vani 5,5, categoria A/4 ( abitazione di tipo popolare).Prezzo base ridotto di un quarto rispetto a quello precedentemente fissato di €23.400,00 (ventitremilaquattrocento/00), aumenti minimi di €1.000,00. L’offerta di acquisto in bollo dovrà essere depositata in busta chiusa presso lo studio del professionista delegato alla vendita esclusivamente il giorno 05 Dicembre del 2015 dalle ore 16:00 alle ore 18:00. Cauzione non inferiore a un decimo del prezzo offerto mediante assegno circolare non trasferibile intestato a” Dott. Giuseppe Giulio Catalano n.q. Procedura esecutiva n.10/2012 R.G”. Versamento residuo entro sessanta giorni dall’aggiudicazione. La deliberazione sull’ammissibilità delle offerte avverrà a discrezione del professionista delegato. Il giorno 07 dicembre 2015, presso il suo studio, dinanzi al sottoscritto professionista delegato e alla presenza degli offerenti si procederà all’apertura delle buste e all’esame delle offerte e all’eventuale aggiudicazione. Eventuale vendita con incanto si terrà il giorno 14 dicembre 2015, alle ore 16:00, dinanzi al sottoscritto professionista delegato presso il medesimo studio. L’offerta, in forma d’istanza di partecipazione, dovrà essere depositata, in bollo, presso lo studio del professionista delegato sito in Mussomeli (CL) alla via Garibaldi n. 24 esclusivamente tra le ore 16:00 alle ore 18:00 del giorno 12 Dicembre 2015. All’atto della presentazione della domanda di ammissione dovranno essere presentati, a titolo di cauzione, a due distinti assegni non trasferibili “NT” all’ordine del professionista delegato di importo complessivo pari al 10% del prezzo base; prezzo base € 23.400,00 , la misura minima dell’aumento da apportarsi alle offerte è stabilito nella misura di € 1.000,00 (mille/00);versamento saldo prezzo entro sessanta giorni dall’incanto. L’avviso di vendita integrale , l’ordinanza di vendita e la relazione di stima dell’esperto ( con i relativi allegati) sarà consultabile sul sito internet “www. astegiudiziarie.it “ . Per ogni informazione e/o per concordare un appuntamento per la visita all’immobile fare riferimento al professionista delegato/custode ( cellulare 338.5231686). Caltanissetta, 12 ottobre 2015
Dott. Giuseppe Giulio Catalano
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