Ticino7

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numero

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L’appuntamento del venerdì

AGORÀ Piste ciclabili DOMUS Il guardaroba VITAE Luca Rusconi

Corriere del Ticino

R EPORTAGE - CAMBOGIA

La cittadella delle donne

laRegioneTicino

Tessiner Zeitung

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numero 42 9 ottobre 2009

Domus Il guardaroba

Impressum Tiratura controllata 90’606 copie (73’723 dal 4.9.2009)

Chiusura redazionale Venerdì 2 ottobre

VALENTINA GERIG . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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FRANCESCA RIGOTTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Agorà Piste ciclabili. C’è da pedalare… DI

Vitae Luca Rusconi (LR11)

DI

DI

KURT SGHEI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . MARZIO PESCIA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Reportage Cambogia. La cittadella delle donne

DI

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

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Direttore editoriale Peter Keller

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Diaspore e tradizioni

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Il tempio di Banteay Srei Fotografia di Marzio Pescia

La pubblicazione della prima parte del programma 2009/2010 di RSI RETE DUE dedicato al jazz merita attenzione e, a seguito, una riflessione. Nulla da eccepire, intendiamoci: i curatori propongono una serie di concerti in cui si equilibrano esperienze diverse e musicisti di alto livello in grado di soddisfare gli orientamenti e i palati più eterogenei. Si va dall’elvetico Lucas Niggli con il suo New Big Zoom, formazione che include il contrabbassista e compositore inglese Barry Guy, al duo Paolo Fresu e Ralph Towner; dall’eclettico Elliott Sharp all’all star band di Dave Holland, senza dimenticare Marco Cortesi, Sandro Schneebli e il trio TRÉ, cui è affidata l’apertura dei concerti. A colpire è altro, e non solo in relazione a questo programma di eventi, ma in generale all’ambito e al mercato del jazz contemporaneo. Da un lato esso offre un’immensa varietà di proposte, dall’altro si ha la sensazione che da quel nucleo iniziale - oggi ricondotto generalmente al termine di “tradizione” - si sia via via giunti, per progressive contaminazioni e diaspore generazionali, a una musica totalmente diversa. Al radicamento nella società statunitense del jazz e al percorso che dalle origini porta alla sua politicizzazione incarnata dalla Free Music, si è sostituita una dimensione globale, dai contorni assai meno percepibili. Come se il jazz fosse stato capace di mutare, assorbendo e integrando in sé le esperienze e le culture musicali più diverse

grazie all’elemento di fondo che lo contrassegna: l’improvvisazione. In questo numero recensisco un cd del 2004 del tenorsassofonista Ellery Eskelin. Significativa una sua riposta fornita nel corso di un’intervista a Stefano Ferrian: “Nel passato la Free Music escludeva tutte le nozioni riconosciute che erano considerate tradizionali. Per me invece significa esattamente l’opposto, quindi si tratta di saper fondere insieme gli schemi tradizionali con la pura improvvisazione nel modo più naturale possibile. Siamo liberi di trarre ispirazione da ogni cosa, in un mix di elementi tradizionali e non. […] Personalmente non mi sento di appartenere a nessuna categoria in particolare, l’unica cosa che mi sta veramente a cuore è influenzare positivamente tutto ciò che mi sta intorno”. L’idea adorniana della musica come “protesta contro il cieco nesso mitico della natura” o come “protesta contro la fatalità” ha ceduto ormai irrimedibilmente il passo a una visione molto più articolata e in cui a contare é piuttosto la molteplicità delle azioni e delle posizioni estetiche individuali in un orizzonte in cui la critica o, all’opposto, l’adesione al “consenso”, non sono più il frutto e/o la reazione a una matrice ideologica o sociale. Perché oggi le esperienze e le “tradizioni” si accostano e si coagulano secondo modalità del tutto impensabili solo cinquanta anni fa. Il mondo cambia, la musica anche… Alla prossima, Fabio Martini


Piste ciclabili. C’è da pedalare…

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Agorà

Le statistiche dicono che il 45% degli spostamenti in automobile non supera i cinque chilometri. Perché dunque non spostarsi in bicicletta? Un’analisi delle cause e delle possibili soluzioni... partendo dall’esempio delle (purtroppo) poche piste ciclabili

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Mondiali di ciclismo sono finiti da qualche giorno ma, in quanto a percorsi ciclabili, il Ticino deve pedalare ancora parecchio prima di raggiungere l’agognato traguardo. Rispetto agli altri cantoni le carenze sono evidenti. I commenti delle persone comuni presenti su molti blog creati in Internet o nei siti di appassionati della bicicletta, sono sufficientemente esaustivi. Le lamentele vanno dalla mancanza di percorsi per recarsi all’università o al lavoro, ai problemi e agli ostacoli che i cicloamatori ticinesi devono fronteggiare a cavallo della loro “due ruote”. La richiesta, quindi, esiste: giovani e meno giovani utilizzerebbero volentieri la bicicletta per i tragitti quotidiani e non solo per la loro passeggiata domenicale. La realtà, invece, è che spesso si rinuncia alla bici per non incappare in fastidiosi slalom tra le auto, in pericolosi contromano, nei saliscendi sui marciapiedi, nelle scorribande sulle strisce pedonali… e nelle lamentele di automobilisti incolonnati e spazientiti.

Pochi chilometri, molte colonne Intorno alla metà di settembre i giornali del cantone hanno riportato la notizia secondo cui il governo ha stanziato un milione di franchi per potenziare la sicurezza lungo i percorsi ciclabili sulle strade cantonali per il periodo 2010–14. Le statistiche (Microcensimento dei Trasporti, ndr.) segnalano un dato importante: il 30% degli spostamenti in auto non supera i 3 km, il 45% non supera i 5. Questo significa che l’automobile è usata per tragitti davvero brevi, solitamente per comodità o abitudine. O, forse, perché non ci sono piste ciclabili adeguate e sicure? La questione sta proprio qui: non si utilizza la bicicletta perché le strade non sono abbastanza sicure e facilmente

percorribili. Anche per i meno giovani. Nicola Colombo, membro del comitato regionale di ATA (Associazione Traffico e Ambiente), si occupa di biciclette da qualche anno e individua immediatamente il nodo centrale: “Abbiamo due grossi problemi. Il primo è psicologico, ovvero la mobilità in bicicletta è considerata secondaria a tutti i livelli. Gli automobilisti considerano la strada una cosa loro e non hanno ancora capito che ogni bicicletta in più sulle strade equivale potenzialmente a un’automobile in meno. Quindi meno traffico, meno inquinamento e in città un posteggio libero in più. Le istituzioni fanno molto per il traffico motorizzato, poi, se c’è ancora spazio e denaro, si fa qualcosa per le biciclette. Il secondo problema è fisiologico: una cittadina diffusa di oltre 300.000 abitanti viene governata da quasi 150 associazioni di quartiere o rionali, che noi chiamiamo comuni o enti locali. Ogni comune è autonomo e sovrano, spesso non collabora con i comuni limitrofi e con l’amministrazione cantonale. Dove finisce una strada cantonale inizia quella comunale e così, alla fine, si fa qualcosa a favore dello spostamento in bicicletta solo se c’è un minimo di sensibilità verso una nuova mobilità”.

Pedalare in “tandem” Proprio per sensibilizzare i comuni, pochi giorni prima dell’apertura dei Mondiali di Mendrisio, il Dipartimento del territorio ha pubblicato un prospetto informativo sui percorsi ciclabili in Ticino. L’intento è quello di “premere il pedale sul potenziamento dell’offerta di percorsi adeguati agli appassionati delle due ruote”, si legge nell’introduzione di Marco Borradori. E i destinatari sono proprio i comuni: “Per raggiungere l’obiettivo, il cantone ha bisogno dell’ap-


poggio e della collaborazione attiva di municipi, consigli comunali, tecnici e pianificatori, poiché la rete dei percorsi ciclabili svizzeri vede i suoi snodi fondamentali proprio sui territori comunali”, continua Borradori. L’opuscolo è un libretto di sedici pagine con domande, risposte, illustrazioni e possibili soluzioni. L’ingegner Stéphane Grounauer, responsabile della Sezione mobilità dell’Ufficio infrastrutture e trasporti, si occupa anche di sviluppare i percorsi di biciclette e pedoni, e ci conferma: “Il nostro obiettivo è cercare di coinvolgere i comuni per diffondere soprattutto l’idea che la bicicletta è utile nei percorsi brevi. Ho l’impressione che la sensibilità stia cambiando in positivo nelle amministrazioni comunali e nei politici. In Ticino c’è una mentalità orientata all’automobile. Prima però, quando si trattava l’argomento, ci sembrava di essere in totale solitudine. Ora che il traffico è peggiorato, si presta più attenzione alla bicicletta come alternativa. Peccato, però, che in Ticino sia ancora diffusa la cultura del ciclista non come utente della strada ma come ingombro…”. Nicola Colombo è particolarmente propositivo e concreto, a questo riguardo. E suggerisce: “A livello comunale non è sempre necessario creare delle vere proprie piste ciclabili, il più delle volte sono sufficienti interventi puntuali, con investimenti minimi e grandi benefici: «calmare» il traffico motorizzato, rendere agibili alle biciclette i sensi unici, difendere e favorire pedoni e ciclisti negli incroci e ai semafori, segnalare dei percorsi rapidi e fuori dal traffico ai ciclisti, promuovere la mobilità in bicicletta attraverso la comunicazione”. Interessante a questo proposito la sua proposta: “A livel-

lo cantonale sarebbe utile la creazione di un Ufficio biciclette, dove persone competenti e motivate si occupino di sviluppare e promuovere l’uso della bici. È necessaria però una maggiore fermezza verso i comuni che non rispettano le disposizioni in tal senso”.

Qualche piccola speranza Ma anche in Ticino ci sono casi positivi (fortunatamente) da cui prendere esempio. Giubiasco è uno di questi, come segnala lo stesso Colombo. Anche Grounauer ammette che la situazione è migliore nel Sopraceneri, mentre è più problematica, anche rispetto al traffico, nell’area del Luganese. Anche all’estero la bicicletta riscuote grande successo… e non bisogna andare nemmeno molto lontano. A Milano è attivo ormai da diversi mesi il bike sharing, ovvero il noleggio delle bici in centro. La metropoli lombarda è una città praticamente priva di piste ciclabili, dove le buche e le rotaie dei tram rappresentano le trappole più frequenti. Eppure, la bici è un mezzo molto usato. Sarebbe pensabile il fenomeno del bike sharing in Ticino? Grounauer commenta: “Abbiamo ricevuto delle richieste di informazioni a questo proposito. È di competenza dei comuni, però. Ho qualche dubbio sulla sua applicazione in Ticino. Potrebbe avere un senso a Lugano, forse…”. Bike sharing o meno, riuscire a trovare delle soluzioni a un traffico urbano più sostenibile e contribuire a creare una città dove le biciclette diventino una valida alternativa allo spostamento motorizzato è una conquista a cui si dovrebbe aspirare e contribuire. È arrivato il momento di pedalare, un po’ in tutti i sensi. E, soprattutto, tutti quanti assieme...

» di Valentina Gerig

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Il guardaroba Il (o la) guardaroba è, per i fortunati che ne possiedono uno/a, la stanza dove si guarda, si accudisce, si conserva la “roba”, intesa prevalentemente come material tessile: biancheria da camera, da bagno e da cucina, abiti… e fili di pensiero

Domus

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senso che le si piegano, le si stirano… alla perfezione o alla “sanfasàn”, come direbbe Camilleri, con quell’espressione che viene dal francese sans façon, senza maniere, in qualche modo. Talvolta le si ripongono, con o senza mazzetti di lavanda odorosa, più probabilmente senza, negli armadi del guardaroba stesso o delle camere da letto (vedi all’ambiente “camera da letto”, quando ci sarà). Talaltra si cuciono o si riparano, si attacca un bottone, si accorcia un orlo, si esegue un rammendo. Devono quindi essere presenti nel guardaroba gli appositi utensìli, come il “cestino da lavoro”, che sta a tessuti e filati come la “cassetta degli attrezzi” sta a rubinetti e apparecchi elettrici (non elettronici, purtroppo, che quelli non è così facile ripararseli da sé). Il cestino da lavoro contiene aghi, fili, forbici, ditale per accudire stoffe e tessuti (morbidi); la cassetta degli attrezzi raccoglie chiodi, martello, pinze, cacciavite per accudire legni e metalli (duri). Se Wittgenstein fosse nato donna, immagino che per il suo famoso paragone (“il linguaggio è come la cassetta degli attrezzi divisa in tanti piccoli scomparti...”) avrebbe scelto il cestino e non la cassetta, ma la storia non si fa con i controfattuali, e nemmeno la filosofia. Torniamo al nostro guardaroba, che prevede anche la presenza di una tavola o un’asse da stiro, nonché di un ferro, sempre da stiro, attrezzo preposto alla stiratura di stoffe e abiti, col quale si eliminano le pieghe errate e si introducono le pieghe giuste. I ferri da stiro antichi non avevano fili (erano wireless, come quelli supermoderni): si mettevano semplicemente a scaldare sulla stufa o sulla cucina economica, e quando un ferro era arroventato lo si usava, e intanto si metteva a scaldare l’altro. I ferri moderni, elettrici, ebbero e hanno ancora in gran parte un filo; grazie ad esso – se interpretato come “filo del dialo-

go” – è possibile immaginare bizzarre conversazioni tra sé e sé della/dello stirante, oppure dialoghi con un interlocutore inesistente, o addirittura col ferro da stiro stesso il quale, se a vapore, potrà rispondere con piccoli sbuffi. Volendo, si può pensare al ferro da stiro come a una specie di mouse esterno al computer, uno per lisciare le stoffe, l’altro i pensieri. Nel guardaroba immaginiamo poi disposti, contro o ancor meglio dentro le pareti, come si fa nei praticissimi Stati Uniti, armadi, tanti armadi. Armadio, grande parola, maestosa e familiare insieme – scriveva il filosofo ed epistemologo francese Gaston Bachelard – che “apre il respiro con la a della prima sillaba”. Armadio, centro d’ordine che protegge tutta la casa, spazio che non si apre davanti a chiunque bensì custodisce un vano interno di intimità, coi suoi ripiani e i suoi cassetti, organi della vita psicologica segreta. Uno spazio felice dunque, quello del guardaroba, un luogo equilibrato di muri, di mobili e di attrezzi. Mi è capitato, non molto tempo fa, di dormire in un guadaroba-studio-camera degli ospiti: è quello della casa-atelier milanese di Nicoletta e Andrea Branzi, artisti e designer e appassionati di oggetti e di filati. Lungo le finestre della camera polifunzionale o “ambiente misto”, come lo chiamano gli arredatori, corre un ripiano coperto da materiali da lavoro: stoffe, filati, aghi, modelli, progetti, e là ci si siede quando si vuole operare manualmente e creativamente. Ma se si ruota la sedia di 180°, nella direzione opposta, si potrà lavorare al computer appoggiato sul tavolo-letto, sul quale, oltre al computer, troneggia un materasso; quello è il letto degli ospiti, circondato da fili, filati, libri e riviste sul ripiano opposto, nicchia privilegiata nella quale l’ospite felice indugerà nel filare e nell’intrecciare fili di pensiero nell’intrico di fantasia e realtà.

» di Francesca Rigotti; illustrazione di Mimmo Mendicino

Nel nostro ipotetico guardaroba si accudiscono le stoffe nel


Abbiamo ascoltato per voi

Nello scenario variegato e multiforme del jazz contemporaneo, il tenorsassofonista e compositore Ellery Eskelin rappresenta uno dei musicisti di maggior spicco. E le ragioni sono presto dette: innanzitutto, si è buttato alle spalle (si badi, senza però disconoscerla) la tradizione jazzistica, optando per una modalità improvvisativa improntata all’astrazione e al ricorrere di elementi fortemente allusivi. In secondo luogo, a differenza di un gran numero di “acrobati” che popolano oggi il mondo del jazz, ha saputo piegare totalmente la propria tecnica (peraltro mirabile) allo sviluppo di un linguaggio originale senza offrire concessioni alla spettacolarità. Infine, ha prodotto una

lunga serie di pregevoli cd (molti dei quali usciti per Hat Art) dando vita a un percorso che per rigore e originalità ha pochi eguali nella scena contemporanea. Ten rappresenta dunque, a mio avviso, un esempio paradigmatico del suo modo di procedere e in tal senso lo consiglio vivamente come occasione di approccio alla poetica musicale di Eskelin. Improvvisatore fluente ma animato da un’ispirazione scabra ed essenziale – a cui non è affatto estranea l’influenza del minimalismo americano (non era forse lui a suonare il soprano nel lontano 1985 nel Mikel Rouse Broken Consort, un gruppo davvero singolare che forse pochi oggi ricordano?) –, Eskelin, in compagnia dei

musicisti Andrea Parkins (fisarmonica, piano), Jim Black (batteria), il pluridecorato Mark Ribot (chitarra), Melvin Gibbs (basso) e Jessica Constable (voce) dà vita a dodici brani di durata medio-breve. L’influenza del free jazz resta sullo sfondo perché a entrare in gioco sono elementi diversi. Per esempio, fin da subito si avverte come l’esperienza del rock rientri a pieno titolo nel gioco delle allusioni, che non vanno intese alla stregua di citazioni più o meno calcolate ma come materiali vivi, manifestazione di una weltanschauung condivisa da generazioni ormai irrimediabilmente distanti da quelle che diedero vita, in un contesto politico e sociale totalmente diverso, alle prime

Ellery Eskelin Ten Hat Hut, 2004

esperienze del free jazz. Gioia e freschezza, curiosità e gusto per l’esplorazione musicale sono elementi che affiorano di continuo durante l’ascolto. Davvero una bella lezione di originalità e intelligenza estetica consigliata ai tanti “replicanti” a spasso di questi tempi…

» di Fabio Martini

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» testimonianza raccolta da Kurt Sghei; fotografia di Igor Ponti

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unico – mi sono detto: eh no, è improbabile, è troppo dura… non ce la farò mai… Poi però, parecchi impacchi di ghiaccio dopo – aggiungi la fortuna che ho avuto, a frequentare una delle meglio scuole di wrestling del nord America (i miei cugini abitano a Toronto…) – dopo quattro mesi di fondamentali, di cadute, di “il ring devi meritartelo”, ho cominciato a capire che per quanto strana (in America molto meno), per quanto folle (in Ticino di sicuro, avessi fatto il ballerino molto meno), la carriera del wrestler, era qualcosa che faceva per me… ormai, avevo accettato la sfida. Quest’anL’ascesa al professionismo del primo (e no, duemilanove, mi sono per ora unico) wrestler ticinese (dove si fatto sei mesi di training a Kissimmee, in Florida, vicino svelano alcuni, ma solo alcuni, dei mille a Orlando. Ho frequentato segreti del wrestling) quella che forse è la migliore scuola di wrestling al mondo, Hogan, Shawn Michaels (che la Team 3D Academy, fondata e diretta dal è un po’ il mio mito) ma pure mitico Tag-Team della TNA, i Team 3D (Duddietro casa, nei prati, nei giarley Boyz, chi conosce un minimo il wrestling dini, a scuola, a ricreazione, sa di chi parlo…). In questa scuola, tanto con gli amici, attenti a non per dire, il prof di condizione fisica è Dann farci troppo male. Nessuno Carr, l’ideatore di American Gladiators. Susi è mai rotto niente, comunbito nella classe Advanced – le basi le avevo que. Anche solo giocando, a già fatte in Canada – ho potuto fare veri e fare i wrestlers, sospettavamo, propri allenamenti/incontro sul ring… ed è ci fosse un segreto, qualcosa proprio là sopra, sul ring, che la faccenda si fa di tacito, fra i due combattencomplicata, che il professionista si profila… ti, che non è, come dicono i reggere il ring, e non solo come sportivo, ma gonzi, il tutto falso, tutto preanche come protagonista, sulla scena. Non stabilito, anzi, è proprio il lato essendo io una pezza – tipo 210 cm per 130 sportivo e difficile e nobile di kg – sul ring, le mie sono esibizioni di veloquesto sport – nobile come cità, agilità, tecnica, volo, mi devo muovere una sediata in testa, magari, moltissimo… Per quelli che invece sono i ma che volete? È spettacolo, riferimenti “estetici” di LR11 (alias di Luca, è lotta, è violenza, non ci ndr.), e parliamo del costume, del presentarsi piove – … un cattivo non al pubblico, mi sono ispirato al mondo goesiste senza un buono che lo tico dark, un mondo che ho sempre sentito sfidi, che gli dia un motivo vicino… non sono poi tanto diverso, in per combattere: fra due wrestfondo, nella vita comune, da quello che sono ler l’intesa è importantissima: quando sto fra le corde del ring. Certamente, antagonisti e complici. Certo un po’ più tranquillo. non è facile. Capita a volte Oggi, a livello svizzero si fa quello che si può. che qualcuno si faccia davL’interesse generale è scarso, ma la voglia di vero male (per quanto si stia fare è tanta, da alcuni anni la Swiss Chamattenti ad attutire, a imparare pionship Wrestling (SWC) propone spettacoli a cadere, a saperle prendere). di wrestling a cadenza mensile dalla Svizzera Svenimenti, barelle, infermetedesca a quella francese (il mio prossimo ria. Mica graffi. Quando nel appuntamento sul ring in patria sarà per il 2005, in Canada, dopo il mio 28 novembre, a Wattwil). E qui in Ticino? primo giorno di allenamento Bella domanda. Ci vorrà del tempo, questo in Academy, sono tornato a è certo. Ma prima o poi la SCW sbarcherà casa – tipo Frankenstein, in anche qui a sud… e noi ci saremo: l’augurio quanto ad agilità, un livido è che ci sia anche qualcuno di voi.

Luca Rusconi (LR11)

Vitae

hiariamo subito una cosa. Non è una recita, il wrestling. Certo, nove volte su dieci il finale è pianificato. Ma capitano un sacco di cose, fra un inizio e una fine. Tutti noi, guardando un film, sappiamo che a un secondo dall’esplosione la bomba verrà disinnescata, eppure, restiamo col fiato sospeso. La differenza, appunto, sta nel mezzo. Nel wrestling esiste una storyline molto semplice: il nostro eroe domina, mena e para che sembra immortale, poi, però, l’antagonista, sleale, scorretto – senza farsi prendere dall’arbitro – compie una qualche bastardata, un fallaccio e il nostro eroe allora vacilla, incassa male, sembra spacciato. Il pubblico, esagitato, è fuori di sé, incita il proprio eroe che, infine – non sappiamo dove trovi quella forza – si riprende, ha la sua rimonta e vince. Uscito da un incontro di wrestling (ben fatto, va da sé), lo spettatore è elettrizzato, quale che sia l’ultima scuola frequentata o le birre bevute. Mica può piacere a tutti, il wrestling, intendiamoci. Anzi, il più delle volte, giustamente, o lo ami o lo odi, non esiste la via di mezzo. L’importante è capire che si tratta di uno sport spettacolo, e che il pubblico è parte integrante, è il combustibile della serata. I detrattori del wrestling hanno tutti quanti il pallino della veridicità da opporti. Come se qualcuno, a teatro, dopo lo spettacolo dicesse: ma secondo te, i sentimenti della protagonista, erano veri? Chi mai, andrebbe a chiedere a un illusionista, se “per davvero” è in grado di volare? Nessuno. Forse un bambino. Io, da bambino – per dire – ero di quelli che credevano che il wrestling fosse “tutto vero”. Mi sbagliavo. Ma molto meno di quelli che sostenevano fosse “tutto falso”. Allora, nei primi anni Novanta, il wrestling era al suo apice. È lì, in quegli anni, che inizia la mia passione per questo sport. Davanti alla tivù, certo, l’Uomo Tigre, la WWF (poi WWE), Hulk

»

C


L    Le attività di cooperazione allo sviluppo promosse dalla Confederazione non riguardano soltanto settori come l’aiuto umanitario o l’agricoltura ma sfociano anche in ambiti più sorprendenti come la conservazione dei patrimoni storicoartistici. Un esempio? Il tempio Banteay Srei, uno dei gioielli del famoso complesso di Angkor, in Cambogia

    M ARZIO PESCIA


R

ealizzati da diversi re della gloriosa civiltà Khmer tra il X e il XII secolo, i templi di Angkor erano stati abbandonati e inghiottiti dalla giungla alla fine dell’Ottocento, quando vennero “riscoperti” da alcuni archeologi francesi. Oggi, giustamente, figurano tra le principali attrazioni turistiche del Sud-est asiatico. Templi quali il monumentale Angkor Wat, il mistico Bayon o il sapientemente trascurato Ta Prohm attirano turisti da tutti gli angoli del mondo: ogni anno le polverose strade che dalla vicina città di Siem Reap si addentrano nel sito sono prese d’assalto da più di due milioni di visitatori. Grazie a questo boom turistico la popolazione locale e l’intera regione hanno potuto beneficiare di una importante ricaduta economica. Ma in un paese come la Cambogia, che ancor oggi paga le terribili conseguenze economiche e sociali di decenni di guerra, il ruolo e il significato del complesso di Angkor vanno ben al di là del semplice valore turistico. “Dopo la guerra, al popolo di questo paese lacerato non rimanevano che due punti di riferimento: il re e i templi”, rileva Ueli Salzmann, architetto bernese al quale nel 2002 la Direzione dello sviluppo e della cooperazione svizzera (DSC) ha affidato i lavori di conservazione e ripristino del Banteay Srei. “Salvando i templi contribuiamo a offrire un’identità nazionale ai cambogiani”. Una raffinata fragilità A una ventina di chilometri dai siti principali di Angkor, il tempio di Banteay Srei, risalente al X secolo e comprendente una torre per ogni divinità della trinità induista (Brahma, Shiva e Vishnù), spicca per il colore rosso della


pagina precedente: primo piano di una delle sofisticate figure femminili che, da ormai un millennio, donano una grazia tutta particolare al tempio Banteay Srei. sotto: la “Cittadella delle donne� dista soltanto una ventina di chilometri dal maestoso complesso Angkor Wat che, per molti, rappresenta uno dei massimi esempi a livello mondiale dell'architettura orientale.



pietra arenaria con la quale è costruito e per il numero incredibile di raffinati bassorilievi tridimensionali sulle sue pareti. Le sedici sculture raffiguranti divinità femminili sulle torri laterali sono talmente affascinanti da aver indotto le popolazioni locali a soprannominare il tempio “la cittadella delle donne”. Ma tanta raffinatezza, soprattutto se sottoposta al lento ma inesorabile scorrere dei secoli, è anche sinonimo di fragilità. “Prima del nostro intervento, il tempio si trovava in una situazione di manutenzione molto precaria, una condizione che era andata peggiorando a partire dagli anni Trenta”, spiega Salzmann. “Alcune parti risultavano molto rovinate e rischiavano letteralmente di crollare. Inoltre la vegetazione tropicale tutt’attorno si faceva sempre più invadente”. Ulteriori problemi erano rappresentati dal carente funzionamento del sistema di drenaggio dell’acqua piovana, che rischiava di minare le basi del tempio, e dal flusso incontrollato di turisti che, curiosi e incoscienti, si arrampicavano ovunque danneggiando la struttura. La rinascita Nella primavera del 2009, dopo due fasi di lavori costate complessivamente 2,6 milioni di franchi, il tempio di Banteay Srei è stato riconsegnato, finalmente in ottima forma, ai responsabili cambogiani incaricati della conservazione dei monumenti storici. Il tempio è stato stabilizzato e restaurato, ripulito dalla vegetazione e protetto grazie sia alla creazione di zone non accessibili ai turisti sia a maggiori controlli. Per facilitare la permanenza sostenibile nella zona del tempio, gli esperti svizzeri hanno pure realizzato nuove vie d’accesso, un centro d’accoglienza, dei servizi sanitari e un museo. Non trascurabile è pure il fatto che il progetto ha permesso di trasferire nozioni ed esperienza al centinaio di specialisti e operai cambogiani che hanno collaborato con il team elvetico, permettendo loro di farsi autonomamente carico dei futuri lavori di conservazione del loro patrimonio storico. Il sostegno e il know-how svizzeri hanno dunque offerto una nuova vita al Banteay Srei. Ed è tanto meglio così visto che, secondo Ueli Salzmann, la “Cittadella” ha parecchio in comune con la Svizzera: “Ad esempio è piccola, molto bella e un po’ discosta rispetto agli assi principali…” ■

dall’alto al basso: nel cortile interno del Banteay Srei, un “tappeto rosso” conduce verso il tempio; due minacciosi giganti custodiscono l’accesso al cuore della «Cittadella»; i lavori di restauro non hanno riguardato i bassorilievi e le sculture sulle pareti del tempio, che portano dunque ancora il peso dei loro anni. pagina a fianco: un’altra delle principali attrazioni del complesso di Angkor è rappresentata dal Ta Prohm, dove gli intrecci tra giungla ed edifici creano ambienti da scenografia cinematografica.


» illustrazione di Adriano Crivelli

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Astri toro

gemelli

cancro

Fino al 16 ottobre i nati nella terza decade potranno usufruire di energia e vigore. Cercate di canalizzare queste forze verso lo sviluppo di una nuova arte o nell’approfondimento di un percorso culturale.

A metà ottobre, sollecitati da un lato, nella frenesia, da Urano e Saturno, e nell’ottimismo , da Giove, cercherete nuove formule vincenti per abbattere la noia professionale. Incremento della vita sociale.

Praticate attività fisica conservando sempre quel minimo di prudenza e di buon senso. Date modo alle vostre energie di incanalarsi verso una direzione specifica. Situazioni e occasioni inattese favorite da Urano.

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vergine

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A partire dal 17 ottobre, grazie al transito di Marte, si svelerà al mondo tutta la vostra furia leonina. Il vostro “ego” tenderà a prendervi la mano: cercate di correre ai ripari onde evitare situazioni spiacevoli.

Ricorrendo anche all’aiuto dei vostri amici più cari, avrete la possibilità di portare a termine con successo un importante progetto. Credete di più in voi stessi! Non fatevi bloccare dal ricordo di esperienze passate.

Tra l’11 e il 14 ottobre Mercurio e Venere entreranno nel vostro segno. Grazie a questi arrivi la vostra vita sociale schizzerà alle stelle. Incontri sentimentali e relazioni amorose. Flirts con persone più giovani.

Possibile vittoria in una vertenza legale. Incontri con persone straniere. Fino al 16 ottobre i nati nella terza decade potranno compiere azioni straordinarie grazie ai trigoni con Marte e Urano.

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capricorno orno

acquario

pesci

Cercate di non trattenere le vostre energie, ma canalizzatele su di un obiettivo preciso per affrontarlo con serenità e dinamismo. Incontri sentimentali per i nati nella prima decade. Attenti alle situazioni di stress.

Vita sociale ale segnata da numerosi numero incontri. Possibili problemi riconducibili alla gelosia del partner. Situazioni professionali in rapida evoluzione grazie a Saturno e Urano. Strutturatevi in maniera più innovativa.

A partire dall’11 ottobre dapprima Mercurio, e poi Venere, inizieranno a stare dalla vostra parte. Immediati benefici per i nati nella prima decade. Vita sociale in forte crescita. Nuove relazioni sentimentali.

Fino al 16, grazie agli influssi di Marte, la vostra energia tenderà a scorrere esclusivamente verso tutto ciò che vi soddisfa. Opportunità davvero inaspettate per i nati nella terza decade.

» a cura di Elisabetta

ariete Dal 17 ottobre, Marte per un periodo lungo inizierà a soggiornare nella vostra quinta casa solare. Improvviso risveglio dei vostri appetiti sessuali. Vi sentirete liberi di esprimere la vostra personalità.


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Orizzontali 1. Corta sciabola a lama larga • 9. Ispida • 10. Il fiume di Bottego • 11. La capitale del Kenya • 13. Il Rio di Palazzeschi • 14. Commissario Tecnico • 15. Profondi, intimi • 16. Ritrovo pubblico • 17. Figure geometriche • 19. In mezzo al coro • 20. Un astuccio del sarto • 21. Nord-est • 22. Consonanti in regia • 23. La dea della discordia • 24. Il poeta della “Teogonia” • 27. Zambia e Francia • 29. Atomi • 30. Ginevra sulle targhe • 31. Imperava in Russia • 33. È vicino a Pallanza • 35. Comprende 12 mesi • 37. Quasi unica • 38. Consonanti in azoto • 39. Genere di Anfibi • 41. Dittongo in giada • 42. Porcellini d’India • 43. Formano lo scheletro • 45. Pari in cautela • 46. Ippolito, scrittore • 48. Lago asiatico • 49. Dittongo in beato • 50. Ostiche, onerose.

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6. Uncini da pesca • 7. I confini di Roveredo • 8. Dentina • 12. Dono • 13. Nutrici • 16. Fragore • 18. Ampia scala esterna • 25. Relativo ai sogni • 26. Divinità femminile • 28. Inventiva, creatività • 30. Una bibita estiva • 32. Consonanti in eroina • 34. Scovare • 36. Precede la nona • 40. Sfortuna • 44. Dubitativa • 47. La fine di Belfagor • 48. Austria e Uruguay.

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Verticali 1. Fa coincidere immagini e suoni di un film • 2. Solco lunare • 3. Andati in poesia • 4. Sposarsi • 5. Ha scritto “Per le antiche scale” •

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 44

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¹ Tassi d’interesse per l’offerta di leasing: Ka, Fiesta, Fusion 4.9 %; Focus (Focus RS escl.), Focus CC, C-MAX, Kuga 3.9 %; Mondeo, S-MAX, Galaxy 1.9 %. Esempio di calcolo Ford Credit Leasing: Mondeo Carving 2.0 l 145 CV/107 kW, Station Wagon, prezzo di listino Fr. 35’250.-, acconto Fr. 6’000.-, tasso (nominale) 1.9 %, tasso (effettivo) 2.14 % inclusa assicurazione sulle rate Ford. Kuga Carving 2.0 l 136 CV/100 kW, prezzo di listino Fr. 39’900.-, acconto Fr. 5’000.-, tasso (nominale) 3.9 %, tasso (effettivo) 4.23 % inclusa assicurazione sulle rate Ford. Durata 36 mesi, 10’000 km/anno. Cauzione e valore residuo conformemente alle direttive di Ford Credit. Assicurazione casco totale obbligatoria non compresa. Tutti gli importi IVA 7.6 % incl. La concessione del credito è vietata se causa un eccessivo indebitamento del consumatore (art. 3 LCSI). ² Premi rottamazione: Fiesta (Fiesta Ambiente escl.), Fusion, Focus CC Fr. 2’500.-; Focus (Focus RS escl.), C-MAX, Kuga Fr. 5’000.-; Mondeo, S-MAX, Galaxy Fr. 6’000.-; Ranger, Connect SWB Fr. 2’000.-; Transit (modelli Professional escl.) Fr. 3’500.-. Offerte solo presso i concessionari Ford aderenti. Offerte valide fino al 31.12.2009. Trovate le condizioni dettagliate sul premio di rottamazione su www.ford.ch. Modello riprodotto: Kuga Titanium 2.0 TDCi 136 CV/100 kW, prezzo di listino Fr. 43’400.- con equipaggiamento supplementare Fr. 3’900.-.

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