Ticino7

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numero

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L’appuntamento del venerdì

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R EPORTAGE Sgraffiti | AGORÀ Epatite | MEDIA Giornalismo | SFIDE Ian Curtis e la vita

Corriere del Ticino

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numero 19 7 maggio 2010

Impressum Tiratura controllata 89’345 copie (72’303 dal 4.9.2009) Chiusura redazionale Venerdì 30 aprile Editore Teleradio 7 SA, Muzzano Direttore editoriale Peter Keller Redattore responsabile Fabio Martini

Agorà Salute. Epatite, l’epidemia silenziosa Media Informazione. Giornalisti o PR?

DI

DI

ROBERTO ROVEDA

NICOLETTA BARAZZONI

Decalogo Non avrai altro Dio all’infuori di me… Vitae Daniele Ventura

DI

FABIO MARTINI

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FRANCESCA RIGOTTI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Reportage Arte. Gli sgraffiti dell’Engadina

DI

R. CAROBBIO; FOTO DI A. MENICONZI . . . . . . .

Tendenze Design. Grandi idee per piccoli spazi

DI

GIORGIA RECLARI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Coredattore Giancarlo Fornasier

Sfide Ian Curtis e la vita

Photo editor Reza Khatir

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55 Direzione, redazione, composizione e stampa Società Editrice CdT SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 31 31 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch Stampa (carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona Pubblicità Publicitas Publimag AG Mürtschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich Tel. +41 44 250 31 31 Fax +41 44 250 31 32 service.zh@publimag.ch www.publimag.ch Annunci locali Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch In copertina “Il peccato originale e l’Albero della conoscenza”; Chasa Claglüna (Engadina) Fotografia di Alessandra Meniconzi

GIANCARLO FORNASIER. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Era il lontano numero 18… Qualche lettore “più attento” forse se ne sarà accorto: con l’uscita dello scorso numero 18, Ticinosette nella sua rinnovata veste grafica e redazionale, ha spento due candeline. Un piccolo traguardo per il nostro “giornaletto” – così qualche lettore simpaticamente lo chiama, una definizione ormai adottata anche in Redazione – nato fra non poche perplessità e un pizzo di ilarità. Eppure, malgrado i cordiali auguri di prematura scomparsa, alcuni dal taglio satirico (cogliamo l’occasione per ringraziare, in ritardo, Corrado Mordasini che a suo tempo ci aveva definiti “inutili” in un simpatico necrologio dalle pagine de il Diavolo), la defezione da parte di uno dei suoi storici editori e la nota crisi che ha colpito l’intera editoria occidentale (leggasi il drastico calo degli inserzionisti pubblicitari), Ticinosette è ancora qui. E questo grazie al grande impegno e alla fiducia che i nostri editori, rappresentati nella persona del direttore editoriale, Peter Keller, continuano a manifestare nei confronti del lavoro svolto dalla Redazione e da tutti i collaboratori del nostro settimanale, giornalisti, fotografi, illustratori, personale tecnico e amministrativo.

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La timida ripresa del mercato pubblicitario che si manifesta in queste ultime settimane fa ulteriormente ben sperare per una seconda metà del 2010 più positiva rispetto al difficile 2009. Un ripresa che per noi (come per tutta la stampa) significa maggiori risorse e, in particolare, un numero crescente di pagine per singola uscita. In questo senso, sono giunte in Redazione alcune osservazioni rispetto alla “eticità” di una pubblicità dedicata al piccolo credito che da alcune settimane appare sulle nostre pagine. Al di là del fatto che la stessa campagna coinvolge numerose altre testate cantonali e della Confederazione, la Redazione e gli editori di Ticinosette non credono che la campagna pubblicità in questione debba essere considerata più o meno credibile (e dunque moralmente criticabile) rispetto ad altre. Attraverso lo strumento pubblicitario le aziende, pubbliche e private, informano e cercano di rendere note le loro attività: sta al singolo cogliere le opportunità, nel pieno della sua capacità di capire e decidere autonomamente. Sempre nel rispetto di sé e degli altri. Cordialmente, la Redazione


Epatite, l’epidemia silenziosa

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Agorà

Secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità le persone colpite da un’infezione cronica da epatite B e C sono circa mezzo miliardo nel mondo, e ogni anno solo l’epatite B provoca oltre 600 mila decessi per le gravi conseguenze che determina sul funzionamento del fegato. Quale la situazione in Svizzera?

L’

epatite è un’infiammazione del fegato che può essere causata da agenti infettivi virali (epatite A, B, C) o da altri fattori, tra cui il più frequente è l’abuso di alcol. Esistono forme acute e croniche. Le prime si manifestano spesso con un ittero, ossia quando la cute e la sclera, la parte bianca degli occhi, diventano gialli. Le forme acute, come per esempio l’epatite A, guariscono solitamente sull’arco di alcune settimane senza lasciare danni. Le forme croniche, invece, come nel caso dell’epatite B e C, non sono percepibili dalla persona stessa e possono essere diagnosticate dal medico di famiglia attraverso le analisi del sangue. Le epatiti croniche sono peraltro le più pericolose e possono condurre in certi casi, a lungo termine, alla cirrosi epatica e necessitare del trapianto del fegato. La Svizzera, come tutta l’Europa occidentale, non rientra tra le nazioni dove i virus delle epatiti sono più diffusi – i Paesi del terzo mondo, in particolare –, però il rischio di contagio esiste, anche perché si tratta di agenti patogeni piuttosto aggressivi, cento volte più infettivi dell’Hiv, il virus responsabile dell’Aids. Di epatite e della situazione in Svizzera e nel Canton Ticino parliamo con il professor Andreas Cerny del Centro di epatologia della Clinica Luganese Moncucco, nonché presidente del Swiss Expert for Viral Hepatitis (SEVHep - www.sevhep.ch) un’organizzazione nazionale che riunisce gli esperti in tutti i campi concernenti questo tipo di patologie. Professor Cerny, quali comportamenti portano a rischi di epatite A? “I cibi contaminati sono frequentemente la causa dell’epatite A. Non a caso il virus è spesso diffuso in paesi in via di sviluppo, dove l’igiene è limitata. Frutti di mare non sufficientemente cotti, frutta e verdura

proveniente da produttori che usano acque contaminate sono esempi tipici di possibile trasmissione del virus. La maggior parte dei casi in Svizzera sono dovuti a persone che hanno contratto il virus all’estero. Per evitare l’infezione, la cosa migliore è ricorrere al vaccino. Questo è destinato soprattutto a chi si reca in paesi a rischio, ed è disponibile presso i medici di famiglia. Diverso è il quadro clinico ed epidemiologico delle epatiti croniche da virus B e C”. Com’è la situazione nel caso dell’epatite B? “L’epatite B si trasmette principalmente attraverso il sangue e sessualmente. Anche una donna incinta e portatrice del virus può trasmetterlo al neonato al momento della nascita. Per evitare il contagio per via sessuale, è necessario utilizzare metodi di barriera, quali il preservativo, in caso di partner potenzialmente infetti. Altri gruppi a rischio per l’epatite sono le persone che fanno uso di droga per endovena o quelle che hanno ricevuto delle trasfusioni di sangue prima degli anni Ottanta, periodo in cui sono stati avviati controlli sistematici sul virus. Anche nel caso dell’epatite B la soluzione migliore è il vaccino. Il vaccino contro l’epatite B è efficace e ben tollerato e viene proposto alla nascita o al più tardi all’inizio della scuola media, prima dell’inizio di rapporti sessuali. Esiste anche un vaccino combinato per l’epatite A e l’epatite B che è disponibile presso i medici di famiglia”. Non esiste ancora un vaccino per l’epatite C, il più temuto… “Per il momento non esiste ancora alcun vaccino per questo tipo di epatite e quindi è normale che faccia più paura. Il virus si trasmette essenzialmente per via sanguigna con trasfusioni o attraverso l’uso di materiale non sterile. Per circa un terzo delle persone infette, invece, la via di trasmissione non è individuabile. L’epatite C cronica è, inoltre,


A suo parere, per quale ragione il Ticino ha più malati di epatite, soprattutto C, rispetto alla media svizzera? “In generale il virus è maggiormente presente nel sud dell’Europa rispetto ai paesi del nord. È possibile che pratiche mediche seguite in passato quando si ignoravano i rischi di malattie trasmissibili per via sanguigna, come anche i fenomeni migratori, abbiano contribuito alla diffusione del virus”. Quali conseguenze possono avere le epatiti croniche da virus B e C? “Se non curate adeguatamente e in tempo utile queste infezioni evolvono in cirrosi epatica e cancro al fegato. La maggior parte dei carcinomi epatici (circa l’80-90%) si sviluppa, infatti, nel contesto di una cirrosi epatica e globalmente, l’80-90% dei carcinomi epatici è attribuibile a un’infezione virale cronica da virus dell’epatite B

oppure dell’epatite C. I portatori cronici di infezione virale hanno un rischio relativo di sviluppare questo tumore circa 100 volte maggiore rispetto ai pazienti non infettati. Si tenga anche presente che senza un trattamento specifico, la prognosi di pazienti con carcinoma epatico è infausta, con una sopravvivenza, a 5 anni dalla diagnosi, che si attesta solo attorno all’8-9%”. Nella Confederazione l’epatite C è quella più diffusa. Quale sarà il futuro di questa malattia? “Purtroppo il numero di persone che vivono le complicanze dovute all’epatite C continuerà ad aumentare fino al 2020 circa, dopodiché le misure di prevenzione dovrebbero portare a una diminuzione di casi di cirrosi, di tumori e di trapianti dovuti all’epatite C. Ricordiamoci che il virus del epatite C è stato scoperto solo recentemente, nel 1989, e che, dopo una lunga attesa, ci aspettiamo finalmente di vedere registrati i primi farmaci antivirali di nuova generazione nel corso del 2011. Questi farmaci sono stati disegnati appositamente per bloccare certi enzimi specifici del virus dell’epatite C. Di conseguenza, essi presentano meno effetti collaterali rispetto all’interferone, presidio attualmente usato per trattare questo tipo di epatite”.

Qual è la situazione ticinese dal punto di vista della prevenzione? “In questi ultimi anni la popolazione e i medici di famiglia sono stati maggiormente sensibilizzati alle problematiche legata alle epatiti tramite i mass media, l’ufficio del Medico cantonale e corsi di formazioni specifici destinati ai medici. La situazione è certo migliorata, disponiamo di trattamenti sempre più efficaci, ma per individuare le persone non ancora diagnosticate è necessario un maggiore impegno. Attualmente si sta discutendo dell’utilità dei programmi di depistage – ricerca sistematica, in una popolazione più o meno estesa, dei soggetti affetti da una determinata malattia, allo scopo di individuarne le forme iniziali e asintomatiche per istituire una diagnosi precoce e una terapia efficace – delle persone a rischio e addirittura nella popolazione in generale. Una nuova iniziativa avviata in Ticino dal Centro di epatologia consiste nella sensibilizzazione di persone con problemi di dipendenze nelle varie strutture sociosanitarie del Cantone. Si tratta di un progetto pilota, sostenuto da Infodrog (www. infodrog.ch) , la centrale di coordinamento nazionale delle dipendenze, con la campagna di sensibilizzazione hepatitis C (www. hepch.ch)”.

» di Roberto Roveda

la più diffusa nel nostro paese con circa 70.000 persone infette. La metà di queste, si stima, non sanno di essere malate poiché la malattia è notoriamente silente. I dati sulla diffusione in Ticino indicano che la malattia è più presente nel nostro territorio (1-2% della popolazione) rispetto al resto della Svizzera (1% circa)”.

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Media

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P rendiamo spunto dalla recente presa di posizione, riportata sul sito italiano Giornalismo e democrazia (vedi Apparati) che diffonde i principi di un’informazione libera e responsabile, per parlare dell’interrelazione tra giornalismo e le Pubbliche Relazioni (PR). Nell’esaminare la questione deontologica dell’attività giornalistica, soprattutto di coloro che lavorano negli uffici stampa di enti locali, amministrazioni pubbliche o aziende private, alcuni professionisti italiani evidenziano l’ambiguità tra le due funzioni. Se partiamo dal presupposto che il giornalista deve essere al servizio della verità – garantendo il diritto all’informazione –, è doveroso domandarsi in che modo egli riesca ad assolvere ai suoi obblighi professionali. Come si può essere al servizio di un’organizzazione, mantenendo al contempo inalterato l’impegno sottoscritto nel documento emanato dal Consiglio svizzero della stampa? Nel rispetto rigoroso del codice deontologico e della dichiarazione dei diritti e dei doveri del suo ordine professionale, il giornalista deve assicurare la

Comprare nuovo divano. Si assumono professionisti formati nei due ambiti, i quali fanno da intermediari tra la fonte delle notizie e il media a cui fanno riferimento.

Quando la professione del giornalista si interseca con quella del responsabile alle Pubbliche Relazioni possono nascere contrasti dettati da obiettivi e intenti tra loro molto diversi... Alcune definizioni di PR Il PR deve essere creativo, avere spirito d’iniziativa, capacità relazionale, facilità organizzative e di pianificazione, disponibilità e dinamismo. Gli viene richiesto, inoltre, “uno sforzo volto a influen-

zare l’opinione pubblica tramite la buona reputazione e l’attività responsabile”2. Alcuni esperti ritengono che le PR rappresentano “il management della comunicazione tra l’organizzazione e i suoi pubblici”3. Altri considerano la professione come “la funzione di management volta a generare e mantenere relazioni di interesse reciproco tra l’organizzazione e i vari pubblici, che ne determina il successo o il fallimento”4. Emanuele Invernizzi, professore di economia e tecnica della comunicazione aziendale all’Università IULM di Milano, sostiene che la scelta “sia costituita da un insieme di attività il cui obiettivo generale è di comunicare per informare e influenzare l’opinione pubblica e i pubblici influenti, al fine di creare benevolenza in un clima di comprensione reciproca”5. L’orientamento viene anche esaminato e affrontato come

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qualità, l’autonomia e l’indipendenza, in nome della libertà di stampa e d’opinione. Chi si occupa di PR, al contrario, promuove l’organizzazione per cui lavora, interessandosi alle preferenze del pubblico al quale si rivolge.

Giornalisti o PR?

Stanco morto.

La doppia contingenza giornalista/PR Non sono mancati casi di giornalisti che, approfittando della doppia contingenza, hanno messo in atto un connubio di interessi personali. Chi volesse approfondire il tema può consultare il sito dell’Osservatorio europeo di giornalismo1 che riporta le incongruenze tra le due professioni. Purtroppo, in conseguenza delle logiche aziendali dominanti, giornali e mezzi di comunicazione di massa elettronici, orientati alla rapida ed economica diffusione delle notizie, sono alla ricerca di figure professionali in grado di occupare specifici settori, favorendo l’identità societaria, la cosiddetta corporate identity. Nel clima sempre più arroventato della concorrenza, l’adesione alla filosofia aziendale finisce per assumere più valore della libertà di stampa e del diritto all’informazione.


Internet

www.giornalismoedemocrazia.it

L’associazione è nata a Bologna nel corso del 2008. Le ragioni alla base dell’attività, i suoi obiettivi e il suo programma sono contenuti in un testo presente all’interno del sito. Dove, fra l’altro, si afferma: “L’informazione giornalistica è al centro di profonde e rapide trasformazioni. Aumentano ogni giorno i soggetti che diffondono notizie (…) La concorrenza è ogni giorno più agguerrita (…) Attraverso questa associazione essi si impegnano a diffondere i principi di un giornalismo libero e responsabile, realizzato nell’esclusivo interesse del cittadino, anche se consapevoli dei condizionamenti che caratterizzano il cosiddetto mercato dell’informazione”. Note

Comodissimo. “uno strumento di propaganda a sostegno di obiettivi di marketing”6. Una coppia incompatibile A questo punto il mandato professionale del giornalista contrasta, in maniera autoevidente, con quello del responsabile PR che predilige termini quali: influenzare, management e interesse reciproco. La prerogativa del business è ancor più antitetica al ruolo del giornalista se accomunato alle PR. Dall’osmosi scaturisce un binomio idiosincratico. Essendo al servizio dei

vertici con l’obiettivo di influenzare il comportamento delle persone, il ruolo del PR difficilmente può coesistere con la figura del giornalista, il cui compito non è quello di promuovere un mutuo beneficio tra sé e il suo pubblico. La duplice funzione ci appare dunque inconciliabile perché non è possibile essere al servizio della verità e della libertà di stampa, attuando le tecniche della persuasione e della manipolazione per il bene dell’azienda o dell’organizzazione, nei confronti delle quali il PR è asservito. In ballo ci sono interessi diversi di chi vuole – ma soprattutto deve – informare, e chi invece non ha un interesse estrinseco a farlo. Dato che, come sosteneva e scriveva Albert Camus “il compito del giornalista è quello di rifiutare la complicità. Il suo onore dipende dall’energia con cui rifiuta il compromesso”.

1

www.ejo.ch

2

British Institute of Public opinion; www.data-archive.ac.uk

3

James E. Gruning e Todd T. Hunt, Managing Public Relations, Thomson Learning, 1984.

4

Scott M. Cutlip, Allen H. Center e Glenn M. Broom, Effective Public Relations, Prentice Hall, 1999.

5

Emanuele Invernizzi, Manuale di relazioni pubbliche. Le tecniche e il servizo di base, McGraw-Hill, 2005.

6

Cristopher Locke et al., The Cluetrain Manifesto: The End Of Business As Usual, FT.com Paperback, 2000.

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Media

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Non avrai altro Dio all’infuori di me “Non avrai altro Dio, all’infuori di me, spesso mi ha fatto pensare: genti diverse, venute dall’est dicevan che in fondo era uguale. Credevano a un altro diverso da te, e non mi hanno fatto del male. Credevano a un altro diverso da te e non mi hanno fatto del male”

Non

sembri bizzarro, fuorviante o addirittura eretico iniziare a trattare dei dieci comandamenti con le parole de “Il testamento di Tito”, la poetica canzone di Fabrizio De André dall’album La buona novella del 1970. Anzi, le parole e la musica di questa canzone – che ci ripeteremo nella testa non potendola riportare sulla carta – ci accompagneranno spesso nella rivisitazione del decalogo biblico che da qui affronteremo, e che non avrà carattere teologico bensì filosofico, politico, sociale e anche, semplicemente, di buon senso.

Decalogo

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La “quintessenza dell’umano decoro” Premessa indiscussa e comunemente accettata è che nelle tavole del Sinai sia contenuto il punto di partenza dell’etica giudaica e poi cristiana, e che il decalogo abbia assunto un carattere di validità generale e supertemporale ancor più del Discorso della montagna. C’è chi l’ha interpretato come l’espressione del diritto naturale stesso, e chi vi ha visto, come Thomas Mann, “la quintessenza dell’umano decoro” (nel racconto La legge del 1943), forse erroneamente pensando che i “pagani” siano vissuti in una cornice amorale di arbitrarietà e di violenza, che la loro religione non fosse religione bensì empietà, opera del diavolo, intrisa dal peccato, priva di diritto e di leggi – come affermavano i Padri della Chiesa – e che soltanto il monoteismo biblico abbia introdotto nel mondo l’idea di giustizia. Comandamenti e democrazia In ogni caso anche i comandamenti – il cui testo compare nella Bibbia nelle due versioni dell’Esodo e del Deuteronomio – hanno una storia, e una storia tutta umana, almeno all’origine, giacché vennero avanzati da autorità umane per risolvere problemi umani e solo in tempi relativamente tardi finirono sotto l’autorità divina. Dal tipo di espressioni usate e che non sono mai state mutate, è chiaro del resto che tali mandati erano indirizzati a uomini, liberi, proprietari di terre e di bestiame: non a donne, non a bambini, non a schiavi o a lavoratori salariati. Fortunatamente la storia della sua ricezione

ci dice che il decalogo superò ben presto questo gruppo ristretto ed entrò in vigore anche per altri gruppi: bambini, schiavi, braccianti, donne. Seguì anch’esso, per così dire, il cammino della democrazia, riservata alle origini a un gruppo ristretto di maschi, liberi e proprietari, e poi estesasi vieppiù fino a includere quasi tutti quei gruppi originariamente esclusi. Il monoteismo esclusivo Nella democrazia però un padrone non c’è perché tutti sono eguali; nella teocrazia invece sì: c’è un sovrano assoluto ma soprattutto unico, che non tollera la presenza di altri dei quando afferma, nel primo comandamento “Non avrai altro Dio all’infuori di me”, che suona, nella formulazione islamica, “non c’è altro Dio che Dio”. È questa la parola d’ordine del monoteismo esclusivo, la forma religiosa che abbraccia l’uomo nella sua interezza e controlla tutta la sua esistenza, nascita e morte, lavoro e festa. Certo è che il monoteismo sancito dal primo comandamento, con la venerazione esclusiva per un Dio e la negazione dell’esistenza di altri Dei, costituisce un momento rivoluzionario, dal momento che rappresenta se stesso come portatore dell’unica verità autentica che pone tutto il resto in una relazione di non verità: l’altro diventa estraneo e nemico, per l’esattezza nemico del Dio vero, al limite da convertire affinché abbracci la vera fede. Eppure, anche quelli che credevano in un Dio diverso, canta De André, dicevano che in fondo era uguale, “credevano a un altro diverso da te, e non mi hanno fatto del male”.

» di Francesca Rigotti; illustrazione di Mimmo Mendicino

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La liberazione dell’uomo Insomma, non bisogna cadere nella trappola né di coloro che usano la religione per creare nemici immaginari e mobilitare le masse, né dei neoconservatori che avallano l’idea dello scontro di civiltà orientato sul conflitto religioso. Occorre invece concentrare l’impulso iniziale del monoteismo proclamato dal primo comandamento verso la liberazione dell’uomo e la fondazione di un ordine del potere fondato sulla non violenza.


Per una freschezza immediata. Con Betty Bossi potrete sorprendere i vostri ospiti con piatti semplici ed equilibrati a base di raffinati ingredienti freschi. Senza dover tagliuzzare, tagliare

e lavare e le stoviglie, Betty Bossi porterĂ sulla vostra tavola tutto il gusto del Meditterraneo, ad esempio con i Tortelloni agli spinaci e alla ricotta. Buon appetito! s


» testimonianza raccolta da Fabio Martini; fotografia di Reza Khatir

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sente tradito o vive questo come mancata riconoscenza. Lavorare con i giovani significa quindi anche trattare con i loro genitori, perché spesso il problema sta a monte. Certo, noi non ci sostituiamo ai genitori, alla famiglia, ma aspiriamo a diventare un punto di riferimento, un appoggio e un trait d’union fra queste realtà, attraverso la creazione di un rapporto di mutua fiducia. All’inizio, qualche anno fa, forse perché ancora giovane e non toccato dall’esperienza della paternità, avvertivo una certa diffidenza, soprattutto da parte dei genitori, ma poi le cose sono cambiate. Oggi, io e mia moglie abbiamo due bambini, uno di sette e uno Pastore evangelico, scopre la propria di cinque anni. Sia attraverso vocazione durante un viaggio missional’attività pastorale, sia con rio all’estero. Oggi si dedica ai giovani l’associazione “Riparatori di (e ai meno giovani) attraverso l’attivi- Brecce”, cerchiamo quindi di tà pastorale e una vivace associazione creare una rete di riferimento: insieme a un bel gruppo di culturale collaboratori organizziamo alla difficoltà di accettarsi coconcerti e spettacoli, campeggi estivi e inme persone, di comprendere vernali, eventi a cui partecipano oltre 300 la propria identità. Certo può ragazzi… in un’ottica cristiana ma al tempo apparire quasi paradossale in stesso mantenendo una relazione stretta una società contrassegnata con quanto i giovani vivono e sperimentada un eccesso di comunicano sul piano dei gusti e delle esperienze di zione – penso ai telefonini, aggregazione. Abbiamo creato una rivista, agli sms, alle chat… – ma il “Touchdown Magazine”, in cui trattiamo questo è quanto l’esperienza temi legati all’esperienza giovanile, cercando di tutti i giorni mi restitudi proporre un modo semplice e diretto di isce. Il problema sta anche vivere l’esperienza cristiana. Il nostro non è nelle famiglie al cui interno un percorso dottrinale, non siamo né una spesso si crea un distacco, setta né un gruppo chiuso o esclusivo. Ceruna difficoltà di comunicachiamo di offrire soprattutto amore, questo è zione. Spesso i genitori sono essenziale. Temi come la dipendenza – e più eccessivamente coinvolti dalche le droghe il problema riguarda l’abuso le attività professionali, dai di alcol – o la sessualità, centrali in questa problemi quotidiani e i figli fase della vita, vengono affrontati con molta si sentono emarginati mentre franchezza e attenzione. Per esempio, uno c’è da parte loro una grande degli ambiti che trattiamo maggiormente, richiesta di amore, di atteninsieme a mia moglie, è quello delle relazione. Il nostro scopo è quello zioni sentimentali, sia riguardo a coppie di cercare di armonizzare, di molto giovani sia a coppie consolidate che mettere in comunicazione prevedono di unirsi in matrimonio o sono queste due dimensioni che in crisi. In generale, credo che non si faccia certo sono “vicine” anche se abbastanza per i giovani. Le municipalità spesso la distanza è notevole. dovrebbero sforzarsi di creare spazi e situaSto parlando di quella fascia zioni più adeguate e stimolanti. Non è bello di età che va dai 12 ai 17 anvedere i ragazzi bighellonare intorno alle ni e oltre, una fase della vita stazioni con la birra in mano dal pomeriggio essenziale alla definizione del a notte fonda. Servono luoghi d’incontro, proprio sé, della propria idenin cui abbiano la possibilità di esprimersi tità. È una fase di ribellione, liberamente, spazi in cui discutere, in cui di reazione all’adulto, che fare prevenzione. Non si può sempre vietare, in molti casi non capisce, si preoccupandosi solo del decoro pubblico.

Daniele Ventura

Vitae

o 36 anni, sono di Camignolo e vengo da una famiglia del tutto normale: mio papà faceva il macellaio e mia mamma si è occupata della casa e dei figli. Dopo aver frequentato le medie e la scuola di commercio a Bellinzona ho iniziato a lavorare in un ufficio come contabile ma due anni dopo, ne avevo venti, ho avuto l’opportunità di partecipare a un viaggio missionario che prevedeva tre diverse tappe, prima in Francia, poi in Albania e infine a Budapest. È stata questa esperienza a permettermi di aprire gli occhi sul mondo, su ciò che gli altri rappresentano, sulle tante cose che è necessario fare. L’Albania in particolare viveva alla fine degli anni Novanta una situazione particolarmente difficile. Molti giovani cercavano di raggiungere l’Italia, ma venivano respinti. Era il miraggio di una vita migliore, alimentato dalla televisione, da falsi ideali a spingerli. Una volta tornato in Ticino, mi sono sposato e qualche tempo dopo ho iniziato a frequentare la scuola di teologia nel Canton Berna. Durante quei quattro anni, interamente dedicati allo studio e alla maturazione della mia fede, ho messo a fuoco l’essenza della mia vocazione. Mia moglie mi è stata accanto – anche lei è di confessione evangelica –, dato che si è trasferita insieme a me e ha trovato un lavoro. Dopo uno stage pastorale di due anni ed altre esperienze come assistente pastore è giunta l’opportunità di aprire una chiesa evangelica libera a Rivera, che è oggi il luogo in cui svolgo la mia attività pastorale. C’è la tendenza a pensare che l’esperienza religiosa sia qualcosa che riguarda di più gli anziani… in realtà, l’età media delle persone che frequentano la nostra chiesa si aggira intorno ai trent’anni. I giovani hanno bisogno di concretezza proprio perché il principale disagio va ricondotto al senso di solitudine e

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H


Gli sgraffiti dell’Engadina testo di Raffaella Carobbio fotografie di Alessandra Meniconzi

Meravigliosa Engadina! Un mondo sospeso fra le vette, la luce accecante del sole e l’ombra scura dei fitti boschi. Gioco di contrapposizione, di chiari e di scuri, che diventa ornamento delle facciate delle case dei suoi villaggi decorate a sgraffito, una particolare tecnica decorativa che nell’altopiano grigionese ha una tradizione radicata che l’ha resa un elemento distintivo dell’architettura locale


a sinistra: due finestre a Scuol incorniciate da motivi simbolici e propiziatori: il bindé d’uonda dubla o le perle (tra le due finestre) e la rosa selvatica che circonda la finestrella; da quest'ultima potevano facilmente andarsene sfortuna e dispiaceri in apertura: Particolare della facciata di una fattoria di Ardez. Risparmiato dalle distruzioni del 1622, nel 1975 anno europeo della tutela dei monumenti e del paesaggio, Ardez fu uno dei quattro villaggi-modello svizzeri; da allora molte abitazioni sono state restaurate

Dalle colline toscane al giardino dell’Inn: lo sgraffito Lo sgraffito (da “graffiare” o “sgraffiare”) è una tecnica decorativa che consiste letteralmente nel graffiare per mezzo di apposite punte di metallo o legno parti di uno strato superficiale di tinteggiatura o scialbatura a calce. Un procedimento che lascia emergere, a contrasto, lo strato sottostante di intonaco (tradizionalmente si trattava di una malta grigia composta da calce, sabbia e/o altri inerti e “additivi” quali il carbone). È un lavoro compiuto “umido su umido”: sia la scialbatura sia lo strato d’intonaco sono infatti ancora “freschi” e nell’essicazione essi induriscono (carbonatazione), prendendo una consistenza capace di resistere anche alle condizioni climatiche più difficili. Questa

tecnica particolare, usata solitamente per ornare le facciate degli edifici, è conosciuta almeno sin dal Rinascimento. Ne scrive il Vasari nelle Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti (vol. I, cap. XXVI): “Hanno i pittori un’altra sorte di pittura che è disegno e pittura insieme, e questo si domanda sgraffito e non serve ad altro che per ornamenti di facciate di case e palazzi, che più brevemente si conducono con questa spezie e reggono all’acque sicuramente, perché tutti i lineamenti, invece di essere disegnati con carbone o con altra materia simile, sono tratteggiati con un ferro dalla mano del pittore”. Dalla Toscana, lo sgraffito giunse nei Grigioni: introdotto già attorno agli inizi del XVI secolo, dopo l’oscuro periodo della Guerra dei trent’anni che portò alla distruzione di molti vil-


foto in alto: sulla facciata di un’abitazione di Ardez la ritscha (attenzione, non è una sirena ma una ninfa) con le sue due code tra le anfore contenenti l’aua da la vita foto in basso: le finestre di questo edificio sono decorate con la tipica conchiglia e le perle ai due lati del portone, in alto si trovano due stelle a sei punte (o di Venere): proteggono gli orti e rappresentano la forza creatrice, il principio femminile

laggi della Bassa Engadina, raggiunse l’apice della diffusione nei secoli XVII e XVIII. “Dal nuov il bel vulain tcherchar, dal vegl il bel eir conservar” “Del nuovo il bello vogliamo cercare, del vecchio il bello vogliamo conservare”: così recita un’iscrizione tradizionale che decora la facciata di una casa di Lavin, nella Bassa Engadina. E, passeggiando per i villaggi engadinesi, di bellezza se ne incontra parecchia (certo una bellezza fragile, sempre più assediata dal turismo e dalle sue sproporzionate pretese). Uno degli aspetti che più colpiscono è l’accuratezza delle facciate delle abitazioni: a volte le decorazioni ornano portoni, finestre e sottotetti; altre volte occupano l’intera facciata

dando vita a vere e proprie raffigurazioni sceniche (un esempio quello della Chasa Dumeng Claglüna ad Ardez). Sempre però raccontano l’amore per la casa, luogo dell’abitare, nei suoi differenti aspetti e nelle sue complesse relazioni: fra il “dentro” le mura domestiche e il “fuori” (i campi, gli alpeggi ecc.); fra mondo reale e immaginario; tra passato, presente e futuro. Occorre osservare meglio queste abitazioni: non limitiamoci a considerarne solo l’aspetto estetico e la tecnica pittorica. Le decorazioni che le abbelliscono sono l’alfabeto in cui l’artista ha tracciato il legame che corre tra gli abitanti di queste case e la loro Weltanschauung. Un alfabeto in cui ogni elemento ornamentale acquisisce anche un valore simbolico che va decifrato: allora i disegni, le greche e le figure cessano


a sinistra: “Che bello tornare a casa la sera all’imbrunire nel cortile già si diffonde il profumo del pane appena sfornato” ringraziamenti: un sentito grazie a Giorgia Voneschen per l'aiuto nella traduzione dal romancio e per avermi insegnato a osservare meglio le facciate delle case della sua bella Engadina

di essere solo degli addobbi e iniziano a parlarci e a condividere con noi i loro segreti. Misteriosi simboli popolari Sono disegni antichissimi, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Un esempio: è facile incontrare sulle facciate engadinesi il bös-ch da la vita (l’Albero della vita) che simboleggia la forza creatrice, la protezione divina e la fortuna. E che spesso è raffigurato con le radici affondate in un vaso contenente l’acqua della vita o in un calice (simbolo eucaristico) oppure in un cuore (organo vitale e centrale). In queste decorazioni riecheggiano auguri e auspici di fecondità e prosperità, condizioni irrinunciabili per un mondo rurale (come poteva esserlo, in passato, quello engadinese) la cui sopravvivenza dipendeva dalla generosità della

terra, del clima e dall’acqua. L’acqua, elemento vitale, primordiale e salvifico, accomuna due decorazioni tra le più ricorrenti: la ritscha, ninfa dalle due code di pesce, protettrice dell’acqua e dei pesci (in Engadina si augura ai pescatori bütscha – ossia “bacia” – la ritscha, gesto propiziatorio e dimostrazione di rispetto e gratitudine); e il bindé d’uonda dubla (o chan e leivra): una doppia fascia di onde che rappresenta l’acqua corrente e il flusso del tempo con il ricorrere di vita e morte. È un simbolo presente in tutte le culture (dalle Americhe all’Oriente), qui integrato alle tradizioni, agli usi e alle credenze popolari locali. Lo si trova spesso dipinto sul sottotetto delle abitazioni: infatti, era uso, quando qualcuno moriva, svuotare la casa dall’acqua e il bindé garantiva alle anime dei morti di trovare comunque l’acqua in cui purificarsi.


La vecchia guardia? I giovani scalpitanti? Entrambi?

La vita ci chiama a decidere. Come l’allenatore della Nazionale Ottmar Hitzfeld,

nella vita anche voi siete costantemente chiamati a decidere. Seguire una nuova formazione, mettersi in proprio o fondare una famiglia? Le nostre soluzioni previdenziali flessibili con garanzia a scelta vi assistono in ogni situazione e si adeguano a ogni decisione importante. Sempre con le eccellenti opportunità di rendimento e l’elevata sicurezza dello specialista leader in materia di previdenza. Rivolgetevi ai nostri esperti. www.swisslife.ch


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unque, per il bagno Ti guardavi attorno ripassando le misure del tuo trilocale e realizzavi subito che se acquistassi scelgo quella stula vasca idromassaggio da mettere in camera dovresti accamparti sul balcone per dormire, (il penda vasca idrobagno da sei metri quadrati non è da prendere nemmeno in considerazione, lì di cromoterapico massaggio, con cromopotresti farti al massimo un pediluvio). terapia e otto posti a “Lo comprerei, ma dove lo metto? Non ci sta”. Ecco il grande dilemma, nonché massima frusedere; il mobile cucina strazione di molti visitatori che si soffermano ad ammirare un eccezionale pezzo d’arredamento deve avere il piano cotin mostra, pensando alle reali dimensioni di casa propria. tura a induzione per sei Alcune ingegnose soluzioni a questo problema erano però esposte in una sezione particolare del pentole e una batteria di Salone del Mobile, il Salone Satellite, dedicato ai designer più giovani e promettenti. Circa 700 fra scaffali e cassetti da far i migliori creativi under 35 di tutto il mondo sono infatti stati invitati a esporre i loro progetti invidia a un grand hotel; a Milano e molti hanno presentato soluzioni salva-spazio innovative e originali, pensate anche in sala vorrei quel sonper le più ridotte soluzioni abitative. tuoso tavolo in cristallo per venti persone e un divano per cinque con pouf e chaise longue”. Bastava una passeggiata fra gli stand dell’ultimo Salone Internazionale del Mobile a Milano e in meno di un’ora avevi creato virtualmente la casa dei tuoi sogni, scegliendo fra le innumerevoli novità lussuose, ipertecnologiche e dal design mozzafiato. Ma poi al rientro a casa (quella vera) l’illusione si sbriciolava in un attimo.

Tendenze - p. 46 di Giorgia Reclari

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Lo studio Diciannove Dieci Design di Roma propone Disambigua, un’originale vasca da bagno che si capovolge ruotando su se stessa e si trasforma in lavabo. Due elementi indispensabili in uno spazio unico e che dipendono da un solo rubinetto. Una soluzione che unisce funzionalità ed estetica è invece Picture Table (o anche Mirror Table) della designer austriaca Vera Lang, fondatrice di Ivydesign: si tratta di un quadro o di uno specchio che si stacca dalla parete e si abbassa a formare il piano di un tavolo, mentre parte della cornice crea le gam-

GRANDi

iDEE


Opera prima cinematografica dello stilista Tom Ford, ispirata all’omonimo romanzo dello scrittore inglese Cristopher Isherwood, pubblicato nel 1964, A Single Man narra l’ultimo giorno di vita di George Falconer, un professore di origine inglese docente di letteratura in un college californiano. Anticipato da un notevole battage pubblicitario che lo annunciava come un’opera animata da una vera e propria ossessione estetica, in realtà il film non si limita affatto all’esercizio di una pura ricerca formale. Certo, la cura estrema per i particolari, la ricostruzione degli ambienti, la focalizzazione sul personaggio di Falconer, magnificamente interpretato da Colin Firth nel ruolo dell’attempato dandy, sono aspetti che non possono

Visioni sfuggire allo spettatore. Ma a dominare non è l’eleganza delle atmosfere ma piuttosto i temi dell’amore e della vita che si intrecciano drammaticamente lungo l’intero corso della fatidica giornata. L’antecedente è rappresentato dalla tragica morte, in un incidente stradale, del compagno del professore con cui questi viveva da sedici anni un’intensa relazione omosessuale. Incapace di elaborare il lutto, disilluso dal rapporto con gli studenti, Falconer, che descrive i propri giorni come immersi in una nebbia da cui è impossibile scorgere il futuro, decide di pianificare la propria morte programmandola alla fine di una normalissima giornata di lavoro. Il fatto è che proprio nel corso di quella giornata avviene una serie di incontri cruciali – con un

ragazzo spagnolo giunto in California in cerca di fortuna, con un suo studente che sta scoprendo cautamente il proprio orientamento omosessuale, con l’amica intima Charly (Julianne Moore) con cui in passato Falconer ha avuto una relazione – che finiscono per capovolgere la sua percezione della vita e, di conseguenza, il suo progetto suicida. Emerge infatti in lui la consapevolezza che gli altri, pur con i loro limiti e le loro paure, rappresentano un motivo più che valido per continuare a vivere. Come ha spiegato in una recente intervista lo stesso Ford, il personaggio di Falconer, nel momento in cui “si sente vicino alla fine della sua esistenza, capisce la bellezza della vita. Trova la serenità”. A parte qualche piccola

Costipazione? Dormiteci sopra.

A Single Man di Tom Ford (USA, 2010)

ingenuità – per esempio, le intensificazioni di colore durante gli incontri nel corso della giornata –, il film è un invocazione sincera e misurata all’amore e alla ricerca di una più profonda autenticità nelle relazioni.

» di Fabio Martini

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Sfide

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Ian Curtis e la vita Il 18 maggio del 1980, trent’anni or sono, il corpo del cantante del gruppo britannico Joy Division veniva trovato esanime. Suicidio o fine predestinata?

Il suicidio è una sconfitta personale ma, soprattutto, un atto di violenza rispetto al valore della vita. E qui il credo religioso c’entra poco. Se poi la decisione di “farla finita” trae linfa dal substrato sesso, droga e rock’n’roll, ecco che il suicida entra di diritto nell’olimpo della mitologia contemporanea. Chi era Ian Curtis? Seguendo le vicende narrate nel lungometraggio Control (2007) del regista Anton Corbijn – a sua volta basato sulla biografia Così vicino, così lontano scritta dalla vedova Deborah –, Curtis era un giovane proletario dei sobborghi di Manchester, luoghi poco ospitali in quei conflittuali anni Settanta antecedenti l’avvento del governo Thatcher. Fra le scorciatoie per fuggire da quartieri come Salford – un inferno di noia e droghe, aree abbruttite “in modo sistematico dalla rivoluzione industriale, confinate nel digradare delle brughiere”; parole di Jon Savage, storico delle sottoculture punk –, la musica rappresentava una apparentemente facile via d’uscita. Siamo nel 1977: Curtis entra in contatto con i neonati Stiff Kittens (poi diventati Warsaw), gruppo formato da Bernard Albrecht, Peter Hook e Stephen Morris. Da tempo la nuova musica dei kids inglesi, il punk, aveva tracimato le barriere dei media e lo storico concerto al 100 Club di Londra del settembre 1976 con Clash, Damned, Buzzcocks ecc. ecc. aveva costituito il punto di non ritorno. Visto il gran “puzzo di denaro”, l’industria discografica si era mobilitata già da qualche mese, e nel corso del 1976 la EMI aveva messo sotto contratto discografico quattro “disperati”, tali Sex Pistols che, sotto l’attenta guida di Malcolm McLaren (scomparso lo scorso 8 aprile) e di Johnny Rotten (poi fondatore dei PIL), escono in quel lontano novembre con il singolo “Anarchy in the U.K.”. Insomma, è il momento per salire sul carrozzone “buono” e i Warsaw, una decina di brani in repertorio, suonano dal vivo tra Manchester e Liverpool. Li nota la RCA che propone loro la registrazione di un disco; come detto, tutte le grandi etichette sono alla ricerca di gruppi dalle sonorità punk da produrre, terrorizzate all’idea di lasciarsi fuggire possibili “galline dalle uova d’oro”. Certo, lo sfortunato matrimonio tra Sex Pistols ed EMI suggeriva a tutti prudenza. Tanto che, quasi terminate le registrazioni in studio a nome Warsaw (maggio 1978; 11 brani seminali poi apparsi in svariati bootleg), tutto si ferma per “incompatibilità stilistiche”. Un mese più tardi il gruppo decide comunque di uscire con

quello che sarà il loro primo lavoro ufficiale: è l’Ep An Ideal for Living dalla controversa (e “furbetta”) copertina che riproduce un tamburino del Terzo Reich. Il gruppo ha forse simpatie naziste...? Chissà: la storia narra che di lì a poco la band si ribattezza Joy Division – le Divisioni della Gioia, le baracche dove le giovani deportate nei campi di sterminio erano costrette a prostituirsi – e i testi di Curtis si fanno sempre meno “di lotta”, sempre più introspettivi. Due anime che trovano la loro piena maturazione nell’inarrivabile Unknown Pleasures (1979), il primo storico album uscito per la Factory Records. Secondo la più diffusa “teoria” sulle ragioni del suicidio di Ian Curtis, proprio nei suoi testi sarebbe da ricercare l’escalation depressiva che portò un giovane uomo di 23 anni, padre di una figlia, un matrimonio fallito alle spalle, a togliersi la vita. E la ricerca di frasi e immagini di morte nelle sue liriche è ed è stata per molti recensori del gruppo uno degli esercizi più “piacevoli”. Purtroppo, il macabro gioco tra finzione e realtà, arte e vita quotidiana, sfuggì al controllo degli stessi protagonisti: non si spiega altrimenti il cattivo gusto che portò a scegliere quale copertina del secondo lavoro del gruppo (Closer, luglio 1980) una pur notevole opera funeraria presente nel cimitero di Staglieno (Genova). Purtroppo, Ian si impiccò prima dell’uscita dello stesso disco, ma tutti si difesero assicurando che la scelta “ben poco augurante” era stata fatta molto prima del tragico gesto. Sarà, rimane il fatto che nella ristampa a 12 pollici del più noto brano della band – “Love will tear as apart”, giugno 1980; il singolo in formato 7 pollici ha una grafica diversa ma sempre “tombale” – compare un angelo caduto, un’altra opera funeraria... Forse l’ennesimo “scherzo” del solito crudele destino? Su Curtis, giovane vittima di un successo artistico imminente, malato di epilessia (con la quale lui stesso pareva giocare sul palco), depresso e succube dei farmaci, ancora oggi veleggia lo spirito del figlio sacrificato sull’altare dell’Arte. Era ciò che lui si augurava? Immaginate quante maledizioni ha scagliato e ancora oggi lancia a tutti quei gruppi che, per gonfiare il loro conto bancario – e profilarsi musicalmente “acculturati” e distinguersi dall’imbarazzante spazzatura musicale che ci sommerge –, citano il suo nome quale fonte d’ispirazione. Parafrasando i Sex Pistols, diremmo: “Dio salvi Ian Curtis e il regime fascista” che ha fatto di un uomo fragile un’icona in vendita.

» di Giancarlo Fornasier; nell’immagine: Ian Curtis e l’ecografia di un feto

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Letture sperimentale Low (1977) – e quello di Marc Bolan & T-Rex. A questo lato più luccicante e modaiolo (il glam era il tipico suono “commerciale” del periodo) si contrappose sin dal 1976 la musica “ruvida” del primo punk inglese. Per la verità, il falso storico che attribuisce agli amici d’Oltremanica l’invenzione dei “due accordi due” e del furore musicale “rozzo” è confermato dalla storia e dai fatti. Una manciata di nomi per capirci: lo sterminato numero di gruppi dal suono acido e “sporco” che dominavano la scena americana alternativa degli anni Sessanta – per saperne di più vi invito a seguire qualche dritta del buon dj Monnezza direttamente dalla nostra Rete Tre –, i proto-punk The Stooges (formatisi nel 1967), spavaldi teppistelli di Detroit guidati

dall’indomito Iggy “iguana” Pop e, a seguire, i loro parenti stretti MC5. Non da ultimi i classici Ramones, musicalmente attivi sin dal 1974... È opinione diffusa considerare proprio il quartetto Morrison, Reed, Iggy e Bowie come la vera anima di tutto il suono “alternativo” che ancora oggi i media ci propinano: il pop forse non sarebbe esistito senza Elvis e i Beatles, così come il rock avrebbe suoni diversi senza gruppi come i citati Stooges e i Velvet. Ma a quest’ultimi va forse un merito in più: quello di avere trovato la chiave per sdoganare la musica delle sottoculture giovanili, insinuandola nel mondo colto dell’Arte. La fallica “banana sbucciabile” disegnata da Andy Warhol che campeggia sul primo album della band (1967), ancora oggi

Johan Kugelberg (a cura) The Velvet Underground. Arte e Musica a New York Rizzoli, 2009

rappresenta una tale rottura e provocazione rispetto al passato da essere assurta a “icona rock”. E i Velvet Underground “il gruppo più imitato al mondo”, anche dai compianti Joy Division. Per rendervene conto gettate un’occhiata al prezioso e illustrato volume...

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Tra i nomi più gettonati nel tentativo di delineare i tratti stilistico-musicali dei Joy Division (vedi articolo a lato), due sono i gruppi significativi: i californiani Doors con il loro suono lisergico e un po’ garage (si veda in particolare il primo capolavoro datato 1967, e i testi “intimi” di Jim Morrison); a questi fanno da contraltare i metropolitani Velvet Underground, newyorkesi, “viziosi”, minimali (e spesso molto rumorosi) guidati da Lou Reed e John Cale. Ma le influenze musicali di Ian Curtis affondavano le radici in tutta la musica degli anni Settanta, in particolare nel suono tipicamente glam e patinato di David Bowie – ricordiamo qui lo scrigno sonoro The rise and the fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (1972) e il più

» di Giancarlo Fornasier

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Astri toro

gemelli

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Nella seconda settimana di maggio, occasioni per la ricerca di un partner. Marte agirà con un forte aumento degli impulsi sessuali. Relazioni basate su gioco, complicità e attrazione fisica. Riposatevi.

Grazie a Mercurio potrete ricevere un’importante notizia che aspettavate da diverso tempo. Carisma e capacità persuasive in forte crescita per la congiunzione della Luna tra il 13 e il 14 maggio.

A partire dalla seconda settimana di maggio risveglio degli istinti sessuali promosso dai transiti di Marte e di Venere. Favoriti gli incontri tra il 10 e il 12 maggio. Evitate di parlare a sproposito di altre persone.

Turbamenti e disguidi per i nati nella prima decade. Una vecchia questione ritornata improvvisamente alla ribalta potrebbe divenire fonte di discordia all’interno di un rapporto di coppia ben collaudato.

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bilancia

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A partire dalla seconda settimana di maggio la quadratura con Mercurio riguarderà soprattutto i nati nella prima decade. Problemi professionali provocati dall’insorgere di una vecchia questione patrimoniale.

Esperienze intellettuali intense per i nati nella prima decade favorite dal moto retrogrado di Mercurio. Tra il 13 e il 14 maggio grazie a un ottimo transito lunare potrete ristabilire una maggiore sintonia con voi stessi.

Grazie ai buoni transiti di Marte e di Venere potrete dedicarvi alle attività preferite: l’amore e la ricerca del bello. Incontri con persone con una forte dominante mercuriale. Momento favorevole per i più creativi.

Tra il 13 e il 14 maggio la Luna si troverà in opposizione. Questo aspetto assieme ai moti di Mercurio potrebbe essere fonte di un qualche malumore in ambito professionale e lavorativo. Evitate polemiche inutili.

sagittario

capricorno orno

acquario

pesci

Tra il 10 e il 12 maggio i vostri cieli saranno baciati da una magnifica Luna. Atmosfere romantiche in compagnia del partner. Per i nati nella terza decade prosegue la fase introspettiva.

Tra il 13 e il 14 maggio le vostre attività saranno positivamente influenzate dalla Luna. Se dovete risolvere una vecchia questione approfittatene perché questa congiuntura astrale è per voi ideale.

Disguidi verbali per i nati nella prima decade indotti dai moti di Mercurio. Vita sentimentale in crescita per i nati nella seconda decade. Il lavoro continua a essere svolto in maniera frenetica. Piedi a terra, occhi al cielo.

Scarsa voglia di lavorare e maggiore autoindulgenza. Soprattutto per quanto riguarda il vostro regime alimentare. A partire dal 12 maggio la quadratura di Venere inizierà a interessare i nati nella terza decade.

» a cura di Elisabetta

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Schema realizzato dalla Società Editrice Corriere del Ticino

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1. Nota canzone di E. Bennato • 2. Ceduta, venduta • 3. Sporchi • 4. Arto pennuto • 5. Un colpo di pietra • 6. Lo rispetta l’autista • 7. Le Lipari • 8. Due romani • 9. Elevate • 13. Il noto da Todi • 16. Non è facile da risolvere! • 21. Una scuola primaria • 23. Due nullità • 25. Panciotto • 26. Le segnano le lancette • 28. Estenuare • 31. Isola corallina • 32. Quello svizzero è rinomato • 39. Colpevolezza • 41. La serva di Abramo • 42. Sbarbati • 45. Anno Domini • 47. Le iniziali di Guttuso.

Verticali

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1. È detta anche anemia mediterranea • 10. Il lamento del lupo • 11. Articolo maschile • 12. Grossi fiori gialli • 14. Colpevoli • 15. Osservare di nascosto • 17. Lo stato con Benares • 18. Torna sempre indietro • 19. Lamenti poetici • 20. La bevanda che si filtra • 22. Il fiume di Bottego • 24. Cons. in liuto • 25. Un’andatura del cavallo • 27. Vi sosta la carovana • 29. Paladini • 30. Genere musicale spagnolo • 33. Segno zodiacale • 34. Spagna, Austria e Romania • 35. Prive d’accento • 36. L’antico Eridano • 37. Il nome di Chaney • 38. Le iniziali di Toffolo • 39. Corolla centrale • 40. Abbassare • 43. Gli astucci dei sarti • 44. Si detrae dal lordo • 46. Ispirazioni • 48. Pianta rampicante • 49. Un personaggio dell’Otello.

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A quale romanzo appartiene il seguente finale? La soluzione nel n. 21. Al vincitore andrà in premio “La stagione di Semionico” di Giovanni Rossetti, Armando Dadò editore (2010). Fatevi aiutare dal particolare del volto dell’autore e inviate la soluzione entro giovedì 13 maggio a ticino7@cdt.ch oppure su cartolina postale a Ticinosette, Via Industria, 6933 Muzzano.

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“L’ulivo è un albero universale che rispecchia la vita di ogni uomo. Nessuno infatti, sulla Terra, dallo spazzino al rè, è immune dal dolore che piega l’animo e contorce i giorni fino al limite estremo. E allora, nel momento dell’ultimo passo, dove tutto torna nel nulla e tutto il “legno” che abbiamo accatastato nella vita non avrà più alcun valore, si dovrebbe pensare all’ulivo e cercare di imitarlo, andando via da questo mondo con dignità e in silenzio”. Il premio

mente, in particolare se questa è una giovane donna e oltretutto portatrice di “fascino e dolcezza”. Per saperne di più vi rimandiamo a Ticinosette n. 10/2010. Le soluzioni verranno pubblicate sul numero 21.

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“Nulla. Nulla, quella sera, lasciava presagire l’inizio della stagione che avrebbe sconvolto Semionico. La notte era giunta come tutte le altre, in punza di piedi...”. Quanti cambiamenti potrà mai portare una maestra appena giunta in una piccola comunità? Molti, natural-

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Nella vita c’è molto di più di una Volvo. C’è l’ultima notte in due. E l’inizio di una nuova vita in tre.C’èilprimosorriso.Ilprimobiberon.Ilprimo dentino. La prima notte in bianco. Il primo passo. E la fine di un periodo in cui la sicurezza è secondaria. Ecco perché ne guidi una.

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