“AgriCrisi” Inserto pubblicato da Agronotizie - Settimanale di tecnica, economia ed innovazione in agricoltura A cura di: Paola Francia, Angelo Gamberini, Donatello Sandroni
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AGRONOTIZIE - SETTIMANALE DI TECNICA, ECONOMIA ED INNOVAZIONE IN AGRICOLTURA Iscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004 Direttore responsabile: Ivano Valmori • Proprietà, Direzione e Amministrazione: Image Line s.r.l. - Via Gallo Marcucci, 24 - 48018 Faenza (RA) • Recapiti: Tel. 0546/680688, Fax 0546/26044, redazione@agronotizie.it, www.agronotizie.it • Responsabile di redazione: Paola Francia • In redazione: Francesca Bilancieri, Lorenzo Cricca, Antonella Falco, Paola Francia, Angelo Gamberini, Anna Mossini, Donatello Sandroni, Cristiano Spadoni, Roberto Stefani, Ivano Valmori • Pubblicità:Image Line s.r.l. - adv@agronotizie.it • Realizzazione grafica e servizi tecnici: Image Line s.r.l. • Editore: Image Line sas di Valmori Ivano & C. - Via Gallo Marcucci, 20 - 48018 Faenza (RA)
Indice:
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AgriCrisi, perché parlarne................................................................... pag. 4
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I soldi non bastano, serve un progetto............................................... pag. 5
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Italia agricola maglia nera della Ue.................................................... pag. 6
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Non basta il prezzo per salvare il latte italiano................................... pag. 7
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Dai formaggi la risposta ai problemi del latte..................................... pag. 8
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Cereali e foraggere in agoni................................................................ pag. 9
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“Cereali, contratti di filiera per uscire dalla crisi”............................. pag. 10
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Mercato agrofarmaci: cala il volume, tiene il valore.......................... pag. 11
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Anoressia vegetale ..........................................................................
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Fertilizzanti, aspettando la ripresa (d’autunno) che verrà................ pag. 13
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“Mezzi tecnici, un anno altalenante tra crisi del credito e incertezza normativa”......................................................
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Se Bruxelles chiude i rubinetti la carne bovina è condannata............ pag. 15
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Perché la carne bovina in Italia costa di più...................................... pag. 16
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I prosciutti anonimi affondano la suinicoltura.................................. pag. 17
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Polli e conigli, le due facce della crisi................................................
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Il crollo dei prezzi travolge tutta la frutta......................................... pag. 19
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Uve in balia del mercato...................................................................
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“La crisi morde sui prezzi, no a facili ottimismi”............................... pag. 21
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Macchine, avanti pari........................................................................
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“Meccanizzazione, servono incentivi molto più consistenti”.............. pag. 23
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“Contoterzisti, poca voglia di investire e tanta incertezza”............... pag. 24
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“Crisi dell’agricoltura, pesanti ripercussioni sulle imprese agromeccaniche”............................................................................
pag. 25
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ArgoTractors: testimonial di positività..............................................
pag. 26
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Le prospettive secondo Goldoni........................................................
pag. 27
pag. 12
pag. 14
pag. 18
pag. 20
pag. 22
AgriCrisi, perché parlarne Iniziamo con questo numero di Agronotizie ad analizzare la crisi che ha investito l’agricoltura e a cercare, con l’aiuto di tutti, le possibili soluzioni Proviamo ad aggredirla questa crisi che vorrebbe portarsi via anche le migliori aziende agricole. Aggredirla conoscendola meglio e formulando proposte, mettendo in campo le idee, tirando per la giacca quanti hanno responsabilità. Con la speranza che ognuno faccia la sua parte, secondo le proprie competenze. Nessuno escluso, anche Agronotizie, che da questo numero apre la rubrica ‘AgriCrisi’ descrivendo la situazione nella Ue e in Italia. Nelle prossime settimane AgriCrisi entrerà nel dettaglio degli altri comparti produttivi. E ogni volta finiranno sotto la lente di ingrandimento i punti critici che fanno questa crisi più pesante del dovuto. Non tutti saranno d’accordo con le tesi che di volta in volta andremo a sostenere. E’ per questo che invitiamo chi ci legge ad esprimere la propria opinione, anche critica, in Agri-Forum.
Intanto ecco il programma dei prossimi appuntamenti: • • • • • •
Il settore lattiero caseario Cereali e dintorni I mezzi di produzione Le carni Il comparto ortofrutticolo Le macchine agricole
Buona lettura.
16 Febbraio 2010 La Redazione di Agronotizie
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AGRONOTIZIE Le novità per l'agricoltura I soldi non bastano, serve un progetto by Image Line s.r.l.
Attualità 16 Febbraio 2010 Troppe divisioni agitano il mondo agricolo, incapace di definire una strategia per il futuro
AgriCrisi - I soldi non bastano, serve un progetto
Troppe divisioni agitano il mondo agricolo, incapace di definire una strategia per il futuro Angelo Gamberini
E' opinione comune che le crisi portino con sé anche benefici, sgombrando il campo dalle aziende meno efficienti e meno strutturate, lasciando a quelle rimaste spazi di crescita e nuove opportunità. Questa volta non è così. Perché la crisi dell'agricoltura è figlia della più ampia e generalizzata crisi dell'economia mondiale, che distoglie risorse, impone strette creditizie, riduce i consumi. Una tempesta che travolge anche le aziende migliori, non solo quelle inefficienti. In Lombardia, regno delle migliori stalle da latte d'Italia, il 2009 si è portato via 180 aziende zootecniche sulle 5000 presenti. Ma è solo un esempio. Perché in Italia, rispetto all’ultimo censimento del 2000, hanno chiuso i battenti 500mila aziende agricole. E la crisi se ne potrebbe portare via altrettante. Gli interventi Che fare? L'attenzione di tutti è andata a Bruxelles e alle politiche di sostegno messe in campo dalla Ue attraverso i Psr (programmi di sviluppo rurale), ma il loro compito non è quello di risolvere le crisi. Gli allevatori sono anche andati a protestare sotto le finestre del palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea (ricordate il latte versato per strada a fine 2009?) e hanno ottenuto 300 milioni (ma all'Italia ne sono andati solo 23). Poi gli aiuti “de minimis”, i 15mila euro per azienda che Bruxelles ha autorizzato a spendere da parte dei singoli Stati. In Italia si è rifinanziato fra molte polemiche il Fondo di solidarietà (serve a pagare le assicurazioni) che dispone di 870 milioni di euro per tre anni. Si è parlato della fiscalizzazione degli oneri sociali, del finanziamento per i contratti di filiera e via elencando. Tutti le produzioni agricole dello Stivale sono alle prese con una crisi difficile da arginare
Complessivamente in Finanziaria sono stati stanziati un miliardo e 115 milioni da destinare all'agricoltura. Ora si attende di vedere attuati tutti gli interventi previsti, orientati nella maggior parte dei casi a dare sollievo, quando possono, al portafoglio degli agricoltori, ma che non cambiano lo scenario nel quale gli agricoltori devono operare. Pochi o del tutto assenti i nuovi progetti di aggregazione dell'offerta, di orientamento dei mercati, di governo delle produzioni, di interventi nella politica distributiva, di sviluppo dell'export che non sia episodico, oggi un formaggio, domani un vino.
I soldi della Finanziaria (in milioni di euro) Fondo solidarietà
877
Programmi Mipaaf
100
Agevolazioni contributive
120
Promozione Dop
10
Divisi si perde Stupisce invece vedere il mondo agricolo, quello chiamato a fare scelte in nome e per conto degli agricoltori, accapigliarsi sull'eterno e falso problema degli Ogm (li mangiamo, ma non li produciamo). Come stupisce che qualche opinionista voglia vedere nel panino globale per eccellenza (quello di McDonald's) farcito con prodotti made in Italy un attentato alla nostra agricoltura. I problemi sono altri. E sono “dentro” il mondo agricolo, non fuori. Prendiamo l'organizzazione della filiera con il mito del chilometro zero o i farmers market e i distributori di latte, argomenti che vanno tanto di moda. Molte energie per vendere si e no il 3 o il 5% della produzione. Quando oltre il 90% è in mano ad altri. Invertire queste percentuali è un sogno impossibile, ma qualcosa si può fare per orientare e governare la produzione (per favorire equilibrio del mercato) e poi per concentrare l'offerta. Solo cinque centrali di acquisto riescono a rifornire tutta la grande distribuzione organizzata.
Come si distribuiscono (%) gli utili lungo la filiera (fonte: elaborazioni Nomisma su dati Istat,
Ma nemmeno una di queste è in “mano” all'agricoltura. Ne mai potrà avvenire sino a quando gli agricoltori affideranno la cura dei loro interessi a quattro diverse sigle sindacali. Neanche a dirlo in perenne disaccordo fra loro. Forse bisognerebbe iniziare da qui. Si prenda, per fare un esempio, il mondo industriale con il suo unico sindacato, Confindustria. Certo, si litiga anche lì, ma a porte chiuse. Poi tutti fuori, a dire la stessa cosa, a chiedere gli stessi interventi, a pretendere le stesse politiche, senza voci fuori dal coro. E i risultati, in molti casi, ci sono.
Eurostat, Aida) Agricoltura
23,33
Industria alimentare
36,67
Commercio ingrosso
13,33
Distribuzione a libero servizio Dettaglio tradizionale Ristorazione
10 3,34 13,33
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16 Febbraio 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE Italia agricola maglia nera della Ue Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Attualità 16 Febbraio 2010 Solo l’Ungheria peggio di noi in quanto a caduta del reddito degli agricoltori
AgriCrisi - Italia agricola maglia nera della Ue
Solo l'Ungheria peggio di noi in quanto a caduta del reddito degli agricoltori Angelo Gamberini
Il 2009 si è portato via una bella fetta del reddito degli agricoltori. Colpa della flessione dei prezzi all'origine che si è trascinata dietro una caduta della produzione, più o meno significativa a seconda dei diversi settori. Una crisi, questa dell'agricoltura, che ha coinvolto salvo rare eccezioni tutti i paesi della Ue e l'Italia è fra i più penalizzati. Lo dicono i numeri diffusi da Eurostat, l'istituto europeo di analisi statistiche, che a proposito dell'agricoltura indica con un -12,2% la caduta del reddito nei 27 paesi europei. Da questo dato medio si discosta l'Italia, dove il reddito degli agricoltori è precipitato del 25,3%. Peggio di noi solo l'Ungheria (- 35,6%) mentre all'opposto troviamo il Regno Unito che in controtendenza fa segnare per i suoi agricoltori un aumento del reddito del 14,3%. Insomma, la crisi non è uguale per tutti...
Palazzo Berlaymont a Bruxelles, sede della Commissione europea Fonte: Stuart Chaimers
Colpa dei prezzi
Responsabile di questa caduta del reddito è l'andamento dei mercati con prezzi in flessione su tutte le produzioni agricole il cui valore, riferisce sempre Eurostat, è calato complessivamente del 10,9% coinvolgendo in misura maggiore le produzioni vegetali (- 13,2%) rispetto a quelle animali (- 9,7%). Qualche dettaglio sulla caduta dei prezzi nei diversi settori aiuta a comprendere la profondità di questa crisi. Nel settore delle produzioni vegetali emerge il dato negativo dei cereali con prezzi scesi del 27,5%. A seguire troviamo le colture industriali con un meno 15,6% e poi l'olio d'oliva con meno 14,7%. Chiude questa graduatoria in negativo il settore frutticolo con un meno 12,3%. Prezzi in calo e conseguente riduzione delle produzioni che per l'olio d'oliva sono calate dell'8,9% e del 4,9% per i cereali. Minori produzioni che hanno contribuito a far precipitare verso il basso il valore complessivo di questi settori.
Non è andata meglio per il comparto zootecnico. Il prezzo del latte è calato del 20,3%, le carni suine sono scese del 4,2% e quelle bovine dell' 1,8%. Stabili invece le produzioni, con l'eccezione delle carni bovine che si sono ridotte del 2,9%. L'esame dei costi di produzione parla di una sensibile diminuzione, in parte legata alla riduzione delle produzioni e non solo ad un reale calo dei costi. Le stime di Eurostat evidenziano una flessione del prezzo dei mangimi (-14,1%) e dell'energia (-12,5%), mentre la diminuzione dei costi per i fertilizzanti (-14%) è legata alla flessione degli impieghi. I numeri dell'Italia Già si è fatto cenno alla difficile situazione dell'agricoltura italiana, confermata dalle analisi di Ismea sull'andamento dei primi nove mesi del 2009. Impietose le cifre che indicano un crollo del valore aggiunto delle produzioni agricole pari al 5%. Un risultato sul quale hanno pesato la caduta dei prezzi all'origine (-12,4%) e la flessione delle produzioni agricole (-3,2%). Più in dettaglio, la crisi ha colpito con più insistenza il comparto vegetale la cui produzione è calata del 4,3%, mentre il settore zootecnico si è fermato a quota – 1,2%. Le maggiori cadute produttive si registrano per il frumento (-25,7%) e per il mais (-21,8%). E mentre la parte iniziale della filiera agricola (cioè la produzione) è in forte sofferenza, le altre componenti della stessa filiera (trasformazione e distribuzione) godono di miglior salute grazie a prezzi costanti o persino in aumento. Emblematico il caso della pasta, con l'intervento dell'Antitrust e le multe nei confronti dei produttori. Se già in passato la catena del valore nelle produzioni agroalimentari penalizzava la componente agricola, questo squilibrio si è fatto ora ancor più evidente. Un ulteriore prova, semmai ve ne fosse bisogno, della fragilità strutturale della nostra agricoltura.
Variazione percentuale del reddito agricolo e dei prezzi di alcuni prodotti in Italia e nella Ue (Fonti: Eurostat, Ismea, Coldiretti) Ue
Italia
Reddito agricolo
-12,2
-25,3
Cereali
-27,5
-28,2
Frutta
-12,3
-13,4
Latte
-20,3
-11,4
Olio
-14,7
-13,2
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16 Febbraio 2010 Angelo Gamberini
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Non basta il prezzo per salvare il latte italiano Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Zootecnia 23 Febbraio Il ‘made in 2010 Italy’ può essere la risposta alle tensioni sui mercati internazionali, ma bisogna AgriCrisi organizzarsi - Non basta il prezzo per salvare il latte italiano
Il 'made in Italy' può essere la risposta alle tensioni sui mercati internazionali, ma bisogna organizzarsi
Angelo Gamberini
Partiamo da lì, dall’accordo sul prezzo del latte in Lombardia, siglato fra allevatori e industrie del settore l’11 gennaio dopo tormentate trattative. Un accordo importante, che fa da guida per tutta Italia (in Lombardia si produce il 40% di tutto il latte italiano) e che stabilisce sino al prossimo giugno un prezzo di 33,156 centesimi al litro (più iva e premi di qualità). Molto secondo le industrie, poco, troppo poco, secondo gli allevatori. Prima di discutere dove sta la ragione (sempre che ce ne sia una…), facciamo un passo indietro per meglio comprendere come si sia arrivati a stabilire questo prezzo e perché sia stato così difficile raggiungere un compromesso che parrebbe non accontentare nessuno.
Il prezzo del latte
Se la competizione è basata sul prezzo, per il latte italiano la partita è persa. Meglio puntare sulla tracciabilità, magari unendo le forze Fonte: foto ag
Bisogna risalire sino alla fine del 2007, periodo durante il quale il settore lattiero caseario ha visto le prime avvisaglie dei radicali cambiamenti che lo attendevano. Nei magazzini della Ue si erano azzerate le scorte di latte in polvere e quelle di burro erano ai minimi storici. Cresceva la “fame” di latte mentre le importazioni dalla Nuova Zelanda, tradizionale fornitore della Ue, subivano una contrazione. Un “mix” ideale per favorire la salita del prezzo del latte che dai 32,80 centesimi al litro del gennaio 2007 “schizzava” ai 38 di ottobre.
Una corsa che non si fermava nemmeno l’anno successivo, il 2008, dove raggiungeva quota 42 centesimi per poi attestarsi sui 38,09 centesimi. Tutti contenti, ma ancora non si era ben compreso quali fossero le tensioni che si andavano agitando sul mercato internazionale del latte, prossimo ad essere fagocitato nel tormentato mare delle speculazioni finanziarie, al pari di altre commodities agricole, complice anche l’approssimarsi della crisi economica mondiale.
Lo scenario mondiale
Dieci anni di prezzo del latte (sintesi da Clal) Anno
Euro q.le
2001
36,65
2002
35,13
2003
33,96
2004
33.83
2005
33,76
Cambiava anche lo scenario produttivo, con la Nuova Zelanda che tornava ad essere protagonista 2006 32,07 nell’export verso la Ue, i magazzini comunitari che tornavano ad avere scorte di burro e latte in polvere. E i magazzini dei nostri “grandi” formaggi, Parmigiano Reggiano e Grana Padano, stracolmi di prodotto. 2007 34,45 Ancora una volta un “mix” ideale per rivoluzionare il mercato, ma verso il segno meno. E così è stato 2008 39,48 per tutto il 2009, con i prezzi del latte che già nel gennaio iniziavano a scendere a 36 centesimi al litro per 2009 32,30 continuare la discesa sino a 30 centesimi. Solo a fine 2009 qualche timido segnale di ripresa, sull’onda del 2010 33,16 quale gli allevatori sono riusciti a “strappare” l’accordo siglato a gennaio di quest’ anno. Che non accontenta, come detto, nessuno. Non piace alle industrie, che guardano al latte ungherese o della Repubblica Slovacca, che quota appena 21 centesimi al litro e vorrebbero tanto utilizzare solo quello. Con il quale, però, non si fa Grana Padano e nessuno degli altri formaggi Dop. E nemmeno latte di alta qualità. Al massimo un latte a lunga conservazione. Oppure uno dei tanti formaggini senza storia e senza sapore che affollano gli scaffali della distribuzione organizzata. E per quelli non c’è nemmeno bisogno del latte. Va bene anche una poco costosa cagliata, magari congelata e importata dall’altra parte del mondo, dove costa ancor meno. Tanto non c’è obbligo di indicare la provenienza in etichetta. Almeno per il momento.
Un mercato volatile Intanto gli allevatori sono consapevoli che il prezzo del latte sui mercati internazionali è sempre più volatile, può salire e scendere per le motivazioni più disparate. Un clima troppo piovoso o siccitoso in Nuova Zelanda, un aumento dei consumi di formaggi nei paesi dell'Est, un sobbalzo del rapporto fra dollaro ed euro e sono solo alcuni esempi, possono creare una “tempesta” sul mercato mondiale del latte. Difficile prevederlo, impossibile governarlo. Se non mettendo al “sicuro” la produzione italiana di latte, quella destinata ai prodotti di qualità. Per farlo serve un'etichetta più trasparente, con l'indicazione dell'origine delle materie prime. L'Italia lo ha già proposto e si attende il responso di Bruxelles. Ancor prima gli allevatori si sono dati da fare e hanno inventato Italialleva, un marchio a garanzia della provenienza e qualità dei prodotti creato da Aia (Associazione italiana allevatori) per dare sicurezza ai consumatori. Molto il lavoro fatto, basta ricordare gli accordi con il Consorzio latterie Virgilio, Il prezzo del Parmigiano Reggiano e del Grana Padano con il gruppo di vendita all'ingrosso Metro, per citare i più importanti. C'è poi (euro/kg – sintesi da Clal) “Itala” il marchio messo a punto da Unalat (unione delle associazioni dei 2008 2009 2010 (febbraio) produttori di latte) che ha finalità analoghe, contrassegnare il latte 100% italiano e di qualità. Entrambe iniziative lodevoli, ma che scontano il “peccato Parmigiano Reggiano 7,59 7,34 8,54 originale” della nostra agricoltura, sempre troppo divisa. Unalat e Aia Grana Padano 6,64 6,33 6,71 potrebbero, anzi dovrebbero, lavorare in perfetta sintonia. Ciò non accade e il marchio Itala o quello Italialleva non “sfondano” sugli scaffali della grande distribuzione, se non in aree ristrette. E agli allevatori non resta che sperare in una risposta positiva da Bruxelles sul tema delle etichette trasparenti. Speranze che secondo molti andranno deluse.
23 Febbraio 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE
Dai formaggi la risposta ai problemi del latte Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Zootecnia Febbraio 2010 Una23politica di alleanze fra i Consorzi di tutela dei prodotti Dop potrebbe mettere il settore al riparo dalle AgriCrisi - Dai formaggi la risposta ai problemi del latte turbolenze dei mercati mondiali Una politica di alleanze fra i Consorzi di tutela dei prodotti Dop potrebbe mettere il settore al riparo dalle turbolenze dei mercati mondiali Angelo Gamberini
In Italia si producono circa 11 milioni di tonnellate di latte, destinate per la maggior parte (oltre il 73%) alla trasformazione casearia. A farla da padrone sono i due grandi formaggi della tradizione italiana, il Parmigiano Reggiano e il Grana Padano che da soli rappresentano oltre il 60% della produzione complessiva di formaggi Dop. E quando il prezzo di questi formaggi crolla, trascina con sé anche il prezzo del latte. Inevitabile. Se poi ci si mette una difficile congiuntura internazionale, come accaduto per quasi tutto il 2009, l'effetto è disastroso. Una spirale al ribasso che si è interrotta solo negli ultimi mesi del 2009 e che è proseguita anche in questo inizio di 2010.
La produzione
I formaggi Dop rappresentano una delle più importanti destinazioni del latte prodotto in Italia Fonte: foto ag
Uno sguardo ai numeri della produzione (interessante a questo proposito la tabella pubblicata da Clal) mette in evidenza la costante crescita che si è registrata dal 2000 al 2005, anno nel quale il Parmigiano Reggiano ha prodotto oltre 3 milioni di forme.
Poi entrate in stagionatura e commercializzate dopo i canonici 12 o 24 e più mesi. Un aumento che il mercato interno non è stato in grado di assorbire e che non ha trovato nell'export una adeguata valvola di sfogo. E i prezzi hanno iniziato a scendere. Il Grana Padano ha seguito lo stesso percorso. Crescita costante dal 2000 al 2005 quando la produzione ha toccato quota 4,4 milioni di forme prodotte, poi una lenta discesa e un nuovo balzo in avanti nel 2008 quando la produzione è tornata a sfiorare il record del 2005. Non si poteva scegliere momento peggiore.
Dove va il latte italiano Latte destinato alla caseificazione
73.30%
Latte alimentare
19.80%
Formaggi Dop (1)
48.60%
Parmigiano Reggiano - Grana Padano (2)
68.80%
(1) Quota del latte destinato alla caseificazione (2) Quota dei formaggi Dop
Prezzi a precipizio Il crollo dei prezzi è stato traumatico, al di sotto dei costi di produzione e ha contribuito ad appesantire, se possibile, anche i problemi del “cugino” Parmigiano Reggiano. Per tutto il 2009 le quotazioni del Grana “giovane” si sono bloccate sotto i 6 euro al chilo e quelle del Parmigiano appena sopra i 7 euro. Prezzi che non lasciano margini ai caseifici e che non consentono di pagare il latte per quanto vale. E così precipita anche il prezzo del latte, per tutto il 2009 a quota 30 centesimi al litro. Meno di quanto costa produrlo. Gli studi del Crpa e riportati da Clal dicono infatti che produrre un litro di latte da destinare a Grana Padano (o a latte alimentare) costa almeno 51,97 euro al quintale. Costi che salgono a 57,97 per quintale se il latte è quello che serve per produrre Parmigiano Reggiano. E nemmeno il sostegno economico della Ue è sufficiente a far quadrare i conti degli allevamenti, che restano in perdita.
Il piano anticrisi Ora il prezzo dei formaggi è in aumento e Assolatte e allevatori si sono accordati per fissare a 33,156 centesimi il prezzo del litro di latte almeno sino al prossimo mese di giugno. Ma dalla crisi non siamo certo fuori. La ripresa delle quotazioni di Grana Padano e di Parmigiano Reggiano è modesta e può arrestarsi se verranno a mancare i fattori che hanno consentito questa piccola ripresa. Già dall'inizio del 2009 è infatti scattato il piano anticrisi studiato dal Mipaaf, il cui punto centrale è stato il ritiro dal mercato di 200mila forme da destinare agli indigenti. A queste si sono aggiunte le forme che gli stessi consorzi di tutela hanno sottratto dal mercato per destinarle alle promozioni sui mercati esteri. Un alleggerimento del mercato al quale ha contribuito in modo importante anche il calo della produzione. Il tutto è arrivato in un momento di contrazione della produzione mondiale di latte che ha fatto da “enzima” ideale per una risalita dei prezzi.
Le prospettive Quanto durerà questa stagione favorevole e dove ci condurrà? Difficile se non impossibile prevederlo, ma l’esperienza di questi difficili mesi ha lasciato il segno. I due Consorzi di tutela sono impegnati nell’evitare spinte produttive, anche se mancano gli strumenti per un controllo realmente efficace. Forte anche l’impegno per sviluppare le esportazioni, una valvola di sicurezza indispensabile, tenuto conto che il mercato interno difficilmente potrà crescere. Un gioco di “equilibrio” difficile e che dovrebbe vedere i due Consorzi impegnati all’unisono anziché rivali impegnati a contendersi spazi di mercato, come avvenuto sino a ieri. E questa è forse la sfida più difficile…
23 Febbraio 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE Cereali e foraggere in agonia
Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Vivaismo e sementi 02 Marzo 2010
Crollo dei prezzi, mercati in altalena e incertezza su cosa seminare. Un caos reso ancora più grave AgriCrisi - Cereali e foraggere in agonia dall’assenza di progetti di filiera Crollo dei prezzi, mercati in altalena e incertezza su cosa seminare. Un caos reso ancora più grave dall'assenza di progetti di filiera Angelo Gamberini
Possono dirsi soddisfatti gli agricoltori che in Emilia Romagna sono riusciti a firmare accordi con Barilla per la produzione di grano duro a 220 euro la tonnellata. E in altre Regioni, come riferito da Agronotizie, si sono siglati accordi per prezzi persino più alti. Va male invece, e molto, per tutti gli agricoltori che non potendo fare riferimento ad accordi di filiera devono confrontarsi con il mercato. Un mercato che sin dallo scorso anno fa registrare record negativi, con il prezzo del frumento duro, varietà mercantile, che è precipitato in questi giorni a 142 euro per tonnellata. Cifre che sono del 28,5% più basse di quelle di 12 mesi prima. E non va meglio nemmeno per il tenero, le cui quotazioni sono scese dell'8,3% per fermarsi a quota 142,18 euro tonnellata per la varietà buono mercantile. In flessione, sebbene più
Le analisi Istat indicano un aumento delle superfici a
contenuta, anche le quotazioni di orzo e avena, che si assestano rispettivamente sui 140 e sui 155 euro per tonnellata. Male anche il riso, con quotazioni in ripresa nelle ultime settimane per l’Arborio (413 euro tonnellata), ma ancora molto al di sotto (-19,19%) rispetto ad un anno prima. Qualche segnale positivo arriva solo dal mais, il cui prezzo sta
frumento. Ma potrebbe non essere così. Fonte: CoreForce
mostrando qualche segnale di recupero con quotazioni prossime ai 142 euro e superiori del 9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.
Intenzioni di semina Cosa sta accadendo sui mercati? Nulla di nuovo, verrebbe da dire. Sono gli effetti di un mercato sempre più internazionale e sul quale non di rado si ripercuotono speculazioni che poco hanno a che vedere con le regole della domanda e dell'offerta. E in queste condizioni è quanto mai difficile decidere su cosa puntare. E’ allora interessante prendere in esame il recente lavoro svolto da Istat sulle intenzioni di semina degli Prezzo agricoltori italiani. Si tratta di un’indagine svolta su un campione di 7.680 aziende (quelle che coltivano
di
alcuni
prodotti
vegetali
(settima settimana 2010 - da Ismea)
seminativi sono 700mila) dal quale emerge che sono in aumento le superfici destinate a frumento e riso, mentre sono in calo le destinazioni a foraggere ed oleaginose. Più in dettaglio Istat registra per l’annata agraria 2009/2010 un aumento per il frumento duro (+4.1%, con punte più alte al Sud) e per Coltura quello tenero (+1.1%, specie nelle aree del Nord ). Significativo anche l’aumento del 2,1% delle superfici
Variazione
Prezzo (euro/tonn.)
destinate a riso, una scelta sulla quale ha pesato il buon andamento della scorsa campagna. Calo vistoso Riso (Arborio) 413,13 per tutte le foraggere, a iniziare dal mais da granella che scende del 4,4%, ma ben più pesante è la Mais (ibrido caduta del sorgo che nelle proiezioni di Istat dovrebbe crollare del 33,2%, seguito dall’orzo (-14,0%) e 141,9 dall’ avena (-6,2%). Stessa sorte per il girasole la cui coltivazione scende del 15,1% e della colza in nazionale)
% su anno precedente -19,19 9,91
flessione del 3,8%. In controtendenza la soia con un + 2,4% motivato con tutta probabilità dalla difficoltà a Orzo (varietà 136,88 reperire sui mercati internazionali prodotto non Ogm, che invece è richiesto per molte produzioni certificate. nazionale) Chi ha scommesso sulla soia conta dunque di spuntare buoni prezzi anche per questo motivo.
-1,67
Frumento tenero (buono
142,18
-8,3
mercantile)
C’è chi dice no
Frumento
duro
Assosementi, l’associazione che riunisce le industrie sementiere nata dall'unione fra Ais e Assoseme, si è 142,42 -28,52 (mercantile) detta incerta per queste previsioni di Istat, ritenendo sottostimata la crescita della soia, che dunque potrebbe crescere oltre il 2,4% stimato da Istat. Mentre per il frumento e in particolare per il duro gli operatori del sementiero sono propensi a immaginare un calo degli investimenti, contrariamente a quanto parrebbero indicare le analisi di Istat che prevedono invece una crescita. Vedremo quali saranno gli esiti della campagna in corso per il frumento, mentre sin d’ora si può prendere atto della caduta nelle coltivazioni foraggere. Seguendo le normali logiche del mercato ci si dovrebbe aspettare un aumento delle quotazioni di queste colture, ma bisognerà fare i conti con l’andamento sui mercati internazionali e sui flussi di importazione. Se aumento ci sarà potrà essere salutato con favore dagli agricoltori, ma il rovescio della medaglia è un aumento del costo dei mangimi. E con la zootecnia in fase preagonica non c’è da stare allegri.
Arriva la nuova Federconsorzi, ma… Tutta da giocare è poi la partita sul fronte dei cereali. Se le analisi di Istat saranno confermate si potrà avere un aumento delle produzioni di grano duro che andranno a vantaggio della qualità delle trasformazioni industriali. Che dovrebbe portare benefici anche sui prezzi all’origine, ma questo è un campo dove fare previsioni è un esercizio impossibile. Troppe le variabili in campo e poche le certezze. Ben diversa la situazione se gli agricoltori potessero disporre di una struttura organizzata nella quale concentrare l’offerta e fare pressione sul mercato con la forza dei numeri. Un compito che avrebbero potuto svolgere egregiamente i Consorzi Agrari. Prima che venissero decimati. Ora si vorrebbe far risorgere una sorta di Federconsorzi due. Una bella idea, ma è presto per farsi troppe illusioni. In ballo ci sono gli 800 milioni che lo Stato deve ancora saldare alla vecchia Federconsorzi per gli ammassi pubblici e che andrebbero in “dote” alla “nuova” Federconsorzi. Con il rischio che il progetto si fermi qui, alla conquista della dote, appunto, che vede molti pretendenti. Sarebbe un peccato.
Variazione percentuale della superficie investita
per
tipo
di
coltivazione -
Annata agraria 2009-2010 su 20082009 (sintesi da Istat) Coltivazione
Variazione (%)
Frumento tenero
1,1
Frumento duro
4,1
Orzo
-14
Avena
-6,2
Mais da granella
-4,4
Sorgo
-33,2
Riso
2,1
Colza
-3,8
Girasole
-15,1
Soia
2,4
02 Marzo 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE ‘Cereali, contrattiLe di filiera per uscire dalla novità per l'agricoltura crisi’ by Image Line s.r.l.
Vivaismo e sementi 02 Marzo 2010
AgriCrisi - Intervista direttore di Unione Seminativi. ‘Il seme non certificato? Un rispar'Cereali, contratti a diCarla filieraCorticelli, per uscire dalla crisi' - Intervista a Carla Corticelli, direttore Unione Seminativi. 'Il seme non certificato? Un risparmio apparente. Così si indebolisce la mioAgriCrisi apparente. Così si indebolisce la difiliera’ filiera'
Paola Francia
"La situazione di mercato, almeno a breve termine, resterà invariata. Con una produzione globale che a inizio d'anno ha registrato nuovi record e stock elevati a livello mondiale (1.764 miliardi di bushel a gennaio, ndr) è molto difficile pensare a una ripresa dei prezzi". E' questa, in sintesi, l'analisi che Carla Corticelli, direttore di Unione Seminativi, traccia in merito al difficile momento che il mercato dei cereali sta attraversando. Restano deboli le quotazioni del frumento - con un andamento in calo -, così come quelle di mais e soia, a delineare un quadro di stasi complessiva. In ambito nazionale, poi, si registra una brusca frenata per il frumento duro, difficile da piazzare soprattutto se di buona qualità. Un quadro che, per il direttore di Unione Seminativi, non sembra destinato a cambiare, almeno nell'immediato.
Carla Corticelli, direttore di Unione Seminativi
"E' difficile fornire previsioni a medio termine - precisa Carla Corticelli che, sul futuro, si mantiene cauta -. Troppe sono le variabili che possono influenzare il mercato: speculazioni, dollaro, quotazioni del petrolio e andamento meteorologico. Non sarebbe realistico fare ipotesi di medio-lungo periodo".
Se non pare possibile fare previsioni di prospettiva, una cosa è certa: uscire dalla crisi si deve. E, soprattutto, si può. Come? "Attraverso la stipula di contratti di filiera con l'industria attraverso forme di aggregazione della componente produttiva - afferma Corticelli -. Questi accordi non sono la panacea per tutti i mali, ma rappresentano una delle poche vie d'uscita alla difficile situazione dei prezzi e del mercato nella quale ci troviamo". Accanto alla creazione dei contratti di filiera, un punto importante riguarda la creazione di valore aggiunto. "Si può puntare, in primis, sui prodotti ad elevato valore aggiunto, ad esempio relativi ad alcuni utilizzi per i cereali minori, come l'orzo da bevanda o il farro - sottolinea il direttore -, investendo su prodotti con caratteristiche qualitative ben definite destinati ad alimenti ad alto valore aggiunto". L'obiettivo - è bene ricordarlo - è quello di rafforzare l'agricoltura italiana e di mantenere le produzioni cerealicole entro i confini nazionali scongiurando il rischio del decentramento. "Se smettiamo di coltivare cereali in Italia - avverte Corticelli - a cascata chiuderanno i centri di stoccaggio, con inevitabili ricadute negative anche sui molini, a cominciare dall'aumento dei costi di trasporto. Al contrario è importante lavorare perché le filiere si possano rafforzare in Italia e vengano valorizzate le nostre produzioni, con una riduzione delle quantità importate". E, a proposito di tipicità e, più in generale, di qualità, fa discutere la decisione del Comitato tecnico permanente agricoltura della Conferenza Stato-Regioni che in questi giorni ha espresso parere favorevole alla soppressione dell’obbligo di impiegare seme certificato, per poter accedere ai contributi previsti dall’articolo 68 per il grano duro. "Si tratta di una decisione che solo in apparenza porterà ad un immediato risparmio - stigmatizza Corticelli -. In realtà, la possibile riduzione dell’impiego di seme certificato comporterebbe sicuramente difficoltà nell’assicurare la tracciabilità e la rintracciabilità, oltre ad un probabile peggioramento quantitativo e qualitativo delle produzioni di frumento italiano, con ripercussioni per l’aumento delle importazioni di granella estera e per il conseguente danno economico che subirebbero gli agricoltori, che potrebbero vedere le loro produzioni ulteriormente penalizzate". Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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02 Marzo 2010 Paola Francia
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AGRONOTIZIE Mercato agrofarmaci: cala il volume, tiene il Le novità per l'agricoltura valore by Image Line s.r.l.
Attualità 09 Marzo 2010 tecnologica ha fatto sì che il valore economico rimanesse stabile anche a fronte dei cali nei L’evoluzione AgriCrisi - Mercato agrofarmaci: cala il volume, tiene il valore volumi utilizzati L'evoluzione tecnologica ha fatto sì che il valore economico rimanesse stabile anche a fronte dei cali nei volumi utilizzati
Donatello Sandroni
Quantità non vuol dire qualità. Un detto che vale in molte situazioni differenti. Non fa eccezione il mondo dei mezzi tecnici per la difesa, il quale mostra uno spiccato trend al ribasso nelle quantità vendute ma una discreta tenuta nel valore remunerato. Ciò grazie alla progressiva transizione operata nei cataloghi aziendali, i quali si sono impoveriti di sostanze attive di vecchia concezione, caratterizzate da dosi ettaro nell’ordine di alcuni chilogrammi, per arricchirsi di molecole più moderne, con dosaggi compresi tra le poche decine e le poche centinaia di grammi per ettaro. Dal 1990 si è quindi registrato un calo di quasi il 30% nel consumo nazionale di agrofarmaci, con un valore attuale intorno alle 100 mila tonnellate contro le circa 140 mila del 1990. I dati economici 2008 delineavano un fatturato italiano di agrofarmaci che si collocava intorno ai 750 milioni di Euro, rappresentando circa il 3% del mercato mondiale e l’1,8% del fatturato globale della chimica in Italia. Espresso in valore, perciò, il mercato italiano degli agrofarmaci è cresciuto del 31% negli ultimi venti anni, passando dai 566 milioni di Euro del 1990 ai 750 milioni del 2008. Gran parte di questo aumento è stato ovviamente determinato dal generale trend inflazionistico dell’economia Foto di un armadio per nazionale, ma un ruolo fondamentale l’ha giocato anche la graduale introduzione di prodotti innovativi l'immagazzinamento di aventi prezzi unitari superiori. Questa combinazione ha permesso di mantenere alto il valore del agrofarmaci, con disposizione mercato, pur in presenza di una diminuzione dei quantitativi impiegati in campo. Nel 2009 il mercato corretta dei prodotti degli agrofarmaci si è mostrato in leggero calo, con i fungicidi diminuiti dell’1% rispetto al 2008, Fonte: Topps-life mentre il segmento insetticidi ha mostrato una crescita del 6%. Questo incremento è derivato dalla forte presenza di fitofagi su riso e mais, coltura sulla quale sono inoltre ripresi anche i trattamenti geodisinfestanti con prodotti granulari a causa della sospensione dei concianti per le sementi. Forse a causa della decimazione di esteri fosforici e carbammati, operata dalla revisione europea, è cresciuto anche il mercato dei piretroidi come pure l’uso di trappole a feromoni e dei regolatori di crescita. Il mercato dei diserbanti ha invece registrato anch’esso un calo: circa il 2% in valore. L’aumento delle superfici coltivate a mais e soia è stato infatti annullato dal vistoso calo delle superfici investite a cereali. Le previsioni per il 2010 suggeriscono quindi una certa prudenza, col pensiero a un mercato degli agrofarmaci tendenzialmente stabile. [Fonte dati: Agrofarma] La problematica dei furti C’è un argomento che merita un approfondimento a parte: quello dei furti. Da sempre esistiti, mostrarono grande espansione quando giunsero sul mercato nuove formulazioni di scarso ingombro e alto costo unitario, come le solfoniluree per esempio. Facile quindi per i ladri portare via un elevato valore con poca fatica. Dopo alcuni anni di flessione, in cui si è visto calare il volume rubato da 1,266 milioni di Euro del 2005 a 569 mila del 2007, nell’ultimo biennio si è assistito a una recrudescenza del fenomeno, il quale ha riguadagnato i 700 mila Euro del 2008 per poi tornare a 1,2 milioni di Euro del 2009, valore pari allo 0,16% dell’intero fatturato del mercato agrofarmaci. La metà dei furti registrati, otto su diciassette, si è verificato durante le fasi di trasporto e ha comportato un danno di oltre 300 mila Euro. La Puglia detiene il triste primato in questo campo, dato che tutti gli otto furti “autostradali” sono avvenuti nella regione garganica. Ma tra registrati e denunciati la cifra diverge anche di molto: molti rivenditori subiscono furti di frequente, ma si limitano a denunciarli alle forze dell’ordine senza segnalarli alle proprie associazioni di categoria. Secondo Compag infatti almeno il 4% dei rivenditori subisce annualmente furti di entità variabile. Furti i quali, a dispetto della bassissima percentuale sul totale commercializzato, generano spesso anche turbative di mercato facendo circolare per tutto lo stivale merce a prezzi “strani”, prezzi i quali vengono spesso presi come riferimento dagli utilizzatori finali, i quali di malavoglia sono disposti a pagare prezzi superiori a quelli che circolano di provincia in provincia col passaparola ufficioso. Val bene ricordare, però, che se qualcuno ruba a monte è perché c’è a valle chi poi compra la refurtiva. Per un rivenditore derubato, spesso, ce ne sono diversi che acquistano sottobanco senza porsi troppi problemi sulla legalità della merce che viene loro offerta. Quando addirittura non si tratta di furti su commissione, come si sospetta specialmente nei casi di grossi “colpi” che sono realizzabili solo dalla malavita organizzata. Forse la recente impennata dei furti non è del tutto correlabile con la crisi che negli ultimi due anni ha afflitto l’agricoltura. Ciò non di meno, la sovrapposizione temporale dei due fenomeni induce a pensare che un legame pur ci sia.
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09 Marzo 2010 Donatello Sandroni
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AGRONOTIZIE Anoressia vegetale
Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Attualità 09 Marzo 2010 Il crollo dei prezzi lungo la filiera compromette pesantemente anche la domanda di prodotti per la AgriCrisi - Anoressia nutrizione delle colture vegetale
Il crollo dei prezzi lungo la filiera compromette pesantemente anche la domanda di prodotti per la nutrizione delle colture
Donatello Sandroni
Seppur ne avrebbero fatto volentieri a meno, le colture sono state messe a dieta. Quando la liquidità cala la prima tentazione che viene ai produttori è infatti quella di non fertilizzare, illudendosi che, tanto, il suolo ha comunque un’inerzia di nutrienti capace di compensare “almeno per un po’”. Il prezzo che si paga per questa scelta è però solo rinviato nel tempo, poiché il risparmio di oggi diventa perdita produttiva negli anni successivi. E gli interessi che si pagano in tal caso sono pure cari. Purtroppo, i molti dubbi sui prezzi alla vendita dei propri raccolti inducono gli agricoltori a risparmiare oggi, perché – ce lo ricorda Lorenzo il Magnifico – “di AgriCrisi e fertilizzanti doman non v’è certezza”. Come conseguenza della contrazione della domanda si è assistito quindi a un crollo dei pezzi all’offerta. Per esempio, un fertilizzante classico per il grano viene oggi venduto a circa un terzo rispetto al valore di un anno fa. Ciò potrebbe lasciar pensare a un incentivo agli acquisti, peccato che nel frattempo anche i prezzi all’origine di molti prodotti agricoli, dai cereali alla frutta, siano anch’essi calati vistosamente. Questo fattore ha condotto a ciò che in economia si chiama “deflazione”, un temutissimo fenomeno che si genera quando a un calo dei prezzi corrisponda un’ulteriore calo dei consumi invece che una loro ripresa. In mezzo tra agricoltori e aziende produttrici, inoltre, stanno i distributori: rivendite private, consorzi e cooperative. Molti di loro, a causa di questa discesa dei prezzi alla vendita, stanno addirittura lavorando in perdita. Nei loro magazzini langue invenduta della merce pagata anche 1.000 Euro a tonnellata, il cui prezzo attuale non supera però i 350/400 Euro la tonnellata. A queste condizioni appare dura accollarsi nuova merce e quando la clientela non compra si mette in crisi l’intero sistema commerciale fino alla fonte: le aziende produttrici. Come in un domino cinese, quindi, ogni tassello che cade trascina verso terra anche il tassello successivo. L’origine della crisi è in fondo tutta lì: manca redditività all’azienda agricola e quando le fonti si asciugano, nessun fiume porta acqua al mare. La seconda metà del 2009 ha visto cali nei consumi di concimi minerali, organici, organo minerali. Soprattutto queste ultime due categorie appaiono in sofferenza, mentre il consumo degli ammendanti dovrebbe rimanere costante, andando in sostituzione proprio di queste due ultime tipologie di prodotti. Per i concimi minerali il calo è stato meno vistoso grazie alle vendite di prodotti a base d’azoto, il quale tra tutti i nutrienti è il fattore più limitante alle produzioni. Anche i prodotti a base di microelementi chelati, come pure quelli a base organica con proprietà biostimolanti, hanno risentito di meno della crisi, dato che si impegnano su colture ad alto reddito. Complessivamente, nel 2009 si stima un calo produttivo degli stabilimenti italiani di circa il 20% rispetto al 2008. [Fonte: Federchimica] Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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09 Marzo 2010 Donatello Sandroni
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AGRONOTIZIE
Fertilizzanti, aspettando ripresa (d’autunno) Le novità perla l'agricoltura che verrà Fertilizzanti by Image Line s.r.l.
23 Marzo 2010
AgriCrisi - Intervista a Bartolomeo Pescio, presidente Assofertilizzanti: ‘Siamo in una fase di assestaFertilizzanti, aspettando la ripresa (d'autunno) chediverrà AgriCrisi - Intervista a Bartolomeo presidente di Assofertilizzanti: 'Siamo in una fase di assestamento. Ma i segnali positivi non mento. Ma i segnali positivi Pescio, non mancano’ mancano'
Paola Francia
"Rispetto alla crisi che ha colpito in modo severo il settore nel 2009, stiamo attraversando una fase di assestamento che pare riportarci ai livelli di due anni fa. E' realistico pensare ad una ripresa in vista dell'autunno". E' tutta qui, nelle parole di Bartolomeo Pescio, presidente di Assofertilizzanti, l'Associazione nazionale produttori di fertilizzanti che fa parte di Federchimica, la fotografia in chiaroscuro di un settore - quello dei fertilizzanti, appunto - che nel 2009 ha visto crollare i consumi, sulla falsa riga di un risparmio apparente (oggi) che rischia di trasformarsi in perdita produttiva (domani) per quegli agricoltori che in mancanza di liquidità hanno preferito non fertilizzare.
Bartolomeo Pescio, presidente di Assofertilizzanti
I numeri parlano chiaro: una stima più che attendibile ci dice che i fertilizzanti di origine minerale hanno subito un calo del 20 per cento e tra questi, i potassici (a causa dei prezzi elevati) addirittura del 50, gli organici sono scesi del 10 per cento, gli organo-minerali del 15. L'azoto, indispensabile com'è per le produzioni, in proporzione ha tenuto.
"Nei primi mesi dell'anno le riduzioni si sono praticamente dimezzate - spiega Pescio - e ci stiamo avviando verso un generale assestamento dei consumi. Del resto, siamo di fronte ad un processo di riequilibro per così dire fisiologico, dopo i vistosi sbilanciamenti del passato. Non dobbiamo poi dimenticare che il nostro settore è legato a doppio filo all'agricoltura, e oggi anche l'agricoltore che vorrebbe investire tende a preferire, per problemi di liquidità, un prodotto di bassa gamma: segnale inequivocabile della crisi che si è abbattuta sul settore primario". Ma qualcosa potrebbe cambiare, e in positivo. "Prevediamo per l'autunno una ripresa nell'impiego dei fertilizzanti - dice il presidente - e per l'agricoltura in generale". "I primi segnali - prosegue - li abbiamo sulle colture orticole, che hanno raggiunto prezzi accettabili. Mentre per quelle a pieno campo è difficile pensare a valori più bassi di quelli attuali". Quanto all'andamento dei prezzi delle materie prime, "siamo già di fronte ad un riequilibrio - sottolinea Pescio - con valori in linea, se non inferiori, all'andamento storico". La previsione, per il futuro, è di una "sostanziale stabilità tra domanda, offerta e capacità produttiva" con ricadute positive anche sulle materie prime: azoto, fosforo e potassio, già riallineato verso il basso. Assofertilizzanti partecipa, in qualità di socio fondatore, all'attività dell'Icqf, l'Istituto per il controllo della qualità dei fertilizzanti, organizzazione con funzione di autocontrollo che punta a garantire la qualità dei prodotti delle aziende associate. "Le imprese che aderiscono, e che rappresentano l'80 per cento del mercato - dice Pescio -, si sono date un codice di regolamentazione e i risultati fin qui ottenuti sono più che soddisfacenti". Tre sono le condizioni necessarie ad assicurare la qualità di un prodotto: "il marchio giusto dice il presidente -, il rivenditore affidabile e un prezzo congruo". Come dire: diffidare di prodotti al ribasso e troppo "scontati". Qualità sì, ma non solo. Lo sforzo imprenditoriale per uscire dalla crisi passa anche per l'innovazione. "Di prodotto e tecnologica sottolinea Pescio -. Parliamo spesso di innovazione di prodotto, dimenticando l'innovazione tecnologica legata al prodotto. Tanto per capirci: in Germania l'analisi del terreno è obbligatoria, da noi non solo non lo è, ma è anche poco diffusa. In questo senso - conclude Pescio -, auspichiamo che la legislazione e la politica facciano la loro parte per sostenere l'agricoltore con strumenti che accrescano la sua capacità di giudizio imprenditoriale e, di conseguenza, di innovazione. Le tecnologie per un'agricoltura sostenibile non solo possono accelerare l'uscita dalla crisi, ma in prospettiva si rivelano strategiche per prevenirla". Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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23 Marzo 2010 Paola Francia
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‘Mezzi tecnici, un AGRONOTIZIE anno altalenante tra crisi del Le novità per l'agricoltura credito e incertezza normativa’ by Image Line s.r.l.
Attualità 10 Marzo 2010 AgriCrisi - Intervista a Giovanni Rizzo, presidente di Agriteam, principale gruppo d’acquisto di mezzi 'Mezzi un anno altalenante tra crisi del credito e incertezza normativa' tecnici pertecnici, l’agricoltura
AgriCrisi - Intervista a Giovanni Rizzo, presidente di Agriteam, principale gruppo d'acquisto di mezzi tecnici per l'agricoltura
Paola Francia
"Un 2009 altalenante, caratterizzato da un incremento dei prezzi delle specialità a fronte di un calo delle commodity e fortemente condizionato dall'incertezza del quadro normativo". Si riassume così, nelle parole di Giovanni Rizzo, presidente di Agriteam, il bilancio di un anno problematico per il settore dei mezzi tecnici. Un anno a tinte fosche che ha investito l'intera filiera agroalimentare, da monte a valle. Rizzo guida una realtà che in italia rappresenta il principale gruppo d'acquisto di mezzi tecnici per l'agricoltura, con un giro d'affari complessivo di 80 milioni di euro (60 'solo' di prodotti fitosanitari, prezzi netti all'acquisto), nata 19 anni fa dalle ceneri del Cerac, realtà che seguì la stessa sorte delle grandi organizzazioni nazionali dell'epoca, il fallimento.
Giovanni Rizzo, presidente di Agriteam
Rispetto allo scorso anno, nel 2009 il fatturato ha fatto registrare una crescita del 13 per cento. La quota di mercato di Agriteam a livello nazionale è parti all'8 per cento ma, se si considera che il gruppo opera al Centro Nord, la percentuale in alcune province si avvicina o supera il 30 per cento. Quanto al dato Griff (relativo alla vendita di agrofarmaci in Italia, ndr) l'incremento del valore si è attestato su un più 3,3 per cento.
Il gruppo oggi conta su una base sociale di 12 soci, dieci dei quali rappresentati da Consorzi che a loro volta controllano 135 cooperative - Carb e Cafer, tanto per fare qualche nome - tutte localizzate nell'area del Centro-Nord. "Oltre agli associati veri e propri - spiega Rizzo - Agriteam stipula accordi annuali con una quarantina di distributori che operano direttamente sul territorio nella zona del Trentino Alto Adige, Valtellina e Veronese". Agriteam è inserita inoltre nella filiera agroalimentare e a pieno titolo: pur occupandosi solo di mezzi tecnici condivide la propria base sociale con quella delle principali aziende di trasformazione (Valfrutta, Conserve Italia, Melinda, Orogel, solo per citarne alcune). "L'agricoltore del nostro 'sistema' - dice Rizzo - può, pur nelle difficoltà del momento, trovare molte delle risposte necessarie per la sua attività di imprenditore, partendo dalla messa a disposizione di mezzi tecnici a costi equilibrati per arrivare fino alla gestione delle produzioni". Tornando ai mercati, "il 2009 si è distinto per cambiamenti rapidi e, per così dire, improvvisi - prosegue Rizzo nella sua analisi -: si pensi ad esempio al glifosate, sceso nel giro di breve sotto i tre euro. Molto ha pesato in senso negativo la volatilità del quadro normativo che ha interessato molti prodotti, con la conseguenza che molte aziende, a causa dell'incertezza di continuità dei propri marchi, hanno immesso sul mercato prodotti a qualsiasi condizione, falsando una fisiologica evoluzione del mercato". Guardando al 2010, "a medio termine dobbiamo attenderci una sensibile diminuzione dei prezzi - anticipa Rizzo - soprattutto per quanto riguarda le commodity". Ma intanto, restano sul piatto una serie di problematiche, prima tra tutte quella legata al credito delle imprese agricole. E, più nello specifico, alla liquidità. "Tenuto conto che il valore delle produzioni, crollato su tutti i fronti nel 2009, ha pesantemente condizionato il mercato e continua a farlo - dice il numero uno di Agriteam - come gruppo stiamo portando avanti la nostra azione a favore degli associati su un doppio fronte: sia nei confronti degli istituti di credito, che verso i nostri soci, ad esempio con la creazione di linee di indirizzo sul costo del denaro". C'è poi il fenomeno dei furti: secondo gli ultimi dati forniti da Agrofarma il mercato degli agrofarmaci illegali (ovvero: importazioni illegali, furti e contraffazioni) supera i 30 milioni di euro, pari al 4 per cento del mercato complessivo. "La piaga dei furti - spiega Rizzo - si ripete ormai da molti anni. Rilevo con piacere che il ministero della Salute abbia bloccato alcune importazioni parallele di prodotti che in etichetta riportavano un sito di produzione inesistente. I controlli giocano un ruolo fondamentale che mette al riparo dai rischi di importare in italia prodotti non registrati o provenienti da traffici illegali". Rizzo rileva poi che "le società da qualche tempo a questa parte si sono dimostrate più sensibili al problema delle ricettazioni e delle clonazioni: solo attraverso l'azione sinergica di produttori, mondo della distribuzione e forze dell'ordine è possibile far fronte a questo annoso problema". Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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10 Marzo 2010 Paola Francia
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Se Bruxelles chiudeAGRONOTIZIE i rubinetti la carne bovina Le novità per l'agricoltura è condannata by Image Line s.r.l.
Zootecnia 2010 Per 16 gliMarzo allevamenti europei è impossibile competere senza i sostegni comunitari
AgriCrisi - Se Bruxelles chiude i rubinetti la carne bovina è condannata Per gli allevamenti europei è impossibile competere senza i sostegni comunitari
Angelo Gamberini
Partiamo dai prezzi. In calo per tutto il 2009 e ancora oggi “congelati” a quota 2 euro al chilo o poco più. Per gli allevamenti di bovini da carne la crisi si protrae da ormai dieci anni, con una sola breve interruzione nel 2008. Giusto il tempo per tirare il fiato prima di tornare con i conti ancora in rosso. Perché produrre un chilo di carne bovina, come confermano le indagini del Crpa e gli studi di Smea, costa almeno 265 euro per quintale negli allevamenti del Veneto. E in Piemonte, regione di grandi tradizioni in questo settore, i costi salgono sino a 307 euro per quintale. Come dire che nemmeno i premi Pac riescono a rimettere ordine nei conti delle aziende zootecniche che si dedicano all'allevamento di bovini da carne. Allevamenti che in Italia hanno per di più caratteristiche del tutto particolari, che comportano costi di produzione più elevati rispetto ad altri Paesi della Ue, come si può leggere in questo stesso numero di Agronotizie. I margini degli allevamenti sono erosi dalla crisi dei prezzi e solo gli aiuti della Pac sostengono gli allevamenti. Ma fino a quando? Fonte: Ex_Magician
Le previsioni
Difficile modificare il perimetro nel quale i nostri allevamenti di bovini da carne saranno costretti a muoversi per ancora molto tempo. Un perimetro contraddistinto da una preoccupante contrazione dei consumi (2,1% in volume, nel 2008), compensata in parte dalla riduzione della produzione, scesa di 173mila tonnellate dal 2000 ad oggi. Allargando lo sguardo alla Ue, il calo produttivo conseguente allo smantellamento dei sostegni un tempo previsti dall'Ocm carne bovina dovrebbe continuare anche in futuro, forse attenuato dai minori costi di alimentazione dopo il crollo dei prezzi di cereali e foraggi. Al contrario si prevede un aumento della produzione di carne bovina in Brasile, che dall'attuale 20,3% dovrebbe salire al 22,6% della produzione mondiale. Si attende poi un consolidamento delle altre aree a forte produzione collocate fra Asia, Oceania e Nordamerica. Dunque meno carne in Europa, ma non nel resto del mondo, mentre le preferenze del consumo si spostano sempre più verso altre carni, come quelle di suino (al primo posto in Italia) e quelle avicole, che hanno ora superato quelle di bovino, relegate così al terzo posto.
Attenti a Bruxelles Questo lo scenario. Quali saranno le conseguenze sul prezzo? Ci vorrebbe la sfera di cristallo e forse nemmeno disponendo di capacità divinatorie sarebbe possibile una previsione. Meglio aggrapparsi a punti di riferimento certi. Da una parte la conferma che senza il sostegno della Pac l'allevamento del bovino da carne in Italia (ma anche negli altri Paesi Ue) non ha futuro.
Un anno di prezzi di alcune categorie di bovini da carne Vacche
Vitelli
Vitelloni
marzo (2009)
1,10
3,51
2,13
aprile
1,11
3,54
2,09
maggio
1,13
3,42
2,07
giugno
1,09
3,37
2,05
luglio
1,08
3,45
2,02
agosto
1,12
3,56
2,03
settembre
1,04
3,65
1,98
ottobre
1,03
3,60
1,97
novembre
1,03
3,55
1,97
dicembre
1,03
3,66
2,01
gennaio (2010)
1,01
3,73
2,04
febbraio
1,03
3,74
2,04
marzo
1,05
3,16
2,02
Occorre dunque una ferma azione di indirizzo Il patrimonio bovino in alcuni Stati sulle politiche agricole decise a Bruxelles, europei (000 capi - elaborazioni Ismea su che invece sono pericolosamente rivolte al dati Eurostat) progressivo smantellamento della Pac. E' di variazione questi giorni la ferma presa di posizione del 2009 presidente della Commissione Agricoltura (% su 2008) della Ue, Paolo De Castro, che ha ricordato l'importanza dei sostegni comunitari Germania 12945 -0,2 all'agricoltura. Alla sua voce si dovrebbe Francia 19369 -1,3 aggiungere il sostegno di quanti hanno Regno Unito 10025 -0,8 responsabilità in tema di politica agraria nel 6343 -1,8 nostro Paese. C'è poi da fare un Italia importante lavoro sul fronte Polonia 5700 -1,0 organizzativo. Si prenda spunto dai risultati Spagna 5966 -7,4 conseguiti da alcune strutture associative, 3950 1,5 come il Coalvi in Piemonte o l'Unicarve in Olanda Veneto, che hanno puntato sulla riconoscibilità del prodotto. Perché è pur vero che i consumi di carne si contraggono, ma è confermata la preferenza del consumatore verso i prodotti che sanno certificare la loro provenienza. E questi stessi consumatori sono disposti a spendere qualcosa in più. Le etichette, da sole, non bastano a risolvere la crisi della carne bovina, ma un aiuto possono darlo.
16 Marzo 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE Perché la carne bovina in Italia costa di più Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Zootecnia Marzo 2010 La 16 scarsità di aree da destinare a pascolo ha condannato l’Italia a puntare sugli allevamenti intensivi. AgriCrisi - Perché la carne bovina in Italia costa di più Molto efficienti, ma costosi
La scarsità di aree da destinare a pascolo ha condannato l'Italia a puntare sugli allevamenti intensivi. Molto efficienti, ma costosi
Angelo Gamberini
Protagonista della filiera del bovino da carne è il vitellone, con 2,4 milioni di capi. Un terzo di questi animali è rappresentato da animali importati in giovane età e poi allevati in Italia per il resto della loro carriera produttiva, sino alle fasi conclusive dell'ingrasso e del finissaggio. Gli altri due terzi sono rappresentati da soggetti nati in Italia e provenienti per lo più da razze da latte e in misura minore da razze da carne. Allevamenti a forte specializzazione, capaci di performance produttive di tutto rispetto, ma spesso con scarsa disponibilità di terra e di foraggi. Aziende costrette a ricorrere a fonti esterne per l'approvvigionamento di animali da ingrassare (per lo più broutard francesi e “polacchi”) e per l'alimentazione. Alla produzione del vitellone si affianca quella del vitello a carne bianca, settore nel quale l'Italia primeggia, e quello delle vacche a fine carriera. Molta della carne bovina prodotta in Italia proviene da animali giovani importati dall'estero e poi allevati nelle stalle da ingrasso Fonte: Dolphinpix
Gli allevamenti nel mondo
Nulla a che vedere con gli allevamenti del Sud America, con basse produzioni, enormi superfici a disposizione e bassi costi di produzione. Un confronto è impossibile anche con gli allevamenti intensivi degli Stati Uniti o del Canada con i loro grandi recinti all'aperto (feedlot). Difficile il raffronto anche con gli allevamenti europei, dove l'allevamento del bovino da carne si affianca a quello delle vacche nutrici (per la produzione di vitelli) e alla disponibilità di ampie superfici agricole destinate a colture foraggere e industriali.
Costi più alti Diverse le tipologie di allevamento e diversi i costi di produzione, più alti in Europa rispetto agli Usa o al Brasile e più alti in assoluto in Italia, colpa soprattutto del costo dei ristalli, come si definiscono i vitelli da avviare all'ingrasso. Il problema non è di oggi. Se ne parla da tempo e molte le soluzioni via via proposte. Tra un “piano carne” e l'altro (ne abbiamo perso il conto) con i quali si è tentato di rispondere alle difficoltà della produzione di carne bovina in Italia, si è più volte giocata la carta della “linea vacca-vitello”, un mix con il quale si è cercato di aumentare la disponibilità di vitelli “made in Italy” e di recuperare le aree marginali di collina e montagna. Con il risultato che le aree marginali sono rimaste tali, come pure il numero dei vitelli, insufficiente. Si è anche provato ad aprire le importazioni di vitelli dai paesi del Sud America, richiesta avanzata con forza e per lungo tempo dalle associazioni degli importatori (Uniceb). Ma i vincoli sanitari e le difficoltà di spostamento su grandi distanze hanno precluso questa strada come mezzo per abbassare i costi dei ristalli. E l'Italia sarà ancora per molto tempo condannata a spendere molto per approvvigionarsi di vitelli. Meglio tenerne conto
Produzione di carne delle principali specie di interesse zootecnico (anno 2008 - fonte Istat) 000 tonn. peso vivo
Variazione su
Valore
2007 (milioni
Variazione di su
(%)
euro)
(%)
Bovini
1470
-2,7
3364
0,4
Suini
2009
1,1
2574
8,5
Pollame 1546
9,5
2382
5,0
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2007
16 Marzo 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE Le novità per l'agricoltura
I prosciutti anonimi affondano la suinicoltura by Image Line s.r.l.
Zootecnia 16 Marzo 2010
Qualità scadente e prezzi anonimi bassi peraffondano conquistare il consumatore, ma intanto sono al tracollo gli allevamenti AgriCrisi - I prosciutti la suinicoltura scadente suini e prezzipesanti, bassi per conquistare il consumatore, ma intanto sono al tracollo gli allevamenti che producono suini pesanti, cheQualità producono indispensabili per ottenere salumi di eccellenza indispensabili per ottenere salumi di eccellenza
Angelo Gamberini
Della crisi del settore suinicolo se ne parla da tempo. Ancora non si sono smaltite le conseguenze del 2008, anno in cui le difficoltà di mercato hanno raggiunto il loro picco più alto, e già si ripropone una stagione non meno complicata. A iniziare dai prezzi che anche nella prima settimana di marzo vedono penalizzati i suini pesanti. Le quotazioni si sono fermate a 1,17 euro al chilo per gli animali di peso sino a 144 kg, per salire a soli 1,25 euro al chilo per quelli di peso superiore ai 160 kg. Prezzi talmente bassi che non coprono nemmeno i costi di produzione, valutati in circa 1,40 euro il kg. E le difficoltà di mercato sono confermate dalla mancata quotazione su piazze importanti come Mantova e Parma e ancora più dalla mancata quotazione al Cun (Commissione unica nazionale del settore suinicolo). Dal Cun, lo ricordiamo, dipende il mercato unico per il settore suinicolo istituito dal ministero dell'Agricoltura per rispondere alla crisi del settore. Anche questo è il segnale del “braccio di ferro” che da tempo vede contrapposti allevamenti e industrie di trasformazione. I primi legittimamente fermi sulle loro richieste di un prezzo capace di dare un margine, i secondi alle prese con la necessità di tenere prezzi bassi nel timore di perdere fasce di consumo. Tutta la suinicoltura italiana, unica in Europa, ruota attorno al suino pesante Fonte: Mostlysunny1
I prezzi medi del 2009 (fonte Anas) Categoria
Piazza
Prezzo Variazione su 2008 (%)
Suinetti
Modena
2,903
13,6
90-115 kg
Modena
1,344
-5,4
156-176 kg
Mantova 1,220
-7,5
Il caso Italia Sul difficile equilibrio fra allevamenti e industrie di trasformazione si gioca il destino della nostra suinicoltura, unica in tutta Europa ad essere specializzata nella produzione del suino pesante (rappresenta gran parte della produzione italiana), l'unico dal quale si possono ottenere, ad esempio, i prosciutti a marchio Dop. Un settore che vale 2,3 miliardi di euro e che occupa almeno 130mila persone, il cui futuro professionale è messo in forse da questa crisi, difficile da sconfiggere. Non è stato sufficiente istituire il mercato unico nazionale e nemmeno spingere sulle carni del Gran Suino Padano la cui Dop è ancora in forse presso le autorità comunitarie. Un aiuto agli allevatori è venuto dalla lotta a talune patologie, come la vescicolare, che nel 2008 aggravavano il quadro della situazione.
Difficile programmare Fra i punti del “piano suinicolo” rientrava anche la programmazione della produzione, mirata ad evitare eccessi produttivi. A limitare la produzione, non solo in Italia ma in tutta la Ue, ci ha pensato la crisi, con una riduzione del numero dei capi allevati (-0,6% in Italia, 5,6% in Romania) e una flessione del 6% della quantità di carne suina prodotta nei primi sei mesi del 2009. Una situazione dalla quale ci si aspettavano benefici per il prezzo di mercato, annullati invece dal contemporaneo aumento delle importazioni extra-Ue e in particolare dal Cile (+16%). Il calo delle esportazioni comunitarie, specie verso gli Usa, ha complicato ulteriormente lo scenario, accentuando la stagnazione o il calo dei prezzi.
europei (000 capi - elaborazioni Ismea su dati Eurostat) Anno
variazione
2009
2008)
Germania
26887
0,7
Francia
14341
-2,1
Nazione
Danimarca 12436
0,7
Italia
9234
-0,6
Belgio
6304
0,7
Romania
4805
-5,6
4636
-1,7
Regno Unito
(%
su
Il patrimonio suinicolo italiano (stime Anas su 2009)
Suini Suini
Import
000
Variazione
capi
su 2008)
(%
12930 -0,8 certificati
per Dop
Meno Dop
Il patrimonio suinicolo in alcuni Stati
(suini
vivi)
8600
-5,7
647
10,4
Per l'Italia il 2009 si è chiuso con un significativo calo del numero di suini certificati per i circuiti dei principali Dop. Nei primi otto mesi dello scorso anno Ismea segnala una riduzione consistente dei cosci avviati alla salatura sia per il San Daniele sia per il Parma, tra i principali prosciutti Dop italiani. E' il segnale dell'orientamento verso la produzione di prosciutti non certificati e di basso prezzo. Un orientamento che i Consorzi di tutela dovrebbero cercare di arginare. E che gli allevatori dovrebbero contrastare con ogni strumento. Ma i Consorzi hanno poche risorse e gli allevatori sono “disarmati” di fronte al mercato, deboli come sono sotto il profilo organizzativo e schiacciati fra la necessità di riempire gli stalli per ammortizzare gli impianti e costretti a vendere gli animali giunti a fine ciclo, non importa a quale prezzo. Una spirale dalla quale è difficile uscire senza strutture associative forti ed efficienti. Che in pochi, però, sembrano volere.
16 Marzo 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE Le novità per l'agricoltura
Polli e conigli, le due facce della crisi by Image Line s.r.l.
Zootecnia 16 Marzo 2010
Il settore avicolo grazie adfacce una filiera produttiva ben strutturata. Mentre gli allevamenti cunicoli, AgriCrisi - Pollireagisce e conigli, le due della crisi Il settore avicolo reagisce grazie una filiera produttiva ben strutturata. Mentre gli allevamenti cunicoli, meno organizzati, sono in balia del meno organizzati, sono in ad balia del mercat mercato
Angelo Gamberini
Inizio d'anno difficile per polli, uova e conigli, che nelle prime settimane del 2010 si sono ritrovati a fare i conti con prezzi in flessione. Impietoso il confronto con l'anno precedente, quando i prezzi erano del 30% più alti. Quella che si annunciava come una nuova e pesante crisi per tutto il settore, sta però lentamente rientrando. Già da febbraio le quotazioni hanno ripreso a salire e le indicazioni di Ismea sui prezzi nella prima settimana di marzo confermano questa tendenza. Il prezzo dei polli è salito a quota 0,87 euro al kg (sulla piazza di Forlì, una delle più importanti) riducendo al 20% la differenza rispetto alle quotazioni del marzo 2009. Un divario che si spera possa essere colmato in tempi rapidi perché i prezzi restano non remunerativi per le aziende, come ha tenuto Confagricoltura, ad evidenziare anche preoccupata per la tenuta degli allevamenti. Nel Concentrata in poche grandi aziende integrate, favorire un recupero delle quotazioni gioca un l’avicoltura italiana riesce a seguire le oscillazioni della domanda meglio di altri settori della nostra zootecnia ruolo fondamentale la buona capacità del Fonte: Hyperscholar settore avicolo nel riprogrammare le produzioni e ridurre l'offerta per adeguarla alle richieste. Merito della forte organizzazione della filiera avicola, che ha le sue basi nell'integrazione verticale fra industrie di trasformazione e allevatori.
Le carni di pollame in Italia (fonte Una - 2008 - 000 tonn) Pollo
Tacchino
Produzione
713
300,5
Importazione
39
15,2
Esportazione
69,1
65,9
Consumo (kg/p.a.)
11,77 4,31
Conigli in difficoltà Assai diverso è il caso della coniglicoltura, dove ancora molti sono gli allevamenti che operano fuori dai contratti di allevamento (per lo più soccide) che comunque stanno trovando diffusione anche in questo comparto. La conseguenza è una forte difficoltà nell'orientare le produzioni cunicole alle oscillazioni della domanda, il che apre la porta a ricorrenti e profonde crisi di mercato. Così è stato per gran parte del 2009, con prezzi sotto ai due euro e con gli allevamenti in perdita. Solo negli ultimi mesi dello scorso anno si è assistito ad un recupero in coincidenza con l'aumento della domanda, come sempre avviene con l'approssimarsi della stagione fredda. Un recupero che però è durato poco. Contrariamente alle attese, il prezzo dei conigli ha iniziato a scendere già nelle prime settimane di gennaio. Una discesa che non si è arrestata e ancora oggi le quotazioni sono scese ad appena 1,69 euro per kg I numeri della coniglicoltura sulla piazza di Verona. E i conti degli allevatori sono tornati “in rosso”. Una situazione che desta molte 43450 tonn preoccupazioni in tutta Italia e soprattutto in Veneto, regione che detiene il primato in campo cunicolo. Produzione Ed è Veneto Agricoltura che in questi giorni ha organizzato un convegno per presentare il Piano Valore 340 milioni di nazionale cunicolo messo a punto dal Mipaaf. Fra le iniziative previste dal Piano rientra un programma di produzione euro comunicazione sulle prerogative nutrizionali della carne di coniglio che coinvolga scuole, mense Numero addetti 10000 scolastiche e pediatri. Una ripresa della domanda, che in questi ultimi mesi si è indebolita, rappresenta la via di uscita al rischio chiusura di molti allevamenti. Già il 15% degli allevatori ha gettato la spugna, come ha fatto notare il presidente di Coniglio Veneto, Stefano Bison. Colpa anche dello spiccato individualismo degli allevatori di conigli, scarsamente propensi a riunirsi in forme associative ed anche per questo motivo maggiormente in balia del mercato e delle sue fluttuazioni. Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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16 Marzo 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE
Il crollo dei prezzi travolge tutta la frutta Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Attualità 23 Marzo 2010 deve riorganizzarsi per fronteggiare le difficoltà che hanno coinvolto i principali segmenti La filiera AgriCrisi Il crollo dei prezzi travolge tutta la frutta produttivi- del settore La filiera deve riorganizzarsi per fronteggiare le difficoltà che hanno coinvolto i principali segmenti produttivi del settore
Angelo Gamberini Hanno accusato le mele, che poi si è saputo essere prive di colpe, del malore che ha colpito nove bambini di una scuola elementare di Manesseno, in provincia di Genova. Nessuna conseguenza grave per i bambini, che stanno già bene, ma la notizia ha fatto il giro dei giornali e così si è saputo non solo che le mele erano sane, ma che in Italia è in atto un programma di promozione del consumo della frutta che parte proprio dalle scuole primarie. L'iniziativa, che non era ancora balzata agli “onori” delle cronache, ha preso il via giusto un anno fa con il sostegno della Ue per 15 milioni di euro cui si sono aggiunti 11 milioni di fondi nazionali di cofinanziamento. Circa 26 milioni con i quali si distribuisce frutta gratuitamente nelle scuole. E per convincere i giovani a mangiare più frutta è nato anche un sito, dall'accattivante nome di “Mr. Fruitness”.
I numeri del settore
L'Italia è il principale produttore di frutta nella Ue Fonte: Digicla
Tutte belle iniziative, ma non sono bastate (e non bastano) a risollevare le sorti del settore ortofrutticolo, alle prese con una crisi che coinvolge tutto e tutti, agrumi, kiwi, pere e mele, pesche e nettarine, solo per citare alcuni dei prodotti più provati dal crollo dei mercati.
Una crisi preoccupante che coinvolge un settore che vale oltre 11 Frutta fresca: le principali miliardi di euro, quasi un terzo dell’intera Plv (produzione lorda produzioni italiane (in milioni di vendibile) della nostra agricoltura. Non per nulla fra i 27 Paesi della Ue siamo al primo posto in quanto a quantità di frutta tonn – anno 2009 – sintesi da prodotta, seguiti a distanza dalla Spagna e dalla Francia. E' anche per questo che la crisi di questo settore “morde” di più in Italia Istat) che altrove. Mele 2,2
Le origini
Pesche
1
Nettarine
0,6
Ma da dove nasce questa crisi e come se ne esce? Per cercare una risposta bisogna partire da lontano, guardando a cosa accade nel Pere mondo. E si scopre che negli ultimi dieci anni la Ue ha ridotto del 15% la sua produzione di frutta, agrumi compresi, Kiwi scendendo da 70 a 60 milioni di tonnellate. Per contro la produzione mondiale è aumentata sensibilmente, passando da 473 a 555 Susine milioni di tonnellate.
0,8 0,5 0,2
I mercati si comportano ormai come vasi comunicanti e la minore produzione europea è stata subito colmata con un'impennata dei L'Italia frutticola nella Ue flussi mondiali di export, passati dai 70milioni di dollari nel 2000 ai 150 del 2007. Analoga la situazione nella Ue, dove però (sintesi da Cso) l'incremento delle esportazioni (da 30 a 60 milioni di dollari) è stato superato da quello delle importazioni, passate da 40 ad oltre 80 Quota % della milioni di dollari. Prodotto produzione Ue
L'Italia frutticola
Kiwi
71
Pere
35
e E' in questo scenario che si colloca la produzione frutticola italiana, protagonista sulla scena europea nel mercato del kiwi (71% della Pesche 52 produzione Ue), delle pere (35%), delle pesche e delle nettarine (52%). Altri settori strategici sono quelli delle arance con un nettarine secondo posto (37%) dietro alla Spagna e delle mele (21%) dove siamo in lizza con la Polonia per la conquista del primo posto. Per Mele 21 tutti questi prodotti il 2009 ha fatto registrare secondo Ismea una flessione media del 13% delle quotazioni, ma nel caso delle Arance 37 pesche i prezzi sono scesi anche del 46%. Una crisi, questa della frutta fresca, che ha visto il prezzo delle mele fermarsi nel quarto trimestre del 2009 a 44 centesimi al chilo, quasi il 31% in meno rispetto allo stesso periodo del 2008. Peggio ancora per i kiwi, crollati del 35%, mentre le pere si sono fermate ad un deludente -20,9%. Come se non bastasse, i costi di produzione sono aumentati del 2,6% e per molte delle 548mila aziende frutticole italiane il 2009 si è chiuso con i conti in rosso. Quando i prezzi precipitano così vistosamente le cause sono il più delle volte riconducibili ad un incremento delle produzioni, all'aumento dei flussi di import oppure al calo della domanda. Nel caso della frutta fresca i dati produttivi del 2009 indicano un aumento da 8,2 a 8,5 milioni di tonnellate, con incrementi più significativi per le pere (11,8% in più). Una maggiore produzione che ha trovato “sfogo” nel parallelo aumento della domanda di frutta fresca, il cui consumo nel 2009, secondo le valutazioni di Ismea, ha messo a segno una crescita di cinque punti percentuali. In sostanza, fra produzione e domanda si è mantenuto un buon equilibrio e la crisi dei prezzi va dunque cercata in un' altra direzione. Proviamo allora ad analizzare i dati dell'import. Le prime stime Ismea sull’andamento del 2009 indicano un netto peggioramento (-35%) del saldo commerciale dovuto in gran parte alla caduta dei valori unitari del prodotto esportato e ad un aumento di quelli importati. In termini di volume, invece, le importazioni sono stimate invariate rispetto al 2008.
Riorganizzarsi
La produzione di frutta nei Paesi Ue (ripartizione % - sintesi da Cso su dati Fao) Italia
30
Spagna
25
Francia
16
Grecia
6
Polonia
4
Germania
4
Altri
15
Nemmeno sul fronte delle importazioni si riesce, dunque, a trovare una spiegazione convincente della profonda crisi che si è abbattuta sul settore, che ha pertanto radici lontane, difficili da prevedere e ancor più difficili da risolvere. Gli unici strumenti che possono essere messi in campo sono quelli della efficienza produttiva (e qui l’Italia può giocare buone carte) e quelli dell’organizzazione delle filiere produttive, dove invece molto si può ancora fare. In Italia sono attive circa 300 OP (organizzazioni dei produttori) riunite a loro volta in tre diverse unioni che le rappresentano (Unaproa, Uiapoa, e Unacoa). Già qui si potrebbe cercare semplificazione e efficienza, tanto più che attraverso le OP passano gli aiuti comunitari previsti dalla Ocm (organizzazione comune di mercato). Questi aiuti (nella misura del 4,6% del valore della produzione commercializzata) possono essere indirizzati ai ritiri di mercato in presenza di situazioni di crisi, come pure a sostegni per la mancata raccolta quando questa sia tesa a riequilibrare il mercato. Meccanismi la cui efficacia non si è certo sentita in questa lunga stagione di crisi. Per il futuro è necessario attrezzarsi meglio, intervenendo anche sull’organizzazione delle OP. E' indispensabile ottimizzare il percorso dal campo alla tavola, spostando al contempo gli equilibri lungo la catena del valore, che oggi vede premiata la distribuzione a scapito della produzione. Se non si cambia, la prossima crisi sarà perfino peggiore di questa.
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23 Marzo 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE Uve in balia del mercato
Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Attualità 23 Marzo 2010 Il prodotto da tavola ha perso spazi nell’export e per il vino preoccupa la caduta dei consumi
AgriCrisi - Uve in balia del mercato
Il prodotto da tavola ha perso spazi nell'export e per il vino preoccupa la caduta dei consumi Angelo Gamberini
Uve da tavola e uve da vino sono accomunate nella crisi di mercato Fonte: Francesco Sgroi
I viticoltori sono preoccupati. Sono distanti i tempi della raccolta, ma già oggi ci si chiede se la prossima stagione sarà difficile come quella del 2009. Difficile per l'uva da tavola, dove le due regioni protagoniste di questo settore, Puglia e Sicilia, si sono trovate a fare i conti con prezzi crollati anche del 40% rispetto ad un anno prima. Colpa del progressivo calo delle esportazioni, che dai picchi raggiunti fra il 2000 e il 2001 con 700mila tonnellate sono scese ora a sole 500mila tonnellate, un terzo o poco più dell'intera produzione. Il calo di questi ultimi anni non si è limitato solo all'export, ma ha coinvolto anche i prezzi, che hanno progressivamente perso terreno sino a precipitare del tutto nella scorsa campagna. Colpa non solo del calo dei consumi e della distribuzione organizzata, ma anche dei nuovi flussi di import/export da Egitto e Turchia che attraverso i “corridoi verdi” hanno visto transitare per la Puglia uva da tavola che in qualche caso è divenuta “pugliese” prima di giungere alla sua destinazione finale sui mercati europei.
Le esportazioni italiane di uva tavola sono scese a 566 milioni di euro, un livello al di sotto del quale non si potrà andare nel 2010 se non si vuole compromettere la tenuta del settore. I viticoltori, per parte loro, dovranno anche intervenire sul fronte organizzativo, che vede il sistema dell'offerta debole e frammentato, in balia di una controparte commerciale che al contrario è stata capace di organizzarsi e di acquisire sempre maggiore potere contrattuale. C'è molto lavoro da fare anche sugli aspetti produttivi, continuando ad innovare, puntando sulla diversificazione varietale e orientandosi verso le nuove varietà senza semi che stanno incontrando il favore dei mercati stranieri.
Produzione Uve (anno 2009 – sintesi da Istat) Superficie (000 Ha) Uva da tavola Uva da vino Vino
Produzione (milioni
di
tonn/hl)
70
13,3
731
67
731
47,2
Uve da vino Anche i produttori di uva da vino guardano alla prossima stagione con preoccupazione. La produzione 2009 è stimata attorno ai 47 milioni di ettolitri, in linea o poco al di sotto di quella dell'anno precedente. Dunque con problemi di sovrapproduzione che la riduzione dei consumi di vino e le minori esportazioni potrebbero quest'anno persino accentuare. Un problema che riguarda non solo l'Italia, ma anche altri Paesi della Ue, tanto che Bruxelles ha proposto a partire proprio dal 2010 il finanziamento della “vendemmia verde”. A differenza della estirpazione dei vigneti, che rappresenta come intuibile una via senza ritorno, la vendemmia verde azzera la produzione con una raccolta che si effettua prima dell'invaiatura. Non tutti sembrano essere d'accordo su questa soluzione, i cui costi potrebbero azzerare i sostegni comunitari, rendendo di fatto inattuabile il progetto. Resta in ogni caso la necessità di favorire una ripresa del mercato intervenendo sulla produzione. Un risultato che si potrebbe ottenere anche favorendo i flussi di export e l'incremento dei consumi. Ma di progetti in questa direzione, al momento, non se ne vedono. Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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23 Marzo 2010 Angelo Gamberini
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AGRONOTIZIE ‘La crisi morde sui prezzi, no a facili ottimismi’ Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Attualità 23 Marzo 2010 AgriCrisi - Intervista a Paolo Bruni, presidente di Cogeca e Cso. ‘Solo alcuni frutti invernali hanno 'La crisi morde sui prezzi, mostrato una discreta tenuta’no a facili ottimismi'
AgriCrisi - Intervista a Paolo Bruni, presidente di Cogeca e Cso. 'Solo alcuni frutti invernali hanno mostrato una discreta tenuta'
Paola Francia
“L’Italia è il primo produttore mondiale di frutta e verdura con oltre 24 milioni di tonnellate di produzione e una media di 6 milioni di tonnellate di frutta 3 milioni e 300 mila tonnellate di agrumi e circa 15 milioni di tonnellate di ortaggi. Ma la sua forza non è solo nei grandi volumi disponibili ma nella grande varietà di offerta in grado di assecondare le esigenze di varie tipologie di consumatori". A dirlo è Paolo Bruni, presidente di Cogeca, l'rganizzazione che raggruppa 40 mila cooperative agroalimentari dei 27 Paesi dell'Unione europea, e di Cso - Centro servizi ortofrutticol
Paolo Bruni, presidente di Cogeca e Cso
"Il futuro – continua Bruni - sarà sempre più giocato sulla capacità delle aziende di creare una differenziazione dell’offerta in grado di soddisfare sia l’ esigenza di forte competitività sui prezzi sia quella di una qualità con standard elevati". I dati sull’export italiano 2009 elaborati da Cso evidenziano naturalmente segnali di crisi sia sui volumi che, soprattutto, sul valore dell’offerta che ha subito un calo del 15% rispetto al 2008. “E’ evidente - sottolinea Bruni - che la competitività di un paese non può giocarsi solo sui prezzi al ribasso ma su valori differenziali di qualità e sulla nostra capacità di aggregazione".
“Se analizziamo l’andamento commerciale dei prodotti in questa annata per molti versi difficilissima per l’economia europea - aggiunge - vediamo una discreta tenuta solamente per alcuni frutti invernali come le pere abate e il kiwi di cui l’Italia è leader produttivo in Europa". Per il kiwi l’annata si presentava con quantità non eccessivamente elevate di offerta e gli scambi sono stati e sono tutt’ora vivaci soprattutto sui mercati d’Oltre Mare, dal Canada, agli Stati Uniti, all’Asia. Meno performanti, invece, i consistenti scambi con la Germania in cui la pressione dei discount crea condizioni di prezzo assolutamente poco interessanti. Discrete le quotazioni anche delle pere varietà Abate che, come sempre, rappresentano l’elite della produzione nazionale. "Le difficoltà non mancano – conclude il presidente - e non è certo il caso di mostrare facili ottimismi: il vero collo di bottiglia del sistema globale è la concentrazione della Grande distribuzione a fronte di una frammentazione dell’offerta e questa situazione non può che creare debolezza”. Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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23 Marzo 2010 Paola Francia
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Meccanizzazione, questione di numeri
un po’ diversa: i numeri han retto, è vero, ma solo perché il dieci per cento del volume è rappresentato da vendite dei vecchi Stage 2. Vendite che quindi hanno un vago sapore di saldi di fine stagione. Senza i saldi di fine giugno, infatti, il mercato sarebbe stato ancora una volta sotto. Magari non del dieci per cento, perché qualcuno avrebbe in ogni caso comprato qualche Stage 3, ma il bilancio di fine anno sarebbe
AGRONOTIZIE
Macchine, avanti pari stato comunque tendente al rosso.
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Agrimeccanica Marzo 2010 Nel30mare dei numeri galleggia un mercato sostanzialmente in pareggio, ma la verità non si conta Agricrisi - Macchine, avanti pari mai col semplice pallottoliere Nel mare dei numeri galleggia un mercato sostanzialmente in pareggio, ma la verità non si conta mai col semplice pallottoliere
Donatello Sandroni
Per quanto ben fatta e sviluppata, una fotografia resta pur sempre una fotografia, con tutti i suoi pregi e limiti. Guardare i numeri del 2009 è, appunto, come sfogliare un album fotografico di famiglia: i più sorridono, qualcuno magari un po’ tirato. Altri si nascondono in seconda o terza fila, ma sembrano comunque a proprio agio. Altri ancora guardano invece in basso, quasi infastiditi dal flash.
Meccanizzazione, questione di numeri
Se però grattiamo sulla superficie della fotografia, scopriamo che sotto c’è una verità un po’ diversa: i numeri han retto, è vero, ma solo perché il dieci per cento del volume è rappresentato da vendite dei vecchi Stage 2. Vendite che quindi hanno un vago sapore di saldi di fine stagione. Senza i saldi di fine giugno, infatti, il mercato sarebbe stato ancora una volta sotto. Magari non del dieci per cento, perché qualcuno avrebbe in ogni caso comprato qualche Stage 3, ma il bilancio di fine anno sarebbe
stato comunque tendente al rosso. Meccanizzazione tra i marosi? Ce lo dimostra il primo mese dell'anno, dove il contatore si ferma a un secco -19%. Gli aiuti chiesti al Governo hanno ricavato solo venti, non del tutto miseri, milioni di Euro. Un po' come aprire la finestra della camera dove giace un malato: più che di una boccata d'aria fresca non si può parlare. Appaiono quindi sopra le righe le manifestazioni di entusiasmo registrate all'arrivo del recente "decreto rottamazione": bruciato il refolo d'ossigeno governativo, i conti torneranno quindi a virare in basso se non subentreranno nel frattempo dei cambi strutturali i quali, senza usare sterili giri di parole, restituiscano reddito agli agricoltori. I mesi a disposizione per virare sono solo diciotto, tanti quanti ci separano dall'avvento dello Stage 3B, che prevede oneri d'omologazione molto più gravosi per i costruttori, con un prevedibile rialzo anche dei prezzi alla vendita. Prezzi che incentiveranno ancor di più gli agricoltori a tirare all'inveromile il collo ai loro vecchi trattori, piuttosto di sostituirli con altri più moderni ma cari. Tanto cari da richiedere un credito sempre più sostanzioso in fase di acquisto, ovviamente rateale e finanziato. Le banche, però, non sembrano nel frattempo aver cambiato faccia, selezionando ogni giorno più ferocemente il numero dei fortunati a cui dire il fatidico sì. Sempre che accollarsi un debito pluriennale possa definirsi una fortuna. Ma è proprio necessario aver fretta sullo Stage 3B? A giudicare dalla percentuale di abbattimento degli inquinanti ottenuta passando dallo Stage Zero allo Stage 3, che è pari all'ottanta per cento, sembrerebbe di no. Pensando alla cappa di smog che dal satellite si osserva su buona parte della Cina, appare quindi grottesca l'inflessibilità da farmacista con cui in Europa si cerca di limare qualche milligrammo in più di emissioni, illudendosi in tal modo di salvarsi dallo tsunami che preme da Oriente sgottando l'acqua dalla barca con una tazzina da caffè. Meccanizzazione tra i marosi? Ce lo dimostra il primo mese dell'anno, dove il contatore si ferma a un secco -19%. Gli aiuti chiesti al Governo hanno ricavato solo 30 Marzo 2010 venti, non del tutto miseri, milioni di Euro. Un po' come aprire la finestra della camera dove giace un malato: più che di una boccata Donatello Sandroni d'aria fresca non si può parlare. Appaiono quindi sopra le righe le manifestazioni di entusiasmo registrate all'arrivo del recente "decreto rottamazione": bruciato il refolo d'ossigeno governativo, i conti torneranno quindi a virare in basso se non subentreranno nel frattempo dei cambi strutturali i quali, senza usare sterili giri di parole, restituiscano reddito agli agricoltori. I mesi a disposizione per virare sono solo diciotto, tanti quanti ci separano dall'avvento dello Stage 3B, che prevede oneri d'omologazione molto più gravosi per i costruttori, con un prevedibile rialzo anche dei prezzi alla vendita. Prezzi che incentiveranno ancor di più gli agricoltori a tirare all'inveromile il collo ai loro vecchi trattori, piuttosto di sostituirli con altri più moderni ma cari. Tanto cari da richiedere un credito sempre più sostanzioso in fase di acquisto, ovviamente rateale e finanziato. Le banche, però, non sembrano nel frattempo aver cambiato faccia, selezionando ogni giorno più ferocemente il numero dei fortunati a cui dire il fatidico sì. Sempre che accollarsi un debito pluriennale possa definirsi una fortuna. Ma è proprio necessario aver fretta sullo Stage 3B? A giudicare dalla percentuale di abbattimento degli inquinanti ottenuta passando dallo Stage Zero allo Stage 3, che è pari all'ottanta per cento, sembrerebbe di no. Pensando alla cappa di smog che dal satellite si osserva su buona parte della Cina, appare quindi grottesca l'inflessibilità da farmacista con cui in Europa si cerca di limare qualche milligrammo in più di emissioni, illudendosi in tal modo di salvarsi dallo tsunami che preme da Oriente sgottando l'acqua dalla barca con una tazzina da caffè.
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AGRONOTIZIE Le novità perincentivi l'agricoltura AGRONOTIZIE ‘Meccanizzazione, servono molto più consistenti’
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Agrimeccanica 30 Marzo 2010 Agrimeccanica
'Meccanizzazione, servono incentivi molto più consistenti' 30 Marzo 2010 AgriCrisi - Lo dice Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo da AgriCrisi - Lo dice Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo da 20 milioni. 'Ora lavoriamo al Piano per il Sud' 'Meccanizzazione, servonoal incentivi molto più consistenti' 20 milioni. ‘Ora lavoriamo Piano per ilLe Sud’ Paola Francia novità per l'agricoltura
AGRONOTIZIE
AgriCrisi - Lo dice Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo by Image Line s.r.l. da 20 milioni. 'Ora lavoriamo al Piano per il Sud' “Il decreto varato dal Governo assegna 20 milioni di euro complessivi al settore macchine agricole e per movimento terra. Se si guarda Paola Francia pesante crisi che ha colpito il comparto delle macchine agricole e più ancora quello delle macchine per movimento terra, si comprende Agrimeccanicaalla “Il decreto varato dal Governo assegna 20 milioni di euro complessivi al settore macchine agricole e per movimento terra. Se si guarda subito come vi sarebbe necessità di incentivi molto più consistenti". 30 Marzo 2010 alla pesante crisi che ha colpito il comparto delle macchine agricole e più ancora quello delle macchine per movimento terra, si comprende subito come vi sarebbe di Goldoni, incentivi molto più consistenti". 'Meccanizzazione, servono incentivi molto più consistenti' A dirlo ad Agronotizie ènecessità Massimo presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo che definisce le modalità per la AgriCrisi - Lo dice Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firmadello del decreto attuativo da 20Claudio milioni.Scajola, 'Ora lavoriamo al Piano il Sud' dell'Economia Giulio concessione degli incentivi da parte del ministro Sviluppo economico di concerto conper il ministro le modalità per la A dirlo ad Agronotizie è Massimo Goldoni, presidente di Unacoma, dopo la firma del decreto attuativo che definisce Paola Francia
Tremonti e dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. concessione degli varato incentivi parteassegna del ministro dello Sviluppo economico Claudio Scajola, di concerto con il terra. ministro Giulio “Il decreto dal da Governo 20 milioni di euro complessivi al settore macchine agricole e per movimento Se sidell'Economia guarda "Tuttavia - aggiunge Goldoni - troviamo positivo che la meccanizzazione sia nuovamente tornata all’attenzione del mondo politico, dopo alla pesante crisi che Stefania ha colpito Prestigiacomo. il comparto delle macchine agricole e più ancora quello delle macchine per movimento terra, si comprende Tremonti e dell'Ambiente, sette anni di mancati incentivi, e chediviincentivi siano le condizioni per nuove iniziative di sostegno”. subito come vi sarebbe necessità moltoche più consistenti". "Tuttavia - aggiunge Goldoni - troviamo positivo la meccanizzazione sia nuovamente tornata all’attenzione del mondo politico, dopo sette anni di mancati incentivi, el’agricoltura, che vi siano lepresidente condizioni nuove iniziative sostegno”. L’industria delle la cura del verde edopo il movimento terra attuativo conta inche Italia oltre le3.000 imprese, A dirlo ad macchine Agronotizie èper Massimo Goldoni, di per Unacoma, la firmadidel decreto definisce modalità per la molte delle degli incentivi da parte ministro dello300 Sviluppo economico Claudio Scajola, fino di concerto con olter il ministro dell'Economia Giuliodi settore. quali di concessione piccole dimensioni. Unacoma nedel associa circa tra piccole, medie e grandi, a coprire il 90% del fatturato L’industria delle emacchine per l’agricoltura, la cura del verde e il movimento terra conta in Italia oltre 3.000 imprese, molte delle Tremonti dell'Ambiente, Stefania Prestigiacomo. quali di "Tuttavia piccole che dimensioni. Unacoma ne associa circa tra non piccole, medie e grandi, fino a coprire olter del ila 90% delpolitico, fatturato settore. in “E’ importante gli incentivi alla rottamazione siano già come un puro e tornata semplice sostegno un comparto della meccanica - aggiunge Goldoni - troviamo positivo che300 la visti meccanizzazione sia nuovamente all’attenzione mondo dopodi
Massimo Goldoni, presidente di Unacoma Massimo Goldoni,
sette anni di incentivi, eper che ilvi miglioramento siano le condizioniglobale per nuove iniziative crisi, ma come unmancati investimento delle filieredi -sostegno”. aggiunge il numero uno di Unacoma -. In agricoltura, “E’ importante che gli incentivi alla rottamazione siano visti non già come un puro e semplice sostegno a un comparto della meccanica particolare, la presenza di macchine agricole ladicura nuova generazione è fondamentale perItalia la competitività dell’intero sistema, ed è L’industria delle macchine per l’agricoltura, del verde e il movimento terra conta imprese, molte delle crisi, ma come un investimento per il miglioramento globale delle filiere - aggiunge il in numerooltre uno3.000 di Unacoma -. In agricoltura, strumento principale per il miglioramento sicurezza eco-compatibilità". quali di piccole dimensioni. Unacoma ne della associa circa 300 e tradella piccole, medie e grandi, fino a coprire olter il 90% del fatturato di settore. particolare, la presenza di macchine agricole di nuova generazione è fondamentale per la competitività dell’intero sistema, ed è importante Goldoni che incentivi alla rottamazione siano sul visti non già come un puro e semplice sostegno a un comparto della meccanica in strumento principale per gli il miglioramento della sicurezza e valore della eco-compatibilità". A questo“E’proposito, fa un distinguo sostanziale del settore in termini quali-quantitativi.
in in lo in lo
crisi,Paese ma come un investimento il miglioramento globale delle filiere - aggiunge il numero Unacoma -. valido In agricoltura, in qualitativi "Il nostro presenta un parco per macchine molto consistente in termini numerici ma uno nondi altrettanto in termini A questoparticolare, proposito,la Goldoni distinguo sostanziale sul generazione valore del settore in termini presenzafadiunmacchine agricole di nuova è fondamentale perquali-quantitativi. la competitività dell’intero sistema, ed è lo sottolinea -. Dei circa 1.650.000 trattori che si stima siano operanti sul territorio nazionale, solo una piccola parte risulta efficiente e strumento perun il miglioramento della sicurezza e della eco-compatibilità". "Il nostro Paese principale presenta parco macchine molto consistente in termini numerici ma non altrettanto valido in termini qualitativi Massimo Goldoni, tecnologicamente adeguata. L’età media delle trattrici è intorno ai 20 anni, e molto diffusi sono ancora mezzi con 30 ed anche 40 anni di vita”. sottolinea -. Deiproposito, circa 1.650.000 trattori chesostanziale si stimasul siano operanti sulin territorio nazionale, solo una piccola parte risulta efficiente e presidente di Unacoma A questo Goldoni fa un distinguo valore del settore termini quali-quantitativi. tecnologicamente adeguata. L’età trattrici è intorno 20parco anni, e molto diffusiconsistente sono ancora mezzi con di 3012,5 ed 40 anni di vita”. La produzione complessiva nelmedia 2008 delle (i finali 2009 non ai sono ancora disponibili) ha raggiunto un valore miliardi di euro, di cui 8,2qualitativi per il comparto delle "Il dati nostro Paese presenta un macchine molto in termini numerici maanche non altrettanto valido in termini -
presidente di Unacoma
-. Dei 1.650.000 terra. trattori che si stima siano operanti sul territorio nazionale, solo una piccola parte risulta efficiente e trattrici e macchine agricole e 4,3 per sottolinea il comparto delcirca movimento La produzione complessiva nel 2008 datidelle finali 2009è non sono ancora ha un valore dianche 12,540 miliardi di euro, di cui 8,2 per il comparto delle adeguata. L’età (i media trattrici intorno ai 20 anni, edisponibili) moltodel diffusi sonoraggiunto ancora 30 ed anni delle di vita”. In termini ditecnologicamente unità, le sole trattrici assommano a oltre 93 mila, mentre il totale macchinario inmezzi peso con (compreso l’insieme macchine operatrici, delle attrezzature e trattrici e macchine agricole e 4,3 per il comparto del movimento terra. della componentistica di settore) è pari nel a 1,7 milioni tonnellate. La produzione complessiva 2008 (i datidifinali 2009 non sono ancora disponibili) ha raggiunto un valore di 12,5 miliardi di euro, di cui 8,2 per il comparto delle In termini di unità, le sole trattrici assommano a oltre 93 mila, mentre il totale del macchinario in peso (compreso l’insieme delle macchine operatrici, delle attrezzature e trattrici e macchine agricole e 4,3 per il comparto del movimento terra. della componentistica di settore) è pariha a 1,7 milioni nel diatonnellate. Il mercato delle macchine registrato 2009 una significativa. I datiinsulle mezzi meccanici indicano una flessione del 6,23% In termini di unità,agricole le sole trattrici assommano oltre 93 mila,contrazione mentre il totale del macchinario peso immatricolazioni (compreso l’insiemedi delle macchine operatrici, delle attrezzature e
per le trattrici, 19,8% per di le settore) mietitrebbiatrici, del 10,7% per le motoagricole e dell’8% per i rimorchi. delladel componentistica è pari a 1,7 milioni di tonnellate. Il mercato delle macchine agricole ha registrato nel 2009 una contrazione significativa. I dati sulle immatricolazioni di mezzi meccanici indicano una flessione del 6,23% Il mercato delle per macchine agricole ha registrato 2009per unalecontrazione significativa. I dati per sulle i immatricolazioni di mezzi meccanici indicano una flessione del 6,23% per le trattrici, del 19,8% le mietitrebbiatrici, del nel 10,7% motoagricole e dell’8% rimorchi. per le trattrici, del 19,8% per le mietitrebbiatrici, del 10,7% per le motoagricole e dell’8% per i rimorchi.
Macchine agricole, andamento andamento del mercato Macchine agricole, del mercato Fonte foto: jusben Fonte foto: jusben Macchine agricole, andamento del mercato I cali percentuali non rappresentano fedelmente l’andamento del mercato, che in realtà registra una flessione molto più consistente, fa sapere Unacoma. Molti mezzi Fonte jusben I cali percentuali non immatricolati rappresentano fedelmente l’andamento del mercato, infoto: realtà registraimmatricolate una flessione più consistente, fa macchine sapere Unacoma. Molti mezzi meccanici sono, infatti, ancora presso i rivenditori, così che il che numero delle macchine nonmolto corrisponde al numero delle effettivamente meccanici immatricolati infatti, ancora presso i rivenditori, così che il numero delle macchine immatricolate non corrisponde al numero delle macchine effettivamente assorbite dal sono, mercato. I cali percentuali non rappresentano fedelmente l’andamento del mercato, che in realtà registra una flessione molto più consistente, fa sapere Unacoma. Molti mezzi caso delle trattrici, ad esempio, mentre il dato sulle immatricolazioni indica nelle stime Unacoma una flessione del 6,2%, il calo effettivo delle vendite si stima intorno assorbite dal Nel mercato. meccanici immatricolati sono, infatti, ancora presso i rivenditori, così che il numero delle macchine immatricolate non corrisponde al numero delle macchine effettivamente 30%. Nel caso delleal trattrici, ad esempio, mentre il dato sulle immatricolazioni indica nelle stime Unacoma una flessione del 6,2%, il calo effettivo delle vendite si stima intorno assorbite dal mercato. al 30%. Questo peraltro un trend vede negli ultimi sei anni una flessione costante nelle vendite del di trattrici, 32.814 unitàvendite del 2004sialle Nel caso delle trattrici, adall’interno esempio,dimentre il nazionale dato sulle che immatricolazioni indica nelle stime Unacoma una flessione 6,2%,passate il calo dalle effettivo delle stima intorno 25.563 del 2009. al 30%.peraltro all’interno di un trend nazionale che vede negli ultimi sei anni una flessione costante nelle vendite di trattrici, passate dalle 32.814 unità del 2004 alle Questo I primi mesi del 2010 registrano un vero e proprio crollo delle immatricolazioni, causato dall’annuncio di un imminente decreto per gli incentivi, fatto che ha 25.563 del 2009. Questo peraltro all’interno di unglitrend nazionale vede enegli ultimi sei anni unagliflessione costante nelle vendite di passate dalle 32.814 unitàdidel 2004 alle ulteriormente frenato acquisti, inducendo che agricoltori contoterzisti a sospendere investimenti in attesa di condizioni piùtrattrici, favorevoli. I dati sulle immatricolazioni 2009. trattrici nei mesi di gennaio e febbraio un calo del 19,5%. I25.563 primidel mesi del indicano 2010 registrano un vero e proprio crollo delle immatricolazioni, causato dall’annuncio di un imminente decreto per gli incentivi, fatto che ha
ulteriormenteAl frenato gli acquisti,sulinducendo agricoltori e contoterzisti a sospendere gli investimenti in attesa diverso condizioni più favorevoli. I dati sulle immatricolazioni di andamento interno si aggiungono effetti,immatricolazioni, ancora più gravi, della causato crisi sui mercati esteri, di quali le industrie italiane circa il fatto che ha I primi mesi negativo del 2010 registranomercato un vero e proprio crolloglidelle dall’annuncio un i imminente decreto perindirizzano gli incentivi, trattrici indicano di gennaio e febbraio un calo del 19,5%. 70% nei dellamesi propria produzione. ulteriormente frenato gli acquisti, inducendo agricoltori e contoterzisti a sospendere gli investimenti in attesa di condizioni più favorevoli. I dati sulle immatricolazioni di I dati Istat sul commercio estero indicano a fine 2009 un calo del 31,9% per le trattrici e del 26,45% per le altre tipologie di macchine e attrezzature. trattrici indicano nei mesisul di mercato gennaio interno e febbraio un calo del 19,5%. Al negativo andamento si aggiungono gli effetti, ancora più gravi, della crisi sui mercati esteri, verso i quali le industrie italiane indirizzano circa il In termini di unità, nel 2009 le industrie italiane hanno esportato 52.938 trattrici contro le 79.251 esportate l’anno precedente.
70% della propria produzione. Al negativo andamento sul mercato interno si aggiungono gli effetti, ancora più gravi, dellail crisi mercati verso i più quali le industrie italiane indirizzano circa il “I nuovi incentivi per la rottamazione - conclude Goldoni - debbono essere considerati primosui passo di una esteri, politica sempre orientata alla meccanizzazione e I dati Istat sul commercio estero indicano a fine 2009 un calo del 31,9% per le trattrici e del 26,45% per le altre tipologie di macchine e attrezzature. all’innovazione tecnologica, nella quale l’Unacoma avrà un ruolo importante in termini di sensibilizzazione nelle sedi politiche e istituzionali e di messa a punto di strumenti 70% della propria produzione. In termini di di unità, nel 2009 le industrie italianelavorando hanno esportato 52.938 trattrici contro le 79.251 che esportate l’anno precedente. sostegno. Un fronte sul quale stiamo quello dei di sviluppoerurale, prevedono per l’acquisto di mezzi meccanici". I dati Istat sul commercio estero indicano a fine 2009 con un impegno calo del è31,9% perPiani le trattrici del 26,45% per le incentivi altre tipologie di macchine e attrezzature. In termini di "Stiamo unità, per nel 2009 le industrie esportato 52.938 trattrici contro le 79.251 esportate precedente. “I nuovi incentivi la rottamazione -italiane conclude Goldoni - debbono essere considerati il primo passol’anno di una sempre più orientata alla vengono meccanizzazione e contribuendo alla definizione del hanno 'Piano per il Sud' promosso dal ministero dello Sviluppo economico - chiosa ilpolitica presidente di Unacoma - nel quale potenziati gli interventi favore l’Unacoma della meccanizzazione In considerazione della presenza nel Mezzogiorno di un parco macchinee fortemente obsoleto, non piùa in linea di strumenti all’innovazione tecnologica, nella aquale avrà un agricola. ruolo importante in termini di sensibilizzazione nelle sedi politiche istituzionali e di messa punto “I nuovi incentivi per lanormative rottamazione - conclude Goldoni - debbono essere considerati ildi primo passo di una diretti politica sempre più del orientata alla meccanizzazione e con fronte le recenti in materia ambientale di sicurezza sul lavoro, del Piano èrurale, consentire investimenti perper l’adeguamento parco macchine, volti di sostegno. Un sul quale stiamo lavorando con eimpegno è quello dei l’obiettivo Piani di sviluppo che prevedono incentivi l’acquisto di mezzi meccanici". all’innovazione tecnologica, nellaenergetico quale l’Unacoma un ruolononché importante in termini di sensibilizzazione nelle sedi politiche e istituzionali e di messa a punto di strumenti a migliorare il bilancio e il bilancio avrà delle emissioni la sicurezza per gli operatori”. di sostegno. Un fronte alla sul quale stiamodel lavorando con impegno è quello dei di sviluppo che prevedono- incentivi l’acquistodi di Unacoma mezzi meccanici". "Stiamo contribuendo definizione 'Piano per il Sud' promosso dalPiani ministero dello rurale, Sviluppo economico chiosa il per presidente - nel quale vengono potenziati gliStampa interventi a favore della •meccanizzazione considerazione della presenza nel Mezzogiorno di un parco macchine fortemente obsoleto, non più in linea • Invia un amico OkNotizie • Segnaloagricola. Wikio • In Del.icio.us "Stiamo contribuendo allaaddefinizione del 'Piano per il• Sud' promosso dal ministero dello Sviluppo economico - chiosa il presidente di Unacoma - nel quale vengono con le recenti normative in materia ambientale e di sicurezza sul lavoro, l’obiettivo del Piano è di consentire investimenti diretti per l’adeguamento del parco macchine, volti potenziati gli interventi a favore della meccanizzazione agricola. In considerazione della presenza nel Mezzogiorno di un parco macchine fortemente obsoleto, non più in linea a migliorare il bilancio energetico e il bilancio©delle emissioni nonché la sicurezza per gli operatori”. copyright 2010 Image Line S.a.s. e fonti indicate - P.IVA IT 02075310397 - Disclaimer - Termini e condizioni - Privacy con le recenti normative in materia ambientale e di sicurezza sul lavoro, l’obiettivo del Piano è di consentire investimenti diretti per l’adeguamento del parco macchine, volti Iscrizione nel Registro della Stampa del Tribunale di Ravenna al n° 1242 del 25/11/2004 marchi registrati Line s.r.l. 1990- 2008 a migliorare il bilancio energetico e il bilancio delle emissioni nonché la®sicurezza perImage gli operatori”.
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AGRONOTIZIE ‘Contoterzisti, poca voglia di investire e tanta Le novità per l'agricoltura incertezza’ by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica 30 Marzo 2010 AgriCrisi Parla Massimo Alberghini Maltoni, vice presidente di Unima. ‘Il vero pericolo? L’abbandono 'Contoterzisti, poca voglia di investire e tanta incertezza' delle colture’ AgriCrisi - Parla Massimo Alberghini Maltoni, vice presidente di Unima. 'Il vero pericolo? L'abbandono delle colture'
Paola Francia
"Immobili nelle sabbie mobili". Massimo Alberghini Maltoni, vice presidente di Unima, l'Unione nazionale delle imprese di meccanicazzione agricola, fotografa così la situazione del contoterzismo in Italia. "La crisi c'è - sottolinea Alberghini -. Forse a qualcuno può sembrare che si avverta meno, rispetto ad altri settori, perché le lavorazioni continuano. Ma non è così. La crisi si è fatta sentire pesantemente in termini di remuneratività, fattore legato a doppio filo al costo dei prodotti cerealicoli, dunque mais, grano, sorgo e soia, a prezzi di gran lunga inferiori rispetto alla copertura dei costi". A preoccupare Alberghini non sono solo i numeri e i volumi delle commesse, quanto la progressiva disincentivazione dell'agricoltore a seminare. In particolare, di quegli agricoltori che non svolgono l'attività in modo prevalente. Massimo Alberghini Maltoni, vice presidente di Unima
"E' questo il vero pericolo per il futuro: l'abbandono delle colture - continua il vice presidente di Unima -. Una prospettiva reale che avrebbe, e che ha già, conseguenze molto negative per il territorio".
"Gli esempi sono sotto gli occhi tutti - prosegue -. Mi spiego: abbiamo avuto un inverno piovoso e i fondi abbandonati, soprattutto quelli di collina e di montagna, hanno cominciato a franare. Il che dimostra chiaramente - prosegue - che i rischi legati alll'abbandono delle colture provocano danni non solo all'economia, ma anche all'ambiente. Da anni Unima chiede alle pubbliche amministrazioni di intervenire per il mantenimento del sistema idro-geologico, soprattutto in quelle zone il cui il contadino è sparito. Legare il presidio del territorio solo a questioni speculative e di remuneratività è un grande errore". Tra le problematiche che riguardano la categoria, c'è poi la scarsa propensione della categoria agli investimenti. "I nostri contoterzisti - spiega - guardano con preoccupazione all'andamento del mercato, sia sotto un punto di vista monetario, vedi la paura di non incassare, sia per l'incertezza della programmazione". Eppure, è di pochi giorni fa il decreto attuativo sugli incentivi firmato dal ministro Scajola che stanzia 20 milioni di euro per le macchine agricole. "Si fa un gran parlare di questo provvedimento - dice Aberghini - ma nessuno ha ancora visto i numeri. Certo, sono misure encomiabili, ma non è di questo che abbiamo bisogno". L'Unione chiede certezze politiche, strategie programmatiche e interventi di sostanza "che vadano nella direzione di una moralizzazione del settore". "Prendiamo i cereali - dice Alberghini -: è ridicolo, anzi, è dannoso che in Italia dobbiamo produrre con regolamenti e restrizioni, e dunque costi, come in nessun'altra parte d'Europa, penso ai Paesi dell'Est, quando poi vediamo in Italia arrivano prodotti di cui non conosciamo la provenienza e che falsano i mercati. Le regole, se sono tali, devono valere per tutti". Di qui la proposta di una certificazione della filiera e delle lavorazioni, che garantisca produttori e consumatori. "In sede europea - chiosa Alberghini - stiamo avanzando la richiesta di una regolarizzazione del mercato: chi lavora in questo settore deve saperlo fare. Può sembrare una banalità, ma non lo è: una certificazione di filiera ci permetterebbe di ottenere un prodotto garantito, più remunerativo per l'agricoltore e più sicuro per tutta la filiera. Consumatore compreso". Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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30 Marzo 2010 Paola Francia
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AGRONOTIZIE
‘Crisi dell’agricoltura, pesanti ripercussioni Le novità per l'agricoltura sulle imprese agromeccaniche’ Agrimeccanica by Image Line s.r.l.
30 Marzo 2010
AgriCrisi - Ritardi nei pagamenti nanismo delsulle settore primario: il presidente di Confai, Leonardo Bolis, 'Crisi dell'agricoltura, pesanti e ripercussioni imprese agromeccaniche' - Ritardi pagamenti del e nanismo del settore primario: il presidente di Confai, Leonardo Bolis, fa il punto sulle difficoltà del settore e fa ilAgriCrisi punto sullenei difficoltà settore e individua soluzioni per il futuro individua soluzioni per il futuro
Paola Francia
Crisi, che fare? L’osservatorio privilegiato degli iscritti a Confai permette di lanciare alcune idee per risollevare il settore primario, in difficoltà principalmente sul fronte dei prezzi ma che sta attraversando anche una forte crisi di competitività, fattori questi che portano inevitabilmente all’uscita progressiva di imprenditori dal mondo agricolo.
Leonardo Bolis, presidente di Confai
"Senza volerci addentrare nello specifico in segmenti diversi fra loro per reattività, remuneratività e mercati – analizza Leonardo Bolis, presidente di Confai – l’agricoltura italiana pare purtroppo possedere una scarsa propensione ad uscire dal nanismo. Vuoi per questioni strutturali e dimensionali, vuoi per problemi di ricambio generazionale, vuoi anche per i nodi di maglie burocratiche che impediscono talvolta di pianificare a medio-lungo termine gli investimenti". Gli effetti della crisi si sono fatti sentire di riflesso anche sulle imprese agromeccaniche. E con ripercussioni anche pesanti. Il lavoro non manca. Forse in parte è calato, soprattutto in quelle zone d’Italia in cui è venuta a mancare la zootecnia, o dove gli imprenditori agricoli – a dire il vero non molti, per fortuna - hanno scelto di non fare gli imprenditori e percepire i contributi Pac senza seminare.
"La questione forse più preoccupante – osserva Bolis – è un’altra. E riguarda cioè gli effetti finanziari della crisi. Dove le aziende agricole hanno meno liquidità e un accesso al credito meno agevole rispetto al passato, allora sono gli indotti a monte che ne fanno le spese: i mangimifici, le aziende fornitrici di beni ma anche quelle fornitrici di servizi, come sono i contoterzisti". Il terziario agricolo non è infatti soltanto il braccio meccanico dell’agricoltura, ma ne è il motore. "Purtroppo, per effetto della crisi si sono dilatati i tempi di pagamento – prosegue Bolis – con l’effetto che le imprese agromeccaniche si sono trasformate in una sorta di banca per l’agricoltura. Dobbiamo di fatto anticipare le spese di produzione, comprese quelle per il gasolio agricolo, che è forse la voce più rilevante in alcuni periodi di lavoro, come per l’aratura e la raccolta". Soluzioni per uscirne? Confai si limita ad avanzare alcune osservazioni, lontane dal voler essere provvedimenti risolutivi di un sistema piuttosto complesso, come è quello dell’agricoltura. "Certamente il nostro settore ha la necessità di poter dialogare sullo stesso piano con tutti gli attori del mondo agricolo – dichiara Bolis -. Ci consideriamo un anello fondamentale per l’innovazione e per la competitività delle imprese agricole. Ecco,vogliamo poter essere riconosciuti per il ruolo che abbiamo all’interno del comparto primario. Non siamo artigiani, non siamo industriali. Lavoriamo nell’agricoltura e per l’agricoltura. E' arrivato il momento di dare concreta attuazione a quanto stabilito nella legge di Orientamento agricolo". I benefici sarebbero di doppia natura. "Fiscale, previdenziale, finanziaria per le nostre imprese, che potrebbero trarre vantaggi certi, senza per questo ledere gli interessi di alcuno – specifica il numero uno di Confai -. Ma anche per le casse dello Stato e delle Regioni, che con il nostro inquadramento definitivo nell’agricoltura potrebbero recuperare entrate con l’emersione di lavoro irregolare». I fondi tuttora inutilizzati dei Programmi di sviluppo rurale stanno a dimostrare, inoltre, che non vi sarebbero problemi di coesistenza nell’accesso ai finanziamenti. «Potremmo accedere alle misure per l’innovazione tecnologica e l’ammodernamento della meccanizzazione agricola, senza per questo togliere risorse ad altri soggetti interessati". Quello che serve, secondo Confai, è forse maggiore attenzione all’agricoltura. "Questo non necessariamente significa assegnare ulteriori fondi – conclude il numero uno di Confai – ma fare in modo che un intero sistema possa riprendere il cammino di crescita su mercati interni ed internazionali, seguendo non soltanto la vocazione della qualità". Un nemico da combattere è la burocrazia. Migliorabile, inoltre, il Decreto sviluppo per la modernizzazione delle macchine agricole, recentemente varato dal Governo. "La direzione della sicurezza sul lavoro e della lotta all’inquinamento è senza dubbio apprezzabile - conclude -, ma la dotazione quanto mai leggera e l’obbligo di rottamare soltanto macchine immatricolate prima del 31 dicembre 1999, di fatto escludono i contoterzisti". Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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30 Marzo 2010 Paola Francia
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AGRONOTIZIE
Argo Tractors: testimonial di positività Le novità per l'agricoltura by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica
L’horribilis 2009 30 Marzo 2010 è stato per Fabbrico l’anno del mantenimento delle quote di mercato. Col barometro Agricrisi - Argo Tractors: testimonial di positività tendente al bello L'horribilis 2009 è stato per Fabbrico l'anno del mantenimento delle quote di mercato. Col barometro tendente al bello Donatello Sandroni
Non tutti hanno vissuto la crisi nello stesso modo, sia in termini assoluti di vendite, sia in termini temporali. Col senno di poi, gli andamenti dei mercati hanno offerto comunque opportunità alle aziende che erano nelle condizioni di coglierle. Argo Tractors è fra queste. Ruggero Cavatorta, direttore marketing di ArgoTractors, analizza per Agronotizie l'orizzonte economico visto dalla prospettiva in rosso-blu. L'analisi del 2009 e prospettive 2010 La crisi economica e finanziaria del 2009 ha inciso sensibilmente sulla domanda di trattori. "Si stima infatti un calo dei volumi mondiali intorno al 25%", ipotizza Cavatorta. In questo contesto Landini e McCormick hanno mediamente mantenuto le rispettive quote di mercato. La performance di Argo Tractors ha infatti registrato un andamento simile a quello della domanda di trattori a livello globale. "Per quanto riguarda il mercato nazionale - prosegue - vi è invece particolare soddisfazione, con quote in progressiva crescita nel secondo semestre 2009". A confortare l'ottimismo della casa di Ruggero Cavatorta, direttore marketing Argo Tractors Fabbrico è anche giunto un trend positivo che è continuato anche nei primi due mesi del 2010, con quote di mercato che ci posizionano saldamente al secondo posto nel ranking dei marchi commerciali con Landini e con un significativo recupero di quote come gruppo Argo nei confronti dei diretti concorrenti. Per l'anno in corso Cavatorta prevede che i mercati più importanti del mondo occidentale soffriranno ancora. Quindi, ancora grigio e vento all'orizzonte per Italia, mercati centro europei e nord americani. "Ci attendiamo invece una ripresa - auspica Cavatorta - di quelle aree che hanno già pagato forti flessioni della domanda nel 2009, in particolare l’Est Europa, Nord Europa e America Latina. Siamo più ottimisti per Africa, Far East e Oceania". Circa i mercati in generale, per Cavatorta il primo semestre si prospetta molto difficile, mentre nella seconda parte dell’anno dovremmo assistere a un graduale recupero delle immatricolazioni grazie all’atteso incremento dei prezzi delle commodities e a un miglioramento delle condizioni di accesso al credito. Inoltre, per quanto riguarda i singoli prodotti, a Fabbrico vi è fede in una tenuta della fascia di media potenza (3 e 4 cilindri, 70-130 HP), favorita da probabili sovvenzioni al settore zootecnico. L’alta potenza (6 cilindri, oltre i 130 HP) potrebbe invece soffrire maggiormente, dato che non si ripeteranno gli effetti benefici dovuti ai prezzi delle commodities cerealicole verificatisi nel 2008, effetti che per buona parte nel 2009 hanno sostenuto la domanda di questo segmento. Gli incentivi rottamazione e la domanda di trattrici agricole La debolezza nella domanda di trattrici che ha caratterizzato il 2009, e che si prevede prosegua anche nel 2010, secondo Cavatorta è generata principalmente da due fattori: il reddito agricolo in flessione e la difficoltà di accesso al credito. Gli incentivi alla rottamazione, fortemente voluti dall'associazione di categoria Unacoma, andrebbero sicuramente a generare una maggiore domanda di trattrici da parte degli operatori agricoli e pertanto Argo Tractors si organizzerà per sfruttare al meglio questa opportunità. Il mercato dell'auto, del resto, insegna: quando lo sforzo contributivo privato si somma a quello pubblico i risultati sono molto più tangibili. Gettando un occhio ai Paesi a noi vicini, tra i mercati significativi solo in Spagna sono in vigore dal 2007 incentivi volti al rinnovo del parco macchine agricole obsolete. Si tratta di incentivi a partire da 80 euro/HP, quindi per un trattore da 100 HP si parla di un supporto minimo di 8.000 euro. La composizione degli incentivi in Italia è differente da quella spagnola, essendo qui stabiliti in percentuale a non in valore assoluto per cavallo. Si spera però che possano avere il medesimo effetto positivo sulla domanda nazionale di trattori. "In generale - confida Cavatorta - sono a favore di tutte le iniziative volte a favorire il rinnovo del parco macchine, infatti, In Italia il numero di trattrici obsolete è veramente importante, si stimano circa 1,2 milioni di unità, in confronto al numero di trattrici nuove immesse annualmente sul mercato (mediamente 25.000 unità). Queste statistiche evidenziano come il rinnovo del parco macchine agricole sia la vera sfida per abbattere significativamente le emissioni dei gas di scarico e migliorare la sicurezza degli operatori". Il processo di ringiovanimento del parco macchine richiede però denaro e gli incentivi ne assicurano solo una minima parte. Alle aziende agricole serve quindi che altra liquidità, in prestito, venga loro concessa da chi ha fatto dell'investimento sul lavoro altrui il proprio business. "Altre iniziative efficaci per rispondere a queste condizioni di mercato sono quelle volte a favorire l’accesso al credito", ricorda infatti Cavatorta. "Troppo spesso - prosegue - non è possibile concludere la vendita del trattore a causa della bocciatura delle pratiche di finanziamento. Per uscire da questa situazione abbiamo bisogno del sostegno della politica ma soprattutto di banche professionali che dimostrino di saper finanziare e investire in un business 'sano' come quello agricolo".
Novità Landini e McCormick per il 2010 Per quanto riguarda Landini, il 2010 sarà anno di profondo rinnovamento, impattando tutti i segmenti della gamma. Per il campo aperto 'alta potenza' troviamo la nuova Serie 7 fino a 230 CV e nella fascia di 'media potenza' la nuova Serie 5H, oltre a motorizzazioni addizionali sul Powermondial e Powerfarm. Completamente rinnovata anche l’offerta degli specializzati con novità tecnologiche ed estetiche implementate nella gamma Rex. Anche i cingolati e l’utility verranno aggiornati dal punto di vista estetico. Il marchio McCormick completa anch'esso il rinnovamento della gamma iniziato qualche anno fa. Oltre ai nuovi motori sulla serie MTX di alta potenza, gli investimenti sono stati concentrati sul campo aperto 'media potenza', dove è stato introdotto il nuovo T-MAX. Rinnovata pure la Serie MC ed equipaggiati i C-MAX con motori più moderni e performanti. Anche il segmento degli specializzati è stato profondamente rinnovato con il restyling della Serie F. Gli investimenti sulla gamma McCormick prevedono inoltre un nuovo look per la Serie T dei trattori cingolati e per la Serie CL. Fonte: Argo Tractors spa Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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30 Marzo 2010 Donatello Sandroni
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AGRONOTIZIE Le novità per l'agricoltura Le prospettive secondo Goldoni by Image Line s.r.l.
Agrimeccanica 31 Marzo 2010 Nella casa di Migliarina di Carpi si analizzano i trend del mercato, anche in ottica ‘rottamazione’
Agricrisi - Le prospettive secondo Goldoni
Nella casa di Migliarina di Carpi si analizzano i trend del mercato, anche in ottica 'rottamazione' Donatello Sandroni
L'altalena commerciale degli ultimi anni, con periodi di euforia alternati a battute d'arresto, ha creato difficoltà a molte realtà aziendali, soprattutto in termini di programmazione delle produzioni. Ora, con l'arrivo degli incentivi statali, ci s'interroga sugli effetti che questi avranno non solo sui volumi complessivi di fatturato, ma anche sulle conseguenze che questi avranno sui processi produttivi delle aziende. Goldoni è uno dei marchi storici italiani e rappresenta quindi un termometro significativo per valutare 'la febbre' che in questo momento sta alzando la 'temperatura' del mercato. Dando un occhio al recente passato, il 2008 è stato per la Le prospettive secondo Goldoni Goldoni l’anno più produttivo dell’ultimo decennio: la ricerca di nuovi mercati, sommata alla chiusura d'importanti contratti di fornitura per marchi prestigiosi, hanno permesso all'azienda di 'lanciare' un ritmo di produzione di tutto rispetto. Se si aggiunge pure qualche commessa giunta da alcuni mercati in via di sviluppo, ben si spiega come il fatturato abbia toccato i 90 milioni di Euro. Il 2009 possiamo definirlo invece l’anno 'orribile': la crisi globale, che si è sovrapposta all'atavica crisi strutturale dell’agricoltura, ha scaraventato i mercati esteri letteralmente in picchiata. "La nostra azienda ha 'tenuto' sui terreni nazionali, mantenendo la quota di immatricolato e fatturato, ma l’economia aziendale è stata condizionata da una quota sull’estero in calo a due cifre" - commenta Fabio Ferretti, marketing manager di Goldoni (in foto). "Prevedere il 2010 - prosegue Ferretti - è difficile. Di certo i primi due mesi, che vedono un calo del venti per cento delle quote di immatricolato, non incoraggiano. Sappiamo però che questa 'frenata' è in parte dovuta alle anticipazioni sul contributo rottamazione". In effetti, a corroborare l'analisi di Ferretti, vi è lo storico delle rottamazioni precedenti, le quali hanno portato nel mercato dell'auto dei flussi perturbati di vendite: queste tendono infatti a rallentare prima degli incentivi, proprio nella loro attesa, come pure risentono a posteriori degli incentivi stessi. Per lo più, infatti, gli acquisti 'sotto incentivi' sono solo anticipi su fatturati che non possono certo essere fatti due volte. Tutto il segmento farà quindi bene a tenere presente che molte delle vendite dei prossimi mesi saranno solo l'effetto di una sorta di 'macchina del tempo', la quale traslerà nel presente una parte delle vendite future. Ciò non di meno, bisogna guardare al futuro e interrogarsi su quali leve muovere per rimanere protagonisti del mercato. "Definire quali sono gli strumenti ideali per il mercato delle macchine agricole nella nostra nazione è difficile - chiarisce a tal proposito Ferretti -. La 'rottamazione' però soddisfa 2 requisiti importanti: il primo è l’indiscussa vecchiaia dell’attuale parco macchine, la seconda è l’esigenza di fare girare l’economia di settore. Non credo che altre strade, oltre ai consolidati PSR, portino a risultati migliori". L'iniezione di denaro pubblico viene pertanto vista con favore anche a Migliarina di Carpi, dove si auspicano ritorni positivi tali da risollevare almeno in parte tutto il settore. "L’arco temporale - puntualizza Ferretti - incide sicuramente in questo finanziamento, non tanto per il termine esecutivo al 31 dicembre 2010, ma per l’ammontare del capitale totale: il rischio di una 'corsa' al contributo rottamazione potrebbe rendere difficile il reperimento del mezzo sulla rete commerciale o presso i costruttori, considerando che questi ultimi provengono da una annata difficile a livello di programmazione delle produzioni". Quindi, e in effetti, si rischierebbe addirittura il famoso 'troppa grazia Sant'Antonio': dopo un periodo di vacche magre, che ha dissuaso i costruttori dal creare stock, ora si potrebbe persino faticare a star dietro ai quantitativi richiesti. "Oltre ai finanziamenti europei a fondo perduto, concentrati in mercati diversi da quello nazionale, attualmente non siamo a conoscenza di iniziative di 'spessore' - conclude Ferretti - La Goldoni punterà in questo biennio su alcuni punti chiave: l'ottimizzazione della gamma, l'evoluzione del prodotto, nuove strategie commerciali e la riduzione dei costi aziendali". Alla Goldoni i migliori auguri. I conti con la rottamazione, e i suoi effetti sulla crisi del settore, si potranno però misurare debitamente solo alla fine del 2011, dopo che l'onda forte degli incentivi presenti sarà stata controbilanciata dall'onda lunga di reflusso degli acquisti futuri. Sempre che nel frattempo non avvenga il miracolo per il quale gli agricoltori si vedano finalmente remunerare il proprio lavoro in modo acconcio, invece di subire le regole di una filiera che ha i figli nella Gdo e nell'industria di trasformazione, mentre i figliastri sono sempre quelli che stan nei campi. Fonte: Goldoni Stampa • Invia ad un amico • OkNotizie • Segnalo • Wikio • Del.icio.us
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31 Marzo 2010 Donatello Sandroni
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