Ticino7

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14 | VIII | 09

numero

L’appuntamento del venerdì

Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Giornale del Popolo

Tessiner Zeitung

con Teleradio dal 16 al 22 agosto

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| Reportage Via Lavizzari 15 | Agorà Tossicodipendenza | Arti Robert Johnson | Tendenze Moda uomo |


Âť illustrazione di Adriano Crivelli


numero 34 14 agosto 2009

Agorà Tossicomania. L’ultima casa

DI

Arti Robert Johnson. L’incrocio fatale

CLAUDIO CARRER

DI

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MARIELLA DAL FARRA

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Impressum Tiratura controllata 90’606 copie

Vitae Fausto Guerzoni

DI

NICOLETTA BARAZZONI

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Chiusura redazionale Venerdì 7 agosto

Editore

Reportage Lugano. Via Lavizzari 15

DI

KURT SGHEI; FOTOGRAFIE DI PETER KELLER . . . . . . . . . . . .

Teleradio 7 SA Muzzano

Direttore editoriale Peter Keller

Tendenze Moda uomo. Bello con l’anima

DI

MARISA GORZA

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Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Astri/Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

L’ingresso di via Lavizzari 15 a Lugano Fotografia di Peter Keller

Libero pensiero Egregi signori, sono un lettore del vostro giornale che reputo complessivamente abbastanza valido. Volevo però sollevare una critica nei confronti degli articoli del signor Duccio Canestrini. Lui dice bene che bisognerebbe viaggiare zaino in spalla e sempre “consapevoli” dei luoghi e delle culture che si incontrano. In teoria dovrebbe essere così e forse la cosa può funzionare per chi fa il giornalista, l’antropologo o l’esploratore. Ma le cose non per tutti stanno in questo modo. Intendo dire che chi, come per esempio il sottoscritto, lavora tutto l’anno in un ambiente difficile e a contatto con persone altrettanto difficili, l’idea di volarsene ai tropici in un bel villaggio con la formula tutto compreso può davvero essere un toccasana capace di restituire l’energia che il tram tram quotidiano assorbe in modo totale. Magari ai suoi occhi di intellettuale l’idea del “villaggio turistico” e dell’omologazione può spaventare ma non è così per tutti e non per incoscienza (anche a me piacerebbe, se avessi le energie e il tempo sufficiente, viaggiare in modo più avventuroso) ma pittosto per l’indispensabile bisogno di pace e tranquillità. O forse, in nome della “consapevolezza” dobbiamo negarci anche quella? Un saluto

Gentile lettore, la ringraziamo per il suo cortese scritto e per avere sentito la necessità di esprimere il suo personale giudizio. Crediamo che quanto da lei sostenuto possa essere certamente condivisibile: chi non sente il bisogno di “staccare la spina”, almeno per quelle poche settimane di meritata vacanza? Ma che poi questa manciata di giorni diventi automaticamente un idilliaco periodo di “pace e tranquillità” assoluta purtroppo nessuna compagnia di viaggi (anche la più professionale e seria) lo può garantire. Lo confermano le centinaia di lettere che le associazioni dei consumatori ricevono, in particolare nella stagione estiva. Persone comuni, che hanno aperto il loro portamonete per avere “qualcosa” che non hanno trovato: eppure i dépliant assicuravano che... Vede, il punto sta proprio qui: gli scritti di Canestrini vogliono in particolare rendere attenti sull’importanza di essere pienamente coscienti e vigili rispetto ai luoghi nei quali ci rechiamo. Il che non significa rinunciare a un comodo letto o a vestiti sempre puliti, piuttosto nel cercare di fare proprie almeno alcune delle particolarità culturali dei luoghi visitati e di chi vi abita. Un bel “guadagno”, almeno interiore...

G.P. Balerna

Cordialmente, la Redazione


Tossicomania. L’ultima casa

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Agorà

Grazie a scelte politiche pragmatiche sono sopravvissuti all’inferno del Platzspitz e del Letten. Tossicodipendenti che non sono più in grado di vivere a casa loro, ma le cui condizioni non giustificano il ricovero in una casa di cura o in un ospedale. Per queste donne e questi uomini la città di Zurigo ha creato tre anni fa una struttura sociale unica in Europa, concepita su misura per i loro bisogni

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efinita un po’ volgarmente come una “Casa per anziani tossicodipendenti e alcolizzati”, sorge in pieno centro cittadino in un quartiere residenziale, a due passi dalla Borsa. Dispone di 19 camere singole e attualmente conta 17 ospiti (il più giovane ha 35 anni e il più anziano 73), ma da settembre sarà al completo, visto che sono appena state ammesse due nuove persone da tempo in lista di attesa, come ci spiega la direttrice Marianne Spieler, che gentilmente ci concede di visitare la struttura.

All’origine della “scena aperta” La Begleitetes Wohnen City (Bewo City) è in qualche modo “figlia” della cosiddetta “politica dei quattro pilastri” in materia di droga, avviata dalla Confederazione all’inizio degli anni Novanta in concomitanza con la chiusura delle “scene aperte”, in particolare quella del Letten di Zurigo (la vecchia stazione in disuso che era stata trasformata nel più grande mercato della droga a cielo aperto d’Europa). È infatti quella politica, orientata alla prevenzione, alla repressione, alla terapia ma anche alla riduzione del danno, che ha consentito di dimezzare nel giro di pochi anni il numero di morti per overdose: erano circa 400 (419 nel 1992, cifra record) nei primi anni Novanta e dal 1998 sono rimasti stabili attorno ai 200, con un record positivo (o meglio, meno negativo) di 167 vittime nel 2002. Ma questo non ha certo significato meno lavoro per i servizi sociali di Zurigo, la città di gran lunga più toccata dal problema della tossicomania. Dopo la chiusura della “scena aperta” del Letten fu creata, come misura di sostegno, una forma di assistenza denominata “Accompagnamento al vivere in casa”

(Begleitetes Wohnen, BeWo) di cui si beneficia direttamente al proprio domicilio. I destinatari del servizio ricevono la visita di un operatore sociale due volte a settimana, ma vivono in modo completamente autonomo. All’epoca della sua istituzione, si trattava di trovare una collocazione per quei tossicomani che grazie alle misure di aiuto alla sopravvivenza – come la distribuzione di siringhe e profilattici, la creazione di locali per il buco (Fixerräume), fino alla prescrizione medica di eroina, ndr. – vedevano improvvisamente allungarsi le aspettative di vita. Sono persone che come prima sono dipendenti, consumano droghe e non hanno né voglia né intenzione di smettere. Per alcune di loro però, col passare degli anni, la sopravvivenza è divenuta sempre più difficile: le condizioni di salute peggiorano a tal punto che la soluzione dell’“Accompagnamento al vivere in casa” non basta più.

Vecchi problemi, nuovi bisogni Ed è proprio per dare una risposta a questi nuovi bisogni che qualche anno fa è nata l’idea di creare una struttura di accompagnamento al vivere “centralizzata”, la BeWo City appunto. Qui gli ospiti (per una retta mensile di duemila franchi) vengono assistiti nelle faccende quotidiane e aiutati ad affrontare le loro malattie, in parte dal personale della struttura – due operatori durante il giorno e uno di notte – e in parte dal servizio di cure a domicilio Spitex. Un servizio, spiega Marianne Spieler, “a cui dobbiamo far capo sempre più sovente, in particolare per le persone che vivono qui da molto tempo e che vedono peggiorare costantemente il loro stato di salute, sia dal punto di vista fisico sia psichico”.


e un’altra ancora per la birra”. Questo continuo andare e venire, nonostante il dramma che implicitamente nasconde, “va considerato positivamente, perché significa che sfruttano al massimo la piena libertà che qui viene loro concessa”, spiega la direttrice. Una libertà quasi totale che “contribuisce a calmarli e a mantenere un clima di equilibrio e tranquillità all’interno della struttura”.

L’importanza degli operatori Tutto questo è naturalmente possibile grazie alla grande pazienza delle operatrici e degli operatori, come possiamo constatare di persona durante la nostra conversazione con la direttrice: all’arrivo nel suo ufficio di un ospite completamente ubriaco, si deve assentare per saldare la fattura di un taxista che lo ha appena accompagnato. “In una situazione del genere – spiega la signora Spieler – non avrebbe avuto senso rimproverare il soggetto perché non aveva con sé i soldi necessari. Avrei quasi certamente scatenato una reazione rabbiosa e violenta. Ho pagato il taxista e fatturerò l’importo a fine mese”. La missione del personale è insomma quella di fare il possibile per tenere la situazione sotto controllo senza intaccare

l’autonomia degli ospiti, a cui il personale fa visita nelle loro stanze tre volte al giorno”. “Questo – prosegue la direttrice – ci consente di monitorare giorno dopo giorno lo stato di salute fisica e mentale degli utenti e addirittura di capire quando sul mercato della droga è in circolazione merce di cattiva qualità”. Il ruolo degli operatori – che devono comunque adattare il loro approccio a dipendenza del soggetto – è dunque fondamentale. Anche perché rappresentano di fatto gli unici interlocutori degli sfortunati ospiti, i quali conducono altrimenti una vita contrassegnata da uno stato di quasi totale solitudine. Ce ne rendiamo immediatamente conto osservando gli spazi comuni vuoti e ce lo conferma la stessa direttrice: “Pur vivendo in una comunità, qui ciascuno fa per sé e non nascono simpatie reciproche o amicizie. Quando organizziamo cene in comune e vi partecipano quattro persone lo consideriamo già un successo”. La maggior parte preferisce restare nelle proprie stanze, tutte dotate di letto, armadio, poltrona, tavolino e frigorifero con un solo compagno di viaggio: la droga, sia essa legale o illegale, “perché la birra calda non piace nemmeno a loro!”, commenta Marianne Spieler.

» di Claudio Carrer; illustrazione di Mimmo Mendicino

Queste donne e questi uomini, quasi tutti politossicomani, non hanno alcuna prospettiva di guarigione: “Non saranno mai più in grado di tornare a vivere da soli e pertanto la durata del soggiorno non è limitata”, spiega la direttrice, precisando tuttavia che la BeWo City resta “solo” una soluzione transitoria: “Qui possono restare soltanto finché saranno fisicamente autonomi e non necessitano di cure particolari, che vadano oltre quelle garantite dagli infermieri di Spitex, dal medico di fiducia o dallo psichiatra, che vengono dall’esterno. Non siamo infatti una struttura medica o psichiatrica, ma una struttura sociale”. Alla BeWo City insomma non si accede per guarire, ma per sopravvivere, con dignità. La maggior parte degli ospiti continua a consumare droghe (soprattutto eroina e cocaina) e alcool (lo possono fare nelle loro stanze), “ma sono loro a doversi procurare le sostanze” precisa Marianne Spieler. “Per questo devono uscire dalla struttura e andarsele a cercare in città, il che tra l’altro li aiuta a dare una struttura alla loro giornata. Non essendo molto efficienti, escono più volte al giorno: magari una prima volta per andare ad acquistare la droga, una seconda per cambiare la siringa, un’altra per fare le scorte di cibo


Robert Johnson. L’incrocio fatale

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Ha suonato giù a Yazoo City, poi a Beulah e ora sta cercando di tornare a Helena. È una fresca notte d’ottobre, il plenilunio riempie il cielo scuro. Robert pensa a Son House che gli dice: “Metti giù quella chitarra, ragazzo, stai facendo andare la gente fuori di testa”. Come al solito sente il bisogno di una donna e di un po’ di whisky. Grandi alberi tutto attorno, la strada è buia e solitaria; un cane pazzo, forse avvelenato, ulula e guaisce in un fossato lungo la via, spedendo brividi elettrici lungo la spina dorsale. Robert è piuttosto giù, si sente solo, ma conosce qualcuno sulla statale per Gunnison. Lì può trovare un goccio di whisky e forse anche qualcos’altro. All’incrocio appena sotto Rosedale c’è un uomo seduto sul ciglio della strada, sopra un ceppo. Il tipo dice: “Sei in ritardo, Robert Johnson”. Robert cade in ginocchio e risponde: “Forse no”. Quello si alza in piedi: è alto, nudo dalla cintola in su e nero come gli occhi per sempre chiusi del bambino di Robert, nato morto. L’uomo cammina fino al centro dell’incrocio, proprio dove Robert è inginocchiato, e dice: “Vuoi gettare la tua chitarra nel fossato, insieme a quel cane spelacchiato, e tornare a Robinsonville per strimpellare con Willie Brown e Son perché sei solo uno che suona la chitarra come tutti gli altri, oppure vuoi suonarla come nessuno ha mai suonato prima? Produrre un suono che nessuno ha mai sentito prima? Vuoi diventare il re del Delta Blues e avere tutto il whisky e le donne che desideri?”. “Significa un bel po’ di whisky e di donne, signor diavolo”. “Ti conosco, Robert Johnson,” replica l’uomo. Robert sente la luna sporgersi su di lui e diventare sempre più grande e lucente. Il suo chiarore gli brucia la pelle come i raggi del sole a mezzogiorno; gli ululati e i guaiti del cane nel fossato gli penetrano nelle ossa, salendo dai piedi e dalla punta delle dita, attraverso le gambe e le braccia, fino a piazzarsi nello spazio vuoto sotto lo sterno, facendolo rabbrividere e tremare come un epilettico. Robert dice: ”Quel cane è pazzo”. Il tipo ride. “La bestia è mia. Non è pazzo, ha il Blues: stringo la sua anima fra le dita”. [...]1

Alcuni sostengono che sia andata così: che il blues, e quindi anche il rock, siano nati dal patto che Robert Johnson – musicista ambulante nero la cui leggenda ha preso il sopravvento sulla realtà – stipulò con il demonio a un incrocio nella regione del Delta del Mississipi. In una notte del 1931… Nell’intervallo di tempo trascorso fra il fatale incontro – o, comunque, da quando inizia a esibirsi in pubblico come solista – e la morte, intervenuta a ventisette anni in circostanze misteriose (si parlò di avvelenamento), Robert Johnson suonò agli angoli delle strade di tutte le città del Mississipi e dell’Arkansas;


Arti

7 L’incrocio situato presso l’abitato di Rosedale (Mississipi) dove, secondo la leggenda, Robert Johnson incontrò il diavolo (immagine tratta da www.flickr.com)

(19 e 20 giugno 1937, Dallas) – splendono di un’aura fortuita, incidentale e quasi miracolosa. Soprattutto tenendo conto del fatto che morirà l’anno successivo (16 agosto 1938 a Greenwood). Da quando i suoi dischi sono stati rieditati (1961), lo spirito di Robert Johnson ha attraversato una buona parte della produzione discografica mondiale, dai già citati Rolling Stones a Jimi Hendrix, passando per Eric Clapton fino al riconoscimento recentemente tributatogli da Robert Plant (“Robert Johnson, al quale dobbiamo tutti la nostra esistenza, in un modo o nell’altro”2). Dalle ballads più note (Sweet Home Chicago; Cross Road Blues; Me and the Devil Blues) ai pezzi rock che precedono l’invenzione del genere di una

Dischi

Robert Johnson The Complete Recordings Sony, 1990 In un doppio Cd l’opera completa di Robert Johnson. I brani, molti dei quali registrati in doppie versioni, sono l’unica testimonianza lasciata dall’incredibile chitarrista nero. Più che una raccolta, una vera sorta di bibbia del blues e del rock.

» di Mariella Dal Farra; illustrazione di Micha Dalcol

trascorse qualche tempo a Memphis e si suppone che sia stato anche a St. Louis e forse in Illinois. La poetica del viaggio, dello spostamento continuo gioca un ruolo importante nelle sue composizioni, dense di treni e ferrovie, e amplifica la sensazione d’inafferrabilità che promana dalla sua figura. Esistono due sole immagini di Robert Johnson, entrambe rese pubbliche alla fine degli anni Ottanta: un primo piano e una a figura intera. In tutte e due, Johnson è ritratto nell’atto di suonare, e le sue mani sono la cosa che colpisce di più: mani forti e magre, dalle dita lunghissime, i tendini in rilievo sul dorso, le falangi mobili e articolate, simili a strumenti di precisione; mani che corrispondono perfettamente ai suoni estratti dalla sua chitarra. Si dice che, al primo ascolto, Keith Richards chiese chi fosse il secondo musicista che suonava, senza rendersi conto che la sorgente era una sola. Nell’epoca dell’istantanea riproducibilità digitale di qualsiasi opera d’arte, i suoi ventinove brani – registrati in due sessioni distinte di, rispettivamente, tre (23, 26 e 27 novembre 1936, San Antonio) e due giorni

ventina d’anni (They’re Red Hot; Stones in my Passway), la musica di Johnson funziona come un varco spazio-temporale che ci proietta all’indietro, a quasi un secolo di distanza, ma solo per farci ritrovare cose che sembra di avere sentito ieri sera alla radio. La musica del diavolo, si sa, non passa mai di moda... Note 1 Liberamente tradotto da: Matt Morgan, Meeting with the devil at the crossroads - A “vision”, as told by Henry Goodman, disponibile al sito www.hauntedamericatours.com

Fresh air from WHYY, 24 agosto 2004. L’intervista è reperibile alla pagina internet www.npr.org/templates/story/story. php?storyId=3868283 2


» testimonianza raccolta da Nicoletta Barazzoni; fotografia di Igor Ponti

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che ha saputo valorizzare la sua famiglia e in particolare i figli. Sono un ricco. Madonna che fortuna ho avuto! Per essere amati bisogna prima saper amare? Attribuisco un peso enorme ai sentimenti con i quali non gioco mai. Rispetto le donne. Sembrerò sciocco ma avendo vissuto con le mie sorelle, mia madre e le mie zie ho imparato ad affinare la mia sensibilità femminile. Della seduzione non mi piace la fisicità ma il suo carisma, la sua complicità, il capirsi ancora prima di essersi espressi. La poesia e la chimica di un incontro è un miscuglio di magia. Come il trapezista è bello sentirsi in Dopo anni di lavoro all’UBS, abbandona bilico e non avere certezza. la dirigenza perché sente che quel mondo Della donna amo la capacità non gli appartiene più. Nel momento del di gestire un uomo. Di lei mi piace tutto. Non la mercificambiamento si trova ad affrontare una cherei mai. Come mi piace il grave malattia. Oggi ringrazia la vita, suo segreto e il suo mistero. Una volta scoperta la sua seconsapevole della propria rinascita gretezza si perde l’interesse? iniziavo a immaginarmi una Al contrario la donna diventa pienamente vita tranquilla in compagnia bella quando la scopri. Se avessi una lavagna di mia moglie, all’improvviso cosa ci scriverei? La vita è bella. E aggiungemi hanno diagnosticato un rei che è lo stile che fa l’uomo. Dopo due tumore maligno all’intestino. anni di indipendenza ho avuto la fortuna Paradossalmente ho affrondi essere sollecitato dal proprietario di una tato la malattia con entugiovane impresa informatica di Ginevra. siasmo. Mi sono detto: non Questa società, composta da 15 ingegneri di voglio cambiare il mio modo alto livello che lavoravano con entusiasmo, di essere. Anche se sono nocreando soluzioni informatiche destinate toriamente un fifone, dopo alla post produzione cinematografica, era un momento di crollo, ho alla ricerca di una persona che “diffondesse” reagito. L’importanza dell’inin Europa il loro savoir-faire. Ho accettato contro e del feeling con il mio con entusiasmo questa nuova esperienza chirurgo, il dr. Bigger, sono di lavoro e di vita piena d’incognite. Me la stati decisivi. Abbiamo affronsono cavata bene mettendo l’accento più sul tato insieme il tumore. Sono mio saper essere che sul mio saper fare. Per nato qui, sono mezzo morto vari motivi ho lasciato Ginevra e mi sono qui e sono rinato qui. Con la trasferito a Locarno (cittadina della quale malattia ho percepito in mami ero innamorato quando frequentavo niera diversa il profumo delle regolarmente il Festival del Film). Ho potuto cose e delle persone, anche di in questo modo stare più vicino a mia maquelle più spregevoli. Ti acdre, allora gravemente malata. Con l’aiuto corgi di quanto ti potrebbero e l’affetto di mia moglie e delle mie sorelle mancare gli affetti. Ho sentito ho affrontato con serenità la sua morte. Direi la voglia di non deludere me ai giovani che gli studi sono importanti ma stesso e i miei cari. Non mi che nella vita è forse più importante uscire sono mai chiesto perché sia dall’ordinario che laurearsi all’università. successo a me. Nella vita è Avere una buona cultura generale e un buon meglio essere fortunati che senso dell’humour. Vivere con più pazzia e ricchi. Avere la fortuna di più amore, senza nessun limite. Se dovessi essere amati è un capitale fare una dedica a un libro scriverei: ancora che non si conserva in banca vivo. Non voglio mettere la parola fine a nulma lo si coltiva dentro. Ho la. Vivo un libro tutto da scrivere, aprendo avuto una madre disponibile pagine di curiosità verso il futuro.

Fausto Guerzoni

Vitae

ono nato sulle rive del Lago Maggiore 61 anni fa. Dal Sessanta in poi ho vissuto a Ginevra. Sono italo svizzero. Ho lavorato alla banca UBS di Ginevra per 27 anni. Durante la mia attività professionale ho constatato come la mia banca stesse cambiando. Certi banchieri sono dei cinici che conoscono il prezzo di tutto e il valore di nulla… Il sistema bancario ti divora con il suo gigantismo, con la sua sete di fare affari, con la costante finalizzazione al risultato. In quanto persona sensibile ai rapporti umani, a un certo punto, non riuscivo più a concepire la finanziarizzazione fine a se stessa. Il personale del back-office, del ramo commerciale e delle agenzie (che originavano costi) erano considerati inferiori ai colleghi del finanziario (che originavano grandi benefici). Assistevo a una lenta deriva anche di mentalità, nel senso che il risultato primeggiava su tutto, generando arroganza e ipocrisia nei confronti della clientela “classica” e dei collaboratori non implicati nella finanza. Purtroppo in questo meccanismo entrava anche una certa clientela (azionisti e giocatori in borsa) con le conseguenze che oggi sono sotto gli occhi di tutti. La morte di mio padre, congiuntamente a questo scenario, mi ha convinto a cambiare vita e malgrado l’età (avevo allora 52 anni) ho lasciato tutto con l’accordo di mia moglie. Questa decisione non ha sorpreso i miei colleghi che mi definivano, da sempre, un funzionario atipico. Lasciando la dirigenza non avevo più garanzie di lavoro e ancor meno sicurezze finanziarie ma sentivo che stavo facendo la scelta giusta, che optavo per la “vita”. Se un tempo ero fiero della banca per cui lavoravo non posso dire di provare oggi lo stesso senso d’orgoglio. Hanno fatto la fine del rospo che, gonfiandosi, è esploso purtroppo sulla pelle di tanta povera gente. Ma proprio quando

»

S


Via Lavizzari 15 di Kurt Sghei; fotografie di Peter Keller

“Come ora che mi affaccio sul cortile sorseggiando il terzo caffettino e penso che questa casa è come un battellino che galleggia (intanto miracolata dalla munificenza della padrona di casa) sulle sabbie mobili di tanta speculazioneâ€?


L’

arredamento, pezzi di Novecento puro… in parte rifiuto ingombrante, eccedenze in perfetto stato, di quelle che scovi prestando la giusta svergognata attenzione da arredatore archeologo, storico dell’arte… in parte eredità amicali, ricordi e lasciti di vecchi coinquilini. Poi il mobilio più antico, quello dei tempi in cui la casa era adibita a deposito bibite, gazzose. Al piano terra, intatto, il bancone del vecchio magazzino, di fronte a casa, l’ex scuderia “qui in città, l’ultimo carro tirato da un cavallo – mi racconta Eric Hürlimann – partì e tornò, per il suo ultimo giro consegne, dal cortile qui sotto. Dall’altra parte della strada, lì dove ora c’è il campetto di basket dell’Elvetico, c’era una casa diciamo particolare, un bel po’ di tempo fa” mi svela Eric, in corridoio, mimando con le dita un omino che sale le scale di una casetta immaginaria (immagino finestre con le tendine di pizzo e certe signorine nostrane, gassate come gazzose, affacciate, adescarmi in dialetto, mi levo il cappello). Siamo a Lugano, in centro, via Lavizzari 15, per essere precisi. Le dieci di sabato mattina… la strada deserta, nessun bipede nel raggio di chilometri, è sabato, le palazzine vuote, gli uffici

deserti, le penne nei portapenne, stampanti e fotocopiatrici zitte. Nelle ville e nei condomini si dorme ancora, chi è sveglio tiene basso il volume della radio e va in babbucce. È pronto il caffè, andiamo in cucina, “prego, dopo di lei, bella giornata davvero, ah! si sta benissimo”. Sarà tutto ‘sto verde nel cortile e sul retro (di questa casetta lunga stretta e piccinina, che quando la vedi ti fa un po’ ridere, da che è diversa, da che è rimasta sola e piccinina, appunto)… sarà l'oleandro, che avvinghia l’ingresso e sale fino alla finestra di cucina, saranno le antiche mattonelle dei muri, gli intonaci rinnovati nei secoli… è che non mi sembra mica più di stare in città, di giugno, ma altrove… in valle, in montagna, al mare, da un’altra parte quasi come in vacanza, lontano. Sembra più fresco qui, l’aria migliore. Eric conferma: “la casa fa questo effetto a molti… si suppone sia per questioni energetiche, legate alla polarità della terra”. Anche il caffè è ottimo, annoto io. Pure cucinare, suppongo, deve riuscire alla grande, e lavorare e pure le altre attività, molto meglio, si sente, si vede. Niente di artificiale qui, di calcolato. Solo roba vera, pezzi unici. Poca plastica. La collezione di Dylan Dog quella parla da sola. Il laboratorio di Eric, stretto e piccolo quanto profumato e zeppo

sopra Il laboratorio di liuteria di Eric Hürlimann. La maggior parte delle sue lavorazioni le compie rimanendo in piedi a destra Due immagini della Maya durante una sessione di prova di flamenco. Nelle altre due fotografie, Eric al lavoro e mentre ci accoglie al nostro arrivo a pagina precedente L’ingresso del cortile e la casa vista da via Lavizzari. Si possono ancora scorgere le insegne dell’antica fabbrica di gazzose



di roba che non ci capisci niente e poi il salotto, infine, il pavimento depresso, l’effetto di starsene nello studio cabina di un capitano scienziato di vascello da esplorazione, come se là fuori non ci fossero che cose sconosciute, tutte interessanti, tutte da studiare. Il gatto, distinto felino novecentesco, pare avere centoventisei anni. Parlo con Eric (non siamo proprio coetanei) e mi sembra di stare a chiacchierare con un amico di scuola che è da un po’ che non vedevo. È così difficile trovarsi a proprio agio in casa altrui, in cinque minuti, con tutta ‘sta educazione addosso… eppure qui capita, spontaneamente, dritto al nervo simpatico, quello che vedi è quel che è: quel che è ti piace, ed è fatta. In questa casa Eric ci abita da tanti anni, qui ha il suo laboratorio di liutaio dove costruisce chitarre e aggiusta quelle degli altri. Un artigiano, uno degli ultimi. “Fino a qualche decennio fa – mi spiega – questa via, qui in città, era conosciuta come la via degli artigiani, a ogni porta una vetrina, una professione diversa”. Office era ancora lontano, parrebbe. In questa casa, comunque, è la musica, forse è lei la principessa, la sposa del gatto, il Re. Al piano terra, per dirne una, viene a provare la Maya: danzatrice, coreografa, insegnante, amica da una

vita di Eric. Quando la moka ribolle e per via Lavizzari scende la nuvoletta di profumo, eccola con la sua bicicletta, sorridente, la voce canterina, arriva, proprio come ora. Come ora che mi affaccio sul cortile sorseggiando il terzo caffettino e penso che questa casa è come un battellino che galleggia (intanto miracolata dalla munificenza della padrona di casa) sulle sabbie mobili di tanta speculazione. Che va detto: il cemento da farci palate di soldi ha già morso all’osso e per anni (ben prima che si giungesse ad abbozzare una lista di edifici da “preservare”, giugno 2009, il cosiddetto Decreto salva Ville) gli ultimi scampoli di una passata identità urbana così differente da quella attuale, e proprio per questo così cara e così imprescindibile, restituendoci perlopiù i prodotti qualsiasi da civiltà conquistata e normalizzata dallo spruzzino del benessere, uguale in ogni dove, da queste estese parti. Poco conta, se il Dove non importa più, figuriamoci il Quando. E allora altroché malinconie, tendine di pizzo, romanticismi particolari. Gli scogli della memoria, più niente, nessun rifugio, nessun letto volante coi pomelli di ottone, nessun vascello, niente più viaggi in poltrona, senza tivù, internet e bibita gassata ‘mericana ■

sopra Eric Hürlimann e Vladimiro Carcano (a sinistra) provano un brano di musica spagnola a destra Lo scaffale raccoglie una serie di bottiglie e due insegne provenienti dall’antica fabbrica di gazzose che un tempo occupava lo stabile. Le sculture sono opera dello stesso Eric in basso Un violino, uno dei tanti strumenti a corde presenti nella casa, e l’unica stufa a cui è affidato il riscaldamento dei locali



TE N D E N Z E

BELLO CON L’ANIMA FISICO, MENTE E CUORE – BODY BUILDER: 1–0 di Marisa Gorza

cuore ARMANI

fisico

MOSCHINO

VERSACE

La moda, apparsa sulle pedane di MilanoModaUomo, ha elargito un’eleganza sobria, ma non priva di guizzi malandrini. Abbandonati gli incattiviti maschiacci vestiti di sottoculture metropolitane e manager aggressivi, ecco allora il popolare pantalone in denim da Giorgio Armani che abbandona lo stracciato: la tela di Genova è un pretesto per l’impeccabile completo provvisto di gilet o comunque per la versione basic jeans cinque tasche. Se non è denim blue è blu copiativo o mille toni di grigio per giacche con spalla costruita, vita segnata e chiuse da un solo bottone. Girano sia sui calzoni affusolati che sui bermuda, sdoganati con stile, tanto da accettare la cravatta a microdisegni che si confonde con la camicia analoga. Uno stropiccio naturale dona nonchalance ai completi dal perfetto aplomb di Ermenegildo Zegna, dove la classe rimane tale anche quando azzarda il giubbotto in suede infilato nelle braghe. Queste, accorciate alla caviglia e con tanto di piega, sono in uno speciale tessuto che abbassa la temperatura, in vista di torride estati. Ma si tratta solo di una delle poche ipotesi anti-calura, poiché mai come in questa tornata di moda estiva si sono viste collezioni così “coperte”. Il futuro? Di bianco vestito come il legionario immaginato da Donatella Versace, un personaggio romantico e virile, capace di incarnare sogni di perdizione. Soprattutto se indossa tuniche sbottonate, o djellaba stampate a lucimiraggio nel deserto al posto della camicia, pantaloni in garza fluttuante, sandali in cuoio e qualche giubba militare stinta dal sole e dall’uso. Va lontano il giramondo di Missoni, colleziona memorabilia e souvenir ovunque per mescolarli ai grandi classici cioè il cardiganone di famiglia, il trench in gabardine caki, il pantalone due pince in maglia telaio a quadri sfumati nei famosi colori. E non è difficile star su di morale da Moschino leggendo i giornali stampati sulle t-shirt fiscalmente con “good news”. E se le notizie non sono buone, sono rose che fioriranno dovunque e doviziose…

ZEGNA

mente


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Astri gemelli

cancro

A partire dalla sera del 20 agosto riuscirete finalmente a vivere le vostre vacanze in maniera più serena. Grazie a un evento improvviso portato dal transito di Mercurio potrete riscoprire una vecchia amicizia.

Amore a gonfie vele, in ambienti lussuosi in riva al mare, o in cima in montagna. State però attenti a non rovinare tutto con una parola di troppo. La quadratura con Saturno e Mercurio rallenta la vostra “verve”.

Colpi di fulmine per i nati nella terza decade, pienamente beneficiati dal trigono tra Venere e Urano. Incontro con persone originali. Particolarmente favoriti i luoghi vicino al mare. Possibili incontri karmici.

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Approfittate della Luna nuova per scrollarvi di dosso le idealizzazioni. I nati nella terza decade intorno al 20 dovranno stare attenti a rimanere con i piedi per terra e a non farsi prendere da attacchi di ansia.

Importante congiunzione tra Mercurio e Saturno. Approfittate della pausa estiva per capire che ogni scelta prima di essere compiuta deve essere compresa interiormente. Amori per i nati di settembre.

Tra il 17 e il 23 agosto i nati nella terza decade potranno vivere momenti particolarmente intensi. Grazie agli ottimi aspetti tra Marte e Giove vi potranno essere anche risultati sul piano professionale.

Tra il 18 e il 20 di agosto molti di voi potranno vivere momenti di intensa passionalità a causa del transito lunare. State comunque attenti a non porvi in competizione con il partner. Amori sotto l’ombrellone.

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Verso il 20 del mese potrete vivere una situazione sentimentale vivace stimolati da un ambiguo Marte in opposizione. Mentre vi divertite cercate di comprendere le reali intenzioni dell’altro. Ottime le giornate del 18 e del 20 agosto.

Se agirete con prudenza prudenza, i nati nel nella terza decade potranno abbandonarsi a qualsiasi tipo di sollecitazione, senza dare troppo nell’occhio. Svolte professionali con effetti a lungo termine favorite dai buoni aspetti con Saturno e Mercurio.

Tra il 18 e il 20 la Luna si troverà in opposizione nel segno del Leone. Questo aspetto potrebbe essere l’indice di una forte sollecitazione da parte di una donna sul vostro amor proprio. Fase emotivamente intensa per i nati nella terza decade.

Con Urano e Venere in trigono, nonostante la quadratura di Urano, amore alla grande per i nati in Pesci. Colpi di fulmine, avventure e seduzioni travolgenti. Dal 20 al 22 momenti di stanchezza provocati dalla Luna opposta.

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Orizzontali 1. Ha spesso le mani di velluto • 10. Segno zodiacale • 11. Proprio così! • 12. I pesi senza le tare • 13. Trafila burocratica • 14. La festa del 25 dicembre • 16. Andata in poesia • 17. Anomala, fuori dall’ordinario • 19. Consegnata • 21. La sorella di Semele • 23. Periodo storico • 24. Sport invernale • 25. Dubitativa • 26. L’arte del bel canto • 27. Fra due fattori • 28. Il noto Marvin • 29. C’è anche quella del Luzzone • 30. In mezzo al mare • 31. Intacca la vite • 32. Sicura • 34. Nome di donna • 35. Misura di superficie • 37. La sessantesima parte dell’ora • 39. Gran Turismo • 40. È uccel di bosco • 41. Ha il cordiglio • 43. Intestazione • 45. Se è comune, è mezzo gaudio • 46. Il figlio di Zeus, Poseidone, Ennes.

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in pianti • 20. Pilota militare • 22. Cianfrusaglie • 24. È ghiotto di noci • 25. Una delle Piccole donne • 27. Gradino di legno • 29. Noto stilista • 31. Duro di comprendonio • 33. Il nome della Tebaldi • 36. I confini di Arogno • 38. Avverbio di luogo • 39. In coppia con Ric • 42. Uncino da pesca • 44. In mezzo al coro.

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Verticali 1. Noto film di P. Yates • 2. Superficie • 3. Autocrate, despota • 4. Incursione poliziesca • 5. Se li dividono i soci • 6. Nord-Est • 7. Arduo • 8. Allegra • 9. Giallo pallido • 15. Eroica, rapsodica • 18. Pari

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» a cura di Elisabetta

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 36

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Transito di Marte particolarmente positivo sotto il profilo energetico per i nati nella terza decade. Intorno al 20 agosto, grazie alla Luna nuova in Leone cambiamenti importanti. Acquisto di oggetti per la casa.

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LA POVERTÀ NON È UNA FATALITÀ DIRITTI UMANI = MENO POVERTÀ

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