Ti vedo/Mi Vedi

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ti vedo \mi vedi

foto degli allievi del centro penitenziario di secondigliano

rogiosi editore


ti vedo \ mi vedi foto degli allievi del centro penitenziario di secondigliano dal Corso di Fotografia organizzato da il Carcere Possibile Onlus presso il Centro Penitenziario di Secondigliano dal Settembre al Dicembre 2011 allievi Salvatore Architravo Luigi Ascione Ciro Di Napoli Salvatore Esposito Fabio Faretra Vincenzo Fezza Maurizio Gallizzi Stefano Grasso Gennaro Gravoso Francesco Grieco Rocco Iorio Giuseppe Punzo Luigi Perrella Massimiliano Spampinato Massimiliano Valanzano

Rogiosi editore grafica attilio sommella stampa cangiano grafica ISBN 978-88-88688-96-1 stampato in italia su carta certificata FSC Š copyright 2012 rogiosi editore www.rogiosi.it tutti i diritti riservati

docenti Angela Grimaldi Carlo Hermann Mario Laporta

si ringraziano

mostra fotografica ti vedo \ mi vedi 2 > 15 aprile 2012 Napoli, libreria la Feltrinelli via Santa Caterina a Chiaia, 23

e il suo direttivo

in collaborazione con

agenzia fotogiornalistica


enrica amaturo Direttrice del Dipartimento di Sociologia “Gino Germani” - Università degli Studi di Napoli Federico II

verità semplici Lo studio delle istituzioni carcerarie è un tema che da sempre occupa un posto di rilievo nella riflessione delle scienze sociali e della sociologia in particolare, che ne hanno analizzato molteplici aspetti, a partire dal tema più generale della regolazione della devianza, attraversando l’analisi dei meccanismi dell’esclusione e della violenza e il dibattito su carcere e società, specie in rapporto alle società democratiche; inoltre, sulla scia di una nota concettualizzazione del carcere in termini di istituzione totale fatta da Goffman, si può parlare di una vera e propria sociologia della vita carceraria. Questo interesse per un elemento ineludibile della vita associata non è però mai stato accompagnato da una parallela e costante attenzione dell’opinione pubblica, che si caratterizza invece per un atteggiamento piuttosto ondivago in materia, che oscilla troppo spesso tra un giustizialismo aprioristico e una empatia causata da una forte emotività legata ad episodi specifici. Impossibile non ricordare, infatti l’ondata di indignazione seguita alla morte del giovane Stefano Cucchi, che nella sua tragicità è riuscita ad accendere per qualche tempo i riflettori sul problema delle carceri italiane, costringendo i media e di conseguenza i cittadini a guardare più da vicino una realtà troppo spesso ignorata, portando

alla luce una serie di episodi che altrimenti sarebbero passati inosservati. Affievolitosi però il ricordo, la consapevolezza delle condizioni di sovraffollamento e di disagio a volte acuto della condizione carceraria è evidentemente passata in secondo piano per l’opinione pubblica, come appare evidente se si considera la forte ostilità scatenatasi a seguito della recente proposta del ministro Severino finalizzata ad uno sfoltimento del numero di detenuti. Improvvisamente, dall’empatia si è passati alla preoccupazione per “il delinquente rimesso in libertà”, e sono riapparsi i fantasmi della paura per il deviante e il diverso (molto alimentati da alcuni media in un periodo non lontano), e una forte irritazione per la presunta impunità diffusa che caratterizzerebbe il sistema giudiziario del nostro paese. Non a caso, come si ricorderà, il provvedimento è passato solo con l’imposizione della fiducia. Anche su questo tema quindi, l’impressione è che, come purtroppo spesso accade in Italia, le opinioni si formino a prescindere da considerazioni logiche e basate su dati di fatto, ma si fondino piuttosto su umori o prese di posizione ideologiche. E tutto ciò nonostante lo straordinario lavoro di tanti che nelle carceri entrano senza pregiudizi e senza fanfare, portando la propria espe-


rienza di letterati, artisti, attori, con il solo obiettivo di entrare in contatto con persone concrete, con singoli individui che hanno ancora il diritto di non vedere annullate le proprie potenzialità. Questo libro, e il progetto che ne è alla base, ne costituiscono un esempio eccellente. La fotografia è uno strumento potente, capace di svelarci il mondo e contemporaneamente di mettere a nudo la mente di chi fotografa: invito a leggere in questa chiave gli scatti realizzati sui rifiuti, ma soprattutto le foto che documentano lo svolgersi del corso fotografico: non sarà facile dimenticare le espressioni intente di chi segue le lezioni sullo sfondo delle finestre sbarrate. Più di ogni altra cosa, però, rimane nella memoria la straordinaria galleria di ritratti dei partecipanti. Volti a cui “fuori” forse non presteremmo atten-

zione, o da cui forse distoglieremmo lo sguardo, che nelle foto si impongono alla nostra attenzione, che si affermano e sono qui a ricordarci una verità semplice che troppo spesso dimentichiamo, abituati come siamo a giudicare sulla base di preconcetti e ideologie: in carcere ci sono persone. Non pretesti di dibattito, non numeri a sostegno di una tesi o di un’altra, solo persone. Grazie agli autori di questo lavoro per avercelo ricordato.

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riccardo polidoro Presidente de ‘Il Carcere Possibile Onlus’ – Camera Penale di Napoli

il carcere possibile Quando nel 2003, quale componente della Giunta della Camera Penale di Napoli, decisi di occuparmi delle problematiche legate alla detenzione, non immaginavo come tale scelta mi avrebbe coinvolto. Da Avvocato Penalista lascio sempre con sofferenza il carcere, dopo un interrogatorio o un colloquio, perché ritengo che la privazione della libertà sia la sanzione più grave che si possa infliggere. Da questa angoscia e dall’aver constatato che, oltre alla condanna, il detenuto sconta altre pene non previste dalla legge, è nata l’idea di un vero e proprio “progetto” che vedesse la partecipazione di altri colleghi, per affrontare una battaglia difficile e certamente impopolare. La denominazione “Il Carcere Possibile” deriva dalla constatazione che l’Ordinamento Penitenziario, entrato in vigore nel 1975, è una buona legge che, purtroppo, nonostante il lungo tempo trascorso, non trova una concreta applicazione. Basterebbe stanziare le risorse necessarie, per far tornare la legalità negli istituti di pena, che, invece, appaiono sempre di più come una “zona franca” da tutti dimenticata, dove ogni violazione è consentita, in nome di una continua e infinita emergenza. Nel 2006 il “progetto” aveva già un’attività complessa e articolata che ci fece ritenere indispensabile costituire un’organizzazione non lucrativa

di utilità sociale, per poter interagire meglio con le istituzioni. “Il Carcere Possibile Onlus” svolge un’azione di denuncia delle condizioni di vita all’interno degli istituti di pena e cura numerose iniziative tese alla rieducazione e al reinserimento dei detenuti. Tra queste: una Rassegna Teatrale con attori detenuti che quest’anno è giunta alla settima edizione, con rappresentazioni tenute al Teatro Mercadante, teatro stabile di Napoli. Corsi per chef, con rilascio di un attestato di partecipazione, grazie al quale alcune detenute della casa circondariale di Pozzuoli hanno trovato lavoro. La pubblicazione della “Guida ai diritti e ai doveri dei detenuti”, tradotta in inglese, francese, albanese, arabo e rumeno, stampata in diecimila copie e presentata e distribuita a tutti i detenuti della Campania. Grazie a una rete di numerosi associati e al nostro sito internet www.ilcarcerepossibileonlus.it riusciamo a diffondere la politica associativa, che può contare anche sul contributo delle Delegazioni di Bari, Palermo, Milano, Nola, S. Maria Capua Vetere e Sulmona. La partecipazione istituzionale del Tribunale di Sorveglianza di Napoli, del Provveditorato dell’Amministrazione Penitenziaria della Campania, del Garante dei diritti dei detenuti della Regione


Campania, del Comune e del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, è stata determinante per il successo delle nostre iniziative. Come lo è stata la collaborazione dei numerosi registi per i laboratori di teatro, dell’Associazione Professionale Cuochi Italiani per i corsi di chef, dell’Università L’Orientale per le traduzioni della Guida, della Feltrinelli che ha contribuito ad arricchire le biblioteche degli istituti, dell’Associazione Costruttori Edili di Napoli e della Facoltà d’Ingegneria dell’Università Federico II di Napoli con cui abbiamo bandito un concorso di idee progettuali per un modello di carcere possibile, dell’Associazione Napoli Capitale Europea della Musica per i numerosi concerti. Vogliamo ringraziare il fotoreporter Mario Laporta per averci consentito di avviare alla fotografia alcuni detenuti dell’Istituto di Secondigliano, per la passione con cui ha affrontato quest’esperienza e per la qualità degli insegnamenti offerti. Gratitudine va anche a Rosario Bianco che, sostenendo il progetto, ha voluto far entrare, tra le prestigiose opere della sua casa editrice, anche questo libro che testimonia l’impegno degli allievi

e l’importanza d’interventi culturali e sociali all’interno degli istituti di pena. Il carcere rappresenta per l’opinione pubblica una realtà dimenticata. Non si comprende che ha una funzione sociale importantissima. Se la Scuola deve insegnare, l’Ospedale deve curare, il Carcere deve punire e rieducare. Con la nostra attività ci auguriamo di far mutare il pensiero dominante sul carcere e far comprendere che, tutelando i diritti dei detenuti, rispettando i principi costituzionali e le leggi in materia, si difende la stessa sicurezza sociale degli uomini liberi e il grado di civiltà del nostro Paese.

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liberato guerriero Dirigente penitenziario, Direttore del Centro Penitenziario di Napoli Secondigliano dall’aprile del 2007

memento homo Fotografare… è fissare un momento di vita su supporto che può essere cartaceo o digitale... è rendere quel momento in qualche modo eterno, ripetibile anche se con il concorso di una buona dose di memoria e di fantasia… Allora perché fotografare momenti vissuti in un carcere o immagini in qualche modo legate a quell’esperienza? Il dolore e la tristezza si preferisce dimenticarli… o scacciarli dalla memoria… allora perché fissarli con una FOTOGRAFIA? Lo stato di privazione della libertà personale è la violenza più dura che l’Uomo può subire come conseguenza di proprie azioni: le conseguenze sono spesso incalcolabili, come incalcolabile può essere il peso di un distacco anche temporaneo da una persona amata, dai figli, dalla moglie, dalla mamma, dal papà… da un amico… si è portati a pensare che per loro non esisti più… che ormai ti sei fatto da parte… che la loro vita va avanti senza che tu possa in qualche modo farne parte… se non come ricordo interrotto bruscamente… Fotografare cose della tua vita mentre fuori tutto continua senza di te è forse un modo per dire a te stesso che se il tuo corpo non è libero di andare dove gli pare, i tuoi sensi, i tuoi occhi possono sempre vedere ciò che li circonda, pos-

sono immortalare momenti che un giorno saranno anche per te solo ricordi... forse tristi… ma testimonianza di vita comunque vissuta… che in fondo la tua vita non è finita, se puoi vedere, sentire, toccare, immaginare…. O più semplicemente per un detenuto un corso di fotografia è soltanto un passatempo, gratificante, divertente…da poter raccontare a familiari ed amici dimostrando la propria bravura in occasioni future… E se diventa un lavoro? Un hobby? Una forma di manifestazione di propri pensieri… idee… sensazioni? Qualunque tra queste risposte si voglia preferire certo è che l’offerta dell’associazione onlus “Il Carcere Possibile” del corso di fotografia di Mario Laporta, coadiuvato da Angela Grimaldi e Carlo Hermann è stata gradita moltissimo dai pochi fortunati che lo hanno frequentato. La domanda più frequente quando si parla di attività organizzate in un istituto di pena è quanto possano contribuire alla soluzione del problema dell’occupazione: in questo settore certamente è difficile come in qualunque altro. Alla fine, grazie alla dedizione e alla professionalità degli esperti, probabilmente gli allievi avranno una conoscenza dello strumento fotografico non


dilettantesco che potranno provare a spendersi professionalmente. Impareranno inquadratura, composizione dell’immagine, gestione della luce, post-produzione e poi come costruire un servizio fotografico, allestire un’esposizione e confezionare un book. Ma le prospettive sono purtroppo legate a fattori che spesso sfuggono alle possibilità dei singoli e della stessa amministrazione penitenziaria. Resta in ogni caso del tempo speso in maniera costruttiva, piacevole e divertente. Di questo siamo grati all’associazione onlus Il carcere possibile, non nuova a progetti che impegnano i detenuti e contribuiscono a dare un senso alla detenzione. Una particolare menzione la dedichiamo al docente

Mario Laporta: non è facile entrare in un carcere, superare diffidenze e farsi apprezzare da operatori ed allievi in così relativamente poco tempo! Speriamo solo di rivederlo all’opera al più presto: ne hanno bisogno i reclusi, ne sentono il beneficio gli operatori dell’amministrazione. Un grazie ai colleghi che hanno curato l’organizzazione del progetto: poliziotti penitenziari, educatori, dirigenti la cui professionalità e dedizione al lavoro hanno consentito di superare ogni difficoltà nell’avvio e nella gestione del percorso all’interno del Centro penitenziario.

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tommaso pelliccia Componente del Consiglio Direttivo de ‘Il Carcere Possibile Onlus’

la vita scritta in faccia Il primo corso di fotografia dei detenuti del carcere di Secondigliano ci ha regalato smentite e conferme. Smentite rispetto all’assunto che vuole il carcere come un luogo, anzi un “non luogo”, dove chi ha sbagliato deve, giustamente, scontare la sua pena, ma oramai ridotto allo stato di “non persona” alla quale viene negata, con una sorta di pena accessoria illegale, la possibilità di esprimersi. Smentite rispetto alla circostanza che sia impossibile, in particolare in un periodo di crisi economica come questo, organizzare interagendo con la Pubblica Amministrazione, un esperienza come quella di un corso di fotografia, che si muova verso quella “ricerca di significato” della pena, motivo cardine del nostro dettato costituzionale, e da sempre “via maestra” dell’agire del Carcere Possibile. Conferme ne ha evidenziate invece, rispetto alla direzione valida intrapresa da Carcere Possibile nell’ideare elaborare e proporre progetti che tendano a far interegire nel migliore dei modi ed al livello più alto possibile, tutte le “forze sane” della nostra società civile che come noi, hanno compreso che il livello di civiltà e democrazia di un paese trova un infallibile “cartina di tornasole” nelle condizioni dei suoi istituti penitenziari. Conferme ne ha date rispetto alla saldezza ed alla

validità del dettato costituzionale che ha visto, con lungimiranza, nella funzione rieducativa della pena l’unica via possibile per sottrarre a quella sorta di nefasto corto circuito obbligato, il “cittadino detenuto” che trascorre la propria esistenza tra carcere e crimine e tra crimine e carcere. Quando Mario Laporta ed io abbiamo incominciato a pensare a questo corso, su di una cosa ci siamo trovati immediatamente d’accordo; o questo corso dava almeno un possibilità concreta, ad almeno un dei suoi partecipanti di padroneggiare gli strumenti tecnici minimi per poter ipotizzare una vita diversa una volta uscito dal carcere, o non aveva alcun senso organizzarlo. Ci auguriamo che il tempo quanto prima ci dica di aver raggiunto questo obbiettivo. Ed infine resta l’esperienza personale ed emotiva senza la quale nulla ha un senso o un significato. Vedere uomini che hanno, come pochi, la loro vita scritta sulla faccia, sforzarsi di incominciare a pensare a qualcosa che sia diverso dal tragico copione che ha contraddistinto quasi per intero la loro esistenza, ripaga degli sforzi e dei sacrifici fatti.


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adriana tocco Garante regionale dei detenuti

momenti di libertà Perché un corso di fotografia in carcere? Quale utilità per i detenuti? Diventeranno forse famosi fotografi? Certamente no o almeno non tutti. Ma… Il protagonista del film dei Taviani “Cesare deve morire”, divenuto attore professionista dice di sé e dei suoi compagni “Noi siamo guardatori di soffitto” Questa non è una battuta ma la tragica realtà della detenzione in Italia, dove il detenuto è condannato non solo alla perdita della libertà, ma anche alla dignità di uomo che nell’azione, nel lavoro, nelle molteplici attività realizza il senso della sua esistenza e sente di dover pagare un debito, non. di essere una vittima. Quale rieducazione si può immaginare per chi è condannato a trascorrere ore, giorni, anni dedito al nulla. La mancanza di risorse economiche, che restringe la possibilità di lavoro, cui i detenuti avrebbero diritto, il sovraffollamento, che non consente attività trattamentali, la cultura del paese che si riflette nelle tante norme restrittive vigenti, che limitano fortemente l’applicazione di misure alternative, che tengono ottusamente in carcere gente che di altro avrebbe bisogno, tutto questo ha portato alla situazione attuale che tutti condannano, senza che nei fatti si faccia alcunché. E allora ben venga il corso di fotografia che potrà

avere qualche, se pur remoto esito lavorativo, ma proprio perché non indirizzato immediatamente a un risultato pratico, apre la strada al piacere di fare una cosa bella. Vogliamo una volta almeno tessere l’elogio della cultura disinteressata. I detenuti credo, avranno dato tutto se stessi in questo lavoro tanto “inutile”, che però ha permesso loro di dare libero sfogo alla creatività, al sogno, a un momento di libertà dell’anima. Grazie al Carcere possibile che ha organizzato il corso e a chi ha realizzato il catalogo, testimonianza dell’umanità che persiste e matura, anche di chi si è reso colpevole di reati. Credo che sarà importante far conoscere questo lavoro e perciò l’Ufficio del garante della Campania ha deciso di contribuire alla sua diffusione.


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mario laporta Fotogiornalista, Docente del corso di fotografia nel centro penitenziario di Secondigliano

il linguaggio dell’istante Quando l’ultimo cancello si chiudeva dietro di me Carlo e Angela spingendoci nelle vie di Scampia ci chiedevamo se fossimo stati abbastanza chiari, se avessimo avuto le risposte giuste, se fossimo stati all’altezza delle aspettative. I nostri allievi questa volta non avevano pagato per sentirsi fotografi, non avevano pagato per assaporare il romanticismo della professione fotografica o per tentare l’ennesima carta occupazionale, questa volta erano li davanti a noi per imparare un mestiere, come gli antichi apprendisti venivano alle lezioni per apprendere i segreti di una professione per poi tentare di metterli in pratica e vivere con i proventi di essa. Le domande che ci venivano poste erano pratiche, dirette, essenziali: troverò lavoro? Con i guadagni cosa potrò fare? Potrò sostenere la mia famiglia? Riuscirò a iscrivere mio figlio all’università? Dove potrò chiedere di essere non dico assunto, ma almeno testato? Ecco, quando l’ultimo cancello era chiuso dietro di noi, ripensando a queste domande, sapevamo di aver esposto bene i nostri argomenti, perché è dalle domande giuste che ti pongono gli allievi che capisci di essere stato chiaro e aver attirato la loro attenzione. Seguire un corso base di fotografia non è sem-

plice, ci sono regole e nozioni da imparare che possono essere noiose, ripetitive, poco stimolanti. È tutto più semplice se imposti la macchina fotografica in modalità automatica e la foto la decide la fotocamera che possiedi, ma tu non sarai mai te stesso in quella foto, non avrai deciso tu, la decisione sarà del programmatore che ha creato i software di quell’apparecchio fotografico. Gli allievi del corso lo hanno capito subito. I loro precisi appunti, con i diagrammi cartesiani diaframma/tempi esposizione, ci confermavano che l’attenzione e le aspettative riguardo questo corso erano alte. Molti, erroneamente pensano che questo tipo di attività divulgative all’interno delle strutture penitenziarie siano solo un pretesto per rompere la monotonia quotidiana della vita carceraria. Noi abbiamo riscontrato con i nostri allievi un desiderio di normalità e un proposito di futuro. Alcune domande ricorrono sempre tra gli allievi dei corsi di fotografia, ma l’esposizione delle domande e i toni con cui vengono formulate sono diversi, lo senti, lo avverti, ma la sensibilità che ti guida nel momento in cui scatti una foto ti aiuta anche a recepire e percepire i toni delle domande a te poste. Gli allievi del corso di Secondigliano ponevano domande vere, concrete, ritmate da un desiderio


interiore di rimettersi in gioco affrontando la vita in maniera diversa. Alcune volte si è parlato del “se dovessi tornare indietro”, ma la maggior parte delle occasioni di dialogo erano improntate sul “cosa potrò fare poi”. Cosa potrò fare poi? Ognuno sceglie la sua strada e la sua vita, con il corso base di fotografia ho cercato di dare degli spunti, ho dato delle indicazioni, ho illustrato alcune possibilità, tecniche e creative, del medium fotografico, ho cercato di trasmettere i miei saperi professionali, senza pregiudizi e senza instillare false illusioni. La professione fotografica è difficile, ci sono scontri professionali e commerciali ogni giorno, la professione fotografica è scandita da glorie giornaliere che devi riguadagnare il giorno dopo, pena l’oblio delle tue opere, ma proprio per questo è una sfida continua che vale la pena affrontare. L’attenzione che è stata tributata a queste tematiche durante le poche ore di corso che abbiamo svolto insieme è stata per me la più grande ricompensa, espressa da parte degli allievi durante la consegna degli attestati di partecipazione con parole commoventi e sincere. Un fotografo non si vede soltanto dalle bellissime foto estetiche che riesce a produrre, un fotografo prima di tutto si vede dai contenuti e dal linguaggio che usa per esprimere le sue idee, un fotografo è colui che nell’istante dello scatto di ripresa di un evento o di una qualsiasi cosa riesce a fotografare prima di tutto se stesso. I 15 allievi del corso, nello spazio messoci a disposizione dalla amministrazione penitenziaria hanno appreso i rudimentali principi fotografici e li hanno immediatamente messi in opera esprimendo le loro sensibilità nell’aula dove si svolgevano le lezioni ritraendo i loro colleghi e facendosi

ritrarre come volevano che i colleghi li vedessero. Poi è arrivato il momento di documentare il Centro di compostaggio interno al penitenziario di Secondigliano. Poco tempo a disposizione, solo due fotocamere per 15 aspiranti fotografi. In gergo fotogiornalistico una “mission impossible!”. Loro ci sono riusciti, il servizio di documentazione del centro di compostaggio c’è! Un servizio corale, a più mani, ma qualsiasi quotidiano o magazine non avrebbe nulla da eccepire su ciò che hanno realizzato gli allievi di questo corso. Come tutte le immagini da loro prodotte nella mostra e in questo libro. Questo corso progettato da me e dall’avv. Tommaso Pelliccia dell’associazione “Il Carcere Possibile Onlus” non avrebbe visto luce se non con la disponibilità dei dirigenti penitenziari di Secondigliano, dott. Guerriero e dott.ssa Leone, non avrebbe potuto avere operatività senza il personale penitenziario tutto e non sarebbe stato possibile svolgerlo senza l’apporto dei miei collaboratori Angela Grimaldi e Carlo Hermann. Un grazie a tutti loro e un grazie speciale a Salvatore, Luigi, Ciro, Salvatore, Fabio, Vincenzo, Maurizio, Stefano, Massimiliano, Gennaro, Francesco, Rocco, Giuseppe, Luigi, Massimiliano.

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…ci hanno dato la possibilità di partecipare ad un corso sulla fotografia, da questa esperienza ho potuto capire che anche una semplice foto può immortalare un’emozione e una sensazione vissuta precedentemente. Quindi ringrazio i maestri di questa arte che mi hanno insegnato come usare al meglio la macchina fotografica. Gravoso






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in questo istituto ho effettuato un corso di fotografia, ho scoperto cose che neanche immaginavo. Quel poco che ho imparato spero che un giorno lo potrò sfruttare fuori, ho conosciuto dei veri fotografi che con pazienza mi hanno messo il loro lavoro nella testa e ciò spero un giorno di poterlo sfruttare. Perrella


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in questo istituto nel mese di settembre ho avuto la possibilitĂ di partecipare ad un corso di fotografia che inaspettatamente mi ha fatto capire tante cose che fuori non avrei mai fatto, per questo ringrazio chi mi ha dato la possibilitĂ di cambiare e di capire tante cose della vita. Grasso


‌con orgoglio e apprendimento ho frequentato un corso di fotografia per noi detenuti presso questo istituto, sono rimasto soddisfatto di questa iniziativa perchĂŠ almeno in futuro, quando uscirò di sicuro mi sarĂ molto utile. A parte il mio interessamento, di tutto devo ringraziare in particolare i miei insegnanti Mario, Carlo e Angela, persone speciali che con pazienza hanno saputo dare quel tocco magico a persone come noi. Punzo

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…ringrazio chi ci ha dato la possibilità di passare dei momenti in modo diverso insegnando cose nuove…è bello vedere che in un’epoca in cui tanti si dicono disposti a aiutare chi è in difficoltà, c’è chi agisce in silenzio senza chiedere nulla ma dando tanto, facendo sentire chi è stato sfortunato o ha commesso gravi errori nella vita una persona come le altre, capaci ancora provare sentimenti da donare agli altri… Di Napoli

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mi presento sono il detenuto Ascione Luigi sono molto affascinato a quella pellicola, tale di cui si chiama fotografia, mia figlia che studia Liceo Linguistico ha una grande passione della foto e questo mi ha contagiato e devo dire ne sono stato molto colpito dal corso di fotografia che il carcere mi ha dato l’occasione per far sì che il mio sogno e quello di mia figlia si avverasse. Prendere in mano una macchina fotografica, quella professionale è come vivere una giornata di libertà, ti fa star bene con te stesso è assolutamente una esperienza unica. Chiudo per dirvi grazie di avermi dato questa occasione, e che mi avete fatto fare una cosa che piace tanto a mia figlia, grazie mille. Ascione


il mio nome è Francesco ed ora mi trovo detenuto al carcere di Secondigliano, dove il tempo è l’esodo verso la mia libertà…. Qui dove le speranze sono perdute e la voglia di cambiare si mischia con la rabbia delle sbarre e della sofferenza. Per fortuna in questo inferno ci sono delle brave persone, volontari e non, che hanno l’umanità e la pazienza di trattarci con rispetto e ci danno l’opportunità di reinserirci nella società e di ambire ad un futuro migliore… ho frequentato questo corso fotografico per aprire i miei orizzonti, sperando che un giorno quando sarò fuori, potrò ritrovare la felicità anche nella legalità, sto cercando di cambiare per dare un futuro a Maria (la moglie) e ai cari figli. Ringrazio tutti coloro che mi hanno consentito di fare questa bella esperienza formativa che un giorno mi potrà servire quando sarò libero. Grieco Si ringraziano gli allievi che hanno voluto partecipare anche con i loro ringraziamenti e, allo stesso modo, quelli che non se la sono sentita di scriverli o non erano in istituto

Crediti fotografici Allievi del corso di fotografia pp. 4, 6, 8, 10, 12, 15, 24-27*, 28-35 * immagini di documentazione prodotte dagli allievi del corso relative all’area di lavorazione e controllo dei rifiuti plastici, ferrosi e cartacei attivo nel Centro penitenziario di Secondigliano Angela Grimaldi pp. 16-19 Mario Laporta pp. 20-23

finito di stampare nel mese di febbraio 2012 per conto di Rogiosi editore


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