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L’appuntamento del venerdì

Maternità

Agorà Giornalismo d’inchiesta · Media Radio pirata · Tendenze GPS

Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Giornale del Popolo • Tessiner Zeitung

CHF. 2.90

con Teleradio dal 10 al 16 maggio


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Per fare una gran bella figura non occorre un’auto grande. Chi vuole dare una bella immagine di sé deve spiccare per slancio, agilità e dinamismo, esattamente come la Mazda2. Con bassi valori di consumo, un equipaggiamento di sicurezza di prim’ordine e consapevolezza ambientale integrata interpreta perfettamente le esigenze di quest’epoca. Un’auto agile per chi ama destreggiarsi velocemente in città senza dover rinunciare minimamente al comfort. Sono tre le motorizzazioni a scelta: benzina 1.3 (75 oppure 86 CV), 1.5 (103 CV) e diesel 1.6 con DPF (90 CV). Cambio manuale o trasmissione automatica (1.5). A proposito: la Mazda2 è vostra già da CHF 16 720.—. www.m{zd{.ch

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numero 20 8 maggio 2009

Agorà Il giornalismo d’inchiesta e il paradosso del web Arti Mikhail Baryshnikov. Dancing is living

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Impressum

Società Insegnamento. Sopra i tetti del mondo

Tiratura controllata

Salute Gli altri zuccheri

Chiusura redazionale

Vitae Pier Triangeli

Editore

Reportage Maternità

Giovedì 30 aprile Teleradio 7 SA Muzzano

Direttore editoriale Peter Keller

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor

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ELISABETTA LOLLI

PAOLO GALLI DI

FABIO MARTINI

ALESSANDRO TABACCHI

Media I pirati delle radio oggi sono… virtuali

90’606 copie

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PAOLO GALLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DI

NICOLETTA BARAZZONI

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SAMANTHA DRESTI; FOTOGRAFIE DI REZA KHATIR

Tendenze Tecnologia. GPS

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ULRICO GONZATO

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Racconto Il segreto bancario e un futuro a elastico

KURT SGHEI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Reza Khatir

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Maternità. Adriana con Alessia Fotografia di Reza Khatir

Libero pensiero Stimata redazione, la signora Nicoletta Barazzoni, di cui apprezzo sempre la scioltezza espositiva, ha scelto per il numero 18 del settimanale il tema della madre “doppia”, riproponendo le antiche antinomie del soggetto, il cui essere è alla base delle relazioni interpersonali e, quindi, anche di quelle sociali. Scelta interessante e per nulla inattuale, certo utile a chi, donna o uomo che sia, oltre a vivere i rapporti non rifugge dall’osservarli e dal discuterne. Orbene, nel presente, come si equilibrano o da quale parte pendono i sentimenti contraddittori? Come si manifestano nella donna, quando non è madre? È ella sempre madre, anche senza il suo “doppio”? Mi pare indispensabile la discussione per la politica fatta in casa, ma pure per la politica della vita professionale e degli ambiti sociali. Opero da vari anni nel settore sanitario ed essendo attorniato da figure femminili, vedo affiorare con una certa frequenza la “madre” sotto le vesti della nuova “intelligenza emotiva” che dispensa adeguati approcci curativi. Vecchie e tramandate modalità relazionali autorizzano comunque e sempre a riscrivere la psicologia al femminile – dato che quella riconosciuta e vigente è stata scritta prevalentemente dai padri –, ma non senza sottovalutare il rischio di uno scivolamento nell’autoreferenza, nel narcisisimo di genere non sostenibile, trappola affettiva comune a ogni umano. Un saluto, R.K., Grumo

Gentile lettore, come vede dal numero appena uscito il tema della madre ritorna sia come omaggio artistico, grazie alle fotografie di Reza Khatir, sia

come operazione di scavo negli aspetti più personali e intimi della maternità. La ricorrenza è ovviamente quella della Festa della mamma, momento da non banalizzare anche in relazione a quanto lei giustamente suggerisce. Che la “storia delle madri” rappresenti un capitolo ancora tutto da scrivere, al di là degli apporti più o meno pregnanti offerti dalla critica femminista e dalla psicoanalisi, è cosa certa. Un ruolo complesso e misterioso le cui valenze, attive nell’inconscio di ognuno di noi, agiscono come forze profonde spesso ignote. Resta la bellezza della maternità come momento di suprema fusionalità e luogo in cui l’esperienza dell’amore (ma talvolta anche del suo contrario, come gli studi di micropsicoanalisi hanno evidenziato) rasenta il suo culmine. Cordialmente, Fabio Martini

“Mi domando che madri avete avuto. Se ora vi vedessero al lavoro in un mondo a loro sconosciuto, presi in un giro mai compiuto d’esperienze così diverse dalle loro, che sguardo avrebbero negli occhi? Se fossero lì, mentre voi scrivete il vostro pezzo, conformisti e barocchi, o lo passate, a redattori rotti a ogni compromesso, capirebbero chi siete?” dalla Ballata delle madri (1961–64) di Pier Paolo Pasolini


Il giornalismo d’inchiesta e il paradosso del web

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Agorà

Dato quasi per estinto in un’epoca in cui la prassi giornalistica sembra ostentare scarsa autonomia e una crescente piaggeria nei confronti delle lobby politico e finanziarie, il giornalismo d’inchiesta sta tentando grazie a internet di individuare nuovi spazi di azione. Uno sviluppo minacciato da problemi di natura economica non indifferenti…

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a tempo il tema del giornalismo politico e d’inchiesta è oggetto di studio e discussione anche se a dire il vero, non sono poi molti i contributi che a livello internazionale hanno proposto un’analisi comparativa dei diversi “stili” e orientamenti contemporanei.* Un tema complesso, cui Ticinosette dedicherà certamente in futuro spazio, ma che in questa occasione assume solo un valore di spunto per trattare della crisi che il giornalismo di inchiesta ha attraversato negli ultimi anni. A volerle individuare, le motivazioni alla base di questo fenomeno sembrano essere sostanzialmente tre: l’aspirazione a un crescente controllo sull’attività giornalistica ed editoriale nel trentennio del “liberismo” selvaggio da parte dei settori politici e finanziari; il raggiungimento di obiettivi di profitto sempre più elevati da parte dei gruppi editoriali, anche in relazione alla diversificazione pubblicitaria con conseguente ricaduta sulla gestione dei contenuti, sempre più tesi all’ampliamento dell’audience (il termine, inteso qui genericamente, non è riferito solo ai media radiotelevisivi); infine, alla luce di quanto appena detto, la scarsa economicità delle attività di giornalismo investigativo i cui risultati non sono certi e implicano una evidente assunzione di “rischio” commerciale oltre alle difficoltà e alle incognite connesse allo specifico di quel tipo di attività. Una lettura “giornalistica” e sociologica di film come Tutti gli uomini del Presidente (1974) di Alan Pakula o del più recente Frost-Nixon (2008) di Ron Howard svela con chiarezza esemplare questo genere di problematiche.

Giornalismo e democrazia Naturalmente, non tutto è andato perduto: in ambito televisivo trasmissioni come Falò (Rsi) o Reporter (Rai) – per non allontanarci troppo dal nostro contesto – attestano di un interesse pubblico estremamente vivo e di un impegno serio da parte di giornalisti che aspirano alla ricerca della verità, al di là dell’appartenenza a partiti o schieramenti politici, e sempre dalla parte di chi desidera semplicemente conoscere. Del resto, un certa urgenza in questa direzione sembra avvertibile: non è certo un caso che al recente Festival del giornalismo di Perugia, che si è tenuto nei primi giorni di aprile di quest’anno, sia stato celebrato un grande giornalista investigativo americano, Seymour Hersh, vincitore del premio Pulitzer. Altrettanto rilevante il successo del “New York Times” che, nonostante la grave crisi economica in cui versa – condivisa con molte testate cartacee in tutto il mondo –, ha ottenuto ben cinque premi Pulitzer, di cui uno proprio per il giornalismo investigativo. Non è tutto. Oggi, venerdì 8 maggio, si apre a Marsala il primo Festival dedicato al giornalismo d’inchiesta: tre giorni di incontri e dibattiti con giornalisti, fotoreporter, scrittori, video operatori. Iniziative che testimoniano della forte relazione fra comunicazione giornalistica e società civile, un binomio essenziale allo sviluppo delle moderne democrazie. La strada del web Al di là di tutto, come far fronte all’esigenza di continuare a svolgere questo tipo di attività giornalistica in un orizzonte economico e di mercato che appare, almeno al momento, particolarmente ri-


Ciononostante, anche in Europa i siti dedicati a questo tipo di attività si moltiplicano ma, ci chiediamo, con quale possibilità di affermarsi nel tempo? E sulla base di quale indipendenza economica? Il problema in fondo è sempre il medesimo, perché questo tipo di attività, se condotta “giornalisticamente” e non come raccolta di libere testimonianze e grappoli di blog, necessita di investimenti non indifferenti: per effettuarla è indispensabile mantenere una redazione, affrontare i costi di indagini, interviste, analisi dei dati e informazioni al fine di assicurare un prodotto di valore. E dato che in questa prospettiva la pubblicità sembra ancora l’unica fonte certa di sostegno, il modello sostanzialmente non solo non cambia, ma si ripresenta il rischio di una pesante influenza delle lobby finanziarie e politiche sul sistema dei mediaweb nel loro complesso. Alternative e paradossi Donazioni, sostegno da parte dei lettori, appoggio da parte di istituzioni pubbliche, vendita di gadget… le vie alternative ci sono e vengono percorse, come dimostrano i casi di Texas Watchdog.org che si finanzia con gli introiti

di un corso di formazione per giovani cronisti o di Investigativevoice, nato per informare gli abitanti di Baltimora e da questi ultimi sostenuto. Ma si tratta di soluzioni “deboli”, soggette a rapide cadute o a fallimenti. Ritenere dunque che la messa online possa risolvere come d’incanto i problemi del giornalismo è probabilmente una pia illusione (l’articolo di Patrizia Feletig apparso sull’allegato Affari&Finanza di “Repubblica” del 27 aprile sprizza di entusiasmo ma elude di fatto il problema). La forza e l’espansione del web come nuovo media è indiscutibile: le sue potenzialità sono incomparabili con i modelli proposti fino a poco meno di due decenni fa. Ma ecco emergere il paradosso: ripetutamente considerato come una minaccia per la stampa cartacea il giornalismo sulla rete sembra oggi andare incontro inesorabilmente alla medesima sorte.

» di Fabio Martini

stretto e sfavorevole? La risposta pare venire da internet dove da tempo proliferano portali dedicati al giornalismo investigativo. Pionieri in questo senso ProPublica (condotto da Paul Steiger, ex direttore per oltre tre lustri del “Wall Street Journal”, che può contare su quasi trenta reporter, la più numerosa squadra di giornalisti investigativi degli Stati Uniti), e NewAssignement.Net, ideato da un professore della New York University in collaborazione con l’agenzia Reuters. Altro esempio quello dell’Huffington Post digitale che dispone di un fondo di quasi due milioni di dollari per svolgere attività di giornalismo investigativo: “Nel momento in cui la carta stampata contrae i suoi investimenti – ha dichiarato Arianna Huffington, fondatrice ed editore della testata – è opinione comune che a farne le spese sarà soprattutto il giornalismo investigativo. Tutti quelli che ritengono indispensabile il ruolo del giornalismo di qualità hanno dunque il dovere di preservarlo in questo periodo di transizione”. Certamente le testate web in lingua inglese possono contare su una bacino di utenza enorme, mentre per altri ambiti linguistici le prospettive possono essere meno favorevoli.

*Ricordiamo tre importanti contributi: The crisis of public communication (1995) di Jay Blumler e Michael Gurevitch, Comparing media systems (2004) di Daniel Hallin e Paolo Mancini e, infine, Comparing political communications (2004) di Frank Esser e Barbara Pfetsch.

Preparato e. t n e u t i t s o c ri


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Don Quixote Per chi volesse avere un saggio dell’istrionismo di Baryshnikov all’apice della sua carriera: lo spettacolo è stato ripreso dal vivo al Metropolitan di New York nel giugno del 1983, assieme alla Compagnia dell’American Ballet Theatre, di cui all’epoca era direttore.

i referenti primi di una rappresentazione che rifiuterà l’atletismo a favore dell’espressione minimale e iperrealistica. E che dire delle musiche: Arvo Pärt e Philipp Glass si alterneranno a Glinka e Satie. Inutile descrivere la corsa al biglietto, conclusasi vittoriosa anche se per il rotto della cuffia: nella città che dai palchi della Scala idolatra Roberto Bolle e Svetlana Zakarova con tifo calcistico, la danza classica ha veramente molti cultori. E qui stiamo parlando del più grande ballerino vivente: di colui che, dopo aver stupito nel 1974 mezzo modo scappando dall’Unione Sovietica negli USA, in barba ai grigissimi emissari del KGB che seguivano le sue tournee, riuscì a imporsi come la vera new sensation della scena negli anni del punk e del riflusso a suon di pirouettes, ultimo anello di una catena cominciata coi Balletti Imperiali, proseguita con Nijinski e Nurejev. Una catena che lui volle e seppe, spezzare. Divenuto una autentica star, ebbro della gloria conquistata nei templi del balletto classico, ma insofferente alla polvere dell’Accademia, a partire dagli anni Ottanta, Baryshnikov Il 16 giugno prossimo sarà una grande gior- è stato infatti capace nata: Mikhail Baryshnikov torna a Milano di re-inventarsi, imponendosi come il più con uno spettacolo di danza contemporanea. risoluto promotore Un’occasione per ammirare un artista dav- della danza modervero intramontabile na in America e nel mondo. Una carriera folgorante che ancor oggi, splendido sessannea: del repertorio presentato tunenne, lo vede capace di trovare nuova nulla avrà più di tre anni di linfa creativa da un corpo che lotta con vita al momento di andare in l’avanzare dell’età e una creatività immune scena. Neanche da pensare ai dall’invecchiamento. Una lezione per tutti, Don Chisciotte e ai Laghi dei negli anni dell’eterna gioventù plastificata Cigni dell’aurea tradizione: e della virtualità imperante. qui Beckett e Ionesco saranno

pieno di elegante passione e con un’aspra consapevolezza, che pare voler annullare la pochezza dell’essere quotidiano con uno scatto di orgoglio e vitalità ancestrali. A questo punto, incomincia a gorgogliare una stupita curiosità che si trasforma presto in eccitazione: “Eppure mi sembra proprio lui… ma stai a vedere che… sì, sì, è LUI, incredibile”. Ebbene sì: per tre serate, il 16, 17 e 18 giugno 2009, il Piccolo Teatro ospiterà Mikhail Baryshnikov in uno spettacolo intitolato Three solos and a duet, in cui condividerà il palco con un’altra grandissima, Ana Laguna, sotto la direzione, nella performance a due intitolata Place, del geniale e iconoclasta coreografo Mats Ek. Trionfo di danza contempora-

» di Alessandro Tabacchi

Arti

volta la sorpresa supera ogni aspettativa! Immaginate di passeggiare un venerdì sera (en passant, piovoso) con la vostra fidanzata in via Dante e, fra una amabile chiacchiera e l’altra, volgete lo sguardo verso un cartellone, lontano lontano, del Piccolo Teatro in cui riuscite a distinguere solo un nome: Baryshnikov. Immediatamente sorge una ridda di pensieri: “Guarda un po’, andiamo a vedere chi omaggia il maestro… ma sarà una pièce teatrale? O forse un video-collage di performance in qualche contesto celebrativo?”. E poi il classico pensiero un po’ menagramo di chi teme per la sopravvivenza dell’arte in questo periodo di risacca e reality show: “Non dirmi che il titano ci ha lasciato e viene ricordato ad memoriam… eppure era ancora abbastanza giovane, ma no, impossibile, i giornali li leggo, l’avrei saputo se…”. Intanto mi avvicino al cartellone, e vedo che è adornato con una bellissima foto di scena, sicuramente tratta dallo spettacolo che pubblicizza: sullo sfondo nero, un uomo e una donna, tutti e due sulla sessantina, sono ripresi mentre danzano attorno a un tavolo spoglio, in abiti moderni e grigi, con un gesto

Il sole a mezzanotte Baryshnikov ha mostrato versatilità e talento anche come attore, tanto da ottenere una nomination all’Oscar come migliore attore non protagonista in Due vite, una svolta (1978) oltre a lavorare con Isabella Rossellini ne Il sole a mezzanotte (1985).

»

Q uesta

Dancing is living

Mikhail Baryshnikov in compagnia di Ana Laguna

Film


Opera

da molti considerata incompiuta, da altri consigliata solo a veri appassionati di danza – arte tra le più amate oggi dalla televisione, tra quotidiani reality e trasmissioni del sabato sera – Robert Altman (1925–2006), noto al grande pubblico per pellicole pluripremiate come M*A*S*H (1970) e America oggi (1993; Leone d’oro al Festival di Venezia), sorprende la critica nel 2003 con questo film dedicato alla compagnia americana di danza Jeoffrey Ballet di Chicago, nota in tutto il mondo per avere un repertorio che miscela tradizione e classicismo alle tendenze più innovative. The Company narra, tra il documentario e la finzione, le prove, le gelosie e gli amori all’interno della grande compagnia americana: fra i personaggi spicca Ry, una ballerina dotata di grande talento e determinazione che, in seguito all’infortunio subito da una collega, ha l’opportunità di diventare prima ballerina. La sua felicità per la possibile promozione è però turbata dalla scoperta che Frankie (suo compagno di ballo oltre che fidanzato) la tradisce con Emily, un’altra ballerina della compagnia. Tra gli altri personaggi spicca un esigente coreografo che esercita forti pressioni sui suoi ballerini,

Abbiamo visto per voi sia del punto di vista fisico sia emotivo, mentre questi sono costretti a lottare quotidianamente contro le loro insicurezze, alla continua ricerca di conferme per arrivare alla fine della stagione e al tanto atteso e bramato “spettacolo finale”... Come per altre opere di Altman, anche in The Company la coralità è l’elemento prevalente: tanti personaggi che, interagendo tra loro, costruiscono lo spessore vitale della storia, la scintilla che dà vita all’ambiente preso in considerazione. Ci si aspetta allora dal regista il consueto e abile incastro capace di raccontare “non raccontando”, di mostrare mentre sembra perdersi, di caratterizzare senza generalizzare… tutti quei giochi filmici così ben riusciti in passato: da Prêt-àPorter (1994) all’ultimo Radio America (2006) alla coralità di Nashville (1975) all’imperdibile Gosford Park (2001), grandioso dipinto della stanca società medio borghese di fine Ottocento. E invece… dal punto di vista narrativo The Company delude sin dall’inizio. Sebbene ci si aspetti che Altman si concentri sull’essenza del ballo piuttosto che sulle misere vicissitudini di ragazzi “dai grandi sogni”, in realtà la visione dell’ottantenne regista, forse anche per la

debole sceneggiatura di Barbara Turner (già in Pollock di Ed Harris del 2000), non fugge i soliti cliché di genere: le prove, la fatica, gli scontri, le sfide, le delusioni e il successo finale. Tutte le “solite tappe” vengono così rispettate, ma con un marcato e asettico distacco: i personaggi sono lontani, contraddistinti da un imbarazzante – che immaginiamo voluto… – anonimato. Un aspetto del già citato taglio documentaristico della pellicola che viene ulteriormente e drammaticamente accentuato dalla totale indifferenza trasmessa dagli attori, sebbene le loro abilità artistiche (l’attrice protagonista ed ex ballerina Neve Campbell è tra le ideatrici del progetto e conferma le sue abilità) non vengano certamente messe in discussione. È piuttosto l’assenza di una vera trama a segnare, in modo indelebile, il film: lo dimostra Malcom McDowell, improbabile direttore della scuola che pare recitare a braccio, senza l’apparente sostegno di un copione o la guida di un regista. Ma la sua storia, come quella dei suoi ballerini – che nel racconto procede a episodi isolati, lontani, sfilacciati – fa più da cornice che da contenuto alla storia della compagnia. Certo, molte inquadrature sono spettacolari e intriganti, in

The Company Regia di Robert Altman Con: Neve Campbell (nel ruolo di Ry), Malcolm McDowell (Alberto Antonelli), James Franco (Josh), Barbara E. Robertson (Harriet), William Dick (Edouard), Susie Cusack (Susie) USA, 2003

particolare quando i balletti prendono corpo e il palco viene raccontato con i tagli obliqui delle riprese. Sono questi i momenti migliori, quando il regista pare in religiosa contemplazione di fronte al ballo, perfetto nella sua maestosa grazia. Ma questo indiscusso “mestiere” di Robert Altman aiuta solo i parte la pellicola, che pare essere, come sostengono molti critici, incompiuta… di certo inferiore alla sua decennale produzione. Iniziata con The Delinquents nel “preistorico” 1955...

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Recensioni

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» di Lou Branca

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Internet

www.radiogwen.ch Radio Gwendalyn è una radio che trasmette sul web a partire da un coloratissimo garage di Chiasso. La trovate appunto dietro a un pub, oppure in ogni computer collegato a internet. Tanto rock e acuti pensieri di ragazzi pieni di voglia di comunicare.

internet, assolutamente più comoda. I pirati non sono più davvero quelli di una volta. E comunque attraverso le varie piattaforme virtuali, le cosiddette comunità, ogni singolo gruppo musicale, ogni singolo artista, ogni singolo pensatore, appunto, ha modo di farsi sentire e conoscere. Nessuna musica appare più vietata, semmai tenuta sommersa dai dettami delle multinazionali della musica – le stesse che sfruttavano le radio pirata degli anni Cinquanta e Sessanta –, ma certo non vietata. Non c’è più nessuna musica da propagandare, anzi, ci sarebbe su larga scala, ma naturalmente trova i suoi spazi paralleli, piccoli, ma esistenti. E allora dove è andato a finire il romanticismo della radio pirata? Finisce là dove inizia la globalizzazione. E dove potrebbe riaprirsi? Potrebbe Mezzo secolo fa le frequenze europee ve- accadere se i diritti nivano barbaramente (e romanticamente) di trasmissione della assaltate da vecchie navi dai mari del Nord. musica diventassero eccessivamente costoOggi però ci si muove in spazi del tutto di- si. Chiedete a quelli di versi e ognuno può crearsi la sua emittente Radio Gwendalyn quanti sacrifici devono fare sul web per mantenersi accesi, sfuggiva. Storie di microfoni sperando in uno sponsor, in un sostenitore. abbandonati in fretta e furia, I diritti costano, ma potrebbero arrivare a censurati, e poi di nuovo resi costare anche di più. A quel punto allora attivi, altrove, in altri mari. sì, potremmo forse ritrovare qualche pirata Da una navigazione all’altra, qua e là, in giro per la rete, capaci di sfrutda quella sui mari pericolosi tarla come ragni invisibili. Magari da una del Nord Europa a quella in stanza o, perché no, da una nave.

» di Paolo Galli

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abbiamo chiesto ai fondatori. “No, non siamo una radio pirata”. Già, ma che senso ha effettivamente parlare di radio pirata oggi? Non ci sono più spazi da depredare e da assaltare, c’è solo un vuoto da riempire, un vuoto personale e un vuoto spaziale. Il 2 agosto del 1958 Radio Merkur iniziò le sue trasmissioni. E trasmetteva da una vecchia nave battente bandiera panamense, ancorata nelle acque internazionali davanti a Copenaghen. Poi cominciarono a navigare altri barconi, con a bordo Dj e pensatori, parlatori e musicisti, in condizioni precarie, proprio come veri pirati. Si infilavano tra le frequenze, calpestando i colossi senza troppo rispetto, ma era l’unico modo per diffondere la musica rock. Le influenze americane che sbarcavano in Europa. E si navigava, ci si rincorreva, si

Andrea Borgnino Radio Pirata Castelvecchi, 1997 Un libro in cui ritroviamo la storia dell’emittenza illegale, partendo dal mondo delle stazioni radio offshore nella fine degli anni Sessanta. Dalle esperienze di Radio Caroline sino all’FM coperto in grosse città come Londra e Amsterdam

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Media

“D’improvviso si aveva la possibilità di dire tutto a tutti, ma, a pensarci bene, non si aveva nulla da dire”. Una battuta di Bertolt Brecht sulla radio, una battuta sempre d’attualità, anzi, sempre più d’attualità. Mai avrebbe potuto immaginarlo, il noto drammaturgo tedesco, che la radio sarebbe diventata quello che è oggi. Brecht, scomparso nel 1956, non ha neppure potuto vivere l’era delle radio pirata, nonostante lui spingesse in sostanza in quella direzione. “La radio dovrebbe abbandonare il suo ruolo di fornitrice e far sì che l’ascoltatore diventi fornitore”. Ebbene, i ruoli si sono mischiati, la radio oggi è fornitrice, sì, ma esattamente quanto lo è l’ascoltatore, che poi si trasforma in fornitore, e allora la radio diventa... di tutti, ma proprio di tutti. Che senso ha oggi parlare di radio pirata? Nel nuovo millennio è stata scoperta la possibilità di creare ognuno la propria radio, al di là delle frequenze, oltre il mezzo in sé. La radio è sul web e può trasmettere da qualsiasi stanza, da qualsiasi spazio chiuso o aperto che sia. Recentemente, per esempio, si è parlato in Ticino della nascita della spartana Radio Gwendalyn, che diffonde la sua musica preferita da un garage di Chiasso. “La vostra è una radio pirata?”,

I pirati delle radio oggi sono... virtuali

Chiasso: il garage-studio di Radio Gwendalyn

Libri


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Aarau: Kurt W. Ineichen Altdorf: Peter Arnold Basilea: Elio Merola • Dietmar Rambacher Bellinzona: Dewis Piccinali Berna: Peter Kofmehl • Maurer & Pizzimenti AG Bienne: Martin Wittwer Brugg: Herbert Wiederkehr Burgdorf: Stephan Aeberhardt Chiasso: Renzo Zanotta Coira: Werner Bär • Thomas M. Bergamin Delémont: Philippe Membrez Dietikon: Beat Weilenmann Frauenfeld: Erich Marte Friburgo: Daniel Eltschinger • Romain Wohlhauser Füllinsdorf BL: Markus Burgunder Ginevra: Jean-Pierre Cathrein • Carmine Cucciniello • Laurent Ischi • Maurice Reynaud/Raymond Sartor • Yvon Voland Horgen: André Huber Kloten: Eduard Tellenbach Köniz: Massimo Galluccio Kreuzlingen: Silvio Müller Lachen: Gerhard Vogt Langenthal: Martin Zellweger Locarno: Giulio Farei-Campagna Losanna: Alain Rochat Lucerna: Dr. Guido Nauer • Edgar Villiger Lugano: Renzo Quadri Martigny: Christophe Gross Meilen: Gianluca Ablondi Montreux: Eric Marchal Neuchâtel: Pascal Schlaeppi Nyon: Pascal Eyer Olten: Ulrich Gatschet Payerne: Marcel Marguet Rapperswil: Max Wildi San Gallo: Dominik Hundsbichler • Thomas Jacob Sciaffusa: Urs Züst Sion: Anselme Mabillard Soletta: Walter Stalder Stans: Hans von Holzen Sursee: Josef Weber Svitto: Fredy Inderbitzin Thun: Jürg Heiniger • Fred Schneider Uster: Heinz Ernst Vaduz: Gerd Thöny Visp: Beat Moll Wettingen: Richard Frei Wil SG: Kurt Blank Winterthur: Peter Maurer Wohlen: Peter Deubelbeiss Worb: Beat Gimmel Zugo: Arthur Brühlmann • Fritz Schumpf AG Zurigo Città: Hans-Rudolf Eugster Zurigo Enge: Ivano Greco Zurigo Nord: Markus Hablützel Zurigo Ovest: Roland Ueltschi

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Sopra i tetti del mondo

Società

nuovo libro del poeta e uomo di scuola Fabio Pusterla Una goccia di splendore. Riflessioni sulla scuola nonostante tutto (vedi Apparati), proprio per alcune sue intuizioni, rilancia il concetto elaborato da Guy Brousseau, studioso e teorico di didattica A lui si deve l’elaborazione del modello di “contratto didattico” inteso come “l’insieme dei comportamenti dell’insegnante che sono attesi dall’allievo, e l’insieme dei comportamenti dell’allievo che sono attesi dall’insegnate” (Fondements et méthodes de la didactique de mathématiques, 1986). A partire da un auspicabile processo evolutivo della scuola, che dovrebbe ambire a un allargamento degli orizzonti educativi, Pusterla poggia le sue riflessioni sulla prospettiva di un “sapere da insegnare” e di un “sapere da apprendere”. A parte qualche venatura di pessimismo sul futuro delle nuove generazioni, Pusterla si siede sulla sponda di un fiume che scorre, partendo dalla convinzione che la scuola possa essere rianimata nei suoi molteplici aspetti incentrati non solo sull’istruzione ma in particolare sull’autocritica e sulla curiosità intellettuale sia di chi la frequenta sia di chi

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Il

modo di concepire la scuola, riconsiderando il ruolo del maestro, ha tracciato i principi che regolano il sistema scolastico. La scuola della postmodernità si è evoluta, assimilando in parte, laddove le conveniva, gli orientamenti pedagogici di Freinet e di coloro che, sollevando resistenze al modello di scuola capitalista, si schieravano fra coloro che consideravano l’istruzione del tempo come un dominio elitario, da regolare su base autoritaria. Insieme al metodo naturale e all’idea di una scuola proletaria, Célestin Freinet, negli anni Cinquanta del secolo scorso, introdusse i concetti di scuola del popolo, scuola del fare e pedagogia popolare. Fu proprio in risposta alle sue considerazioni la costruisce. La domanda di (che erano politicizzate ma anche inserite fondo è: gli insegnanti sono in una precisa tradizione storica dato che figure professionali in grado la sua visione pedagogica si connetteva al di collegare rigorosamente il pensiero di Rousseau e Pestalozzi) che negli loro sapere con quello dell’alanni Ottanta si affacciarono metodologie e lievo in una sorta di interazioprogetti educativi nuovi. Il sistema scolastico ne cognitiva? L’attitudine a tuttavia, anche quello universitario, autoridispensare sapere e la volontà produce, nelle sue verifiche, il formato delle di formare adulti in grado di conoscenze che Pusterla definisce standard esercitare un pensiero critiformativi, richiesti e impartiti nelle lezioni. co, dovrebbero essere aspetAncora oggi, la scuola funge da esamificio, ti prioritari poiché, citando caricando gli studenti di esperimenti in un’affermazione di Victor classe, di prove scritte senza contare le inHugo “per ogni studente che numerevoli ricerche e i libri, non da leggere impara a pensare si guadagna ma da imparare a memoria. un uomo”. Sull’onda di questi La selezione è diventata il metro che quainterrogativi Pusterla affronta lifica l’istituzione scolastica sulla base di il tema della partecipazione codici binari come scuola pessima e/o scuola dal punto di vista dell’allievo, ottima, assurgendo a strumento di selezione che si scontra con l’intera istiche a sua volta la classifica in scuola seria e/o tuzione scolastica. Quest’ultirigorosa allo scopo di preparare alle richieste ma tende prevalentemente a espresse dal mondo del lavoro. In questi immettere conoscenze in motermini il discorso di Pusterla richiama ideali do pedissequo, aspettandosi imprescindibili come quello di “formare lo spirito critico che dia Cos’è oggi la scuola? A quale modello forma- a ciascun individuo la tivo si ispira? Temi cruciali che concernono possibilità di capire il mondo e di provare a il futuro delle nostre società e su cui ci inter- modificarlo”. Sono viroghiamo stimolati dalla lettura di una saggio sioni che ricordano la tradizione aristotelica, di Fabio Pusterla che ritiene immanente dagli allievi una prestazione a ogni comunità concreta, una comunità conforme alle modalità immorale intesa come una sorta di sé migliore. partite. Vengono a tal riguarA questo proposito nel libro viene citato do alla mente le parole del un articolo dell’insegnante francese di fipedagogista francese Célestin losofia Michael Smadja. La scuola parte dal Freinet (1896–1966) che oltre presupposto che è lo studente (che è pure ad avere proposto un nuovo il participio presente del verbo studiare) ad


(vedi Apparati), sosteneva che la scuola che vive fine a se stessa ha un solo problema: i ragazzi che perde? Come dire che quando uno studente fallisce il fallimento è in primis da attribuire alla scuola che dovrebbe “davvero insegnare, preparare, educare e anche giudicare”. Le convinzioni di Fabio Pusterla, il suo orgoglio d’appartenenza, le sue incertezze, la tristezza e la rabbia, il modo con cui accarezza le storie di vita dei suoi ragazzi, dai quali ha tratto insegnamenti, ci dovrebbero incoraggiare a non dover mai rinunciare alla sfida che l’insegnamento pone costantemente alla società e ai soggetti in gioco.

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Libri

Fabio Pusterla Una goccia di splendore Edizioni Casagrande, 2008 Professore di liceo e poeta fra i più noti della sua generazione, Fabio Pusterla racconta il mestiere dell’insegnante a partire dal basso, dal quotidiano, dal rapporto diretto con la classe e con il singolo adolescente.

» di Nicoletta Barazzoni; ill. di Danila Cannizzaro

aver scelto lo studio, motivo per cui la sua partecipazione al progetto è vincolante, la sua scelta libera e assolutamente priva di costrizioni istituzionali. Aldilà della discutibilità di tale convinzione, alquanto unidirezionale, ciò non dovrebbe tuttavia precludere, ma al contrario la si dovrebbe incentivare come materia curriculare, l’osservazione sopra i tetti, guardando il mondo a testa in giù. Da questa prospettiva Fabio Pusterla analizza l’organizzazione della scuola che si trasforma in “manifattura di nozioni e di capacità pratiche, misurabili e controllabili come merci”. Una scuola che non dovrebbe essere solamente un’opportunità per apprendere e imparare. Il motto “ora et labora e non cogita” non sembra forse essere il motore dell’attuale sistema? Ma allora, senza farne una questione politica e di potere, non aveva forse ragione Don Milani quando, in Lettere a una professoressa

Don Lorenzo Milani Lettera a una professoressa Libr. Ed. Fiorentina, 2005 Un testo classico che ancora oggi rappresenta un punto di riferimento per tutti coloro – insegnanti, genitori ed alunni – che sono interessati a un approccio realmente innovativo alla didattica e al rapporto con i giovani.


Gli altri zuccheri

Libri

William Dufty Sugarblues. Il mal di zucchero Macro edizioni, 2005 Se siete grassi, soffrite di emicranie, ipoglicemie o acne, il flagello sugarblues vi ha colpiti. Proprio come l’oppio o l’eroina, lo zucchero è una droga distruttiva, che dà assuefazione. Klaus Oberbeil Il dolce veleno T. Nuove, 2007 Il programma nutrizionale In forma senza zucchero, qui proposto, mostra la strada per rinunciare al consumo eccessivo di alimenti dolci, fornendo consigli cucinare, mangiare e vivere in modo sano senza zucchero.

La Stevia rebaudiana, un’alternativa ai classici dolcificanti

Diabete. obesità, danni a ca-

bianco, alla luce delle attuali denza da cui può essere difficile staccarsi. rico del fegato, iperglicemia, concezioni alimentari ispirate Con la crescente attenzione ai temi della stenosi arteriose, problemi a una maggiore sensibilità ai salute e la diffusione di malattie in cui lo cardiocircolatori. Questi i temi della salute, può senza zucchero svolge un ruolo da vero e proprio killer, si è iniziato a utilizzare dolcificanti Salute danni provocati da un ec- dubbio essere considerato cocessivo consumo di zuccheri, me il peggiore dei dolcificanti. naturali in grado di esercitare un impatto per non parlare poi dello svi- Il suo processo di lavorazione, più moderato sul nostro organismo, apporluppo di stati infiammatori a che prevede una depurazione tando al contempo quelle sostanze che la carico di diversi organi. D’al- con calce, una carbonataziolavorazione dello zucchero bianco tende ad tra parte il nostro organismo ne con anidride solforosa e eliminare. Fra questi il più diffuso è certanecessita di questa sostanza una successiva decolorazione mente lo zucchero di canna che si può e non solo dal punto di vista tramite solfiti, implica la pertrovare in commercio in forme più o meno metabolico ma anche perché dita di tutte le componenti raffinate ma che, attenzione, non differisce il gusto del dolce è innato e “buone” – vitamine, proteine, molto dal cugino “bianco”. svolge una funzione psicolo- sali minerali – conservando, Se si vuole optare per questo tipo di prodotto gica non indifferente come al contempo, un elevatissimo è bene acquistare quello “mascavato”. Si “calmante” e rilassante ner- potere dolcificante e un enortratta di uno zucchero poco raffinato, con un voso. Fin dai primordi della me apporto calorico. L’uso gusto forte, colore molto scuro, consistenza civiltà, l’uomo ha cercato di sistematico dello zucchero molle e leggermente umida per la presenza individuare le sostanze dol- bianco nell’industria alimendi melassa. Il miele è un ottimo dolcificante, ci da integrare alla propria tare deve dunque indurci a purché non ne si abusi. Le varietà in comalimentazione: il miele, gli maggiore attenzione anche mercio sono moltissime ed è sempre consciroppi di frutta, la canna riguardo all’alimentazione sigliabile cercare quello di miglior qualità, da zucchero sono stati i primi magari facendo riferidolcificanti mentre a partire Lo zucchero, quello bianco in particolare, è da mento a qualche prodalla metà dell’Ottocento si è tempo sotto accusa. L’assunzione eccessiva di duttore biologico della iniziato a estrarre lo zucchero questa sostanza è infatti all’origine di pato- zona. Un prodotto inbianco dalla barbabietola (Beteressante, soprattutto ta vulgaris rapa altissima). La logie anche molto serie. Alcune alternative per i diabetici e per ragione principale è che alle coloro che presentano nostre latitudini la canna da dei più piccoli: meredine, problemi di glicemia, è invece la stevia (Stezucchero è difficile da colti- marmellate, snack, barrette via rebaudiana), una pianta del Sud America vare; inoltre, con la crescita rappresentano delle vere e che gli indigeni da sempre utilizzano come demografica in Europa, au- proprie bombe che inducodolcificante. Le foglie di stevia hanno un mentava esponenzialmente la no fin dai primi anni a una potere dolcificante elevato ma sono prive richiesta di questo prodotto. assuefazione al sapore dello di calorie e non influiscono sui valori della Il guaio è che lo zucchero zucchero bianco, una dipenglicemia (www.disinformazione.it).

» di Elisabetta Lolli

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che conosciamo se un essere dotato di poteri tanto straordinari da determinare le sorti dell’umanità facesse la sua comparsa? Alan Moore cerca una possibile risposta immaginando un universo parallelo, verosimile e del tutto coerente, terreno ideale dove confrontarsi con l’archetipo dell’Eroe adottando un’ottica assolutamente inedita. I protagonisti dell’opera, ex-avventurieri in maschera un tempo schierati contro il crimine, si muovono in un contesto sociopolitico che corrisponde ad una plausibile evoluzione alternativa della storia americana: negli anni ottanta Nixon, reduce dal trionfo in Vietnam, detiene ancora il potere; la tensione col colosso sovietico è alle stelle mentre incombe lo spettro di un terzo conflitto mondiale. Dato lo scenario, quale può essere il margine d’intervento per un Eroe? Un’intromissione non richiesta, benché fondata su nobili principi, avrebbe ragione d’esistere o andrebbe considerata un’ingerenza potenzialmente pericolosa? L’interrogativo campeggia a caratteri cubitali sui muri della città: “Who Watches the Watchmen?”

(traduzione della celebre locuzione latina Quis custodiet ipsos custodes?). Con queste poche, semplici parole l’autore solleva una schiera d’interrogativi etici che gettano ombra sulla rassicurante figura del supereroe canonico, la cui integrità morale, finora, non era mai stata messa in dubbio. Non è dunque un caso se il manipolo di giustizieri al centro della vicenda viene presentato in tutta la sua disarmante umanità: nessuno possiede poteri particolari, insieme ai propri pregi ognuno di loro esibisce inevitabili debolezze, meschinità e serie turbe psichiche. Persino il Dr. Manhattan, primo e unico essere superumano della Storia, finisce per diventare un’arma tattica sfruttata dagli Stati Uniti a fini puramente bellici. Riflettendo sul ruolo del vigilante, legittimato o meno ad assumersi l’onere di una cosiddetta giustizia, si finisce con l’affrontare questioni che trascendono il semplice fumetto d’intrattenimento. La missione di ogni paladino degno di questo nome dovrebbe riconoscersi nella lotta contro il male; ma non esiste il cavaliere senza macchia, tanto che, con l’avvici-

narsi dell’epilogo, di fronte all’oscurità che alberga in ognuno di noi, si giunge al paradosso di voler uccidere per salvare. L’opera di Moore è in realtà ben più complessa. La quantità di influenze che vi convergono è, senza esagerazioni, impressionante: dalle Satire di Giovenale alla teoria dei quanti, dal folclore fumettistico al significato stesso dell’esistenza. Con l’avvento del superuomo vanno in effetti riesaminate quelle nozioni che ritenevamo certezze, di fronte alla forza del tempo e dello spazio la nostra posizione nell’universo appare inevitabilmente ridimensionata. Alla complessità del contenuto corrisponde poi la ricchezza della struttura narrativa. Un procedimento ad incastro alterna dodici capitoli a interpolazioni di vario genere (libri, lettere, articoli e fumetti), delineando un universo completo e dettagliato, aderente – benché fittizio – alla realtà del secondo dopoguerra occidentale. L’articolato intrecciarsi di racconto e meta-racconto definisce una costellazione di rimandi interni, citazioni e riferimenti culturali talmente ricca da rendere necessaria

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affidabili Quelli con l’arcobaleno

Alan Moore e Dave Gibbons Watchmen Planeta DeAgostini, 2009

Recensioni

13 » di Davide Staffiero

Cosa succederebbe al mondo

Abbiamo letto per voi

ben più di una singola lettura. Watchmen rappresenta ancora oggi, a oltre vent’anni dalla sua nascita, una pietra di paragone che pone il romanzo a fumetti sul piano dell’Arte senza possibilità di smentita.


» testimonianza raccolta da Paolo Galli; fotografia di Igor Ponti

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ero ricoverato, e Bellinzona, dove c’era mio papà malato di cancro. Un giorno le chiesi di stare da lui, di non venire da me durante la settimana, e le tolsi una sorta di peso. Qualche tempo dopo, mio papà morì. Mi accorsi di avere attorno tanti amici, molto vicini. E poi lo sport. Già, lo sport... conosciuto quasi per caso, prima il go-kart, avvicinato grazie a Dodo Regazzoni, il fratello di Clay, poi l’handbike, tra i disabili. Sui go-kart mi divertivo ma era fin troppo facile, senza concorrenza, non avevo grossi stimoli. L’handbike invece l’ho comprata con l’idea di usarla per tenermi un po’ in forma ma è diventata presto una cosa seria. E la scintilla scoccò da… un aneddoto: Una vita spensierata, poi un incidente e un giorno, il ‘’Giornale del la perdita dell’uso della parte inferiore del Popolo’’ riportò la cronaca corpo. Ma la voglia di vivere e la passione della maratona di New York e scrisse che, tra i normodotati, per lo sport hanno avuto la meglio al sesto posto si era piazzato un tale Pier Triangeli, cioè provato in quegli anni, ma io. Ma come? Evidentemente un errore, loro… Forse sono diventato inspiegabile, ma mi venne l’idea di puntare anche più riflessivo, sì, ma proprio, un giorno, a parteciparvi. L’anno sono comunque rimasto queldopo infatti con la mia handbike tagliai il lo di sempre, un po’ ruvido, traguardo di Manhattan al nono posto. Un sempre impulsivo e un po’ segno del destino, visto che la maratona amante del rischio. venne disputata proprio in una giornata di Se mi chiedete se stavo meglio novembre, nell’anniversario della mia uscita prima o adesso, per me è diffidall’ospedale. Da quel momento lo sport è cile trovare una risposta. Oggi diventato centrale nella mia vita, tra le gare comunque, oltre ad avere le in Italia e quelle in giro per l’Europa. Uno cose che già avevo, riesco ad sport simile al ciclismo, con una bicicletta a apprezzare più facilmente le tre ruote, tre per l’equilibrio naturalmente: piccole cose della vita, i picsi pedala con le mani, a dipendenza delle coli gesti. Oltre a questo sono lesioni vieni inserito in una categoria. Io diventato un po’ più egoista, per esempio sono nella categoria B, dove si voglio stare bene io, ma perusano solo braccia e spalle, senza addomiché solo così poi riesco a dare nali, dorsali e pettorali. Il livello continenagli altri. A chi mi sta attorno tale è molto alto, si fa fatica a entrare tra i dico: io sono così, prendere o migliori e i costi per muoversi tra una gara e lasciare. Ho un’elevata autol’altra sono decisamente importanti. Io me stima di me stesso, mi rendo la cavo, ne esco in pari, non ci guadagno conto di essere una persona ma neppure sperpero i miei soldi: ho degli valida e questa è la mia forsponsor privati, ma poi ho aiuti anche da za. Chi vuole conoscermi e parte del Gruppo Paraplegici Ticino e della frequentarmi lo fa, per gli Federazione svizzera, visto che faccio parte altri non fa nulla, la vita offre appunto della nazionale. Sono sempre in gicomunque tante conoscenze, ro. Per fortuna il mio datore di lavoro – sono tante occasioni. Gli altri, in occupato in un garage, proprio come prima tutti i casi, mi hanno aiutadell’incidente – mi appoggia, ma soprattutto to molto, a cominciare dalla ho il sostegno della mia compagna. Elisa mi mia famiglia. Penso a mia ha sempre capito. Nel cassetto ho un sogno, madre, che in quel periodo quello dei Giochi olimpici, difficilissimo da si divideva tra Zurigo, dove realizzare. Ma chi lo sa che un giorno…

Pier Triangeli

Vitae

a sera del 25 aprile del 1998 girovagavo con i miei amici, al bar con le moto, due chiacchiere, le solite cose... Al rientro verso casa, in Mesolcina, un’auto tagliò la strada a me e a un amico. Lui se la cavò con poco, io invece tutt’oggi vivo le conseguenze di quell’incidente. Da quel giorno la mia vita è cambiata. Ho passato un lungo periodo in coma. Ai miei familiari veniva detto un giorno che che ce l’avrei fatta, che stavo migliorando, il seguente che c’erano complicazioni e che la mia vita era in pericolo. I medici non potevano intervenire sulla schiena, perché c’erano problemi più gravi. Un giorno mi sono risvegliato e da quel momento ho iniziato a reagire, un recupero incredibile. Difficile capirlo per gli altri e difficile persino farlo capire: sono sempre stato realista, conscio della mia situazione, conscio di aver perso l’uso della parte inferiore del corpo, sì, ma senza mai rimuginare, senza chiudermi in una stanza. Sono molto orgoglioso e di certo non volevo mostrare agli altri la mia sofferenza. In ospedale arrivavano molte persone, non riuscivo neppure ad assecondarle. Decisi di non vedere più nessuno durante la settimana. Sarà stato un atto egoista, ma volevo pensare solo a me, non avevo tempo per le ‘’balle’’ degli altri. Prima dell’incidente non mi piacevo così tanto e anche verso l’esterno capivo di avere un carattere difficile: o piacevo o non piacevo, senza vie di mezzo. Ma questo carattere, l’orgoglio e la forza, alla fine mi hanno aiutato. Non pensavo neppure alle ‘’piccolezze’’, non mi toccava la paura magari di non essere accettato e neppure di come sarebbe cambiata la mia vita in carrozzella. C’erano i momenti delle domande: perché proprio a me? Ma ero in un ospedale, insieme a persone più giovani in situazioni ben peggiori della mia… bambini che soffrivano. Io avevo 25 anni, qualcosa già avevo

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Che cosa accade a una donna quando diventa madre? Che cosa prova nel suo profondo? Si parla sovente degli aspetti fisiologici e pratici della maternità, meno del mondo interiore di una neomamma, dell'esperienza emotiva e del sorgere, insieme al bambino, di una nuova dimensione: il senso dell’essere madre

MATERNITÀ testo di SAMANTHA DRESTI fotografie di REZA KHATIR

Rivolgiamo un particolare ringraziamento al Reparto di ginecologia dell’Ospedale La Carità di Locarno per la preziosa collaborazione dimostrata nella realizzazione del seguente Reportage. Un sentito grazie va a tutte le famiglie incontrate per la disponibilità a farsi riprendere e renderci partecipi, attraverso le loro parole, di un'esperienza così intima e privata

Quando una donna si appresta a diventare madre affronta un’esperienza che non ha eguali nella vita. Durante il primo periodo la gravidanza muta pensieri, paure, fantasie, fa nascere speranze, influenzando le emozioni e le azioni, affinando il sistema sensoriale e le modalità di elaborazione delle informazioni. La donna che ha provato l'esperienza della maternità non sarà mai più la persona che era prima del parto; un cambiamento che non va affrontato con timore, ma neppure sottovalutato. Per meglio capire questi aspetti abbiamo incontrato alcune neomamme e ci siamo fatti raccontare questa loro nuova condizione: incontri emozionanti, in cui sono emersi sogni e timori, ma anche grande

forza, emotività, determinazione e uno spiccato senso organizzativo. Aspetti maggiormente importanti soprattutto per chi vede nel proprio futuro la complessa gestione di due ruoli: quello di mamma e quello di lavoratrice. Una combinazione che arricchisce la condizione femminile e che aggiunge un’ulteriore stratificazione all’identità materna. Ma che sottopone la donna a un enorme sforzo, spingendola a sviluppare lucide competenze gestionali. Per motivi di spazio riportiamo nelle pagine che vi apprestate a leggere una significativa selezione delle loro parole che riteniamo capaci di riassumere pienamente le emozioni connesse al passaggio, tutt'altro che scontato, dal ruolo di figlia a quello di madre.


Jasmin con Alessio La mia vita è cambiata da un giorno all’altro… in meglio. Io adoravo il mio lavoro, lo adoro ancora, ma con la maternità tutto è passato molto rapidamente in secondo piano… ora c’è solo il mio bambino. Bisogna fare attenzione anche con gli affetti più cari che ci stanno vicino, perché all’inizio si pensa solo e unicamente a lui! È un po’ inspiegabile la cosa, bisogna provarla… Mi sento molto cambiata, più matura, più serena. Mio marito mi aiuta in tutto: tutti e due abbiamo sempre lavorato e siamo abituati a dividerci i compiti e anche ora è un papà molto presente e molto attivo. Quando sono uscita dall’ospedale

non riuscivo a trattenere le lacrime, ho avuto una sorta di crisi che è durata anche il giorno dopo. Ero un po’ timorosa perché all'arrivo a casa, ti rendi improvvisamente conto che da quel momento te la devi cavare da sola, che la vita della tua creatura è nelle tue mani… ma dopo un paio di giorni le cose iniziano ad andare meglio, istintivamente trovi il comportamento giusto da adottare con il tuo bambino… ma il panico, devo dire, c’è stato. Nonostante la presenza dei miei affetti più cari, ho avuto uno sfogo di pianto e un sentimento di tristezza… ma poi via via è passato, rimpiazzato da un senso felicità e appagamento.


Alicja con Natalie Con la nascita della mia prima figlia non sapevo cosa significasse diventare mamma, non avevo idea di cosa mi aspettasse dopo il parto. Devo però ammettere che, conoscendo la grande gioia che si prova, l’attesa della seconda bambina è stata un’esperienza ancora più intensa. Il vero cambiamento l’ho avvertito dopo circa un anno. All’inizio ero un po’ spaventata. Ho avuto anche qualche problema postparto, ero nervosa, inesperta, il primo anno è stato molto duro; solo dopo il primo compleanno di mia figlia mi sono resa conto pienamente di questa mia nuova condizione: essere una mamma. Certo, la vita cambia, completamente. Prima io e mio marito

uscivamo spesso… ora solo qualche volta, a cena con mio marito. Durante la gravidanza le figure femminili attorno a me che avevano esperienze coi bambini sono state importanti, mia madre soprattutto. Naturalmente anche la presenza del marito è importantissima anche se un uomo non può capire fino in fondo cosa significhi essere incinta. Adesso – per me ma, penso, anche per le mie amiche – i figli sono il centro della vita. Questo non significa rinunciare alla mia professione: con mio marito abbiamo deciso di avere due figli a poca distanza uno dall’altro, proprio per permettermi in un futuro di dedicarmi nuovamente al lavoro.


Marijana con Matteo Col primo figlio dopo quattro mesi dal parto sono tornata al lavoro. Nell’organizzazione della famiglia mi hanno aiutata moltissimo i miei genitori e mio marito, e così sono riuscita a mantenere il mio impiego all’80%, sentendomi tranquilla perché sapevo che mio figlio era in buone mani. Il riuscire a combinare e a gestire l'attività professorale e la maternità mi dà una certa completezza e un senso di gratificazione nonostante il dispendio di energia. Anche per i miei genitori è stata una bella esperienza: si trattava del primo nipotino e sono stati molto coinvolti. In queste fasi della vita, il rapporto con altre donne

della famiglia o con amiche è importantissimo, anche solo per scambiarsi dei piccoli consigli o condividere paure e preoccupazioni. Io in particolare ho un rapporto molto stretto con mia mamma e mia sorella. Non ho avuto problemi di depressione post-parto, ma prima di andare in ospedale per mettere alla luce il mio secondo figlio ho avuto una crisi di pianto perché mi rattristava il pensiero di lasciare il mio primo bambino durante i giorni in cui sarei rimasta all’ospedale. Col secondo bambino invece ho vissuto la gravidanza in modo diverso, è stato tutto molto più tranquillo, anche perché sapevo cosa mi aspettava.


Pamela con Giona Le emozioni che seguono il parto sono difficili da descrivere: è un momento di grande forza e magia. È allora che ho avuto la consapevolezza del “qui e ora”… un senso di serenità e di contentezza, come quando si raggiunge una vetta: la salita è già dimenticata e la bellezza del panorama ci fa sentire in pace con il mondo. Non ho provato senso di solitudine, forse perché proprio non fa parte del mio carattere. Direi piuttosto che all’inizio è stato difficile gestire la stanchezza, ma poi scopri che dentro di te sei dotata di mille risorse! Ora sembra che siamo sempre stati in tre e il sorriso del piccolo la mattina quando si sveglia ti ripaga di tutto. L’aspetto nuovo è legato

anche all’assunzione di una nuova identità: non sei più responsabile solo per te stessa, ma per due persone. Spero anche di poter divenire un punto fermo per mio figlio, una persona su cui possa contare sempre, così come i miei genitori lo sono stati per me. Per quanto concerne la mia professione, lavorando da indipendente, al momento non mi è difficile organizzarmi, anche se richiede un po’ d’impegno nella gestione del tempo. Penso che continuerò a essere una mamma lavoratrice: ritengo che ogni donna, avendone la facoltà, dovrebbe essere capace di seguire le proprie aspirazioni senza sentirsi troppo condizionata da fattori esterni.


Anselma con Jacqueline Essere mamma è una cosa bellissima. Anche se è ancora presto, la mia bambina ha solo due mesi. Non mi rendo ancora bene conto di essere diventata mamma, non lo realizzo ancora pienamente. Quando sei in gravidanza è tutto così strano… non ci credevo, non mi pareva vero. Inizialmente in ospedale chiamavo le signorine anche per cambiare il pannolino, perché avevo paura di fare male alla bamba… Quando vedi questi neonati, così piccoli e fragili, hai paura di romperli! In seguito ho iniziato a prendere confidenza, a sbrigarmela da sola. Mi piace molto tutto quello che bisogna fare per accudire il bebè, solo che spesso non sai cos’ha, perché

piange e vieni colta dall’ansia. Per ogni piccola cosa spesso chiamo il dottore, tendo subito a preoccuparmi! È bellissimo vedere tutti i cambiamenti della bambina giorno dopo giorno… adesso ha gli occhi grigi, per esempio… è così affascinante osservarla. I miei cambiamenti interiori, psicologici, li percepisco meno, sto sempre attenta a lei. Il mio obiettivo è diventare una buona madre e spero che ci sarà sempre una buona comunicazione tra me e mia figlia. Cercherò di fare ciò che i miei genitori, involontariamente, non hanno fatto al meglio. Spero che la bambina, quando sarà grande, parli di tutto con me, nonostante i punti di vista diversi...


Daniela con Bryan Essere mamma significa tante cose messe insieme. Quando nasce il bambino non sai se sarai in grado di fare tutto nel modo giusto, se riuscirai nel tuo nuovo ruolo di mamma… Poi ti accorgi che tutto accade con naturalezza: vedi lì il tuo bambo e comprendi di essere in grado di svolgere le grandi e piccole cose necessarie… Mi sento cresciuta, più grande: è un processo in atto del mio divenire donna. Se penso al futuro mi vedo realizzata sia come mamma sia sul piano professionale. A giugno finirò l’apprendistato ma non ho assolutamente intenzione di lavorare subito a tempo pieno, perché voglio godermi la crescita del mio bambino

in questi primi mesi. Un figlio ti dà tante gioie ma occupa la tua mente costantemente. Il mio compagno mi è sempre stato molto vicino durante la gravidanza, mi aiuta e continua a farlo: si prende cura del bambino, lo cambia, gli fa il bagnetto... A volte io esco e lui sta in casa col lui… non posso certo lamentarmi. E poi ci sono i miei genitori, e anche i suoi genitori… Insomma, ho sempre intorno a me persone che mi appoggiano: il datore di lavoro, gli amici a scuola… È stato un bel cambiamento e molto importante, mi sento serena nonostante un po’ di stress per tutte le cose da portare a termine tra scuola, lavoro e... maternità ■


DI ULRICO GONZATO

DUEMILA ANNI FA NAVIGARE FRA I FLUTTI ERA UN’AVVENTUROSA ESPERIENZA MISTICA... MILLE ANNI FA LA LATITUDINE ERA UN MISTERO... CINQUECENTO ANNI FA IL NAVIGATORE ERA UN OMETTO FERRATO IN MATEMATICA, ASTRONOMIA E OROLOGERIA... CENTO ANNI FA COMPLESSI APPARECCHI E ABILI MESTIERANTI SI OCCUPAVANO DI INDICARE LA GIUSTA DIREZIONE... CINQUANTA ANNI FA MILLE GINGILLI GUIDAVANO I TRASPORTI ATTRAVERSO GLI OCEANI... VENT’ANNI FA LA NAVIGAZIONE SATELLITARE ERA UN PRIVILEGIO DI POCHI... OGGI IL GPS È UN’OPZIONE DEL VOSTRO TELEFONINO...

Tendenze

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Mentre ero alla ricerca di informazioni sull’argomento ho esclamato: che abbondanza! Ci sono un’infinità di opzioni per accedere al benefico segnale GPS! Ma come farlo? Come scegliere la giusta soluzione per le proprie esigenze in questo marasma di prodotti? Tutto dipende da cosa si vuole ottenere dalle decine di satelliti che orbitano sulla nostra testa. Sul cellulare o smartphone o pocket pc potete caricare programmi che vi permettono di conoscere la vostra posizione e di avere accesso a mappe di tutto il mondo.

Lo schermo piccolo e la relativamente debole ricezione del segnale escludono quasi sempre l’uso in auto ma possono essere fedeli compagni di gioco se si vuole girare a piedi una città per arte, ristoranti o shopping. Alcune tra le principali soluzioni oltre, all’onnipresente e ottimo Google-maps, per mobile sono: - TomTom (www.tomtom.com); - Route 66 (www.66.com); - ViaMichelin (www.viamichelin.it); - Navman (www.navman-mobile.com);

- Destinator (www.destinator.it); - Telmap (www.telmap.com). Se invece volete qualcuno che vi suggerisca i percorsi giusti nel road-movie della vostra esistenza – evitando liti con il passeggero, in caduta libera sulla mappa stradale gigante che occupa l’intero abitacolo – potete affidarvi all’atona e rassicurante voce del navigatore per automobili, grandi e piccole. Per scegliere il vostro compagno di viaggio elettronico è indispensabile decidere se lo si vuole integrato alla propria auto


o se lo si vuole appiccicare da qualche parte sul cruscotto o sul parabrezza. Il primo caso vi si presenta di solito al momento dell’acquisto del veicolo ed è decisamente l’opzione più costosa, da prendere comunque in considerazione. Infatti, esso potrà fare da computer di bordo oltre che da navigatore, da lettore mp3, cd, dvd, da tv e radio! Il tutto integrato via software e hardware in superlativa armonia! Se invece volete qualcosa di più leggero affidatevi alle numerose offerte di navigatori e kit che offre il mercato: le marche principali sono Garmin, TomTom e Navman ma non sono i soli, anzi... Dinanzi a una così ampia scelta bisogna riflettere su alcune cosine. Innanzitutto le dimensioni: un display troppo piccolo richiede eccessiva concentrazione e disturba la guida. I migliori sono quelli Transflective (senza riflessi). Da considerare anche la presenza di una cellula fotoelettrica che regoli la luminosità automaticamente. Molti sono touch screen ma ricordatevi che con le mani umide o sporche non saranno poi così “touch”! L’antenna, di solito integrata, può essere collocata magneticamente sulla carrozzeria o sui vetri dell’auto. Questi ultimi due risul-

tano utili nel caso abbiate il parabrezza riflettente o atermico, che indebolisce il segnale, o per coloro che devono farne un uso più “estremo”. Di solito i dispositivi integrano un hardisk su cui salvare le mappe e le funzioni supplementari del navigatore: meglio se è grande visto che la memoria non basta mai e vi invito a valutare l’espandibilità via memory card e simili. Le mappe e funzioni supplementari variano a dipendenza della marca, della fascia di prezzo e del produttore... meglio che vi informiate per benino prima dell’acquisto. Bisogna aggiungere che i punti d’interesse, ristoranti, percorsi e simili sono un patrimonio comune di tutti i navigatori sul mercato... e almeno da questo punto di vista siamo tranquilli. Il ricevitore varia da 12 a 16 satelliti. Ma anche a tal riguardo è bene riflettere: al momento attorno al pianeta vi sono all’incirca 24 satelliti che emettono i segnali GPS quindi, in teoria, solo 12 sono alla nostra portata essendo gli altri dall’altra parte del globo. In pratica, se ne vedono solo 8 all’orizzonte e per determinare la posizione ne bastano 3... Conclusione: diffidate di chi vi propone il “16 satelliti”... è solo per strizzarvi ulteriormente il portafoglio... :-(

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Ovviamente. Con Sunrise flat basic. L’abbonamento mobile con flatrate: a soli CHF 10.–* al mese, chiamate illimitate verso la rete mobile Sunrise. Altre convenienti tariffe forfetarie su sunrise.ch/flat * Sunrise flat basic per 12 o 24 mesi: le chiamate verso la rete fissa svizzera o verso altre reti mobili svizzere costano CHF 0.35 al minuto. Vengono conteggiate inoltre le chiamate verso l’estero e all’estero, le chiamate ai numeri speciali, ai servizi a valore aggiunto, gli SMS e gli MMS. I nuovi clienti che al momento della sottoscrizione di un abbonamento Sunrise flat basic desiderano un cellulare a prezzo scontato, pagheranno un canone d’abbonamento mensile di CHF 25.– anziché di CHF 10.– al mese.


Il Sole transita nel segno del Toro dal 21 aprile al 21 maggio Elemento: Terra fisso Pianeta governante: Venere Esilio: Marte, Plutone Esaltazione: Luna Relazioni con il corpo: testa, cervello Metallo: rame Parole chiave: perseveranza, ostinazione, fedeltà

» a cura di Elisabetta

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Stimolati dal transito di Marte e Venere, i nati nella prima decade si daranno un sacco da fare per trovarsi un partner. Forte aumento degli impulsi sessuali: se non si sfogano questo tipo di energie c’è il rischio di baruffe e di litigi con la persona amata.

Momento particolarmente creativo per i nati nella terza decade favorito dal trigono con Giove e Nettuno. In questo periodo riuscite a captare le manifestazioni più sottili della verità e così a scrutare i segreti dell’esistenza. Probabile aumento del desiderio sessuale.

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Grazie all’ingresso del 14 maggio di Mercurio retrogrado nel vostro segno i nati nella terza decade potranno ricevere un’importante notizia che aspettavano da tempo. Carisma in crescita a seguito della congiunzione della Luna con Plutone.

I nati nella terza decade, stimolati dalla forte quadratura di Giove e Nettuno si daranno parecchio da fare per potere finalmente realizzare i propri ideali. Grande generosità nei confronti dei meno privilegiati. Non sottostimate i colleghi di lavoro.

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Risveglio degli istinti sessuali per i nati nella prima decade. Se non si ha una relazione affettiva in corso ci si darà una gran da fare per averne una. Fino al 13 maggio gli incontri e le relazioni sociali saranno favoriti dal moto retrogrado di Mercurio.

A partire dal 14 maggio grazie a transiti favorevoli i nati nella prima decade riusciranno a far valere la propria personalità senza urtare troppo gli altri con la loro, a volte, eccessiva spontaneità. Probabile nascita di nuove situazioni sentimentali.

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In questo periodo i nati nella prima e seconda decade si daranno un gran da fare per far valere la propria personalità nei rapporti con la persona amata. Questo normalmente accade quando si ha la sensazione di dare troppo e di ricevere poco in cambio.

Tra il 13 e il 14 maggio la Luna entrerà in congiunzione con il moto di Plutone. In questo periodo delle sensazioni molto forti potrebbero assorbirvi totalmente e farvi perdere la prospettiva rispetto ad altre realtà. Esperienze profonde nei rapporti d’amore.

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Giove e Nettuno opposti per i nati nella terza decade. Progetti in arrivo, ma così anche possibili delusioni. Difficile in questo periodo stabilire una giusta distinzione tra ideali e realtà. Momenti d’oro nella vita affettiva per i nati di luglio.

Mentre Giove e Nettuno si congiungono in Acquario, Marte e Venere si trovano di transito nelle prime due decadi dell’Ariete. Amore senza confini per molti dei nati del segno. Seduzioni e atmosfere surreali. Eros e Psiche fanno da padroni.

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Esperienze emotive intense per i nati nella prima decade favorite da Plutone. Tra il 13 e il 14 maggio le parti più profonde della vostra psiche tenderanno ad arrivare alla superficie. Ritrovata armonia intellettuale per i nati nella terza decade.

Intorno al 12 maggio vi sarà un apprezzabile passaggio nella vostra undicesima casa solare. Per cui se vorrete realizzare un progetto di una certa importanza dovrete fare ricorso a tutte le vostre energie più profonde. Tente la lingua a freno.

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La struttura affettiva espressa dal segno del Toro, risente chiaramente del governo di Venere, che interferisce nell’espressione dei bisogni, delle soddisfazioni e dei desideri, incoraggiando l’espressione personale grazie anche a un fondamento di sicurezza e tranquillità interiore. L’appagamento emotivo e i profondi sentimenti di intimità vengono vissuti dai nati nel segno come aspetti essenziali dell’esistenza mentre l’affettività viene trasmessa in modo tangibile e fidato. La capacità di comprendere il piacere connesso all’affettività, induce il Toro ad assumere caratteristiche tipicamente venusiane: l’approccio intenso, posessivo e sensuale consente loro di concedersi totalmente ai sentimenti amorosi. D’altra parte l’esaltazione dell’esperienza vissuta si coniuga alla capacità di assumere su di sé doveri e obblighi. Ciò favorisce per i nati in Toro una stato di confidenza con il mondo e la realtà, condizione che si riflette nella loro facilità a relazionarsi sia sul piano personale sia nell’ambito professionale e sociale. La loro energia “terrena” si estrinseca nel fare pratico, nella capacità – soprattutto con l’avanzare degli anni – di organizzare il proprio tempo in modo razionale e ponderato. In analogia con l’immagine bovina, essi esprimono la tendenza a disprezzare i conflitti, preferendo assorbire con mitezza gli scontri. Ma attenzione… se provocati oltre misura possono mettere in campo energie e forze davvero insospettabili.

“… a albergar col Tauro si ritorna…”

TORO


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Il segreto bancario e un futuro a elastico

“I lillipuziani considerano la frode come un delitto più grave del furto, perciò la puniscono quasi sempre con la pena capitale; sostengono infatti, che con l’attenzione e la vigilanza, e un briciolo di senso comune, è facile difendere la roba dai ladri mentre, invece, l’onestà non ha riparo contro l’astuzia superiore; e poiché è necessario ci sia un continuo scambio di compere e di vendite, e di affari conchiusi in base al credito, il commerciante onesto, là dove la frode è permessa e trova conniventi, o non ha leggi che la puniscano, resta sempre rovinato, ed il briccone si avvantaggia...” da I viaggi di Gulliver (1724) di Jonathan Swift

Io nessuno. Conosco qualche bancario, qualche cassiere; un signore che fa il “securino” dietro a un vetro antiproiettili. Conosco un fiduciario, due broker, un analista dei mercati. Mia mamma lavora in una fiduciaria, mio papà (che fa il giardiniere) ha un banchiere fra i suoi clienti, ma è con la Signora – quando questa è di buon umore e gli porta il caffè – che mio padre fa due chiacchiere. Certo, non si sognerebbe mai, mio padre, l’ardita informalità, di chiederle della crisi, se suo marito, a cena, ne parli mai… I banchieri sono persone importanti. Difficile vederli in piazza, alle risottate gratuite, al carnevale dei bambini o al Primo d’agosto. Ultimamente però (avrete sentito), si sono fatti anche un po’ più titubanti, circa la loro infallibilità. Ci chiedono un aiuto – figurarsi! – a noi altri, gente comune che vive in appartamenti, con tre soldi da parte, la pensioni sudata: persone che spellano le luganighe a mani nude, ridendo, felici, di un giorno di vacanza. Loro, Grand Armagnacchi, hanno bisogno di noi, vinacce. Ora gli serve, e piuttosto urgentemente, quella cosa che siamo comunitariamente: lo Stato. Improvvisamente contiamo, eccome. Vengono i brividi a pensarci, abituati com’eravamo, a sentirci dire che lo Stato è una palla al piede alla creatività, al genio e sregolatezza imprenditoriale dei surfer dell’economia: “Che li si lasci fare – dicevano –, che non ci si preoccupi noi dei loro business, che gli utili quelli li sanno fare; ci si dedichi piuttosto alla polemica settimanale di X Factor; al sogno di sbancare con tre indizi Attenti a quei due, o a scandalizzarci, come Madama la Marchesa, perché una famiglia di asilanti sta temporaneamente in un albergo del centro”. Non vorrei sembrare populista, ma anche sì. L’UDC, la Lega dei Ticinesi, l’uomo della strada, vogliono difendere uno statu quo bacato. La moglie ubriaca e la botte piena: Giù le manacce dal Segreto Bancario! Non si tocchi il segreto, cari Dottori dell’economia, Comunità Europea, G20, Fisco americano o tedesco… Come dipendesse da noi, da una sovranità nazionale manco fossimo una landa fatata e autarchica, fuori dal mondo, e non già, ben addentro e piuttosto infangati, in una crisi senza precedenti: “Guai a voi! – ci si

infervora, ben oltre il senso del ridicolo – … venirci a dire che dobbiamo fare, criticarci, addirittura!”. Ci si è rovesciato il mondo, il nostro mondo di sacrifici e lavoro, i piani si sono confusi, confusi gli esperti, c’è in corso un ribaltone, con le gambe all’aria le Signore urlano, i Signori hanno infarti. Vediamo di darci una calmata, e cominciamo a tenere in considerazione una cosa forse più importante del passato e del presente: il futuro. Il futuro come qualcosa di originale e di, perché no, alternativo; un futuro non già perpetuazione infinita di un sistema fallato, che fece boom una quarantina d’anni fa, dopo una guerra mondiale, postuma ad altrettanta crisi, costata una miseria indicibile, lontana da qui. Io, oggi tardo ventenne, mi faccio una domanda semplice, forse semplicistica: che cosa può desiderare, politicamente, uno svizzero che non ha mai profittato direttamente del segreto bancario – anche perché appartenente a una classe sociale medio bassa – una persona anche volonterosa, che ha disposto di sussidi statali per studiare (fatto di per sé, certo, per nulla scontato e probabilmente da non scollegare agli ipotetici benefici generali del Segreto bancario…), ma che oggi si ritrova a entrare in un mondo di lavoratori che ha il volto poco simpatico di una medusa pietrificante? Veniamo al punto: chi se ne frega del segreto bancario? Personalmente, quale umile uomo della strada, mi trovo oggi tra le mani ben altre “gatte da pelare”. Certo il Segreto bancario in parte dà lavoro a mia madre, in parte dà lavoro a mio padre ma, attenti, a questo punto, con o senza conti segreti, la situazione è grama uguale. Per chi, e perché, dovrei difendere il diritto esclusivo di personaggi ai quali frodare il fisco nei loro paesi – contando su un sistema bonario presente in altri – importa ben poco? Forse il problema sta altrove: è corretto verso tutti i comuni e ben poco abbienti contribuenti accettare che il proprio Stato sia votato ad adottare due pesi e due misure quando (ma non solo) sul piatto del confronto si parla di denaro? Oggi che di sacrifici tutti si riempiono la bocca quale soluzione ai problemi universali (dall’ambiente all’economia), forse è solo di una maggiore uguaglianza quello di cui abbiamo assoluta necessità. Perché questi ulteriori sacrifici non vengano vanificati dall’egoismo dei “soliti pochi”.

Racconto

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» di Kurt Sghei; illustrazione di Mimmo Mendicino

I banchieri, sono amici tuoi? Quanti banchieri hai in rubrica?


Âť illustrazione di Adriano Crivelli


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1. Il cardinale nei “Promessi Sposi” • 2. La vicina penisola • 3. Barella • 4. Fu il primo eresiarca • 5. Particella nobiliare • 6. La dea greca dell’aurora • 7. Spettro • 8. Nevrosi • 9. Precettore antico • 14. Spinta iniziale • 16. Norvegia e Portogallo • 20. Accondiscendere • 21. Le Lipari • 23. L’onda allo stadio • 26. Pensa solo a se stesso • 29. Il noto Spencer • 31. Un verbo degli attori • 33. Saputello, presuntuoso • 35. Il figlio di Atamante e di Ino • 37. Una nota e un articolo • 38. Pari in china • 41. Trampoliere sacro • 44. Fulva • 46. I confini di Ravecchia • 50. Nel centro di Fiesole • 52. Antico Testamento.

Verticali

1. Città e porto fluviale degli USA • 10. Celestiale • 11. Dei nordici • 12. Consegnati • 13. Beatificato • 15. John, cantante rock • 17. Andate in poesia • 18. Fiumiciattoli • 19. Un verbo del portiere • 22. Un personaggio dell’Otello • 24. Metallo alcalino biancoargenteo • 25. Il nome di Guinness • 27. Se è comune è mezzo gaudio • 28. Fiume russo • 30. Assemblea generale dei cittadini • 32. Veicolo pubblico • 34. Uno detto a Londra • 35. Art. plurale • 36. Vivono in un harem • 39. La principale proteina del latte • 40. In coppia con Gian • 42. La sigla del Tritolo • 43. Le iniziali di Rascel • 45. Sovraccarica di lavoro • 47. I confini di Comano • 48. La nota Mazzini • 49. Giaggiolo • 51. Oriente • 52. Il dio greco della guerra • 53. Istituzione • 54. Adesso.

Orizzontali

A quale libro appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 22. Al vincitore andrà in premio Outsider di Friedrich Glauser, Edizioni Casagrande, 2008. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 14 maggio a ticino7@ cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano.

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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“Poi gli si parò davanti un bosco e Milton vi puntò dritto. Come entrò sotto gli alberi, questi parvero serrare e far muro e a un metro da quel muro crollò”. Friedrich Glauser (1896–1938) ebbe una vita turbolenta sin dalla giovinezza. Dopo una serie di vicissitudini scolastiche fuggì di casa nel 1921 e si arruolò nella Legione Straniera. Visse in un continuo viaggio per l'Europa barcamenandosi tra diversi lavori. Lo sfondo dei suoi romanzi – letterariamente diviso tra il filone poliziesco legato alla figura del Wachtmeister Studer e altri di spiccato accento autobiografico – è la provincia svizzera di inizio Novecento, di cui l’autore non tesse certamente le lodi. Outsider è la raccolta di quattro racconti inediti legati dal tema della ribellione all’autorità. Un Glauser che entra “a pieno diritto in quella famiglia di grandi scrittori outsider a cui appartengono Robert Walser e Franz Kafka”.

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Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 22.

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La soluzione a Epigoni è: Il Budda delle periferie di Hanif Kureishi (Mondadori, 1990). Il vincitore del n. 18 è: M.R.F., Ligornetto. Quello del n. 17, erroneamente omesso la scorsa settimana, è: J.D., Paradiso.

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tutti vogliono fare del bene

Honda inventa Insight, la prima ibrida per tutti.

Tutti vogliono il bene del pianeta. Ecco perché Honda ha creato Insight, la prima ibrida accessibile a tutti. Insight Hybrid emette solo 101 g/km di CO2 e consuma 4,4 litri di benzina per 100 km. E il suo sistema ECO Assist vi aiuta ad adottare uno stile di guida ecologico.

Insight Hybrid 1.3i Comfort*, 98 CV: CHF 28’900.– netti. Fate un giro di prova! *Insight Hybrid 1.3i Comfort. Consumo misto (692/2008/EC): 4,4 l/100 km. Emissioni di CO2 (ciclo misto): 101 g/km. Categoria di efficienza energetica: A. (Ill.: Insight Elegance.)

www.honda.ch


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