Condizioni
estreme
“El magnatempurai”, in dialetto milanese, significa “il mangiatemporali”: chi sarà...?
Prima, durante e 58
a cura di Paolo Meneghelli
«Franco, quell’uomo che alla prima impressione mi era sembrato solamente uno strambo pescatore, in realtà era il più bravo che avessi mai conosciuto. Tutti coloro che frequentano quello stesso lago in Lombardia raccontano delle sue incredibili catture sotto la pioggia. Perché Franco è una leggenda…». Una storia che scava nel “si narra”: sarà vero? Chi lo sa… in ogni caso rimane uno spunto originale per parlare di pesca con il brutto tempo!
dopo la pioggia
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Carpe e
TEMPORALI ccadde tutto un caldissimo venerdì di fine luglio. Arrivai al solito lago nel pomeriggio, dopo essere uscito dall’ufficio in fretta e furia grazie a un permesso. Da qualche mese non immergevo le lenze in acqua e non mi lasciai sfuggire l’occasione: anche una sola notte sarebbe bastata a placare la mia sete di pesca. Messi i piedi a terra su quelle sponde per me sacre, mi sembrò di essere tornato libero dopo lunghi anni di prigionia. «Finalmente siamo io e te»… dissi tra me e me, tra me e il lago.
A
PRIMA DELLA PIOGGIA e con la bassa pressione, le carpe si lasciano tentare... nei posti giusti però!
Il primo attore
DOPO LA PIOGGIA (sotto), l’acqua è più ossigenata e si muovono anche quelle più grosse.
Faceva molto caldo, e non mi nascosi che sarebbe stato difficilissimo catturare qualcosa. Trovai conforto nel fatto di essere il solo carpista in una grandissima porzione di lago: nessun disturbo di lanci, barche, fili o pescatori maleducati. E soprattutto, le canne innescate con le mie affidabilissime palline erano in pesca, non appese in garage… Un fattore più importante, però, arrivò verso sera a scompaginare l’idea che mi ero fatto sulla sessione. Dopo circa un’oretta, infatti, un imponente temporale inghiottì in pochi secondi la montagna che dominava il lago e si diresse velocemente sopra di me. Il cielo si scurì, l’acqua del lago prese un colore verde-azzurro e tutto intorno si fe-
Come si formano? U
n temporale altro non è che un imponente “condizionatore” naturale, una macchina termodinamica che raccoglie aria calda e umida dai bassi strati e restituisce aria fredda e secca (e relative precipitazioni) in caduta dagli strati più alti. Con l’aiuto di un disegno, osserviamo come nasce e muore un temporale: all’inizio, grandi bolle di aria calda si staccano dal suolo e salgono verso l’alto, e dato che l’aria calda ha un peso specifico minore di quella fredda, va a formare nuvole larghe 2-3 chilometri dette
ce silenzio. Gli uccelli si ammutolirono, anatre, folaghe e svassi scomparvero tra le cannelle, i pesci si rifugiarono sul fondo, smettendo di lanciare i loro segnali a galla. E l’aria diventò statica, immobile, come se fosse anche lei in attesa di qualcosa. Mi sembrò di essere a teatro, in attesa delle prime note di un’opera. Poco dopo arrivò “l’ouverture” di grossi goccioloni. Ne sentii sbattere uno sul telo teso del bivvy. Due, tre, quattro dardi colpirono il materassino. Feci appena in tempo a sedermi sul lettino e a chiudere la zip della mia piccola dimora, che il primo attore fece il suo ingresso trionfale, accompagnato da un imponente intreccio di percussioni. Il temporale fu violentissimo e la colonna d’acqua impressionante: dalla mia tenda io, come uno spettatore davanti a uno schermo televisivo spento, non fui più in grado di scorgere le mie canne. Passarono dieci minuti e la noia della situazione, il refrigerante calo della temperatura e la stanchezza accumulata mi portarono nell’unica direzione possibile, ossia tra le braccia del mio sacco a pelo.
Non siamo soli… “Beep”. «E vai! È sicuramente la mia!». “Beep”. Mi girai di scatto, osservando dalla finestra d’ingresso: nessuno dei miei avvisatori era illuminato. “Beep”.
Uscii dal mio riparo. Fuori ormai stava spiovendo, e del concerto restavano solo i piccoli applausi finali. “Beep”. Niente, non erano le mie. Quel suono persisteva, forte, ma non veniva dalle mie canne. Mi tirai qualche pizzicotto come per capire se stessi ancora dormendo, girai la testa per sgranchirmi il collo, e così lo vidi. A circa trecento metri da me, in una postazione che non sapevo nemmeno esistesse, un uomo apparve tra le canne sul margine dell’acqua: stava combattendo con un pesce. « E meno male che ero solo…», mi dissi, quasi sconfortato. Spinto da buono spirito “corporativistico”, presi un ombrello e mi diressi verso quell’individuo: sapevo che la difficoltà della situazione avrebbe potuto richiedere un mio semplice aiuto. L’uomo era infatti sul limitare dell’acqua, con la canna piegata allo spasimo. Il grezzo gemeva mentre cercava di contrastare le fughe di un pesce che dagli schizzi delle rollate in superficie sembrava enorme. Inginocchiato, cercava di prendere il guadino senza però arrivarci. Non esitai un secondo e mi avvicinai, porgendogli in mano il manico del guadino. Qui ebbi la prima sorpresa: lo prese, lo posizionò e continuò il suo combattimento senza guardarmi, né ringraziarmi, come se quella rete gliel’avesse porta una mano divina. Risentito, ne appro-
‹
In “pillole”, l’aria calda sale mentre quella fredda cumuli. Questo processo iniziale può essere agevolato dalle montagne (temporali orografici), da fronti freddi ad alta pressione (temporali frontali) o più semplicemente dal calore accumulato dal suolo (temporali di calore). In seguito, con l’aumentare della quantità d’aria calda che sale si formano grandi nubi a sviluppo verticale, i cumulonembi… questa è la situazione detta di instabilità, ossia la condizione essenziale perché si formi il temporale. La temperatura diminuisce con l’altezza, il vapore si trasforma in acqua (condensazione),
liberando calore latente e aumentando l’accelerazione delle correnti d’aria in salita. Si crea così un risucchio d’aria calda dal basso, detto “inflow”, che, una volta entrato nella nube, prende il nome di “updraft”. Raggiunta un’altezza di 10-12 chilometri, la condensazione continua e l’updraft diventa talmente freddo da essere più pesante dell’aria circostante, e questo lo porta a precipitare trascinando con sé grandine e acqua. Si formano in questo modo le correnti discensionali, i “downdrafts”, che scendono verso il suolo acquistando
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foto A. Cucconi
Si soffre un po’ sotto la pioggia ma le catture sono entusiasmanti
scende: e i temporali prendono origine velocità: nella loro discesa incontrano le gocce d’acqua della nube, gli cedono calore e le fanno evaporare, diventando sempre più freddi. Vicino al suolo, i downdrafts esplodono in un ventaglio di aria fredda e secca, detto “outflow”, e formano un mini fronte di aria fredda che precede il temporale di 5-10 minuti. Il processo appena descritto continua, perché il fronte freddo solleva l’aria e agevola la formazione di altre correnti ascensionali (rigenerazione) che alimentano il temporale. Quando invece le correnti discendenti diventano
dominanti, vi è un calo termico notevole e quindi un aumento di pressione. L’aria calda e umida non sale più, e quindi la nuvola si “svuota”. Le precipitazioni terminano, e con esse gli ultimi refoli di aria fredda secca. Ecco che il temporale collassa e lascia posto al sereno: l’afa è solo un lontano ricordo. ECCO LO SCHEMA che illustra come “funziona” un temporale. Il “gust front” è ciò che ci “tocca” da vicino, cioè la direzione della colonna d’acqua e grandine.
12 Km
INCUDINE SOTTOVENTO
INCUDINE SOPRAVE NT O OUTFLOW OUTFLO W
9 Km K
IN Q QUOT QUOTA TA MOVIMENTO DEL TEMPORALE
6 Km K
UP UPD UPDR UPDRA UPDRAF U PDRAF DRAF DR RAF AFFT
3 Km K
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GUST FRONT
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PIOGGI OGG A
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Carpe e
TEMPORALI
foto A. Cucconi
Ripariamoci bene e indossiamo abiti adeguati per non inzupparci...
Hot spot per l’occasione P
rima, durante e dopo i temporali, i punti migliori dove lanciare o poggiare le nostre lenze sono sicuramente le grandi secche in mezzo al piano d’acqua o gli avvallamenti più o meno accentuati che “animano” il fondale. Nelle cave come nei laghi di grandi dimensioni, in genere di natura morenica. Il vento che precede un temporale e la violenta scarica di goccioloni che lo segue smuovono l’acqua e creano delle vere e proprie correnti che accumulano e trasportano detriti di varia natura, fra cui pure invertebrati
fittai per guardarlo meglio. Era un uomo alto, di una magrezza tale da suggerire debolezza. La pelle chiara era ricoperta da pantaloni corti e da una maglietta sdrucita, di quelle che si mettevano i figli dei fiori negli anni Sessanta. Pioveva ancora tanto ma non indossava nulla per ripararsi. I capelli erano scuri, lunghi, e gli ciondolavano bagnati fino a coprire un viso scarno, dominato da una folta e mal curata barba scura. Mi stupii ancora di più guardando la sua attrezzatura. Impugnava una canna dalla sezione grossissima, grezza, molto vecchia. La serigrafia era scolorita tanto che non riuscii a capire se fosse uno dei primi modelli espressamente dedicati al carp fishing apparsi in Italia. I mulinelli erano vecchi Big Pit da surf, sporchi e tutti rigati. Non aveva un pod, ma due picchetti artigianali. L’unica cosa che sembrava al passo coi tempi mi parvero gli avvisatori acustici, dal momento che, oltre al materassino di slamatura, anche le scimmiette erano artigianali, costruite con tappi di sughero e forcine per capelli. Non sembrava che avesse altro con sé oltre a un piccolo ombrellone verde, un lettino da campo militare e un piccolo zaino, pieno di buchi. «Questo qua è il classico carpista della domenica che si è trovato nel posto giusto al momento, per lui, sbagliato», ri-
dacchiai, come per sfidarlo dopo l’affronto ricevuto.
Comandava lui Eppure quell’uomo ci sapeva fare. Guardandolo combattere con il pesce mi diede davvero l’impressione di dominare la situazione. Sapeva dove la carpa cercava riparo e la contrastava, forzava quando doveva. Il braccio era fermo, granitico, tutto il contrario della debolezza che mi aveva suggerito la mia prima impressione. Non usava la frizione, ma un connubio tra sensibilità e controllo della mano che impugnava la manovella del mulinello in modalità antiritorno. E non si spostava di un millimetro da lì. Sfidava il pesce con alterigia. Era lui che comandava. In pochi minuti portò a guadino e poggiò sul materassino uno dei pesci più grossi che avessi mai visto. Fece tutto da solo, come se io non ci fossi. Slamò il pesce con sicurezza, lo misurò e lo rilasciò accompagnandolo in acqua, senza pesarlo. «Non pesa un pesce così…», mi dissi confuso. Per tutti quei minuti quell’uomo non mi parlò; mi ignorò, arrivando addirittura a fare una foto al pesce sul materassino, di fianco al metro, senza chiedermi di aiutarlo in uno scatto in cui lo imbracciasse. «Non fa una foto decente a una carpa così?», domandai, quasi irritato. Attonito. «Grazie», mi disse. E
Proviamo sopra e ai piedi dei plateau vicino agli
e piccoli molluschi (ma anche le nostre granaglie più piccole), in punti precisi del fondo: la risalita di un plateau, una grossa buca, la “spalla di un dosso”. Questi ostacoli funzionano come veri e propri “muri” che si ergono nel bel mezzo del fondale più o meno uniforme dei laghi. Nella condizione che stiamo prendendo in esame, questi fondali sono vere e proprie “miniere” di carpe. Vediamo insieme le schermate dell’ecoscandaglio durante la perlustrazione del fondale nelle vicinanze di un corso d’acqua che entra nel lago.
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foto A. Cucconi
La… rete di cristallo Link utili di previsioni meteorologiche
N
SE VIENE GIÙ FORTE posizioniamo le canne verso il basso, altrimenti possono attirare i fulmini.
si voltò verso di me, fissandomi con due occhi neri che non tradivano emozioni. Non appena finì di pronunciare quella parola, il suono del mio avvisatore mi riportò sulla terra, distraendomi dalla confusione in cui mi ero infilato. Corsi subito verso le mie canne e ferrai. Era una carpa enorme per il mio standard. Felice come un bambino, feci trenta autoscatti e la rilasciai, mentre il buio stava scendendo sul lago. Così mi coricai, stremato, poco dopo: mi ero dimenticato totalmente di quello che avevo appena vissuto.
E fu tutto diverso... All’alba, i raggi del sole di luglio avevano reso la mia tenda un forno. Uscii per respirare l’aria mattutina e dopo un buon caffè mi ri-
tornò in mente quell’uomo. Decisi di andare a salutarlo, portando con me la macchina fotografica per fargli vedere il gran pesce che avevo catturato. Quel personaggio mi incuriosiva, perché interpretava il carp fishing in un modo che non conoscevo, diverso dalla norma, ma così semplice, puro e con una sicurezza tale da disarmarmi. Arrivato alla postazione, però, scoprii che se ne era andato. Da quel giorno tutto sarebbe stato diverso.
La leggenda «Matteo, non puoi capire… avresti dovuto sentire che partenza, che corsa e che combattimento! Guarda che bestione…», dissi con gioia a mio fratello, anch’esso carpista, mostrandogli la foto della carpa. «Sarà stato il tempo-
affluenti ma anche in mezzo al lago
rale, ma di pesce ne sta uscendo comunque… ah, e c’era pure un tipo, uno strano… ha preso un pesce che sarà stato venticinque chili davanti ai miei occhi…», continuai, «l’ho aiutato con il guadino, ma non mi ha quasi parlato, né guardato… e sai, non lo ha nemmeno pesato!», conclusi. E mio fratello, ridendo: «Avrai mica incontrato “el magnatempurai?». «El magna che?», chiesi. «Il mangiatemporali…», mi ripeté traducendo dal milanese. E capì che io non ne sapevo nulla. «Ma sì, non hai mai sentito la leggenda di quell’uomo che appare dal nulla quando ci sono i temporali, solitario, che ha preso i pesci più grossi del lago… non hai mai sentito di quella volta in cui…». Non lo interruppi, ma mentre continuava il ‹
on è poi così difficile sapere in anticipo se andiamo incontro a una sessione… bagnata. Le previsioni meteorologiche sono ormai piuttosto attendibili, anche se è bene sapere che oltre i tre giorni diventano supposizioni da prendere con le pinze. Informiamoci sempre prima di andare a pesca, le indicazioni ci serviranno per scegliere dove posizionare il campo, organizzarci per un “soggiorno” comodo e anche sapere dove pescare per avere qualche chance in più di cattura. Consultiamo pure i link qui di seguito: alcuni sono più immediati e facili da consultare, altri richiedono qualche conoscenza in più. http://www.meteo.it: fornisce le previsioni meteorologiche del centro Epson Meteo. http://www.metoffice.gov. uk/satpics/latest_IR.html: fornisce le immagini via satellite in infrarosso dell’Europa centrale, utile per vedere gli spostamenti degli ammassi nuvolosi verso la nostra Penisola. http://85.214.49.20/wz/ pics/Rsfloc3.gif: fornisce una mappa dell’intensità dei temporali che si abbattono sull’Europa centrale, minuto per minuto. http://www.arpa.emr. it/sim/?osservazioni_e_ dati/mappe_radar: è il sito dell’Agenzia Regionale Prevenzione e Ambiente dell’Emilia Romagna: fornisce le immagini radar dell’Italia centrosettentrionale. http://forum. meteonetwork.it: forum di meteorologia con una specifica sezione dedicata ai temporali. Utile per curiosità, domande e approfondimenti.
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TEMPORALI racconto, la mia testa pensò a una sola cosa: avrei dovuto incontrare ancora quell’uomo. Fu così che tornai più volte nello stesso lago, nello stesso spot, ogni volta che pioveva. Ma niente. Lui non c’era più. Cominciai a pensare di essere sotto gli effetti di una fattura, perché tutte le volte che ero in pesca mi guardavo sempre intorno con la speranza di trovarlo. Dopo qualche tempo rinunciai: che fosse solo un pescatore di passaggio o una mia suggestione? Ma, come per caso lo conobbi, per caso lo incontrai ancora.
LA PIOGGIA SMUOVE l’acqua del lago e anche il fondo basso, portando allo scoperto il cibo.
Quando è destino Una paio di amici, in pesca da qualche giorno, mi telefonarono perché avevano bisogno di un po’ d’acqua. Uscito dall’ufficio mi diressi verso il lago. Era una giornata afosa, ogni passo in quel tratto di bosco mi pareva una stretta di due mani che tentavano di soffocarmi. Andai avanti, arrancando con una tanica in braccio... come se fosse una grossa carpa. Poi qualcosa attirò la mia attenzione. Vidi due canne. Erano loro. Quelle canne. Quelle che volevo scorgere da mesi. Con l’entusiasmo di un bambino spostai le foglie che avevo davanti per raggiungerle, quasi senza più sentire la fatica. E una mano mi toccò improvvisamente la spalla. «Salve», disse una voce profonda. Mi girai, e rividi quegli occhi. «Ma
DOPO IL TEMPORALE, nei bassi fondali vedremo i segni di attività dei pesci (sopra).
Senza la barca N on avere con noi un’imbarcazione e un ecoscandaglio non significa assolutamente partire con una marcia in meno. Anzi, doverci arrangiare “alla vecchia maniera” ci farà gustare ancora di più ogni cattura e incrementerà di sessione in sessione la nostra esperienza e il nostro senso dell’acqua. Un po’ di pazienza, tanto spirito d’osservazione e un paio di occhiali con lenti polarizzanti ci saranno d’aiuto nello scovare le
zone migliori per trovare le carpe, quelle che durante un’acquazzone godono di una “pasturazione naturale”. Quando si pesca al lancio e sta arrivando un temporale, ci sono un paio di piccole regole da rispettare: lanciamo nei punti poco profondi e meno riparati, ossia quelli che, soprattutto nei mesi estivi, risentono maggiormente dell’effetto benefico di acqua e vento. Questa la regola principe… ora vediamo nel dettaglio dove mirare per fare centro.
non c’è il temporale… Lei, qui…», farfugliai. «Sta arrivando, guarda». E indicò il monte che sovrastava il lago. Lo stesso monte che un anno prima avevo visto sparire inghiottito dalle nubi ora mi pareva solo abbracciato da un cielo azzurro. «Sarà bello grosso, forse troppo… ma sbloccherà il lago», continuò. «Come fa a sapere che sta arrivando? Non c’è nulla». La mia timidezza era pari alla curiosità. «Eh…», disse con un lieve sorriso. Da un suo cenno capii che voleva che mi sedessi. Lo seguii, e usai la tanica come sedia. «Non c’è nulla di magico», attaccò, «basta informarsi sui canali giusti… ma, su tutto, ci vuole esperienza, intuito, bisogna cogliere ogni minimo segnale che la natura offre». E poi: «Tra pochi minuti vedrai apparire qualche nuvola dietro il monte, ti sembreranno piccole e solitarie. Gli “scudieri”. Poi arriverà lui. E l’aria si fermerà, in attesa del… ma è inutile che te lo racconti, anche tu l’hai vissuto qui, tempo fa». «Si ricorda di me?», feci io. «Certo. Sei tu che mi hai passato il guadino. Da solo non ce l’avrei fatta». «Ma allora perché, quella volta, nemmeno una parola?», chiesi interessato. «Io sono fatto così. Quando sono a pesca siamo io, il lago, la carpa. Nessun altro. È come se vivessi in uno stato di trance. È il mio modo per rispettare la mia passione e rispettare il
foto S. Mandelli
Carpe e
Ecco i punti da tenere d’occhio se peschiamo al lancio NINFEE. I banchi di questa bella pianta sono spot molto redditizi: qui le carpe trovano riparo dal sole nei mesi più caldi e costanti riserve di cibo. In caso di temporali, l’effetto dell’acqua e del vento smuove i fusti e con essi tutti quegli organismi che vivono ancorati a questi… di cui le carpe sono ghiotte. Attenzione, però, a utilizzare terminali e attrezzature adeguate, lanciando a qualche metro di distanza dalle ninfee: le “carpe dei temporali” sono più disposte a cercare il cibo e si muovono con frenesia… quindi con una pasturazione mirata non sarà difficile portarle sopra i nostri inneschi.
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I CANNETI su fondali alti (a sinistra) sono zone di tenuta naturali, quelli su fondali bassi (sopra) sono spot “di rapina” quando c’è pioggia e vento.
mio avversario. Pesco, e non devo spiegare nulla a nessuno», rispose, con una luce negli occhi che non avevo mai visto a nessuno. Parlava bene, quell’uomo. «Ma perché solo quando ci sono i temporali?», incalzai. «Ho poco tempo per pescare ma la pesca è ciò che mi consente di rimanere vivo. E al giorno d’oggi c’è troppa gente sui nostri laghi, è difficile catturare bene. Così pesco solo per poche ore, dove non pesca mai nessuno, quando non ci pesca nessuno. E catturo… sai, qui dove siamo ora, in condizioni normali, non catturerei nulla. Ma con il temporale, il lago prende vita, i fulmini l’accendono e i tuoni lo scuotono… Prima e soprattutto dopo, non puoi sbagliare…», mi spiegò osservando
CANNETI. Ci sono due possibilità, entrambe fruttuose: il canneto cresce su fondali sabbiosi e poco profondi che digradano dolcemente oppure poco prima di uno scalino in forte pendenza. Vento, pioggia e correnti smuovono la sabbia nel primo caso, attirando i pesci da lontano, e trasportano detriti e cibo ai piedi dello scalino nel secondo, già zona di tenuta naturale del pesce. Per non parlare degli insetti e degli invertebrati, le lumache per esempio, che il vento strappa dalle cannucce e lancia in acqua attirando prima i cavedani a galla e poi qualche bella carpa.
l’orizzonte, verso un punto indefinito: «Me lo insegnò mio padre».
Allievo e maestro Con lucidità, lo provocai: «Pescare con i temporali, però, è pericoloso!». E lui, sicuro: «Hai ragione… ma se rispetti la natura, sai cosa puoi fare e cosa non puoi fare. Ma per rispettarla deChi pesca con il vi conoscerla. Io so quando mi devo fermare, so brutto tempo è un dove l’uomo si può spingetemerario... cioè re. E non varco mai quella un vero carpista! linea…». Pausa. «E non credere che pescare con il temporale significhi catturare in automatico. Devi conoscere l’acqua dove peschi, devi amarla, devi… ecco che arriva!», esclamò, indicando di nuovo il monte. Pic- ‹
FONDALI SABBIOSI. Questi tipi di fondo non sono buoni solo in prossimità dei canneti: anche in lago aperto funzionano alla grande, perché i granelli di sabbia nascondono soprattutto cozze e microrganismi, portati allo scoperto dal solito vento e dalla pioggia. Tra l’altro, in questi punti l’acqua si intorpidisce parecchio, favorendo la frenesia alimentare tra esemplari dello stesso branco che mangiano quindi con meno sospetti.
CANALI DI SCOLO. Non stiamo parlando di veri e propri immissari ma di quei rigagnoli che si creano durante i forti acquazzoni e che passano su terreni, strade e le sponde stesse del lago, trasportando di tutto, intorbidendo e riossigenando l’acqua con l’effetto che ormai possiamo facilmente immaginare.
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La sicurezza prima di tutto… I
temporali possono essere fenomeni tanto affascinanti quanto pericolosi e, come tutte le manifestazioni “violente” di madre natura, se non vengono affrontati con testa e la giusta dose di umiltà, possono diventare una minaccia per la nostra incolumità. La loro pericolosità è legata a tre ordini di manifestazioni: i fulmini, il vento e la gran massa d’acqua che in pochi minuti allaga le sponde. Qualora ci cogliesse un temporale mentre siamo a pesca, teniamo a mente alcuni suggerimenti.
Qualche buon consiglio per non correre rischi GRAZIE ALLE PROPRIETÀ ISOLANTI degli pneumatici e al fatto che un corpo conduttivo cavo scarica l’elettricità senza interessare l’interno, il posto più sicuro in cui possiamo rifugiarci quando il cielo è rigato dai fulmini è la nostra automobile, purché si tolga l’antenna della radio, i finestrini siano chiusi e, una volta all’interno, non si tocchino le parti in metallo.
SE I NOSTRI RIPARI, automobile compresa, si trovano proprio sotto degli alberi isolati, allontaniamoci: sono bersagli facili per i fulmini! Per di più, il vento può far cadere alcuni rami, anche di grosse dimensioni. I boschi fitti sono relativamente più sicuri: evitiamo però di toccare i tronchi degli alberi e togliamoci di dosso oggetti metallici quali braccialetti, collane, chiavi e… il telefonino.
QUALORA NON AVESSIMO DOVE RIPARARCI, mai sdraiarsi a terra! La cosa migliore da fare è piegarsi “a riccio”, tenendo i piedi uniti e la testa tra le ginocchia. L’ideale sarebbe stare su un piede solo, per un semplice motivo: un fulmine che si scarica crea un campo di tensione che si espande verso l’esterno; quindi, con entrambi i piedi al suolo, toccheremmo due punti a tensione differente e saremmo attraversati dalla corrente.
cole nuvolette ornavano ora la sua cima. Il temporale stava davvero arrivando. Rimasi con quell’uomo ancora per diversi minuti: ormai ero un novizio col suo maestro. Mi spiegò come interpretare le nuvole, gli effetti del temporale, le rotte delle carpe, dove e come cercarle, a cosa prestare attenzione per la sicurezza. Mi raccontò la sua idea di pesca e natura, racchiusa nella sensazione suscitata in me dal suono dell’acqua che scrosciava e dalle scudisciate dei tuoni. Fu così che vidi con i miei occhi il lago che prendeva vita, sollecitato dalle punture delle pesanti gocce. “Driiiin. Driiiin”. «Oh, ma dove sei? Dobbiamo raccogliere l’acqua piovana?». I miei amici, ormai completamente dimenticati, avevano bisogno del mio aiuto. «Arrivederci», dissi, porgendogli la mano. «Io sono Franco…», aggiunse, stringendomela. «A presto». Così mi salutò. Senza ombrello, con indosso gli abiti da ufficio, portai la tanica a destinazione. La pioggia batteva su di me, ma non era più un fastidio. Ero felice, come se ogni goccia sul mio corpo fosse una parte di me. Ero fradicio, ma non me ne rendevo più conto.
EVITIAMO DI IMPUGNARE LE CANNE mentre il temporale è sopra di noi alla massima potenza: sono “richiami per i fulmini”… e il carbonio è un ottimo conduttore! Evitiamo di posizionare le canne con le cime rivolte al cielo o immerse in acqua e di sostare vicino alle canne stesse o in direzione dei calci: sarebbero guai… Aspettiamo che il peggio passi e, anche se piovesse ancora, che i fulmini si allontanino. Come capire quando le saette sono vicine? La natura ci lascia sempre delle chance, e in questo caso ci consente di capire se un fulmine si scaricherà nella zona: il segnale che tutti conosciamo sono i tuoni… ma anche quando vediamo i nostri peli e capelli sollevarsi sarà meglio stare in campana… vuol dire che ci troviamo in un’area positiva dove è più facile che si scarichi un fulmine.
foto A. Cucconi
NON BISOGNA ASSOLUTAMENTE USCIRE IN BARCA, né tenere i piedi nell’acqua: rischieremmo di essere colpiti dalla scarica di fulmini o, per altra ipotesi, vedere ribaltata dal vento l’imbarcazione. Evitiamo anche di posizionare i nostri ripari su ghiareti di immissari in secca o sulle spiaggette davanti a canali di scolo: potremmo essere travolti, nostro malgrado, da violente e improvvise “piene”.
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A presto Incontrai Franco altre volte. Addirittura, pescammo insieme. E pioveva forte, sempre. Senza accordi, senza scambiarci i numeri di telefono: semplicemente, piano piano capii come interpretava la pesca e iniziai anch’io a farlo allo stesso modo. Diventammo amici, ma nonostante tutto nutrii sempre verso di lui un certo timore reverenziale e quella sorta di stupore che si prova di fronte alle persone che per noi contano qualcosa. Fu così che io non smisi mai di dargli del “lei”. Dopo qualche tempo non lo incontrai più a pesca. Io continuai a frequentare i “nostri” posti, a pescare secondo i suoi consigli e a fare catture regolari. Ma lui non c’era più. Non mi stupii più di tanto: se avesse cambiato zone di pesca e non me l’avesse detto, sarebbe stata una cosa normale. Una cosa da Franco. Mi stupii, invece, quando in ufficio ricevetti una sua telefonata, più di un anno dopo. «Vai al lago, là nella postazione dove pescavo io la prima volta che ci siamo visti. Fallo prima possibile. Poi capirai». Quell’uomo mi aveva sorpreso ancora: chi gli aveva dato il mio numero? Uscii accampando
FINALMENTE IL SERENO! Dopo la tempesta l’aria è più fresca... e anche l’acqua: i pesci abboccano volentieri.
una scusa e arrivai al lago. Magari Franco, dopo una cattura eclatante, finalmente voleva condividerla con me… Invece trovai solo la sua attrezzatura. Mi pareva fiera, forte, non più stramba e démodé. E c’erano anche il lettino, lo zaino, l’ombrellone. Ma Franco non c’era. Mi sedetti su una pietra e attesi. Una, due, tre ore. “Che scherzo è questo? Cosa vorrà Franco da me?”, continuavo a chiedermi. Finché voltai la testa verso il monte, e le vidi. Le nuvolette. Gli “scudieri”. In pochi minuti l’aria si fermò, il monte sparì e il cielo si fece violento. La pioggia scosse il mio corpo e scaricò la sua rabbia come se io fossi il suo unico obiettivo. Poi una partenza, violenta, devastante.
La mia corsa verso quelle canne. L’indecisione: farlo o non farlo? La ferrata decisa. Il combattimento. Il guadino. E proprio mentre una grossa specchi finiva nella rete, un roboante tuono I temporali sono fece alzare la mia testa di scatto come un pugno sotspesso pericolosi, to il mento. Vidi le vene prendiamo sempre luminose del cielo scagliardelle precauzioni si sul monte, e capii. Non avrei più rivisto Franco. Ma ogni volta che il cielo si sarebbe incupito, lui sarebbe stato lì, al mio fianco. «A presto», sussurrai sorridendo. Indossavo i vestiti da ufficio ed ero fradicio, ma non me ne resi conto. Ero felice, come se ogni goccia sul mio corpo fosse una parte di me. n
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