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Ferri del

mestiere

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Canne da 10 piedi a cura di Paolo Meneghelli

In Europa spopolano: comode, rapide e versatili, le canne che non superano i 3 metri hanno ormai i numeri della... “moda�. In Italia, invece, ancora non hanno ingranato. Lo faranno? Noi anticipiamo la tendenza: eccone tutti i pro e i contro

attrezzi del futuro? CF26_032_041_FerriMestiere.indd 33

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Canne di

tre metri

S

egnatevi questo nome: David Tartaglione. Circa un anno fa ebbi la fortuna di leggere qualche rivista francese di carp fishing. Mi colpì subito In Italia ce n’è uno strillo di copertina: «Speciale canne corun solo modello. te». Il titolo rimandava Chissà se presto a un inserto di dieci ne vedremo altri... pagine dove i collaboratori della rivista dicevano la loro sulle canne da 10 piedi. Che, tradotte in italiano, diventano pressappoco “canne da 3 metri”. Scoprii che un argomento a prima vista tanto superficiale per me, italiano, in Francia suscitava (e suscita) parecchie discussioni. Come accade sempre quando una novità cerca di chiudere una finestra sul passato e di aprirne una sul futuro, notai che in terra transalpina si fronteggiano tutt’ora due fazioni contrapposte: i “devoti” delle corte non ne vogliono sapere di tornare indietro alle canne “classiche”, mentre i “purila nuova via: sti”, quelli per cui gli attrezzi dal lancio al da carp fishing sono solo di combattimento, 12 o 13 piedi, bollano questa Paolo Meneghelli ha messo alla grande novità come “eretica” e prova “le corte”. soprattutto inutile.

Facciamo “lavorare” il mulinello D

urante la prima sessione ho vissuto una situazione imbarazzante: slamai i primi 3 pesci, tutti nello stesso modo. Partenza violenta, ferrata e slamata a tiro di guadino all’ultima testata. Come potevano tradirmi i miei fidati terminali dopo cinque anni di onorato servizio? Ragionando, capii che la colpa non era solo del terminale. A parità di libbraggio, infatti, le canne corte sono più dure delle lunghe. Chi è abituato alle “morbidone” potrebbe trovarsi a disagio nei primi combattimenti con le corte: cambiano le sensazioni, i gesti, ed è necessaria molta più sensibilità. Le canne lunghe perdonano tutte le imprecisioni:

se la frizione è troppo dura, le “spilungone” ci mettono una pezza con l’elasticità e la piega. Le canne corte non lo consentono, perché arrivano a “fine corsa” molto prima. Il problema si risolve ammorbidendo la taratura della frizione, ma può essere superato anche utilizzando l’anti-ritorno. Certo, le carpe cui ho accennato si slamavano anche per colpa del terminale: utilizzavo ami molto piccoli che avevano lacerato la bocca del pesce alla prima trazione intensa, dal momento che il grezzo era più duro del normale e non ammortizzava le sfuriate. Quindi, controlliamo la frizione e affidiamoci pure ad ami dell’1/0!

Pareri discordi

Lessi lo speciale tutto d’un fiato. I cinque pareri erano orientati su diversa polarità. Un parere osannava le canne corte, perché veloci, comode, adatte a una concezione di carp fishing moderno, fatto di spostamenti rapidi all’inseguimento delle carpe. Altri tre pareri, più miti, ne elogiavano lo scarso ingombro e la maneggevolezza, ma sottolineavano che le canne corte potevano essere comode alleate solo in alcune situazioni, quali la pesca dalla barca o lo “stalking fishing”, la pesca di ricerca. Invece, a distruggerle totalmente ci pensava appunto David Tartaglione. Carpista di vecchia scuola e pescatore molto in vista in Francia, non ne voleva proprio sentire parlare. Demoliva totalmente le canne corte, dal lancio al recupero, qualsiasi fosse il modello: inadatte alle lunghe gittate, “misere” nella sensibilità, poco potenti, troppo deboli nelle ferrate a lunga distanza, scomode nella guadinatura. Con tono inquisitorio, le bollava come “giocattolini”. Il suo parere mi incuriosì e mi diede uno spunto: da bravo studente che non può permettersi di cambiare l’attrezzatura ogni weekend,

volevo e dovevo prendermi gioco delle canne corte. Dovevo sopire una convinzione che aveva iniziato a serpeggiare in me non appena vidi quello strillo di copertina: cioè che le canne da 3 metri potevano essere le “mie” canne d’elezione.

L’inquisitore delle 10 piedi Qualche mese dopo ebbi l’opportunità di provare queste famigerate “10 piedi”. E dove potevo cominciare, se non nel “mio” arrabbiato Ticino? A leggere lo speciale francese, ci sarebbero stati molti motivi per comprare le canne corte e rivoluzionare il mio parco degli attrezzi, ma ce ne sarebbero stati altrettanti per lasciarle a prendere la polvere in negozio. Uno di questi era di una semplicità pazzesca: catturiamo carpe da trent’anni e passa con canne di quasi 4 metri, perché cambiare? Non tiriamo in ballo l’ingombro, perché si possono usare canne di 13 piedi in tre pezzi. E non parliamo di versatilità, perché le canne corte sono completamente fuori luogo in condizioni estreme, quali il long range e le lunghe gittate con il lancio. Infine, lasciamo

A parità di libbraggio, le 10 piedi sono più dure: tocca alla frizione cedere per non perdere: frizione più aperta del solito se non vogliamo slamare “a due passi” dal guadino, sia in barca sia da riva... è importante!

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perdere il controllo del pesce e la sensibilità, perché in genere le canne corte sono dei “pali” e non ci permettono di avere quel “gioco” necessario per avere un margine di sicurezza nei confronti delle catture: visto che, a causa della loro lunghezza, arrivano troppo presto a “fine” corsa (cioè nel punto di massima piega, ndr.) come si poteva sostenere che fossero canne ottime per gestire un pesce? Questo è ciò che sosteneva David Tartaglione, l’inquisitore delle canne corte. Ora toccava a me. Volevo istituire una mia indagine e un mio “processo” personale: «Prego, l’imputata si accomodi».

La differenza più lampante? è molto, ma molto sensibile nei combattimenti

Prima prova: il fiume

Quella domenica il mio bel Ticino era più azzurro che mai. Venivamo da due settimane fantastiche, ricche di catture di ottima taglia: quale condizione migliore per provare a “far piangere” quelle cannette che quasi si perdevano nella montagna di attrezzatura che avevamo in barca? Certo, si vedevano davvero poco e occupavano davvero poco spazio: aveva ragione chi ne lodava l’ingombro contenuto? Era meglio togliersi di

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Canne di

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In fiume ci vuole un buon “manico” per usare a dovere una canna di queste

testa quel pensiero conciliante: «Ora vi faccio vedere io, signorine». Arrivammo nella nostra postazione con il solito correntone e vedemmo subito molte carpe saltare. In pochi minuti eravamo in pesca: il mio socio con le canne “classiche” da 13 piedi, io con le “imputate”. Ero impaziente, volevo vedere come si sarebbero comportate quelle piccole canne con una bella carpa al di là della lenza. In particolare, volevo concentrare la mia indagine sulla fase di recupero. Su quella “sensibilità” che Tartaglione considerava “misera” nelle canne corte. Mi serviva una carpa di fiume, forte e parecchio arrabbiata.

Battaglia ad armi pari

Arrivò un paio d’ore dopo: partenza fulminante e immediata gita in corrente. Ferrai, concentrato più sulla reazione della canna che sulla fuga del pesce: la sentii piegarsi totalmente, fino al pedone. «Siamo messi bene, non ne ha già più», dissi al mio socio. Eppure le sensazioni divennero buone pochi attimi dopo. Non esagero a dire che era come se avessi quella carpa... in mano. Ne percepivo ogni testata e ne controllavo le fughe; anzi, quasi mi sembrava di riuscire ad anticiparle. Era tutto piuttosto strano, perché la canna era davvero maneggevole. Ma era anche potente: aspettavo da un momento all’altro che la baffona prendesse la corrente e mi costringesse a forzare tanto da portare davvero la can-

na al limite. Quel pesce lo fece pochi secondi dopo, infilandosi nel correntone a circa venti metri da riva. Sentii la canna rispondere, piegata quasi fino al calcio. «Oh, tiene», dissi al mio socio. Stava reggendo, e il bello è che stavo comandando il combattimento come non facevo da tempo: con il solo avambraccio, senza appoggiare il tappo all’inguine! Purtroppo, quel pesce mi sfuggì. E così anche il secondo e pure il terzo: slamati tutti davanti al guadino all’ultima, disperata, testata. Solo nelle successive cinque sessioni capii che le canne corte richiedevano più sensibilità e una taratura più leggera della frizione. Insomma: bisognava stringerla meno rispetto a come siamo abituati a fare con le canne da 12 o 13 piedi.

Ci vuole “gentilezza”

La prima udienza si era quindi conclusa. L’imputata aveva dichiarato le sue qualità. Aveva affermato di essere facile da gestire e anche potente. La corte e l’accusa, poco “democraticamente” da me rappresentate, non potevano che concordare su quanto affermato dall’imputata: le sue prestazioni, quanto al recupero, non erano per nulla inferiori a quelle delle canne più lunghe. Stando alle parole dell’accusa, l’imputata aveva però dimostrato un eccessivo nervosismo e scarsa sensibilità nelle situazioni di massima sollecitazione. Tuttavia, fu accolta la tesi della difesa: l’imputata

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gli ambienti ristretti non sono facili da affrontare e spesso occorrono lanci mirati per avere successo. Con le corte non è una passeggiata essere precisi e andare lontano: ci si deve allenare parecchio per “sentire” a dovere l’attrezzo.

mostra sensibilità a patto che le si dimostri sensibilità. Quando si è con lei, non bisogna essere bruschi, ma fini, raffinati. Verrebbe da dire gentiluomini. La canna fu assolta dall’accusa di scarsa potenza e di mancanza di sensibilità, ma il “processo” doveva proseguire.

Secondo round: la cava Questi primi “smacchi” mi costrinsero ad andare oltre. Confrontandomi con la “bibbia” francese, volevo mettere in difficoltà le canne corte nel terreno a loro meno consono, cioè nel lancio. Non mi restava che affrontare qualche sessione in cava, dove bisognava cercare le carpe su alcune secche e lungo diversi canaloni che deformava-

no il fondale a buona distanza da riva. Arrivato in cava, decisi di fare qualche lancio di prova con il solo piombo. «Saranno mica lanci, questi?», mi chiesi dopo le prime sbracciate, quando raggiungevo a malapena i 40 metri di distanza. Con quelle “ciofeche” di lancio non avrei mai potuto far cadere l’esca nei punti buoni. Mi trovavo completamente a disagio, perché non riuscivo a caricare la canna. Il pedone mi sembrava troppo corto, avevo paura di esagerare con la trazione e il puntale mi pareva tutto tranne che elastico a sufficienza per poter caricare bene l’intero grezzo. «Sto forse sbagliando qualcosa?». Sulla sponda opposta, un pescatore a spinning lanciò un ondulante a centro cava con una frustata

Drop corto e gesto morbido È

piuttosto intuitivo: le canne da 3 metri offrono prestazioni di lancio inferiori rispetto a quelle da 3,60 o 3,90 metri. Lanciano meno... ma quanto meno? Diciamo subito che si lancia a sufficienza per coprire gran parte delle situazioni di pesca in cava. Tradotto: arriviamo anche a 70 metri, se eseguiamo un gesto corretto e non usiamo esche voluminose. Con le canne da 12 o 13 piedi di solito si lancia con un drop, cioè lo spezzone di lenza che va dal piombo al cimino della canna, piuttosto lungo: in pratica, il piombo si deve trovare

all’altezza dell’innesto o poco sopra. Le “cannette” corte vogliono un drop più corto, che non superi il metro. È l’unico modo che abbiamo per caricare totalmente la canna e sfruttare tutta l’elasticità del grezzo. Il lancio sarà più difficile del solito, visto che avremo tra le mani un attrezzo diverso da quelli che usiamo di solito. Il pedone, tra l’altro, è ovviamente molto più corto di quelli che corredano le canne da 12 e 13 piedi. E il tutto si traduce in maggiori difficoltà nel caricamento del grezzo. Ma attenzione al “lato oscuro” del drop corto: ci invoglia a fare

veloce: era andato molto più in là di quanto ero riuscito a fare io con 120 grammi di piombo. Questione di canna, certo, perché le canne da spinning sono molto più rapide di quelle da carp fishing. Ma c’era anche qualcos’altro: il drop, ossia lo spezzone di filo che va dal piombo al cimino. Quello dello spinner era corto; anzi, cortissimo.

In cava è difficile lanciare... ma con gli accorgimenti giusti si rimedia

Non è spinning!

Così provai ad accorciarlo anch’io, velocizzando il lancio e frustando molto con la punta della canna. Il piombo filò via oltre il centro della cava. Ciò che mi lasciava dubbioso, però, era proprio la necessità di un lancio “alla spinning”:

Anche con le canne di 3 metri si lancia lontano lanci molto nervosi, che fanno schizzare il piombo parallelo all’acqua, il modo migliore per garbugliare. E allora, eseguiamo un gesto morbido

e preciso, utilizzando un filo o un trecciato più fine di pochi millimetri: arriveremo lontano anche con le canne corte, più di quanto pensiamo.

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Nei grandi laghi vanno benissimo per recuperare i pesci dalla barca

temevo che un lancio così teso e veloce potesse pregiudicare la funzionalità delle mie montature. Infatti, finché si tratta di un artificiale con tre ancorette non ci sono problemi: ma quando si deve lanciare un piombo, con un finale e un hair rig morbidi che si possono impigliare da tutte le parti, un lancio così teso è la classica “zappa sui piedi”. Tradotto: il migliore amico per i peggiori garbugli. Anche in questo caso, trovai la soluzione solo facendo molte prove. I primi lanci con il terminale completo furono un autentico disastro: tante parrucche, e di catture ovviamente neanche l’ombra. Poi, trovai la soluzione modificando stile di lancio: mantenendo sempre un drop corto, capii che l’importante era ammorbidire il gesto. Perdevo qualcosa quanto a gittata (arrivavo appena al centro della cava), ma quei lanci mi permettevano di coprire gli spot che desideravo. Si parlava di 60-65 metri, una misura che basta e avanza a moltissimi carpisti per affrontare al meglio le cave.

Promossa con riserva pesca dalla barca: questo è l’utilizzo principe delle “signorine”.

Terminò dopo qualche sessione anche la seconda udienza del processo. L’imputata l’aveva scampata e si era tirata fuori

dai guai anche questa volta. Come nel primo caso, c’era voluta un’indagine approfondita per scagionarla. L’accusa aveva sostenuto la tesi per cui l’imputata non sarebbe stata all’altezza nel lancio. E, in effetti, così in parte è stato: si è capito che non poteva sostenere prove di lancio tecnico e che non era una compagna affidabile per far volare il piombo negli spot lontani. Ma, era innegabile, aveva qualità sufficienti a coprire gran parte delle situazioni di pesca al lancio.

Il top dalla barca

Arrivai quindi all’ultimo step della mia “battaglia” con le canne corte. Dopo fiume e cava, occorreva provarle negli spazi ampi di un grande lago. In partenza sapevo che il mio esame si sarebbe diviso in due parti: da un lato, avrei dovuto verificare l’effettiva utilità e comodità delle canne corte nella pesca dalla barca; dall’altro, non mi restava che concludere il tutto con una sessione di pesca a long range, quindi calando le lenze e recuperando il pesce con un’imbarcazione. Non nascondo che la prima parte di quest’ultima prova volò liscia: non avrei mai potuto vincere, perché stavo sfidando le canne corte nel loro campo. Scoprii davvero che non c’è niente di meglio di una canna di 3 metri per mollare l’ancora a una trentina di metri da

un canneto, lanciare nei pressi e aspettare una partenza rimanendo sulla barca. Sia chiaro: si può fare anche con le canne da 13 piedi, ma con le “corte” è tutta un’altra storia. È una questione di comodità, ma anche di equilibrio sul natante. Gestire una “cannetta” di 10 piedi è molto più semplice: oltre al fatto che occupa meno spazio in barca e la sbilancia meno perché il puntale è più corto, scoprii la sua utilità proprio nel recupero del pesce. Provare per credere: non c’è paragone con le lunghe!

Attenzione alle calate

Ero consapevole, invece, che la seconda parte del “processo” avrebbe potuto metterle

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Guadinare è più difficile Canna alta e dietro la spalla, altrimenti il terminale si rompe

L

in difficoltà: come si sarebbero comportate in ferrata, con l’esca depositata a 200 metri da riva? Avrebbero retto un combattimento “tirato” in acqua aperta? Come avrebbero reagito alle puntate del pesce sotto la barca? Prima di trovare le risposte a tali quesiti, scoprii altre cosucce interessanti. Per esempio, in un primo momento mi trovai in grossa difficoltà nelle operazioni di calata. Sì, avete capito bene: le maneggevolissime canne corte mi hanno messo in difficoltà proprio in un “campo” che avrebbe dovuto essergli congeniale. Per prima cosa, si “sente” meno il piombo: contrariamente a quanto succede nel combattimento, con le canne corte è molto più difficile manovrare zavorra e terminale mentre scendono sul fondo, soprattutto su batimetriche superiori ai 5-6 metri. Incontrai molte difficoltà a creare l’angolo tra la madre lenza e il terminale, che di solito si usa per evitare che il finale si ingarbugli sul lead core. Infatti, non bisogna mai calare il piombo in modo perpendicolare alla punta della canna, ma bisogna accompagnarlo spostando la canna di lato per formare un piccolo angolo tra il finale, che scenderà perpendicolare al fondo, e la lenza madre, che sarà in posizione leggermente obliqua.

Con le canne lunghe, malgrado tutto, questa operazione risulta decisamente più facile.

Controllo totale

Venne infine il momento del combattimento. Lo attendevo da un bel po’, perché avrebbe permesso di rispondere alle due domande di partenza di quest’ultima fase di test. «Beep»: partì una delle canne calate in un settore sgombro d’ostacoli, a circa 150 metri da riva. Mi fiondai sulla canna e ferrai: subito percepii una sensazione strana, come se la forza impressa al gesto non bastasse. Mi accorsi che istintivamente avevo cercato di portare la canna il più in alto possibile, come se cercassi di “recuperare” il pezzo di canna mancante. Inconsciamente, avevo capito che le canne corte in ferrata “pagano” qualcosa: bisogna ampliare il gesto e imprimere molta potenza, portando la canna verso il cielo in modo che il cimino sia molto in alto rispetto al suolo. Soltanto in questo modo si riesce a scaricare la giusta trazione sull’amo.

e 10 piedi sono il top per i combattimenti da natante: poco ingombranti e comode da usare, danno il meglio quando bisogna controllare un pesce che tira testate verso il fondo e si sposta sotto la nostra imbarcazione. La lunghezza contenuta permette a questi attrezzi di essere molto reattivi e idonei a gestire anche le catture più arrabbiate, meglio di quanto si possa fare con le canne da 12 e 13 piedi. Poi, ci permettono di guidare il pesce dentro il guadino in tutta sicurezza, controllandone anche gli ultimi tentativi di fuga, pure quando siamo in barca da soli. Tuttavia, potremmo avere qualche problema con la guadinatura quando peschiamo da riva senza l’ausilio di un natante. Il primo intoppo si incontra se davanti a noi abbiamo un fondale molto basso o qualche roccia e non possiamo immergerci per superarli. Più una canna è corta, infatti, più saremo costretti a portare il pesce vicino a riva per guadinarlo: se dalla barca questo non crea alcun problema, da riva rischiamo di far lacerare

il terminale da rocce e ostacoli. Ma c’è anche un secondo punto critico: quando peschiamo da soli, guadinare da riva un pesce con le 10 piedi è un’impresa piuttosto faticosa. Infatti, per portare la carpa a guadino saremo costretti a portare la canna dietro la nostra testa, tenendola molto alta e allungando moltissimo il braccio che regge il guadino. Uno sforzo mica da ridere... Avete presente la posa di un pescatore a mosca che sta per guadinare una bella trota? Ecco, quasi ci siamo. Se non fosse per il fatto che dall’altra parte della lenza c’è un avversario un po’ più grosso. E il nostro guadino è molto più lungo: tutti in palestra!

Se serve comodità

Saltai in barca, pronto a godermi ogni sensazione che quel minuto grezzo avrebbe trasferito al mio braccio. In un attimo fummo sopra a una carpa che con una testata quasi mi strap39

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pò la canna dalle mani. Puntava il fondo proprio sotto la barca, con fughe lunghe e potenti. Come già mi era successo qualche tempo prima sul Ticino, mi parve di essere completo padrone della situazione. E mi veniva facile, perché gestivo quella cannetta con una dimestichezza mai provata quando impugnavo canne più lunghe. La carpa cercò poi di passare sotto la barca, e anche qui potei apprezzare il pieno controllo garantito da salvaspazio: in barca queste “signorine”. In pochi non ci sembrerà di averle minuti riuscimmo a guadinare con noi e anche in macchina una carpotta molto arrabbiata e occupano pochissimo spazio. mi persi a ragionare sulle sensazioni che avevo provato poco prima: quasi mi sembrava di non avere fatto fatica. Così come non ne feci poche ore dopo, quando una carpa abboccò a un rig posizionato vicino a un banco di ninfee. Ingombro minimo Cosa poteva fare quel pesce, se non infilarsi e grandi doti di all’interno della vegemaneggevolezza: tazione? “Volammo” due punti a favore con la nostra barca nei pressi delle ninfee, finché non fummo costretti a “entrarci”. Qui scoprii un altro “pro”, e un altro “contro” delle canne corte. Il contro: se vogliamo sbrogliare il filo dalle

erbe lasciando che sia la treccia a “segarle”, le canne corte non aiutano affatto. Pur tirando strattoni molto forti, avremo molta più difficoltà a distruggere le erbe rispetto a quello che succede con canne più lunghe. Ma c’è un aspetto positivo: quando arriviamo nei pressi del pesce e arriva il momento di utilizzare le mani per sbrogliare il filo dalle ultime foglie di ninfea, le canne corte sono molto più comode da gestire. Occupano meno spazio e sono più maneggevoli.

Moda “paradossale”

Il “processo” era giunto alla conclusione. Contrariamente ai miei obiettivi iniziali, fui costretto ad assolvere le canne corte. La loro assoluzione mi lasciò in dote un concetto che prima di allora non avevo ancora ben assimilato: ogni pescatore deve acquistare gli attrezzi sulla base degli ambienti che frequenta e delle sue necessità. Di ogni attrezzo non si può dire “va sempre bene” o “non va mai bene” a priori. Ogni canna, sia essa lunga 10, 12 o 13 piedi, ha un suo range di impiego. E così come le canne da 13 piedi sono sco-

In Italia sono difficili da trovare Ma possiamo anche usare canne da spinning pesante

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n Italia le canne da 10 piedi non hanno ancora... preso piede, e non sappiamo se avranno mai successo come in Francia. Al momento, sul mercato italiano c’è una sola canna da tre metri espressamente progettata e costruita per il carp fishing: si tratta della Crypton Specimen Slimline di Quantum, prodotta in un solo modello da 10 piedi (per la precisione 3,05 metri) per 3,5 libbre di potenza e distribuita dalla Old

Captain di Busto Arsizio (Va). I lettori più attenti si ricorderanno che abbiamo già parlato di questo attrezzo nel numero 20 di Carp Fishing Magazine, all’interno della sezione dedicata ai test. Ci sono comunque altre aziende inglesi che producono le “corte” da carp fishing, ma purtroppo non sono adatte a un utilizzo “allround”, cioè non possono essere utilizzate nella maggior parte delle situazioni che troviamo in Italia. Il loro punto debole è la potenza. Infatti, sfogliando i cataloghi di queste aziende potremo addirittura trovare canne da 8 piedi

(2,44 metri), ma con range di potenza che vanno da 1,25 a un massimo di 2,5 libbre. Troppo poco per lanciare e per recuperare i grossi calibri in ambienti così diversi da quelli inglesi come le nostre grandi acque. Ma c’è anche un’altra soluzione: si possono utilizzare canne da spinning pesante (per intenderci, con potenza di 100-125 grammi), oppure canne da siluro. Le prime hanno tuttavia un pedone molto corto, quindi rendono più difficile il lancio in “stile carp fishing”. Le seconde, invece, sono talmente dure che ci tolgono quasi tutto il piacere del combattimento.

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estensione del braccio: nei posti infrascati sono più facili da maneggiare.

modissime nei combattimenti dalla barca, ma sono indispensabili se vogliamo raggiungere lunghe distanze con il lancio, le canne da 10 piedi sono impareggiabili quando dobbiamo combattere un pesce a centro lago o dobbiamo spostarci velocemente. Arriviamo dunque al succo del nostro discorso sulle canne corte: sono davvero gli attrezzi del futuro, oppure la “solita” moda? È innegabile che queste canne rispondano a precise esigenze e non siano attrezzi creati a caso. Chi ama la pesca rapida, chi vuole il pieno controllo nei combattimenti dalla barca, ma anche chi vuole cimentarsi con sensazioni diverse nei combattimenti, troverà nelle 10 piedi delle

ottime “compagne”. Ed è ovvio che anch’esse abbiano dei difetti: la canna perfetta non esiste! Paradossalmente, quella delle canne corte potrebbe rivelarsi una moda “sana”, un trend che interromperà il duopolio degli attrezLa vogliamo dire zi da 12 e 13 piedi. Se ci pensiamo bene, ci tutta? Con le 10 stiamo chiedendo per piedi, pescare è quale strano motivo tutta un’altra cosa dovremmo utilizzare le canne da 10 piedi, ma non ci chiediamo mai perché utilizziamo sempre e solo le canne da 12 o 13 piedi; quando queste ultime, a volte, sono scomode o sovradimensionate per l’utilizzo che dobbiamo farne. Non è forse una moda anche questa?

di serie o... di fantasia: la Crypton Specimen è l’unica 10 piedi sul mercato italiano... in alternativa, si possono usare canne da spinning pesante, come quella sulla forcella destra del pod nella foto qui a destra.

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Scuola di

lancio

Lontani e La pacchia è finita: le restrizioni all’uso della barca obbligheranno i carpisti a misurarsi con il lancio, un gesto antico quanto la pesca ma ormai trascurato. Per rimediare a questa lacuna siamo andati a scuola dai “maestri” di Surf Casting Magazine: ecco tutti i trucchi per lanciare molto (ma molto) lontano

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n giorno, al porto di Viareggio, fui avvicinato da uno sconosciuto. Forse era un vecchio marinaio: cappello bianco, viso abbronzato, profonde rughe intorno agli occhi e mani che non nascondevano le fatiche del passato. Con intercalare toscano, disse: «Dè, lanciare è come guidare la macchina: tutti lo sanno fare, ma solo in pochi sono veramente capaci». Spedire l’esca lontano Aveva attaccato bottone e nel posto giusto non nel momento sbagliato, mentre stavo sbroglianè facile, ma è giunta do una matassa di filo l’ora di imparare... provocata da un lancio sbilenco del pescatore che mi affiancava. Per questo tagliai corto, sorvolando sulla staffilata ironica che il vec-

chio aveva lanciato al mio vicino. Aveva visto tutto e mi aveva regalato una perla di saggezza: quasi tutti guidiamo l’auto, ma di Schumacher ce n’è uno solo. Chi lo imita, senza averne le stesse capacità, sbanda e “va fuori strada”, come il pescatore accanto a me. Pensiamoci bene: quanti di noi possono dire «Io so lanciare»? Eppure, di gente che raggiunge i cento metri con esca, terminale e piombo ce n’è tanta, pare... d’altronde, i pescatori sono famosi perché “la sparano grossa” ogni due per tre. Tutte balle: un lancio di cento metri in fase di pesca con una canna da carp fishing è una cosa eccezionale. Quindi, a chi vi dice così, rispondete a tono: «Ieri ho tirato la mia Panda a duecentoventi orari».

Teoria e pratica dai surfcastmen La verità è che noi carpisti non sappiamo lanciare. Pessima situazione, perché il lancio è un fondamentale che va padroneggiato ed è una risorsa da tirare fuori quando il gioco si fa duro. I tempi della barca sempre e ovunque sono finiti: molte amministrazioni locali ne hanno proibito l’uso, mentre altre lo faranno a breve. Le più “lungimiranti”, invece, impongono tariffe tutt’altro che economiche agli amanti del long range. Ed è pure tempo di crisi: non è una buona ragione per imparare a lanciare? Noi ci proveremo. Chiederemo aiuto alla “Serie A” dei lanci con la canna, ossia agli esperti di Surf Casting

Dalla canna al gesto: i lanci 78

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precisi

a cura di Paolo Meneghelli

Magazine. E dalla spiaggia ci sposteremo all’acqua dolce, scoprendo qualche piccolo segreto per essere sempre… un metro davanti agli altri. Passo dopo passo, vedremo tre tipi di lancio per “mettere la quinta” alle nostre canne. Osserveremo il tradizionale lancio sopra la testa (above cast), il più evoluto lancio laterale (side cast), e il modernissimo unitech: insomma, impareremo a guidare in città, in autostrada e ci metteremo alla prova anche su pista. Almeno all’inizio, però, ci vuole un po’ di “pallosa” teoria: prima di mettersi in moto è indispensabile conoscere il funzionamento e le caratteristiche degli attrezzi che si usano. Poi, sarà anche più facile scegliere quello che fa per noi. Si parte, a lezione! ➽

above, side e unitech 79

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xxxxx Tre lanci xxxx al top Un attrezzo è funzionale se si adatta alle nostre caratteristiche

Le canne giuste T dettagli importanti: il primo anello largo aiuta a ridurre l’attrito del filo in uscita; le canne ad azione di punta chiudono il lancio con estrema rapidità.

utti sappiamo bene (o almeno dovremmo sapere) che è un azzardo dare in mano a un neopatentato un “macchinone” potente e costoso. Nella pesca, evidentemente, non vale la stessa regola. Anche da neofiti si fanno sacrifici per comprare canne evolute, dalle prestazioni al top; ma lo si fa il più delle volte alla cieca, tanto che è... la canna a comprare il pescatore, più che il pescatore ad acquistare la canna. A volte bastano i commenti entusiastici di sconosciuti; in altre occasioni, se va bene, si simulano un paio di lanci e si fa una prova di trazione nel negozio in cui si è entrati, ovviamente già con l’intento di comprare proprio quella canna. Chi scrive non si vergogna di dire di essersi comportato così con i suoi primi attrezzi: due frustate in negozio e a casa con la canna. Per fortuna, non erano costose: pochi mesi dopo, infatti, sono finiti per inadeguatezza nel florido (chissà come mai?) mercato

dell’usato. Un po’ tutti ci siamo cascati: facciamo spese senza sapere cosa stiamo comprando, a volte credendo che il prezzo basti a giustificare l’acquisto; ma paghiamo dazio in pesca, quando ormai i nostri soldi sono già andati. Quindi, consiglio numero uno: prudenza e provare sul campo più canne possibili, prima di tirare fuori la carta di credito.

A ognuno la sua È utopia cercare una canna che sappia fare bene tutto. Se vogliamo un attrezzo da lancio, non possiamo pretendere anche divertimento nel recupero, morbidezza e maneggevolezza per i combattimenti dalla barca. Se acquistiamo un Suv, non lamentiamoci perché non è agile come un’utilitaria e non ha i picchi di velocità di una

ritorno alle origini: riscopriamo la pesca a lancio. con qualche accortezza tecnica in più si cattura lo stesso.

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Porsche! Poi, in tema di lancio, la canna perfetta non esiste, esistono solo vincenti accoppiate attrezzo-pescatore. Ci sono appassionati che lanciano bene con canne molto lunghe, mentre altri ottengono gli stessi risultati con quelle corte; c’è chi le ama rapidissime e chi preferisce un po’ di morbidezza in più per chiudere meglio il gesto. Insomma, le canne sono come un vestito: si deve prendere la taglia giusta, altrimenti addosso lo sentiamo stretto, oppure non riusciamo a “riempirlo” totalmente. In tema di canne, è vero che chi più spende meno spende, perché l’alta tecnologia e i buoni materiali si pagano. Ma la migliore canna al mondo non basta, perché un pilota scarso su una Formula 1 al top non vince sempre: ci sono lanciatori che raggiungono ottime distanze con attrezzi meno costosi ma più “calzanti” alle proprie qualità. Chiarito questo, è cosa risaputa che anni e anni di long casting hanno permesso di determinare alcune caratteristiche particolari che differenziano le canne da lancio da quelle polivalenti. Vedremo quali sono, senza dimenticare che le differenze (in metri) le fanno i piccoli particolari e la sensibilità del lanciatore.

Questione di carbonio

Un canna da lancio deve essere potente, ma rapida: meno secondi impiega a tornare nella

posizione originaria, cioè dritta, dopo una deformazione, meglio è. Possiamo metterla alla prova anche in negozio: frustiamola a vuoto con vigore, “ascoltiamola” e osserviamo il puntale. Ci sono canne rapidissime, che ci impiegano poco a tornare dritte; le “mollaccione”, invece, continuano a vibrare. Se vogliamo lanciare bene, orientiamoci sulle prime… quelle che vanno da 100 a 0 in pochi secondi! Tra le canne rapide, comunque, vi sono molte differenze che dipendono dalla miscela dei materiali del grezzo. Ogni canna è formata da due elementi, la matrice e il rinforzo. La matrice è, in parole povere, il carbonio. Il rinforzo, invece, è un mix di resine e altri composti chimici che servono a “tenere insieme” il tutto, a dare elasticità e a proteggere la matrice. La rapidità di una canna è data dal rapporto tra questi due elementi: se nel grezzo c’è tanto carbonio, la canna è rapida. I tecnici hanno sviluppato una scala di valori per catalogare i grezzi: si va dal massimo contenuto di carbonio (IM10, alto modulo) al minimo (IM4, basso modulo). Realizzare una canna da carp fishing in IM10, però, sarebbe impossibile: più carbonio è contenuto nel grezzo, più la canna è fragile e meno resistente alle deformazioni rapide e potenti. I grezzi IM10 sono utilizzati soprattutto per roubaisienne e canne da spin-

Rapida e potente, queste le qualità necessarie a una canna da lancio

I record del mondo di lancio «N

occioline». Ecco come si esprimerebbe il detentore di tutti i record del mondo di long casting, Danny Moeskops, se gli parlassimo

del muro dei 100 metri. Questo poderoso atleta, infatti, i 100 metri li doppia abitualmente e, anzi, quasi li triplica! Per lui parlano le

Domina il belga Danny Moeskops cifre: davvero mostruose, se si pensa che noi usiamo da tempo immemore la barca per raggiungere queste distanze da capogiro...

Categoria (grammi)

filo (mm)

Recordman

Metri

100 125 150 175

0,28 0,28 0,31 0,35

Danny Moeskops Danny Moeskops Danny Moeskops Danny Moeskops

262,26 270,64 278,96 276,58

Anno Aprile 2006 Aprile 2004 Agosto 2004 Agosto 2004

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Tre lanci

al top

La bobina? Lunga e conica Spire strette e distribuite su una superficie ampia: è questo il segreto!

O

ggi i mulinelli che vanno per la maggiore sono i “big pit”, ossia “argani” potenti con bobine molto grandi e capienti, nati per la pesca in mare. Questa “moda” è stata lanciata ormai un decennio fa con l’avvento del long range: per calare lontano, servivano metri e metri di trecciato, che potevano essere garantiti solo dai mulinelli da… bolentino! Molti lo ignorano, ma alcuni mulinelli tra i più usati, un esempio su tutti gli Ultegra della Shimano, sono nati per la pesca dalla barca in profondità e non solo, come molti credono, per la pesca a lunghe distanze con il lancio. Ovviamente, ai carpisti abituati alle bobine minuscole dei vecchi Baitrunner, i “mulinelloni” sono apparsi come acqua nel deserto: le bobine di grosso diametro vincolano il filo su una superficie più ampia in spire meno strette, e ne facilitano l’uscita in fase di lancio. Tuttavia, più grande è la bobina del mulinello, più è ampia la spira di filo che vi esce, e più forte è quindi l’attrito contro i passanti. Pensiamoci: partendo da una bobina di 8 centimetri di diametro, il filo deve uscire da un apicale di 1,8-1,5 centimetri… Allora, se il nostro obiettivo è lanciare lungo, meglio bobine di diametro più contenuto, ma lunghe e coniche. Per intenderci, quelle montate sui modelli Daiwa Tournament.

ning ultra-light, dove rapidità e reattività sono tutto. Quanto al carp fishing, un valore IM6 è già un ottimo compromesso: avremo una canna rapida, di altissima qualità, capace di sopportare anche gli usi più gravosi. A chi volesse saperne di più su questo tema, consigliamo di leggere l’approfondimento di Antonio Di Rienzo, nel numero 9 di Carp Fishing Magazine, a pagina 82.

Lunghe anche per i “nani” Nella scelta della lunghezza, la vulgata del carp fishing ci dà un regola: se si è alti 1 metro e 70 o meno, meglio canne di 12 piedi (3,66 metri); se si è più alti, dobbiamo preferire le 13 piedi (3,96 metri). Gli agonisti di lancio tecnico su prato o i surfcaster potrebbero mettersi a ridere: lo sapete che anche quelli più bassi utilizzano canne di almeno 4,20 metri, se non 4,50? Qualcuno storcerà il naso, perché le canne da carpa e quelle da surf casting sono destinate a usi completamente differenti. Ma il paragone ci serve per ribadire un concetto importante: una canna dobbiamo “sentirla” e non possiamo solamente basarci su presupposti teorici. Le canne da 12 piedi sono più maneggevoli e,

essendo più corte, vengono caricate meglio anche dai “nanetti”; ma questo non significa che le canne lunghe non possano essere usate anche dai pescatori più bassi. La diatriba sulla lunghezza della canna turba ormai da qualche anno anche il mondo del lancio tecnico, ossia da quando il lanciatore che detiene tutti i record del mondo, il belga Danny Moeskops, impiega nelle gare attrezzi di ben 5 metri. Questo atleta, però, è un energumeno ed è il solo al mondo che riesca a controllare canne così lunghe; infatti, gli altri sono costretti a utilizzare attrezzi più classici, di 4,5 metri. Cosa dimostra tutto questo? Che canne di quasi 4 metri possono utilizzarle anche i più bassi. E che ogni pescatore deve cercare la “sua” canna.

L’importanza del pedone Prima di passare alla pratica, bisogna fare un cenno a un elemento trascurato. Stiamo parlando del pedone, ossia del segmento di canna che va dall’apice del calcio alla placca portamulinello. Al pari del suo omonimo degli scacchi, questo elemento è tanto ignorato quanto importante. Gli appassionati di surf casting hanno sviluppato un metodo empirico per capire

se una canna fa per loro: impugnano l’attrezzo con due dita sopra e due dita sotto il piede del mulinello, aprono il braccio verso l’esterno per formare un angolo di 90 gradi tra costato e arto, facendovi aderire il pedone; poi controllano dove termina il calcio della canna: se si trova all’altezza della parte centrale del petto, in coincidenza dello sterno, il pedone è delle lunghezza giusta e quindi è ideale per svolgere un corretto movimento di lancio. Al contrario, se il calcio non arriva al petto o lo supera di qualche centimetro, meglio cambiare attrezzo. A questa regola generale, però, c’è una piccola eccezione: più la canna è corta, più il pedone deve accorciarsi. Alcuni progettisti di canne da carp fishing hanno preso troppo alla lettera questa regoletta. Infatti, se provate a riprodurre con la maggior parte delle canne da carpa la prova empirica appena descritta, vi renderete conto che il loro calcio non supera nemmeno l’ascella. Le canne da carpa più lunghe misurano al massimo 4 metri, ecco perché i pedoni sono più corti. Ma vi invitiamo a confrontare, provandole, canne con pedone lungo e canne con pedone corto: siamo convinti che capirete subito quali hanno più “cavalli”…

su misura: la lunghezza ideale del pedone corrisponde alla distanza fra lo sterno e la mano stesa che impugna il mulinello (lo insegnano i surf caster). Le canne da carpa hanno pedoni corti, tranne alcuni modelli (come si vede nel tondo).

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Tecnica, equilibrio, spinta e coordinazione fanno la giusta miscela di un lancio

I fondamentali D

iciamocela tutta: noi carpisti siamo un po’ come gli automobilisti che utilizzano il veicolo solo quando piove. Non siamo abituati a lanciare e, da quando è diventato di moda utilizzare barche e barchini, ogni lancio viene accompagnato da una preghiera, nostra e dei vicini di postazione. La cosa interessante è che tutti possono imparare a lanciare bene, perché la forza è solo un aspetto marginale: il lancio è una miscela di tecnica, equilibrio, spinta e coordinazione.Quindi, prima di imparare above, side e unitech, bisogna accennare ad alcuni “fondamentali” validi per tutti i tipi di lancio. Iniziamo ora dalla fase di preparazione.

Baricentro basso

Ogni lancio ha bisogno di una posizione stabile: comanda il pescatore, non la canna! Il segreto per essere ben piantati a terra risiede nelle gambe e nei piedi. Quanto alle prime, è tutta questione di baricentro, cioè del punto in cui si concentra l’equilibrio tra tutte le parti del

nostro corpo. Per facilitarci le cose, possiamo dire che per gran parte delle persone questo coincide con l’ombelico: più questo è vicino al suolo, più siamo stabili. Torniamo ai motori: tiene meglio la strada un furgone o una Ferrari? In tema di stabilità, i “piccoletti” dalle gambe corte sono avvantaggiati perché il loro baricentro è più vicino al suolo. Gli “spilungoni”, invece, devono piegare un po’ le gambe, abbassando il baricentro, per avere una posizione stabile e un pieno controllo dei movimenti.

buon punto di riferimento è la larghezza delle spalle.

Orizzonti lontani

Baricentro e base vanno “rifiniti” con la posizione della testa. Molti credono che per essere precisi si debba fissare con intensità il punto in cui si vuole lanciare, non perdendolo mai di vista mentre si esegue il gesto.

Base ampia

Anche i piedi giocano un ruolo fondamentale. Prendiamo due bicchieri, uno lungo e stretto e uno basso e largo, e poggiamoli su un vassoio, agitandolo un po’: quale dei due si rovescerà per primo? La base è importantissima, perché più è larga, più l’oggetto risulterà stabile. Nel lancio la nostra base sono i piedi: se sono ravvicinati, sarà difficile mantenere una posizione stabile al suolo. Quindi, allarghiamoli senza esagerare: un

nuova tendenza dei club: in tanti organizzano gare di lancio fra carpisti per mettere alla prova le proprie capacità.

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Tre lanci

al top

Spingi e tira Il braccio sinistro dà la forza, il destro invece funge da perno

“P

ush and pull”. Non è il nome di un detersivo miracoloso, ma è la base di ogni lancio. “To push” in inglese significa “spingere”, “to pull” vuol dire “tirare”. “Spingi e tira”: il braccio destro, con la mano che impugna il piede del mulinello, spinge, mentre il sinistro, sul calcio della canna, tira. Il perfetto sincronismo tra i due movimenti è ciò che fa la differenza. Attenzione, però. è il braccio sinistro a imprimere potenza al lancio,

non il destro! Quest’ultimo funge solamente da perno o, dicendola in modo scientifico, da “fulcro”. L’errore comune a molti lanciatori è quello di dare maggiore forza al braccio destro rispetto al sinistro: per ottenere buoni risultati di lancio bisogna imparare a usare il sinistro come serve, cioè con forza e velocità, lasciando al destro il compito di saldo “comprimario”. Ovviamente, la stessa cosa vale per i mancini, ma a braccia invertite.

Se si tratta di distanze contenute, funziona; ma se lo spot è lontano, così facendo non riusciremo mai a ottenere un grande risultato, anche con movimenti coordinati al millimetro. Come insegnano i “guru” del lancio tecnico, gli occhi non devono mirare l’obiettivo ma un punto immaginario qualche metro sopra. In poche parole, si guarda l’obiettivo e poi si alza lo sguardo poco sopra la linea dell’orizzonte, tenendolo così fino alla chiusura del lancio.

45 gradi in chiusura

PUSH & PULL: il braccio sinistro tira il pedone verso il petto, mentre il destro si distende e funge da fulcro. Velocità ed equilibrio sono i segreti per un buon lancio.

Perché la posizione della testa conta così tanto? Il capo è una “guida inconscia” dei nostri movimenti: chi pratica snowboard sa che i maestri insegnano a guardare sempre il punto dove si vuole andare, senza giri “panoramici” della testa. Questo perché, se si gira la testa, automaticamente la seguono anche i nostri piedi; con essi la tavola, che diventa incontrollabile: per questo cadiamo, anche se ci sembra di non aver fatto nulla! Per ottenere lanci lunghi e precisi è importantissimo che in chiusura di gesto la canna formi con il petto, considerato nella sua parte superiore (cioè quella rivolta alla testa), un angolo di 45 gradi. è questo il segreto per una traiettoria ottimale e un lancio che sfrutti in pieno la forza applicata sulla

canna. Se l’angolo è più stretto, si fanno lanci “a campanile”. Se l’angolo è più ampio, invece, il lancio si trasforma in una staffilata che corre parallela all’acqua: il piombo va lontano, ma non quanto vorremmo. Il primo, è il classico caso di chi guarda il piombo dietro la schiena e ne segue la traiettoria durante il lancio; il secondo, invece, è il caso di chi “guarda troppo in basso”, cioè la superficie dell’acqua! Mi si conceda un piccolo commento personale: quando ho appreso questi “fondamentali” si è sbriciolato un mito che coltivavo fin dall’infanzia, quello dei “pescatori-schermidori”. Oggi è merce rara, ma qualcuno in giro lo si vede ancora: si tratta di chi chiude il lancio tenendo la canna stesa in avanti, impugnandola solo per il calcio. L’eleganza di una stoccata di fioretto che contagia la pesca: uno spettacolo... ma addio fondamentali!

Sciolti, ma aggressivi

In fase di preparazione del lancio il corpo deve essere rilassato, ma pronto a reagire rapidamente agli impulsi che il cervello di lì a poco gli invierà. Però, stare rilassati quando si approccia un lancio “tecnico” non è per nulla facile. Le prime volte, va detto, si sentirà un po’ di amaro in bocca: concentrarsi sui singoli aspetti del

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L’orologio di riferimento N

elle prossime pagine spiegheremo passo per passo i lanci above, side e unitech. Per rendere il tutto più chiaro e comprensibile, utilizzeremo un orologio “immaginario”. Si tratta di un sistema convenzionale che si usa per identificare le posizioni che piedi, braccia, sguardo, piombo e canna occuperanno durante il lancio. Capire come funziona è semplice: supponiamo di essere al centro esatto di un ipotetico orologio e di trovarci con il

lancio, dal drop (lo spezzone di filo che va dalla punta della canna al piombo, ndr.), al movimento, fino alla chiusura, e rimanere contemporaneamente rilassati non è per nulla facile. Ritornando al tema motoristico, è come guidare osservando una cartina stradale: si arriva nel punto prescelto, ma rallentando l’andatura. Invece, non bisogna essere “morbidi” quando si parla di impugnatura. Il calcio della canna e il piede del mulinello vanno stritolati, come se volessimo renderli parte del nostro corpo: svilupperemo più forza e saremo

più precisi, perché l’attrezzo non ci oscillerà tra le mani andando fuori controllo.

Primo, allenarsi

Lanciare non è come andare in bicicletta. Con le due ruote bastano pochi giorni di impegno, per poi “vivere di rendita”; il lancio richiede, invece, tantissimo allenamento. Sul prato oppure davanti a uno specchio d’acqua, il modo migliore per imparare a lanciare e per continuare a farlo è... lanciare. L’allenamento aiuta ad affinare due aspetti fondamentali: la confidenza con la can-

...per imparare i movimenti giusti

viso rivolto verso il punto in cui vogliamo lanciare. Questo punto rappresenta “ore 6”, mentre alle nostre spalle abbiamo “ore 12”. Se apriamo le braccia di lato, la mano destra indica “ore 9”, mentre la sinistra “ore 3”. Utilizzeremo questi riferimenti anche per capire la posizione della canna durante il lancio: per esempio, mettere la punta della canna a “ore 12” significa averla perfettamente dritta dietro le spalle, proprio come se fosse una lancetta che indica mezzogiorno.

na e la confidenza con se stessi e i propri movimenti. Conoscere il proprio attrezzo è fondamentale per portarlo al limite e sfruttarlo al massimo senza distruggerlo. “Sentirsi” Rilassati, pronti è altrettanto importante: un lancio è il risultato di e concentrati sui un forza prodotta dallo singoli aspetti del spostamento di peso del lancio: non è facile! nostro corpo. “Ascoltandolo”, non incapperemo in chiusure anticipate, frustate troppo violente, o in lanci troppo tesi. Infatti, un buon lancio nasce da un movimento di spinta graduale e controllato.

accorgimenti: presa salda sempre e lanci “appoggiati” se usiamo i sacchetti...

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Tre lanci

al top

Above cast D

opo tanta teoria, finalmente andiamo sul campo per un po’ di pratica. Ora vedremo i tre lanci che vi abbiamo promesso. Prima, però, una precisazione: tutti e tre i lanci danno i migliori risultati quando il piombo è appoggiato a terra nella posizione di partenza. Above e side possono essere eseguiti anche con piombo sospeso, ma l’unitech richiede il piombo a terra. La cosa non spaventi: usando un bait clip, che tiene l’amo lontano dal suolo, si possono fare lanci “stile surf casting” anche in acqua dolce.

tre tecniche proposte in questo servizio, l’above è la più precisa, quella che ci permette di lanciare piombo ed esche nel punto che riteniamo “caldo”. è un lancio all-round, che va bene soprattutto quando non è necessario raggiungere distanze esagerate; ed è anche poco faticoso, l’ideale se catturiamo un pesce dietro l’altro, oppure se ci tocca lanciare al buio in piena notte. Se eseguiremo il lancio in modo corretto, seguendo le indicazioni fotogra-

fiche proposte nella pagina affianco, saremo sicuri che, partendo da ore 12, il piombo cadrà in acqua sempre davanti a noi e nella direzione voluta. L’above non si presta a sessioni di lancio “da pedana” e, tra i tre lanci, è quello più “corto”: il movimento carica poco la canna e non le imprime grande potenza. Ma c’è anche chi si diverte: su prato, montando in bobina uno 0,25 e uno shock leader dello 0,45-0,50, alcuni superano i 130 metri...

Quando serve precisione Iniziamo le nostre “guide” con un lancio “da foglio rosa”, il più semplice da imparare: l’above cast. Il più semplice, e “Above” in inglese sianche il più preciso, gnifica “sopra”, e indica chiaramente cosa è l’above cast: va a andremo a fare: duransegno facilmente! te il lancio la canna sarà sempre sopra la nostra testa. è, insomma, il lancio-base, quello che tutti dovrebbero conoscere. Tra le

Lo shock leader è indispensabile G

li agonisti di long casting, la disciplina di lancio a lunga distanza su prato, arrivano addirittura a imprimere sulla lenza una forza di 35 chili. Un peso enorme, se si pensa che è lo stesso di una carpa da sogno! In pesca, e soprattutto in una disciplina come il carp fishing in cui i lanci non sono di potenza esagerata, la forza che “stira” la lenza è molto meno “importante”, ma va comunque a incidere sulla sua integrità. Facciamo un esempio. Un normale monofilo dello 0,35 ha un carico di rottura tra i 7 e gli 8 chili. Lanciando con forza, quei

chili si raggiungono in modo abbastanza facile: pescando con il “filo diretto”, eseguendo lanci forti sottoponiamo il monofilo a una trazione più alta del suo carico di rottura, portandolo appunto alla rottura. Tenendo come esempio lo 0,35, per lanci come l’above e il side basta uno shock leader da 0,45-0,50 millimetri, mentre con l’unitech, che è un lancio più complesso e “potente”, è meglio abbondare, salendo anche fino allo 0,60. La lunghezza giusta si ottiene tagliando uno spezzone di misura uguale al doppio della canna, ma con l’esperienza

Lanci sicuri e senza strappi

lo shock leader può essere ridotto o allungato di qualche centimetro. E il materiale? Meglio il nylon, perché resiste all’abrasione. Il multifibra è ottimo per i lanci lunghi, perché a parità di carico di rottura ha un diametro inferiore a quello del nylon. Ma basta un piccolo masso per mandarlo ko. CI VUOLE SEMPRE IL PARASTRAPPI: un buon nylon dello 0,50 è l’ideale per lanciare in tutta sicurezza. La lunghezza giusta è circa il doppio della canna.

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Above cast passo a passo

Il sinistro tira verso il petto, il destro spinge

Con il piombo appoggiato

L

a posizione di partenza è importantissima: il piede sinistro ha la punta rivolta a “ore 6” mentre il destro è rivolto leggermente verso destra, a “ore 7”. Il peso del corpo dovrà poggiare quasi tutto sul piede destro, mentre le ginocchia saranno leggermente flesse. Il braccio sinistro tiene il pedone della canna sopra la testa, quasi

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verticale rispetto al corpo, e il braccio destro è piegato e portato vicino alla testa (1). Intanto, la cima della canna quasi tocca il suolo, con il piombo disteso alle nostre spalle e il filo in tensione. A questo punto, è il momento di lanciare: spingiamo la canna in avanti con il braccio destro, come se volessimo tirare un pugno sul viso di una

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La variante sospesa

L’

esecuzione dell’above con il piombo appoggiato è possibile solo quando il terreno che abbiamo alle spalle è sabbioso, o comunque non presenta ostacoli: l’amo, infatti, non deve trovare possibilità di appiglio, e nemmeno spuntarsi cozzando su sassi, erba o cemento. Quando non è possibile eseguire l’above con piombo appoggiato, possiamo utilizzarne la sua variante sospesa. La posizione di partenza è la stessa di quella appoggiata, cambia solo la posizione del cimino della canna, che è alto dietro di noi, così come il piombo. La canna è posizionata a “ore 12”, ed è perpendicolare al nostro corpo (1). Il movimento è lo stesso della precedente versione ed è formato da una fase di spinta (push), con il braccio destro che ruota in avanti (2-3), e da una fase di trazione (pull), grazie al braccio sinistro che con forza e velocità trascina il pedone verso il petto (4-5).

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persona più alta di noi (2) e contemporaneamente tiriamo il sinistro verso il petto (3) il più velocemente possibile, facendo battere il pedone della canna sul petto. Mentre facciamo questo, spostiamo il peso dalla gamba destra a quella sinistra (4) e pieghiamo un po’ il ginocchio sinistro (5). Appena il pedone batte sul petto, lasciamo andare il piombo

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(6): è fatta! Anche la chiusura è importante: il braccio destro, che tiene la placca portamulinello, deve trovarsi di fronte a noi in posizione più alta di circa 10-15 centimetri rispetto agli occhi. Ovviamente lo sguardo deve essere alto sull’orizzonte: in questo modo, l’attrezzo formerà col petto l’angolo migliore, ossia quello di 45 gradi.

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Tre lanci

al top

Side cast D

opo aver capito come si fa un lancio sopra la testa, aumentiamo la “cilindrata” e passiamo al side cast o, come suggerisce il termine inglese “side”, lancio laterale. Questo lancio non è molto diverso dall’above, ma ci consente gittate più lunghe, nell’ordine della decina di metri, perché permette di caricare con molta più forza la canna. Il gesto è molto bello da vedere: la canna compie una rotazione laterale da destra verso sinistra, o viceversa se si è mancini.

Lunghissimi, ma meno preciso Se la distanza di lancio è il pregio del side cast, la precisione è il suo difetto più evidente. Eseguendo un buon side cast Alquanto difficile, non lanceremo in modo serve allenamento sballato, sia chiaro; ma e sensibilità: è il la precisione non sarà “chirurgica” come queltemibile side cast la che ci offre l’above. Soprattutto alle prime esperienze, sarà molto difficile rendere fluido questo lancio. Il movimento, per quanto “pa-

Indispensabile bait-clip L’

incubo di chi lancia si chiama “garbuglio”. Fare un lancio dai movimenti perfetti, lungo, e con la giusta traiettoria, è perfettamente inutile se il terminale si annoda alla lenza madre. Nel carp fishing questo rischio è altissimo, perchè le boilie sono esche piuttosto corpose e poco dinamiche: in poche parole, non sono per nulla stabili nel lancio e quindi “svolazzano” scomposte, aumentando i casi di contatto tra il terminale e la lenza madre. Per difenderci dai garbugli

rente” del più intuitivo above, ci obbliga a snaturare un po’ le nostre abitudini e a prendere confidenza con un nuovo movimento del nostro corpo. Lo ammettiamo: dopo anni e anni di above, passare al side non è affatto semplice!

Punti critici

Lasciando la spiegazione del gesto alle fotografie della prossima pagina, sottolineiamo alcuni aspetti di base del side. La parte più difficile del lancio è senza dubbio il rilascio della lenza. La canna parte da “ore 12” e conclude la sua corsa a “ore 6”, passando per “ore 9” (“ore 3” per i mancini). Il momento esatto del rilascio della lenza corrisponde all’arrivo, cioè a “ore 6”, esattamente di fronte a noi. Se lasciamo andare la lenza alla fine del movimento push and pull leggermente in ritardo, il nostro piombo terminerà la sua corsa a destra del punto prestabilito; viceversa, se il rilascio avviene in anticipo, il piombo terminerà la sua corsa a sinistra. Per questo aspetto non ci sono for-

mule magiche: l’unica soluzione ve l’abbiamo già accennata: allenamento, allenamento, allenamento.

Drop sempre teso

Un secondo aspetto da controllare prima di fare un side è la tensione del drop: il filo in uscita dalla canna deve essere sempre ben teso. Solo così il caricamento dell’attrezzo avrà inizio nel momento stesso in cui partirà il movimento di lancio. Scordarsi di controllare questo particolare vuol dire caricare la canna in ritardo e trasmetterle quindi poca forza. C’è poi un piccolo trucco, che consigliamo però solo ai più esperti: per dare maggiore compressione alla canna, si posizioni il piombo a terra a “ore 13” o a “ore 14”, e non a “ore 12” come nel side canonico. Questa piccola variante dirige il piombo a destra della direzione di lancio, quindi si dovrà rilasciare la lenza con qualche attimo di ritardo per poter lanciare dritto davanti a noi. Insomma, ci vuole un po’ di sensibilità!

Fa aderire il terminale alla madre

dobbiamo chiedere ancora una volta aiuto all’esperienza dei surfcaster. Questi pescatorilanciatori utilizzano un sistema chiamato “bait-clip”: altro non è che una pinzetta da applicare nell’ultimo tratto di lenza, alla quale agganciare l’amo per stendere il terminale in modo parallelo alla lenza madre. Il bait clip impedisce al terminale di svolazzare vicino al piombo e allo shock leader: poi, quando il piombo tocca il fondo e la lenza perde tensione, l’amo si sgancia dal bait-clip e si posiziona in

perfetto assetto. Il bait-clip, tenendo sospeso l’amo, ha poi una seconda utilità: ci permette di realizzare lanci con il piombo poggiato a terra anche quando... non siamo in spiaggia. I lanci side e unitech non si possono eseguire senza bait clip. L’above, invece, può essere eseguito senza bait clip se ci troviamo alle spalle terreni morbidi e privi di possibili appigli per l’amo. Per esempio, la sabbia. In questi casi è sufficiente ricoprire l’amo con una spugnetta di Pva, per evitare che si spunti.

UN SEMPLICE GANCETTO: il bait clip regala un lancio lungo e potente impedendo al terminale di ingarbugliarsi sul lead core.

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Il side cast in 9 passi 1

Baricentro basso e rotazione per lanci perfetti 2

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POSIZIONE DI PARTENZA: gambe e spalle alla stessa larghezza. Piede destro puntato a “ore 7-8”, sinistro a “ore 6”. Le ginocchia sono larghe e le gambe leggermente piegate: ci danno più stabilità.

PIOMBO APPOGGIATO A TERRA: è dietro di noi, e il filo deve posizionarsi alle nostre spalle come se fosse il prolungamento della canna. La vetta sfiora il suolo. Il braccio destro forma un angolo di 90 gradi.

CANNA A “ORE 12”, con drop di circa 1,5 metri. La mano sinistra stritola il pedone, lo sguardo è alto: prima di lanciare, chiudere la frizione e aprire l’archetto.

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PESO SULLA GAMBA DESTRA: il braccio sinistro inizia a tirare il pedone verso il petto, mentre il destro spinge. Il busto ruota verso sinistra e le braccia assecondano il movimento.

PUSH AND PULL: la mano destra si alza sopra la testa, e fa da fulcro per la sinistra. In questo momento cominciamo ad alleggerire il peso sulla gamba destra per spostarlo sulla sinistra. La punta del piede destro ruota verso il mare.

ROTAZIONE DA DESTRA: il braccio destro si allarga rispetto al busto e inizia la rotazione. Il braccio sinistro asseconda il movimento del busto e tira il pedone al petto.

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A TUTTA FORZA: non appena il pedone e la mano sinistra ci sono passati davanti agli occhi, è il momento di tirare il pedone con forza verso l’ascella sinistra, ruotando ancora il busto per trasmettere ancora più forza alla canna.

LASCIAMO IL PIOMBO: il braccio destro è disteso in avanti e si blocca con forza, per fare da fulcro. Il peso è ormai totalmente spostato sulla gamba sinistra.

MASSIMA VELOCITÀ: per essere efficace e “lungo”, il side deve essere eseguito alla massima velocità. Ricordiamoci sempre di guardare sopra l’orizzonte e di “chiudere” con la canna a 45 gradi.

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Tre lanci

al top

Unitech cast E

ccoci arrivati alla Formula 1 dei lanci, il meglio che un carpista possa permettersi: l’unitech cast. Il gioco si fa duro perché si entra nel tecnico: questo è proprio un lancio da surf casting. è meglio avvicinarsi all’unitech solo quando si padroneggiano pienamente above e side, e soprattutto se non ci si preoccupa troppo dell’integrità dell’attrezzatura. Sapete infatti qual è il “soprannome” dell’unitech? “Spaccacanne”.

Effetto molla

Questo lancio dal nome così intrigante può essere considerato il “figlio” nato dall’unione di above e side: è potente come un side, ma è preciso quasi come un above. La principale differenza tra l’above e l’unitech sta nella posizione di partenza del piombo: infatti, mentre nel primo si trova in direzione del prolungamento immaginario della canna, nel secondo è “sotto” la canna, vicino ai piedi del lanciatore. Il piombo, messo in questo punto, in fase di caricamento della canna si muove in direzione diametralmente opposta rispetto all’attrezzo: la canna si carica in modo progressivo, ma molto rapidamente, per poi rilasciare in un istante tutta l’energia accumulata. In gergo tecnico, questo è chiamato “effetto molla”.

Meglio 50 grammi in meno DANNO DA UNITECH CAST: con il lancio “spaccacanne” non forziamo troppo, o sarà crak.

Rompere un attrezzo con l’unitech è più facile di quanto si creda: infatti, questo lancio

Frizione sempre chiusa! A

noi carpisti capita molto spesso di tenere le frizioni aperte in attesa di una partenza. E, dopo aver recuperato la lenza per controllare le esche, molto spesso ci dimentichiamo di chiuderla totalmente. Grosso errore! Se lanciamo con la frizione non totalmente chiusa, la bobina del mulinello potrebbe slittare e la lenza madre potrebbe provocare tagli, abrasioni o escoriazioni sul dito che usiamo per bloccarla in fase di lancio. è buona regola, quindi, stringere al massimo la frizione non

esercita sulla parte superiore della canna una compressione che gli altri due lanci non possono permettersi. Proprio per questo, bisogna usare canne robuste e rapidissime, che sappiano rispondere velocemente al caricamento. Tra l’altro, per lanciare lontano con l’unitech non bisogna usare troppa forza, perché è sufficiente la configurazione stessa del lancio per avere un ottimo caricamento. Poi, teniamo presente che i surfcaster adottano anche un altro accorgimento: utilizzano zavorre di peso sempre inferiore di 50 grammi rispetto al massimo riportato nelle caratteristiche tecniche della canna. Per intenderci, se con una 3,5 libbre utilizziamo di solito un piombo di 150 grammi, per eseguire in sicurezza un unitech sarà meglio ridurre il piombo fino al peso di 100 grammi. Ed è opportuno ricordare anche che, in assetto da pesca, ci sono pure le esche! Perché anche queste pesano.

E usiamo un salvadito, altrimenti laceriamo il polpastrello

appena abbiamo recuperato la lenza: ci assicureremo ottimi lanci e dita sempre integre. In più, sempre mutuandoli dal surf casting, possiamo utilizzare i salvadito. Sul mercato ne esistono di diversi tipi, dal semplice ditale in tessuto antiabrasivo al guanto mono-dito che si lega al polso. Ma va bene anche il fai-da-te: basta tagliare uno spezzone di camera d’aria di bici e poi infilarlo sul pollice.

OCCHIO ALLE ABRASIONI: il dito che tiene il filo va sempre protetto con un ditale. Chi ama il fai-da-te, però, può utilizzare un semplice spezzone di camera d’aria.

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I segreti dell’unitech

Ecco la sequenza di lancio vista da davanti e da dietro

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P

er eseguire questo lancio bisogna tenere una posizione molto stabile: a causa dell’effetto molla dell’unitech, durante la fase di caricamento la canna tenderà a farci perdere l’equilibrio. Quindi, ginocchia piegate, e gambe larghe per non farci sbilanciare dal contraccolpo (1). Il piede sinistro è in avanti, mentre il destro è indietro di un passo appena più lungo del normale: ricorda un po’ la posizione di partenza di alcune arti marziali! La canna è rivolta a “ore 12”. Il piombo va posizionato vicino ai piedi, dietro di noi, nella stessa direzione della

canna: il drop deve essere lungo circa 1,5 metri, e il filo deve essere ben in tensione. Attenzione al busto: deve essere quasi completamente girato verso “ore 9”, mentre la testa, alta, deve guardare in direzione del cono di lancio (2). Il peso è ben distribuito su entrambe le gambe, anche se possiamo sbilanciarci leggermente sulla gamba destra. Si parte. Il braccio sinistro si distende verso l’alto, mentre il destro fa alzare la canna verso il cono di lancio (3). Le gambe accompagnano le braccia, distendendosi e spostando il peso da destra a sinistra.

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In questo momento sentiremo la canna fare molta resistenza: è “colpa” dell’effetto elastico, ed è il momento in cui dovremo aumentare la velocità, spingendo in avanti più forte che possiamo con il braccio destro e tirando verso di noi con il sinistro (4). In fase di chiusura, il pedone sbatte sul petto alla massima velocità, mentre il braccio destro si distende in direzione del cono di lancio, fermando la canna a 45 gradi (5). Il piombo va rilasciato non appena il pedone tocca il petto: se avremo fatto tutto bene, il piombo sparirà lontano... molto lontano! 5

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