Ticino7

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L’appuntamento del venerdì

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IV

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numero

Reportage Il Cenacolo ticinese Agorà Medici e costi · Kalendae Pasqua · Tendenze Moda donna

Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Giornale del Popolo

Tessiner Zeitung

CHF. 2.90

con Teleradio dal 12 al 18 aprile


Per un Thai & Vai.

Idee Betty Bossi. Per idee sempre fresche.


numero 16 10 aprile 2009

Agorà La “crisi” della medicina di famiglia

DI

Arti Olivier Mosset. A spasso fra le stelle

VITO CALABRETTA

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MARIELLA DAL FARRA

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Società La dipendenza dal consumo

DI

DI

CLAUDIO CARRER

Impressum

Gastronomia Il segreto della birra

Tiratura controllata

Kalendae La Pasqua

Chiusura redazionale

Vitae Santo Sgrò

Editore

Reportage Ponte Capriasca. Il Cenacolo ticinese

90’606 copie

Venerdì 3 aprile Teleradio 7 SA Muzzano

DI

DI

DI

GIULIO CARRETTI

FRANCESCA RIGOTTI

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GIORGIA RECLARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DI

R. ROVEDA; FOTO DI P. KELLER . . . . . . .

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Direttore editoriale

Tendenze Moda donna. Spalle larghe e gambe in spalla!

MARISA GORZA . . . . . . . . . . . . .

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Redattore responsabile

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Coredattore

Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Peter Keller

DI

Fabio Martini

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Particolare della figura del Cristo dal Cenacolo di Ponte Capriasca Fotografia di Peter Keller

Pieno di vuoti Gentile Redazione, ho letto con grande stupore e un certo disorientamento lo scritto che accompagnava le illustrazioni apparse sul numero di settimana scorsa del vostro settimanale. Faccio riferimento a “Greetings from the past” del quale, sbagliando, avevo inizialmente tralasciato il cappello introduttivo. Essendomi per molti anni occupato di grafica e arti visive trovavo più interessante l’elaborazione fatta sulle cartoline. Letta con attenzione la prima pagina, scopro il misfatto… In un cantone che per decenni (ma qualcuno, troppo spesso, pare dimenticarsene, soprattutto quando il tema degli stranieri fa capolino) ha visto intere generazioni lasciare le valli e i borghi alla ricerca di un nuovo destino in terre lontane, il giovane che scrive dagli Stati Uniti poteva essere un nostro vicino antenato. Chissà, magari un nostro bisnonno o un prozio, che da lontano spediva soldi e speranza a chi era rimasto. Armato lui di sogni e noi di speranze, che a volte diventano veri incubi di cemento di otto piani come quelli che vedo crescere senza misura, giorno dopo giorno davanti al mio balcone. Un saluto, T.K. (Molino Nuovo, Lugano)

Cari lettori, fra le condivisibili considerazioni fatte dal nostro lettore – che in parte sono alla base del Reportage citato – l’aspetto dei ricordi e della memoria è inevitabilmente quello che più colpisce. A tal riguardo, si è da poco inaugurata la mostra fotografica Pieni&Vuoti - Interni di case storiche ticinesi fotografate da Roberto Pellegrini (che vi invitiamo caldamente a visitare) presso la Pinacoteca Züst di Rancate. Anche in questo caso è il tema della memoria a farsi centrale: Pellegrini ha riprodotto gli spazi interni di

alcune antiche case presenti nel cantone (fra le poche superstiti…), fotografati con e senza gli oggetti di arredo che solitamente le riempiono. Una ricerca intrapresa dall’autore che riconduce al concetto del “ricordo” che un luogo porta con sé; ma se nel caso dell’arredo spesso minimi interventi consentono di “cancellare” quei segni della memoria così importanti – fori di chiodi, contorni di cornici, macchie sui pavimenti ecc. –, questo non può avvenire per le grandi opere “cresciute” sul territorio tanto da modificarne la morfologia (si veda a questo proposito la recensione del volume La fabbricazione del paesaggio dei laghi a pagina 49). Una vera fortuna, secondo alcuni: i luoghi si arricchiscono e si fanno portatori di elementi che si sommano a quelli che verranno. Una disgrazia, stando ad altri: il territorio, una volta edificato, difficilmente torna “verde” e a cementificazione si somma inevitabilmente altra cementificazione. Dove stia la ragione difficile dirlo e d’altro canto è un argomento che in passato il nostro settimanale ha più volte affrontato, dedicando addirittura ai “luoghi” – e di conseguenza al territorio a noi prossimo – anche una rubrica. Qualcuno ci accuserà di aver avuto un occhio spesso critico a riguardo. In verità giudizi positivi ve ne sono stati, in particolare quando gli esempi si contraddistinguevano per la qualità del progetto e la bontà dell’esecuzione. Con una certezza: la soluzione al quesito se questa o quell’idea “s’ha da fare” si riassume forse in quel breve ma complesso sostantivo: qualità. In particolare quando questa fa riferimento all’uomo e ai valori del suo vivere quotidiano. Buona lettura, Giancarlo Fornasier


La “crisi” della medicina di famiglia

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A

tre anni dalla prima storica manifestazione del 1. aprile 2006, quando più di 12 mila camici bianchi scesero in piazza in difesa della cosiddetta medicina di famiglia (o di base), abbiamo assistito nelle scorse settimane a una nuova serie di azioni di protesta della classe medica che in diversi cantoni sono sfociate in un vero e proprio sciopero. Anche se i servizi di urgenza sono sempre stati garantiti e nessun cittadino ha patito conseguenze sulla salute, la chiusura per un giorno degli studi medici è una prima svizzera, un evento inimmaginabile fino a qualche mese fa che ben rende l’idea di quanto si siano deteriorate le condizioni di lavoro dei medici di famiglia (generalisti, internisti e pediatri) nonostante il fondamentale ruolo sociale che rivestono. “Tutti riconoscono loro il ruolo di pilastro portante del sistema sanitario elvetico, ma nessuno va oltre questa enunciazione”, spiega a Ticinosette il dottor Franco Denti (presidente dell’Ordine dei medici del cantone Ticino), puntando il dito in particolare contro le “decisioni politiche” che “da anni” vengono adottate dall’autorità federale e dagli assicuratori, senza coinvolgere i medici nella discussione. Decisioni che “invece di migliorare la qualità del servizio, le condizioni di lavoro e retributive, mettono sempre più in discussione la possibilità di esercitare questa professione fondamentale con scienza, coscienza e anche con un occhio di riguardo all’economicità delle cure”. “Mentre il medico ha compreso la necessità di tenere conto della razionalità economica, volta a ottenere il migliore risultato possibile tra risorse finanziarie investite e risultati clinici ottenuti – prosegue Denti – la classe politica, l’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp, ndr.) e gli assicuratori malattia non hanno capito che c’è anche una razionalità medica da considerare, volta in primo luogo al ristabilimento della salute dei pazienti”. A fare le spese di questa “filosofia” sono soprattutto i medici di famiglia (nonostante causino solo il 20% dei costi sanitari in Svizzera) e di riflesso l’intera popolazione che di loro ha e avrà sempre più bisogno.

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Agorà

“Lo studio medico è chiuso per sciopero”. Se fino a ieri un avviso di questo genere evocava sistemi sanitari disastrati e lontani dalla nostra immaginazione, oggi è una realtà tangibile anche in Svizzera e la spia di una situazione allarmante Colpi bassi L’ultimo colpo in ordine di tempo è stato inferto loro a fine gennaio con la decisione presa dal ministro della sanità Pascal Couchepin di ridurre mediamente del 20% (a partire dal 1. luglio prossimo) le tariffe delle analisi di laboratorio. La misura viene giustificata con la necessità di “frenare gli abusi” e dunque, a prima vista, appare sensata. Ma non è così, afferma la Fmh, la Federazione dei medici svizzeri: se sarà attuata, circa 7.500 laboratori negli studi medici dovranno chiudere, in quanto non sarà più possibile garantire la copertura dei costi. “Già con le tariffe attualmente in vigore – le fa eco il dottor Denti – si riesce a malapena a coprire le spese”. Al di là dei posti di lavoro che andrebbero persi – dai 3.000 ai 5.000 in Svizzera e dai 200 ai 500 posti in Ticino – la misura decisa da Couchepin priverebbe il medico di famiglia di uno “strumento di lavoro fondamentale” che consente di effettuare delle analisi durante il tempo della visita e dunque di fare delle diagnosi immediate e di mettere in atto da subito le cure adeguate, sottolinea Denti. Facendo riferimento a laboratori esterni, questa immediatezza verrebbe meno e indurrebbe i medici a rinunciare agli esami e ad aumentare i ricoveri inutili in ospedali per i necessari approfondimenti diagnostici. Concretamente, “questo significa impedire al medico di fare il suo lavoro e noi non possiamo accettarlo”, afferma il presidente dell’Omct, ricordando come il nuovo tariffario delle analisi sia stata la classica goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo. La decisione di Couchepin che ha causato lo sciopero dei camici bianchi non è infatti altro che l’ennesimo capitolo di un processo in atto da decenni tendente a smantellare la libera professione medica a vantaggio della sua statalizzazione. Un processo che vede coinvolti come attori anche gli assicuratori malattia e la loro associazione mantello Santésuisse, la qualche ha di recente adottato un contestatissimo sistema di controllo dell’economicità dei medici.


Esso è basato su una messa a confronto dei costi per paziente di un medico con i costi dei pazienti di tutti i medici appartenenti allo stesso gruppo specialistico. Coloro che superano del 30% tale media, vengono considerati fuori norma e sono tenuti a giustificarsi verso Santésuisse e, in taluni casi, a rimborsare i presunti guadagni illeciti. Anche in questo caso, il sistema appare sensato. Peccato però che sia inadeguato, come hanno confermato alcuni esperti del Politecnico federale di Zurigo interpellati dall’Ordine dei medici del Cantone Ticino. Basti pensare, ricorda il suo presidente Franco Denti che il nuovo sistema di controllo statistico nel nostro cantone per esempio ha fatto lievitare il numero di medici “ineconomici” da 50 a 131 (di cui l’80% sono medici di famiglia) e ha causato una serie incredibile di assurdità: ad alcuni medici è stato chiesto di rimborsare dei costi indiretti (come quelli, evidentemente mai fatturati, dovuti alla fisioterapia, ai medicamenti prescritti ecc) o addirittura somme superiori al fatturato annuo dello studio medico. Se consideriamo che, oltre a questo ge-

nere di pressioni, il medico di famiglia si confronta sin dagli anni Settanta con una perdita costante del suo potere di acquisto (la Fmh la stima attorno al 40%), sono presto spiegati i motivi per cui la professione (che richiede un lungo e costoso curriculum di studio, che comporta un importante investimento iniziale e che può essere esercitata per un numero limitato di anni) è sempre meno attrattiva. A fare le spese di questa situazione saranno alla fine i cittadini, come testimonia uno studio commissionato dall’Osservatorio svizzero della salute, secondo cui nel 2030 il 30% delle consultazioni mediche necessarie non potranno più essere assicurate. La previsione si basa sulla constatazione che al progressivo invecchiamento della popolazione corrisponde una diminuzione (pari a circa l’8%) del numero di studi medici.

Prospettive poco incoraggianti Quali sono invece le conseguenze a breve termine della politica portata avanti dalla Confederazione e dagli assicuratori? Il presidente dell’Omct non ha dubbi: “Vista l’incapacità di ripensare a una razionalizzazione del sistema sanitario,

che a mio avviso dovrebbe andare nella direzione di un aumento dell’impegno finanziario dello stato in favore di un alleggerimento degli oneri per gli assicurati, si cerca di razionarlo in modo indiretto e occulto, mettendo sotto pressione il medico, costringendolo a ridurre le sue prestazioni con la minaccia di essere considerato ineconomico”. Ridurle fino a che punto? “Premesso che l’Ordine chiede ai propri associati di svolgere l’attività medica secondo scienza e coscienza nell’interesse del cittadino paziente, è ovvio che il medico (con la minaccia costante di dover magari rimborsare migliaia di franchi) tenda ad adeguarsi, omettendo determinati interventi necessari”. È vero che molti medici di famiglia cercano già oggi di eliminare o rifiutare i pazienti più “costosi”, in particolare anziani e malati cronici? La tentazione è forte e, in futuro, rischia di diventare un problema reale”, conclude il dottor Denti, “Siamo di fronte a una rimessa in discussione delle professioni socialmente utili. Negli anni Settanta è toccato agli insegnanti, oggi tocca ai medici”.

» di Claudio Carrer; illustrazione di Mimmo Mendicino

Salute vs economicità


A spasso fra le stelle

tre dimensioni, ma, dal punto di vista del pittore, è soltanto una superficie sulla quale lavorare. Si parla infatti, a proposito del lavoro di Mosset come di altri, dell’anelito a un “grado zero della pittura”: il compito Red Star di Olivier Mosset, acrilico su tela, 1990 del pittore è quello di cercare di risolvere i problemi posti da una superficie che deve essere riempita di colore. Il suo contributo Le stelle sono tante, milioni, egli apre, insieme ad altri, si ferma lì: il risultato è un confronto tra milioni e chissà quante for- un cantiere chiamato Radical una superficie e il colore, circoscritto a un me possono avere. E se tante Painting. Che cosa significa, oggetto che è il supporto del quadro. sono le stelle nel mondo, tan- qui, il termine “radicale”? Il lavoro di Mosset – ce ne rendiamo conto ti sono i modi possibili per Indica il desiderio di ritornavisitando la mostra dedicatagli dal Museo riprodurle. La stella di Olivier re alle radici della pittura, a d’Arte di Mendrisio – consente di apprezzaMosset è molto equilibrata, praticarla nella sua forma più re in quanti modi un pittore può risolvere perfettamente simmetrica, elementare, affidando al pitquesto problema: quanti tipi di vibrazione, centrata e stabile. Si staglia tore il compito di interpretare di ritmo tra colori diversi, di interazione sullo sfondo, sul muro al questo ruolo di praticante. con la luce dell’ambiente e con la forma quale è appoggiata. Si tratta Il pittore è quindi colui che sono possibili. dunque di un oggetto che si mette a confronto con una Nel caso della stella abbiamo una relaziocon il suo spessore si colloca superficie, sulla quale egli ne tra la sagoma della stella (che infatti nelle tre dimensioni. Tutte lavora con il colore. Attenzioappartiene alla serie definita Shaped Canqueste affermazioni, molto ne, però, perché la semplicità vas, quadri sagomati), il colore rosso, il semplici, rappresentano il di questa asserzione non imbianco dello sfondo e le ombre proiettate modo in cui il lavoro di Mos- plica affatto una conseguendall’oggetto. set chiede di essere guardato, te facilità del lavoro. A tal Alcune volte Mosset ha messo la sua stella perché egli, da quando è in proposito, Olivier Mosset è sul soffitto o nell’angolo di una sala; altre attività, da quando è pittore molto secco, quasi sardonico: volte ha proposto stelle verdi sagomate su (definizione su cui insiste “Se pensate che sia facile, beh un supporto in alluminio, mentre questa e che preferisce a quella di siete pazzi”. stella rossa è fatta di “artista”), è concentrato sul senso che la pratica del di- Uno sguardo all’opera del pittore svizzero tela. Ma in sostanza, pingere comporta. Olivier Mosset, già assistente di Jean Tingue- sembra volerci dire Mosset, si tratta di un Nato a Berna nel 1944, Olily e Daniel Spoerri. A lui in queste settimane quadro, di una tela vier Mosset ha attraversato esperienze artistiche diverse: il Museo d’Arte di Mendrisio dedica una mo- sagomata. Se poi noi, guardando prima a Parigi, nella secon- stra personale, visitabile fino al 17 maggio una delle opere, proda metà degli anni Sessanta, viamo emozione perché l’opera ha una sua poi negli Stati Uniti dopo Per tornare alla stella, è vero forza, o perché ci accorgiamo che il colore, la metà degli anni Settanta. che, come abbiamo detto, si all’interno della superficie, non è stabile, Tutte queste vicende hanno tratta di un oggetto. Si tratta ma cambia, diventa più o meno spesso, più avuto come fulcro l’indagine però soprattutto di un quao meno brillante, tutto ciò è merito solo sul significato del dipingere, dro, cioè di un oggetto che, della pittura. come quando a New York certo, ha un corpo fatto di

» di Vito Calabretta

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www.mendrisio.ch/Museo Il Museo d’Arte di Mendrisio, fondato nel 1982 e situato in un complesso di grande interesse storicoartistico, propone mostre ed eventi di respiro internazionale. Una piccola realtà ma di grande valore culturale e territoriale.

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Arti

Internet


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Partiamo da un dato: sulla base delle analisi degli scarichi urbani relative alla composizione chimica delle acque reflue si stima che, nella sola città di Milano (escludendo l’hinterland), vengano consumati circa 9,1 dosi di cocaina al giorno ogni mille abitanti, per un totale di 330 chili in un anno. Considerando che la popolazione cittadina compresa fra i 15 e i 64 anni ammonta a circa ottocentocinquantamila persone, e che da uno studio recente risulta che almeno venticinquemila individui hanno fatto uso di tale sostanza nel mese precedente la ricerca, possiamo stimare che un milanese ogni trentaquattro ricorre in maniera più o meno regolare all’uso della droga. Lugano, analizzata con lo stesso sistema, si dimostra lievemente più virtuosa (6,2

La dipendenza dal consumo

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Società

Viviamo in una società “consumistica” la cui economia è basata sulla creazione del bisogno, che si configura come non procrastinabile e caratterizzato da uno scarso (nullo?) margine di sublimazione: il desiderio (di cibo, comfort, sicurezza, svago, sesso eccetera) viene soddisfatto nel qui e ora, senza quasi darci il tempo di sperimentare la tensione che ne precede l’esaudimento. Contemporaneamente, il contesto nel quale ci muoviamo è altamente competitivo e il livello di “performance” che ci viene richiesto, a ogni età, è indiscutibilmente elevato. In assenza di una cornice di valori robusta e adeguatamente interiorizzata – la famosa “regola”, che certo è limite ma anche contenimento del sé – la percezione di noi stessi passa attraverso la valutazione degli altri. Si configura così una condizione psicologica di pre-dipendenza rispetto a ciò che sta al di fuori (di noi). Il “tossico”, d’altra parte, rappresenta una sorta di consumatore “perfetto”: totalmente dedicato a procacciarsi quote di denaro sempre più consistenti per comprare la sostanza d’elezione, egli non presenta conflitti di ruolo né problematizza il prodosi di cocaina al giorno per prio comportamento d’acquisto. La sua ogni mille abitanti) pur... dinamica esistenziale si risolve infatti nel rifacendosi con la cannacompito di procurarsi ciò che gli/le serve, bis (53 dosi giornaliere per consumarlo e poi ricercarne dell’altro, inmille abitanti contro le 24 stancabilmente: una modalità che, ammetdi Milano). Nel complesso, tiamolo, rappresenta l’ideale di qualunque il fenomeno del consumo azienda produttrice. delle droghe ha assunto proUn ambito nel quale la stretta contiguità porzioni tali da essere ormai fra consumatore di sostanze psicotrope e difficilmente esauribile in consumatore tout court diviene particolarmente evidente – fino quasi, in certi casi, Il “tossico” rappresenta una sorta di conalla sovrapposizione sumatore perfetto. Alla costante ricerca di – è quello dell’indudenaro per l’acquisto della sostanza d’ele- stria farmaceutica, zione, il drogato non ha conflitti di ruolo né con particolare rifeproblematizza il proprio comportamento. rimento alle smart Una modalità a cui aspira qualunque azienda drugs: le cosiddette “droghe intelligenti”. produttrice Ci riferiamo con questa espressione ai vari termini di mera psicopatointegratori, complessi vitaminici, bevande logia individuale. Obbligatoenergetiche e pastiglie stimolanti in grado rio, pertanto, il riferimento a di “ottimizzare” le funzioni cognitive. La variabili di carattere sociale, straordinaria risposta a questa tipologia rispetto alle quali mi limito merceologica è tale che gli “integratori” a qualche osservazione “di hanno scavalcato i banchi delle farmacie e superficie”. dei negozi di prodotti omeopatici per inva-


Libri

tutti dal linguaggio dei “drogati” che sempre più, invece che soggetti disadattati, sembrano costituirsi come casi di iper-adattamento al mondo – quello sì, un po’ malato – in cui viviamo. Department of Environmental Health Sciences, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, Milano: “Estimating Community Drug Abuse by Wastewater Analysis” pubblicato su “Environmental Health Perspectives”, volume 116, numero 8, agosto 2008

Raimondo Maria Pavarin Sostanze legali e illegali: motivi e significati del consumo Franco Angeli, 2008 Partendo da una ricerca multicentrica condotta in Italia, l’autore affronta le tematiche specifiche del mondo delle sostanze psicoattive.

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Convegno “Cocaina a Milano: i numeri, i costi, i problemi nella popolazione generale” a cura di ASL Città di Milano, Dipartimento Dipendenze Patologiche, 30 novembre 2008 2

Internet

» di Mariella Dal Farra; ill. di Micha Dalcol

dere gli scaffali della grande distribuzione. Attualmente, è difficile trovare al supermercato un succo di frutta che non sia “arricchito” di ginseng, vitamina C o qualche altro principio attivo. Il transfert, peraltro, non si limita alla sostanza delle cose, ma ne investe anche la forma. Come spiegare, altrimenti, la progressiva sostituzione – questa volta nell’ambito dei detersivi – delle polveri e liquidi finora in uso a opera delle “tabs”: pasticconi di forma evocativa che vengono allegramente dati in pasto agli elettrodomestici di casa per ottenere, di nuovo, risultati “al di sopra” della norma? La qualità “tossicofilica” della nostra società è infine svelata da alcune parole e neologismi divenuti d’uso quotidiano: termini quali “storia”, “viaggio”, “flash”, “spararsi, calarsi [qualcosa]” provengono

www.ehponline.org Lo studio sull’analisi delle acque reflue a cui si fa riferimento all’inizio dell’articolo è reperibile, in inglese, sul sito della rivista “Environmental Health Perspectives”.

Noi siamo sempre flessibili, meno che con le commissioni di borsa. Infatti non cambiano, qualunque sia la somma investita. Da noi tutti gli ordini di borsa hanno lo stesso prezzo. 40 franchi se trasmessi via Internet, 100 franchi per telefono. Maggiori informazioni sulla nostra vasta gamma di servizi bancari nel sito www.bancamigros.ch oppure chiamando la Service Line allo 0848 845 400.

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Il segreto della birra

Internet

www.birramia.it Uno dei numerosi siti presenti sul web che insegnano a produrre la propria birra casalinga. Indicazioni sui kit disponibili in commercio, esempi filmati, accorgimenti e quant’altro. I risultati possono essere sorprendenti...

quale peraltro si evince l’indirizzo gastronomico dell’evento. Nel caso si opti per i tradizionali stuzzichini e tartine ci si può orientare verso una ale chiara o dorata, perfette anche per accompagnare le pastasciutte. Nel caso i sapori riultino invece più marcati – per la presenza ad esempio di formaggi “saporiti” – una stout o una trappista possono andare benissimo. Passando ai primi – delle pastasciutte si è già detto –, un discorso particolare vale per i risotti che possono essere abbinati a una lager o a una pils, mentre il minestrone aspira a una compagnia più complessa, per esempio, una lager aromatica. I piatti di carne, per la loro estrema varietà, suggeriscono accostamenti davvero interessanti, a partire dalle più semplici carni rosse alla brace per le quali una trappista, una ale o una bock possono andare alla perfezione. Nel caso del maiale, più saporoso, ma anche dell’agnello, la weizen chiara tedesca può rappresentare un’eccellente alternativa alle ale, sia chiare sia scure. Per i piatti di pesce la Prodotta fin dall’antichità, la birra rapporter è raccomandapresenta un’ottima bevanda in grado di ta, ma senza escludere accompagnare i piatti più gustosi e raffinati, la irish stout, perfetta al pari del vino, suo blasonato e spesso so- anche con i frutti di pravvalutato “cugino” mare. E i dessert? Apparentemente i dolci sembrano poco inclini all’unione con la plici e dal gusto ricco e pieno. birra: nulla di più falso. Provate ad accomMa vediamo di scendere un pagnare una torta cremosa con una weizen po’ più nel particolare. Ogni o una doppelbock… E la pizza? Beh, in quel pranzo o cena che si rispetti caso, davvero “liberi tutti”, anche se persoha come incipit l’antipasto, nalmente una pilsner o una chiara francese fondamentale momento di danno veramente il meglio di sé. raccolta dei commensali dal

le portate più diverse, dagli antipasti ai secondi di carne o pesce, dai primi ai formaggi. Si tratta sempre di proposte dettate dal gusto personale e da considerazioni organolettiche generali che ciascuno di voi potrà ampliare o eventualmente confutare sulla base delle proprie personali “ricerche”. Ecco un primo principio da tener presente e di cui si può facilmente comprendere il senso: una birra non troppo amara e leggera si adatta ad alimenti dal gusto preciso e sui quali non si vuole intervenire in modo eccessivo. Al contrario, una birra luppolata e ricca di gusto si sposa meglio con ricette basate su alimenti sem-

» di Giulio Carretti; illustrazione tratta da www.fundraw.com

Gastronomia

anni la birra è rimasta ai margini dei miei interessi alimentari. Figlio di toscani, ho sempre nutrito una sorta di devozione per il vino anche se, tradendo in parte le mie origini chiantigiane, sono in fondo sempre stato un “bianchista”. Ma l’età fa i suoi scherzi e la scoperta di una marcata intolleranza verso il nettare di Bacco mi ha avvicinato alla birra che avevo sempre considerato, devo ammettere con ingiustificata spocchia, una bevanda da “barbari”. E certo i motivi geografici ci sono tutti: la fascia di produzione della birra si estende da ovest verso est a partire dall’Europa centrale in posizione sovrastante all’area della vite che con il suo abbraccio avvolge tutta l’area del Mediterraneo. La minore alcolicità, la notevole digeribilità, il ridotto contenuto calorico – che in una birra a gradazione medio bassa risulta dimezzato rispetto a quello del vino –, sono aspetti importanti. Ma ciò che mi ha conquistato è l’aver scoperto la capacità della birra – in tutte le sue molteplici varietà – di accompagnare in modo eccellente

Maurizio Maestrelli Birra ai fornelli Extramoenia, 2008 Cinquantotto ricette a base di birra o studiate per uno specifico abbinamento con la bevanda, proposte da pub, ristoranti e locali che hanno una particolare predilezione per la cucina alla birra.

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Per

Libri


, a n i c u c n i o m o U . a n i g e r e n car


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La Pasqua Tempo del passaggio, festività centrale della liturgia cattolica, la Pasqua racchiude in sé temi cruciali relativi al rapporto fra spiritualità e corporeità, da sempre al centro di discussione e confronto fra differenti correnti di pensiero

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soprannaturale. Come per il peccato di Adamo gli uomini – nella dottrina paolina – sono divenuti schiavi del peccato, è attraverso il nuovo Adamo, Cristo, che essi tutti ritrovano la libertà e la vita spirituale. Come se i nati da Eva, nati da donna, dovessero ri-nascere da un uomo e in un uomo per potersi con Dio riconciliare. E con questo procedimento viene deenfatizzata ancora una volta l’importanza del contributo femminile illustrata dalla promessa biblica di Dio di fare di Abramo una grande nazione, senza menzione di Sara. Per i pensatori antichi ignari della mentalità evoluzionistica secondo la quale la perfezione si raggiunge col tempo, Adamo era il primo uomo, l’uomo dell’inizio, e come tale perfetto. Era inoltre ritenuto un personaggio storico, reale, fisico. In lui era corporalmente racchiusa l’intera umanità, e ciò permetteva la trasmissione di generazione in generazione del peccato originale. Fu la filosofia greca a trovare intollerabile tale letteralismo e tale corporeità divina che si estendeva dal vecchio al nuovo Adamo, ma anche a tutti gli esseri umani e alla resurrezione della loro carne. Fu grazie alle idee platonizzanti, che escludevano tassativamente la corporeità di Dio, che simili antropomorfismi vennero spiritualizzati, in primis da Agostino. Il quale peraltro continuò a insistere, in contraddizione con le sue stesse asserzioni intorno all’interpretazione allegorica, sull’esattezza letterale e sui dettagli fattuali dei racconti biblici, dominando le interpretazioni cristiane fino al secolo XVIII e quelle cattoliche fino a oggi. Il tutto sulla scia di grandi pensatori cristiani come Tertulliano, ma anche di autori musulmani, che diffidavano della dottrina della pura spiritualità di Dio in quanto importazione della filosofia; essi preferivano attenersi alla lettera della Scrittura che offriva anche Dio – padre e figlio – alla presa dei sensi, fornendolo di un corpo in grado di crescere, patire, morire, risorgere, ascendere (passare, come il tempo) al cielo in tutta la sua fisicità, non spiritualiter tantum (soltanto allegoricamente).

» di Francesca Rigotti; illustrazione di Mimmo Mendicino

Kalendae

Era appena ieri che scrivevamo di calendari dell’Avvento e di alberi di Natale, e siamo già alle prese con le uova di Pasqua. Il tempo passa, vola. Da dove viene, dove va, in che direzione corre? A che velocità si muove? Secondo quale unità di misura: quanti x al secondo? Questo sì che che è un bel mistero. Il tempo, rincara la dose la lingua tedesca, vergeht, corre, passa e va. Ma è come se andasse nella direzione sbagliata, come se corresse “di sbieco”, giacché quel prefisso ver pare imprimere al tempo una direzione laterale rispetto a quella dritta (giusta): come in vergessen, dimenticare, come in verpassen, sbagliar strada, non vedere l’uscita giusta, o in versehen, vedere di traverso (aus Versehen, per errore). Qualunque sia il suo cammino, diritto o rovescio, ci ostiniamo comunque a dire che il tempo scorre, passa e vola, anche se dovremmo dire che siamo noi che passiamo e scorriamo nel tempo, pur non sapendo cos’è. E siamo punto e a capo. Un bel mistero davvero, almeno complicato quanto quello pasquale. Pasqua è la festa solenne con la quale gli ebrei celebrano la liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, e il nome viene dall’ebraico pesa, propriamente “passaggio”. Anche Pasqua passa, come il tempo, o qualcuno, nel tempo pasquale, passa. Presso i cristiani, il nome è stato applicato alla festa mobile che commemora la resurrezione di Cristo e la redenzione in Cristo e che costituisce la massima solennità dell’anno liturgico. Ora redenzione, nel senso della dottrina cristiana (dal latino redimere, composto da re, di nuovo, ed emere, comprare, dunque ricomprare, riscattare da servitù, da vincoli eccetera); indica il riscatto dell’uomo da una condizione di infelicità e di peccato attraverso l’incarnazione, la morte e la resurrezione di Cristo. La redenzione tramite la resurrezione libera l’uomo dal peccato di Adamo (ed Eva? Non era stata Eva l’unica a peccare?). Nella dottrina cristiana, a causa del peccato originale, gli uomini si trovano infatti, rispetto alla vita soprannaturale per la quale erano stati creati, in uno stato di morte e inimicizia in rapporto a Dio. L’intervento del redentore, con la sua nascita, morte e resurrezione, assicura agli uomini la riconquista della vita


“Da piccolo – racconta di sé

l’autore – portavo a risuolare le scarpe di famiglia nell’antro di un ciabattino... tappezzato di ritratti di Einstein e Bertrand Russel...”. E subito ognuno di noi ritrova nella memoria l’antro del ciabattino/Polifemo della propria infanzia. Flavio Baroncelli, mancato nel 2007, scrive così, e tutti si identificano e pensano che nello stesso modo avrebbero potuto scrivere anche loro, e questo è il massimo complimento per un autore. Baroncelli fu professore di Filosofia morale e Filosofia politica all’Università di Genova, e scrisse libri su argomenti molto seri (Hume, Descartes eccetera). Aveva gli occhi azzurri e i capelli biondi e ricci e amava la motocicletta, ma non era così avvenente

Abbiamo letto per voi come questa descrizione potrebbe far credere: era intelligente e spiritoso, quello sì. Anche gli articoli di questo libro riguardano argomenti serissimi (il relativismo, il liberalismo, il razzismo, l’identità, la tolleranza), che vengono però trattati in maniera tanto rigorosa quanto arguta e anticonformista. Il “filosofo della mutua” mandato da Platone, come si definiva Baroncelli, interviene qua e là con uno sberleffo e un guizzo di intelligenza, a descrivere per esempio le lezioni universitarie dei professori tromboni, quelli che tromboneggiano e poi non sono capaci di far amare agli studenti la disciplina che insegnano. Oppure a lodare la Svizzera, che quelli di sinistra non apprezzano perché dico-

no che è “noiosa, un incubo, che palle”, senza capire che alla gente normale piace che sia tutto ordinato, pulito e silenzioso. È amaro riconoscersi in simili atteggiamenti, come non è facile ammettere, con il “filosofo della mutua”, che siamo tutti razzisti quando ci stupiamo che le conversazioni tra immigrati si svolgano in italiano. O quando giustifichiamo il fallimento di un matrimonio misto con la spiegazione che era un matrimonio misto: e quanti matrimoni standard falliscono? Insomma Baroncelli che era uno, s’è capito, che quando raccontava le barzellette ti faceva piegare in due dal ridere, racconta di noi, che se davanti a un piatto di pansoti non ammetteremmo mai di poter diventare ven-

Flavio Baroncelli Mi manda Platone il melangolo, 2009

» di Francesca Rigotti

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dicativi e sanguinari, davanti alla carrozzeria rigata siamo in grado di esclamare: “Quel bastardo, lo strozzerei con le mie mani”.

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» testimonianza raccolta da Giorgia Reclari; fotografia di Igor Ponti

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ciale e mi permette di considerare ognuno come un essere unico e importante. Grazie a questo lavoro impari a non essere arrogante, a cercare di comprendere sempre a fondo i problemi, evitando soluzioni facili. La gente ti regala molto di sé, ti fa respirare la vita vera attraverso le proprie vicende esistenziali. Credo sia la migliore formazione che si possa avere. Tutte queste storie mi abitano e da esse colgo ciò che mi può far crescere per poi di nuovo aiutare gli altri. La base di qualunque impegno nel sociale resta comunque la grande capacità di ascoltare, una qualità che Responsabile di Spazio Ado, un centro ho acquisito anche grazie a diurno per giovani in difficoltà, ha tro- quello che io considero il mio vato il segreto della gestione di un grup- secondo lavoro: la musica. Suono batteria e percussioni po di adolescenti impugnando le bacchet- da quando ero giovane. Ho te da batterista cominciato con il rock, poi, quando ho smesso di lavorare ne composta da loro, menper Area nel ’90, ho fatto un viaggio a Cuba tre l’anno scorso abbiamo di tre mesi da solo, per suonare. Sono arrivarealizzato il calendario delto all’Havana senza sapere lo spagnolo, una la Fondazione. Spazio Ado è città di sei milioni di abitanti in cui all’iniun luogo dove stanno bene e zio mi sentivo parecchio solo. In seguito sono valorizzati. Per loro io ho conosciuto un percussionista e mi sono sono di volta in volta fratello unito al suo gruppo (molto noto in Amerimaggiore, amico, papà. Ma, ca Latina) e ho girato con loro in tournée anche se non ho figli, non tenendo concerti di salsa in tutta l’isola. In voglio assolutamente pensateoria non avrei potuto lavorare come strare che siano i ragazzi la mia niero, così per tre mesi ho pagato una stanfamiglia. Sono giovani fraza in un hotel in cui risultavo stabile e poi gili, che hanno bisogno di giravo sotto nomi falsi che cambiavo spesessere considerati come perso: Miguel Sanchez, Josè… Ma non ho mai sone e io mi ritengo soltanpensato di rimanere, Lugano è la città in cui to un tramite, un mezzo per sono nato e cresciuto e a cui mi sento più permettere loro di esistere, legato. Ora suono in parecchi gruppi jazz e di esserci e di costruirsi da sé quando sono tornato da Ginevra ho dato una vita migliore. Purtropvita con alcuni amici all’Associazione Jazzy po non sempre funziona, ci Jams, ideata per promuovere il jazz in Ticisono parecchie delusioni; ma no. Organizziamo jam session e concerti in anche grandi soddisfazioni. vari locali e anche allo Spazio Ado. Ieri per esempio ho inconLa musica è fondamentale nella mia vita, trato una delle prime ragazze è la mia terapia antistress, un luogo dove che ha frequentato il centro rifugiarmi e ricaricarmi. Ma mi ha pure ed è stato bellissimo scoprire insegnato qualche utile trucco da sfruttacome era riuscita a trovare la re sul lavoro: fare il batterista vuol dire esesua strada, era stata all’esteguire quattro parti contemporaneamente, ro, aveva studiato le lingue. due con le mani e due con i piedi, cioè aveCome lei, almeno la metà re quattro suoni in testa. E tenere il ritmo. degli ex ospiti torna regolarGrazie a ciò io sono ora in grado di seguire mente a farci visita. più discorsi diversi nello stesso momento, Per me il contatto con tutte una capacità fondamentale nella gestioqueste persone è meraviglione di un gruppo di adolescenti, che spesso so, il rapporto che instauro parlano, pensano e agiscono tutti contemcon loro non è mai superfiporaneamente!

Santo Sgrò

Vitae

uando ci si occupa di persone in difficoltà, arrivano momenti in cui le storie diventano impossibili da sostenere. Allora non resta che partire alla ricerca di esperienze ancora più forti, per relativizzare la quotidianità e tornare più solidi. Ho cominciato a lavorare nel sociale poco più che ventenne un po’ per caso, negli anni Ottanta. Avevo appena terminato la formazione come falegname e un conoscente mi ha chiesto di collaborare con Area, la cooperativa che dà lavoro a disoccupati con difficoltà di inserimento lavorativo. È stato duro, perché erano gli anni in cui si cominciava a morire di Aids e alla fine mi sembrava di passare quasi più tempo al cimitero che al lavoro. Sono situazioni che mi hanno profondamente segnato perché condividevo molto tempo con queste persone. Dopo quattro anni ho voluto vivere un’esperienza forte, estrema, per liberarmi dal peso di tutte quelle vite spezzate. Sono partito per l’Africa in moto insieme a un amico. Una volta giunto in Senegal, ho lavorato per tre mesi in una cooperativa alla costruzione di un centro medico. Ho fatto il manovale e guidavo l’ambulanza. Ne sono uscito arricchito e mi è stato di grande aiuto per affrontare di nuovo la realtà ad Area. Poi, sette anni fa, ho fondato a Besso lo Spazio Ado, (inserito fra i centri della Fondazione Amilcare), di ritorno da una formazione come animatore socioculturale a Ginevra. È un centro diurno che accoglie nove giovani per volta, tutti fra i 15 e i 18 anni, che vivono situazioni molto difficili, spesso storie di abbandono da parte di genitori e istituzioni. Noi tentiamo di ridar loro fiducia in se stessi e di inserirli nel mondo del lavoro. Al centro svolgono diverse attività, proposte e organizzate in gruppo. L’ultimo progetto è stato la registrazione di una canzo-

»

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Il Cenacolo ticinese di Roberto Roveda; fotografie di Peter Keller

La Chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio a Ponte Capriasca ospita una tra le più interessanti “copie” dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci. Opera di un ignoto maestro del Cinquecento, oltre a documentare il profondo legame esistente in epoca rinascimentale tra le terre del Ticino e la cultura artistica milanese, infonde luce sull’originale leonardesco, in particolare sul suo stato prima dell’inesorabile deterioramento


Poi osservo il dolore di Giovanni, Tommaso che alza il dito quasi furente, l’orrore scandalizzato di Giacomo Maggiore, il volto commosso di Filippo. Gli ultimi tre personaggi sulla destra parlano tra loro, incredulo Matteo, desolato Taddeo e impotente Simone lo Zelota. Al centro, il Cristo abbassa gli occhi in un’umanissima espressione…

a destra La panoramica sul Cenacolo permette di apprezzare pienamente la varietà dei moti dell’animo che caratterizzano gli Apostoli, oltre al sapiente uso delle tecniche prospettiche pagina precedente I volti di Giuda, Pietro e dell’apostolo prediletto Giovanni, all’annuncio di Gesù: “Uno di voi mi tradirà”



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onte Capriasca gode di una posizione appartata e marginale rispetto ai flussi del traffico veicolare sud-nord. Subito dopo Taverne, abbandonata la strada cantonale che scorre a fondovalle verso il Monte Ceneri, si sale verso Tesserete. Il paese, che si incontra dopo qualche tornante, conserva nella zona più antica il sapore di un borgo secolare, tra case di pietra, odore di legna che arde e strade strette, “disegnate” quando a transitare erano solo i carri. La chiesa di Sant’Ambrogio o, come era chiamata anticamente, la Pieve di Capriasca, svetta naturalmente tra questi viottoli e le basse case. Intorno non c’è anima viva e il portone di ingresso è solo accostato. Lo apro con la rispettosa cautela che mi coglie sempre quando mi avvicino a un monumento antico, quasi timoroso di turbare l’atmosfera di quieto silenzio che lo circonda.

sopra Particolare della mano destra di Giuda che stringe con forza la borsa contenente il denaro del tradimento


Cilis at. Ullum nonsequis do eui enit lorper sed ea coreraestrud min ulla facil dio od tat. Ut ea faccummy num inim dolor summodo eum vent wisl dolore dip essi.Met nibh enit iriure dolor alis nos del duisi te feuis atinibh ex eugait diam, conulla feuipisi tatummy nulla commodignim vel eliquat ilit eros num zzriliscilit irit augue dolendre delenim delesecte tin eum zzrit eui ero odit digna accum digna con heniat adit aute dolor

Una “istantanea” del XVI secolo All’interno, di fronte a me l’altare maggiore e poco sulla destra una statua cinquecentesca in legno dorato, raffigurante sant’Ambrogio. Solo dopo aver compiuto qualche passo finalmente lo vedo, il Cenacolo di Ponte Capriasca, sul braccio sinistro della chiesa. Defilato, un poco nascosto e in fondo “sacrificato”, si dipana lentamente ai miei occhi mentre mi dirigo verso il centro dell’edificio. La somiglianza con la più nota Ultima cena di Leonardo nel refettorio della chiesa di Santa Maria delle Grazie a Milano, è realmente strabiliante: i volti del Cristo e degli Apostoli, le posizioni dei corpi e delle mani, il soffitto a cassettoni, la magnifica prospettiva che aggiunge profondità all’ambiente… tutto rimanda a Leonardo e restituisce un’idea precisa di quello che doveva essere l’originale, il cui splendore oggi, nonostante l’importante restauro, è notevolmente affievolito. Come a Milano, anche nel Cenacolo di Ponte Capriasca i personaggi sono caratterizzati in maniera rivoluzionaria, secondo l’idea leonardesca dei moti d’animo resi palesi, esteriorizzati dagli atteggiamenti. Le forme “angelicate” e idealizzate del Medioevo si ritrovano solo – e anche qui parzialmente – nelle figure del Cristo e di Giovanni, il discepolo prediletto, seduto alla sua destra. Gli altri Apostoli, invece, sono di un realismo estremo, quasi “ruvido”, senza aureole di santità a sottrarre drammaticità a questa istantanea pittorica che coglie il gruppo nel momento in cui Gesù pronuncia il fatidico “uno di voi mi tradirà…”. In una carrellata, da destra a sinistra, colgo la varietà delle reazioni degli Apostoli alle parole del Cristo: la tristezza mista a stupore di Bartolomeo, l’incredulità di Giacomo Minore e la meraviglia di Andrea, la rabbia di Pietro che afferra un coltello, mentre Giuda osserva Cristo tra il colpevole e lo stupefatto. Poi osservo il dolore di Giovanni, Tommaso che alza il dito quasi furente, l’orrore scandalizzato di Giacomo Maggiore. Gli ultimi tre personaggi sulla destra parlano tra loro, incredulo Matteo, desolato Taddeo, impotente Simone lo Zelota. Al centro, il Cristo abbassa gli occhi in un’umanissima espressione di dolorosa rassegnazione. Il tradimento fa parte del disegno divino, ma non fa meno male all’uomo Gesù e all’amore che ha per tutti i suoi amici…

a sinistra La meraviglia e lo stupore sul viso di Andrea mentre, alla sua destra, Giacomo Minore chiede conferma di quello che ha udito


Una copia “creativa” sopra, a sinistra e a destra Alla sinistra di Cristo gli Apostoli sono raggruppati in gruppi di tre. Appare evidente la bravura dell’artista nel diversificare le fisionomie dei personaggi le cui figure, con le loro differenti posture, movimentano lo spazio del dipinto murale

Ma il termine “copia” è del tutto riduttivo per il dipinto murale di Ponte Capriasca. Riproporre in questo modo la complessità di Leonardo significa essere un pittore nel pieno della maturità e conscio delle proprie capacità, tanto da tentare l’azzardo e misurarsi con uno dei geni assoluti del Rinascimento. Un maestro, insomma, che sicuramente vide e studiò l’originale leonardesco quando era ancora integro, quindi poco dopo che Leonardo l’aveva terminato nel 1498, perché il processo di deterioramento si avviò ancor prima che fosse completato. Il Cenacolo ticinese è invece in uno stato di conservazione buono, frutto anche del lungo e accurato restauro effettuato tra il 1989 e il 1992. I “rimaneggiamenti” che ha subito sono da addebitarsi principalmente ai mutamenti subiti dal XVI secolo a oggi dall’edificio che lo ospita. In origine, infatti, il dipinto venne eseguito nella navata principale della chiesa, edificata in epoca rinascimentale su un preesistente e più ridotto edificio romanico medievale. In questo modo si trovava proprio di fronte all’altare maggiore. Con la ristrutturazione e l’ampliamento dell’edificio in stile neoclassico, avvenuti nel 1835, la navata rinascimentale fu trasformata in uno dei bracci laterali della nuova chiesa. Il Cenacolo si trovò quindi in una posizione più defilata rispetto a quella originaria. Inoltre venne tagliato ai lati e delimitato in alto da un pesante cornicione di stucco che ne ridusse l’altezza. Fu così in parte vanificato l’originale andamento prospettico e illusionistico che tendeva a creare un’idea di continuità tra lo spazio reale dell’edificio e lo spazio dipinto.


Il legame con la Lombardia Eppure, anche così “tagliato” il suo fascino resta inalterato e restituisce l’idea di un paese, Ponte Capriasca, che nel pieno del Cinquecento non era per nulla escluso dal mondo e dai grandi movimenti di uomini e di merci. Proprio la presenza di un affresco artisticamente così importante, ma anche così imponente – 5,59 per 3,61 metri le sue dimensioni – testimonia come la zona fosse ricca e vitale. Qui correva un’importante arteria commerciale che da nord andava verso Ponte Tresa e Porlezza. Una via probabilmente considerata più sicura di quella che passava a fondovalle: in quegli anni della prima metà del XVI secolo in cui le terre del Canton Ticino passavano, dopo la battaglia di Marignano del 1515, dal Ducato di Milano agli Svizzeri, le strade erano spesso percorse da soldatesche dirette o di ritorno dall’Italia. E non solo i soldati si muovevano, ma anche gli artisti. I legami con il mondo lombardo, infatti, non vennero mai meno: Ponte Capriasca rimaneva parte della Diocesi ambrosiana, rimanevano i legami linguistici, culturali e artistici con la Lombardia e Milano, in quell’epoca rinascimentale uno dei centri culturali più importanti del mondo. La città dove lavoravano Bramante, Leonardo e schiere di artisti minori. Probabilmente uno di questi pittori “minori” – ma solo perché paragonato a dei giganti –, che della cultura artistica lombarda era impregnato, venne a Ponte Capriasca a lavorare, realizzando il Cenacolo. Del quale, incredibilmente, conosciamo pochissimo: non sappiamo chi commissionò

il dipinto murale, ne quando, esattamente. Gli storici dell’arte ipotizzano che sia stato terminato tra il 1540 e il 1545. Ma la cosa forse più incredibile è che del maestro di Ponte Capriasca non si conosca neppure il nome, perso nei meandri della storia di quegli anni di profondi sconvolgimenti politici. Resta il dipinto, praticamente intatto nella sua bellezza. E dopo averlo osservato a lungo mi chiedo se conoscere con esattezza date, nomi e circostanze aggiunga effettivamente qualcosa al suo fascino e alla sua rinascimentale magnificenza ■

*Un sentito ringraziamento ad Andrea D’Adda per la preziosa collaborazione e le notizie sul Cenacolo e su Ponte Capriasca: nelle sue parole ho riconosciuto una profonda passione, qualità indispensabile a rendere viva nei secoli un’opera d’arte


Spalle larghe e gambe in spalla! di Marisa Gorza

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tendenze

La silhouette dell’inverno prossimo, anticipata dai recenti defilé di MilanoModaDonna, promuove un’estetica energica e sferzante. Spalle agguerrite e combattive per sostenere al meglio la crisi e, soprattutto, gambe dinamiche esibite come emblema di vitalità. Parola di GIORGIO ARMANI che anima la passerella della giovane linea Emporio con sottanine svasate, mosse da volant, oppure con shorts birichini esaltanti le gambe al vento. Lambite però dal calzettone al ginocchio da collegiale, reso spiritoso dal connubio con svettanti scarpe stringate alla francese e poi giacchette a redingote dalla spalla insellata e nei toni perlati dell’alba. L’inverno sapiente della linea omonima strizza l’occhio agli anni Ottanta, al ricordo di un’eleganza che sapeva di entusiasmo, di ottimismo e di... consumismo. Tailleur e abiti dalla gonna breve e spalla da dominatrice hanno i colori scuri e lucidi dei tempi d’oro del made in Italy. La palette cromatica scelta dal duo AQUILANO-RIMOLDI per Ferré abbina profondi toni ebano e foresta, e pure qui riecheggiano gli Ottanta, specialmente nella struttura delle spalle a pagoda dei caban, nella forma a boule delle gonne, nella tecnica origami usata per gli abiti da cocktail. E sull’onda del formidabile decennio avanza la pericolosa creatura di GUCCI in pantastivali black dal tacco assassino e blazer iridescente, o in tuta adesiva dai lampi argentati. Né potevano mancare gli abiti scolpiti sul corpo della donna VERSACE : eretta su sandali o pumps dal doppio plateau e tacco 14, glorificata da cascate di gioielli, alterna con nonchalance il trench di visone al cappottino in cincillà graffiato da filamenti d’acciaio. La voglia di novità da MARIELLA BURANI passa attraverso il libero remake di maglie fatte a mano come una volta, completi couture portati con calze parigine maculate e tubini in un romantico pizzo di lana. Da scaldare con il piumino-bomber arrivato dai grintosi Eighties. Sensuale e selvaggia con le pellicce a pelo lungo, la donna di VERONICA ETRO è tendenzialmente nel mood: overcoat dilatati e tailleur pantaloni maschil-femminili, tuttavia doveroso è il ricamo a mosaico che rimanda all’opulenta Bisanzio della regina Teodora. E se l’ostentazione rappresenta una chiara riminiscenza della Milano da bere, ANGELO MARANI la rielabora con redingote di velluto foderate di pizzo Chantilly oro e marsine da rock star in un patchwork di broccato, tulle e organza da svettare sui techno leggings neri. Ha spalle larghe in tutti i sensi la signora che si fa strada in piena recessione. Decise e sartoriali nei capispalla da diva Hollywoodiana di Rocco Barocco che coniugano il taglio iperfemminile al tessuto maschile. Spalle scultoree e scultorei anche gli abiti di FRANKIE MORELLO , trionfo di gale, creste, nodi, nappine e falpalà. Per una donna davvero con i fiocchi. Sono in chiave anticrisi pure i caldi cardigan fiammati, i

MISSONI

TOCCA ALLA MODA ESORCIZZARE LO SPAURACCHIO DEL CROLLO DELLE BORSE, DISTRAENDO DA ANSIE E TENSIONI INTERNAZIONALI CHE, DEL RESTO, PROPRIO NON RIESCONO A CANCELLARE I DESIDERI E I VEZZI FEMMINILI

coccolanti cappotti melange, i gileroni etnici di pelliccia intarsiata di nastri, gli impalpabili abiti sottoveste di MISSONI . Da stratificare con casualità, fantasia e memoria, insieme a cappucci, scaldamuscoli e sciarpe vaporose. Il morale sale a mille pure ad assistere al defilé di BLUMARINE per via delle fresche fanciulle avvolte in soffici paltoncini fluo indossati su tute adesive in tinta, minigonne mozzafiato abbinate a spencer seriosi, castigati tubini con scolli vertiginosi sul dorso. Monelle spensierate o donne-donne, le creature dell’inverno, apparse sulle pedane, emanano gioia di vivere e spirito ludico. Ecco la gentlewoman di LORENZO RIVA che se non disdegna, quando scende la sera, l’incanto vittoriano da boudoir, vive le ore del giorno con il trench in panno becco d’oca e impeccabili tailleur in tweed verde pavone o ruggine ■


EMPORIO ARMANI


Il Sole transita nel segno dell’Ariete dal 21 marzo al 20 aprile Elemento: Fuoco - cardinale Pianeta governante: Marte Relazioni con il corpo: testa, cervello Metallo: ferro Parole chiave: dinamicità, individualismo, concretezza

» a cura di Elisabetta

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ariete

bilancia

Mercurio di transito nella vostra seconda casa solare, quella dei guadagni, vi spinge ad aumentare le vostre relazioni d’affari. Grazie a questo passaggio buona parte delle vostre risorse intellettuali saranno finalizzate a un miglioramento della vostra immagine pubblica.

Situazioni professionali imprevedibili per i nati nella terza decade segnate dai transiti di Venere, Marte e Urano. Possibili risvolti sentimentali durante un incontro di lavoro. Malumori e pensieri autodistruttivi tra il 15 e il 16 del mese per i nati nella prima decade.

toro

scorpione

Pubbliche relazioni a gonfie vele per i nati nella prima e seconda decade. Grazie a Plutone e a un aumento improvviso del vostro carisma non avrete nessuna difficoltà a fare buona impressione sul prossimo. Decisive le giornate tra il 15 e il 16 aprile.

Amore in arrivo per i nati della terza decade baciati dal moto retrogrado di Venere. Incontri originali caratterizzati da una forte imprevedibilità. Sappiate cogliere l’attimo senza indugiare in tentennamenti. Decisive le ore comprese tra il 15 e il 16 aprile.

gemelli

sagittario

Tensioni amorose per i nati nella terza decade promosse dal moto di Venere nel segno dei Pesci. Non preoccupatevi tra breve il vostro cuore tornerà a scaldarsi. Relazioni con personaggi particolari, totalmente fuori dal comune.

Inquietudini sentimentali per i nati nella terza decade per il moto retrogrado di Venere nel segno dei Pesci. Cercate di controllare la vostra gelosia ed evitate di compiere azioni improvvise. Scaricatevi praticando una sana attività sportiva.

cancro

capricorno

Cambiamenti nella vita affettiva per i nati nella terza decade. La congiunzione tra Urano e Venere nel segno dei Pesci è portatrice di novità straordinarie. Unione improvvise, matrimoni. Salto evolutivo favorito dalla forte congiunzione tra Nettuno e Giove in Acquario.

Il 15 e il 16 aprile Plutone sarà baciato dalla regina della notte. Momento estremamente significativo sul piano emotivo. Possibile incontro con una donna caratterizzata da un irresistibile magnetismo. Vita sentimentale in crescita per i nati nella terza decade.

leone

acquario

Incomprensioni professionali per i nati nella prima e seconda decade provocate dalla quadratura di Mercurio. Se volete raggiungere il successo dovrete imparare a essere più chiari con i vostri interlocutori, altrimenti correte il rischio di venire fraintesi.

A partire dal 12 aprile Urano, il vostro astro guida, sarà baciato dal passaggio di Marte e Venere retrograda. Grazie a questa forte configurazione la vostra vita potrà prendere un’incredibile svolta. Momento decisivo per i nati nella terza decade.

vergine

pesci

La vita affettiva dei nati della terza decade continua a essere disturbata dall’opposizione di Venere e Urano. Vivete gli affetti più serenamente senza farvi prendere da improvvise paure. Indipendenza e coppia possono benissimo trovare la giusta sintesi.

Dal 12 aprile in poi Venere inizierà a brillare nei cielo dei nati nella terza decade. Grazie a questo transito e alla congiunzione con Marte e Urano il vostro cuore potrà essere acceso da una travolgente passione. Cercate di viverla in modo completo, senza tentennamenti.

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Astri

Segno cardinale, al pari della Bilancia, del Cancro e del Capricorno, l’Ariete appartiene ai segni zodiacali che inaugurano gli inizi di stagione e ospitano i due solstizi e i due equinozi dell’anno. In astrologia essi simboleggiano l’impulso all’azione attiva: fisica e concreta per Ariete e Capricorno, ideativa e fantastica, per Bilancia e Cancro. Abbiamo visto nei precedenti numeri che il segno dell’Ariete, con il suo ego prorompente, è spinto da una pulsione e da una vitalità marziane, ma al contempo il fuoco da cui è sostenuto si consuma con grande rapidità. André Barbault descrive l’Ariete con queste parole: “il soffio di fuoco prometeico, creatore e distruttore al tempo stesso, cieco e generoso, caotico e sublime, irruento e folgorante come il fulmine”. Va detto che i nati nel segno non si appagano tanto dei risultati delle loro azioni quanto piuttosto dell’azione stessa, dell’atto creativo in sé. Necessitano però spesso di una guida, di una direzione verso cui convogliare le proprie energie. In questo quadro, l’attitudine all’obbedienza si configura come un aspetto essenziale: le capacità di affidarsi a chi ha maggiore esperienza e di accetare la gerarchia sono elementi ricorrenti, anche se non mancano gli impulsi a ingaggiare situazioni di sfida e ribellione. Un aspetto significativo riguarda la capacità di accettare l’istituzione e i suoi valori verso cui l’Ariete opera talvolta acriticamente: ne riconosce i limiti e i paradossi, ma senza però opporsi realmente. E da questi motivi che sorgono i temi del moralismo e del perbenismo dei nati nel segno, espressi talvolta con assoluto candore, altre volte con rigore marziale.

“… ma il poeta divin, citareggiando, del bellicoso Marte…”

Ariete


Zitronen blühn...”. Chi non conosce i luoghi del proprio vivere quotidiano? Sono tanto familiari che, addirittura, a volte nemmeno li vediamo più. Se poi qualcuno ci domandasse se conosciamo il paesaggio ticinese otterrebbe difficilmente una risposta negativa. In realtà, quello che appare così ovvio, tanto ovvio non è. Lo studio di Claudio Ferrata ci mostra come il paesaggio, nella fattispecie quello dei nostri laghi, ma non solo, sia frutto di un vero e proprio processo di fabbricazione. Come dire: il paesaggio non si dà al nostro sguardo bensì siamo noi che lo inventiamo e lo costruiamo sia in senso materiale che culturale e simbolico. Si tratta di

un processo sempre aperto: il paesaggio non è mai dato una volta per tutte, si trasforma e si modifica nel tempo. Dopo una disamina della nozione di paesaggio che permette di coglierne tutta la sua ricchezza e complessità, Ferrata ci accompagna nel viaggio verso le origini del nostro territorio, agli albori di un turismo che determinerà un nuovo modo di osservarlo e l’introduzione di modelli architettonici e urbanistici inediti: il Ticino come “città degli stranieri al sud” (così definito da Hermann Hesse), soglia tra mare e montagna, tra cultura latina e germanica. Sì, perché com’è accaduto per le Alpi, anche in questo caso il paesaggio è frutto della frequentazione dei nostri

luoghi da parte di una élite proveniente soprattutto dal Nord Europa. Attraverso numerosi esempi, citazioni e aneddoti spesso sorprendenti, l’autore affronta temi quali il giardino – la creazione delle Isole di Brissago e la trasformazione dei parchi privati nei primi verdi pubblici –, la scoperta dei laghi quali luogo di svago e per la pratica sportiva, ma anche il tema dell’efficacia terapeutica del clima e la conseguente costruzione di sanatori o, ancora, del “paesaggio della velocità”. Ferrata ci offre, oltre a uno sguardo approfondito sul nostro paesaggio, una rigorosa ricerca delle condizioni che hanno condotto al suo allestimento e mise en scène.

Claudio Ferrata La fabbricazione del paesaggio dei laghi Casagrande, 2008

crbasel

“Kennst du das Land wo die

Abbiamo letto per voi

» di Raffaella Carobbio

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Io guido con la testa a posto! Christina Surer

Guida anche tu con la testa a posto: il bordo superiore del poggiatesta si trova alla stessa altezza della sommità del capo. Quindi il poggiatesta tocca l‘occipite. Prima di ogni viaggio, verifica che tu e gli altri passeggeri abbiate assunto questa posizione corretta.

www.poggiatesta.ch


Âť illustrazione di Adriano Crivelli


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1. Ligio agli ordini • 10. Il successore di Belisario • 11. Ente Turistico • 12. Ceramica a pasta compatta • 13. Oriente • 14. Novantanove romani • 15. Fermo di polizia • 18. I confini di Osogna • 19. La fugge il sognatore • 20. Il re di Shakespeare • 21. Uncino da pesca • 23. Pronome personale • 25. Antico titolo onorifico • 27. Particole • 29. Contenitori per il vino • 30. Il della Vigna • 31. Dittongo in reato • 32. Telegiornale in breve • 33. Articolo romanesco • 34. Capo etiope • 36. Né noi, né loro • 37. Reputare • 39. Ferrovie Svizzere • 40. Il nome di Buazzelli • 41. Una nota e un articolo • 42. Il pittore d’un famoso cerchio • 44. Teca • 45. In nessun tempo • 47. Si dà agli amici • 49. Repubblica d’Irlanda • 51. Consonanti in liuto • 52. Il fiume di Bottego • 53. Pubblicata.

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A quale libro appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 18. Al vincitore andrà in premio Outsider di Friedrich Glauser, Edizioni Casagrande, 2008. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 16 aprile a ticino7@ cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano.

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1. Noto film di Ferzan Ozpetek con Isabella Ferrari • 2. Finche va... lasciala andare! • 3. Monte luganese • 4. Innalzare • 5. Particella nobiliare • 6. Ripetere • 7. Escursionisti Esteri • 8. Vi è anche quello biologico • 9. Parte di chilo • 13. Visibilio • 16. Regno • 17. Articolo spagnolo • 20. Diverbio • 22. Peculiarità, singolarità • 24. La nota Wanda • 26. Mezza stanza • 28. Circuire, inviluppare • 31. Esonerare • 35. Ioni di carica negativa • 36. Provetta centrale • 38. Rosso detto a Zurigo • 42. Nel mezzo della laguna • 43. Ohio e Malta • 46. Stop! • 48. Unione Militare • 50. Congiunzione.

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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“Sul momento non riuscì a dire di più. Sarah lo scrutò: non la riconosceva, non indovinava ancora. «Ci conosciamo?». «Certo che mi conosci», disse lei. «Sono io: Robert».” Friedrich Glauser (1896–1938) ebbe una vita turbolenta sin dalla giovinezza. Dopo una serie di vicissitudini scolastiche fuggì di casa nel 1921 e si arruolò nella Legione Straniera. Visse in un continuo viaggio per l'Europa barcamenandosi tra diversi lavori. Lo sfondo dei suoi romanzi – letterariamente diviso tra il filone poliziesco legato alla figura del Wachtmeister Studer e altri di spiccato accento autobiografico – è la provincia svizzera di inizio Novecento, di cui l’autore non tesse certamente le lodi. Outsider è la raccolta di quattro racconti inediti legati dal tema della ribellione all’autorità. Un Glauser che entra “a pieno diritto in quella famiglia di grandi scrittori outsider a cui appartengono Robert Walser e Franz Kafka”. Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 18.

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La soluzione a Epigoni è: L’incarico di Friedrich Dürrenmatt (Marcos y Marcos, 2004).

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Nessun lettore ha correttamente risposto al concorso del no. 14. Lo stesso è avvenuto per quello apparso sul no. 13.

Giochi

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