Metro Sound - Bruce Springsteen - 16 luglio 2016 - Roma - Il Signore degli Etruschi Agriturismo

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IL GRANDE CLAN

CON BRUCE SPRINGSTEEN SUL PALCO LA MOGLIE PATTI E LA E STREET BAND

LA TOURNÉE DELLE MERAVIGLIE

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ROMA • 16 LUGLIO 2016 • WWW.METRONEWS.IT

Bruce si prende il Circo Massimo per un live che è già storia

Nel nome del Boss



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INSERTO A CURA DI ENRICA ARCANGELI PER EFFE EDITORE

IL CONCERTO

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La lunga notte del Boss L’ora x è arrivata, Bruce Springsteen stasera si esibisce per la prima volta al Circo Massimo. Per lo storico appuntamento arriveranno fan del rocker del New Jersey da tutta Europa e anche da Stati Uniti, Asia e Emirati Arabi ROMA - Tutte le strade Uragano Bruce portano a Roma. So- Che l’eterno ragazzo prattutto quelle della del New Jersey sia un storia. E stasera, sotto vero e proprio animail cielo della Capitale, le da palcoscenico è sta per materializzarsi cosa ormai risaputa, i una di quelle nottate suoi live regalano una destinate a rimanere scarica di emozione e ben impresse nella adrenalina con pochi memoria di chi ci sarà eguali. Assistere a un e a essere tramandate suo concerto equivafino alle generazio- le a fare il pieno di ni future. Il Boss si energie, tre ore circa prende il Circo Mas- di musica in grado di simo e lo fa alla sua stampare il sorriso sui maniera. In un luogo volti di tutti i presensenza tempo, simbo- ti. Tanto che, lo scorso lo della maestosità 13 febbraio, è partita dell’Urbe immortale, la caccia al biglietBruce Springsteen in- to non appena fosse fiammerà migliaia di iniziata la vendita persone giunte ai suoi online. Eppure, quelpiedi per una gran ce- lo di stasera, sarà un rimonia di rock ‘n’ roll concerto se possibile RH_estate_239x155.pdf 1 15/07/16 11:50 con pochi precedenti. ancor più speciale.

Perché Springsteen per la prima volta in assoluto si esibirà al Circo Massimo. E, per dare un’idea dell’importanza dell’evento, basti pensare che Ticketone (che gestisce la vendita dei tagliandi) ha fatto sapere che per la data di Roma più del 70% dei biglietti sono stati acquistati da turisti, sia italiani sia stranieri. Ma c’è di più, perché dando un’occhiata ai dati di vendita ci si accorge di alcuni particolari inusuali. Oltre agli Stati europei e agli Usa, infatti, figurano anche acquisti provenienti, tra gli altri, da Tonga, Comoros, Indonesia, Giappone,

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Cambogia, Malesia, Singapore, Thailandia ed Emirati Arabi Uniti. Insomma, stasera è in programma un appuntamento con la storia e non si può mancare. E il Boss, originariamente, avrebbe voluto aprire il tour europeo proprio con la tappa romana, il 14 maggio, ma quel giorno proprio nei pressi del Circo Massimo era in programma Race For The Cure. E così Roma viene dopo le due sensazionali tappe milanesi, dove il Boss ha regalato al suo pubblico 35 brani in quasi 4 ore di concerto. E stanotte a Roma saranno in 60mila a cantare con Bruce, tra le altre, le venti canzoni del suo album del 1980, “The River”.

Circo Massimo

Aprono Treves Blues Band e Counting Crows La musica inizierà a risuonare nel gigantesco spazio del Circo Massimo già dal pomeriggio. I motori si inizieranno a scaldare già a partire dalle 17.15. A quell’ora, infatti, salirà sul palco la Treves Blues Band, il gruppo del veterano bluesman Fabio Treves. E dopo le atmosfere più rarefatte e intime del blues, si cambierà spartito. Perché sul palco, intorno alle 18.30, saliranno Counting Crows, la band di San Francisco capitanata dall’energico Adam Duritz. Il gruppo di alternative rock, nato a San Francisco nel 1991, che sta accrescendo sempre più il suo seguito in Europa.

Flavio Di Stefano

FARMER BURGER


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LA TOURNÉE

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Il tour delle meraviglie Più di settanta date in nove mesi lungo sedici Paesi diversi. Ecco i numeri del The River Tour 2016, la festa che vuole celebrare l’album uscito nel 1980 trasformando ogni concerto in un evento unico ROMA - Un viaggio lungo nove mesi. Dal 16 gennaio al 14 settembre, a voler essere precisi. In mezzo, la bellezza di settantaquattro concerti distribuiti in sedici Paesi diversi. Tutti, però, con lo stesso identico risultato: quello di aver mandato in estasi le decine di migliaia di fan che hanno fatto a gara per acquistare i biglietti per una tournée che entrerà di diritto nella storia della musica. Il The River Tour 2016, infatti, non è una serie di concerti come tutte le altre, ma una vera e propria celebrazione dell’album “The

River” (datato 1980), partita con la pubblicazione di “The Ties That Bind”, ossia un cofanetto in riedizione speciale che tanto sta stuzzicando gli appassionati. Alla base del progetto, c’era la volontà di riproporre del vivo tutte le canzoni dell’album, che è stato suonato live per intero una sola volta. Era il 1999 e a ospitare l’evento fu un “tempio” per lo sport e per la musica come il Madison Square Garden di New York. Il tour, che è partito da Pittsburgh, doveva essere composto inizialmente da 24 date sparse fra gli Stati

Uniti e il Canada. Poi, però, ecco che le date si sono moltiplicate e sono entrati a far parte del cartellone anche Belgio, Francia, Italia, Danimarca, Svezia, Norvegia, Svizzera, Germania, Olanda, Inghilterra, Scozia, Irlanda, Portogallo e Spagna. E a rendere ancora più speciale il tutto, ci pensa il fatto che ogni concerto è stato pensato come un evento particolare e irripetibile. Accanto ai brani di The River, infatti, di volta in volta il Boss sceglie una lista di brani diversi da città a città. Proprio come nelle due date di Milano (il 3 e il 5 luglio), quando allo stadio San Siro sono andate in scena due scalette diverse. Ben 36 le canzoni che Springsteen e la sua E Street Band hanno

Il River Tour 2016 è nato per riproporre le 20 canzoni dell’album “The Rivers”.

eseguito nella prima serata e 32 nella seconda. Peccato, però, che fossero solo 15 i pezzi (The Ties That Bind, Sherry Darling, Spirit in the Night, Hungry Heart, Death to My Hometown, The River, The Promised Land, I’m a Rocker, Darlington County, Because the

Night di Patti Smith, The Rising Badlands, Born to Run, Dancing in the Dark, Tenth Avenue Freeze-Out e Shout, la canzone degli Isley Brothers che fu il primo brano che il Boss imparò a suonare con la chitarra) suonati in entrambe le serate. È anche per questo che ogni

concerto diventa un bootleg, ossia una registrazione esclusiva che è direttamente scaricabile dal sito dell’artista (http:// live.brucespringsteen.net). Si va dai 10 dollari per il formato mp3 ai 28 per il cofanetto che comprende anche il cd. Andrea Romano

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CURIOSITÀ

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L’altra faccia di un ragazz Dalla prima chitarra comprata a rate dalla mamma fino alla richiesta di “aiuto” da parte dei fan dopo l’11 settembre. E poi ancora il suo talento a monopoli e quelle avances ricevute da una delle cantanti più famose della storia. Ecco tutte le curiosità sulla vita di Bruce Springsteen

ROMA - Una vita da Boss. Anzi, da Re Mida. Sì, perché tutto quello che viene toccato da Bruce Springsteen si trasforma regolarmente in oro. Tutto merito di un talento straordinario che, in più di quarant’anni di successi, l’ha trasformato nell’icona di un intero popolo. Quello a stelle e strisce che, tanto nei momenti più bui quanto in quelli più splendenti, non ha mai smesso di sostenere quel ragazzo del New Jersey. Normale, dunque, che la vita

del “Boss” si sia trasformata in un misto di leggenda e di realtà capace di romanzare anche i più piccoli accadimenti, di rendere unici anche i piccoli momenti della quotidianità. Chitarre Tutto inizia il 6 settembre del 1956 quando Bruce, che aveva appena sette anni, assiste alla performance di Sua Maestà Elvis Presley all’Ed Sullivan Show. Uno spettacolo così emozionante da portare quel bambino a chie-

dere ai suoi una chitarra. E lo strumento arriva finalmente a Natale. Anche se di plastica. Passano altre due natività prima che mamma Adele si decida a comprare, fra grandi sacrifici, la prima chitarra al figlio (una Kent, con tanto di amplificatore). L’acquisto si materializza per 60 dollari, cifra che la madre si era fatta prestare e che, puntualmente, restituisce con rate mensili presso un ufficio locale (dove si reca con il figlio). Il primo brano che Bruce impara a suonare è “Twist and Shout” degli Isley Brothers (che ancora oggi chiude i suoi concerti), ma per sancire il legame speciale con il suo primo strumento, Springsteen dedicherà alla sua chitarra il pezzo “The Wish”. E pen-

sare che il divorzio dalla sua prima band, The Rogues (il gruppo con cui esordì come chitarrista durante una festa da ballo per adolescenti), avvenne proprio a causa della cattiva qualità della sua chitarra di allora. Il suo storico strumento, invece, è una Fender Esquire, quella che compare sulla copertina di Born to Run. 11 settembre Quello degli attentati alle Torri Gemelle è stato uno dei giorni più difficili per Bruce Springsteen, toccato nel profondo dai tragici eventi dell’11 settembre. All’indomani dell’attacco terroristico, infatti, il Boss si trovava su una spiaggia del New Jersey per osservare il nuovo skyline di Manhattan dopo quei dramma-

tici accadimenti. In quel momento un uomo lo vide e, abbassato il finestrino della sua auto, gli urlo: «Ehi, abbiamo bisogno di te». Una

richiesta d’aiuto che portò l’artista, che non pubblicava un album da sei anni, a scrivere The Rising, un disco parzialmente ispirato agli atten-

Bruce Springsteen sul palco dello stadio di Wembley (1985).


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CURIOSITÀ

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zo diventato leggenda tati del 2001 nonché il primo inciso con la E Street Band dai tempi di Born in The Usa. Monopoli Molto complessa, poi, è l’origine del suo soprannome “The Boss” (il capo). Secondo alcuni, infatti, il nomignolo deriverebbe dal suo ruolo di leader della E Street Band (nella prima fase della carriera, infatti, Springsteen era quello che distribuiva fra i musicisti gli incassi delle serate), mentre secondo altri discenderebbe dalla sua bravura a Monopoli. Fatto sta che durante una serata alla Casa Bianca nel 2009, anche il presidente Barack Obama presentò il cantante utilizzando questo soprannome: «Io sono il presidente – disse – ma lui è Boss».

Avances Nel 1969, Springsteen fece i conti con un approccio decisamente “aggressivo” da parte addirittura di Janis Joplin. Pochi giorni dopo Woodstock, la cantante, allora 26enne e già famosissima, si trovata ad Asbury Park per due concerti alla Convention Hall. Verso la fine dell’esibizione, la Joplin rimase folgorata da Springsteen, che si trovava nel backstage, tanto che Vini Lopez, uno dei batteristi storici del Boss raccontò che lei «afferrò Bruce e lo avvinghiò con la sua gamba, guardandolo come per chiedergli: ‘dove sei stato per tutta la mia vita?». Dopo che la cantante fu richiamata sul palco dal suo agente, Springsteen se la diede a gambe levate.

Testo da fiaba La sua canzone Outlaw Pete, lunga 9 minuti e presente nell’album Working On A Dream, è diventata un libro per bambini. La graphic novel, uscita in Italia per Mondadori, può contare sulle parole del Boss e sui disegni di Frank Caruso. L’opera trae ispirazione da Brave Cowboy Bill, un libro uscito nel 1950 che la madre leggeva spesso al cantautore. La fiaba racconta di un bambino che rapina le banche, un personaggio paragonabile a Tom Sawyer che ha offerto a Springsteen l’opportunità di riflettere sul peccato e sul destino. Giustificazione Durante il concerto a Los Angeles dello scorso 15 marzo, un ragazzino di appena 9

anni, Xabi Glovsky, ha mostrato un cartello con la scritta: «Bruce, farò tardi a scuola domani. Per favore, firmami la giustificazione». Un appello che non ha lasciato indifferente il Boss che ha fatto scortare il ragazzo nel backstage e, dopo avergli chiesto il nome della maestra, ha preso carta e penna e ha cominciato a scrivere. «Cara Signora Jackson – ha messo nero su bianco il cantate - Xabi ha fatto molto tardi per fare del rock’n’roll. Per cortesia, gli perdoni il ritardo!».

Londra, il Boss ha preso per mano la madre, la novantenne Adele Zerilli, invitandola a salire con lui sul palco. Un quadretto familiare che ha commosso le migliaia di fan.

Famiglia Se il rapporto di Bruce con il padre è stato decisamente conflittuale, il legame con la mamma è di quelli davvero speciali. Una dimostrazione? Nel 2013, durante il concerto a

Amore Il primo matrimonio di Bruce risale al 1985, quando convolò a nozze con la bellissima modella e attrice Julianne Phillips. Peccato, però, che in molti fossero convinti

che l’intesa fra Springsteen e Patti Scialfa andasse oltre la collaborazione sul palco. E non si sbagliavano. Durante il tour del 1988, infatti, il Boss si era tolto la fede. Ma non finisce qui. Un mese più tardi lui e la Scialfa vennero pizzicati in atteggiamenti affettuosi in un hotel a Roma. È solo una questione di tempo: nel 1991 Bruce e Patti diventano marito e Effe moglie.


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BIOGRAFIA

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Storia di un americano n “Born to run”, del 1975, è stato il primo grade successo della sua incredibile carriera. Ma Bruce Springsteen aveva deciso che sarebbe voluto diventare cantante rock ‘n’ roll a dieci anni vedendo Elvis in tv, i sensazionali live in giro per il mondo con la E Street Band e la sua capacità di dare voce alla gente comune hanno fatto il resto

ROMA - Fuori dal tempo e dallo spazio, eppure attuale e a volte profetico in ogni angolo del globo. Ha dato voce e parole a chi non aveva la forza e la capacità di farsi sentire, ha raccontato le storie dei dimenticati e squarci di vita quotidiana esaltando folle di fan con la sua musica. Ha scritto alcuni dei capitoli più luminosi della storia del rock mondiale negli ultimi quarant’anni. E non è ancora stanco. Non potrebbe essere altrimenti, perché lui è “nato per correre”.

Infanzia e adolescenza Poco più di sessantasei anni fa a Long Beach, in New Jersey, nasceva Bruce Springsteen. Figlio di Douglas, un uomo di origine irlandese che per mandare avanti la famiglia ha fatto anche la guardia carceraria, autista di bus e il tassista, e Adele, una segretaria figlia di immigrati italiani (di Vico Equense). Bruce ha anche due sorelle più piccole e fa l’incontro più importante della sua vita in tenerissima età, appena a dieci

anni. Sta guardando la tv con la famiglia in una serata del settembre 1956, all’Ed Sullivan Show c’è sua maestà Elvis Presley che si esibisce, quel ragazzino di Freehold che sta davanti lo schermo rimane a bocca aperta e, forse proprio in quel momento, capisce che da grande vorrà fare il cantante di Rock ‘n’ roll. Si rivelerà decisamente una buona intuizione. Da giovane ha una timidezza quasi patologica ma quando imbraccia una chitarra si trasforma, sembra quasi aver bisogno della musica per dar forma a quello che gli passa per la mente. Così nel 1965 entra a far parte dei Castiles, una band di ragazzi di Freehold che sta quasi per pubblicare un singolo prima di sciogliersi nel 1968.

La sua famiglia si trasferisce in California ma lui rimane in New Jersey per inseguire il suo sogno, sente di essere nato per quello. Inizia a frequentare Asbury Park e diventa uno degli artisti più in vista di una scena musicale molto viva e proprio in quegli stessi anni si attornia di musicisti che diverranno l’ossatura della E Street Band. Anni ‘70 La prima tappa fondamentale della sua carriera è l’incontro con un produttore newyorkese, Mike Appel, che riesce a fissargli un’audizione con la Columbia Records. John Hammond, il leggendario scopritore di Bob Dylan, è subito conquistato dalla musica di Springsteen e lo mette immediatamente sotto contrat-

Il Boss ha sempre avuto un rapporto privilegiato con il pubblico come dimostrano i t

to. I suoi primi due dischi, entrambi del ’73, sono “Greetings from Asbury Park, NJ” e “The Wild, the Innocent & the E Street Shuffle”. Ottengono ottime recensioni ma scarse vendite,

tanto che tra i corridoi della Columbia Springsteen viene chiamato “la follia di Hammond”. La rescissione del contratto è un’ipotesi che inizia a farsi largo ma Bruce non si dà per vinto e


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BIOGRAFIA

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nato per correre

tanti fuori programma durante i suoi live.

punta sulla cosa che lo renderà unico, le esibizioni live. E in uno dei suoi concerti con la E Street Band viene notato da Jon Landau uno dei critici più influenti della rivista Rolling Stones,

ne rimane folgorato e scrive in uno suo pezzo: «stasera ho visto il futuro del rock’n’roll e il suo nome è Bruce Springsteen». Tanto basta per concedere alla “follia di Hammon” un’altra chance. Il risultato è “Born to run”, del 1975, tripudio di critica e vendite. Dopo una lunga battaglia legale, Springsteen riconquista i diritti dei suoi testi e Appel, con una montagna di soldi si allontana. Landau diventa il suo manager e il suo mentore. Il 1978 è l’anno di “Darkness on the Edge of Town” e di un tour epico. L’album segna anche un’evoluzione importante, nei suoi testi inizia a raccontare le storie di gente comune esaltandone l’eroismo dei gesti semplici nell’affrontare i fallimenti.

Anni ‘80 Un altro disco fondamentale, in continuità con i due precedenti, è “The River” del 1980. E un anno più tardi arriva per la prima volta in tournée in Europa. Entra in contatto con una realtà profondamente diversa da quella americana e si sofferma su nuovi temi. “Nebraska”, del 1982, è un disco più intimo, diverso, inciso in totale solitudine su un vecchio registratore a quattro piste, che racconta storie di violenza, morte e alienazione. E parte del materiale inciso per questo album e rimasto fuori dal disco forma la struttura di “Born in the Usa”, che nel 1984 gli regala il più grande successo commerciale di sempre. E un anno più tardi sposa la modella Julianne

Phillips, mentre con il tour che segue l’album raggiunge un successo mondiale. Eppure il boss sembra non trovarsi troppo a suo agio, con la sovraesposizione mediatica e nel matrimonio. Così nel 1987 pubblica “Tunnel of love”, un disco più introspettivo che indaga le tante zone d’ombra del rapporto fra uomo e donna. Due anni più tardi si separa dalla moglie e anche dalla E Street Band. Anni ’90 Inizia il nuovo decennio trasferendosi a Los Angeles con la sua corista, Patti Scialfi, madre dei suoi tre figli e anche oggi sul palco con lui. E dopo cinque anni da “Tunnel of Love”, nel ’92, pubblica “Human Touch” e “Lucky Town” che non riscuotono il suc-

cesso sperato. E anche il tuor, malgrado il discreto successo, lascia i fan con l’amaro in bocca, senza la E Street Band non è più la stessa cosa. Torna a scrivere, nel 1994, per il suo amico regista Jonathan Demme, il risultato è l’Oscar per “Street of Philadelphia” come miglior canzone originale dal film Philadelphia. Poco dopo incide “The Ghost of Tom Joad” e parte per un tour nei piccoli teatri di tutto il mondo. I giorni di gloria sembrano alle spalle, forse anche la vena artistica del Boss sembra agli sgoccioli. Nuovo millennio Ma Springsteen è sempre stato la voce della gente e proprio la gente gli fa capire che ha bisogno di lui. Qualche giorno dopo l’11 settembre, in un parcheggio di Sea Bri-

ght, una località balneare del New Jersey, un tizio su un’auto di passaggio si fermò giusto il tempo di tirare giù il finestrino e gridare: “Abbiamo bisogno di te”. Detto fatto, il Boss recepisce il messaggio e tira fuori “The rising”, il singolo che darà anche il titolo a un album che è anche un’amara riflessione sull’America post attentati alle Twin Towers. È un disco che segna il definitivo ritorno della E Street Band con sonorità decisamente più rock rispetto agli ultimi. Il tour che ne segue è un successo incredibile. Il resto è storia recente: Devils & Dust (2005), We Shall Overcome: The Seeger Sessions (2006), Magic (2007), Working on a Dream (2009), Wrecking Ball (2012), High Hopes Effe (2014).



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CONCERTI

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Se lo show diventa epico Nel 2013 la rivista Rolling Stones ha stilato la classifica dei migliori artisti da seguire live e al numero uno c’era Bruce Springsteen. Dal concerto a Berlino Est davanti a trecentomila persone del 1988, passando per le tre ore di rock all’Hammersmith Odeon di Londra nel 1978, ecco le date che hanno costruito il mito ROMA - Semplicemente il più grande di tutti. Dal vivo, nessuno è come lui. Bruce Springsteen è il performer per antonomasia, è nella dimensione live che trova esaltazione e la sua compiutezza massima. Ogni suo concerto non è mai uguale al precedente e continua a superare le pur altissime aspettative dei milioni di fan che lo seguono. Il Boss è nato per suonare Rock ‘n’ roll e nessuno sa farlo meglio di lui su un palco. A sgombrare definitivamente il campo da qualsiasi

tipo di equivoco ci ha pensato la rivista Rolling Stones che, nel 2013, ha stilato la classifica dei migliori artisti da seguire dal vivo. Alla posizione numero uno, nemmeno a dirlo, c’era il Boss, seguito sul podio da Prince e Rolling Stones. La storia parla per lui, nel corso dei decenni, dai ’70 fino ad oggi, ha infiammato folle festanti in ogni angolo del mondo. E per scegliere tra i suoi concerti più emozionanti c’è solo l’imbarazzo della scelta. Eppure non si piò prescindere da quel-

lo andato in scena a Londra nel 1975, all’ Hammersmith Odeon regala al pubblico britannico uno degli show più intensi di tutta la sua carriera, resta memorabile l’esecuzione di Thunder Road, uno dei pezzi più importanti di tutta la sua discografia,

quasi a luci spente. Qualche anno più tardi, nel ’78, delizia il pubblico del Memorial Coliseum di Phoenix con una indimenticabile versione del suo inno generazionale Born to run. Mentre nel 1981 Springsteen inizia a manifestare il suo impegno e organizza a Los Angeles un evento per raccogliere fondi in favore di un’associazione che si occupa di reduci di guerra. Il concerto (sold out) passerà alla storia come uno dei più incandescenti e poetici. Da questo momento Who’ll Stop The Rain dei Creedence Cleawater Revival sarà una delle cover più suonate da Bruce, proprio in ricordo di questo show. Nel 1985, invece, il Boss conquista l’Italia. Nel live passato alla storia

come “la prima alla Scala”, Springsteen fa esplodere San Siro concludendo con una spettacolare versione di Twist & Shout e Rockin All Over The World a fine show. Ma il punto più alto, per tantissimi motivi, è il 19 luglio 1988. Quel giorno, scortato da militari della Ddr, suona davanti a trecentomila persone a Berlino Est presentandosi così: «Non sono venuto qui per cantare a favore o contro alcun governo, ma soltanto per suonarvi del rock’n’roll, nella speranza che un giorno tutte le barriere possano essere abbattute». E poi c’è Milano, venti (o quasi) anni dopo. Nel 2003, in un San Siro pieno sino all’inverosimile, arriva un incredibile temporale estivo ma il Boss invita il

suo popolo a restare a ballare sotto il palco. Nemmeno a dirlo lo spettacolo andrà avanti ancora per molto, la scaletta si allunga e dopo oltre tre ore di concerto si chiude con una indimenticabile versione di Rosalita. Ma il live che anche lui porterà sempre nel cuore è un altro. A Londra, nel giugno 2013, al Queens Elizabeth Park il Boss invita a ballare sul palco la mamma Adele regalando a se stesso, alla famiglia e anche ai fan uno dei momenti più toccanti della sua carriera. La canzone scelta è ovviamente Dancing In The Dark. Springsteen, nel bel mezzo del pezzo, fa un salto nel backstage e ritorna abbracciato alla madre, portandola al centro del palco e invitandola a R.C. danzare.



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DUETTI

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Springsteen & friends Da Sting agli U2, passando per Paul McCartney e i R.E.M. sono molte le star che hanno diviso il palco col Boss durante alcuni live passati alla storia ROMA - Quando suona Bruce Springsteen, il palco è sempre molto affollato. La presenza costante della E Street Band ha reso ogni concerto del Boss una vera festa, è vero, ma il cantautore americano non si è limitato a questo. Sì, perché la sua carriera live è stata impreziosita da alcuni duetti meravigliosi, fianco a fianco con altri artisti di livello assoluto. Il primo grande show in coppia risale a quasi trent’anni fa. Amnesty International promuove una serie di concerti in giro per il mondo dal titolo 1988: Human Rights Now!. Nella tappa

in Argentina (15 ottobre), Springsteen ipnotizza il pubblico eseguendo con Sting l’immortale Every Breath You Take. Poi, il leader dei Police intonerà con lui The River. Dopo un inizio del genere è difficile regalare emozioni più grandi ai fan, e invece il Boss continuerà per tutta la carriera a cantare con altre stelle del panorama musicale internazionale. Memorabili, per esempio, le I Saw Her Standing There e Twist and Shout con Paul McCartney a Hyde Park (Londra) nel 2012. E per vedere Bruce Springsteen condividere il palco alla pari

con la sua seconda moglie, Patti Scialfa, bisogna fare un salto fino al 19 e 20 febbraio 2003, per due serate di beneficenza al Somerville Theatre, in Massachussetts. Parata di stelle Ma gli appassionati dei duetti con Bruce Springsteen dovrebbero reperire tutto il materiale possibile di quanto avvenuto nel 2004. Il Vote for Change Tour è stata una tournée di artisti politicamente impegnati che, per convincere gli States a votare per Kerry (e non per G.W. Bush) alle presidenziali, hanno girato in lungo e in largo l’America per quaranta date pazzesche. Ed è in sei di esse che il Boss ha diviso il suo spazio con i R.E.M., per dare nuova vita a successi

Un’amicizia che va oltre il palco, quella che lega da molti anni il Boss a Sting.

intramontabili come Bad Day, Man on the Moon o Born to Run. Il concerto conclusivo del tour si è tenuto a Washington D.C. l’11 ottobre. E la quantità di stelle in questa occasione fu impressionante. Bruce Springsteen e la sua E Street Band hanno fatto scatenare il pubblico insieme alla Dave Matthews Band, Jackson

Browne, James Taylor, John Fogerty dei Creedence Clearwater Revival, i Pearl Jam e, ancora una volta, i R.E.M. Ma questa rassegna non può chiudersi senza tornare al 31 luglio 2015. Dopo sette date da record al Madison Squadre Garden di New York, gli U2 mettono la ciliegina sulla torta dell’ottava, l’ultima, invi-

tando il Boss a salire sul palco. Al termine di Where The Streets Have No Name, Bono chiede a Springsteen di unirsi per I Still Haven’t Found What I’m Looking For e Stand By Me di Ben E. King. Una canzone che i due avevano già suonato insieme a Philadelphia il 25 settembre 1987. Luciano Luca Grassi Informazione pubblicitaria

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IMPEGNO CIVILE

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Politicamente corretto Da bravo storyteller, Bruce Springsteen non scrive canzoni se non ha niente da dire. L’impegno sociale e politico dell’artista, infatti, è parte fondamentale della sua carriera ROMA - Il potere più grande, per un cantautore, è quello di poter comunicare. Comunicare emozioni, esperienze, sensazioni, sogni e delusioni. Oggi sappiamo che Bruce Springsteen, nell’arco della sua carriera, ha spesso trovato spazio per l’impegno politico e sociale nei suoi testi, ma non è sempre stato così. Dopo un primo periodo nel quale le sue canzoni erano “solamente” storie da raccontare, infatti, il Boss, a seguito del famoso incidente di Three Mile Island, decide di manifestare le sue idee immedia-

tamente. In Pennsylvania, il 28 marzo del 1979, avviene il parziale meltdown di una centrale nucleare e la tragedia dà all’artista l’ispirazione per scrivere Roulette. Nel settembre dello stesso anno, Springsteen partecipa a due concerti dell’evento No Nukes, schierandosi apertamente contro l’energia nucleare. È nel novembre del 1980, però, che il Boss si espone apertamente per la prima volta parlando al pubblico durante un live: «Non so cosa pensate voi ragazzi di quello che è successo la notte scorsa,

ma io penso che sia abbastanza spaventoso». Era appena stato eletto presidente Ronald Reagan che, fraintendendo la frase, utilizza Born in the U.S.A. come inno politico personale. Almeno fino al rifiuto categorico dell’artista che, a dire il vero, non ha mai concesso suoi brani nemmeno alla parte democratica. Negli anni seguenti sarà la guerra in Vietnam a occupare i pensieri del cantautore. Nel 1985, infatti, Springsteen inizia a dedicare il suo tempo alla lotta contro l’apartheid sudafricano, contribuendo all’album collettivo Sun City insieme agli U2, Bob Dylan, Ringo Starr, Lou Reed, Miles Davis e molti altri. È ancora in gruppo che il Boss nell’85 partecipa al successo

planetario di We are the world, brano concepito per appoggiare la campagna di beneficenza Usa for Africa, grazie alla collaborazione delle maggiori stelle della musica americana dell’epoca. Dal ’90 a oggi Nel 1993 esce il film Philadelphia. La quasi omonima colonna sonora, Streets of Philadelphia, è il testo con il quale Bruce Springsteen interviene, a suo modo, nell’acceso dibattito sull’AIDS dei primi anni ‘90. Gli attentati dell’11 settembre, però, sono un colpo durissimo per l’America e per il Boss, a meno di un anno di distanza dalla strage, pubblica l’album The Rising. Le promesse non mantenute del “Sogno americano” sono il tema portante e la traccia

“Io sono il presidente, ma lui è il Boss”. Così Obama ha presentato Bruce durante una serata alla Casa Bianca.

numero 13 dell’album, chiamata proprio The Rising, viene utilizzata da Barack Obama come colonna sonora della sua campagna elettorale nel 2008. Springsteen partecipa attivamente al percorso politico del 44° presidente degli Stati Uniti, avendo

più fortuna di quanto accaduto quattro anni prima quando, aderendo al Vote for Change Tour, il Boss sostenne il candidato John Kerry per manifestare il suo dissenso alla guerra in Iraq. Ciò nonostante, vinse George W. Bush. Luciano Luca Grassi



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I NUMERI DEL BOSS

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Quarant’anni di successi Dal ’72 ad oggi il Bruce Springsteen ha pubblicato 30 album, di cui 18 in studio, 5 live e 7 raccolte. In tutto il mondo ha venduto dischi per circa 120 milioni di dollari e per il tour di “Born to run” sono stati staccati quasi 5 milioni di tagliandi ROMA - Entusiasmante e travolgente. Per assaporare a pieno l’energia che è in grado di sprigionare la sua musica, è verissimo, chiunque dovrebbe vedere almeno una volta nella vita un suo concerto. E forse i freddi numeri, seppur iperbolici, non restituiscono a pieno la sua grandezza. Bruce Springsteen è un fenomeno unico e forse irripetibile di rocker, lontano anni luce dall’immagine del dannato. Per dare un’idea del seguito che si è guadagnato dai primi ’70 ad oggi basti dare un’occhiata ai numeri da ca-

pogiro che continua a fare registrare durante i suoi tuor intercontinentali. Nel dicembre 2014, la rivista Rolling Stones aveva stilato la classifica dei musicisti che avevano incassato di più a partire dal 1990. Meglio del Boss avevano fatto solo Rolling Stones e U2. In studio In oltre quarant’anni di attività il Boss ha deliziato i suoi fan con alcune delle pietre miliari dell’intera storia del rock. Dal ’72 a oggi, infatti, sono diciotto gli album incisi. I primi sono stati “Greetings

from Asbury Park, N.J.” e “The Wild, the Innocent & the E Street Shuffle”, entrambi del ’73 e l’ultimo in ordine di tempo è “High Hopes” del 2014. Sono ben cinque, invece, i dischi live pubblicati e sette le raccolte. E i dati di incasso possono considerarsi decisamente soddisfacenti. Nell’arco della sua attività ha venduto sessantacinque milioni di dischi solo negli Stati Uniti e addirittura circa centoventi milioni nel mondo. Ma non è tutto, perché ha anche raccolto importanti riconoscimenti tra cui venti Grammy Awards e un Oscar, oltre all’onorificenza del Kennedy Center Honor, che gli è stata attribuita per il suo contributo alla diffusione della cultura statunitense nel mondo.

In tour Ma sono le tournée in giro per il globo ad aver reso celebre Springsteen. Le sue proverbiali performances dal vivo hanno riempito stadi, teatri e palazzetti un po’ ovunque. Tutto ebbe inizio con “Born to Run Tours”, una serie di memorabili concerti tra il ’74 e il ’77. Da allora il Boss ha venduto circa trenta milioni di biglietti incassando oltre un miliardo di dollari complessivi. La sua tournée di maggior successo è stata quella di “Born in the Usa” tra il 1984 e il 1985 con poco meno di quattro milioni e ottocentomila biglietti venduti. “Magic” ha incassato 243 milioni di dollari, seguita dal “The Rising Tour” con 221 milioni di dollari. Ma con “Wrecking Ball

Sono oltre 30 milioni i biglietti venduti finora per i concerti del Boss.

tour” è andato oltre con più di 355 milioni di dollari tra il 2012 e il 2013. Social Ma il successo di Springsteen attraversa le generazioni e così anche sui social network ha un discreto seguito. Su Facebook, ad esempio, vanta quasi cinque milioni e mezzo di like. Su Twitter, invece, i followers sono oltre ottocentomila. Sono quasi quattro-

centomila gli utenti che lo seguono su Instagram. Su Youtube sono più di ottantamila gli iscritti al suo account per un totale di quasi 25 milioni di visualizzazioni. Mentre sul podio della classifica dei video più visti su Youtube ci sono Dancing in the dark (poco meno di cinquantadue milioni di views) al primo posto, Streets of Philadelphia al secondo e Born to run R.C. al terzo.



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E STREET BAND

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Molto più di una band È molto difficile pensare a Bruce Springsteen senza la E Street Band al suo fianco. Dagli esordi come Steel Mill, passando per la scissione del 1989, fino al trionfo planetario dopo la reunion del ’99. Ecco le tappe fondamentali di uno dei gruppi rock più famosi al mondo ROMA - Secondo Virginia Woolf dietro ogni grande uomo c’è sempre una grande donna. Ma è anche vero che dietro ogni grande frontman c’è sempre un grande gruppo. E la E Street Band ne è uno degli esempi più calzanti, nonostante sia stata sottovalutata a lungo. Sì, perché Bruce Springsteen è stato accompagnato per tutta la carriera da questi fidati scudieri, senza i quali la storia sarebbe stata diversa. È nel 1969 che il Boss inizia a collaborare con i futuri membri

della band, suonando negli Steel Mill. Una volta passati dall’heavy metal alle sonorità che abbiamo sentito nell’ultimo mezzo secolo, però, Springsteen e i suoi ragazzi diventeranno Dr.Zoom and the Sonic. Almeno fino al 1971, quando nasce la Bruce Springsteen Band. Il gruppo, passato dai dieci ai cinque elementi, accompagnerà l’artista del New Jersey nell’incisione del suo primo album, Greetings from Asbury Park, N.J. e nella conseguente tournée. È

questo il vero esordio della E Street Band, anche se questo nome verrà utilizzato per la prima volta solo qualche anno dopo, a partire dal tour organizzato per promuovere il secondo disco di Springsteen, il meraviglioso Born to Run. Il matrimonio andrà a gonfie vele fino al 1986, quando il quintuplo album Live/1975-85 invase i negozi di tutto il mondo. Poi cambia

tutto. Il Boss scioglie il gruppo nell’ottobre 1989, dandone l’annuncio ufficiale due mesi dopo. E si dovrà aspettare dieci anni per vederli di nuovo insieme. Nel marzo 1999 Bruce Springsteen viene inserito nella Rock and Roll Hall of Fame, ma la E Street Band non è menzionata. Per manifestare il suo dissenso, quindi, il cantautore porta con sé alla premiazione l’intero

gruppo. E non sceglie un brano a caso nell’esibizione in programma, ma proprio Tenth Avenue Freeze-Out, una delle canzoni simbolo della band, che il 9 aprile tornerà a suonare nel Reunion Tour con il leader di sempre. I fan non desideravano altro. E nemmeno i produttori. Che poco dopo l’ultima data della tournée metteranno in commercio un film, un doppio

album live e un doppio DVD dell’evento. La formazione della E Street Band era quella degli anni Ottanta. La stessa che ha continuato ad accompagnare il Boss fino a oggi e che nel 2014, quindici anni dopo il suo leader, ha finalmente ottenuto il giusto riconoscimento, l’ingresso nella Hall of Fame. Questi i sette membri storici: Steven Van Zandt (chitarra, cori); Clarence Clemons (sassofono, cori, percussioni, sostituito da suo nipote Jake dal 2012); Roy Bittan (pianoforte, sintetizzatore, tastiere, cori); Danny Federici (organo, fisarmonica, cori – sostituito da Charles Giordano nel 2008); Gary Tallent (basso, percussioni, cori) e Max Weinberg Effe (batteria).


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ARTE

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Una vita a regola d’arte Mentre Springsteen arriva a Roma per il concerto evento, al Alba va in scena una mostra che raccoglie le foto più celebri del Boss scattate da Frank Stefanko ROMA - Una storia così straordinaria da meritare una cornice. Sì perché con l’arrivo nel Bel Paese del “The River Tour 2016”, la Wall Of Sound Gallery di Alba ha pensato bene di preparare una ghiotta sorpresa per tutti i fan di Bruce Springsteen. Come? Con una mostra, “Jungleland – The Photography of Frank Stefanko”, che raccoglie una serie di foto del Boss scattate dal celebre fotografo di Philadelphia e diventate iconiche nel corso degli anni.

Stefanko, infatti, ha immortalato Springsteen per lo più fra il 1978 e il 1982 (anche se in mostra si possono trovare scatti molto più recenti, risalenti addirittura al 2004), ma ha soprattutto firmato le copertine di album fondamentali come “Darkness On The Edge Of Town” e “The River” (senza contare, poi, che anche la foto di copertina di “Born to Run”, l’autobiografia del Boss in uscita il prossimo 27 settembre è stata realizzata sempre da Frank).

Indietro nel tempo L’amicizia fra Bruce e Frank risale agli anni Settanta. Anzi al 1977, quando Patti Smith presentò a un giovane Springsteen un suo amico che, nonostante fosse un eccellente fotografo, si guadagnava da vivere lavorando in una fabbrica di car-

ne in scatola. «Ero nel backstage ad un concerto di Patti Smith – ha raccontato il Boss - mi disse: ‘Hey, dovresti farti fotografare da questo tipo. Si chiama Frank Stefanko’. Io stavo completando Darkness On The Edge Of Town, così feci una telefonata a Frank. Un giorno

di inverno, con la mia Vette modello anni Sessanta mi presentai a casa sua, a Haddonfield, nel New Jersey. Le prime foto – ha aggiunto - le facemmo in casa. Ricordo che si era fatto prestare una macchina fotografica e dovemmo chiamare il ragazzino della porta accanto per tenere su una luce, nel caso che diventasse buio. La copertina di Darkness fu scattata nella camera da letto di Frank. Gli esterni li improvvisammo nel suo giardinetto o per le viette del paese». Eppure quelle fotografie grezze fecero in modo che Springsteen riconoscesse in sé i personaggi di cui raccontava le storie. «La mancanza di gran-

diosità delle foto, la loro immediatezza, la loro durezza, erano ciò che all’epoca volevo per la mia musica - ha spiegato Bruce - Frank fotografava sempre la tua vita interiore. Lasciava ben visibili i tuoi difetti esterni. Sull’onda di Born To Run, Frank si focalizzava sugli stessi conflitti in cui mi dibattevo: chi sono io? Dove vado ora?». La mostra sarà visitabile dal martedì al venerdì dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 15.30 alle 19.00; sabato e domenica dalle 15.30 alle 19.00. Si consiglia di chiamare sempre prima allo 0173362324 per verificare eventuali variazioni di orario. Andrea Romano

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LIBRI

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LEGGENDO BRUCE

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Vera icona del rock, cuore e anima di un’America di cui si fa portavoce con la sua musica e le sue battaglie civili, Bruce Springsteen è una star dalle mille affascinanti sfaccettature. Una fonte d’ispirazione per molti scrittori che per lui hanno versato fiumi d’inchiostro.

Gianluca Morozzi NATO PER RINCORRERE Castelvecchi, 2010, 329 pagine

Bruce Springsteen spiegato ai “profani”. Uno degli scrittori più originali dello Stivale parte da una vicenda amorosa per raccontare un’epopea rock fatta di cinquanta concerti, dal primo a Zurigo al cinquantesimo a New York. Un viaggio che spazia dal silenzio dei teatri al diluvio di San Siro fatto di vita, amori, lutti, rincorse al biglietto, sondaggi per “springsteeniani esperti”, interviste a compagni di follia, pensieri immaginari dei musicisti sul palco fino ad arrivare a spiegare il Boss a un fan di Nek e, addirittura, ai morti del cimitero. Ne esce libro origianle e accurato nei dettagli.

Cristopher Phillips, Louis P. Masur A PROPOSITO DI UN SOGNO

LE PIÙ BELLE INTERVISTE A BRUCE SPRINGSTEEN Mondadori, 2015, 503 pagine

Tutte le parole di Springsteen sono preziose. Anche quelle che non sono incastonate in una splendida base musicale. Ecco, allora, tutti i pensieri (mai banali) che il Boss ha confidato alla stampa. Un collage che forma un ritratto perfetto di un artista che ha rivelato al grande pubblico il proprio tormentato mondo interiore e che racconta del suo rapporto con la E Street Band, della sua famiglia e della profonda contraddizione che si è aperta negli anni fra la realtà statunitense e il «sogno americano».

Aperitifs Wine Beer e Spirit

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Andrea Monda SPRINGSTEEN IN CLASSE SPUNTI DIDATTICI A PARTIRE DALLE CANZONI DEL BOSS EMI, 2016, 159 pagine

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Non sono solo canzonette. Anzi, i brani di Springsteen possono essere un’efficace strumento educativo. Parola di Andrea Monda che nel suo volume spiega come il Boss, che da ragazzo odiava la scuola, può farla amare ai giovani grazie a un percorso che evidenzia nei suoi brani i tanti riferimenti alla didattica: la geografia, l’ancoraggio alla storia, il debito verso poeti, scrittori, filosofi. Il modo migliore per trasformare il gigante del rock a stelle e strisce in un compagno di banco.

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LIBRI

Peter Carlin BRUCE Mondadori, 2016, 514 pagine

Roma non è stata costruita in un giorno, figuriamoci la biografia più completa sul Boss. “Bruce” di Peter Carlin, infatti, nasce da anni di ricerche e contatti diretti con l’artista e con la sua cerchia più ristretta (dai familiari ai membri della band). Il risultato è il racconto intimo e completo della vita di Springsteen: un’esistenza eccezionale segnata da grandi successi, da una complicata vita sentimentale e da dolori privati. Il modo migliore per scoprire tutto sul musicista, dall’umile infanzia a Freehold fino alla complicata vita sentimentale.

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Silvia Pareschi I JEANS DI BRUCE SPRINGSTEEN E ALTRI SOGNI AMERICANI

Giunti, 2016, 192 pagine

Non un libro solo su Bruce, ma una finestra aperta su un intero Paese. Una nazione vasta come un continente, fatta di infinite coste, di montagne, di città e di popolazioni assi differenti che da sempre ha stregato l’immaginario di tutto. Un misto di memoir, reportage e fiction che, dal Palazzo del Porno di San Francisco fino al ritrovamento fortuito di un paio di jeans appartenuti al Boss, racconta le contraddizioni della terra che da un secolo si è imposta come la più grande generatrice di miti, follie e sogni dell’Occidente.

Autori Vari BRUCETELLERS

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Nuove Esperienze, 2011, 240 pagine

Possono bastare novanta autori per raccontare un mito? Sì, se il risultato è “Brucetellers”, il volume che raccoglie le declinazioni del proprio rapporto con Springsteen di musicisti, scrittori, disegnatori, fan e fotografi. Un libro che sa essere anche intimo e che tiene insieme i contributi di maestri delle note (come Massimo Bubola e Cristina Donà), di firme del giornalismo (Mauro Zambellini, Stefano Mannucci, Marco Denti, Paolo Vites), autori (Leonardo Colombati, Ermanno Labianca), ma anche di docenti universitari, preti, liutai, e blogger.



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