Ticino7

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03 numero

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L’appuntamento del venerdì

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Reportage - Crespi d’Adda

Agorà Editoria ticinese

Tra il villaggio operaio e il feudo industriale

Media Steve McCurry Turistario Turismi (da) pazzi

Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Tessiner Zeitung

CHF 3.–

con Teleradio dal 17 al 23 gennaio


Âť illustrazione di Adriano Crivelli


numero 3 15 gennaio 2010

Agorà Editoria ticinese. Litterae non dant panem Media Fotografia. Il mondo a colori di McCurry

Impressum Tiratura controllata 89’345 copie (72’303 dal 4.9.2009)

Chiusura redazionale Venerdì 8 gennaio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Turistario Turismi (da) pazzi Vitae Una Szeemann

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GAIA GRIMANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

VALENTINA GERIG . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

DUCCIO CANESTRINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

DEMIS QUADRI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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R. ROVEDA; FOTO DI R. KHATIR . .

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Reportage Crespi d’Adda. Tra il villaggio operaio...

DI

Direttore editoriale Peter Keller

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Di immigrazione, religioni, bombe e denaro

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Entrata principale del villaggiofabbrica di Crespi d’Adda (BG) Fotografia di Reza Khatir

Pubblichiamo con piacere questo scritto pervenutoci in Redazione. La lettera, molto lunga, è stata in parte accorciata per evidenti problemi di spazio. Precisiamo solamente che il documentario citato dal lettore (Zeitgeist) è noto da tempo fra gli internauti più attenti e che una sua visione è certamente consigliata. Per approfondire il tema del “nemico” consigliamo altresì la lettura dell’articolo a firma di Donald Sassoon apparso sull’inserto domenicale del quotidiano “Il Sole 24 Ore” del 3 gennaio scorso dal titolo “Il buono, il brutto e il mediorientale”, del quale riportiamo il rappresentativo occhiello. Scrive l’autore: “Abbiamo ancora bisogno di nemici. Anzi, da quando le guerre sono divenute «democratiche» l’avversario deve essere il male allo stato puro”. Cordialmente, Giancarlo Fornasier

Egregia Redazione, Sono un vostro lettore, per la verità alquanto distratto, ma che ha notato con piacere come in numerosi articoli ed editoriali da voi pubblicati viene spesso posto l’accento sul problema dell’informazione (o disinformazione) e sulla manipolazione puntualmente compiuta dalle corporazioni e lobby politico-economiche – anche se sarebbe più realistico porre il concetto di economia davanti alla ben più nobile arte della politica – attraverso i media rispetto ai problemi della nostra purtroppo deficitaria società. Mi riferisco, per esempio, all’ultimo articolo dedicato ai presunti problemi legati all’immigrazione in Svizzera e allo spazio che avete dedicato a uno studioso serio come il professore Piguet (Ticinosette n. 01 del 31.12.2009, ndr.), ma anche all’articolo sull’integrazione apparso all’inizio di dicembre (n. 50 del 4.12, ndr.). Che lo spostamento di masse di popolazione dal Sud verso il Nord del mondo sia una realtà certo

nessuno lo può nascondere, un movimento migratorio che porta con sé inevitabili problemi legati a culture che per secoli si sono solamente osservate e che dunque non possono evidentemente subito comprendersi. In questo senso l’assurda votazione sui minareti – un mera contrapposizione di simboli e preconcetti più che di idee, a mio modesto parere – è stato il vero “colpo di genio”: invece di pensare ai veri problemi di un paese-piazza finanziaria che sta ansimando perché a corto di un ossigeno “monetario” a cui molti nostri vicini ambiscono, la politica che fa? Chiede alla popolazione di esprimersi su aspetti che dovrebbero essere prerogativa esclusiva di una classe politica attenta ai cambiamenti e lungimirante rispetto alle politiche sociali, di integrazione e di armonizzazione dei flussi migratori inevitabili. E sottolineo, inevitabili. Questi ultimi, nessuno se lo dimentichi, sono il risultato di una politica tipicamente di stampo coloniale che molti paesi europei hanno applicato sino a pochi anni fa (o che forse ancora applicano; leggi alla voce “multinazionali del petrolio e delle materie prime”). Sugli Stati Uniti e la loro politica espansionistica, economica e finanziaria, mi scuserete ma mi permetto di gettare un velo pietoso (...) Io consiglierei a tutti di dedicare due ore di una delle prossime serate a un filmato comodamente disponibile sulla piattaforma Internet YouTube e intitolato “Zeitgeist”. Il documentario, prodotto nel 2007 e disponibile sia tradotto in italiano o comodamente sottotitolato, è un illuminante riassunto dello “spirito del nostro tempo”, di una società occidentale ossessionata dalla ricchezza e dalla ricerca di un nemico a tutti i costi. Forse ciò che viene sostenuto non sarà tutta la verità e soltanto la verità (teorie complottistiche da “11 settembre” incluse) ma quantomeno potrebbe accendere alcune di quelle lampadine che molti di noi probabilmente hanno spento da troppi anni. Un saluto, C. L. (Cassarate)


Editoria. Litterae non dant panem*

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Agorà

L’editoria ticinese è sempre andata a rimorchio di quella italiana, sopravvivendo anche grazie alle sovvenzioni pubbliche. Attualmente si dibatte in una crisi molto seria: mercato svizzero insufficiente per il prodotto in lingua italiana, mercato italiano inaccessibile per molti aspetti. I due terzi delle vendite sono concentrate in libreria, ma i libri dei nostri editori rappresentano solamente il 10% dell’offerta...

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e qualcuno desiderasse avere notizie riguardo l’editoria ticinese, può mettersi in contatto con la SESI, la Società degli Editori della Svizzera italiana. Purtroppo scoprirà che l’Associazione praticamente non esiste più, non ha indirizzo, non ha più recapito telefonico. Questo è lo specchio di ciò che sopravvive dell’editoria cantonale: sulla carta una ventina di editori, anche se in realtà per contare quelli attivi – che pubblicano regolarmente e cercano di diffondere i loro libri nella vicina penisola – bastano e avanzano le dita di una sola mano. Tralascio gli editori dei giornali, soprattutto quotidiani, che negli ultimi trent’anni si sono comunque ridotti considerevolmente di numero, con la sparizione di testate storiche e importanti quali Libera stampa, Il Dovere e Gazzetta ticinese, per nominarne solo alcune.

Una situazione particolare La Svizzera italiana ha una posizione geografica particolare con la grande Svizzera di lingua tedesca e francese a nord e la Penisola italiana a sud. Gli abitanti del Canton Ticino e del Grigioni italiano sono poco più di 330.000, a cui si aggiungono gli italofoni della Svizzera francese e tedesca per un totale di circa mezzo milione di persone, bacino d’utenza assai scarso per chi pubblica in lingua italiana. Ben diversa sarebbe la possibilità di espandersi verso sud, anche considerando solo la Lombardia e il Piemonte, regioni a diretto contatto

con il confine svizzero, con una popolazione complessiva di più di 13 milioni di abitanti, uno sviluppo economico e industriale che ha pochi eguali in Europa, cittadine importanti come Como e Varese quasi appoggiate alla linea di frontiera, e sbocco naturale per la Svizzera italiana, anche per identità etnica, per lingua e per cultura. Questo rapporto con l’Italia è rafforzato dalla quotidiana presenza nelle nostre aziende di decine di migliaia di lavoratori italiani, dalla disponibilità di 6 o 7 canali televisivi italiani, dalla presenza nelle nostre edicole di tutti i quotidiani e di molte centinaia di periodici editi in Italia, dal consumo di libri che per l’80% giungono dalla vicina Repubblica. Del restante 20% presente in libreria, il 10% è rappresentato da libri di altre provenienze linguistiche, e solo un 10% da quelli pubblicati nella Svizzera italiana, una quota insufficiente a consentire grosse vendite e la sopravvivenza delle case editrici.

I sussidi pubblici A fronte di un mercato interno così scarso, entra in gioco il discorso delicato, ma importante, dei sostegni e delle sovvenzioni senza le quali per molti editori sarebbe impossibile continuare a produrre. La Confederazione ha sviluppato quattro ordini di misure per sostenere gli operatori della catena libraria in Svizzera: la promozione del libro, la promozione della lettura e della letteratura, il sostegno


SPECIAL EDITION

Obiettivi e strategie Un significativo miglioramento delle condizioni dell’editoria ticinese si avrebbe se potesse accedere al grande mercato delle Penisola ed essere distribuita nelle sue librerie; perché questo accada bisognerebbe avere una seria distribuzione in Italia e ciò ha da sempre rappresentato il maggior problema delle nostre case editrici, sia per la distanza, sia per la loro produzione, spesso spiccatamente regionale e quindi di non grande interesse per il lettore italiano. D’altra parte anche il mercato italiano ha subito negli ultimi anni una profonda trasformazione del commercio librario: annualmente si producono dai 50 ai 60 mila titoli; i grossi editori la fanno da padroni offrendo alle librerie condizioni tali che non potrebbero essere sopportate dai piccoli; recentemente è invalsa l’abitudine di affittare addirittura a caro prezzo lo spazio in libreria e, se non si aderisce a tale oneroso costume, la presenza dei libri di un editore non è affatto garantita, a meno che non si “abbia fra le mani” un vero best seller; d’altra parte, se si ha la fortuna di avere un distributore a livello nazionale, sorge un altro problema che è quello della promozione attraverso i mezzi d’informazione. Questa può avvenire sollecitando recensioni sui vari

giornali attraverso azioni appropriate e/o investendo un budget pubblicitario che per un piccolo editore diventa assai gravoso. Armando Dadò e Libero Casagrande, due degli editori storici del Cantone, sono pessimisti riguardo a un’evoluzione favorevole del mercato, almeno a breve termine. Una soluzione auspicata da molti potrebbe essere la vendita via internet ma, grandi catene librarie a parte, l’editore per gestire direttamente un sito commerciale che funzioni avrebbe bisogno di personale totalmente dedicato alla promozione, un costo che la nostra editoria non sopporta. D’altra parte le vendite in questione rappresentano una piccola percentuale di quella totale, dal 5 al 15%, un valore troppo ridotto per migliorare la condizione economica di un’impresa editoriale. È un peccato che tale situazione non sia considerata con grande attenzione e con misure di sostegno adeguate, anche piccole, ma universali (come tariffe postali ridotte) di cui godono gli editori della vicina Penisola: da sempre la piccola editoria esprime la cultura e la libertà di un Paese e, per noi svizzero italiani, anche la nostra identità, nel contesto plurilingue e multiculturale in cui viviamo. E non è poco.

» di Gaia Grimani; * “Le lettere non danno il pane” (proverbio latino)

alle biblioteche e l’aiuto indiretto come l’aliquota IVA ridotta per i libri. Per quanto concerne la promozione del libro, Pro Helvetia offre borse di studio per la scrittura letteraria e per i traduttori, contributi alle spese di stampa e alle traduzioni nelle lingue nazionali e straniere, sussidi di viaggio per letture all’estero. In collaborazione con Pro Helvetia, l’Ufficio federale della cultura promuove la presenza di editori svizzeri alle fiere del libro estere e il Fondo nazionale svizzero sostiene la produzione di pubblicazioni scientifiche mediante fondi della Confederazione. Anche i Cantoni hanno sviluppato un ampio ventaglio di misure come contributo alle spese di stampa, borse di studio per la scrittura, concorsi letterari, premi, destinando a tale scopo qualche milione di franchi in tutta la Svizzera. Ma che cosa riceve l’editoria del Canton Ticino e del Grigioni italiano? L’editore Armando Dadò, da noi interpellato, afferma che le sovvenzioni, pur essendo molto importanti, quando si ottengono coprono solo il 20% del costo del libro. Meglio che niente, ma questi sostegni che giungono solo ad alcuni e solo ad alcune opere, non servono a cambiare le sorti di un settore che indubbiamente soffre.


Il mondo a colori di McCurry

www.stevemccurry.com

gero e felice, probabilmente... E poi, un’immagine che conosciamo sin troppo bene: il crollo delle Torri Gemelle a New York, che il caso ha voluto che McCurry cogliesse proprio dal suo studio, tornato il giorno precedente da un viaggio in Tibet. In fondo allo spazio di Palazzo della Ragione, nella sezione Bellezza, c’è anche lei, la ragazza dagli occhi verdi. In questo caso, la storia la Una ragazza del Pakistan ritratta da Steve McCurry sappiamo o la possiamo conoscere dai racconti di McCurry e dai giornali di questi anni. Due occhi verdi magneti- perché la mostra è stata penSì, perché la vicenda di Sharbat Gula, questo ci, spaventati ma orgogliosi. sata proprio per far sentire i il nome della bambina, non si è conclusa con Il volto incorniciato da un visitatori avvolti, circondati la copertina della nota rivista. Nel 2002, domantello lacero. Era il 1985 nel “mondo a colori” del fopo circa 17 anni, McCurry torna in Pakistan quando l’immagine di una tografo americano. Sia che alla ricerca di quello sguardo che gli aveva bambina afghana, profuga si tratti dello sguardo duro e cambiato la vita e la carriera. Dopo lunghe sperduta nel Pakistan, appa- triste di un bambino-soldato e difficili ricerche, il caso aiuta il fotografo re sulla copertina del National o di un gruppo di ragazzini e la sua troupe. La bambina è diventata una Geographic. L’autore di quel- tibetani che ridono spensiedonna, segnata da una vita dura, difficile, lo scatto è l’americano Steve ratamente, la forza del colore come già si poteva immaginare dalla situaMcCurry, che da allora di- si sprigiona e, quando le imzione nella sua infanzia. È sposata, ha tre figli, venta un fotografo celebrato magini sono drammatiche, è e non sa assolutamente nulla del clamore in tutto il mondo, capace di ancora più doloroso... come suscitato dalla sua foto. Anzi, quello era stato cogliere l’essenza delle perso- se una guerra non possa avere il suo primo e ultimo “incontro” con una ne e delle cose che incontra colori così vivaci e belli. macchina fotografica. National Geographic casualmente nei suoi viaggi, Il percorso dell’esposizione è decide di fondare un’associazione in suo e l’anima dei Paesi nei quali diviso in sei sezioni tematiche: nome per l’educazione e l’emancipazione dei si avventura. l’Altro, la Guerra, il Silenzio, la bambini afghani e le dedica ancora una volta Dietro ogni fotografia c’è sem- Gioia, l’Infanzia e la Bellezla copertina. Il suo volto, dopo diciassette pre una storia che si vorrebbe anni, è a tratti quasi conoscere o farsi raccontare. Ci sono immagini che si scolpiscono nella me- irriconoscibile, se non Ed è la stessa sensazione che moria e diventano icone di un’intera epoca. fosse per quegli occhi, si prova nel visitare la mostra Come per i famosi scatti di Steve McCurry, in sempre così duri, orgoche Milano sta dedicando a mostra a Milano ancora per pochi giorni gliosi, e così verdi. Steve McCurry nella suggeNell’esposizione di Mistiva cornice di Palazzo della za. Ogni gruppo sorprende, lano è presente un’altra foto che somiglia Ragione, proprio di fronte al colpisce al cuore: un uccello molto al volto di Sharbat Gula. Ancora una Duomo. È la narrazione del morente inzuppato di petrovolta è una bambina, ancora una volta in viaggio silenzioso che il foto- lio per una fuoriuscita di gregPakistan: e questa volta gli occhi sono azzurri grafo ha più volte intrapreso gio lungo le coste dell’Arabia e il mantello è verde smeraldo. E per l’ennenel Sud e nell’Est del mondo. Saudita; un bambino, in India, sima volta, la sensazione è che il volto sia Gli scatti “sommergono”. Sì, corre in un vicolo stretto, legdavvero specchio dell’anima.

» di Valentina Gerig

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Internet

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Media

Mostre

Gli scatti di Steve McCurry saranno al Palazzo della Ragione di Milano sino al 31 gennaio: oltre 200 foto capaci di raccontare l’anima del mondo “a colori”. Imperdibile anche il catalogo Steve McCurry. L’istante rubato (Phaidon, 2009) con il meglio sin qui prodotto dal grande fotografo.


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Turismi (da) pazzi Stufi di sgomitare davanti allo skilift? Basta code in autostrada nei fine settimane da bollino rosso? Non volete più incontrare, ai Caraibi, il gestore del negozio sotto casa? Con questo contributo si concludono gli scritti dedicati all’homo turisticus. Con l’antropologo Duccio Canestrini, invece… affaire à suivre

Siete stanchi delle solite vacanze un po’ noiosette? Per Joel Hen-

Turistario

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» di Duccio Canestrini

Turismo delegato. Per la serie “Vacci tu”. Dissenteria, jet-lag, ry, fondatore del laboratorio Latourex, la soluzione alternativa bagagli smarriti, togliersi scarpe e cinture per passare sotto il esiste. Anzi, ne esistono moltissime. Il “turismo sperimentale” portale magnetico, voli cancellati…? Mai più. Basta contattare prevede infatti diverse forme turistiche: si parla di turismo un amico o un’amica che viaggia al posto nostro. Ci porterà casuale, erratico, demotivato, occasionale, pretestuoso, libero, fotografie, souvenir, artigianato finto-etnico e prelibatezze giocoso. In ogni caso renitente locali. Oltre naturalmente a alla periodica leva vacanziera. racconti di buffe avventure. E così, grazie a un passaparola Sembra che la cosa sia stata un po’ dissennato, il noto ediinventata da un’artista di Bertore inglese di guide turistiche lino, tale Hiltrud Gauf, che Lonely Planet ha pubblicato ormai lo fa per lavoro. anche una guida per la prima volta dedicata non a una deDodecaturismo. È una stinazione, ma alle modalità formula molto semplice, elapiù pazze e incoerenti di “fare borata a partire dal numero turismo”. Nuovi modi di interdodici. Basta prendere un pretare e vedere il viaggio gratreno il giorno 12 alle ore zie a soluzioni assolutamente 12, scendere alla dodicesima poco comuni – sono più di stazione, oppure viaggiare settanta, alcune pericolose, lungo il dodicesimo parallealtre divertenti –, e il numero lo, dormire solo nelle stanze degli appassionati in crescita. numero 12, e così via. MasL’idea è quella di distinguersi sima durata dell’esperienza non per la meta prescelta (oggi per questa forma di turismo viaggiano un po’ tutti…) ma sperimentale? Dodici giorni. per la fantasia. Ecco allora chi “Turista” (fotografia di David J. Nightingale tratta da www.chromasia.com) si aggira per note località turiRitornismo (anche detto stiche con in testa un grande Retro-turismo). Bisogna muso di cavallo in cartapesta; chi si fa guidare esclusivamente imbarcarsi su un volo di sola andata per una destinazione dalla moglie (uxoturismo); chi parte solo per fotografare i turisti lontana e poi, appena arrivati a destinazione, rientrare con che fotografano gli amici davanti ai monumenti. L’esito, in effet- mezzi di fortuna, senza prenotazioni e comunque lentamente. ti, in molti casi può risultare simile a quello che il buon vecchio Il percorso a ritroso ricorda un po’ il viaggio di Ulisse verso Fantozzi chiamava “una boiata pazzesca”. Tuttavia, alcune idee Itaca, o più prosaicamente quello del cane Lassie; il tipico di turismo sperimentale meritano considerazione per la loro ritorno a casa del reduce di guerra, che però trova tutto camcreatività. Vediamone qualcuna più nel dettaglio. biato. Il ritornismo, una sorta di pellegrinaggio domestico. Consigliato a coloro che vogliano mettersi nei panni di chi Aeroturismo. Passare qualche giorno dentro un aeroporto, fa tanta strada, agognando una meta. senza prendere l’aereo. Visitare le boutique, i ristoranti, i servizi sanitari della struttura e, per passare il tempo, fare tourist Ipoturismo. Fa per voi se avete poco tempo e pochi soldi: watching, vale a dire appostarsi su una terrazza panoramica in tal caso, per praticarlo dovete partire per un paese poco interna a guardare i turisti che fanno la coda davanti ai check-in, attraente, di cui non conoscete la lingua. Va da sé, il sogai controlli della security o ai cancelli d’imbarco. Naturalmente, giorno si preannuncia molto breve. Nell’ambito dei turismi si può dormire in aeroporto, o nelle immediate vicinanze, usu- sperimentali, pare sia l’ultimo grido. Un grido spesso seguito fruendo di comode navette per il trasporto. da silenzi, se non mortali, piuttosto imbarazzanti.


» testimonianza raccolta da Demis Quadri; fotografia di Igor Ponti

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rappresentata l’assurdità di un cigno, simbolo dell’amore e di tutto quel che è romantico, collocato in una situazione orribile. È un po’ quanto avviene nella nostra società, dove vediamo immagini di guerra e non ci rendiamo più conto dell’orrore di quella realtà. Lavoro con Bohdan Stehlik da qualche anno: ci siamo conosciuti nel 2006 e visto che anche lui è artista abbiamo deciso di collaborare. Stranamente non ho l’impressione che in questo modo abbiamo iniziato a fare qualcosa di diverso da ciò che facevamo prima. In qualche maniera avevamo già più o meno la Impegnata su molteplici fronti artistici, stessa linea, e questo facilita si presenta come una persona solare: ben sicuramente tutto. Quando lontana da quanto si potrebbe temere nel si comincia a lavorare su un confrontarsi con i ricordi hitchcockiani progetto è difficile parlarne: è così piccolo e tenero che suscitati dalla SuperSoberMansion che si ha quasi paura di sporcarintroduce al suo sito web... lo anche solo a nominarlo. Ovviamente però lavorando poi collocarli in una nuova in due se ne deve discutere, se poi uno dei dimensione o in una nuova due non è d’accordo, allora bisogna trovare storia, accostando magari delle soluzioni. È molto interessante vedere aspetti che solitamente non come lo spunto personale viene integrato dovrebbero andare insieme. nell’opera. A volte lavorare in questo modo Per esempio ho fatto con Boè più difficile, perché implica un confronto, hdan Stehlik un video che si ma per l’opera si tratta sicuramente di un chiama Faded Majesty, girato vantaggio. in diverse località europee – Ho la fortuna di esporre spesso all’estero, e tra cui Francoforte, Milano, quindi di non dover lavorare solo in Ticino. Basilea e la Repubblica Ceca Qui la situazione per un artista è difficile – e dove si vedono delle citperché – se per esempio nella Svizzera tedetà vuote, senza persone, in sca ci sono tantissime gallerie, istituzioni e cui sono stati inseriti digitalmostre interessanti – il nostro Cantone è un mente dei cervi bianchi: non po’ tagliato fuori e non c’è la possibilità di degli albini, ma animali che avere un grande pubblico. Mancano poi gli hanno perso la loro maestà spazi per sopravvivere al di fuori dei musei e il loro colore. Guardane delle gallerie. Oggi poi ci si appella alla do questo video ci si sente depressione economica, e i musei spesso spiazzati, non si sa più dove preferiscono proporre opere già esistenti, si è esattamente, perché ci si piuttosto che spendere per aiutare a creare trova in un luogo che non si cose nuove. Oltre tutto qui non vengono conosce, con questi animali messe a disposizione possibilità di soggiorni che si riappropriano delle in atelier o di finanziamenti paragonabili a città. Un’ambientazione forquelli offerte da altri cantoni. Certo l’arte se un po’ apocalittica, visto è un lusso, ma una vita senza cultura è che non c’è più nessuno. In castrante. L’arte è un arricchimento enorInvited Never to Return invece me, sia per lo spettatore sia per chi la fa. sono partita da alcune imIl panorama di oggi poi è molto positivo magini di guerra, con delle perché si può andare in tutte le direzioni. detonazioni, all’interno delle Non è più come una volta, quando gli stili quali, utilizzando dei collage si imponevano regolando i comportamenti fotografici, sono stati inseriti artistici. Ora tutto è possibile, non si deve dei cigni molto aggressivi più sottostare a superleggi dettate da non si che si beccano: qui viene sa chi, e io trovo questo molto liberatorio.

Una Szeemann

Vitae

ono nata in Ticino, ma son partita da qui a sedici anni. Ho frequentato un collegio in Inghilterra e in seguito ho studiato recitazione a Milano. Poi sono stata quattro anni a Berlino, dove ho cominciato a lavorare come artista visiva. Ho girato abbastanza per il mondo. Dopo la Germania sono andata a vivere a Los Angeles e a New York, poi due anni a Roma all’Istituto Svizzero. Siccome mio padre era curatore e mia madre è artista, viaggiavo molto già da piccola: i miei genitori mi hanno sempre trascinato alle diverse mostre che avevano, perciò spostarsi è diventata una cosa naturale per me, mentre rimanere sempre nello stesso posto mi risulterebbe impossibile. E naturalmente viaggiando si fanno esperienze diverse. Per esempio, sono stata due volte in Giappone – a Tokyo per una mostra e a Osaka, dove ho realizzato un video con dei lottatori di sumo – e una in Corea, per la biennale di Busan. Sono culture talmente diverse dalla nostra che per noi è impossibile capirle, ma questa è una cosa che trovo interessante. Il luogo dove ho vissuto meglio è sicuramente Los Angeles, però sotto altri punti di vista sono stata molto affascinata anche da città come Vienna, Budapest o Praga. Ma non saprei dire qual è il posto che mi ha dato di più: potrei cambiare idea ogni cinque secondi... Come artista non mi soffermo su stili o materiali precisi: mi occupo di video, di fotografia, di scultura. Cambio a seconda del progetto: è il concetto affrontato a implicare un determinato medium sul quale poi lavorare. Prima nasce un’idea, in un modo un po’ istintivo, che però poi viene messa a fuoco riflettendoci sopra, arricchendola concettualmente e sviluppandola in modo sempre più preciso. Secondo me è molto importante prendere degli elementi che si conoscono e sottrarre loro qualcosa, per

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Crespi d’Adda

Tra il villaggio operaio e il feudo industriale

Il piccolo borgo di Crespi d’Adda, proclamato nel 1995 “Patrimonio dell’umanità” dall’Unesco, è un esempio unico di villaggio operaio di fine Ottocento-inizio Novecento. Sorto intorno a una grande fabbrica tessile per volere dei proprietari, la famiglia Crespi, è allo stesso tempo un esempio di paternalismo industriale, di utopia sociale e urbanistica, e di signoria industriale. Oggi il villaggio è ancora lì, intatto come venne pensato e costruito cento anni or sono…

di Roberto Roveda; fotografie di Reza Khatir


nella pagina precedente: i capannoni della fabbrica sulla via principale del villaggio di Crespi d’Adda, in provincia di Bergamo (2010)

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el corso della seconda metà dell’Ottocento il vento impetuoso della rivoluzione industriale modifica nel giro di poche generazioni il quadro sociale ed economico – ma anche il paesaggio – dell’Europa e del mondo. Fabbriche nascono un po’ dovunque e gli operai diventano ben presto milioni, costretti spesso a lavorare in condizioni disumane e a vivere anche peggio. È l’epoca degli slums sovraffollati e malsani, degli operai abbruttiti dalla fatica, del lavoro minorile e femminile, dell’alcolismo come piaga sociale. Questi processi di degenerazione della società spinsero alcuni industriali illuminati a cercare di migliorare le condizioni di vita di chi lavorava nelle loro fabbriche. Nacquero così i villaggi operai come quelli di Crespi d’Adda, Collegno, Schio, Lardarello, cittadine organizzate secondo principi di efficienza, in cui veniva assicurato non solo il lavoro, ma una casa e i servizi necessari ai bisogni della comunità che gravitava intorno a quello che rimaneva pur sempre il fulcro di tutto: la fabbrica. Di quest’epoca di tumultuose trasformazioni sociali, Crespi d’Adda è testimonianza unica nel suo genere, un “reperto” di archeologia industriale giunto direttamente dal passato.

Le origini Tutto cominciò con una fabbrica, anzi – per dirla con il linguaggio dell’industrializzazione ottocentesca – con un opificio tessile-cotoniero inaugurato nel 1878 da Cristoforo Benigno Crespi su una stretta lingua di terra tra i fiumi Adda e Brembo, in provincia di Bergamo. Attorno alla fabbrica pochi villaggi e molta campagna. Venne perciò avviata la costruzione di un albergo, di una mensa e, soprattutto, di alcuni palassòc, cioè palazzotti, grandi case plurifamiliari destinate ad accogliere gli operai che non risiedevano nei paesi limitrofi alla fabbrica. Questa idea iniziale fu sviluppata dal figlio del fondatore, Silvio Crespi, che aveva viaggiato in Inghilterra e conosceva le esperienze dei villaggi operai anglosassoni. Egli volle che il “suo” villaggio crescesse in maniera armonica, organizzata: Crespi d’Adda doveva diventare un mondo ordinato, socialmente pacifico, praticamente autosufficiente. Gli operai dovevano trovare al suo interno tutto ciò di cui avevano bisogno… o almeno, tutto ciò che nelle intenzioni del padrone era sufficiente ad assicurare loro una vita degna. Sempre di paternalismo, per quanto illuminato fosse, si trattava: il padrone decideva tutto


Veduta panoramica del villaggio sulle sponde dell’Adda (1921)

Un’aula con gli allievi della Scuola elementare (1909)

Lo Spaccio della cooperativa dei lavoratori di Crespi (1921)


Il Cimitero del villaggio con le tombe degli operai. Sullo sfondo la torre-mausoleo della famiglia Crespi, i “padroni”...

La Chiesa con accanto l’edificio scolastico (1923)

L’edificio religioso a pianta centrale come si presenta oggi

e la fabbrica – e il lavoro che all’interno di essa si svolgeva – rimaneva il centro di ogni cosa. Migliorare le condizioni di vita degli operai mirava anche a renderli più efficienti sul lavoro.

industriale di inizio Novecento, con i sui mattoni a vista, il suo ingresso imponente costeggiato dalle palazzine degli uffici dirigenziali, l’alta ciminiera e i lunghi filari di capannoni. E rimane anche molta dell’utopia sociale e urbanistica di Silvio Crespi. A raggiera, dall’ingresso della fabbrica, si dipartono gli isolati delle case degli operai: costruite tra il 1885 e il 1919 sono delle villette per una o due famiglie, con un piccolo orto davanti, da tenere sempre ben curato, secondo le disposizioni padronali. Più decentrati rispetto alla fabbrica e diversi l’uno dall’altro, troviamo poi i villini degli impiegati e le ville dirigenziali, edifici molto più curati e appariscenti rispetto alle abitazioni degli operai. Oltre alle case Crespi fece costruire una scuola – oggi attiva come asilo – il dopolavoro per il tempo libero degli operai, un teatro, i bagni pubblici, i lavatoi, un

Crespi d’Adda ieri e oggi L’idea di Silvio Crespi prese forma tra la fine dell’Ottocento e il 1930 e, percorrendo a piedi le strade del villaggio, il tempo pare un poco essersi fermato. Certo, il villaggio non appartiene più alla famiglia Crespi che lo cedette, assieme alla fabbrica, agli inizi degli anni Trenta. Il grande opificio, cuore pulsante del borgo che nei momenti d’oro dava lavoro a 4000 persone, ha chiuso i battenti nel 2003 e oggi appare un gigante addormentato e abbandonato a se stesso e alle ingiurie del tempo, pur conservando il fascino esemplare dell’architettura


Veduta dall’alto del villaggio con le residenze degli operai. Tutte le case hanno un piccolo giardino che gli operai adibivano a orto

Il susseguirsi ripetitivo delle facciate dei capannoni

Una delle case destinate ai lavoratori della fabbrica

piccolo ospedale per curare ammalati o infortunati. Accanto all’edificio scolastico venne edificata anche la chiesa, in stile rinascimentale per imitare quella principale di Busto Arsizio, cittadina originaria dei Crespi. In posizione più elevata rispetto al resto del villaggio, si trovano poi la casa del parroco e del medico, le due figure che avevano – nelle intenzioni del padrone dell’opificio – una funzione di controllo sociale e grande ascendente sulla comunità. Ma a vegliare sul villaggio, come buoni padri di famiglia, ma anche come veri signori feudali erano gli stessi Crespi. La loro residenza, non a caso, è chiamata il “castello” e delle antiche fortezze medievali ha le fattezze, oltre a dominare in senso fisico sull’abitato e sull’unica via che porta al suo interno. Crespi d’Adda rappresenta dunque un’utopia e un modello, ma anche un feudo industriale,

dominato da un signore saggio e filantropo, ma che lasciava ben poco spazio all’iniziativa singola e alle libertà personali. Il destino degli operai era legato alla fabbrica, in vita, come in morte. Percorrendo il lungo viale che introduce al villaggio e lo attraversa, ci si ritrova al camposanto; qui, le basse e semplici tombe dei lavoratori sono sovrastate dalla piramide-mausoleo dei Crespi. Dubbi non ce ne sono, insomma, su chi fosse il “padrone” da queste parti... ■ Per approfondimenti: Augusto Ciuffetti, Casa e lavoro. Dal paternalismo aziendale alle “comunità globali”, Giada-Crace, 2002 Per informazioni e visite: Villaggio Crespi d’Adda Via Vittorio Veneto 1

Crespi d’Adda, Capriate (BG) tel. (0039) 02 909 871 91 www.villaggiocrespi.it


C’etait un rendez-vous Regia di Claude Lelouch Francia, 1976 (Dvd, 2004)

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Prima solo il buio di un tun-

nel, poi all’improvviso una luce azzurra accompagnata dall’inconfondibile rumore di un potente motore che accellera. L’auto sale un leggero cavalcavia e la velocità continua ad aumentare... Rivelerà molti anni più tardi lo stesso regista che quella sconsiderata corsa in presa diretta fu fatta alle 5 del mattino, a bordo di una lussuosa Mercedes da lui guidata; la “colonna sonora” fu invece affidata alla roca voce di una Ferrari 275 GTB e inserita nel cortometraggio nella fase di postproduzione. Poco meno di 9 minuti, nessun attore, nessun dialogo. Solo una corsa tra le vie di una Parigi quasi deserta compiuta da un uomo che si reca a un appuntamento. È questa la “trama” di C’était un rendez-

vous, esercizio filmico nel quale Claude Lelouch – classe 1937, erede della Nouvelle Vague francese – dichiara la sua sconfinata passione per le auto. Una debolezza che il registra di origine algerinopalestinese manifestò in altre opere, dove le macchine diventano il vero e proprio “luogo” di conoscenza e innamoramento. Su tutti il pluripremiato (due Oscar e Palma d’oro) Un uomo, una donna (Un homme et une femme, 1966) con Anouk Aimée e Jean-Louis Trintignant. Proprio nella suo film più noto, il protagonista (Trintignant) è un corridorecollaudatore automobilistico e nella realizzazione del film parte della troupe partecipò con più auto anche al Rally di Monte Carlo, catturando immagini poi inserite nel film.

Uscito per la sua casa di produzione, Les Films 13, C’était... sparì invece dalla distribuzione per anni e lo stesso Lelouch fu arrestato per le gravi infrazioni che il filmato mostrava. Come spesso avviene quando attorno a un’opera si respira “aria di maledizione”, le leggende sul cortometraggio non sono mai mancate; invenzioni e supposizioni che furono opportunamente corrette dallo stesso regista pochi anni fa (si veda www.dailymotion.com/ video/x4fnwk_making-of-cetaitun-rendez-vous_shortfilms). Rimane il fascino di un (forse) coraggioso e passionale esperimento cinematografico che ebbe però il “difetto” di sconfinare nell’incoscienza di una corsa in apnea verso una donna in trepida attesa. Eh, le pazzie dell’amore...

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Mercurio in quadratura per i nati di marzo. Questo aspetto, se non canalizzato verso lo sviluppo di una nuova attività commerciale o imprenditoriale, potrebbe rendervi irragionevolmente irritabili.

Fino al 18 gennaio Venere resta eccezionale per i nati nella terza decade. A partire dal 20 gennaio i nati nella prima decade si ritroveranno a godere dei benefici influssi di Giove. Progetti professionali in vista.

Fino al 18 gennaio, i gemelli desiderosi di fare “strike” potranno avere Giove dalla loro parte. Per cui approfittatene, osate e vincete! A partire dal 19 gennaio possibile nascita di una relazione clandestina.

Grazie all’ingresso di Giove potrete realizzare qualcosa di assolutamente importante. Incontri con nuove culture e con paesi esteri. Possibili vincite di danaro sempre per i nati nella prima decade. Frenate la lingua.

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A partire dal 19 gennaio la vita sentimentale dei nati nella prima decade potrà essere influenzata dal transito di Venere in opposizione. Questo passaggio potrebbe spingervi a cercare emozioni più forti.

A partire dal 19 gennaio Giove sarà di transito nella vostra settima casa solare mettendo in evidenza i rapporti a due. Attenti a non compiere errori di valutazione e a non sottovalutare i dettagli. Notizie in arrivo.

Venere e Saturno sono in ottimo aspetto reciproco. Grazie a questa congiuntura potrete trovare nuovi spunti all’interno di una relazione di lunga data e così rendere più piacevole la vostra quotidianità.

A partire dal 19 gennaio il trigono di Giove sul Sole natale vi porterà ottimismo donandovi una veduta più ampia e più positiva della vita. Incontri trasgressivi favoriti da una maliziosa Venere.

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Fortunate le giornate tra il 17 e il 18 gennaio. Venere e Saturno favorevoli per i nati nella prima decade a partire dal 19 gennaio. Consolidate le vostre posizioni stando comunque attenti a non incorrere in errori.

Se saprete osservare le giuste cautele, il transito di Mercurio potrebbe rivelarsi particolarmente utile per risolvere una vecchia situazione. I nati nella prima decade potranno iniziare a godere dei benefici di Giove.

Grazie all’ingresso di Venere nel vostro segno e ai favorevoli aspetti con Saturno in Bilancia si aprono gli scenari per qualcosa di veramente importante. Progetti a lungo termine con il partner.

A partire dal 19 gennaio, Giove l’astro della fortuna, irrompe nel vostro segno. Grazie a questo importante ingresso la vostra vita potrà prendere un’improvvisa svolta. Passate all’azione!

» a cura di Elisabetta

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Abbiamo visto per voi

» di Giancarlo Fornasier

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Epigoni A quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 5. Il vincitore riceverà Il cuore dell’Himalaya di G.A. Romano. Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 21 gennaio a ticino7@cdt.ch o scrivete a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano.

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“«Sì, l'amavo», dichiarò con persuasiva serietà, e vide la sorpresa diffondersi sul viso di Freda, sconvolgerla. Gli credeva!”.

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1. Noto romanzo di P. Auster • 2. Apostasia • 3. Un suono... di campana • 4. Le iniziali di Stradivari • 5. Un codice postale • 6. Si contrappone a ipo • 7. Si placa bevendo • 8. Tante erano le Grazie • 9. Ben ventilate • 13. La fine della Turandot • 16. Rosa nel cuore • 20. Compatirsi • 21. Isola greca • 23. Bordo, margine • 25. Chiesetta di campagna • 26. Il nome di Morricone • 28. Trasparenti come il vetro • 30. Uccelli rapaci • 34. La nota degli sposi • 36. Spicchio panoramico • 38. Due al cubo • 39. Preposizione semplice • 42. Lo usa il gommista • 43. Ungheria e Romania • 48. Cifra imprecisata • 49. Cantone svizzero • 51. Le iniz. di Pappalardo • 53. Pari in duomo.

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1. Vende medicinali • 10. La cintura del kimono • 11. Scibile • 12. Il noto Banfi • 14. Il fiabesco Pan • 15. Tragico evento • 17. Pedina coronata • 18. Pari in diario • 19. Le iniz. di Connery • 21. Commissario Tecnico • 22. Il mitico re di Egina • 24. Capolavori • 27. Reato • 29. Quarantena • 31. Belgio e Portogallo • 32. L’amica di Braccio di Ferro • 33. Capo etiope • 35. Bel paesino malcantonese • 37. Il cacciatore amato da Eos • 39. Dopo Cristo • 40. In mezzo ai rovi • 41. Ha le serpi nel portafoglio • 44. Il gonnellino scozzese • 45. Barra centrale • 46. Art. femminile • 47. Vasi panciuti • 49. Luce centrale • 50. Rabbia • 52. Atri • 54. Li coccolano i nonni • 55. Né tuo né suo.

Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 5.

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La soluzione a Epigoni è: Fatti evanescenti di Raffaele Pedrozzi (Salvioni, 2009).

Offerta speciale di gennaio : Fino a CHF 400.-*

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