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L’appuntamento del venerdì

R EPORTAGE - VARESE

Villa della Porta Bozzolo AGORÀ Anoressia · A RTI Hindemith · SOCIETÀ Lombroso Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Tessiner Zeitung

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numero 43 16 ottobre 2009

Agorà Anoressia. Dimagrisco... dunque esisto Arti Musica. La “passione” di Hindemith

Impressum Tiratura controllata 89’345 copie (72’303 dal 4.9.2009)

Chiusura redazionale Venerdì 9 ottobre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

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NICOLETTA BARAZZONI

ORESTE BOSSINI

Società Cesare Lombroso. Storia di un criminologo pulp Vitae Martina Meroni

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GAIA GRIMANI

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DUCCIO CANESTRINI . . . . . . . . . .

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Reportage Varese. Villa della Porta Bozzolo

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R. ROVEDA; FOTO DI R. KHATIR

Tendenze Moda donna. Sogno di una notte di mezza estate Racconto Sotto il sole giaguaro

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KURT SGHEI

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MARISA GORZA

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Direttore editoriale Peter Keller

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via San Gottardo 50 6900 Massagno tel. 091 922 38 00 fax 091 922 38 12

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

La fontana del parco di Villa della Porta Bozzolo (Casalzuigno, Varese) Fotografia di Reza Khatir

Libero pensiero Gentili ed egregi redattori, Grazie. Sono lontano dal Ticino da circa cinquant’anni, in quanto la mia piccola carriera professionale si è sviluppata nella Svizzera romanda. Ma il Ticino mi manca moltissimo e ne ho sovente malinconia, pur trovandomi bene anche qui. Ticinosette, che mi giunge regolarmente con un quotidiano ticinese, risveglia sempre in me la mia “ticinesità” e molti ricordi giovanili. Come nell’ultimo numero che ospitava il Reportage “Lezioni di vite” (Ticinosette no. 41 del 2 ottobre scorso, ndr.): mi ha ricondotto a quando, da ragazzetto, aiutavo a far vendemmia nei ronchi dell’Amedeo e della Virginia a Brusata di Novazzano, dov’ero ospite dei nonni paterni e degli zii, di solito nel periodo delle vacanze scolastiche o in alcuni fine settimana... Se Ticinosette non mi giungesse più mi rattristerebbe assai, perché sarebbe un po’ come la rottura di un cordone ombelicale fisiologicamente spirituale, di un legame indispensabile e costante, bellissimo, attraverso il quale si rinfranca l’amore per la mia terra, i suoi paesaggi, il Mendrisiotto collinare, le valli talvolta severe e percorse innumerevoli volte nei suoi sentieri... e tant’altro che ci vorrebbe un volume intero per raccontarlo in modo completo. Dirvi più che “grazie” non saprei proprio, ma ve lo trasmetto di cuore. Vi aspetto ancora e sono certo che a tanti ticinesi che abitano fuori dal cantone date il medesimo piacere. E anche a coloro che continuano a vivere in Ticino e che forse non si accorgono più, essendone abituati, della particolare fortuna che hanno di poter godere giorno dopo giorno delle amenità di questo cuneo di italianità integrato a meraviglia nel consesso elvetico. Grazie di nuovo e buon lavoro Dr. M.S. M. (Pully, VD)

Cari lettori, riportiamo con piacere la lettera dell’amico di Pully relativa alla pubblicazione sul nostro settimanale del reportage dedicato alla viticoltura in Ticino. L’idea era quella di narrare, a chi di vigne, botti e filari sa poco o nulla, quale complesso lavoro sia necessario mettere in atto nei mesi che precedono la vendemmia. Evidentemente il servizio ha riscaldato il cuore a chi, per le ragioni più diverse – come nel caso del nostro affezionato lettore –, si trova a vivere lontano. I complimenti e gli apprezzamenti rivolti alla rivista e alla sua capacità di trasmettere, anche fuori cantone, immagini di un territorio attivo e portatore di valori e tradizioni positive non possono dunque che essere ben accetti ma certo è bene tener conto anche delle tante scelte ambientali (e non solo) che nel corso degli ultimi decenni hanno contribuito a minare la bellezza del territorio ticinese, oggi attraversato da grandi vie di mobilità e sofferente, almeno in alcune sue parti, per l’indiscriminata speculazione edilizia e la proliferazione dei grandi centri commerciali. Un’ultima osservazione. L’Agorà presente in questo numero, a firma Nicoletta Barazzoni, concerne il tema dell’anoressia. Contestualmente, nella rubrica Tendenze, dedicata alla moda primavera-estate 2010, abbiamo deciso di pubblicare anche l’immagine della modella utilizzata dal marchio Iceberg. Una scelta provocatoria che, accompagnata da queste parole, speriamo suggerisca una maggiore sensibilità da parte delle case di moda a una tematica dai risvolti drammatici e socialmente rilevanti. Cordialmente, la Redazione


Agorà

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entellinano e scartano tutto quanto ha a che vedere con l’idea di “ingrassare”. Nello specchio si riflettono i contorni scheletrici dell’anoressica ma esso rispecchia in parte la realtà del suo dolore. Sono ragazze in crescita, in estenuante conflitto con un corpo che non accettano e che proprio davanti al piatto danno il via alla loro personale battaglia contro il cibo. Malgrado le campagne di sensibilizzazione e l’attenzione che i media rivolgono al dramma dell’anoressia, nelle recenti sfilate milanesi ragazze dalle cosce quasi inesistenti “passeggiavano” ostentando la loro discutibile e impressionante magrezza. Insomma siamo alle solite… L’intervista Per meglio capire che cosa si nasconde nella mente e nei comportamenti di una persona anoressica, abbiamo rivolto alcune domande a Simonetta Fenyö Bonalumi, una psicoterapeuta che si occupa di problematiche familiari nell’ambito dei disturbi alimentari. Dottoressa, chi è l’anoressica? Una egocentrica e una narcisista che vuole attirare attenzione su di sé? “Dal profilo diagnostico direi non necessariamente, perché abbiamo la suddivisione in diversi tratti del disturbo di personalità. Per quanto concerne invece il voler attirare l’attenzione direi che è un gesto appellativo. L’anoressica per definizione ha una grossa disistima e un problema relazionale ampliato. Il sintomo serve sempre per nascondere un nodo di sofferenza che è ben più grave e doloroso. Sicuramente mette in luce un grosso senso di vuoto. Non essere visibile all’interno di un nucleo familiare dove ci sono dei giochi psicologici importanti con un disperato tentativo di rendersi visibile, paradossalmente perdendo peso e diventando invisibile. L’anoressica sente di essere totalmente inconsistente all’interno del gioco relazionale e familiare”. Che cosa fare dunque? Guardare in faccia la realtà oppure fingere? “Direi che è meglio eliminare qualsiasi ambiguità. È esattamente quello che vuole il figlio. Qualsiasi sintomo comunica qualche cosa. Se io mi assottiglio e mia madre non se ne accorge, la mia reazione è quella di stare molto male. Sono di solito bambine strumentalizzate in un gioco di coppia. Questo gioco è la base fondante dell’imbroglio anoressico. L’anoressica si sente tradita dal suo sistema familiare ed è profondamente arrabbiata. Per tornare alla sua precedente domanda, la narcisista è infatti molto arrabbiata…”. È possibile riportare questa rabbia in superficie per liberarla?

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Dimagrisco… dunque esisto

Ridurre l’anoressia a mera guerra con il cibo significa minimizzare un problema diffuso le cui implicazioni affondano le radici nella complessità delle dinamiche familiari “Generalmente c’è una rabbia differenziata con varie definizioni. C’è l’anoressica “cuoricino di mamma” con cui si sviluppa una simbiosi. La ragazza diventa la confidente elettiva delle disgrazie della madre. Mentre la “principessina di papà” è quella che viene triangolata nello stallo di coppia, nella diade coniugale. È molto arrabbiata con suo padre perché prima il padre la cerca, come vice-partner, e dunque c’è anche un’erotizzazione della relazione, ma poi si rende conto di essere stata utilizzata perché il padre voleva raggiungere la moglie. C’è sempre una situazione di voltafaccia”. La strumentalizzazione dei figli, da parte di uno o di entrambi i genitori, rende di certo la situazione ancora più torbida… “Certo perché, come in questo caso, la madre continua a giacere nello stesso letto con un uomo che disprezza e che denigra. Parlandone male alla figlia, e passandole il messaggio implicito e sottinteso che dice: “non lo lascerò mai!”. C’è un’ambiguità e soprattutto un doppio gioco ordito alle spalle, che poi si esplicita come un imbroglio e un tradimento molto profondo. È un modo per riparare uno stato emozionale in uno stile di vita il cui livello di sofferenza è troppo alto. Mi piace la metafora della lotta che lei ha utilizzato. È veramente una lotta con tutte le forze”. Tirare fuori la loro parte guerriera le aiuta? “Bisogna portare alla luce le buone ragioni che hanno determinato questo movimento di lotta e battaglia, dando una chiarezza e una connotazione mirata. Sono di regola bambine coinvolte in giochi di slealtà e ipocrisia. Come può una ragazzina non odiare una madre che le ha dato la vita ma che allo stesso tempo la coinvolge nei suoi guai e nelle sue difficoltà di coppia? Sono giochi molto complessi”. Acqua, amore e distruzione Il loro è senz’altro un grido d’amore che si acutizza in un comportamento distruttivo. L’anoressica beve quantitativi di liquidi rigorosamente senza contenuto calorico. Si fa accompagnare dalla bottiglia d’acqua perché bere è un modo fisiologico per eliminare i grassi in eccesso. Ma l’indispensabile bottiglietta d’acqua è anche la rimembranza del succhiotto infantile, dal quale non si vuole separare. Spesso si accusa l’ambiente familiare di avere provocato le patologie dell’anoressica. Lei, refrattaria al nutrimento, è sportiva, suona il clarinetto, a scuola è tra le prime della classe… e dorme pochissimo. Dottoressa Bonalumi, lei crede che la colpa sia dei genitori? “Sono convinta che non sussista mai una colpa volontaria. La vita è come giocare una partita a scacchi: faccio una


con mia figlia – perché in quel momento ho perso mia madre e in seduta con la terapeuta riesco a far capire a mia figlia che questo attaccamento, molto sofferente, era dovuto alla mia perdita – innanzitutto permetto all’adolescente di capire anche i miei limiti. Questo mi consente di riconnetermi in maniera più sana e adulta alla situazione. Se non riparo una sofferenza di una madre o una furia di un padre non avrò mai una coppia collaborativa…”. Forse c’è anche la paura di diventare donna? “Se ho un confitto e un’immagine distorta nella relazione con mia madre o mio padre mi è difficile svincolarmi e uscire dal sistema che non permette un’evoluzione. Perché la bambina non vuole crescere? Perché ha un nucleo familiare chiuso che non glielo permette. Come faccio a diventare donna se ho una madre depressa che vive un rapporto

di coppia insoddisfacente ed è frustrata? Non ce la farò mai”. In questo susseguirsi di scompensi psicologici le giovani adolescenti sono anche terre vergini e di conquista del mercato. Dalle modelle sulle passerelle citate in apertura il messaggio che le ragazzine recepiscono è quello di una magrezza eccessiva, sinonimo di successo. Buttandosi sul corpo degli adolescenti, in quanto fonte economica sfruttabile, il mercato tende a illudere i giovani convinti, in tal modo, di essere gli artefici di scelte personali. Le scorciatoie per arrivare al successo e al potere sono soprattutto quelle legate al proprio corpo perché quelle riconducibili alle capacità intellettuali sono molto più difficili da intraprendere dal momento che richiedono una formazione, uno studio e necessitano di parecchio tempo.

» di Nicoletta Barazzoni; ill. di Micha Dalcol

mossa e il mio avversario compie una retro mossa. Spesso come genitori si è disperatamente impotenti nel comunicare un disagio. Se attribuiamo delle colpe non otteniamo molto. Perché spesso i terapeuti falliscono? Pensano a un gioco di parte e fanno una ricerca della colpa. Nella mia attività professionale preferisco fare una ricerca di comprensione, in modo che la famiglia diventi un co-terapeuta. Durante il primo incontro genitoriale raccolgo la loro storia. C’è sempre un nodo di sofferenza legato alla trasmissione verticale del sintomo. Avremo sempre delle madri che a loro volta non sono state considerate dalle proprie madri”. Non si è portati a cercare attenuanti nei confronti degli adulti che dovrebbero fare gli adulti? “Un adulto deve essere cosciente del perché ha agito in un certo modo. Per esempio, se ho avuto un attaccamento malinconico

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La “passione” di Hindemith

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In una delle “lezioni americane” tenute a Harvard negli anni Cinquanta, Paul Hindemith tratteggiò una sorta di autoritratto artistico: “Ritengo che un musicista in grado di unire nella stessa persona la più alta forma d’introspezione agostiniana con la perfezione boeziana sia un ideale irraggiungibile, tuttavia si ha ragione di ravvisare in chi lavora in questa direzione colui che vi si avvicina di più. Per costui il fondamento della propria arte è il sapere, proprio come lo fu per il suo predecessore, il musico Boezio. Questa sapienza non è meramente confinata all’interno degli angusti limiti dell’abilità di combinare i suoni, ma comprende anche le capacità umane, sia spirituali sia emotive, che conducono alla comprensione della musica; e quindi questa sapienza sarà la forza motrice del suo lavoro. E anche se incappasse nei pericoli nascosti nell’atteggiamento boeziano verso la musica – cioè, il cadere nel dubbio e nella disperazione a causa della perdita di fiducia nel proprio lavoro e nel proprio talento – anche allora egli non sarà mai completamente perduto! Trasformerà i dubbi in potenza creativa, e sarà sempre in grado di farlo, perché è sostenuto, aiutato e guidato dalla sua scientia bene modulandi [l’arte di modulare] ben solidamente fondata.” Le parole di Hindemith rappresentavano infatti una riflessione sulla condizione dell’artista nel mondo moderno, iniziata già alla fine degli anni Venti con l’opera Cardillac. In quel lavoro la figura del protagonista, un artigiano d’eccezionale abilità, incarnava la metafora di un’arte compiaciuta di se stessa, al punto da rimanere del tutto estranea, se non addirittura nemica, al mondo degli uomini. Nel successivo lavoro teatrale, Mathis der Maler, Hindemith mette a fuoco in maniera definitiva la sua visione del rapporto tra arte e vita, conferendo al linguaggio musicale il compito di proiettare la spiritualità umana nell’orizzonte dell’assoluto. Nella solitudine del pittore Mathis Gothart o Nithart (c. 1475–1528), noto come Matthias Grünewald, si riflettevano le inquietudini che agitavano gli animi più sensibili in quello scorcio del Novecento, di fronte a una guerra ineluttabile e che si

Riflessione profonda sul significato dell’arte, la magistrale opera di Hindemith, Mathis der Maler fu censurata da Hitler e rappresentata per la prima volta a Zurigo nel 1938 annunciava ancor più barbara e spietata di quella appena conclusa. La vita di Grünewald culmina nella creazione del celebre altare di Isenheim, oggi conservato presso il Museo d’Unterlinden di Colmar. L’opera racconta il percorso


diabolici cui è sottoposto il santo. Nel 1934, mentre era ancora al lavoro sull’opera, Hindemith preparò una suite sinfonica di Mathis der Maler, che venne eseguita da Wilhelm Furtwängler e i Berliner Philharmoniker il 12 marzo 1934 con enorme successo. Furtwängler decise quindi di includere il lavoro nella stagione successiva dell’Opera di Berlino, ma l’allestimento dell’opera di Hindemith fu proibito da Hitler in persona. Furtwängler tentò di contrastare l’ingerenza nazista nelle scelte artistiche del teatro scrivendo per la Deutsche Allgemeinen Zeitung un appassionato articolo intitolato “Il caso Hindemith”, ma non riuscì a evitare l’ostracismo. L’opera venne rappresentata la prima volta nel 1938, a Zurigo, mentre in Germania il primo allestimento risale al 1946. Nella prefazione scritta per l’allestimento di Zurigo, Hindemith vedeva un’analo-

Dischi

Paul Hindemith Mathis der Maler Berliner Philharmoniker Orchestra, 1995 In quest’opera la logica del melodramma ottocentesco è totalmente ribaltata fino allo smantellamento del teatro wagneriano.

gia tra Grünewald (ovvero se stesso) e Bach, perché entrambi gli artisti avevano deciso di sviluppare la tradizione della propria arte malgrado le sconvolgenti trasformazioni avvenute nella loro epoca. L’enfant terrible della musica tedesca in effetti non abbandonò mai l’armonia di Bach, neppure nei lavori più radicali degli anni Venti, ritenendo che i fondamenti del sistema tonale erano da ricercare nelle leggi di natura. Il caso Hindemith in realtà rappresenta molto bene i paradossi di un’epoca sconvolta da violenti cataclismi culturali, che trasformarono nel giro di pochi anni musicisti considerati ultramoderni e rivoluzionari in campioni di tendenze conservatrici.

» di Oreste Bossini

dell’artista verso il compimento del suo destino artistico e umano, che il compositore immagina intrecciati in maniera indissolubile. Mathis trova l’ispirazione per dipingere la musica degli angeli nel canto della figlia del capo dei contadini in rivolta, Regina, nella quale l’introverso pittore riversa l’ardente desiderio di un amore assoluto e depurato dai tormenti del suo animo. Grablegung, la “Deposizione del Cristo”, corrisponde alla musica del quadro finale, che completa l’episodio della morte di Regina. Nella scena conclusiva dell’opera, la stessa marcia funebre risuona anche per Mathis, stabilendo un vincolo indissolubile tra il destino di Regina e quello dell’artista. L’ultimo pannello infatti è rappresentato dalla visione del pittore delle tentazioni di Sant’Antonio, che gli permetterà di dipingere il suo capolavoro proprio alla fine della vita. Hindemith usa e trasforma la musica della sequenza Lauda Sion Salvatorem, un testo che anche Grünewald aveva impiegato nella pala di Isenheim. “Dov’eri buon Gesù, dov’eri, perché non accorresti a sanare le mie ferite?”, recita l’iscrizione sul dipinto. Hindemith, immedesimatosi nella figura del pittore morente, conclude con un sonoro Alleluja il confronto drammatico tra il bene e il male, raffigurato nei tormenti

A lato: particolari della “Crocifissione” e della “Deposizione” di Matthias Grünewald, Altare di Isenheim, Museo di Unterlinden (Colmar, Francia)

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Storia di un criminologo pulp

Internet

www.museounito.it/lombroso È il sito web del Museo di antropologia criminale “Cesare Lombroso” di Torino (fondato nel 1898). Attualmente chiuso, il museo riaprirà a giorni...

inaffidabili. Eclettico e un po’ grafomane, Lombroso scrive di tutto, delle anomalie del cuoio capelluto, dell’origine del bacio, del “perché i preti si vestono da donne” e di come la bicicletta possa diventare un mezzo Novecentesco esempio francese di “tavola sinottica dei tratti fisiognomici” criminale. Nel 1884, quando diventa medico delle carceri di Torino, vi si reca ogni giorno, annota ancora la figlia Gina, “con la stessa Ancora oggi il senso comune Lombroso ci appare oggi colietezza con cui un adolescente va a teatro”. sospetta i “primitivi” di ogni me uno studioso incoerenL’antropologia si fa spettacolo, ma lo show latitudine – più qualche etnia te, spietato e idealista. Nel è tetro. È pur vero che con l’andare del europea… – di predisposizione complesso, un campione di tempo il nostro attenuò certe affermazioni, alla crudeltà. Conviene chia- contraddizioni. Socialista, cririducendo per esempio la percentuale dei rirlo subito: il gene del delitto minalizza di fatto i miserabili. predestinati al crimine a vantaggio di altre non esiste. Anche se un gran- Ebreo, pone le basi del razzicause di delinquenza, quali la povertà, la de studioso italiano, di cui ri- smo scientifico. Razionalista, fame e “l’inurbamento”. Ma briganti e vacorre quest’anno il centenario scrive di ipnosi, partecipa a gabondi rimangono per Lombroso stupidi e della morte, divenne famoso sedute spiritiche e spiega il violenti per natura. Soprattutto, lo psichiatra in tutto il mondo sostenendo paranormale con l’esistenza non rinuncia mai all’idea di una legittima proprio il contrario. di una “quarta dimensione”. difesa da parte della società nei confronti di Nato a Verona nel 1835 e Le sue teorie, affascinanti e quei mostri che, portando scritte in faccia le morto a Torino il 19 ottobre spesso francamente assurde, stimmate della perversione – per esempio del 1909, Cesare Lombroso ebbero tuttavia un successo grandi orecchie – sono assolutamente prefu psichiatra e criminologo. internazionale. La forma del vedibili. Dunque possono e devono essere Gina, sua figlia e biografa, cranio dei delinquenti, i taneutralizzati, preventivamente. descrive il padre come un tuaggi osceni dei carcerati e i Ricordare Cesare Lombroso non può non “raccoglitore nato”. Mentre piedi prensili delle prostitute, essere da stimolo al camminava, mentre parlava, in città, in campagna, nei tri- Delinquenti si nasce o si diventa? Malvagità dibattito su questiobunali, in viaggio, stava seme devianza si annidano nei nostri cromosomi ni ben più attuali. Il passaporto elettronico, pre osservando qualcosa che o maturano per cause sociali? Alcune rifles- i lettori dell’iride, gli nessuno vedeva. Catalogava. Costruiva teorie. Cercava sioni nel centenario della morte dello studioso scanner per le impronte digitali, le banche costantemente di spiegare il italiano Cesare Lombroso dati con il Dna dei mondo. Ossessionato com’era pregiudicati devono il loro impiego, auspidal riaffiorare, sia sul piano restano i suoi celebri svarioni cabilmente illuminato, proprio alla scienza fisico sia su quello morale, di d’autore. Né manca un suo di quell’epoca. La biometria, oggi, opera uno stadio di sottosviluppo giudizio tranchant sulle donne certamente con tecniche più sofisticate ma, atavico, minaccioso per l’in- in generale, che egli definisce forse, con la stessa illusione di poter tradurre tera società. Animato da una “bambini adulti”, ineluttain cifre e di controllare l’imperscrutabilità fede assoluta nelle sconfina- bilmente in preda a un’emodella vita. te potenzialità della ragione, tività che le rende labili e

» di Duccio Canestrini

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Mary Gibson, Nati per il crimine Cesare Lombroso e le origini della criminologia biologica, Bruno Mondadori (2008) Luigi Guarnieri, L’atlante criminale Vita scriteriata di Cesare Lombroso, Rizzoli-BUR (2007) Cesare Lombroso, Delitto genio follia Scritti scelti, Bollati Boringhieri (2000) Paolo Mazzarello, Il genio e l’alienista La strana visita di Lombroso a Tolstoj, Bollati Boringhieri (2005)

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Società

Libri


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» testimonianza raccolta da Gaia Grimani; fotografia di Igor Ponti

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implica un costante lavoro di comunicazione con l’animale ed è indispensabile per una buona intesa fra cavallo e cavaliere. Bisogna avere molta pazienza, l’animale deve imparare a conoscerti per potersi fidare di te e a questo è possibile giungere grazie a un lavoro lungo e regolare. L’anno scorso sono giunta sesta ai campionati svizzeri e quest’anno, pur avendo ricevuto un calcio che mi ha obbligata a una lunga pausa e mi ha consentito di riprendere solo poco prima dei campionati, mi sono classificata quinta. Faccio parte della nazionale svizzera di equitazione e, scuola, dei talenti sportivi. Campionessa di equitazione e studenQuesta condizione mi contessa liceale, riesce a conciliare studio e sente di ottenere un orario più sport. Ha solo 18 anni e vive tra Arzo flessibile; si ha un tutor che ti e Rancate, dove si allena. Il sogno dopo segue; se si va a un concorso, i la maturità: potersi dedicare un anno docenti sanno che si è assenti per questo e non perché si è intero ai cavalli fatto tardi in discoteca. Però, che mi aspettavano per esseconcretamente i vantaggi sono pochi: se si è re portati fuori. Trascorrevo via per le gare e si perdono lezioni, i recuperi tutta la giornata in scuderia, si possono fare solo a pagamento, il Cantone nonostante i buoni propositi dà poco, la scuola pure e per chi pratica uno di andare a cavallo solo fino a sport ai miei livelli, il tutto diventa molto mezzogiorno e poi andare in difficile e impegnativo. Finora mi sono dopiscina con gli amici. Ma, una vuta spostare solo in Svizzera e in Italia, ma volta lì, era talmente un piaceora arriveranno i viaggi più lunghi all’estero: re per me che arrivava la sera in Belgio, Olanda, Austria. L’organizzazione e mi accorgevo di non essermi di questi spostamenti è estremamente impemossa. Quando vado a scuola, gnativa, perché implica l’aiuto di molte perla cosa si complica, perché sone: la famiglia, l’allenatore, il maniscalco, la mattina e il pomeriggio il veterinario, i ragazzi che curano i cavalli: ho lezione. Quest’anno ho è tutto uno staff che lavora per portare al la fortuna di avere un orario successo l’atleta. I miei progetti per il futuro abbastanza favorevole: finisco dipenderanno principalmente da due fattori: quasi sempre intorno alle 16 il tempo e gli aiuti economici che riuscirò a e, a seconda di quello che ho reperire, perché, come tutti gli sport ad alto lida studiare, vado in scuderia e vello agonistico, anche l’equitazione richiede monto uno o due cavalli. tanto tempo e sostegno dalla famiglia. L’anno Durante la settimana mi eserprossimo poi, superando i 18 anni sarà ancora cito più volte, anche giornalpiù impegnativo, perché, passando di categomente con più cavalli. Ho un ria, gli ostacoli si alzano, le trasferte sono più campo con degli ostacoli in lontane, le spese diventano più importanti cui mi posso allenare. Almeno e onerose e occorrono cavalli migliori. Bisouna volta alla settimana vengo gnerebbe avere degli sponsor, ma purtroppo seguita da un allenatore che non è così semplice. Finora ce l’abbiamo fatta mi controlla e consiglia. Per con i nostri mezzi: sulla mia giacchetta c’è il fare il salto ostacoli serve pure nome del vino che produciamo noi, ma non dressage, allenamento necessabasta per realizzare un sogno. rio al cavallo, perché l’animale L’obiettivo 2010 sono i campionati europei abbia una certa compostezza e dei giovani cavalieri. Il sogno del futuro è lo si possa agevolmente conpartecipare ai grandi appuntamenti mondiali trollare. Non è un controllo e non oso davvero pensare cosa mi richiederà puramente fisico: dato che realizzarlo.

Martina Meroni

Vitae

oltissimi ricordi della mia infanzia sono legati alla fattoria che i miei hanno a Rancate. Questa è la mia vera casa, l’altra, ad Arzo, è il luogo, dove vado solo per dormire e mangiare. Da piccola, appena avevo un momento libero, correvo giù, insieme a mia sorella: ci andavamo anche d’inverno, tutte imbacuccate, perché faceva freddo e gli animali ci tenevano caldo. È lì che ho imparato ad andare in bici nel corridoio della stalla: avrò avuto tre o quattro anni. La stalla era il mio mondo, andavo su trattori giocattolo, mettevo i cuccioli di cane nel carrello e li portavo in giro dappertutto. La passione per il cavallo è cominciata subito, da piccolissima, sulle orme di mia sorella maggiore che aveva un pony sul quale mettevano sopra anche me. L’amore per la natura ci viene dalla famiglia: il papà ha ereditato la fattoria ed è ingegnere agronomo e viticoltore. Siamo nate in questo ambiente e ci ha appassionato subito tutto: gli animali, la natura in generale, l’essere sempre fuori all’aria aperta, quando fa caldo, quando fa freddo. Il mio primo cavallo è stata una cavallina bravissima, che si chiamava Ballerina e apparteneva prima a mia sorella. A quell’età ero un po’ spericolata: andavo a un maneggino che è 10 minuti dalla nostra scuderia e incominciavo a saltare gli ostacoli, sovrapponendo i cavalletti uno sopra all’altro, quando ancora non sapevo galoppare: era una sensazione unica e inebriante. Quasi naturalmente è scaturito il desiderio di prendere il brevetto per fare concorsi e così ho iniziato. Subito dopo mi sono specializzata nel salto a ostacoli. Descrivere una mia giornata tipo non è facile. Durante le vacanze, per esempio quest’estate, mi alzavo abbastanza presto, alle 6, altrimenti faceva troppo caldo per me e per il cavallo, andavo in stalla e c’erano sei cavalli

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Villa della Porta Bozzolo di Roberto Roveda, fotograďŹ e di Reza Khatir

La distanza da Ponte Tresa è poca cosa, quasi 30 chilometri in direzione di Varese. Con una leggera deviazione si giunge al comune di Valganna e ci si ritrova immersi nel tranquillo paesaggio della Valcuvia. Il piccolo abitato di Casalzuigno appare letteralmente dominato dalla grande villa che diverse generazioni di membri della famiglia Della Porta costruirono per regalare alla dinastia una dimora degna del suo prestigio‌ e a noi che la visitiamo oggi, un pomeriggio fuori dal tempo


sopra: il salone centrale al piano terreno, utilizzato come sala da ballo e per i ricevimenti, è impreziosito dal grande camino in marmo e dai dipinti murali. pagina precedente: a sinistra, la facciata della villa verso il cortile d'onore, frutto della ristrutturazione dell'edificio attuata a metà del Seicento; a destra, la vista dal balcone principale. Sullo sfondo l'ingresso al piccolo “giardino segreto”

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gni volta che si entra in una villa signorile “dei tempi che furono” si resta sopraffatti dalle dimensioni di ciò che ci circonda. Tutto è gigantesco e fuori dall’ordinario: l’altezza dei soffitti, l’ampiezza delle stanze, la lunghezza dei corridoi, il numero di finestre e porte. L'orizzonte abitativo è necessariamente diverso dal nostro, cittadini del XXI secolo abituati a tre stanze più bagno e cucina… a volte “abitabile”. Villa Della Porta Bozzolo, non lontano da Varese, è senza dubbio signorile e prestigiosa, fuori dalle dimensioni ordinarie, imponente negli spazi, ma anche leggiadra nelle decorazioni e nello stesso tempo superba. Costruita per impressionare e abbagliare gli ospiti, rendendo così omaggio alla potenza del casato dei Della Porta – oggi che le glorie dinastiche si sono volatilizzate –, questa dimora rimane un luogo dove muoversi in un’atmosfera elegante e sospesa,

slegata da ogni vincolo temporale. Forse per questo appare difficile immaginarla abitata, rumorosa di voci e persone in continuo movimento. Eppure, per lunghi secoli questo è stato il destino della villa, nata come una semplice tenuta agricola di cui restano ancora oggi alcune abitazioni rurali, come le stalle, le scuderie e i locali areati per la raccolta dei bachi da seta. Tra il Seicento e il Settecento, i Della Porta – grandi proprietari terrieri della zona, onorati e arricchiti dalla loro professione di nota, avviata da generazioni – decidono di trasformare la loro casa di campagna in una residenza signorile, adeguandola al loro rango. Un luogo in cui trascorrere la villeggiatura e ricevere i conoscenti nelle ampie stanze dell’edificio a due piani costruito a metà del Seicento da Carlo Girolamo Della Porta a fianco delle costruzioni già esistenti. La nuova residenza è organizzata attorno al cortile d’onore e si affaccia su un giardino, invero di dimensioni modeste per le ambizioni della dinastia.


Alcuni degli ambienti di Villa Bozzolo, restaurati grazie all'impegno del FAI che li ha forniti anche di arredi originali del Settecento

La ristrutturazione settecentesca La sistemazione non soddisfa però un nuovo “rampollo” della famiglia, Gian Angelo III che, nella prima metà del Settecento, impegna buona parte del patrimonio dinastico per realizzare il suo sogno: una residenza di rappresentanza con tanto di cappella privata, come solo i veri signori si possono permettere. Soprattutto, Gian Angelo desidera un giardino degno di questo nome, che si rifaccia alla tradizione illustre dei giardini all’italiana, depositaria delle esperienze figurative del Barocco e del Rococò. Della Porta è uomo cosmopolita, che ha viaggiato e sa cosa significa essere dei signori: i risultati di questa sorta di delirio di grandezza personale sono ancora in buona parte sotto i nostri occhi. La villa viene ricoperta di decorazioni e dipinti murali, e anche la corte d’onore viene nobilitata da illusionistiche immagini di finestre e portali in linea con i decori degli interni. È il trionfo della poetica del Rococò, quella della “finzione che inganna la realtà”. Finzione, illusione, fantasia,

qualità artistica che ritroviamo nella galleria principale della villa e nel salone centrale, la sala di rappresentanza dove in ovali inghirlandati si ammirano i ritratti dei Della Porta vissuti tra il Cinquecento e il Settecento. All’interno le sale sono state in seguito arricchite con arredi che non appartenevano originariamente alla villa, ma che sono il frutto di donazioni recenti e del lungo lavoro svolto dal FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano) per rivitalizzare la residenza, decaduta dopo i fasti settecenteschi. Le manie di grandezza di Gian Angelo III, infatti, lasciarono le casse di famiglia desolatamente vuote… La villa passò così di mano, per poi essere acquistata nel 1877 dalla famiglia Bozzolo, che nel 1989 la cedette in dono al citato FAI dopo anni di pressoché totale abbandono. Il giardino, vero gioiello della villa Persi nella rievocazione, rischiamo però di non parlare a sufficienza del giardino voluto da Gian Angelo. Un gioiello che


La grandiosa scalinata che attraversa le quattro terrazze del giardino e collega il cortile d'onore con il cosiddetto “teatro”

rende Villa della Porta Bozzolo unica tra le tante residenze signorili di cui è ricca la Lombardia. Come detto, di fronte alla villa già esisteva dal Seicento uno spazio verde di modeste dimensioni e modo di allargarsi frontalmente non ve n’era. Venne fatta allora una scelta particolare: il giardino non si sarebbe sviluppato davanti alla villa, ma parallelamente alla

facciata dell’edificio e perpendicolarmente al giardino preesistente. Si puntò quindi sulla lunghezza, sul sorprendente di una realizzazione fuori dai canoni classici che imponevano al giardino di estendersi in asse con i saloni principali della residenza. In tal modo lo spazio verde venne da una parte ad allungarsi verso il basso conducendo con un lungo viale di


Gli interni della villa. La ricercatezza delle decorazioni, l’illusionismo delle porte dipinte e dei camini in marmo, testimoniano il gusto dei Della Porta

accesso lastricato al nuovo ingresso monumentale del complesso, dall’altra a svilupparsi sulla collina che sta al lato della villa, arrampicandosi in quattro terrazze, ornate di balaustre e statue in pietra di Viggiù, collegate da un’imponente scalinata. Da qui si giunge a un vasto declivio verde chiamato il “teatro” che culmina in una grande fontana realizzata nel 1723. Poi

un ripido sentiero – capace di mettere a dura prova gli amanti delle domeniche in poltrona – si arrampica in altezza sulla collina del Belvedere immergendosi nel bosco. Da questo punto, di dominio sullo spazio antistante, non è difficile immaginare Gian Angelo III osservare soddisfatto e compiaciuto la sua creatura… ■


p. 42 tendenze di marisa gorza

sogno di una notte di mezza estate quando la moda si ispira alla leggerezza di Peter Pan e alla fantasia

versace

iceberg

C’

è la fatina Campanellino in passerella, la leggiadra amica di Peter Pan o, meglio, una teoria di sue copie perfette – in dimensioni ingrandite – con quegli abitini dalla gonna a campanula sbuffante, spalle nude e morbido chignon. Una fascinazione ricreata da giorgio armani adottando le geometrie della Bauhaus per comporre le sottane ben sopra il ginocchio dove sbirciano shorts di lustrini. Corte anche le giacche di sete fruscianti, puzzle di grafie da body art e corsetti sorretti da una bretella solitaria. Taglio e costruzioni sono il punto di forza dell’estate anticipata dal sorprendente Giorgio, insieme al colore: verde, iris, nuvola che si alleano e poi si dividono. Scarpette basse-basse sottolineano la freschezza e la modernità

arma ni

anche dell’abito grande soirée. Un senso di energia e dinamismo che prosegue dall’Emporio con tinte forti e il grafico di un pois dilatato a illuminare declinazioni di giacche e gonnelle a petali. Viviamo in tempi di crisi? Meno male che i nostri generosi stilisti augurano una futura bella stagione da favola in un gioco di rimandi tra sogno e concretezza. Non per niente donatella versace immagina una pazzerella Alice nel Paese delle Meraviglie e la veste di braghette a vita altissima, tunichette di plastica trasparente che lasciano intravedere la lingerie disseminata di stampe a disegni barocchi, cuori, carte da gioco, l’orologio e il... Bianconiglio. C’è un grosso rilancio di un pudico nude look con veli di organza trasparente che da kristina ti coprono-scoprono le sottovesti guaina, mentre sul bikini un

versace

copricostume di garza cela il corpo, ma al tempo stesso lo rivela come un vetro appannato. Intanto iceberg celebra il compleanno di Mickey Mouse usando le sue orecchie come motivo decorativo. Hanno la loro sagoma rotonda le spalle del tubino nero, mentre il profilo del topo animato più famoso del mondo trionfa sugli abiti camouflage a mò di coloratissima macula. Ci si diverte molto al maneggio immaginario di frankie morello dove una appassionata di equitazione è piuttosto sexy strizzata nel bustier di pelle ripiegato dietro come una sella, o l’abito mini con coda “incorporata”. Porta le briglie come gilet e gira sempre con frustino alla mano. E siccome è un tipetto strong, ong ong, potrebbe usare questi ultimi per far trottare gli ometti... Questa sì che è una bella favola!


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Sotto il sole giaguaro

L’idea della maglietta dell’umi-

Racconto

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liazione era venuta alla figlia della padrona, la signorina Martina. AIUTO, c’era scritto, da capezzolo a capezzolo. “Questa t-shirt ti qualifica e allo stesso tempo è ironica (e ci mette di buon umore il cliente)… questo è un piccolo Lido, caro Kurt, che aspira all’esclusività, all’eleganza…”, teneva a informarmi, al mio primo giorno d’impiego, la signora padrona (del Lido Aquarama di B.), consegnandomi le due t-shirt medium, collo stretto, auto garantenti AIUTO. Che perfidia, pensavo. Qualifica e umiliazione che sembra il militare. Marketing da vomitarsi addosso, mobbing a priori… Chissà che burina ‘sta figlia della padrona… ‘sta Martina (un nome da sadica). Va beh che pagano (benino) – valutavo nel processo di rimozione dell’orgoglio – e poi è solo il lavoretto estivo: lo si sopporta. Ora sono l’AIUTO e l’aiuto non crea mica problemi, è lì a risolverli e niente da aggiungere. “Conosci qualche lingua Kurt? Tedesco? Inglese? Russo?”. “No Signora, nista, mi spiace”. “Bene! Allora ti occuperai di tutto il resto! Su, infilati ‘sta maglietta e scendi da Arianna al baretto in spiaggia, che giù ha bisogno con le casse di birra, il cesso e il resto…”. I miei compiti al Lido Aquarama erano tanti che a farne l’elenco non basterebbe la paginetta. Un lavoro così frazionato che il più era corsetta da A verso B e da B verso C e così via, fino a W, cucina e ritorno. Friggitrice da allungarci l’olio, griglia da scrostare, frigo da imbottire, cantina da sistemare per scadenze, poi, di nuovo giù, alla spiaggia, fra bar servizi igienici e piscina, sdraio e ombrelloni, detergente, scopettone, raccatta rifiuti puntuto e tanta buona volontà (poca, a esser sinceri). Ancora, quando Zack (il bagnino) doveva fare i suoi bisogni (alle 9 precise e alle 14) e mi chiamava: “AIUUTO! Vieni tu a darci un occhio” (si riferiva a lago più piscina), allora io da W scendevo a D, con i guanti di gomma e le scarpe antinfortunistiche, montavo sulla torretta di guardia e le signore mamme si scollavano dalle sdraio a cavare i “babbuini” dall’acqua.

Fu proprio in una di queste occasioni che vidi apparire per la prima volta la signorina Martina (responsabile della mia vergognosa uniforme informale). Stavo appollaiato sul trespolo del bagnino ormai da un quarto d’ora (mi annoiavo e giocavo col binocolo al contrario), quando, dalle nere scale di granito (che dal ristorante conducono alla spiaggia), la vidi scendere, celeste figura tutta esilità ed eleganza (ed esclusività, col suo ombrellino in tela di ragno e i sandali in pelle d’orca… un’apparizione mariana secondo “Vogue”), non poteva che essere lei, la figlia della padrona. Vedendomi là, al posto di Zack, la


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enigmatica donna, non combinava nulla. Proprio niente. Non prendeva il sole, non si cibava, non leggeva, non mandava Sms e non sembrava neppure annoiarsi. Niente. Come una statua. Un idolo. Immobile. Sonnecchiava, probabilmente, spossata da una vita intellettuale che io non potevo nemmeno immaginare, poetessa, genio, artista, padrona del cosmo, divinità depressa dopo la creazione. Quel che è successo in seguito ha portato alle mie dimissioni, trascinandomi poi sull’orlo di una pesante crisi identitaria: “Sono scemo? Ma quanto? Odio le donne? O solo non le capisco e mi procuro così dolori gratuiti?”. Giuro. Non me l’aspettavo affatto che in un luogo così esclusivo si potesse dare bando al concorso Miss Maglietta Bagnata Estate 2009. Certo la decisione non poteva essere stata presa da Martina, lei non doveva entrarci niente (sic!). Corro tutto il giorno come un cagnetto da riporto, era di sabato e il Concorso un po’ di pubblico esclusivo l’aveva portato. Le partecipanti iscritte erano solo tre, le altre mammellodotate under 30 correvano come antilopi, ghignando, inseguite da ragazzotti Malibù che se le volevano iscrivere e loro “no no no no no”, come la bambolina della canzone. Gli strilli della plebaglia, ne ero certo, non potevano che indispormi la Padroncina che, di solito, prima dell’ora dell’aperitivo si defilava. Ma non ‘sta volta. Restava. Restava e osservava. E, cosa sbalorditiva, la vidi battere il piede al ritmo dell’efferata Poker Face di Lady Gaga… L’idea venne a Zack, ohi Kurt che idea! “Iscriviamo la figlia della padrona. Dai! Dai! Daiii!”. E già la tirava per il fragile polso ed Ella – dio dei cieli, perdonala! – rideva, ghignava, ci stava... Continua… (anzi no).

» di Kurt Sghei; illustrazione di Mimmo Mendicino

padroncina mi si avvicinò sculettando padronale. Cercavo fra i cocci del mio astuto cervello una qualche scusa per non dire Zack e cesso, ma fu lei a proferire per prima, soavemente, parola: “D’accordo, benone, tranquillo...”. Tutto a posto. Aveva letto chi ero sulla t-shirt di sua ideazione. Che il compito della maglietta si fosse esaurito? Non mi pareva proprio. Cominciai a sentirmi vestito tutt’altro che con qualcosa di denigrante. Una mente superiore mi aveva in qualche modo prediletto e personalizzato nel suo gioco di pupazzi viventi. Essere parte della creazione intellettuale di una simile donna, mi esaltò. Quando vidi arrivare Zack con la sua maglietta di marca Californiana, capii di essergli superiore. Ah! L’uniforme mi emancipa! Martina, la mia padrona di porcellana, non si metteva mai al sole, al sole le si sarebbero potute vedere le viscere. Sulla sdraio azzurra, all’ombra dorata dell’ombrellone giallo stava, lontana dalle pallonate vaganti delle scimmiette urlatrici, dal baretto e da Arianna (che, ovviamente, non la poteva soffrire). Il bagnino Zack (infedele!), nei suoi discorsi sulla figlia della padrona – non parlavamo d’altro che di lei, dalla sua apparizione – variava appellativi da bonazza ad acidella, da fiorellino a zecca infame, da principessa a mantenuta e succedanei; vittima del fascino di lei, allo stesso tempo troppo stupido (e bagnino) per goderne appieno, fuori dal volgare pregiudizio, dall’alto della sua torretta di eroe e di fico. La pallida Martina – docile duce – ogni giorno alle 14.00 scendeva, col suo due pezzi bianco, i capelli neri raccolti, neanche una collana, un anello, un orecchino, nista. Occhiale oversized nero, ombrellino panna e una bellezza aliena a questa terra di buzzurri coi piercing dappertutto. Per il resto, questa

Astri toro

gemelli

cancro

Il lungo transito di Marte nella quarta casa solare avrà il potere di risvegliare in voi alcune rivalità esistenti da tempo all’interno della famiglia di origine. Improvvisa slatentizzazione di contenuti inconsci.

Finalmente Marte sta dalla parte vostra. Il ritmo delle attività quotidiane tenderà ad accelerare piacevolmente. Forte identificazione con le proprie idee e opinioni. Nuovi progetti per i nati nella prima decade.

Tra il 23 e il 24 ottobre la Luna si troverà in opposizione. Questo transito potrà determinare una serie di sbalzi emotivi. State attenti a non farvi manipolare da nessuno, specialmente se siete della prima decade.

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Inizia un periodo vivace che durerà per diversi mesi. La volontà tenderà a farsi sempre più imperiosa e potrete affrontare qualunque tipo di sfida. Fate molto sport, ma state attenti a non superare i vostri limiti.

Tra il 23 e il 24 ottobre la Luna si troverà di transito nell’amico segno del Capricorno. Approfittate di questa fase per vivere la vostra passionalità. Grazie a Plutone, energie nascoste potrebbero uscire allo scoperto.

A partire dal 18 ottobre conterete su di un formidabile Marte. Grazie a questo passaggio vi sarà facile compiere importanti progetti all’interno di un gruppo di lavoro. Rafforzamento delle posizioni di “leader”.

Marte in tensione per i nati nella prima decade. Con l’ingresso del pianeta al Leone si apre per voi un lungo periodo in cui dovrete imparare a canalizzare le energie marziane e quindi la vostra aggressività.

sagittario

capricorno orno

acquario

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Particolarmente vivacizzato il settore dell’estero, degli studi universalistici e della ricerca metafisica. Al femminile: incontri con uomini stranieri. Provate a inaugurare questo periodo con un bel viaggio.

Il 23 ottobre obre la Luna si troverà nel vostro segno congiunta a Plutone. Questo transito vi porterà a vivere esperienze emotive profonde. Per cui verranno portate in superficie le parti più nascoste della vostra psiche.

Intorno al 23 ottobre, Marte, di transito in Leone, si troverà in opposizione con una trasgressiva Luna Nera. Possibili discussioni con il partner riconducibili a gelosie o a situazioni ambigue. Eros alle stelle!

Svolte professionali. Rapporti di forza con alcuni colleghi di lavoro. Attenti a non sentirvi assediati altrimenti ci rimettereste in “stress”. Per i nati nella prima decade inizia un nuovo periodo...

» a cura di Elisabetta

ariete Fase di grande attività per i nati nella prima decade. La vostra volontà tenderà a farsi imperiosa. Risveglio del desiderio sessuale e possibile concepimento di un figlio maschio. Possibile inizio di una attività sportiva.


» illustrazione di Adriano Crivelli

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 45

Giochi

Orizzontali 1. È ai piedi del Brè • 10. Parti terminali degli stami • 11. Un combustibile • 12. Nome di donna • 13. Il nome della Massari • 15. Torri dispari • 16. La nota Mondaini • 18. Lo sono api e formiche • 20. Prep. semplice • 21. Una droga • 22. Schiavo spartano • 25. Devoti • 26. Obesa • 30. Regalo • 31. Olio inglese • 32. Profondi • 34. Il geloso verdiano • 36. Il nome dello scultore Pomodoro • 37. Sorreggono il tetto • 38. La fine di Aramis • 39. Tante erano le Grazie • 40. Dittongo in beato • 41. Vaso panciuto • 43. Il capo della tonnara • 46. Piccolo difetto • 47. Detestate • 49. È dolce in un film di Wilder • 50. Anno Domini • 51. Cons. in ruota • 52. Cortile agreste • 53. Il nome della Rodrigues.

• 16. È vicino a Davesco • 17. Romania e Argentina • 19. Pari in intento • 23. Intacca la vite • 24. Passo delle Alpi Retiche (J=I) • 27. Porto olandese • 28. Priva di compagnia • 29. Silvicoli • 33. Arcani, enigmi • 35. Art. romanesco • 39. La bevanda che si filtra • 42. La capitale con il Colosseo • 44. Ama Radames • 45. Dittongo in giada • 48. Dato anagrafico.

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Verticali 1. Capolavoro musicale di Luigi Dallapiccola • 2. Irregolari, strani • 3. Venature del marmo • 4. Una rosa pallida • 5. Mare centrale • 6. Ghiacciato • 7. Regione etiope • 8. Una nota e un articolo • 9. In abbondanza • 14. Si valuta quella dei danni

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