Moon and Stars 2008

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IL CAFFÈ

Il rocker di Zocca

Il nuovo volto di Blasco

MAGAZINE 5

Eventi MOON

A PAGINA 3

La leggenda vivente

&STARS

Carlos, la chitarra e stop A PAGINA 4

I cinque inossidabili

Lo Status di essere band A PAGINA 6

E 20.30 MERCOLEDÌ 9 LUGLIO OR

VASCO ROSSI .30 GIOVEDÌ 10 LUGLIO ORE 20

SANTANA

20.30 VENERDÌ 11 LUGLIO ORE

JOVANOTTI

.30 SABATO 12 LUGLIO ORE 20

STATUS QUO 20.30 MARTEDÌ 15 LUGLIO ORE

JAMES BLUNT E 20.30 MERCOLEDÌ 16 LUGLIO OR

ALICIA KEYS .30 GIOVEDÌ 17 LUGLIO ORE 20

LENNY KRAVITZ 20.30 VENERDÌ 18 LUGLIO ORE

R.E.M.

.30 SABATO 19 LUGLIO ORE 20

PAUL SIMON E 20.30 DOMENICA 20 LUGLIO OR

JUANES

Un’esplosione di

stelle

Dieci serate che si trasformano in altrettanti eventi in Piazza Grande a Locarno, in una travolgente cavalcata affidata alle star che dominano le hit parade mondiali Speciale de

direttore responsabile LILLO ALAIMO

La collezionista di Grammy

Bella e sensuale Alicia A PAGINA 8

Rivoluzionario in amore

Il sex symbol Lenny A PAGINA 9

L’impegno americo-latino

Camisa negra di rigore A PAGINA 13

testi di ALBERTO COTTI, CORRADO GALIMBERTI, PATRIZIA GUENZI, EZIO ROCCHI BALBI e MASSIMO SCHIRA


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IL CAFFÈ Estate 2008

EVENTI

MOON & STARS LOCARNO

“È un’edizione da giubileo!”

Il direttore André Béchir racconta il suo quinto Moon&Stars

MASSIMO SCHIRA

Fabio Bonetti Ente turistico Lago Maggiore

N

on esita a definirla “un’edizione da vero giubileo, con un punto forte dietro l’altro”. E non si può certo dar torto ad André Béchir, gran patron della Goodnews, società che da cinque anni organizza il festival Moon&Stars in Piazza Grande a Locarno. E per festeggiare il lustro d’esistenza ha voluto fare le cose in grande, dando vita ad un cartellone di dieci concerti dieci. Apertura col botto con Vasco Rossi e via via a snocciolare grandi nomi. Da Lenny Kravitz a Paul Simon, passando per Jovanotti, Santana e Alicia Keys. “Credo che siamo riusciti a raggruppare uno spettacolo unico nel suo genere - confida Béchir al Caffè -. Grazie anche al fatto che la città di Locarno ci ha messo a disposizione più date. E anche grazie ai cambiamenti che Estival Jazz a Lugano ha apportato alla manifestazione”. Dieci serate. Come mai una scelta tanto vasta? “Avendo più serate a disposizione, aumenta anche la flessibilità. Si trova più facilmente l’accordo con gli artisti che sono in tournée”. Particolare attenzione ha suscitato l’arrivo di Vasco Rossi. Un “clin d’oeil” verso il nord Italia per Moon&Stars? “No, non è voluto. Sapevamo innanzitutto che Vasco Rossi era una bomba per il Ticino. Pensiamo certamente prima alla Svizzera, visto che in Italia non vendiamo biglietti”. Le 10 serate rappresenteranno però un “precedente” impegnativo per il futuro… “Certamente non riusciremo (né vogliamo) garantire le 10 serate per le prossime edizioni. Con la flessibilità riusciremo comunque ad organizzarci al meglio”. Che corrisponde a quanti concerti? “Ci accontenteremmo di 7. L’importante è riuscire ad occupare due fine settimana, perché è il momento in cui anche gli appassionati della Svizzera tedesca si spostano più volentieri verso il Ticino”.

“Benvenga un pubblico più giovane” Dieci serate nel 2008. Obiettivo 100mila spettatori per il direttore Béchir? “Sarebbe il massimo… (ride). No, no, andiamoci con calma. E realismo. Diciamo che 80mila sarebbero un risultato eccellente per noi. Significherebbe superare mediamente il 90% d’occupazione”. L’attenzione e l’attesa per Moon&Stars stanno crescendo. Certamente un buon segno. “Ne sono convinto. A tre mesi dal primo concerto avevamo già venduto 50mila biglietti. Un risultato che non ci aspettavamo, ma che ci ha dimostrato quanto l’offerta sia apprezzata”. Ci saranno novità di rilievo nel “contorno” di Moon&Stars? “Si può sempre migliorare qualche dettaglio, ma penso che proseguiremo sulla falsa riga delle scorse edizioni. All’esterno dell’area concerti ci sarà qualche cambiamento in “Piazza Magnolia”, davanti alla Posta. Un luogo che vorremmo d’incontro per gli appassionati anche all’infuori degli orari dei concerti”. Per tornare all’offerta, Goodnews in Svizzera sta organizzando davvero moltissimo. Come leggere questo grande impegno? “C’è molta voglia di musica dal vivo. Nonostante telefonini, iPod e Mp3, un artista live è un’altra cosa. E il pubblico lo sa. Il mercato, poi, è molto ambizioso. Si rischia di farsi travolgere e poi doversi accontentare di concerti ‘di Serie B’. Ma noi vogliamo giocare in… ‘Champion’s League!” mschira@caffe.ch

Il sindaco Carla Speziali

“Un evento possibile solo a Locarno” U

na manifestazione regina. Col Festival del film, Moon & Stars completa l’offerta culturale e ricreativa della regione. Ma, soprattutto, è possibile solo a Locarno. Naturalmente grazie alla Piazza Grande. A dirlo è Carla Speziali, il sindaco che per quell’Agorà s’è battuto strenuamente affinché fosse liberata dal passaggio delle automobili e dai parcheggi, incurante delle ire dei commercianti. “Parliamoci chiaro - premette -, la nostra piazza è unica. Lo sanno bene gli artisti che conoscono Locarno e ci vengono volentieri proprio perché è un palcoscenico d’eccezione”.

Insomma, Carla Speziali non cela il suo entusiasmo e aspetta il fischio d’inizio della manifestazione musicale - dieci serate che dal 9 al 20 luglio invaderanno con note, luci e suoni la “sua” piazza - per veder pulsare la “sua” città. “Moon & Stars è un appuntamento atteso e riconosciuto da tutti - spiega - frutto di una stretta collaborazione della città con gli organizzatori. Noi diamo loro la possibilità ideale per far valere l’esperienza e la professionalità che da ormai cinque anni portano a Locarno con l’esibizione di veri e propri big della musica, mostri sacri a volte. E siamo ben felici di collaborare”. Eppure, così come il Festival di Locarno ad un certo punto sembrava facesse gola a Lugano, chissà mai che anche Moon & Stars non faccia venir voglia a qualche altra città di farsi avanti. “Nessun timore che qualcuno ce la possa portar via - taglia corto il sindaco -. Ce lo confermano i big che ogni anno tornano volentieri ad esibirsi a Locarno”. E spiega: “Inutile girarci intorno. Piazza grande è fondamentale e unica nel suo genere. Per l’acustica, l’atmosfera… Le emozioni che si pro-

vano a guardarla dal palco sono indescrivibili. Ecco perché gli artisti tornano. Sono stimolati da un quadro di questo tipo”. Insomma, un evento consolidato “l’avevamo capito sin dal primo anno che era una scommessa vincente”, che, fatto per niente trascurabile, riempie gli alberghi della regione. “Quest’anno ancor di più rispetto alle scorse edizioni”, precisa Speziali. E un programma che cerca di accontentare un po’ tutti i gusti e un po’ tutte le età. “Con un occhio di riguardo ai nostri giovani. Generazione particolarmente cara a Locarno. Ecco perché siamo contenti di offrire qualcosa di qualità anche a loro, di offrire un’opportunità unica di vivere i big internazionali”. Tutto bene. Unica nota dolente, che di anno in anno solleva qualche polemica, il costo dei biglietti. “Mi rendo conto che per una famiglia di quattro persone diventa proibitivo andare tutti al concerto - ammette il sindaco -. Tuttavia, quest’anno sono un po’ meno cari. Inoltre, abbiano agevolato l’impiego dei trasporti pubblici e organizzato treni supplementari con uno sconto del 50 per cento”. p.g.

“C

ome inizia la prevendita dei biglietti dei concerti di ‘Moon and Stars’ i telefoni degli alberghi squillano. Benvengano, quindi, manifestazioni di questo tipo”. Soddisfazione piena sul volto del direttore dell’Ente turistico Lago Maggiore, Fabio Bonetti. E non potrebbe essere altrimenti, visto che la kermesse canora da cinque anni coinvolge un pubblico che s’aggira tra i 40 e i 50mila spettatori, con un aumento dei pernottamenti del 10 per cento negli alberghi di Locarno. E anche per l’imminente edizione - da giubilo (vedi articolo principale), che avrà luogo in Piazza Grande a Locarno dal 9 al 20 luglio prossimi - si prevede un’affluenza record. D’altro canto il calendario 2008 è particolarmente ricco e zeppo di nomi di fama internazionale. “Tutti personaggi che, ovviamente, spostano un pubblico molto giovane che va dai 20 ai 30 anni nota Bonetti -. Il che rientra nei nostri obiettivi. Da cinque anni stiamo lavorando per abbassare l’età media dei nostri turisti, quindi puntiamo sulle famiglie soprattutto. Siamo riusciti ad abbassarla dai 50-55 anni di una volta ai 40 di oggi”. E luglio è anche il mese prescelto dai genitori che amano spostarsi con la prole al seguito. Magari ne approfittano per fare una capatina in Piazza Grande e godersi uno spettacolo. Tuttavia, il pubblico dei concerti è tendenzialmente “mordi e fuggi”. Nel senso che si sposta in un giorno solo, rientrando immediatamente al proprio domicilio la sera stessa finito il concerto. “Ma è facile che poi torni in un secondo tempo, incuriosito e intenzionato a meglio visitare le nostre regioni”, commenta Bonetti. Insomma, Moon and Stars un biglietto da visita per promuovere l’immagine della regione di Locarno, sia a livello svizzero che internazionale, Italia e Germania in testa. “Il battage pubblicitario legato ai grandi nomi in cartellone richiama un pubblico molto vasto”, conferma Bonetti. Inoltre, indubbi vantaggi anche sul fronte dei pernottamenti e la possibilità di attirare un pubblico decisamente più giovane grazie agli artisti coinvolti nella rassegna. m.s.


EVENTI

MOON & STARS LOCARNO

Nel nuovo album il rocker di Zocca vuol essere capace di “accontentarsi”. Ma in concerto…

IL CAFFÈ Estate 2008

Mercoledì 9 luglio ore 20.30

VASCO ROSSI www.vascorossi.net

La nuova faccia del “Blasco” Una delle classiche espressioni “da Vasco” sul palco, aggrappato al micrfono…

MASSIMO SCHIRA

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ire che Vasco Rossi non è capace di sorprendere, a questo punto, sarebbe davvero ingeneroso. Non tanto a livello musicale, perché il nuovo “Il mondo che vorrei” è molto “Blasco” a livello di sonorità. Quanto per alcuni contenuti. Ma dove è andato a nascondersi il “Blasco” rinnegato del “ci vuole sempre qualche cosa da bere, ci vuole sempre vicino un bicchiere” (da “Stupendo”)? A presentarsi al 2008 è un rocker che lancia ai suoi fan un messaggio rinnovato. “Quando penso che non è cosi il mondo che vorrei, non si può fare quello che si vuole, non si può spingere solo l’acceleratore, guarda un pò ci si deve accontentare, qui si può solo perdere e alla fine non si perde neanche più!”, tanto per citare una strofa della “title track” dell’ultimo sforzo musicale del rocker di Zocca. Un messaggio un tantino “politically correct”, se interpretato attraverso il popolo del Blasco. Ma, anche qui, ci sarebbe da interrogarsi sulla vera natura della novella “combriccola”, tanto eterogeneo e pantagruelico è diventato il pubblico del 56enne cantautore. Tutti vogliono Vasco, e tutti vanno ai concerti di Vasco. Giovanissimi ed ex sessantottini, uniti sotto il palco del Blasco. E lui che fa? Improvvisamente sembra invecchiare - dicono alcuni -, si rinnova, replicano altri. In realtà probabilmente la verità sta lì nel mezzo: rimane Vasco tale e quale. Anche se i numeri gli danno maledettamente ragione. Solo “a scatola chiusa” il suo album 2008 ha venduto oltre 300.000 copie in prevendita. Per non parlare dei suoi concerti. Una garanzia di tutto esaurito per gli organizzatori. Non è un caso che Vasco Rossi sia uno dei pochi artisti che vede cifre ridicole alla voce “promozione eventi” del suo budget. È vero che tra web, radio e media vari ogni suo tour, concerto o esibizione viene abbondantemente sbandierato (e gratis) con largo anticipo, ma è altrettanto vero che tappezzare la città che lo ospita di suoi poster, o affidarsi ad un volantinaggio che annuncia la prevendita dei biglietti per assistere ad un suo show, sarebbe un antiecologico quanto inutile spreco di carta e di risorse. Basta fissare la data del concerto, infatti, che il cartello del “sold out”, del tutto esaurito, campeggia dopo poche ore... Non poteva, e non ha fatto, eccezione la data incastonata nelle serate di Moon & Stars ‘08 che, appena annunciata ufficialmente, è stata immediatamente “blindata” da un manipolo delle legioni dei suoi fans. Un’attesa che non poteva essere che tale, visto che già nel settembre scorso, quando sono trapelate le prime voci che il suo nuovo album sarebbe uscito, appunto, nel 2008. Un’attesa che s’era fatta spasmodica soprattutto grazie alle indiscrezioni che registravano tutta una serie di legami burocratici abbinati ai cambi di dirigenza alla Emi, la casa discografica di Vasco. Tanti misteri, forse troppi, poi dissipati dalla presentazione, a fine marzo, dell’hit

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preannunciato “Il Mondo che vorrei”. Un’anteprima contesa e vissuta in un noto locale milanese, il “Mu” di via Marghera, che ha avuto il privilegio del primo ascolto del cd e della visione del video del singolo, girato giusto il mese prima a Los Angeles con la regia di Marco Ponti. Saranno proprio i brani dell’ultimo lavoro che riempiranno la serata locarnese in Piazza Grande? Certamente non solo, perché Vasco non è solo invecchiato all’anagrafe, ma - con gli anni e gli innumerevoli concerti - è diventato un’autentica volpe del palcoscenico. Anche se potrebbe sembrare “ripetitivo” all’occhio e all’orecchio dei non “adepti”, un concerto di Vasco è - e rimane - uno spettacolo di ottimo livello. Ma il rocker di Zocca sa anche che i suoi fedeli fan vogliono sentire le grandi canzoni del recente passato. E lui, confortato dai numeri, non si scompone e accontenta quelli che pagano il biglietto. Perciò inutile attendersi sconvolgimenti: nelle due ore in Piazza Grande il “Blasco” non cambierà certamente strada, pescando qua e là tra una serie quasi infinita di successi, che gli rendono oggi “semplice” la vita live. Nel senso che riesce a rendere un concerto diverso dall’altro grazie al puzzle di canzoni che intende cantare. È una specie di “Greatest Hits” ambulante, tanto vasto è il suo repertorio da concerto in cui inserisce, come presine di sale, i nuovi successi. Tanto per farli entrare nelle orecchie del pubblico. Per poi terminare, noblesse oblige, con la classicissima “Albachiara” che - checché se ne dica - vissuta dal vivo riesce sempre e comunque a far venire la pelle d’oca. Ma lasciamoci sorprendere, chissà che a Locarno peraltro Vasco ad Ascona ha mosso i primi passi, una trentina d’anni fa non regali qualcosa di davvero speciale. Del resto non gli capita molto spesso di suonare e cantare davanti a “pochi intimi” come in Piazza Grande. mschira@caffe.ch

Numeri da record Anche per il concerto di Locarno, Vasco ha confermato di essere un’attrattiva formidabile. Tutti i biglietti sono andati esauriti in poche ore e su internet si è scatenata la caccia, anche a costi “esplosivi”.

Un disco ‘sold out’ In poco più di una settimana le vendite del nuovo album di Vasco Rossi hanno toccato quota 400 mila copie. Un autentico fenomeno di massa che si rinnova da ormai molti, moltissimi anni e aumenta ancora.

Un primato dietro l’altro, fin dalle prevendite Il 56enne cantautore italiano è sempre un vero fenomeno per il mercato della musica

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vrà anche alle spalle un trentennio buono di carriera, ma Vasco Rossi è - e continua ad essere - un vero e proprio fenomeno “paranormale” per il mercato della musica. Sia discografico, sia concertistico. In Italia, ad esempio, supera ogni limite con i suoi concerti. Nonostante riempia stadi e piazze con Tour che toccano tutte le maggiori città, la “Vascomania” non basta mai ai suoi fedelissimi. A Milano è perfino stato costretto ad aggiungere una serata per cercare - evidentemente senza riuscirci - ad accontentare tutti. Roba da Rolling Stones, considerando i 200mila biglietti venduti in pochi giorni. Senza contare l’appeal dei suoi concerti nelle grandi aree aperte. Qualche anno fa vennero superate di gran lunga le 100mila presenze in una sola serata al Jammin’ Festival all’autodromo di Imola, l’anno scorso successe il finimondo a Venezia, sempre per la stessa manifestazione e il concerto evento del parco San Giuliano venne annullato con oltre 120 mila biglietti venduti. E il boom del Blasco prosegue anche attraverso le

vendite di dischi. Anzi, le prevendite. In più di 300mila hanno prenotato il nuovo album “Il mondo che vorrei” non avendo idea neppure del singolo che ha preceduto l’uscita ufficiale del 28 marzo. In poco più di una settimana, il nuovo disco di Vasco Rossi è schizzato in testa a tutte le classifiche italiane. I rivenditori specializzati hanno già tirato le somme dopo pochi giorni, attestando a 400mila il numero delle copie vendute. Se non è un fenomeno, poco ci manca. Anche perché la “regia” è di quelle coi fiocchi. Prima le voci sul nuovo disco, poi qualche “concessione”, come il singolo “Basta poco” regalato soltanto online. Poi le smentite. Infine l’uscita effettiva preceduta, evidentemente, dal consueto battage radiofonico sulla “title track”. Insomma, Vasco Rossi - musicalmente parlando - è un’autentica “macchina da guerra”. Alzi la mano, tra i fan veri di Vasco, chi non ha comprato anche il live all’Olimpico di Roma in versione Dvd. Sempre uguale, sempre Vasco, ma nella bacheca non può certo mancare! m.s.


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EVENTI

MOON & STARS LOCARNO

La chitarra la porto io, Carlos ALBERTO COTTI

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mmaginarlo senza una chitarra tra le mani è semplicemente impossibile. Così come il nome di Carlos Santana è indissolubilmente legato ad uno dei suoi primi album: “Abraxas” che, trainato da brani leggendari come “Black magic woman”, “Oye como va” e “Samba pa ti”, lo trasformano immediatamente in una sorta di leggenda vivente della musica. Una leggenda che, dopo aver pubblicato in ottobre la raccolta dei suoi più grandi successi in quarant’anni di carriera, il 10 luglio salirà sul palco di Moon&Star per l’unica data svizzera del tour europeo “Live your light tour 2008”. E per giungere a Locarno Santana è partito da molto distante: da Autlan de Navarro, in Messico, dove nasce nel 1947. È figlio di un “mariachi”, un suonatore ambulante, che gli insegna a suonare il violino. Ed forse questa la ragione del suo amore per quelle note così lunghe; caratteristica inconfondibile del suo stile. D’altra parte la chitarra, rispetto al violino, è meno delicata, più adatta al repertorio popolare, ma soprattutto al nuovo genere che si stava imponendo in quegli anni: il rock. Di avere un lavoro fisso e regolare non gli passa neanche per la testa, preferisce invece esibirsi nei locali di Tijuana, al confine con gli Stati Uniti. Poi, negli anni ’60 la sua famiglia si trasferisce a San Francisco, dove il giovanissimo Santana si confronta con i generi più disparati. È il 1966 e la “Santana Blues Band” inizia ad acquistare una certa popolarità, pubblicando il suo primo album “Santana” che piano piano scala le classifiche di vendita. Quanto basta per farlo salire sul palco di Woodstock: forse il più celebre raduno della storia della musica rock. È il 1969, Santana sul palco si scatena e offre una delle esibizioni più emozionanti della sua carriera: il pubblico è in delirio ed il chitarrista riesce così ad imporre la sua miscela di rock

e di ritmi sudamericani; nasce il cosiddetto “rock latino”. Pure la componente mistica e religiosa non è estranea alla sua produzione musicale. Così, proprio a partire dagli Anni ’70, Santana segue quasi senza battute d’arresto un suo percorso artistico disseminato di elementi mistici e di ricerca sonora. Proprio in quegli anni esce “Abraxas” che, fra l’altro, contiene brani leggendari come “Black magic woman”. Poi pubblica “Santana III” che alcuni consi-

Come un figlio di un “mariachi” è diventato una sorta di leggenda vivente della musica

“Io conosco il segreto della vita” Mondialmente conosciuto per le sue doti musicali, Santana ama anche comporre aforismi: brevi frasi che condensano principi filosofici o morali. Fra quelli più noti c’ü per esempio: “Rido perchè conosco il segreto della vita. E il segreto della vita è che ho convalidato la mia esistenza. Oggi so che io valgo più della mia casa, del mio conto in banca, o di qualsiasi altra cosa materiale”. Ma anche: “Come abbiamo due occhi e due piedi, il dualismo è parte della vita”.

Da 40 anni in concerto Carlos Augusto Alves Santana nella sua quarantennale carriera ha venduto oltre ottanta milioni di dischi ed è considerato tra i migliori chitarristi esistenti. Finora ha pubblicato 55 album, tra registrazioni in studio, live e raccolte. Sito ufficiale: www.santana.com

Giovedì 10 luglio ore 20.30

SANTANA www.santana.com

derano il suo capolavoro assoluto -, prima di prendersi una “vacanza” dal suo gruppo per una registrazione dal vivo con il batterista Buddy Miles. Una separazione temporanea, ma non infrequente nella sua carriera; anche se serve ad evidenziare un malcelato disagio artistico. Non per nulla emerge un sensibile cambiamento di stile, al punto che il quarto album “Caravanserai”, si avvicina neppure troppo vagamente alle atmosfere jazz, inducendo alcuni elementi del suo gruppo a cambiare aria e a fondare i Journey. Santana nel frattempo approfondisce sempre di più i suoi interessi nei confronti della spiritualità, e insieme al compagno di fede John McLaughlin con il quale condivide lo stesso guru -, realizza un album piuttosto surrealista: “Love Devotion and Surrender”. Da lì in poi la sua carriera oscilla costantemente tra progetti di fusion con amici come Herbie Hancock e Wayne Shorter - e rock più ortodosso; quello più amato dal pubblico. Negli Anni ‘80 le incisioni, anche quelle con ospiti di indubbio prestigio, si susseguono e si affiancano ad una tournée con Bob Dylan e alla colonna sonora di “La bamba”. Commercialmente, nel 1993 fonda una sua etichetta - la Guts and Grace - mentre nel 1994 torna simbolicamente a Woodstock per festeggiare a modo suo il venticinquesimo del festival che gli diede la notorietà. Poi, nel 1999, dopo aver già venduto qualcosa come trenta milioni di dischi, cambia nuovamente casa discografica e con alcuni artisti hip-hop incide “Supernatural”. Ancora una volta le classifiche di vendita lo premiano, mentre gli attribuiscono anche un Grammy Award. Eppure i suoi ammiratori storici, storcono il naso di fronte alle sue ripetute concessioni alle strategie commerciali. Ed il sessantenne Santana, tenta di riconquistarli nell’autunno del 2007 con “Ultimate Santana”, il meglio del meglio della sua quarantennale produzione artistica. acotti@caffe.ch

La spiritualità del sound al servizio dei poveri S ono sufficienti un paio di note lunghe di “Black magic woman”, o di “Samba pa ti”, per attribuire questi brani a Carlos Santana. Il suo rock latino è inconfondibile, eppure lui, tutto sommato, resta un personaggio misterioso. Addirittura freddo e distaccato, almeno apparentemente. Eppure il non certo espansivo Eric Clapton l’ha definito: “l’uomo più dolce che io abbia mai conosciuto”. Mentre per il grande del blues John Lee Hooker: “È uno degli uomini più grandi con cui io abbia mai lavorato, un perfetto gentiluomo”. C’è indubbiamente un’aura mistica in Carlos Santana; una spiritualità, se non addirittura una devozione, difficile da mascherare; seppur “macchiata” dalla separazione dalla moglie Deborah. “L’illusione della separazione - ama ripetere - è secondo me un indottrinamento europeo, che risale ai tempi di Giulio Cesare e delle sue conquiste. Io non credo in bandiere o confini, siamo tutti una famiglia… la terra è mia madre e Dio è mio

padre e ciascuno è mio fratello e sorella. Come mia madre mi ha sempre insegnato, io sono innanzitutto figlio di Dio e non un prodotto di qualcosa o di qualcuno”. Così, quando sposa una causa, non si risparmia. Nel 1973, per esempio, suonò a Managua a favore dei terremotati nicaraguegni; nel 1985 per l’aiuto alla vita, nel 1986 per Amnesty International e nel 1988 al concerto Blues for Salvador per i bambini di El Salvador. E non fa mancare il suo sostegno a quelle che lui definisce “le organizzazioni tipo Madre Teresa”, attive in molte città messicane; anche se rifiuta strenuamente ogni tentativo di etichettarlo in un’immagina latina o messicana. A Tijuana sostiene “Ciudad de los niños”: un convento che aiuta le ragazze madri ed i loro bambini. E quando gli chiedono perché lo fa, lui risponde invariabilmente che: “Il successo è quando tu lo mangi da solo e soffochi. Io non voglio il successo, non ho mai voluto il successo. Il progresso, quello sì che è bello!”.


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venerdì 11 luglio ore 20.30

JOVANOTTI www.jovanotti.com

Jovanotti per tutti, anzi Lorenzo

“Safari” è stato definito l’avventura più bella di vent’anni di carriera

I

l suo personalissimo tour Lorenzo Cherubini, alias Jovanotti, lo ha iniziato proprio allestendo il suo ultimo album, “Safari”. Basta infatti scorrere i “credits” nel suo sito www.soleluna.com per scoprire come il cantautore sia caracollato dagli studi Henson di Hollywood, in California, ai Peppermint park di Hannover, in Germania, dal Karakorum di Cortona alla Fonoprint di Bologna, per completare il tutto all’ombra della Madonnina milanese. Nella metropoli lombarda sì, ma sempre in tre sale d’incisione diverse: Kaneepa, Isola Medastudio e Officine meccaniche. Una fatica ben ripagata dai fan di Lorenzo che subito hanno trasformato l’album in un record. Per settimane Safari è stato il disco più venduto in Italia bruciando in poco tempo il traguardo del quarto disco di platino. Inevitabilmente il successo sarà ulteriormente nutrito dal mini tour italiano che, partito in maggio a Rimini si è concluso il 6 giugno a Bolzano. A seguire i festival europei che comprendono, nelle date più attese, quel venerdì 11 luglio che vedrà il nostro sul palco locarnese in Piazza Grande per l’evento Moon & Stars ‘08. Per questo tour, scrive Lorenzo nel suo blog online, “molte novità come sempre e più di sempre. Si è riunito un grande gruppo di lavoro e ne uscirà uno spettacolo… un vero spettacolo che vi entrerà fin sotto alla pelle, fino a che non lo distingui più il confine tra la tua pelle e il cielo”. Come biglietto da visita dell’attesa performance basta gustarsi il filmato video di “A te”, una delle hit del nuovo album, che non solo vanta un’alta rotazione in tutte le

EZIO ROCCHI BALBI

notti fin dagli albori di internet, nel promuoverlo ricordando che Lorenzo “Ha fatto ballare, sognare, cantare, pensare, arrabbiare, gioire, piangere, ridere, emozionare milioIl cantautore ni di persone in Italia nato a Roma e in giro per il mondo ha saputo e non ha nessuna inmettersi in tenzione di smettere”. discussione Il successo del cansempre tautore nato a Roma “pensando il 27 settembre del positivo” 1966, terzo di quattro fratelli, non nasce in ogni caso solo grazie a quella sua aria di bravo ragazzo, scanzonato e dal “pensiero positivo”. Il suo pubblico sa apprezzare quella sua voglia di mettersi continuamente in discussione, di non considerarsi mai arrivato e, soprattutto, di essere alieno a quel mondo delle celebrity star cui - per cifre, vendite, tutto esaurito ai concerti peraltro fa parte. Piace sapere che ha girato mezzo mondo con la sua musica e il suo tv musicali, ma è anche un pezzo zaino. Piace anche l’idea che, per tra i più programmati dalle radio, saperne di più su Lorenzo si può senza dimenticare che il suo testo navigare su Google, su Wikipedia risulta tuttora il più “bloggato” di su Youtube o dove vi pare ma la tutta la rete. cosa migliore è ascoltare un suo Un’ulteriore bella soddisfazione album o andarlo a sentire dal vivo. per un artista come Lorenzo che Quello che, invece, piace di più ai ha iniziato la sua carriera un po’ discografici - e forse a Lorenzo per gioco, come dj nel 1982, e da stesso - è la sua stupefacente capaallora non ha mai smesso di pro- cità di riproporsi in una veste semdurre dischi e musica di grande pre diversa, ma mantenendo lo successo. Non ha torto Michele stesso spirito degli esordi. Certo “Maikid" Lugaresi, il webmaster non parliamo più del Jovanotti fedi tutte le attività online di Jova- nomeno musicale scoperto e in-

ventato (nome incluso) da Claudio Cecchetto. Quel Jovanotti, che doveva e ha fatto breccia nei gusti dei giovanissimi, doveva essere un cantante “usa e getta”, un prodotto musicale dall’investimento bassissimo e dal rendimento spropositato. Il Lorenzo successivo, invece, è stato ed è tutt’altro, al punto da non essere ormai così lontano dall’etichetta del “sempreverde”. Il cantautore è uno tra i più celebri interpreti del pop/rap all’italiana, ma più che frequentare le discoteche preferisce sottoporsi alle serie di incontri con gli studenti degli istituti superiori, dove non si limita a parlare della sua lunga carriera nel panorama musicale italiano e del suo percorso artistico, ma cerca di riscoprire insieme ai giovani il senso profondo della musica. Un artista poliedrico, attento al sociale (e non nel modo iperpubblicizzato e globale di molti colleghi, che sanno fare beneficenza per conto terzi ma in mondovisione) che alla sua “tribù che balla”, i suoi fan, sembra tenere in modo particolare. Basta seguire il suo progetto “soleluna” nell’omonimo sito per scoprire un filo diretto, un diario di bordo interpretato in prima persona, e il piacere col quale accetta, discute e condivide idee e propositi inoltrati dai visitatori. Basta vedere la passione con cui ha portato al Film Festival di Roma il film-documentario che racconta le prime fasi di lavorazione del suo album. “La luna di giorno”, in fondo, era destinato a poche centinaia di spettatori, ma Lorenzo ha voluto come regista Marco Ponti, quello del film “Santo Maradona”, che l’ha seguito negli States. erocchi@caffe.ch

Un ragazzo in età che ha i “numeri” Milioni di dischi, un best seller e un album di foto per i 40 anni

“N

on siamo numeri, ma siamo liberi”, cantava Jovanotti nel suo vecchio album, annata 1990, “Giovani Jovanotti”, dove biasimava il fatto che “qualunque cosa fai si parla solo coi numeri...”. Eppure non è inevitabile tradurre il successo di Lorenzo Cherubini in numeri, e che numeri, a partire dal suo ultimo album, “Safari”, che in poche settimane dal via ha macinato 400mila copie. Dal suo esordio del suo primo album, quel “Jovanotti for president” pubblicato esattamente vent’anni fa con la hit “Gimme Five”, il nostro ha già sfornato 17 album, dodici dei quali registrati in studio, due dal vivo e tre raccolte. Solo nel primo periodo, quello più sbarazzino e giovanilista, vedeva fare un primo bilancio che attestava (già dieci anni fa) sei milioni di dischi venduti. Una cifra che si è moltiplicata negli anni, non prima di aver dato alle stampe, nel 1998, il suo libro-cult, quel “Il grande Boh” che avrebbe assicurato all’editore Feltrinelli più edizioni dopo le 120mila copie iniziali vendute. Per tacere della soddisfazione, per il giovane rapper italian-style, di godere letteralmente dell’accoglienza entusiastica di Fernanda Pivano, che nella quarta di copertina parla di “pagine bellissime, da grande scrittore di viaggio, con qualche reminiscenza di Jack Kerouac”. Ma l’on the road Lorenzo l’aveva nel sangue visto che da allora non ha mai smesso di viaggiare e... suonare. È forse il Jovanotti più bello e meno conosciuto quello che si esibisce gratuitamente davanti ai ragazzi di Cuba, quello che improvvisa jam-session nella favelas brasiliane, del centro e sud America. I numeri sono stati scanditi anche nel settembre scorso quando, in occasione del suo 40esimo compleanno ha deciso di raccogliere tutte le sue foto e fare un megalibro, “Quarantology”, che racconta in immagini la sua varia vita. “Lo faccio io - è sbottato -, ne stampo mille copie a mie spese che regalo agli amici”. e.r.b.


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sabato 12 luglio ore 20.30

STATUS QUO www.statusquo.co.uk

MOON & STARS LOCARNO

Cinque inossidabili e arzilli “rocchettari” CORRADO GALIMBERTI

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i piego, ma non mi spezzo. Potrebbe essere questo il motto del gruppo che sabato 12 luglio, nell’ambito della manifestazione Moon and Stars, vedrà protagonista cinque arzilli personaggi, sulla piazza da oltre 40 anni. Francamente, non succede molto spesso. Si tratta degli Gli Status Quo, che in quattro decenni hanno cambiato generi musicali, componenti della band, strumenti. Ma sono rimasti sempre a galla. Forse è questa la loro principale caratteristica. Gli attuali componenti del gruppo non sono propriamente dei ragazzini. Ma non mollano. Tutto ha avuto inizio con il bassista Alan Lancaster e col chitarrista Francis Rossi, nel 1962. I due, poco più che adolescenti, suonavano nella stessa orchestra jazz alla Sedgehill Comprehensive School quando un bel giorno decisero di dar vita a una band chiamata “Scorpions”, in seguito ribattezzata “The Spectres”. Ispirandosi agli artisti allora più in voga come gli Shadows e Cliff Richard, Rossi e Lancaster cominciarono a farsi lentamente spazio in qualche pub, proponendo ciò che la gente voleva ascoltare in quegli anni. Nel 1966 gli Spectres cominciarono a raccogliere i primi frutti del loro intenso girovagare per i locali londinesi, tra una pinta di birra e l’altra, riuscendo a firmare un contratto di cinque anni con la Piccadilly Records. Vennero pubblicati subito alcuni singoli I, Hurdy Gurdy Man e, agli inizi del 1967, Nothin’ Yet. Furono gli anni Settanta l’intenso periodo di ricerca che li portò a sviluppare una tecnica a incrocio tra le chitarre di Rossi e Parfitt, grazie alla quale si buttarono

con successo nell’hard rock, nel boogie-woogie, nel rock and roll, nel blues rock, fino a sforare nel rock da discoteca alla fine del decennio. Basti pensare al tormentone Whatever You Want?, spesso riproposto da radio e discoteche. Per non essere messi in difficoltà da mode e nuovi gruppi rivisitarono e rielaborarono in chiave hard generi come il country rock e il folk rock, componendo persino gighe musicali di impostazione popolare e, in qualche raro caso, anche motivi arabeschi ispirati al beat e alla musica celtica Celebre, in questo filone il brano Gerdundula. Dati i modesti risultati ottenuti, nel 1967, il gruppo decise però di cambiare indirizzo musicale rivolgendosi alle atmosfere incantate della psichedelia. Gli Spectres mutarono il loro nome in Traffic e Rick Parfitt abbandonò il gruppo decidendo di unirsi ai Traffic Jam.

Dagli esordi psichedelici agli insperati successi seguendo sempre più l’istinto che i gusti dei fan

La hit nasce alla toilette Il primo, grande, successo della band, Pictures of Matchstick Men, venne scritto da Francis Rossi in… bagno. Vi si era rinchiuso nella toillette per stare lontano dalla moglie, in seguito a una litigata. Rimase barricato alcune ore, sufficienti per mettere a punto tre quarti del brano. Il resto del pezzo venne elaborato comodamente in salotto.

È in questo frangente che la band mutò il nome in Status Quo, il cui brano d’esordio, Pictures of Matchstick ottenne un vero e insperato successo. L’exploit che seguì a livello internazionale fece della canzone uno dei brani più popolari della musica psichedelica, nonché, a tutt’oggi, il singolo del gruppo più venduto negli Usa. Nel settembre del 1968 gli Status Quo pubblicarono il loro primo album Picturesque Matchstickable Messages from the Status Quo, continuando a far parlare di loro grazie al brano Ice in the Sun. L’anno successivo, però, non riuscirono a ottenere il successo che avevano messo in conto e la band scelse di reagire operando una vera e propria rivoluzione che riguardò soprattutto la direzione musicale. Fecero una vera e propria inversione di rotta, in questa occasione orientandosi verso il boogie-rock.

La band britannica presente da quattro decenni nelle top ten singles

La formazione litigiosa e vincente Dagli anni Settanta la band si è sempre “riclata” dopo i vari forfait

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egli anni Ottanta gli Status Quo puntano tutto sul pop rock e le sintesi elettroniche per poi tornare alle origini negli anni Novanta col genere hard rock, che li rese celebri con brani come Mystery Song (1976), che molti ritenuti precursori dell’angosciante genere metal. Tuttavia, dopo anni di successi e di vita in comune, tra i membri della band cominciarono ad affacciarsi seri problemi, ulteriormente aggravati dal consumo di sostanze stupefacenti. Il gruppo, già instabile, il portò all’ineluttabile chiusura del ciclo della band con la storica formazione originale. Il primo duro colpo alla solidità del gruppo venne inferto da John Coghlan che, al termine del 1981 lasciò i compagni per essere sostituito da Pete Kircher, proveniente dagli Honeybus. Con questa formazione dalla vita effimera gli Status Quo incisero ancora due album

prima di approdare allo scioglimento. In verità, anche dopo l’abbandono di Coghlan, la band dimostrò di essere ancora tra le più amate e seguite del panorama musicale internazionale. Ma il successo non aiutò i litigiosi quattro membri della band, i cui disaccordi interni erano ben lontani dall’esaurirsi. Il batterista Jeff Rich abbandonò il gruppo nel 2000, sostituito da Matt Letley. Nel 2001 anche il tastierista Andrew Bown fu costretto ad abbandonare la band per un anno a causa di ragioni familiari, sostituito durante le esibizioni live da Paul Hirsh. Necessario, quindi, un riepilogo, dopo i diversi e burrascosi cambiamenti che si sono verificati all’interno della band attualmente composta da:Francis Rossi, Rick Parfitt, Andrew Bown, John ‘Rhino’ Edwards, e Matt Letley.

In pochi mesi il gruppo seguì gli istinti di pancia del popolino, con un tipo di musica meno complessa, ma di enorme richiamo commerciale. Resosi conto che la nuova strada imboccata dai compagni lasciava ormai pochissimo spazio al suo strumento, il tastierista Roy Lynes decise di abbandonare la band nel 1970. Il gruppo pertanto si ridefinì come quartetto (Rossi, Parfitt, Lancaster e Coghlan). Alla fine, la grande occasione arrivò grazie al consenso di pubblico riscosso in particolare al festival di Reading nel mese di agosto del 1972, quando la band riuscì a concludere un nuovo contratto con l’etichetta Vertigo Records. A partire da questo momento, il gruppo iniziò ad autoprodurre i propri lavori conoscendo una scia interminabile di successi. Tutti gli album (ben quattordici) pubblicati dagli Status Quo dal 1972 al 1982 entrarono nella Top 5 delle classifiche inglesi. Nonostante fossero divenuti una delle migliori rock bands provenienti dal Regno Unito, gli Status Quo videro spesso la critica prendere le distanze dalla loro produzione discografica, giudicata in certi frangenti eccessivamente semplice e disimpegnata. Ma la cosa non li turbò, ne sembra turbali oggi. A Locarno i fan non mancheranno. Proporranno brani collaudati, applauditi e richiesti in tutto il mondo. Forse qualcuno li potrebbe accusare di inseguire un po’ troppo il successo commerciale e di essersi cimentati in una miriade di generi musicali, dando prova di non avere una vera anima musicale. Vero.Ma anche questa può essere, forse, un’arte. cgalimberti@caffe.ch

Il posto fisso in classifica 120 milioni di dischi venduti sono una bella cifra. Come se non bastasse, gli Status Quo sono l’unico gruppo britannico a vantare presenze nelle Top Ten singles per quattro decenni consecutivi. Detengono il primato assoluto del maggior numero di singoli piazzati nelle classifiche inglesi: 65 brani dal 1968 ad oggi. Hanno tenuto circa 6.000 concerti dal vivo.


EVENTI

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Il rude e inguaribile romantico James

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IL CAFFÈ Estate 2008

martedì 15 luglio ore 20.30

JAMES BLUNT www.jamesblunt.com

EZIO ROCCHI BALBI

“B

isogna riflettere a lungo, ma quando è la cosa giusta bisogna darsi da fare velocemente”. È probabilmente la frase preferita di James Blunt, cantautore e popstar emergente che direttamente dal Regno Unito sta conquistando le platee di tutto il mondo e che non mancherà di infiammare quella che l’attende in Piazza Grande, a Locarno il 15 luglio, in occasione della serata evento inserita nel ricco calendario di Moon & Stars 2008. Chi è rimasto sorpreso, magari ascoltando alla radio il suo primo singolo “High” e chiedendosi da dove spuntasse, non può non essere stato coinvolto dal timbro della sua voce, particolarissimo, facendosi trasportare dalla melodia. C’è chi considera già la sua prima hit una delle canzoni romantiche più belle nella storia della musica leggera e sono in molti a chiedersi come questo “vecchio ragazzo” - nato a Tidworth, nel Wiltshire, 34 anni fa - sia arrivato così tardi sulla scena. Certo non basta quella sua aria “stropicciata” e la semplicità con cui fa ricorso alla sua chitarra acustica, senza affidarsi a miracolosi quanto diffusi effetti speciali, per giustificare l’esplosione del suo grande talento. Lo stupore, per il personaggio, aumenta quando si scopre che la sua “carriera”, come soldato nell’esercito di Sua Maestà, si è protratta per quasi cinque anni, inclusi sei mesi passati in Kossovo tra le forze di Peace keeping. Per chi ha dimestichezza con la lingua inglese potrà rintracciare parte del suo diario in divisa in “No bravery”, il brano che chiude l’album “Back to Bedlam”. Autodidatta il nostro James suona chitarra e piano fin da ragazzino, ma fin quando si è esibito davanti alle platee scolastiche di teenager suoi coetanei non si può dire venisse molto apprezzato. Anzi, la sua musica non era affatto apprezzata e decisamente in distonia coi gusti british e giovanili del momento. Caparbio (ma senza pubblico) il giovane Blunt ha continuato ad esercitarsi, giorno dopo giorno, per suo personalissimo piacere e dev’essere nata proprio da questa sua esigenza-costrizione la natura che l’ha portato a firmare, con orgoglio, sia la musica sia i testi di tutti i suoi brani. Canzoni che successivamente avrebbero scalato le hit parade, in realtà, sono nate da piccole esperienze personali datate nel tempo. “È sempre bello avere la capacità di catturare le proprie esperienze di vita personale in una canzone - ha dichiarato il cantautore -, ed è piacevole ancorare l’emozione in questo modo”. Non è un caso, infatti, che abbia scritto “Goodbye my lover” per l’ex fidanzata che considerava la donna che avrebbe sicuramente sposato. Naturalmente prima che lei lo lasciasse...

Dieci milioni di modi per dire Blunt Basta cliccare il nome del cantautore inglese sul motore di ricerca più usato in internet, Google, per scoprire che ci somo dieci milioni e 500 mila voci che lo riguardano. Un’enormità, soprattutto considerando la breve carriera artistica di James Blunt. Il più visitato, ovviamente, è il sito ufficiale dell’artista che deve buona parte del suo successo “virtuale” alla passione con cui da anni cura un suo blog. James è anche un fanatico di aste online e non son pochi i fan che cercano sue trattative sul web per contattarlo.

Insomma, James sembra un po’ tenerci a quell’etichetta di “sfigato” sentimentale che l’accompagna e che lui stesso ha corroborato. Ad esempio ha scritto “You’re beautiful” dopo aver incontrato casualmente nella metropolitana di Londra un’altra sua ex in compagnia del suo nuovo ragazzo. Cosa comprensibile, peccato che sia stato lo stesso Blunt a rendere pubblico il tutto in diretta, durante un concerto tv per la Bbc 1, confessando: “I nostri sguardi si sono incontrati per un secondo, ma sono sicuro che in quel momento abbiamo rivissuto l’intero percorso della nostra storia”. La sua vena di uomo rude, ma al tempo stesso di inguaribile romantico, gli ha portato fortuna e proprio con quella canzone d’amore nata tra i binari del metro. “You’re beautiful”, infatti, arrivò al primo posto della classifica americana dei singoli nel marzo del 2006 e ci vollero non poche ricerche per stabilire quando l’onore era spettato ad un altro singolo brano made in United Kingdom. Incredibile ma vero, l’ultima ricorrenza che vedeva un artista inglese sul podio più alto delle vendite americane risaliva a dieci anni prima e nientepopodimeno ad un brano del baronetto Elton John. La cosa non poteva passare inosservata, come era inaccettabile che fossero i cugini americani ad indorare il talento dell’ex soldato britannico Blunt. Infatti non passò inosservata, visto che nello stesso anno - guarda caso - al cantautore del Wiltshire vennero attribuiti due premi nazionali in patria: il Brit Awards come “Best Pop Act” e quello come “Best british male”. Insomma, la migliore canzone pop dell’anno e il miglior cantante. Meglio tardi che mai, deve aver pensato James che - a 33 anni - si è ritrovato catapultato in competizione con band e solisti di una generazione dopo. Era tempo di portare “fieno in cascina” con il nuovissimo album “All the lost souls”, quello che farà da colonna sonora alla serata di Moon & Stars ‘08 con successi come “One of the brightest stars”, “Same mistake” e “Give me some love”. “Penso di essere stato un po’ scontroso finora ha ammesso durante la consegna dell’ennesimo premio -, ma nessuno mi aveva dato delle chances...”. Adesso, con il calendario fitto di concerti un po’ in tutto il mondo il rude e inguaribile romantico James, la chance l’ha avuta. erocchi@caffe.ch

Autodidatta, il cantautore inglese ha debuttato tardi nel mondo musicale ma ha fatto subito centro

L’ ex soldato di carriera diventa cantautore con l’aria stropicciata da ragazzo

Dolce preda del gossip Dalla sorella all’asta su Ebay al flirt con Paris Hilton che gli è costato l’ennesima fidanzata

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on quell’aria così naif non si crederebbe mai ad un James Blunt protagonista del gossip sul web, eppure... Stando ai vari siti che hanno fatto rimbalzare la voce il cantautore britannico avrebbe “messo all’asta” su Ebay addirittura la sorella! In effetti il cantante risulta aver venduto tutti gli oggetti contenuti nel suo vecchio appartamento di Londra grazie al famoso sito di aste online, ma le voci vogliono che - per aiutare la sorella “disperata” per non aver trovato disponibilità di traghetti o aerei per raggiungere l’Irlanda - il fratellone famoso abbia pubblicato il seguente annuncio web: “Damigella disperata deve andare in Irlanda del sud. Nessuno si offre come accompagnatore? Unica condizione: essere un cavaliere con una brillante armatura”. L’asta ha suscitato molti commenti e offerte, ma se l’è aggiudicata un 27enne inglese che non aveva l’armatura ma un elicottero a disposizione. Sembra che la cosa non sia finita lì, visto che la neo coppia risulta da quasi due anni affiatatissima. Da internet alla carta stampata che non s’è lasciata sfuggire l’occasione di parapazzarlo con la più ambita delle vip-girls, l’intraprendente Paris Hilton. I due, ripetutamente avvistati in diversi club di Los Angeles, sono stati ritratti in versione danzerina, mano nella mano e mentre si baciano. Insomma, sembra che Paris sia stata la goccia che ha fatto perdere a Blunt la fidanzata, la top model Petra Nemcova. e.r.b.

Videoclip “consumati” Sono più di ventimila i videoclip con brani di o con James Blunt sul solo Youtube. Il più cliccato non poteva che essere la romantica “You’re beautiful” che, nella versione ufficiale, è stata scaricata, vista e ascoltata da più di otto milioni di appassionati.

La fiamma gettonatissima Essere la fidanzata di James conviene, anche se molti parlano gia di “ex”. La bella Petra Nemcova prima era “solo” una star da copertina per Sports Illustrated, dopo la liason con James le sue gallery sono gettonatissime sul web, soprattutto nella ricerca “naked”...


IL CAFFÈ Estate 2008

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EVENTI

MOON & STARS LOCARNO Seicento e più fan sempre online

Da bimba prodigio a star assoluta

Basta collegarsi al sito ufficiale della bella Alicia per scoprire che, tra i tanti artisti sul web, non solo è uno dei più completi a disposizione, ma vanta una media di 620 fan costantemente online. Considerando che è costantemente aggiornato in tempo reale su tutti i fusi orari i collegamenti sono globali. Videoclip, brani e blog (con l’immancabile store per lo shopping in rete) a iosa, inclusa una versione cartoon della cantante.

A sette anni suona il piano, a 14 scrive la sua prima canzone, poi inizia a collezionare Grammy Awards

ALICIA KEYS www.aliciakeys.com

Il platino è doppio per “No one” Ad Alicia sono bastate 26 settimane, poco più di sei mesi, per accaparrarsi un doppio disco di platino per la sua hit “No one”. È forse utile ricordare che, a differenza del mercato discografico di lingua italiana, che per manifesta inferiorità riconosce il platino ogni 80mila dischi venduti, i parametri negli States sono un filino più elevati: per ogni disco di platino assegnato le copie vendute devono essere un milione. Chapeau!

EZIO ROCCHI BALBI

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orse non sarebbe cambiato nulla, ma chissà se avrebbe avuto lo stesso successo la bella Alicia se avesse optato per il cognome d’arte “Wild” - come s’era riproposta ad inizio carriera anzichè l’ormai strafamoso Keys... La popolare interprete di “No one” probabilmente non se lo chiederà nemmeno più, e men che meno la sera di mercoledì 18 luglio quando, sul palco in Piazza Grande a Locarno, sarà la star indiscutibile dell’edizione 2008 dell’evento Moon & Stars. La ventottenne newyorchese, con un mix incredibile a contraddistinguerle il dna, visto che il padre è di origini africane mentre la madre ha sangue italiano e irlandese nelle vene, è comunque abituata fin dalla tenera età a guardare in una sola direzione: davanti. Eppure, anche se già a sette anni suonava il piano (dietro insistenza della mamma), e ha scritto la sua prima canzone a 14, la bella Alicia aveva talento da vendere e non solo musicale. Il diploma alla prestigiosa Professional Performance Arts School di Manhattan, infatti, se l’è guadagnato a soli sedici anni. La Columbia University, per quanto giovanissima, la iscrisse d’ufficio ai suoi corsi, ma la piccola aveva già le idee chiare, rinunciando a favore della carriera musicale. Due anni dopo, da vera ragazzina prodigio, firmò il suo primo contratto con l’Arista Records scrivendo, producendo e registrando il suo primo album, non commercializzato. Il debutto era nell’aria e serviva un po’ di coraggio per mollare una major discografica per accettare la proposta di Clive Davis che aveva appena fondato la sua etichetta J Records. La prima artista a firmare con l’impresa “a rischio” fu proprio la nostra Alicia, e ben gliene incolse visto che nel 2001 il suo album di debutto, “Songs in a minor”, esplose come una meteora: sei milioni di copie vendute e cinque Grammy Awards in un colpo solo. I prestigiosi premi diventarono un’abitudine a grappoli; basta ricordare che due anni dopo col suo secondo album “Diary”, sullo scaffale ne allineò altri quattro di Grammy... A soli 23 anni Alicia Keys era già una star internazionale, apprezzata

mercoledì 16 luglio ore 20.30

anche in Europa visto che nel 2004 vince l’Mtv Europe music award come miglior cantante “R’n’B”. Talento musicale e vocale a parte (indiscutibili) anche il fisico da pin-up ha contribuito ad assicurarne sia l’affollamento ai concerti, sia la smania di gustarsi i suoi raffinati videoclip su Youtube. Tra videofilmati, apparizioni televisive, unplugged rubati, partecipazioni a serate varie e parodie, basta inserire la parola chiave “alicia keys” per veder srotolare un elenco di 33.600 mini-filmati! Ma il “summa” della sua esplosione è tutta nell’ultimo album, “As I Am”, che vede tra gli ospiti personaggi del calibro di John Legend, John Meyer, Linda Perry, Timbaland, Marsha Ambrouos (ex- Floetry). Un cd che, forse inutile sottolinearlo, ancora una volta ha fatto il botto. Ora basta mescolare il tutto con la bravura di Alicia, il suo talento naturale, la sua voce bellissima (per tacere del resto), e le sue suonate di piano per prevedere facilmente chi sarà la mattatrice incontrastata di Moon & Star 2008. Certo, i videoclip danno un antipasto della cosa, ma vederla sul palco, dal vivo, è veramente tutta un’altra cosa. erocchi@caffe.ch

Il “vizio” di essere bella La prima copertina a vent’anni e non solo per la voce...

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ndiscutibilmente bella Alicia Keys ha potuto fare affidamento non solo sul talento musicale, la voce e le performance artistiche, ma anche su un fisico da pin-up. Memorabile la frase-motto che, da teen ager, le ha consegnato la madre: “Non prendere mai un appuntamento con un ragazzo che pensa di essere più carino di te”. Il cervello aveva già dimostrato di averlo quando, a soli sedici anni, s’era già diplomata alla scuola superiore ed era stata ammessa, anzitempo, alla Columbia University. Il corpo... beh il corpo è stato subito valorizzato dalla rivista People che nel 2001 la battezza “star mozzafiato dell’anno” e l’inserisce nella classifica delle 50 bellezze del pianeta. Piace subito (anche in immagine) a giovani e non, visto che colleziona copertine per Vibe, Vanity Fair, Seven Teen e Teen magazine. Sexy, ma senza mai

concedersi a pose di nudo, ancora si chiede come Celebrity Sleuth magazine sia riuscita a pubblicare la misura del suo seno: 34 pollici, per la cronaca 86.4 cemtimetri. Più si diffondono i suoi sofisticati videoclip in rete più le riviste patinate ricordano il suo “vizio” di essere bella. Per due anni di fila, nel 2005 e 2006, mettendo in fila modelle, attrici e star hollywoodiane, la rivista Fhm la inserisce a pieno titolo nelle “100 sexiest women in the world”. Con un filino più di pudore anche il settimanale Vh1 la premia tra le cento artiste più sexy del globo. “Ho sempre voluto essere vista per quello che sono - ha confessato con malcelata modestia -, ma in realtà sto ancora scoprendo chi sono realmente”. Si è detta molto critica per il suo fondo schiena, che le sembra un po’ grosso, ma apprezza le sue gambe. Anche noi. e.r.b.


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A colpi di rock vuole portare la sua rivoluzione amorosa sotto le stelle in Piazza Grande giovedì 17 luglio ore 20.30

LENNY KRAVITZ www.lennykravitz.com

IL CAFFÈ Estate 2008

L’autodidatta che sa infiammare le platee Il terzo album è del 1993 e si intitola “Are you gonna go my way”. Ed è il disco di Kravitz che ha ricevuto maggiori consensi, non solo di pubblico ma anche della critica che gli ha attribuito diversi premi: Brit Award nel 1994 come miglior album, mentre il singolo tratto dal disco si è aggiudicato il Bmi Pop Award come migliore canzone del 1995; inoltre il video che accompagna l'omonima canzone ha vinto nel 1993 l’Mtv Video Music Award come miglior video di un artista maschile. Poi però Lenny Kravitz si concede una pausa artistica e si chiude in un lungo silenzio, anche a causa della morte della madre, da tempo malata di cancro. Torna alla ribalta due anni dopo con “5”, quello che è considerato l’album della maturazione definitiva. Le sonorità sono cambiate e poggiano su un uso più smaliziato della tecnologia, anche se il risultato è sempre apparentemente grezzo. La musica però è sempre di forte impatto come è il caso, per esempio, in “Thinking of you”; brano struggente dedicato alla madre. Insomma, il fallimento del matrimonio e la morte della madre appartengono ormai al passato e Kravitz sprizza energia da tutti i pori. Le sue esibizioni dal vivo mandano letteralmente in visibilio i suoi ammiratori che adorano la la carica aggressiva con la quale tenta di celare la sua dolcezza. Intanto Elton John gli chiede di interpretare “Like father like son”, una delle canzoni che fanno parte di “Aida”, il musical teatrale che ha scritto assieme a Tim Rice per la Disney e che diventerà un successo palentario. E siamo al 2000 quando pubblica il suo primo “Greatest Hits”, con un inedito, “Again”, che conquista letteralmente il pubblico; mentre nel 2001 esce, “Lenny”. Gli anni seguenti lo vedono ancora protagonista di grandi collaborazioni: con Jay-Z, Michael Jackson, P.Diddy. “Baptism” è il suo settimo album mentre nel 2005 parte per il suo primo tour mondiale - “Electric church” -, e nello stesso anno partecipa anche al tour degli Aerosmith. Proprio all’inizio di quest’anno, torna prepotentemente in vetta alla classifiche con il singolo “I’ll be waiting”, che anticipa l’album “It’s time for a love revolution”; una rivoluzione amorosa che, evidentemente, presenterà anche in Piazza Grande. acotti@caffe.ch

ALBERTO COTTI

Q

uello di Lenny Kravitz è uno dei graditi ritorni a Moon&Stars. Nell’estate del 2005 infatti, ha letteralmente incantato la folla con un’esibizione a… tutto rock. Straordinario polistrumentista, ma altrettanto straordinario autore, Lenny Kravitz si è visto regalare da madre natura un’impareggiabile talento musicale. Non per nulla già nel 1989 con il suo primo disco – “Let Love Rule” – ha scalato le classifiche di vendita. Nato nel 1964, è di padre ebreo americano (Sy Kravitz, produttore discografico di origini ucraine) e madre originaria delle Bahamas (Roxie Roker, attrice nota per il ruolo di Helen Willis ne I Jefferson), in gioventù vive a New York. I successi televisivi della madre però, inducono la famiglia Kravitz a trasferirsi a Los Angeles, dove Lenny entra a far parte di una delle corali statunitensi di maggior prestigio, la Californa Boys Choir. I Kravitz vivono nei quartieri alti e Lenny, frequentando l’esclusiva Beverly Hills High School, incontra Slash, futuro chitarrista dei Guns’n’Roses, che collaborerà a “Mama said”, secondo album dell’artista. Proprio al liceo Lenny studia musica. Da autodidatta, impara a suonare chitarra, basso, batteria e tastiera, esplorando parallelamente diversi generi: rhythm and blues, gospel, funk e reggae. Scopre la sua inesauribile vena artistica ed a soli quindici anni se ne va di casa e vive per un po’ in un’automobile noleggiata. Per sbarcare il lunario, si adatta anche a suonare nelle sale di registrazione, E nonostante la sua carriera non sia neppure decollata, decide di sposare l’attrice Lisa Bonet (la Denise della sit-com “I Robinson”): dalla loro unione nascerà la figlia Zoe. Poco dopo, nel 1989 esce il suo primo album, “Let love rule”; una miscela hard-rock di soul e psichedelia, che gli garantisce un immediato successo commerciale. Un debutto straordinario soprattutto se si pensa che Lenny ha scritto, prodotto, arrangiato e suonato quasi tutti gli strumenti… “Mama said” esce nel 1991 e coincide con la dolorosa separazione dalla prima moglie. Davide Caprelli, giornalista e critico musicale che ha scritto una biografia sul musicista (“Lenny Kravitz - Tra funk e fede”), lo definisce: “un album dalle tonalità blues ma molto crudo; cronaca del dolore e della frustrazione che Lenny ha sperimentato durante la separazione. In “Mama said” Lenny sintetizza meglio le sue fonti di ispirazione. Lo si può definire un album con molti omaggi al rock classico”. Numerosi testi del disco sono infatti ispirati alla fine del matrimonio con Lisa. Nel 1992 scrive una canzone per Madonna – “Justify my love” -, e produce un album per la cantante francese Vanessa Paradis.

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“Vorrei suonare con Paul McCartney” Ha speso tutti i primi soldi guadagnati per avere lo storico banco di mixaggio dei Fab Four

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ella sua musica, Lenny Kravitz, mescola rock classico, pop, funk e techno, e s’ispira ad artisti come John Lennon, Jimi Hendrix e Prince. Quando, nel 1983 dopo essersi diplomato alla Beverly Hills High School, cominciò ad incidere dischi in proprio, con il nome d’arte di Romeo Blue però, s’ispirava anche a musicisti jazz come Duke Ellington, Sarah Vaughan, Count Basie, Ella Fitzgerald, Bobby Short e Miles Davis. Un variegato insieme di fonti a cui si deve aggiungere anche il nome di Paul McCartney. Non per nulla proprio recentemente Lenny Kravitz ha invitato l’ex-Beatles a collaborare con lui chiedendogli di far visita presso la sua abitazione di Miami. Un invito che è anche un segno di rispetto nel confronti del britannico e, più in generale, dei “Fab Four”. Proprio a Miami infatti, Kravitz conserva il banco di missaggio dei Beatles e gli piacerebbe molto poter regi-

strare una canzone con sir Paul. Lenny ha acquistato il banco dagli studi di Abbey Road dove, storicamente, il quartetto di Liverpool ha registrato buona parte dei propri brani. “Tutti gli album dei Beatles sono stati registrati sul banco di missaggio che adesso ho io – ha spiegato Kravitz motivando il proprio invito a McCartny -. L’ho acquistato con i primi soldi; quelle del mio primo album: Let Love Rule. Eroi appena stato in Inghilterra, dove avevo visto un documentario su quello strumento e decisi che doveva assolutamente diventare mio. E’ un banco incredibile. All’epoca ho speso i tutti i miei soldi per averlo, ma se oggi mi offrissero 5 milioni di sterline (7 milioni di euro) li rifiuterei. Sarebbe bellissimo portare Paul McCartney a casa mia per registrare con lui. Sarebbe troppo figo”. Da parte sua l’ex-Beatles non ha ancora deciso se accettare o meno l’invito di Kravitz.

Lenny Kravitz è entrato in hit parade col suo primo album nel 1989 e non ne è più uscito

Il boom singolo Il 2008 di Lenny Kravitz si è aperto con un nuovo successo. Quello del singolo, “I’ll be |”, che anticipa di poco quello dell’album “It’s time for a love revolution” che presentare sul palco di Piazza Grande

Le love stories Kravitz si è sposato a 23 anni con Lisa Bonet, l’attrice con cui divideva l’abitazione a New York, Nel 1988 nasce la figlia Zoe e nel 1991 divorzia. Da allora gli attribuiscono numerose relazioni ad iniziare da quella con Madonna che ha portato al suo divorzio. F|ra i suoi amori più o meno ufficiali ci sarebbero però anche Vanessa Paradis, Natalie Imbruglia e Nicole Kidman

Il grande schermo Mamma Roxie era attrice. Recita la sua ex-moglie Lisa Bonet e| da quale tempo anche la figlia Zoe. Così Lenny Kravitz ha deciso di imitarle: fa parte del cast di “Push”, un film ambientato ad Harem e diretta da Lee Daniels


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MOON & STARS LOCARNO

venerdì 18 luglio ore 20.30

R.E.M. www.remhq.com

Una band da leggenda EZIO ROCCHI BALBI

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ome tutti i gruppi rock da leggenda che si rispettano - e con più di un quarto di secolo di carriera e un biglietto da visita di 40 milioni di dischi venduti i R.e.m. sono a pieno titolo una band leggendaria - il mito parte già al momento della fondazione, in quell’acronimo scelto come nome che ancora oggi è tema di dibattito. Naturalmente si fa per dire, ma la piccola leggenda spiega già quale e quanto interesse susciti il ritorno dei R.e.m. sul palcoscenico open air in Piazza Grande, a Locarno venerdì 18 luglio, per un’altra serata evento offerta da Moon & Stars 2008. Tutti sanno che Rem (da pronunciare ar i - em) sta per “rapid eye movement”, il movimento rapido degli occhi che caratterizza la fase del sonno che genera i sogni, la fase rem appunto. Quello che resta da scoprire è come e perchè il gruppo scelse questo nome al momento

della “storica” creazione, il 5 aprile 1980, ad Arthens in Georgia. Esistono diverse scuole di pensiero al riguardo. C’è chi sostiene che il nome venne scelto semplicemente perchè suonava bene, altri propendono per la scelta casuale sfogliando le pagine di un’enciclopedia e altri ancora optano per una scritta notata sul muro di una chiesa. Fatto sta che con 22 album pubblicati, uno solo dei quali dal vivo, il gruppo composto dal leader John Michael Stipe, Peter Lawrence Buck e Michael Edward Mills contende agli U2 di Bono il titolo di rock band più popolare del XX secolo. Il concerto di Moon & Star sarà un ottimo termometro per registrare, se non in termini generali, almeno la popolarità del loro ultimo album, quel “Accelerate” uscito in tutto il mondo poco più di due mesi fa. E finalmente dal vivo. Lo stesso Stipe, che come sempre ha diretto la direzione musicale del quattordicesi-

mo album del trio di Athens, si autoriconosce un “grande cambiamento” rispetto agli ultimi lavori che, secondo i critici, apparivano un po’ compassati, quasi frutto di una posizione di “rendita” del successo maturato in anni di carriera. Invece “Accelerate” dispensa energia nel vero senso della parola. Pur riconoscendo al produttore Jacknife Lee (lo stesso che ha firmato il debutto alla grande di Editors e The Hives), l’arma vincente è probabilmente l’idea di “col-

laudare” i nuovi brani sul pubblico prima di entrare in sala d’incisione. C’è anche chi, nel nuovo album, riconosce la carica rivoluzionaria attribuita a “Monster”, l’album da record del 1994 che non solo si ritagliò - da solo - dieci milioni di copie vendute, ma fece gridare al “rock, molto rock, pure troppo”. Forse ha giovato anche la “fretta” che, dopo tanti test, ha costretto i R.e.m. a registrare l’intero album in sole nove settimane. Il ritmo indiavolato si assapora fin dal brano d’apertura, “Living well is the best revenge”, ma il pezzo che caratte-

Come biglietto da visita quaranta milioni di dischi venduti

rizza l’intero album è probabilmente “Supernatural Superserious”, prima di acclimatarsi su “Houston” e “Until the day is done” che affidandosi alla ballata country sfuma e smorza un po’ i ritmi decisamente “accelerate” dell’omonimo album. Il vantaggio supplementare è dato dal fatto che, essendo concentrato in trenta minuti mozzafiato, il leggendario trio non potrà limitarsi ad eseguire questi soli brani sul palco sotto le stelle di Piazza Grande. Naturalmente non ci è dato di conoscere la scaletta della serata, ma i fan del gruppo sperano di risentire dal vivo alcuni pezzi di Monster, tra l’altro dedicato al giovane attore River Phoenix, morto di overdose e amico di Stipe, o almeno “Let me in” che, senza mai citarlo, è evidentemente dedicato al leader dei Nirvana tragicamente scomparso, Kurt Cobain. Certo non potranno permettersi - o comunque non potrebbe essere la stessa cosa - i pezzi che hanno sfog-

Una guida ma solo per collezionisti

Il gruppo ha imposto il rock alternativo come musica planetaria

Con più di un quarto di secolo di carriera alle spalle i R.e.m. non potevano che avere un sito ad hoc solo per collezionisti. Naturalmente non è gestito da loro e non è il solo, ma sul web The Rem collectors’s guide è sicuramente quello più completo visto che comprende, oltre agli album, singoli, promo, poster, ecc., anche un comparto dedicato ai “Bootleg”, dalle incisioni rubacchiate alle interviste, fuori onda inclusi.

Il capo indiscusso del gruppo è il 48enne John Michael Stipe

giato per accompagnare il loro ingresso nell’ambita Rock and Roll Hall of Fame, nel marzo dell’anno scorso. Per l’occasione, infatti, suonarono la cover di un brano di Iggy Pop, “I wanna be your dog”, accompagnati da Patti Smith e “Man on the Moon” eseguita col cantante dei Pearl Jam, Eddie Vedder. Qualche sorpresa, però, i R.e.m. la regalano sempre e non è un caso che il servizio d’ordine per la serata evento sia più rigido del solito. La tentazione di “rubare” con videofonini o microcamere una versione unplugged, soprattutto in caso di improvvisazioni musicali è fortissima e basta navigare sul sito di YouTube per scoprire che la pratica non è poi così trascurata. Sono circa 19mila, infatti, i videoclip sulla leggendaria band americana ospitati sul sito web musicalmente più visitato al modo, e se qualcuno ha voglia di scorrerli tutti cercando la chicca piratata faccia pure... erocchi@caffe.ch

Gli amici italiani più aggiornati Segnalato tra i siti di qualità dell’Html remfriens.com permette di seguire le peripezie della band di Athens senza impegnarsi nella traduzione della lingua inglese. Pensano gli “amici dei R.e.m.” in Italia, infatti, a collegarsi al web globale rendendo più fruibile il summa dei loro beniamini. Tempestivi e competenti non si limitano al copia & incolla, ma sono in grado di recensire ogni brano Accelerate incluso bruciando sul tempo stampa e magazine specializzate nel settore musicale.

Il leader si dà al cinema Nel carnet di Michael Stipe anche prodotti da Oscar

I

l merito dei quaranta milioni di dischi venduti lo deve condividere (forse obtorto collo) con gli altri R.e.m., ma il leader John Michael Stipe il suo spicchio di gloria personale se l’è cercato nel mondo di celluloide. E non ci riferiamo alle colonne sonore, che pure sono copiose e inserite in film da box office come Indipendence day, Bowling for Columbine e Vanilla sky, e neanche ai cortometraggi che l’hanno visto dietro la macchina da presa. Stipe, in realtà, ha mosso i suoi primi passi hollywoodiani gia negli anni ‘90 quando cercò, senza successo ma con un partner d’eccezione come il regista Oliver Stone, finanziamenti per girare un film. Non ci riuscì, o almeno capì che per metter piede nella mecca del cinema i soldi bisogna metterceli e non chiederli. Detto fatto creò una sua casa di produzione indipendente, la “Single Cell”, che si tolse uno sfizio non da poco. Nel 1999, infatti, fece il colpaccio aggiudicandosi l’Oscar con “Essere John Malkovich” in veste di produttore. Ma sono altri 14 i titoli prodotti, più “Runner up” attualmente in lavorazione e diretto dal regista Brian Dannelly. Una bella soddisfazione per il 48enne nato nella sconosciuta Decatur, in Georgia, ma vissuto un po’ ovunque negli States seguendo in ogni base il padre militare. Poca soddisfazione anche negli studi universitari, corsi di pittura e fotografia, presto abbandonati per dar vita con Mike Mills, Peter Buck e Bill Berry al gruppo musicale R.e.m. Certo, questa è un’altra storia, ma non è un caso se con i rivali irlandesi U2 il gruppo si contende la palma della “band” più popolare del 20esimo secolo... e.r.b.


EVENTI

MOON & STARS LOCARNO

11

IL CAFFÈ Estate 2008

sabato 19 luglio ore 20.30

PAUL SIMON www.paulsimon.com

Dalle melodie dolci e melodiche alla musica elettrica, ma sempre con testi ispirati agli struggimenti dell’animo

Mr. Simon fa rivivere le emozioni del ‘68

Note di poesia per il Laureato La colonna sonora di un’intera generazione

O

ALBERTO COTTI

P

aul Simon è considerato il poeta del Greenwich Village che meglio di ogni altro catturò la psiche della propria generazione: quella dei sessantottini non politicizzati eppure impegnati pure loro a cambiare il mondo. Pur standosene abbastanza alla larga dalle marce della pace e dai sit-in di protesta nei campus universitari, Simon utilizzò la sua musica per descrivere la sensibilità dei ragazzi più emotivi ed introversi. Un po’ paradossalmente le sue canzoni sono fatte di emozioni tenere; quasi fragili se paragonate ai toni rivendicativi della canzone di protesta dell’epoca. Insomma, il tono intimistico delle canzoni di Simon - sapientemente spalleggiato per diversi anni da Garfunkel - era in netto contrasto con il tono arrabbiato eppur profetico di Bob Dylan o Joan Baez. Erano le due facce della stessa medaglia: quella di una generazione in subbuglio che voleva cambiare il mondo. Una generazione fatta di ragazzi che marciavano tutti assieme contro la discriminazione razziale e contro la guerra, ma anche di adolescenti che si confrontavano con i problemi sentimentali tipici della post-pubertà. E che gli over “anta” potranno riascoltare in Piazza Grande a Locarno, sabato 19 luglio, nell’ambito di Moon & Stars ‘08. Di fatto però la sua carriera iniziò nelle high schools del Queens a New York City dove si esibiva già con Art Garfunkel - ma allora il loro duo si chiamava “Tom & Jerry” -, tentando di imitare i loro idoli dell’epoca: gli Everly Brothers. Da un punto di vista musicale, Simon & Garfunkel rispetto alla tradizione dei folksinger erano più dolci e melodici, avvicinandosi così alle melodie ed alle liriche scozzesi o britanniche. Parallelamente i due sfoggiavano uno stile più limpi-

do, quasi austero, se non addirittura classicheggiante. D’altra parte negli anni dell’università Paul Simon si appassionò al rock’n’roll; così scrisse incise e pubblicò una trentina di brani, senza però mai riuscire ad emergere. Nel 1962 la svolta: torna ad esibirsi con Garfunkel e nel 1964 ottengono il loro primo contratto discografico e registrano una raccolta di cover e di brani originali eseguiti con l’accompagnamento della sola chitarra acustica. Sostanzialmente erano soltanto altri due imitatori di Dylan, ma riuscirono a farsi notare da Tom Wilson: uno dei pochi produttori di colore, ma che collaborava proprio con Dylan. Grazie ad una sua intuizione aveva sovrapposto al brano acustico

originale un arrangiamento con chitarre elettriche, basso e batteria - Simon & Garfunkel raggiunsero per la prima volta la vetta delle classifiche di vendita con un brano che ancora oggi mantiene quasi inalterato il suo fascino e la sua denuncia dell’incomunicabilità: The Sound of Silence. Trovata la chiave del successo, Paul Simon la sfruttò immediatamente piegando la musica dei suoi brani alla musica elettrica. Cosi, buona parte dei suoi successi dell’epoca furono canzoni che aveva composto prima di “The Sound of Silence” come per esempio “Kathy’s Song” - una serenata per chitarra - e la più ritmata “I Am A Rock”. Quello che non cambiò però fu il suo approccio ai testi che continuarono ad ispirarsi agli struggimenti dell’animo adolescenziale o a quadretti di vita più o meno familiare. Insomma, una musica sempre in bilico fra poesia e… canzonetta di scarso spessore, con immagini ed emozioni a dipingere il malessere giovanile. Una mistura sufficiente a coinvolgere i sessantottini non politicizzati, ma anche quelli impegnati con problemi di… cuore. E la conferma del loro successo giunge dalla prima tournée che tocca il culmine con il Monterey Pop Festival (giungo 1967): il primo grande raduno dell’era musicale pischedelica. Paul e Art si esibiscono davanti a 50mila spettatori che li giubilano alla stregua degli altri grandi ospiti del festival: Jimi Hendrix, Janis Joplin, Otis Redding, Byrds e Who. Proprio a Monterey nasce il popolo della cosiddetta “Summer of Love”.

Sull’onda del successo il regista Mike Nichols chiede ai due di curare la colonna sonora de “Il laureato”, con un giovane Dustin Hoffman agli esordi. Accettano con entusiasmo, contribuendo inconsciamente allo storico ed intramontabile successo della pellicola. Non per nulla le prime sequenze di Hoffman sono sottolineate proprio da “The Sound of Silence”, senza dimenticare che l’immortale “Mrs. Robinson” è il tema trainante dell’intero film. Nonostante alcuni anni di successi il rapporto tra Paul Simon ed Art Garfunkel si logora. La separazione si consuma nel 1970, subito dopo la pubblicazione di quello che è ancora considerato il loro album migliore: “Bridge Over Troubled Water”. Ma se la carriera di Garfunkel proseguirà lungo i sicuri binari del pop melodico, Paul Simon andrà alla scoperta del continente africano sfornando veri e propri capolavori come “Graceland” e “Rhythm Of The Saints”. Occasionalmente comunque i due sono tornati assieme, come nel 1981 per il concerto in Central Park a New York: si radunarono 500 mila persone. Ma i due proseguirono le rispettive carriere separatamente. Con alterni successi, anche se Simon nell’agosto del 1991 tornò da solo in Central Park esibendosi davanti a 750 mila persone. Nel 2001 poi, è stato inserito nella “Rock and Roll Hall of Fame”, entrando di diritto, ammesso che nessuno se ne fosse accorto, nella storia della musica. acotti@caffe.ch

ltre ad essere uno dei film più celebri e più visti di tutti i tempi “Il laureato” (The Graduate) è anche uno dei massimi esempi di fusione tra immagini e musica. La colonna sonora è stata infatti affidata dal regista Mike Nichols a Simon & Garfunkel, proprio nel momento in cui la loro popolarità e il loro particolare stile si stava affermando. Sostanzialmente i due musicisti ed il regista si sono limitati ad inserire nel lungometraggio alcuni dei brani di successo del duo con l’aggiunta però dell’originale “Mrs. Robinson”, che sarebbe poi diventata un classico. In ogni caso, la sincronia tra musica e immagini sfiora la perfezione e porta a credere che la sceneggiatura sia stata pensata quasi in funzione della musica. Le cose non stanno così anche se i rimandi tra alcune delle canzoni di Simon e Garfunkel poi diventate letteralmente immortali sono molteplici. Così come restano scolpiti nella memoria anche i titoli di testa del lungometraggio con il protagonista colto fra la folla dell’aeroporto di Los Angeles, accompagnato dalle note di The Sound Of Silence. Oppure le panoramiche dall’alto di Dustin Hoffman e della sua Alfa Romeo duetto, scandite dal ritmo serrato di Mrs. Robinson. O ancora l’amore che nasce tra Dustin Hoffman e Katharine Ross sottolineato dalle note dolci di Scarborough Fair. Al di là delle musiche e della vicenda narrata ne “Il laureato” - l’intricata storia d’amore tra uno studente e la madre (interpretata da Anne Bancroft) di una sua amica d’infanzia - sono in molti a chiedersi ancora oggi perché la pellicola è diventata uno dei simboli del ’68. Un periodo assai critico nei confronti degli adulti. Non per nulla proprio uno dei leader della contestazione giovanile statunitense a Berkeley, Jerry Rubin, ammoniva senza mezzi termini: “Non fidarti di nessuno che ha più di 30 anni”. a.c.

Con Garfunkel conquistò una generazione


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EVENTI

MOON & STARS LOCARNO

domenica 20 luglio ore 20.30

JUANES

http://www.juanes.net

È d’obbligo la Camisa negra

CORRADO GALIMBERTI

È

stato il tormento di un’intera estate. Nessuno può non aver sentito e immagazzinato nel reparto musicale del proprio cervello Tengo una Camisa Negra, canticchiato da ragazzi e anziani, amanti della musica pop, così come da chi non distingue un flauto da una cerbottana. E il merito di tanta spensieratezza è del cantante Juanes. Che non sarà un calibro da novanta come gli Status Quo, ma ha saputo ritagliarsi uno spazio di tutto rispetto nel panorama musicale internazionale. Il suo concerto avrà luogo domenica 20 luglio alle 20.30 in piazza Grande a Locarno, atteso da una miriade di fan. Tra pochi giorni il nostro compirà 36 anni (i fan prendano nota, è nato il 9 agosto a Medellin, in Colombia) e canta –da quando ne aveva 15. Praticamente ancora in braghe corte, Juanes fonda un gruppo metal chiamato Ekhimosis. Un genere musicale non proprio da ascoltare per rilassarsi o per ballare con la morosa, che riesce indigesto alla maggior parte del pubblico,

pur avendo schiere di appassionati in tutto il mondo. E infatti Juanes e il suo gruppo cavalcano la scena per ben dodici anni, mettendo in cantiere cinque album. Con l’avvicinarsi del Nuovo Millennio, l’artista colombiano – basta guardarlo in faccia per capire che non gli calza molto su misura un genere tanto duro come il metal - Juan Estabàn (questo il suo vero nome) compie il gran balzo. Nel 1999 decide di diventare un solista, sceglie di chiamarsi Juanes, cambia tipo di musica e si dedica a ben altre sonorità. Con soli tre dischi, incisi nello spazio di quattro anni, diventa l’artista latino-americano più conosciuto, più venduto (nel senso che i suoi dischi vanno forte…) e proiettato sul piano internazionale. Inutile sottolineare che in patria diventa una sorta di icona, della quale i concittadini vanno orgogliosi visto che di solito la Co-

lombia viene associata a immagini non propriamente idilliache. E Medellin, - celebre per il cartello della droga - riesce a scrostarsi di dosso, almeno parzialmente, la fama di città che vive solo di violenza, squallore e illegalità. Lasciatosi alle spalle il metal, il solista Juanes dà prova di essere un ragazzo di carattere. Perché il suo primo brano da solista, Filjate bien (Riguardati), cantato nel 2000, è di natura politica. È un successo. Premi e riconoscimenti cominciano a fioccare in modo inaspettato: tre Latin Grammy. Uno come migliore artista. Uno per il migliore album da solista. E uno per la migliore canzone rock. Spesso, nella vita come nella musica, quando le cose cominciano ad andar bene, tutta la strada si presenta in discesa. E infatti anche Un Dia Normal (Un giorno normale), prodotto nel 2002, è stato un mega-hit di platino

Juan Esteban Aristizábal Vásquez in arte Juanes

Figlio d’arte e di chitarra Per essere bravo è bravo, certo, ma nessun nasce maestro. Neanche un cantante di fama internazionale. Juanes deve parte della propria capacità artistica al padre e ai fratelli maggiori, che gli hanno insegnato a suonare la chitarra fin da bambino.

Dal metal al social rock

13

IL CAFFÈ Estate 2008

L’unico artista latino americano ad aver vinto 12 Grammy Awards in soli quattro anni

Per passare dal metal al rock, dai temi da innamorati ai brani di impegno sociale, un retroterra bisogna pur averlo. Juanes ha infatti ascoltato di tutto nella vita: da Silvio Rodriguez ai Led Zeppelin passando per Eminem.

La matrice originale Una caratteristica delle canzoni di Juanes è che non ci sono due brani simili. Il trucco è dovuto al fatto che l’artista è stato in grado di rielaborare diversi tipi di musica, riversandoli dentro una matrice tipicamente latino-americana.

Inno alla pace da hit parade A Dios Le Pido , brano uscito nell’aprile 2002, grazie al contenuto impegnato, ma accessibile a tutti, è diventato una sorta di inno per la pace nei paesi latinoamericani ed è stato a lungo primo in classifica in dodici paesi.

in tutta l’America latina, dominando la scena musicale per l’intero anno e facendo incetta di Latin Grammy. Ne vince cinque, inclusi quelli più ambiti, ovvero per la canzone e l’Album dell’anno. In realtà nell’album è presente anche un brano non da solista, Fotografia, eseguito insieme alla cantante porto-canadese Nelly Furtado. Ma questa volta non è la politica a tener banco, bensì il gettonatissimo tema della sofferenza causata dalla lontananza tra persone che si amano. Nel 2004 esce l’album. Mi Sangre (Mio sangue) che conquista il primo posto nelle Billboard Charts latine e che fa vincere a Juannes il premio per il miglior album rock da solista. È un brano estratto da questa ennesima fatica, La Camisa Negra (La camicia nera), che lancia l’orami famoso cantante colombiano nelle hit parade di molti paesi europei. In Italia qualcuno che forse ama cercare il pelo nell’uovo lo accusa di avere fornito un leit motiv ai movimenti neofascisti, dal momento che la camicia nera era un tratto caratteristico dell’abbigliamento dei sostenitori di Benito Mussolino. Chi vuole cercare pretesti per inutili litigi ignora che La Camisa Negra, simbolo di lutto, è in realtà una metafora per esprimere il profondo dolore di una storia d’amore finita male. Nel 2005 Juanes vince altri tre premi nell’ambito dei Latin Grammy che fanno lievitare a dodici i Grammy vinti nel giro di pochi anni. Nada valgo sin tu amor (Non valgo niente senza il tuo amore) gli fa vincere il premio per la migliore canzone rock. Non poteva mancare alla collezione il premio per il miglior video musicale, ottenuto con Volverte a Ver, (Vederti un’altra volta). Nel dicembre 2005 Juanes viene convocato come principale ospite musicale della cerimonia per il sorteggio finale dei gironi dei mondiali calcio del 2006, a Lipsia, in Germania. Minas Pedras (Dove le pietre sono mine), brano dell’album La Vida es un Ratico viene presentato in duetto con I Negrita, presentato e proiettato sugli schermi dello stadio di Milano in occasione della partita di sabato 22 marzo 2008 tra Inter e Juventus. Insomma, oltre ad essere affascinato dalla chitarra, Juanes sembra essere catturato anche dal pallone e dall’impegno sociale… Cosa si vuole di più? cgalimberti@caffe.ch

L’impegno sociale oltre a voce e musica Nei suoi brani una realtà devasta dal narcotraffico

L’

idea del duetto col gruppo musicale I Negrita nasce dall’impegno di Juanes in una battaglia sociale molto delicata come quella dei danni provocati dalle mine antiuomo in Colombia. Un impegno che il cantante di Medelin porta avanti con la collaborazione dell’Inter, società di calcio che sostiene un programma sociale coinvolgendo i più giovani in attività calcistiche ed educative. In collaborazione con l’Inter Campus di Cali e Rio Negro, Juanes - che aveva esordito come solista con un testo politico – si dedica da tempo ai bambini che vivono in realtà devastate dal narcotraffico e dalla guerriglia. Del resto, il titolo del brano “Dove le pietre sono mine” parla apertamente di questa realtà, e il video che accompagna il brano non lascia adito a dubbi,

poiché alterna le immagini artistiche con scene tratte da un film-documentario girato da Gabriele Salvatores. L’interesse dimostrato da Juanes nei confronti dell’infanzia ha anche ricevuto il plauso di alcune associazioni che si occupano di violenza sui bambini nei paesi difficili. Il cantante colombiano ha infatti fondato l’associazione Mi Sangre, creata e voluta per aiutare i bimbi vittime delle mine antiuomo. Anche con la musica, evidentemente, si possono perseguire obiettivi che escono da contesto e ambiente musicali. Certo non tutti ci riescono, ma Juanes, dopo essersi lasciato alle spalle la musica metal - che francamente mira ad un pubblico diverso – sembra aver trovato nell’impegno sociale uno strumento adatto ad accompagnarlo nei suoi concerti, quanto la sua voce.


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