Carp Fishing Magazine 21 - Pronto Soccorso

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Tariffa ROC – POSTE ITALIANE Spa – Sped. Abb. Post. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27.02.2004, n. 46) – Art. 1 C. 1 – DCB Milano

Leon ritorna I pericoli del carp fishing Consigli utili per il pronto soccorso

Ittiologia Casi di inquinamento: esempi negativi e interventi riusciti Pianeta esche Composizione e impieghi dei pellet

ISSN

1828 - 5511

Rob Hughes

Strategia dedicata per i laghi vulcanici

Tutti i segreti del famoso carpista-sub

Anno III - N° 21 MENSILE MAGGIO 2008

e 5,40 (Italia)

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In profondità

Paradisi nostrani Lago di Fimon

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Ferri del

mestiere

Pronto soccorso

a cura di Paolo Meneghelli con la consulenza del

Dott. Arturo Fossati (medico chirurgo)

PerchĂŠ basta 56

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Fatto il pieno di scongiuri? Bene, non perdiamoci le peripezie di due fantomatici carpisti che se la vedono brutta durante una battuta di pesca. Grazie a loro impareremo che la natura non è sempre pacifica ma sa essere anche “cattivaâ€?: ecco tutti i pericoli che noi carpisti possiamo correre, il modo per prevenirli e, nel caso, come curarci...

davvero poco 57

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Pronto

soccorso

bella cattura, vero? Però, anche se la smania di carpe ci coglie, non lasciamo a casa un po’ di sana prudenza.

è

un caldissimo venerdì mattina di inizio giugno. Tu e il tuo socio Antonio siete sulle sponde del fiume che vi culla fin dall’infanzia e state caricando la grossa barca per spostarvi nella vostra postazione. Amici da più di dieci anni, ridete e scherzate pensando alle fatiche che avete fatto per riuscire a pescare in santa pace. Una volta piantavate la tenda lì dove ora c’è il parcheggio delle automobili: poi, pescatore dopo pescatore, siete stati costretti a spostarvi a monte: un chilometro, quindi due, ora tre. Una corsa inarrestabile verso la solitudine, la tranquillità, verso le carpe più selvagge. Quest’anno avete deciso di fare le cose per bene, pasturando una postazione sperduta dopo una secca curva del fiume a circa venti minuti di navigazione dal punto in cui avete messo in acqua la barca. Non vi pesa troppo fare quei pochi chilometri: sono ormai parte integrante del vostro stile di pesca e

Punture, morsi e dintorni

sono l’unico modo che avete per respirare ancora un po’ la pace e il vero spirito del carp fishing.

Postazione magica

«Chissà che non sia la volta buona», la butti lì, poco prima che la barca si impenni leggermente sotto la spinta del motore. «Oggi non si sbaglia, caro mio», risponde Antonio con aria di sfida, «le mie nuove fishmeal ti faranno vedere cos’è un’esca al top». E tu: «Non credo, sai! Al massimo prenderai qualche top... accio, che come al solito ti romperà la sacca portaboilie». «Ridi, ridi pure», ribatte Antonio tirando fuori dalla tasca tre palline scure, «Guardale qua: altro che le tue pallinacce al geranio, quelle sono buone solo per tenere lontane le zanzare!». Quei minuti volano velocemente, interrotti dal volo di qualche cormorano che scappa al passare della vostra freccia d’argento. Poi eccola là, la postazione, una spiaggia di sassi ai bordi di un bosco. Anche

se ci avete già pescato in altre occasioni nei mesi precedenti, ogni volta sembra la prima. Con il solito, strisciante timore: «Certo è che se ci succede qualcosa, qui non ci recupera più nessuno...», bofonchi riflessivo. «Fratè, al massimo schiattiamo insieme», ti fa Antonio abbracciandoti bonario, «come quelli del Titanic!».

Un ronzio lontano

Tutto è pronto quando il sole scende dietro l’orizzonte. Un panino, poi il meritato riposo. L’estate sta sbocciando e sulla pelle potete sentire il fiato caldo del fiume che vi abbraccia. La corrente in questo punto è talmente lenta che vi sembra di essere sul Rio delle Amazzoni. Qualche salto qua e là nel sottoriva vi fa ben sperare. «Dai che arriva, abbiamo fatto tutto per bene», dici con un pizzicotto ad Antonio che continua a grattarsi braccia e gambe come se fosse tarantolato. «Mannaggia, ma quante zanzare ci sono qui?»,

Non solo insetti: anche il pesce gatto non scherza…

Ape, vespa e calabrone

Sono tutti Imenotteri. L’ape più diffusa è l’Apis mellifera ligustica, punge solo quando è in pericolo e muore lasciando nella pelle il pungiglione. Quest’ultimo non va estratto con le pinzette perché, schiacciandolo, potrebbe buttare fuori ancora più veleno. Meglio raschiare la pelle con una lama. Le vespe (Vespula vulgaris) e i calabroni (Vespa crabro) sono più aggressivi, ma in genere non lasciano “in regalo” il pungiglione. È utile applicare alla puntura un po’ di ghiaccio e una pomata cortisonica. Tre consigli: controlliamo che non ci siano alveari vicino a noi, non facciamo movimenti bruschi e ricordiamoci che la spazzatura è un hot spot… da punture!

Scorpione

In Italia non vi sono scorpioni pericolosi. I più diffusi sono quelli del genere Euscorpius, il più grande dei quali è della specie Euscorpius italicus, che può raggiungere i sei centimetri di lunghezza. Di colore nero scuro, hanno il veleno come i loro cugini tropicali, ma non a tal punto da mettere a repentaglio la vita di una persona. La puntura è dolorosa e provoca arrossamento, ma niente di più. Vivono soprattutto nelle fessure dei muri, nei sottotetti, tra le rocce e non è difficile incontrarli se affrontiamo ghiareti e massicciate dei fiumi in estate.

La più pericolosa è la “zecca dei boschi” (Ixodes ricinus). Vive in ambienti umidi con erba incolta ed è trasportata anche dai greggi di pecore: i pescatori del canale di Ostellato, per esempio, sono sempre “sotto tiro”. Questi acari si attaccano alla pelle umana per nutrirsi del sangue e sono pericolosi perché possono infettarci con la malattia di Lyme, che colpisce i nervi. Per rimuovere una zecca usiamo una pinzetta, tirando verso l’alto, con l’accortezza di non schiacciargli il ventre e farle “vomitare” il sangue già succhiato. Va bruciata solo dopo, non quando è attaccata. Se il rostro rimane nella pelle, va rimosso con l’ago di una siringa. Consigli per evitare i morsi: vestiti che coprono la pelle e controlli frequenti alla cute.

foto O. Portrat

Zecca

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risponde lui con una smorfia sul viso, «hai mica per caso l’Autan?». Percepisci un ronzio lontano: «Fai silenzio, Antò! Ascolta...». Si sta avvicinando: è come se dal bosco dietro stesse per decollare un aereo. «Oh, io me ne vado in tenda», sbotta seccato Antonio, «queste non sono zanzare, sono F16!». «Tieni, va», gli rispondi frugando nel secchio di boilie al geranio che hai lì di fianco, «con queste qui le tieni lontane!». Poi gliene lanci un manciata e con ironia lo provochi: «Come dici tu, le mie pallette al geranio servono solo a questo!». Orso come pochi, Antonio le prende, le lancia in acqua e ti saluta: «Ma vaff...».

Il tramonto è... l’ora dei vampiri, cioè gli sciami di zanzare: repellenti a litri!

Una volta in tenda fai fatica ad addormentarti e così ti metti ad ascoltare il minuscolo mondo degli insetti che danno l’assalto al tuo riparo. Qualche topolino frulla nell’erba e qualche lucertola scivola via sotto il pavimento. Poi, ‹

foto O. Portrat

Cattura e... dolore

Vipera

Serpente della famiglia delle Viperinae. In Italia ne vivono quattro specie: l’aspide (Vipera aspis), la più diffusa, l’ammodite (Vipera ammodytes), che è la più velenosa, l’abbastanza raro marasso (Vipera berus) e la Vipera ursini, che ha un veleno poco potente ed è diffusa soprattutto sull’Appennino abruzzese e umbro-marchigiano. L’habitat ideale sono i margini dei boschi, i pascoli di erba alta e i terreni pietrosi: non è raro incontrarle tra le rocce sui laghi di sbarramento del Centro Italia, come Scandarello. Il morso è ben riconoscibile per due “buchi” di colore rosso-bluastro a 5-8 millimetri di distanza l’uno dall’altro. La difesa? Fare rumore: di solito scappa se può.

Pesce gatto

L’Ictalurus melas è uno dei più fastidiosi rompiscatole del carpista. Oltre a mangiarsi a chili le tanto costose palline, il baffuto non demorde neanche quando dobbiamo slamarlo: il primo raggio delle pinne ventrali e di quella dorsale è a forma di spina e può pungere, iniettando un veleno che provoca dolore, gonfiore e arrossamento. Le “spine” del pesce gatto costituiscono un sistema di difesa contro i predatori… un boccone decisamente indigesto! Indossiamo i guanti o ricopriamo il corpo del pesce con uno straccio pesante se non vogliamo pungerci in fase di slamatura.

Zanzara

La puntura delle zanzare italiane non è pericolosa perché non è vettore di malattie gravi, come avviene nel caso delle specie equatoriali. Però è molto fastidiosa: in spot umidi, come il canale di Ostellato o le cave piemontesi, le zanzare sono ormai talmente tante che quando scende il buio i carpisti sono costretti a chiudersi in tenda fino al ritiro degli “stormi” dall’odioso ronzio. Come difendersi? Le zanzare sono attratte soprattutto dal sudore: bisogna cospargersi di repellenti a base di dietiltoluamide, indossare vestiti lunghi di colore scuro, ma non spruzzarsi addosso profumi. In più, ricordiamo che le zanzare non sopportano l’odore della citronella, della lavanda, dell’aglio e del geranio: una bella dritta per gli amanti del... self made!

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Pronto

soccorso senti il cadenzato e inesorabile russare dell’orso Antonio. Dopo un po’... Beep! «Oh, c’è». La voce di Antonio ti sveglia, ancora sfinito, quando il sole è già alto nel cielo. Lo senti dimenarsi nella tenda nel tentativo di uscire, poi il rumore della zip: Antonio è un bestione alto uno e novanta per oltre cento chili e quando si muove, si sente. Ci metti un po’ per riprenderti, e mentre ti infili le ciabatte senti che l’avvisatore non suona più, segno che il combattimento ha avuto inizio. «Mannaggia, che dolore, ah!», senti Antonio che urla. «Che è successo, sei caduto?», rispondi tu, che conoscendo Antonio sai che nella foga sarebbe potuto uscire a piedi nudi sulle rocce pur di ferrare il pesce. «No!», dice lui, «mentre ferravo m’ha punto qualcosa al braccio... brucia da morire». «Certo che con le punture sei fortunato in ’sti giorni», gli rispondi, mentre esci dalla tenda e prepari il guadino. E continui: «Forzala un attimo, portala qui, ormai è fatta». Una bella regina si lascia andare alle maglie morbide della rete. Antonio è soddisfatto e sorride: «Visto le mie palline al fish-

Pantaloni lunghi per sedersi sull’erba fitta: ottima scelta!

Lo shock anafilattico è pericoloso P

er molti di noi una puntura di un’ape non è altro che una fastidiosa “rottura” estiva. Purtroppo vi sono anche persone che per colpa di queste punture possono perdere la vita: stiamo parlando di coloro ai quali il morso di un insetto provoca il tanto temuto “shock anafilattico”. Con questa coppia di termini la medicina indica la reazione (anafilassi) di un individuo ad una sostanza (allergene) a cui è particolarmente sensibile. In poche parole, è un’allergia: i sintomi sono prurito esteso a tutto il corpo, eritemi sulla pelle, perdita di equilibrio e, soprattutto, difficoltà respiratorie. Qualora un nostro compagno di pesca fosse stato punto da un insetto e presentasse uno di questi sintomi, mettiamolo in posizione anti-shock, sdraiato e con le

gambe sollevate, e non esitiamo a chiamare immediatamente i soccorsi al 118. E per non trascurare nulla, ricordiamo che lo shock anafilattico può essere provocato anche da allergie più “comuni” come quelle alle uova, al pesce, ai legumi, al latte o a qualche medicinale. La tempestività è d’obbligo perché gli shock anafilattici possono portare alla morte in meno di un’ora, quindi dobbiamo essere svegli e sfruttare il poco tempo di reazione che abbiamo a nostro favore. Per quanto molto pericolose, le anafilassi da puntura di insetto non sono frequenti. Chi è ipersensibile al veleno di api, vespe e calabroni di solito lo sa, perché ha già vissuto degli episodi in giovane età, e quindi ha sempre con sé una piccola siringa contenente adrenalina da iniettare in caso di bisogno. Qualora si

La causa è un’allergia: occhio alle punture d’insetto!

avesse qualche dubbio in merito, è bene comunque fare riferimento al proprio medico, che potrà prescrivere esami approfonditi e portare alla luce un’eventuale ipersensibilità. A rigor di precisione, non bisogna dimenticare che le punture di insetti sono pericolose per tutti se colpiscono la bocca

o, peggio ancora, la gola, perché possono provocare un rigonfiamento fatale della laringe o dell’epiglottide, impedendoci di respirare. In questo caso prima si arriva al Pronto Soccorso, meglio è. Infine, le persone allergiche che hanno sviluppato reazioni gravi possono sottoporsi a un trattamento desensibilizzante.

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Qualcosa non va

Mentre ti gusti una buona colazione ti accorgi che Antonio, nonostante si sia asciugato e rinfrescato, suda in modo esagerato ed è molto rosso in faccia. «Ma stai bene?», gli dici, temendo che, come al solito, si sia già preso un colpo di sole al primo mattino. «Sì, abbastanza», risponde il tuo amico,

«ho solo tanto caldo, quella carpa non era enorme ma mi ha sfiancato! Passa l’acqua, va». Gli allunghi la bottiglia che hai lì al tuo fianco e, mentre Antonio cerca di prenderla, vedi la manica della sua maglietta scorrere e quindi un grosso bubbone violaceo. «Antò, va che roba che hai sul braccio, non ce l’hai una pomata?», gli chiedi con un po’ di preoccupazione. E lui, facendo scivolare la mano sulla zona arrossata: «Ma no, è solo una puntura d’insetto, in un paio d’ore mi passa». La sua sicurezza ti conforta. è una giornata effettivamente molto calda. Stare sulla barca a scandagliare gli spot e rinfrescarli con la pastura è quasi impossibile, ma vuoi far di tutto per prendere una bella regina di fiume: osservi legnaie, radici, sponde scavate, ogni indizio che possa indicarti un rifugio per le carpe. A un certo punto, qualcosa che prima non aveva attirato la tua attenzione ti suona alle orecchie come un allarme: senti Antonio tossire. Una, due volte. Poi, in modo cadenzato, tante altre. Colpi sempre più forti. Alzi lo sguardo e vedi il tuo socio, seduto ‹

Pericolo tetano Siamo vaccinati da bambini... ma serve un richiamo ogni dieci anni!

L

e vignette satiriche dedicate ai pescatori di solito li ritraggono alle prese con fastidiosi “piercing” alle dita... Pur essendo il pescatore un “temerario” che tende a sminuire i piccoli infortuni, bisogna ricordare che la puntura di un amo, insieme ai tagli profondi, è pericolosa perché può generare infezioni. La più temibile è quella del tetano, un batterio (Clastridium tetani) che prolifera nel terriccio, nel letame, nell’asfalto e nell’apparato digerente di alcuni animali. L’infezione oggi non è troppo frequente, ma è talmente pericolosa che dagli anni Sessanta, per legge, tutti i bambini vengono sottoposti a un vaccino specifico già a pochi mesi dalla nascita. Il vaccino, però, non ha durata eterna e quindi necessita di quelli che vengono chiamati “richiami”. Se i primi sono fatti obbligatoriamente a sei e a tredici anni di età, dei seguenti poi ci dimentichiamo e risultiamo “scoperti”: il vaccino del tetano vuole un richiamo almeno ogni dieci anni! Se non

siamo sicuri di essere vaccinati o non ricordiamo di aver fatto il richiamo, parliamone con il nostro medico, perché chi fa attività all’aria aperta è sempre a rischio. I sintomi sono piuttosto appariscenti e appaiono dopo un periodo di incubazione dai 5 ai 50 giorni: il tetano colpisce dapprima i muscoli della bocca e del collo, provocando spasmi molto dolorosi, che nei casi più gravi possono spostarsi al torace. Cosa fare se ci procuriamo un taglio e non abbiamo fatto il richiamo dell’antitetanica? Innanzitutto, puliamo la ferita con un buon disinfettante. Poi, bisogna recarsi al Pronto Soccorso, dove verremo medicati e, in caso di mancanza del richiamo antitetanico, ci verranno somministrate delle immunoglobuline contro il tetano. Consiglio finale: quando un amo ci trapassa da parte a parte, evitiamo di fare i “Rambo” togliendocelo da soli, magari tagliandone la punta o l’occhiello per sfilarlo: la salute è molto importante e le precauzioni non sono mai troppe!

foto A. Cucconi

sandali e bermuda? pessima idea, perché la parte bassa delle gambe è bersaglio ideale delle zecche. Se poi pestiamo una vipera coi sandali...

foto A. Cucconi

meal?!». Gli dai una pacca vicino alla spalla e senti che la sua pelle in un punto è più dura, come se fosse gonfia. «Dai, facciamo le foto, guarda che bubbone hai lì sul braccio», dici mettendo fretta al tuo amico. «Sì, facciamo in fretta», dice lui chinandosi a raccogliere il pesce, «il braccio mi brucia da morire!». «Grande e grosso, ma basta una spina a metterti ko», sorridi indicando il cespuglio di rovo vicino alla sua tenda. «Macché spina», sbotta lui mentre con fatica imbraccia la carpa. Suda visibilmente. «Un’ape o una vespaccia... guarda lì», aggiunge indicando con un sopracciglio il sacchetto della spazzatura che la sera prima vi siete dimenticati vicino alle sue canne.

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soccorso

foto A. Cucconi

Pronto

sulla sedia, tenersi la mano davanti alla bocca nel tentativo di bloccare la tosse. è ancora più rosso di prima. Qualcosa evidentemente non va, forse gli è andato di traverso un boccone, visto che quando ha fame è un caterpillar...

Niente inutile allarmismo, ma precauzioni e sano buon senso... sì!

La situazione precipita

Non appena la prua della barca tocca la sponda ti rendi conto che la situazione è più grave del previsto. «Antò, che succede», dici accovacciandoti presso di lui. «Tosse», borbotta lui in mezzo a dei colpi secchi,

Diavolo di un serpente! Q

«non riesco a respirare bene». «Ti è andato di traverso qualcosa?», lo incalzi. «No», fa lui, cercando di abbassare lo schienale della sedia, «di botto ho dato un colpo di tosse, ora non riesco a fermarmi e ho il fiato sempre più corto». E poi: «Ho caldo, aiutami a levare la maglietta». Le sue braccia sono quasi prive di forza, tanto che ti è quasi impossibile aiutarlo. Poi lo vedi. Il bubbone sul braccio è viola, gonfio come se il tuo amico avesse una pallina da tennis sottopelle. Non sei mai stato un esperto in medicina, ma capisci quello che sta succedendo. Ti ritorna in mente un

breve corso di sopravvivenza che avevi fatto a militare: “shock anafilattico”, ti sembra di ricordare. «Antonio, ora mi devi ascoltare», gli dici tu stendendo un grosso asciugamano per terra, «sdraiati qui e poggia i piedi sopra questi due secchi. Non ti devi assolutamente agitare, fai respiri brevi e non troppo profondi». Il tuo amico prova ad alzarsi dalla sedia, ma non ce la fa. I respiri sono ridotti a rantoli sempre più flebili. Si lascia cadere dalla sedia e si mette supino sull’asciugamano. «Aiutami, non respiro», implora cercando disperato la tua mano. ‹

Le vipere temono l’uomo… ma è meglio tenere la tenda chiusa

uante volte, passeggiando per i sentieri di montagna, i nostri nonni ci hanno consigliato di camminare facendo rumore con un bastone, oppure di non mettere le mani nei buchi tra le rocce? I loro premurosi inviti servivano proprio a proteggerci dal morso delle vipere. In realtà, al contrario di quanto è stato tramandato dall’immaginario collettivo, i morsi di vipera sono molto rari e noi pescatori non corriamo molti rischi. La vipera è, infatti, un animale piuttosto “fifone” e attacca solo se disturbato o se vede invasa la sua tana. In caso di fatalità, però, bisogna reagire con prontezza, per far sì che il siero della vipera non diventi veramente mortale (bisogna sottolineare che la pericolosità del veleno dipende

molto dal peso di chi viene morso: difficilmente questo veleno è mortale per gli adulti, mentre può essere letale per bambini e animali). Per prima cosa, chi viene morso da una vipera deve essere tenuto tranquillo, fermo e sdraiato in posizione anti-shock. Chi è con lui deve identificare il punto del morso e applicare una bendatura rigida che impedisca il movimento all’arto colpito. Posizionare un laccio emostatico a monte del morso non è l’atteggiamento corretto e altrettanto non lo è succhiare il veleno e sputarlo, come abbiamo visto fare in alcuni “eroici” film made in Usa. Una volta bendata la ferita bisogna immediatamente chiamare i soccorsi (al 118) che interverranno presto con il siero anti-vipera. Di solito si hanno

circa due ore di tempo prima che il veleno diventi davvero pericoloso. Il siero anti-vipera fino a qualche tempo fa era venduto nelle farmacie, mentre oggi lo hanno solo gli ospedali e viene iniettato esclusivamente dietro ferreo controllo medico, perché può provocare shock anafilattico. Comunque, per evitare i morsi di vipera, scarponi alti o stivali, massima attenzione a dove si mettono le mani e zip della tenda ben chiusa! Le vipere, infatti, possono essere attratte dal calore del nostro corpo proprio mentre siamo assopiti e non ce ne possiamo accorgere, soprattutto quando la temperatura scende a inizio autunno è un’eventualità rara, ma come si dice in questi casi: la fortuna è cieca, ma la sfortuna ci vede benissimo!

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Serve una cassetta di pronto soccorso In farmacia o fai-da-te, ecco tutto l’occorrente per pescare in sicurezza CEROTTI PRONTo uso e un rocchetto di cerotto adesivo sono essenziali. I migliori “pronti all’uso” sono quelli impermeabili che non si staccano anche se la pelle è umida. Il cerotto adesivo, invece, serve a fermare le fasciature.

GARZE STERILI 10 x 10 centimetri: due confezioni da dieci sono più che sufficienti. Servono per tamponare le ferite e praticare le prime medicazioni. Portiamo anche quelle vaselinate, indispensabili per medicare le ustioni da fiamma e da calore perché non si attaccano alla pelle.

BENDE DI GARZA da 5, 7 o 10 centimetri: meglio averne una o due per tipo. Servono per bendare le ferite o per bloccare arti che hanno subito distorsioni o fratture.

OVATTA STERILE: indispensabile per detergere e medicare le ferite. Forma un binomio indissolubile con la boccetta di disinfettante.

PINZETTA E FORBICI con punta smussata: le prime per estrarre schegge e spine, le seconde sono uno strumento tuttofare e ci servono per tagliare bende, garze e cerotti.

DISINFETTANTE LIQUIDO: ne basta un flacone, anche spray, ma dobbiamo portarlo sempre con noi perché previene subito eventuali infezioni. Da applicare su ogni taglio o ferita.

TERMOMETRO: da usare ogni volta che sospettiamo un colpo di calore o di sole, per tenere d’occhio la temperatura. Meglio elettronico: quelli al mercurio sono fragili e se si rompono vetri e liquido sono pericolosi.

ANCHE QUALCHE FARMACO nel nostro kit di pronto soccorso. Indispensabili gli analgesici (tipo Nimesulide, Momendol eccetera), per affrontare mal di testa e dolori muscolari, e gli antipiretici (Paracetamolo, come la Tachipirina), da usare in caso di febbre. Soprattutto d’estate, una crema cortisonica ci aiuterà a sopportare le punture di insetti mentre un buon collirio antisettico servirà a disinfettare gli occhi in caso di forte vento o corpi estranei. Portiamo con noi anche un antidiarroico (Dissenten), un antiacido (Maalox) e un antispastico (Buscopan). Una raccomandazione: bisogna controllare sempre la data di scadenza dei medicinali prima di usarli!

GHIACCIO PRONTO: utile quando prendiamo un colpo, ma ancora di più quando la pelle si gonfia dopo dolorose punture di insetti.

UN LACCIO EMOSTATICO ci tiene “attaccati” alla vita: nel caso ci procurassimo ferite profonde agli arti, è bene legarlo a monte del taglio per fermare l’emorragia.

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Pronto

soccorso

Contro la “febbre dei topi” La leptospirosi prolifera nelle acque stagnanti: attenzione alle piccole ferite e ai bagni in cava

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sono i due canali preferiti dall’infezione. Comunque, gettiamo un po’ di acqua sul fuoco perché è piuttosto raro che l’uomo contragga la leptospirosi: i casi mortali sono molto rari! Non vogliamo complicare le cose, ma va detto che questa infezione ha diversi “ceppi” e forme, il periodo di incubazione va da 2 a 20 giorni, ma solo poche forme sono mortali per un essere umano. I sintomi sono febbre molto alta, mal di testa, dolori addominali, vomito e gli occhi arrossati, vero campanello d’allarme. Il consiglio è di recarsi subito in ospedale al presentarsi di questi sintomi e comunicare che siamo pescatori: in genere la malattia viene affrontata con una terapia antibiotica e solo nei casi più violenti richiede il ricovero per complicazioni come la meningite, l’epatite e l’insufficienza renale. Ovviamente, il rischio è altissimo dove c’è una forte presenza di topi e, soprattutto, in acque stagnanti dove il ricambio d’acqua è piuttosto limitato. Infine, ricordiamo che la leptospirosi ha una mortalità altissima nei cani: se vogliamo portare Fido con noi, controlliamo sempre che abbia fatto il richiamo del vaccino.

foto O. Portrat

uando il sole spacca le pietre e vogliamo fare un bel bagno nell’acqua della nostra cava preferita... pensiamoci due volte, perché siamo “a rischio leptospirosi”. Conosciuta anche come “febbre dei topi”, è una malattia infettiva causata da spirochete (leptospire) che colpisce gli animali e in alcuni casi è fatale anche per l’uomo. Le leptospire si insediano nel corpo di un animale ospite, che può fungere da portatore sano, e possono rimanere “sopite” per lungo tempo prima di far scatenare i sintomi della malattia. I portatori sani sono infetti e diffondono la leptospirosi tra i loro simili, tra gli altri animali e pure all’uomo. Il luogo comune è solito associarla all’urina dei topi perché sono gli animali più a rischio, ma è bene sapere che ne possono soffrire anche i maiali (in alcune zone d’Italia è conosciuta come “febbre dei porcai”), gli uccelli e gli animali domestici. La trasmissione animale-uomo può avvenire in due modi: con il morso oppure tramite il contatto con l’acqua infetta. Le leptospire, infatti, stazionano nei reni dell’animale e vengono espulse in acqua con le urine. Le ferite o l’ingestione di acqua infetta

Tragedia nella tragedia

Componi il 118, il numero di emergenza, sul tuo cellulare. «Dannazione, non prende!». Ti sposti, alzi il telefonino, lo abbassi, lo spegni e lo riaccendi, ma niente. I rantoli cadenzati di Antonio fanno da colonna sonora a quei terrificanti momenti. «Dai, dai, funziona, ti prego!». Lo shock anafilattico sta mangiandosi piano piano il tuo amico, il cellulare non prende e siete ad almeno tre chilometri dal posto dove avete lasciato le auto: non puoi fare altro che caricarlo sulla barca e cercare di raggiungere il parcheggio. Anche se quell’uomo pesa più di cento chili e tu solo settanta, senti che ce la farai. Svuoti la barca per fare spazio e fai un salto in tenda per recuperare il portafoglio. Ma mentre infili un braccio nella borsa che tieni sotto il lettino senti una pinzata a una mano, un dolore acuto. «Dio mio, che male!». La ritrai e vedi un piccolo serpente strisciare via tra le tue gambe. «Una vipera!»: sulla mano noti i due inconfondibili buchini. In pochi secondi te la ritrovi livida e gonfia.

Lotta per la vita

Riprovi con il cellulare, ma niente da fare, non prende e si è quasi scaricato. Devi per forza portare Antonio sulla barca e cercare aiuto. Sai bene, però, che d’ora

in avanti qualsiasi sforzo farai accorcerà i tuoi tempi di resistenza, visto che più ti muoverai, più forte batterà il tuo cuore, più il veleno entrerà in circolo velocemente. Ma devi farlo, devi salvare il tuo amico. Antonio quasi non respira più, il braccio è gonfio e ha ormai gli occhi chiusi. Gli scuoti la faccia, ma non ti risponde. Sei terrorizzato, piangi. Provi a caricarlo di peso sulle spalle cingendogli il braccio sano. Non ci riesci, è impossibile, perché è come muovere un sacco di cento e passa chili. Decidi quindi di trascinarlo per qualche metro sui sassi levigati dal fiume: è l’unico modo che hai per dargli una speranza. Ti dai forza: «Dieci metri, solo dieci metri». Il caldo quasi ti soffoca, sudi forte e vedi la tua mano sempre più livida. Ogni minuto che passa ti ruba una stilla di energia. Il veleno sta entrando in circolo e ha cominciato a consumarti piano. Ma quasi ce l’hai fatta, ancora un metro e sei alla barca. Ti fermi un secondo, stremato: hai la sensazione di vedere doppio e tutto intorno ti sembra annebbiato. Vorresti svenire e lasciarti andare, ma con l’ultima goccia di lucidità scorgi Antonio ai tuoi piedi che sembra morto. «Non ti lascio qui!», urli, facendo uno sforzo estremo per caricarlo sulla barca. Barcolli, tremi, hai freddo. Però ora Antonio è sulla barca e

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non ti resta che partire. Questo ti basta per credere di stare meglio, di aver recuperato la vista. Imbocchi il corso principale del fiume. «Dai Antò! Antò, resisti!». Il tratto che vi separa dal parcheggio pare non finire mai. Un altra curva e ci sarete. Improvvisamente, però, vedi il corso del fiume doppio, triplo, quadruplo. Senti le forze abbandonarti e addirittura non riesci a tenere la mano salda sul volante della barca. «Resisti, ce la faremo», biascichi queste parole, appoggiato ormai al bordo della barca. Poche centinaia di metri ancora. Preghi, speri che là ci sia

qualcuno che possa trarvi in salvo. Percepisci che stai per perdere conoscenza. «Ancora un minuto, un minuto solamente». Vedi la tua macchina. Ti accosti alla riva senza rallentare, ma al parcheggio non c’è nessuno. Game over. Il gioco è finito. Crolli sul fondo della barca e l’ultima cosa che vedi è il volto gonfio di Antonio. «Scusami, Antò...». E chiudi gli occhi.

Il paradiso... o no?

«Oh, buongiorno!». Tutto è bianco intorno a te. è il paradiso? «Stordito, svegliati! Dormi da due giorni...». «Antonio?!», ti

foto A. Cucconi

vita all’aria aperta. Non c’è niente di meglio per noi carpisti che immergersi negli odori e nelle sorprese che la bella Italia offre.

agiti. è proprio la sua voce. No, anzi, è “tutto” lui, lì di fianco a te. Forse è un fantasma... «Ma dove sono?», ti chiedi, pesto come se un camion ti fosse passato sopra. «Al sicuro, amico mio», risponde quel fantasma. «Tieni, parlano di noi», ti dice, lanciandomi addosso un quotidiano. Shock anafilattico: salvati due pescatori. Ti volti e incroci gli occhi stanchi, ma vivi, del tuo amico: «Antò, la prossima volta magari andiamo su un lago a pagamento...» n

Anche nel nostro racconto tutto finisce bene ma... meglio prevenire

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