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VOGHERA: NICOLA AffRONTI Pagine 8 e

la situazione dall’allora assessore ai LL PP ora suo presidente del consiglio, Daniele Salerno. Ci ha accusato anche di malafede, accusa che respingiamo al mittente e per questo chiediamo anche le scuse poiché faccio notare che ben 3 enti pubblici erano interessati ed avevano vagliato il progetto: il Comune interessato a risolvere il problema dei residenti, la Provincia all’epoca proprietaria della Tangenziale e dei terreni che aveva dato l’autorizzazione, la Regione che aveva approvato il finanziamento del progetto. Nel rammentare alla sindaca che le pubbliche amministrazioni parlano per atti, qui tutti gli atti (approvati con il preliminare e necessario avallo dei tecnici) ci sono. Ci pare infatti che viga nell’ordinamento il principio _Tempus Regit Actum_ e pertanto le autorizzazioni vengono rilasciate da chi in quel momento ha la competenza per farlo, nel caso di specie all’epoca dei fatti dalla Provincia di Pavia che aveva sottoscritto con il comune l’Accordo di Programma (Art. 34 D.LGS 267/2000 e S.M.I.) Provincia di Pavia - Comune di Voghera per la realizzazione di: “Intervento di adeguamento e messa in sicurezza della viabilità di accesso sl centro multiraccolta” approvato con Decreto Presidenziale N° 170 del 03/09/2020 dal Presidente della Provincia . Questi i fatti, poi resto in attesa dal Comune della documentazione in merito fatta con la nuova amministrazione che ho richiesto con accesso agli atti via pec per vederci ancora più chiaro. Ora delle due l’una: o la sindaca chiede ad Anas (ora proprietaria della tangenziale) di sedersi ad un tavolo e cercare una soluzione oppure ha semplicemente trovato una strada per liberarsene, abbandonando al proprio destino i residenti che volevano una soluzione per risolvere il problema del continuo passaggio dei camion. La nostra volontà politica era di risolvere la situazione anche con l’aiuto del finanziamento regionale al progetto che avevamo ottenuto, la sua qual è? Arrendersi? Far finta di nulla e abbandonare i residenti? Continuare a cercare scuse con il torcicollo?».

recentemente ha destato dibattito la situazione in cui verserebbe l’asP Pezzani. è certamente un tema su cui l’udc vogherese ha spesso assunto posizioni molto decise, le confermate?

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«Non solo le confermiamo, ma le rilanciamo con forza. Attraverso l’azione dei nostri rappresentanti in seno al Cda dell’Asp, almeno sino al precedente mandato (tra cui l’attuale consigliere comunale UDC Antonio Califano) la nostra attenzione sull’Azienda è stata sempre costante e meticolosa. Purtroppo l’Ente, che con l’Amministrazione Garlaschelli ha avuto il non invidiabile “onore” di essere addirittura commissariato, paga lo scotto di scelte passate, ben inteso non nostre, indubbiamente poco lungimiranti. Pur nei nostri distinguo riteniamo poi che l’azione apicale del Direttore uscente, Dott. Cioffi, non sia stata affatto negativa, non dimentichiamo che in un anno complesso come il 2020, a mandato del precedente cda ormai concluso, sia stato di fatto lasciato solo. Peccato sia stato silurato in modo così immeritato dall’attuale Amministrazione, con il placet della Sindaca, pare anche a causa di lotte intestine alla Lega, decisione che ha tra l’altro diviso l’attuale Consiglio di Amministrazione stesso».

Passiamo ad una polemica recentemente sorta sui locali assegnati dal comune in comodato d’uso gratuito alle associazioni di Volontariato

«Questa mossa ha dell’incredibile e di presa per i fondelli per chi mette a disposizione delle sue risorse, del suo tempo e delle sue energie per il bene comune. In un periodo di difficoltà come quello appena passato, dove le associazioni di Volontariato hanno dato il massimo ed hanno anche loro avuto un periodo difficile crediamo che sia ingeneroso gravarli di ulteriori spese a fronte dei servizi che gratuitamente fanno per la città e per i rapporti di collaborazione fattiva che hanno sempre avuto con il comune per questo come gruppo consiliare UDC (Consiglieri Nicola Affronti, Elisa Piombini, Antonio Califano) abbiamo presentato alla sindaca un’interpellanza per farla soprassedere da questa idea che porterebbe a poche migliaia di euro di risparmio per il comune, ma che darebbe un duro colpo a queste associazioni di volontariato che essendo no profit hanno pochissimi fondi a disposizione». Lei è anche consigliere e capogruppo in

Provincia. come sta vivendo questo ruolo che da quasi un anno ricopre e quali le cose che state portando avanti?

«La Provincia di Pavia sta vivendo una rinascita e come amministrazione provinciale abbiamo inaugurato nei mesi scorsi il completamento della Greenway importante attrazione turistica per la zona, ma stiamo facendo altro. Stiamo portando in approvazione l’aggiornamento dello strumento urbanistico provinciale ovvero il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale, nei mesi di giugno e luglio abbiamo organizzato incontri come provincia con tutti i sindaci proprio per coinvolgerli e raccogliere osservazioni prima di approvarlo definitivamente. Parliamo di Voghera, la Provincia anche qui ha investito tantissimo in questi ultimi mesi stanziando ingenti somme per mettere in sicurezza antisismica le scuole superiori della città intervenendo anche sugli edifici. L’ITIS Maserati grazie a questa Amministrazione Provinciale vedrà realizzata la tanto attesa palestra, poi ci sono tantissimi altri interventi ad esempio su Strade e Ponti di competenza provinciale. Insomma una provincia che non perde un solo minuto di tempo e appena ha i fondi li investe sul territorio per poter amministrare al meglio».

A fine anno ci dovrebbero essere le elezioni provinciali, si ricandiderà?

«Credo proprio di sì per continuare ad essere al servizio dei cittadini e degli amministratori della provincia e del territorio con serietà, impegno e passione, come ho sempre fatto».

di Silvia Colombini

“Gigino” il Signore di Oramala

Venerdì 14 Maggio del 2021, un tempo uggioso che a poco, a poco si tramuta in pioggia, accompagna prima in chiesa e poi al cimitero il Senatore Panigazzi Luigi nell’ultimo tratto della sua lunga vita. Novantasei anni, vissuti bene. Figlio di un umile lavoratore della terra, papà Tilio, secondo di sette fratelli, studia con buon profitto quando eventi più grandi di lui, lo travolgono in un’avventura esaltante ma pericolosissima. In quegli anni infernali gli avvenimenti si susseguono con ritmi allucinanti ed al termine della guerra civile, dopo aver ultimato gli studi e lenito i ricordi tragici di quei mesi, Gigino, così lo chiamavano tutti, inizia una proficua attività di medico non dimenticando la sua vita di giovane partigiano perseguitato. La politica lo tenta: prima sindaco di Val di Nizza per due legislature, segretario della federazione provinciale del PSI pavese, presidente della Provincia di Pavia, presidente del San Matteo di Pavia ed infine senatore della Repubblica. Ma Gigino Panigazzi prima ancora che medico, per tantissimi anni in Silvano Pietra, era un abile politico oltrepadano, era un Uomo, un grande personaggio tra la gente, umile e disincantato come solo i grandi sanno essere. Suo figlio al funerale l’ha definito “papà, capitano di tutti”, modestamente aggiungo “amico di tutti”. Sandro l’ha salutato con un ciao rivolto alla bara che idealmente era l’abbraccio suo e di tutti noi che l’abbiamo conosciuto. Voglio ricordarlo così, voglio ricordare l’uomo che mi presentava a tutti come “al fiëu ad la me Maria”, che mi aveva offerto il suo magico Castello di Oramala, per la presentazione del mio libro “L’avventura del Salame”, senza pretendere neppure una lira di rimborso spese. Anni prima, su mia richiesta, aveva aperto le porte del Castello ad una scuola di Pavia per compiacere mia figlia. Il suo Castello, e di Sergio, come aggiungeva lui. Oramala, il suo vanto, il suo lascito ai posteri, la meraviglia di un Castello unico nel suo genere. Qualche sprovveduto traduceva la parola Ora Mala in “tempo cattivo o ora malefica”. Rimbeccava stizzito che il nome derivava da Aura Mol “luce dorata della collina” da un’antica lingua provenzale. Pochi anni or sono scese dall’ eremo di Pädäfrò, su invito del Sindaco Campetti, per degustare polenta e lepre e polenta e cinghiale da me cucinati nei locali del centro sportivo di Val di Nizza. (due piattini leggeri degustati a sera tarda da un vegliardo giovanotto di oltre novant’anni!). Chiacchierammo a lungo ripromettendo di ritrovarci sia per il piacere della compagnia sia per avere notizie dettagliate sui suoi trascorsi partigiani e sulle leggende che aleggiava sul Castello di Oramala e sulla notte di San Lorenzo. Rideva mentre mi congedava dicendo “ti aspetto a Poggio”. Non ci siamo più rivisti Gigino: prima la pandemia e poi la tua malattia ci hanno impedito un colloquio privato che avrebbe meglio precisato notizie a me in parte già note, ma che intendevo rendere al merito come la tua memoria impone. Non mi perdo d’animo: voglio ricordarti così, con le tue memorie, con un momento della tua vita e le tue leggende nelle quali sembravi credere veramente, sorridendo come sempre. 28 Settembre 1944, una calma giornata di un autunno tragico per l’Italia e per i suoi figli. La natura sembrava ignorare il dramma di giovani e anziani, esibendo l’arcobaleno dei colori dei boschi e dei vigneti tinti da calde pennellate di verde, giallo, rosso declinate in tutte le tonalità che solo questa magica stagione sa esibire. Quattro giovani scendevano in silenzio dal ripido sentiero che da Poggio Ferrato porta a Molino Cassano, evitando accuratamente lo stradone principale, ma battendo sentieri conosciuti ma celati alla vista dei curiosi. Risalirono il Nizza sino a Sant’Albano e camminando nei boschi, giungono a Mandasco. Luigi Panigazzi, uno dei quattro giovani, guardò di lontano la casa dello zio “Gris”, ripensò con nostalgia agli anni della sua fanciullezza trascorsi nella piccola frazione di Val di Nizza, la tentazione di compiere una piccola deviazione per salutare parenti ed amici era forte ma, il dovere prima e i tre compagni di avventura poi, lo dissuasero dal compiere un’azione tanto rischiosa per la sua attuale condizione di braccato dalla Brigata Nera per connivenza con il nemico. Il giovane, diciannovenne da pochi mesi, dopo il famigerato otto Settembre che aveva portato allo sbando un’intera nazione, con un gesto che ne qualificava il suo nobile spirito di giovane italiano, aveva aiutato il padre Attilio a tendere una mano occultandoli al nemico, a quattro prigionieri fuggiti da un centro di raccolta in attesa di essere inviati in Germania. Qualche squallida lingua malefica in paese aveva pensato bene a rendere delazione dell’accadimento ed il giovane si trovò alla macchia con altri compaesani che non avevano risposto al bando militare o, comunque, agli imperativi dei tedeschi veri padroni del vapore italiano i cui capi avevano condotto alla rovina il paese.

Luigi Panigazzi I quattro partigiani, tali erano definiti dai più, avevano un appuntamento nelle prime ore del pomeriggio, in una radura adiacente la Chiesetta della Neve di Valverde, per compiere un’azione di cui non conoscevano il luogo, i termini o la pericolosità: sapevano di doverlo fare per loro stessi, per le loro famiglie e per il futuro dell’Italia. Celati dalla folta vegetazione, mangiavano con piacere pane e formaggio annaffiato da un paio di bicchieri di quello buono, di un vinello che in altre occasioni avrebbe creato allegria ma in quel tardo pomeriggio, solo il cielo azzurro, l’esplosione dei colori pastello dell’autunno e una leggera brezza di tramontana sembravano estranei alle ore tragiche che avvicinavano i giovani ad un’azione militare. A sera un comandante della Brigata Garibaldina Crespi convocò in uno spiazzo nei boschi adiacenti la piccola Chiesetta della Neve, una quindicina di giovani che erano giunti dalle più svariate direzioni. Distribuì armi migliori di quelle in dotazione, ragguagliò i giovani sull’ora, luogo del probabile scontro che l’indomani mattina si sarebbe tenuto contro forze nazi-fasciste che dovevano essere fermate o, alla peggio, rallentate il più possibile. Le ore passavano, le ultime ombre della sera allungavano le forme di uomini e piante suscitando apprensioni controllate nei giovani che attendevano l’ora fatidica. Verso mezzanotte venne distribuito un rancio freddo: pane e salame, qualche robiolina di formaggio vaccino, vino e qualche bottiglia di cordiale (una specie di alcool aromatizzato in uso presso l’esercito italiano, frutto di un recente assalto ad un furgone di viveri). Tre ore di sonno e partenza verso il fondo valle direzione Val Tidone. Per la precisione verso Casa Marchese, adiacente a Moline, piccole frazioni di Zavattarello. Da una piccola altura alle spalle delle case del paesino, si dominava l’incrocio di tre strade importanti: a destra iniziava il suo ripido inerpico la statale per Lagagnolo, Bivio Carmine, e scendendo, Stradella e Casteggio. Di fronte la strada che costeggiava il lago Trebecco e la Diga Molato collegando la Lombardia all’Emilia. A destra la statale che saliva a Zavattarello, Pietragavina e che scendeva a Varzi. Il compito del piccolo distaccamento partigiano era quello di fermare le truppe nazifasciste da qualunque strada provenissero e soprattutto, di impedire alle stesse di raggiungere Varzi prendendo alle spalle la forte concentrazione partigiana. Sdraiati a terra, immobili, confortati da qualche goccio di cordiale che bruciava la gola e i pensieri tristi, il piccolo distaccamento di “Gigino” questo era lo pseudonimo

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