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Pianeta

esche

Alla maniera Il vecchio Vinicio non parlava mai, cosĂŹ come nessuno parlava mai a lui...

Carpe con i trucchi 68

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di Vinicio a cura di Paolo Meneghelli

Un racconto in bianco e nero ci offre l’occasione per un salto nel passato, a tanti anni fa, quando la pesca alla carpa non si chiamava carp fishing, ma “pesca a fondo”. Tra polente, pastelle e rimedi antichi, saliamo sulla macchina del tempo e torniamo a pescare le carpe come si faceva una volta

A

nche quella mattina il vecchio Vinicio era là, a pescare in fondo al molo. Con la schiena ricurva su uno sgabellino sgangherato, osservava ora l’asticella rossa di un galleggiante, ora il cimino di una canna a fondo. Gli anziani del paese raccontavano che da più di venticinque anni non faceva altro: ogni santissimo giorno, all’alba, si trascinava al molo con le sue due cannette e rimaneva lì per ore e ore, fino a sera e senza mangiare. Quasi nessuno gli dava la parola, ma non

perché gli volessero male. Piuttosto, il problema era tutto nel mutismo di Vinicio: chi l’aveva sentito parlare poteva ritenersi fortunato e in pochissimi avevano avuto la possibilità di guardarlo negli occhi.

Un’ombra in controluce

Quella mattina mi trovavo anch’io sul molo. Non ero andato a scuola perché nel paese si festeggiava la festa patronale. Pochi giorni prima erano arrivate le giostre e tanti miei amici non facevano altro che parlare di questo “evento”. Ma quale

evento! Io non vedevo l’ora di andare a pescare. A dire la verità ci andavo spesso, quasi ogni giorno dopo la scuola. Però, quello era un giorno speciale: potevo infatti pescare per tante ore consecutive, senza il patema di dover tornare a casa per il buio. Ero partito prima dell’alba, perché temevo che il molo fosse gremito di pescatori a causa dei giorni di festa. Arrivai con la mia bicicletta quando il sole illuminava i monti con una leggera aura di luce. Non ero mai arrivato al molo così presto, tanto che quasi mi stupii di me stesso. «Vuoi vedere che sono

da vecchia scuola CF28_068_078_PianetaEsche.indd 69

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Polenta e

pastelle arrivato prima del Vinicio?», mi domandavo mentre camminavo scanzonato verso l’apice del molo. Come non detto: a mano a mano che mangiavo quei metri di cemento e legno, iniziai a vedere una sagoma scura in controluce. Immobile e curva verso l’acqua. Chi poteva essere, se non Vinicio?

Un molo, un ragazzo e un sogno: prendere più pesci di tutti e potersene vantare

Sempre e solo lui!

Non c’erano altri pescatori e avevo quindi l’imbarazzo della scelta. «Ma non si ammala mai, quello lì?», continuavo a ripetermi. La punta del molo era la zona migliore per pescare di tutto il paese. Ma c’era Vinicio, sempre e solo lui. Quello era il suo posto e nessuno osava occuparlo. In realtà, nessuno ha mai potuto provarci perché Vinicio ogni mattina arrivava prima di tutti. A volte pensavo che vivesse lì, oppure che era un fantasma dai poteri speciali. Mi misi sulla sinistra, qualche metro prima del vecchio pescatore. Stanco, feci cadere di peso la mia attrezzatura, ma Vinicio non si girò nemmeno. Stava lì seduto, concentrato, per nulla infa-

stidito dalla confusione che aveva rotto la magia dell’alba. Aprii le due cannette: ne lanciai una più lontano che potevo, montata a fondo con un mazzetto di vermi di terra, mentre un’altra la armai con galleggiante e bigattini. A fondo e a galleggiante, proprio come Vinicio.

Un bel grattacapo

La mia bella giornata di pesca rischiò di terminare presto. Non appena il sole si alzò oltre le montagne, il lago fu investito da una leggera brezza che in

pochi minuti diventò un fortissimo vento. Le mie lenze erano a bagno da nemmeno mezz’ora. “Plup”. La scatola di bigattini che avevo lì vicino volò in acqua. Le onde la facevano dondolare sotto di me, mentre le piccole larvette planavano sul fondo formando una nuvola bianca. «E ora cosa faccio?»: mi toccava tornare a casa, perché il negozio di pesca non avrebbe aperto per me… c’era la festa patronale! Rimasi per un po’ a guardare la scatoletta ondeggiare al largo, distrutto.

sEMPLICI, Ma VINCENTI: le pastelle e le polente funzionano alla grande, pur essendo esche “vecchiotte”.

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Tutte le forme della polenta Già pronta o self-made, ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche

S

i fa presto a dire “polenta”: non è altro che un impasto di farina di mais e acqua cotto in pentola. È proprio quest’ultima caratteristica a distinguere le polente dalle pastelle: le prime sono cotte, le seconde vengono innescate crude. Tuttavia, considerare polenta un impasto di farina di mais non cotto non

è del tutto sbagliato: è solo una banale questione di puntiglio! Per approfondire l’argomento, si dia un’occhiata all’articolo di Massimo Mantovani nel numero 6 di Carp Fishing Magazine: è un bel “vademecum” sulle polente e contiene anche le dritte del “guru” Giorgo Balboni.

Polenta precotta

È la più comoda di tutte: la troviamo in qualsiasi supermercato in vaschette chiuse ermeticamente. Al tatto è molto morbida, ma non è malleabile. Infatti, schiacciata tra le dita si frantuma in granuli più o meno grandi. Possiamo usarla “pura” oppure “potenziarla” qualche giorno prima di pescare, semplicemente inserendo 10 millilitri di corn steep liquor o di aminoacidi tramite una siringa.

Fu così che riposi le canne e mi misi a osservare l’unica cosa che mi poteva davvero interessare: sempre lui, quel vecchio e solitario pescatore.

“L’odore dell’inferno”

Altre volte mi ero soffermato a guardarlo, ma in quell’occasione notai molti particolari in più. Vinicio non staccava gli occhi dal galleggiante neanche per un decimo di secondo, ma intanto con la mano destra continuava a manipolare qualcosa nella tasca del giubbotto da pesca. Era un gesto lento, continuo, che interrompeva solo quando un pesce lo obbligava a recuperare la lenza. Ciò che custodiva nella tasca era la famosa “pastella di Vinicio”. Me ne aveva parlato per la prima volta mio nonno: non si sapeva da cosa fosse composta, ma un po’ tutti la consideravano un’esca miracolosa. Già, perché il vecchio Vinicio non lo batteva nessuno: come lui, altri vecchietti passavano intere giornate sul molo a pescare e tanti altri avevano provato a imitarlo arrivando prima dell’alba. Ma non c’era niente da fare: Vinicio era il migliore. Il nonno mi diceva che era merito proprio di quella pastella e che se un giorno ne avessi scoperto il segreto sarei diventato un “professionista coi fiocchi”, espressione sgangherata per dirmi che avrei potuto battere chiunque in qualsiasi

La confezione e la consistenza ricordano quelle delle pasture da fondo. Prepararla è semplice: si versa un po’ di miscela in un sacchetto o in un secchiello, si aggiunge acqua e si impasta: è pronta in meno di 30 secondi. Tra tutte, è la polenta che “tiene” di più sull’amo proprio perché è progettata dalle aziende apposta per durare di più in acqua. In genere, è aromatizzata e colorata: fragola, banana e crema sono gli aromi maggiormente diffusi.

Polenta self-made

Comunque, l’efficacia della polenta la conosciamo tutti. È un’esca che costa pochissimo e che si può preparare anche in pesca con un semplice fornello. Ma si può comprare anche già pronta: addirittura, esistono polente specifiche per la pesca. Qui di seguito vediamo quelle adatte ai nostri scopi.

Polenta pronta-pesca

È l’antesignana delle boilie fatte in casa. Mettiamo a bollire un litro d’acqua e inseriamo prima 2 etti di farina di mais integrale, poi 1 etto di farina bianca e 2 etti di farina di mais bramata. Amalgamiamo il tutto per 30 minuti e, quando l’impasto ha raggiunto una consistenza “gommosa”, facciamolo raffreddare e lavoriamolo con le mani. Per dargli gusto, vanno bene le spezie in polvere o i classici aromi da carp fishing. Avvolgiamola in un panno per tenerla umida: secca non possiamo più usarla come innesco.

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Polenta e

pastelle gara. Aveva poi aggiunto, serio serio: «Quella pastella ha l’odore dell’inferno».

Atto di coraggio

Avevo trovato la soluzione ai miei problemi. Potevo fare solo una cosa, compiere un gesto che mai nessuno prima d’ora aveva compiuto: dovevo chiedere un po’ di esche al vecchio Vinicio. E come fare? Vinicio non parlava con nessuno. E nessuno provava a parlare a Vinicio. Come prenderlo? Non avevo mai sentito la sua voce, né visto bene i suoi occhi. E se mi avesse fatto del male? Papà mi aveva sempre detto di stare lontano da quel vecchio perché era pazzo e non ci si poteva fidare. Alla fine mi buttai. Lentamente, mi avvicinai a lui. «Salve… preso qualcosa?». Non ricevetti risposta. «Mi scusi… sa… ero qui a pescare e il vento mi ha portato via tutti i bigattini…». Poi, il passo più importante. Inspirai profondamente: «Avrebbe un po’ di esca da darmi?». Attendevo che da un momento all’altro si girasse e mi buttasse in acqua. Invece, interruppe solo il continuo gesto nascosto dalla tasca. Dopo pochi secondi, sempre rimanendo a osservare il galleggiante, allungò la mano destra verso di me. L’aprì e fece cascare per terra una pallina di pastella. Mi chinai subito e la raccolsi come una moneta preziosa. Poi, osservai la mia mano: avevo un pezzo della pastella di Vinicio! «G-Grazie», dissi al vecchio, sperando invano in una sua risposta.

Impasto miracoloso

La pesca si basa su poche e semplici nozioni: i nostri avi lo sapevano...

La pastella aveva davvero un odore nauseabondo. Non saprei come descriverlo: un misto tra pesce, spezie, alcol, frutta e carne. Ogni volta che l’annusavo aveva sfumature aromatiche diverse. Era verde, compatta e molto malleabile. Soprattutto, teneva l’amo a meraviglia. Vinicio non me ne aveva data molta: sarebbe bastata forse per quattro o cinque inneschi. Decisi così di lanciare solo la can-

na a fondo, alla ricerca del pesce grosso: lanciai e mi misi in attesa. Ogni tanto, con la coda dell’occhio, guardavo il vecchio pescatore che se ne stava immobile e muto. Da quando ero arrivato non mi aveva ancora rivolto uno sguardo. Era come se non ci fossi.

Il mistero di Vinicio

Più le ore passavano, più mi rendevo conto della grandezza del gesto che avevo compiuto. Peccato che non fosse stato presente nessuno dei miei amici o nessuno dei vecchi del molo mentre chiedevo le esche a Vinicio: sarei diventato un eroe e qualcuno di loro mi avrebbe pure pagato per avere una briciola di quella miracolosa pastella. Comunque, pensavo che Vinicio fosse un uomo buono. Era un solitario, non aveva amici, ma non ci vedevo niente di male in lui. Il prototipo del pescatore perfetto. D’altronde, la sua immagine era stata costruita più dalle voci degli altri che dalle sue azioni. I vecchietti del mio paese raccontavano che una volta Vinicio era uno degli uomini più ricchi e stimati della zona. Aveva un’azienda tessile, o qualcosa di simile. Poi, la guerra gli aveva portato via uno dei figli e subito dopo aveva perso anche la moglie per una terribile malattia. Da quel giorno era totalmente cambiato. Aveva chiuso i rapporti con gli amici, aveva venduto l’azienda e poi regalato quasi tutti i suoi averi. Si era tenuto solo una piccola casa vicino al molo e quel poco che bastava per campare. Sapevo anche che uno dei suoi figli l’aveva abbandonato per andare a cercare fortuna all’estero e che quindi era rimasto solo. E muto: non faceva altro che pescare.

Il primo strike

Mentre pensavo ai fatti di Vinicio, vidi la cima della canna sussultare. Una, due volte. Presi la canna in mano e tirai forte. Dall’altra parte della lenza c’era qualcosa di grosso.

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SOGNO PROIBITO: carpe così grosse erano un miracolo per i nostri nonni. Se sapessero che oggi noi usiamo le loro esche...

Non me ne ero quasi accorto, ma era già arrivato il tramonto. Vedevo il filo tagliare a zig-zag il riflesso del sole sull’acqua. Con molta fatica riuscii a portare il pesce sotto di me: era una carpa grossissima. Come potevo portarla a riva senza un guadino? Confidando nella bontà della mia attrezzatura, indietreggiai lungo il molo per qualche metro fino ad alcuni scalini che portavano all’acqua. Scesi verso il pesce e lo “guadinai” con le mani. Era bellissimo: una regina quasi bianca con le pinne rosse. Boccheggiava forte, stremata dal combattimento. La slamai,

ma fui distratto subito da qualcosa. Alzai lo sguardo di colpo e per la prima volta vidi gli occhi di Vinicio. Mi guardava da sopra la spalla, di striscio. La carpa scodò con forza e in mille spruzzi ritornò in acqua.

Opinioni contrastanti

Passai più di due mesi a cercare di scoprire di cosa fosse fatta quella pastella. Dalla pescata me ne era avanzata una piccola pallina. La annusavo e cercavo di percepire qualche segnale che mi svelasse la ricetta segreta. Forse, era un solo ingrediente a sfuggirmi… La feci annusare a innumerevoli persone. Mia

nonna diceva che quella cosa “schifosa” era fatta con le budella del maiale, il droghiere mi disse che sicuramente conteneva ingredienti che venivano dall’Oriente e che quindi non aveva nulla “A fondo e anche di simile a disposizione, a galleggiante mentre il padre di un mio amico, contadino, esattamente come si mise a ridere quando faceva Vinicio...” la annusò, dicendo che altro non era se non una miscela di farine di mais impastate con whisky. Insomma, era un bel grattacapo che mi fece trascorrere interi pomeriggi in cantina a sperimentare miscele su miscele.

Innesco anti-strappo

Basta una boilie per non far scivolare via la polenta dal rig

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MODELLIAMO LA PASTELLA a forma di pera, poi schiacciamola e poniamo al centro la pallina e parte del capello.

3 IL GIOCO È FATTO: abbiamo preparato un innesco che non si sfalderà durante il lancio e al contatto con l’acqua. Poi, grazie alla boilie “interna”, rimarremo in pesca anche se la minutaglia sfalderà la polenta.

LAVORIAMO L’IMPASTO intorno alla boilie fino a ottenere un’esca compatta. Non preoccupiamoci se la pastella è troppo grande: le carpe la mangeranno comunque.

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Polenta e

pastelle

Pastella... burro e Nutella Pastella rapida con ingredienti insospettabili

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“polentari” più incalliti di solito aromatizzano le loro pastelle e le loro polente con le spezie: anice, noce moscata, cannella e pepe nero sono le più usate. Non fanno altro che inserire le spezie al momento dell’impasto. Però, ci sono due ingredienti un po’ più “moderni” ma altrettanto attrattivi che si possono utilizzare in alternativa alle spezie e che danno il meglio di sé soprattutto dai mesi caldi fino all’autunno inoltrato: stiamo parlando del burro d’arachide e della Nutella. Il primo non siamo certo abituati a usarlo come esca. Piuttosto, lo vediamo consumato a chili nelle sit-com americane. Eppure è un gran bell’ingrediente: è gustoso, dà una bella impronta e si fa apprezzare per un odore inconfondibile. E alle carpe piace: meglio usarlo quando la temperatura dell’acqua non è troppo bassa, per intenderci dalla tarda primavera

a fine autunno, perché è un ingrediente grasso e “pesante”. Un po’ più versatile è la Nutella, una crema alla nocciola che fa impazzire i bambini e non solo grazie al suo gusto inimitabile. Come inserire in una pastella questi due ingredienti? Impastiamo con latte e acqua due parti uguali, per esempio 300 grammi più 300 grammi, di farina bianca e di farina di mais. Poco prima che la pastella arrivi alla consistenza desiderata, aggiungiamo all’impasto qualche “noce” di burro d’arachide o di Nutella. Quest’ultima ci darà qualche problema perché è molto collosa e difficile da “lavorare”: non esageriamo con la dose! Non è necessario cuocere l’impasto, ma consigliamo di recuperare spesso la lenza e di lanciare con delicatezza perché le pastelle così formulate sono molto morbide e poco resistenti.

L’amicizia che cambia la vita

Poi arrivò Simone. Me lo ritrovai come compagno di banco una mattina a scuola. Legai subito con lui perché era un bambino simpatico e sportivo: giocavamo spesso a pallone per le strade, oppure facevamo interminabili sfide in bicicletta nella campagna intorno al paese. Un giorno decisi di svelargli il mio “segreto”. Avevo fiducia in lui, forse perché tra tutte le cose che avevamo in comune non c’era la pesca. L’avevo portato qualche volta, ma non c’era stato nulla da fare: si annoiava e abbandonava la presa dopo pochissimi minuti. Un pomeriggio lo portai nel mio “laboratorio” e gli feci vedere i miei esperimenti. Ormai sull’orlo della disperazione, chiesi anche a lui: «Sìmo, ma secondo te con cosa è fatta questa roba?», e gli lanciai la pallina di pastella che custodivo gelosamente in un cassetto avvolta in un panno. E lui: «Non lo so proprio, penso solo che fa schifo». E me la rilanciò: «Ma forse ti posso aiutare». Mi illuminai. «Dai, andiamo al campetto, ci aspettano, domani ti spiego tutto».

A caccia del segreto

Il giorno dopo seguii Simone lungo una strada che, in bici, avevamo attraversato innumerevoli volte. Si trattava di una lunga salita tra le case dove spesso scattavo per distanziarlo: se volevo vincere le gare in bici contro di lui, dovevo per forza dare il massimo proprio lungo quel pendio. Simone mi avvertì: «Almeno per oggi non scattare, ci si ferma a metà della strada». Rimasi a ruota per un po’, fino a quando Simone svoltò a destra. Appoggiammo le biciclette dietro a un cespuglio e ci guardammo intorno. «Guarda cosa ho trovato qualche tempo fa…»: il mio amico allora armeggiò con la serratura, aprì la porta di legno ed entrò in uno stanzino buio. «Muoviti! Vieni dentro!», mi scosse. Simone accese una piccola lampadina. Dopo l’agitazione iniziale, mi calmai e lo sentii: quell’odore. Estrassi dalla tasca la pastella di Vinicio e la confrontai con la puzza che percepivo in quella stanza: l’odore era lo stesso e quello doveva senza ombra di dubbio essere il laboratorio del vecchio e schivo pescatore.

MICIDIALE IN ACQUE CALDE: il burro d’arachidi rende bene soprattutto in estate e nella prima parte dell’autunno. Dà un’impronta alla pastella davvero irresistibile.

PIACE ANCHE AI PESCI: la Nutella non è solo una crema irresistibile per gli uomini. Usiamola con fiducia in pesca, verremo ripagati a suon di carpe...

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“Pasta Verde”

«Vieni, qui ci sono cose davvero interessanti. Almeno per te…», disse Simone, mentre con la lampadina illuminava il perimetro della stanza. C’erano tanti scaffali, ognuno dei quali ospitava una serie innumerevole di boccette, ampolle e bottiglie. Poi, lungo le pareti, stipati per terra, c’erano alcuni sacchi pieni zeppi di farine più o meno fini. Le annusai, una a una: «Mais… Semola… Patate… Pane… Crusca…». «Guarda qui!»: Simone mi fece cenno di seguirlo nell’angolo più buio del laboratorio. Alla luce della lampadina apparve un grosso tavolo da lavoro. Vi erano pentole, contenitori pieni di farine, piccole boccette quasi vuote. E c’erano alcuni impasti avvolti in panni umidi. Ne sollevai uno e vidi la verde, elastica, inconfondibile pastella di Vinicio. Però, trovai la cosa più interessante alzando lo sguardo. Sopra il tavolo, appesi al muro, vi erano alcuni foglietti. Ognuno di essi ospitava un elenco. Su di uno c’era scritto: “Pasta Verde”. Quasi senza pensarci, lo strappai dal muro e me lo misi in tasca. «Andiamo via, ci torniamo

un’altra volta, se ci beccano sono dolori!»: Simone mi spinse fuori dalla stanza, spense la luce e richiuse la porta di legno. Non vedevo l’ora di tornare a casa per leggere quel foglietto. Addirittura, quel giorno stracciai Simone anche in pianura, mulinando a più non posso i pedali della mia bici. Entrai in casa e mi chiusi in cantina: «Ci si vede domani!».

Successo clamoroso

In pochi giorni il mio nome cominciò a circolare sulle bocche di tutti i pescatori che frequentavano il molo. Quando andavo a pescare catturavo chili e chili di pesce. Grandi, piccoli, medi: ogni cinque minuti vedevo i segnali di un’abboccata e recuperavo qualcosa. «Cresce bene», dicevano alcuni. «Tutto suo nonno», dicevano altri. Poi, c’era anche chi non voleva ammettere che ero diventato bravo: «La fortuna dei principianti...». Fatto sta che quel foglietto aveva cambiato le mie pescate. Sulla base della ricetta “segreta” realizzavo ogni giorno una palla di pastella grossa come un’arancia, poco prima di

Booster casalingo

Immergiamo la boilie nel miele, fino a che non viene totalmente inghiottita dal dolce fluido dorato. Lasciamola immersa pochi secondi e poi tiriamola fuori. Il miele in eccesso gocciolerà in abbondanza: con un legnetto eliminiamo le ultime gocce.

andare a pesca: la tenevo in tasca, avvolta in un fazzoletto bagnato, e mi bastava per una giornata intera. Era così micidiale che non avevo nemmeno bisogno di pasturare. Unica, la pastella di Vinicio: elastica, indistruttibile e morbida. Eppure, c’era qualcosa che non andava. Avevo Ancora oggi è seguito la ricetta tale e possibile usare i quale, ma avevo ottemetodi semplici e nuto una pastella non proprio identica a quelnaturali di una volta la di Vinicio. La consistenza era la stessa e pure il colore. Mancava, però, quel nauseabondo “odore dell’inferno” che la rendeva l’esca più micidiale di tutte.

Bastano un po’ miele e un aroma in polvere 2

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AMBIENTE D’ALTRI TEMPI: le carpe di fiume adorano la polenta. Nel Ticino, però, ne servono quintali!

Ora tocca all’aroma: poggiamo la pallina ricoperta di miele nel contenitore dell’aroma in polvere. Facciamo in modo che la polvere vada a coprire l’intera boilie. Ruotiamo la pallina più volte affinché il miele raccolga più aroma possibile: è fatta.

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Et voilà, l’innesco è pronto: grazie al miele avremo una pallina super-dolce e nutritiva, che sarà anche parecchio attrattiva grazie all’aroma in polvere. In acqua durerà un po’ di più perché il miele la “impermeabilizza”.

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Polenta e

pastelle Perso in queste domande, vidi la vetta di una canna flettersi. Ferrai e portai a riva una bella carpa. Mi sentii osservato, mentre ero chinato per slamarla: girai lo sguardo e rividi i suoi occhi. Era come se mi leggessero la mente. E mi sentivo un bel po’ in colpa.

Ritorno pericoloso

È proprio vero che quando hai tutto vuoi anche di più. Non mi bastava catturare tanti pesci; il mio obiettivo era realizzare la vera pastella di Vinicio. Fu così che decisi di ritornare in quel laboratorio. Questa volta da solo, senza coinvolgere Simone. Nascosta la bici dietro un cespuglio, notai che la porta di legno era già aperta: forse Vinicio si era dimenticato di chiuderla. Entrai e fui avvolto dal buio e dal freddo. Cercai la lampadina e poco dopo mi mossi tracciando la via con quella luce fioca. Non sarei uscito Da bambini si vuole da lì senza aver trovato il pezzo mancante del essere grandi, da puzzle, l’ingrediente grandi si sogna di che dava odore alla patornare bambini... stella. Mi fiondai verso il tavolone per leggere tut-

ti gli altri foglietti appesi al muro. Erano ricette simili a quella della “Pastella Verde”, nulla a che vedere con aromi o essenze speciali. Mi spostai allora verso gli scaffali e iniziai ad annusare una per una tutte le boccette. Sapevo di cercare un ago in un pagliaio, ma non volevo mollare. «Ti manca qualcosa, vero?».

Fine del gioco

Una voce rauca e profonda interruppe la mia ricerca. Vidi la porta d’ingresso aprirsi e la silhouette di un uomo in controluce. Poi, due occhi che avevo già visto: «Nessuno ti ha insegnato che non si entra in casa altrui senza chiedere il permesso, ragazzetto?». Era Vinicio. Sentire la sua voce per la prima volta mi mise paura. «S-Signore, mi scusi davvero... io...», cercai invano di giustificarmi. Mi bloccò: «Allora, cosa fai qui dentro?». Mano a mano che la sua sagoma si avvicinava io indietreggiavo, tenendo la lampadina davanti al volto. Fino a quando incocciai con la schiena contro una mensola, facendo rovesciare alcune boccette. «Dov’è finito il coraggio di qualche mese fa, quando mi hai

ANCHE NEI GRANDI LAGHI: le esche “storiche” funzionano soprattutto quando i pescatori sono tanti e siamo obbligati a differenziarci dagli altri.

Anche con le patate, esca fragile ma efficace I

nostri nonni non avevano tutte le esche che abbiamo a disposizione oggi. Il loro “negozio di pesca” era la natura che li circondava. Oltre al classico mais e alle già citate polente e pastelle, i vecchi pescatori usavano anche tuberi, frutta e verdura. Dopotutto, si tratta di veri e propri alimenti, tanto che ai tempi non era considerato strambo chi usava le amarene, le more, le castagne o le ghiande come innesco. Tra le esche “antiche” oggi poco usate ci sono anche le patate. Costano poco, sono digeribili, sono ricche di carboidrati e facili da preparare. L’unico loro difetto è che sono fragili e “tengono” poco l’innesco. Ecco le fasi per prepararle.

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Usiamo le patate novelle, o comunque quelle piccole. Sbucciamole e, se vogliamo ridurne la dimensione, tagliamole in pezzi più piccoli. La quantità di patate da utilizzare dipende dalle nostre esigenze. Teniamo ben presente, però, che più ne vogliamo... più dobbiamo sbucciare.

2 Facciamo bollire un po’ d’acqua in una pentola. Possiamo decidere se lasciare le patate “al naturale”, oppure “potenziarle”: in questo caso, sciogliamo in acqua dello zucchero o del dado in polvere. Per tentare gli amur, inseriamo un po’ di aglio in polvere.

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chiesto “un po’ di esca”? Guarda come tremi, bimbo», disse il vecchio, avvicinando i suoi occhi a miei. «Le chiedo scusa... la prego, mi lasci andare...», con uno scatto mi divincolai da Vinicio e mi lanciai verso la porta, che si chiuse poco prima che riuscissi ad uscire. A chiuderla era stato Simone. Gli sbattei contro: «Ti prego, aiutami!».

Dove vuoi arrivare?

Vinicio si voltò e mi rivolse di nuovo la parola: «Mi piace pensare che tu stia provando quello che vivono i pesci quando cadono nell’inganno della mia pastella». Fissandomi, proseguì: «Si accorgono di qualcosa di irresistibile, si avvicinano,

se ne vanno, tornano, prendono un boccone, poi due. Sono sazi, ma quel cibo è troppo buono e non resistono: così mangiano un boccone in più, quello fatale». Ero impaurito, chiuso tra Vinicio e Simone: «Io... non capisco... Simone, che mi vuoi fare?». Il mio amico si limitò a guardarmi. Poi, di nuovo la voce del vecchio: «Non ti bastava quel foglietto? Hai catturato tanto, tutti parlano di te...». «Sì, ma io... non so perché... è stato più forte di me, volevo la sua pastella!», provai a discolparmi. «Ma l’avevi! Te ne avevo data un po’. E tu hai voluto di più: mi hai rubato la ricetta, ma

Luogo comune: i “rimedi antichi” non tradiscono mai. Sarà vero?

Cuociamole per 10 minuti per avere un’esca veloce, economica e facile da digerire 3

È il momento di mettere le patate nella pentola. Attenzione a non esagerare con la quantità, altrimenti rischiamo di non cuocerle bene. Poi, mescoliamole spesso con un mestolo e tastiamone la consistenza durante la cottura: non devono diventare troppo morbide.

4 Se non prepariamo patate gigantesche, di solito bastano 10-12 minuti di cottura. Spegniamo il fuoco e con un mestolo togliamole il più velocemente possibile dall’acqua. Poi, mettiamole in uno scolapasta o in un cestello per la cottura a vapore così da eliminare l’acqua in eccesso.

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Quando le patate sono fredde possiamo subito innescarle. Se peschiamo in spot pieni di pesce di disturbo, è sempre bene avvolgere quelle da innesco in una calza o in una retina. Avvertenza: le patate preparate vanno usate il prima possibile, perché deperiscono in fretta.

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Polenta e

pastelle ti sei accorto che mancava qualcosa. Ecco, tu non hai questa cosa qui»: Vinicio estrasse dalla tasca un piccolo sacchetto con una farina dorata. «La vorresti, vero?»: la figura del vecchio si stagliò sopra di me, mentre mi facevo piccolo piccolo al suolo. «No! No! Non la voglio, mi faccia tornare a casa, la prego!».

Sospiro di sollievo

BOCCA PICCOLA? Non c’è problema: le carpe sono talmente golose di pastella che riescono a ingoiare... anche una palla da tennis.

«Nonno, ora basta»: Simone mi prese per le spalle e mi tirò su. Il vecchio Vinicio si diresse verso il tavolo e iniziò a miscelare alcune farine. Pochi secondi di silenzio che mi parvero ore. Poi, riprese a parlare: «La prima volta non sei venuto qui per caso. Ti ha portato Simone, mio nipote. Mi aveva colpito la tua determinazione. Avresti potuto tornare a casa, quel giorno di vento. Invece, mi hai chiesto ciò che nessuno mi aveva mai chiesto prima. E ho visto quanto tempo passi sul molo. Osservi, ascolti, peschi». Il vecchio fece una pausa e intanto inserì l’ingrediente “magico” nell’impasto. «Volevo vedere la tua reazione. Potevi accontentarti della mia pastella, come un mediocre pescatore: il tempo di poche catture e poi saresti tornato ai bigattini. Invece hai provato a rifare la mia

invenzione: ogni volta che venivi al molo ne avevi una miscela diversa, sentivo gli odori dei tuoi strambi esperimenti».

Ricominciare da zero

Schiacciò la pastella sul tavolo e iniziò a lavorarla. «Venni a sapere da Simone che tu stavi impazzendo alla ricerca dei miei “segreti”. Ho voluto ingannarti, per vedere fino a dove ti saresti spinto. Stavi andando bene: osservavi, annusavi. Poi hai scelto la strada più facile, rubando il foglietto e portandotelo a casa. Tu non mi hai visto, ma io ero lì». Mi voltai verso Simone, che annuì. Reagii: «La prego di scusarmi, signor Vinicio, ma io non volevo proprio rubarle i segreti, li avrei tenuti per me, li avrei custoditi... prendere quel foglietto è stato più forte di me!». «Lo so, lo so. Dopo tutto, sei ancora un ragazzino...». Prese un panno, lo inumidì, vi infilò la pastella appena realizzata e lo allungò verso di me. «Tieni», mi disse, «ricominciamo da zero: ti do la mia pastella, ma non mi chiedere altro. L’ingrediente segreto lo scoprirai da te. Forse non saprai mai cos’è. Sta a te, alla tua costanza e alla tua voglia di sperimentare. E non azzardarti a parlarmi di

nuovo mentre sono in pesca, io sono il vecchio Vinicio».

Vecchia volpe

Con un gesto indicò a Simone di portarmi fuori. Lui rimase dentro al suo laboratorio, solo. Dopo quell’incontro ci ritrovammo altre volte solo sul molo, lui in cima e io alla sua sinistra. Non osavo parlargli, né lui mi guardava, esattamente come aveva sempre fatto. Ma ogni giorno lo percepivo lì al mio fianco: lo vedevo fermo immobile a fissare l’acqua, curvo sul suo sgabellino, la mano destra che animava la tasca modellando la pastella. Io non scoprii mai l’ingrediente segreto. Ci provai, ma non ci fu niente da fare. Sulla base della sua ricetta creai la mia pastella, costruii il mio “segreto”. Quel vecchio pescatore mi aveva insegnato che le esche “segrete” non cascano dagli alberi, ma sono il frutto di fatica, di esperimenti, di fantasia. E anche di solitudine. Oggi che è passato tanto tempo, sono convinto che nella pastella di Vinicio non ci fossero ingredienti segreti. C’erano solo la costanza e il patrimonio di ore e ore passate in fondo a quel molo, con il sole e con la pioggia, di giorno e di notte: la saggezza di un pescatore d’altri tempi.

Gli ingredienti di un’esca miracolosa? Studio, fantasia e tantissima pratica!

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