Ticino7

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36 numero

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L’appuntamento del venerdì

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R EPORTAGE Alfa Romeo AGORÀ Ville storiche

Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Tessiner Zeitung

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con Teleradio dal 5 all’11 settembre

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L’energia della natura sempre a portata d di mano.


numero 36 3 settembre 2010

VALENTINA GERIG . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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MARISA GORZA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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DUCCIO CANESTRINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Agorà Edilizia in Ticino: ruspe e vista lago Salute Odontoiatria. If you just smile...

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Impressum

Mundus Shakti, l’eterno feminino

Tiratura controllata

Vitae Suzanne Brughelli

Chiusura redazionale

Reportage Museo Alfa Romeo. Cento anni da rossa

Editore

Tendenze Caschi e moda. Salviamoci la testa... con stile!

89’345 copie (72’303 dal 4.9.2009) Venerdì 27 agosto Teleradio 7 SA Muzzano

Direttore editoriale Peter Keller

Redattore responsabile

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CHIARA PICCALUGA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DI

R. ROVEDA; FOTO DI R. KHATIR. .

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MARISA GORZA . . . . . . . . . . . . .

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Fabio Martini

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Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Arese. Il “Rosso Alfa” della 1900 C52 “Disco Volante” (1952) con carrozzeria Touring Superleggera Fotografia di Reza Khatir

Democrazia killer? Cari lettori, la notizia circolata due settimane fa relativa a un’iniziativa – in seguito ritirata – per la reintroduzione della pena di morte negli omicidi a sfondo sessuale in Svizzera ha certamente suscitato reazioni diverse e contrapposte oltre al commento degli editorialisti più accreditati. Secondo i commentatori, il comitato promotore ha voluto, con questo rapido blitz mediatico, sottolineare il disagio di numerosi cittadini di fronte a una giustizia che appare eccessivamente garantista nei casi più gravi e sanguinosi, mentre nei confronti dei piccoli reati esercita una rigida e inflessibile applicazione delle norme. Premesso che l’analisi e la valutazione di un crimine grave, come un omicidio a sfondo sessuale, richiede la messa in atto di dispositivi tecnici, analitici e giuridici ben più complessi rispetto a reati di minore entità, per esempio un’infrazione stradale o un semplice furto in un supermercato; premesso, poi, che la Svizzera aderisce alla Convenzione europea sui diritti dell’uomo e ha rinunciato alla pena di morte sia nella giurisdizione civile sia in quella militare, perché ricorrere di nuovo a questa forma di condanna? Il Comitato promotore, nel testo presentato, definisce la pena di morte “giusta e logica”, considerandola come la “soluzione a numerosi problemi”. Questo orientamento, al di là delle più ovvie considerazioni di natura etica e religiosa, non rappresenta forse una totale rinuncia agli strumenti offerti dal diritto e dalla politica? Perché, per esempio, anziché riproporre una pratica omicida e barbarica – a cui peraltro ricorre oltre la metà delle nazioni del mondo – non promuovere, sempre attraverso lo strumento referendario,

la richiesta di un inasprimento delle pene per quel tipo di reati? La proposta di reintroduzione della pena capitale è sintomo certamente di una condizione di disagio, come ha sottolineato Giancarlo Dillena in un suo editoriale (“CdT” del 26 agosto), ma al contempo essa rivela uno scollamento dai più basilari princìpi morali e civili, premessa di una sottile ma non troppo celata aspirazione all’autoritarismo (è sufficiente leggere la lista dei paesi “cattivi” per avere un rapido riscontro). L’interruzione di una vita – omicidio, è il termine proprio – non ha infatti nulla a che fare con il diritto e la legge, anche nel caso dei crimini peggiori e più efferati. Se il killer seriale, il criminale di guerra, il pedofilo omicida sono al sicuro in carcere, perché addossarsi la responsabilità del loro assassinio? La pena di morte, oltre a non rappresentare un deterrente, è un totale controsenso le cui motivazioni affondano nella frustrazione e nella paura, sentimenti da sempre utilizzati per fini puramente politici ed elettorali. Ma l’iniziativa appena ritirata suggerisce un ulteriore interrogativo che in passato sulle pagine di Ticinosette abbiamo già posto: è corretto sottoporre al giudizio popolare materie giuridiche di questa natura? In altre parole, il ricorso sistematico allo strumento referendario non può finire per rappresentare, almeno per determinati quesiti, un limite anziché un vantaggio sul piano dell’esercizio della democrazia e dei diritti nel nostro paese? La volontà popolare è sacrosanta ma va espressa all’interno di una solida cornice costituzionale in grado di tutelare gli interessi generali e particolari degli individui. Cordialmente, Fabio Martini


Edilizia in Ticino: ruspe e vista lago

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Agorà

Villa Branca a Melide è solo una delle ultime della lista, l’ennesimo abbattimento che dimostra come gli edifici costruiti a cavallo tra ’800 e ’900 siano il bersaglio preferito delle ruspe ticinesi. Ma per quale ragione la nostra tradizione architettonica sta scomparendo all’ombra di palazzi dai sette piani in su...?

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e ruspe arrivano alla fine. I primi segnali di un destino già segnato sono i paletti e il cartello con l’immagine improbabile della nuova abitazione, moderna, prestigiosa, elegante, “vista lago assicurata”. Villa Branca a Melide è solo l’ultimo esempio: è stata abbattuta in pochi giorni, in un giugno di Mondiali sudafricani. Paradossalmente, l’Articolo 15 della Legge del 1997 per la Protezione dei beni culturali suggerisce: “Chiunque scopra un bene culturale degno di protezione è obbligato a informare immediatamente il Municipio o il Consiglio di Stato”. Ebbene, le richieste per salvare Villa Branca ci sono state, ma niente da fare: di fatto ora stanno costruendo cinque blocchi abitativi per un totale di 49 appartamenti e 100 posteggi interrati. Il passato e la tradizione architettonica di Melide sono stati cancellati dalle ruspe e rimarranno impressi solo nelle illustrazioni di volumi da biblioteca e nelle cartoline dei mercatini d’antiquariato.

Una “moda” per nulla recente Ma Villa Branca, come dicevamo, non è un affatto un caso isolato. Già nel 2008 la “Neue Zürcher Zeitung” aveva parlato di “Strage di ville in Ticino”. Sono passati più di due anni e nulla è cambiato: le ville d’epoca liberty, con un’architettura e finiture pregevoli, caratteristiche di un periodo che va dalla fine dell’Ottocento all’inizio del Novecento, sono oggetto di demolizioni sempre più frequenti. A volte l’abbattimento imminente riesce a sollevare un piccolo “polverone” fra chi cerca di difendere il patrimonio architettonico del Cantone. In altri casi, invece, sono semplici edifici privati caratteristici di un paesaggio che sta pericolosamente scomparendo all’ombra di palazzi dai sette ai nove piani con vista lago. Giulio Foletti, responsabile del Servizio inventario dell’Ufficio beni culturali di

Bellinzona ci spiega: “Nel Canton Ticino ci sono circa 2500-3000 ville e case costruite tra il 1800 e il 1930”. Abbastanza, come suggerisce lui stesso. Già, ma ancora per quanto? L’architetto Riccardo Bergossi, vicepresidente della Società ticinese per l’arte e la natura (STAN; www.stan-ticino. ch) che si occupa dal 1908 della tutela del patrimonio architettonico e paesaggistico del Cantone, ci viene in aiuto nel capire qualcosa di più sulla emblematica vicenda di Villa Branca e sul perché le proteste siano rimaste inascoltate: “Ne abbiamo parlato diverse volte su Il nostro Paese (la rivista trimestrale pubblicata dalla STAN, ndr.). Gli Uffici cantonali preposti alla tutela dei beni – ovvero l’Ufficio dei Beni Culturali e il Dipartimento del Territorio – avevano segnalato che Villa Branca era un bene da tutelare a livello comunale, non però a livello cantonale. È una distinzione importante, che risale alla Legge per la protezione dei beni culturali, approvata nel 1997. I beni culturali di interesse cantonale, salvo poche integrazioni, erano già protetti da una legge vigente dagli anni Quaranta, ma dovrebbero aggiungersi a questa lista i beni di interesse comunale, cioè tutelati direttamente dai Comuni”, spiega Bergossi.

Il rimpallo delle responsabilità Dunque, il Cantone e gli enti predisposti alla tutela segnalano gli oggetti di interesse ma non hanno alcun potere decisionale. Il Comune ha quindi l’ultima parola…? “Le competenze della Commissione dei beni culturali sono stabilite dalla Legge del 1997: il suo preavviso è importante ma non esclusivo” spiega ancora Giulio Foletti. “Il processo di protezione dei beni culturali è complesso. Si tratta di raccogliere tutte le informazioni possibili sull’edificio da tutelare: storiche, artistiche ma anche amministrative ed economiche. Poi bisogna avviare le procedure pianificatorie che codificano la protezione di un


La soluzione? Naturalmente una questione politica…

patrimonio architettonico tradizionale, per quegli edifici che incantavano e incantano ancora oggi tanti turisti e appassionati? La perplessità è legittima, vista la tendenza opposta, in molti paesi, a valorizzare gli stabili d’epoca, anche se da ristrutturare. L’architetto Bergossi dà una sua interpretazione: “Noi vediamo che ci sono proteste, poi la cosa finisce lì. A livello comunale e cantonale ci sono politici che con interpellanze agiscono in favore dei beni culturali, ma sono in pochi. Forse questa è proprio una differenza culturale con altri Paesi in cui le cose vanno in modo del tutto diverso. La ricchezza del Ticino è legata anche ai capitali investiti in questo settore”. Giulio Foletti non smentisce la nostra impressione: “A oggi molti piani regolatori non prevedono la conservazione di questo tipo di patrimonio, per lo più ottocentesco e novecentesco, riflettendo un certo tipo di sensibilità politica-culturale tipica del Ticino degli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso. Le cose, come dimostra il caso di Lugano e di altri comuni, stanno tuttavia cambiando: la vera questione è sapere come le singole comunità locali vogliono il loro territorio…”. La risposta, almeno per ora, sembra poco confortante.

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Chiediamo all’architetto Riccardo Bergossi quale sarebbe, a suo parere, la

soluzione legislativa/governativa per proteggere maggiormente gli edifici: “Il problema è proprio legislativo, perché, anche se un bene è segnalato, il Comune non è obbligato a prendere misure per tutelare l’edificio indicato, e può ignorare completamente la prescrizione del Cantone. Ora è tutto un passarsi la responsabilità tra uffici cantonali e comunali. Ma il caso di Villa Branca è emblematico. La domanda d’obbligo è: la sorte di un edificio di quel valore culturale può essere lasciata alle scelte politiche di un comune di 1500 abitanti?”. Giriamo il quesito a Moreno Celio, responsabile della Sezione dello sviluppo territoriale del Canton Ticino, che sostiene: “Bisogna distinguere tra due categorie: i beni culturali che rientrano nel patrimonio del Cantone e quelli di interesse sul piano locale. Per la prima il Cantone ha potere decisionale e competenza, mentre per i beni locali l’ultima parola spetta al Comune”. Sulla possibilità di un cambiamento futuro di questo meccanismo, Celio dichiara: “Non c’è ancora una direzione precisa ma il dibattito politico è in corso ed è particolarmente vivace”. Argomento attuale, per fortuna. Ma con ogni probabilità il fulcro della questione è un altro: c’è davvero in Ticino un interesse per il

» di Valentina Gerig

edificio o manufatto, ovviamente con la collaborazione dei comuni che gestiscono il territorio su cui sorge il bene culturale. Per Villa Branca si è seguito questo iter. È una trafila molto democratica: in conclusione il Comune di Melide ha deciso che non valeva la pena conservarla”. E sul perché, nella questione Villa Branca, prima della sua demolizione sia stata approvata una variante di piano regolatore della proprietà, l’architetto Bergossi dice: “È stata attuata, nonostante le indicazioni sulla opportunità di proteggere la Villa fossero già note. La variante di piano regolatore è stata promossa dai proprietari e approvata dal Comune e dagli uffici cantonali e di fatto ne ha favorito la demolizione. La STAN si era opposta sollevando proprio la questione del pregio dell’edificio, ma inutilmente. Varianti di questo tipo vengono portate avanti per proprietà importanti quando si ritiene che ci sia un vantaggio urbanistico. Evidentemente Villa Branca non era considerata per quello che invece rappresentava: un patrimonio di Melide”.

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si nascondono alla vista. Sono in un materiale biocompatibile e, grazie a una tecnologia avanL’attrice America Ferrera nei panni di Ugly Betty, dall’omonimo serial tv zata, sono molto più piccoli e poco ingombranti per la lingua”. Sorridere è socialmente cor- adorabile (ma bruttina) Ugly Dottoressa, ma possono dare fastidio? roborante e contagioso. Può Betty? Come la mettiamo con “Solo un po’, appena applicati; ma ciò si risolve essere perfino auto-terapeu- la vita sociale e privata di un nel giro di 24/36 ore. L’eloquio non subisce né tico: se al mattino ti guardi adulto? impedimenti né inibizioni. La tecnica è basata allo specchio e sorridi alla tua “Chi è disinvolto porta gli attacsugli stessi principi biomeccanici e sugli obiettivi immagine, ecco che la giorna- chi d’acciaio senza particolari estetici di quella tradizionale”. ta parte con più ottimismo. problemi, come un male necesSignora Motta, da quanto tempo viene usata Ma se il nostro sorriso non è sario. Ma il timido, o chi svolquesta tecnica? “esteticamente” piacevole, se i ge attività di relazione con il “Da circa dieci anni, ma è rimasta per molto denti sono storti, disallineati, pubblico, può sentirsi a disagio. tempo di nicchia per via di pregiudizi e perché accavallati, sporgenti, retrusi Fortunatamente ora, per la belrichiede una manualità non indifferente. Date o troppo radi… è forse il caso lezza del sorriso, si “soffre” un le esigenze estetiche attuali sta diventando di crearsi delle inibizioni e po’ meno che nel passato. L’orsempre più popolare e resta innovativa per la non praticare più quel piccolo todontista, facendosi carico dei costante ricerca sui materiali, come pure sulle gesto così pieno di magia? “È conflitti psicologici del paziente, possibilità terapeutiche, estetiche e del comfort solo il caso di ricorrere alle cure predilige l’innovativo trattamendel paziente”. dell’ortodontista – suggerisce la to linguale che mantiene i denti A chi si rivolge la terapia linguale? dottoressa Ilaria Motta, laure- liberi da sovrastrutture visibili. “A pazienti adulti la cui crescita scheletrica è ata in Odontoiatria e Protesi Per la verità sono molti i potencompletata che necessitano di un trattamento dentarie e specialista in Orto- ziali pazienti disposti a corregpuramente ortodontico”. gnatodonzia presso l’Uni- gere degli inestetismi dentali a Ha voglia di citare un caso… a caso? versità Statale di Milano –. condizione di non subire il clas“Un brillante e noto avvocato provava disagio a Ciò che si può ottenere anche sico trattamento vestibolare”. causa della dentatura poco armonica, ma non in età adulta con il trattamento Ma il trattamento linguale è era propenso a indossare un apparecchio visibile. ortodontico, genera sicurezza davvero invisibile? Ce lo può Con la nostra terapia ha ottenuto la completa e disinvoltura nell’affrontare illustrare? risoluzione del problema estetico nel giro di un il rapporto con gli altri. Non anno, senza mai comdimentichiamo che la piace- A volte basta un sorriso per sdrammatizza- promettere la sua elovolezza, espressa da una bella re una situazione, disarmare l’“avversario”, quenza. Per trasformarsi chiostra di denti, attrae d’istinto mettere a proprio agio l’interlocutore, ac- in cigno non c’è più bisoe influisce nella percezione di gno di passare per la fase cendere la fiammella dell’amicizia e forse brutto anatroccolo, come bellezza di un volto…”. Dottoressa Ilaria Motta, vuol dell’amore. E se la propria dentatura… succede alla simpatica dire che, chiosando il detUgly Betty da lei mento popolare “Chi bello vuol “L’apparecchio, essendo applicazionata. La quale è destinata a diventare molto apparire un poco deve soffri- to sulla superficie interna delle carina alla fine del trattamento...”. re”, per un eventuale miglio- arcate sia superiori sia inferiori, Davvero? Allora non ci resta che citare le ramento della dentatura è praticamente impercettibile. parole della famosa canzone: “If you just è necessario farsi applicare Al pari della terapia vestibolare smile... You’ll see the sun come shining throuquegli aggeggi metallici che vengono adattati i fatidici “bragh...” (appena sorriderai... vedrai il sole fanno tanto assomigliare alla cket” (le stelline), solo che qui splendendere).

» di Marisa Gorza

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www.fondazioneimpianti.ch Non sempre il classico apparecchio dentale è sufficiente a ridare il “sorriso” a tutti. Citiamo dal sito Internet: “La Fondazione Impianti Svizzera è stata creata allo scopo di informare in modo obiettivo e scientifico la popolazione svizzera sulle possibilità e i limiti degli impianti dentali, mettendo a disposizione del pubblico strumenti informativi adeguati e organizzando campagne divulgative”.

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Shakti, l’eterno feminino Che cosa salverà il nostro mondo e come possiamo creare una società migliore? Secondo alcuni lasciando finalmente il timone del potere alle donne… Ma forse la risposta sta “nel sentire” piuttosto che “nell’essere”

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femminili nel corso dell’amplesso e dunque il ciclo matriarcale sarà impostato sul possesso divorante, anziché sulla violenza penetrante, opporrà al culto della tecnica-Urano, il culto della natura-Luna”. Curiose intuizioni cui fanno eco le riflessioni di un’altra scrittrice, Anna del Bo Boffino, pubblicate nel libro Voi uomini (1985): “Forse non ce ne siamo resi conto, ma in questi anni i valori tipici della cultura femminile sono entrati in gioco nel grande discorso sul futuro dell’uomo, inteso come genere umano: la tutela dell’ambiente, la pace, la redistribuzione delle risorse naturali per combattere la fame. Queste caratteristiche sono riconducibili ad antiche funzioni femminili come il pulire, conservare, capire, nutrire. Valori la cui logica si contrappone a quella maschile del vincere/perdere”. Quello che una volta si chiamava eterno feminino aprirebbe dunque le vie più sostenibili, anche nel mondo del lavoro. In India questa energia propria del genere femminile si chiama shakti, e si manifesta negli attributi – bellezza, armonia, saggezza – di diverse divinità. Lo shaktismo è una religione millenaria, che connette le origini al futuro del pianeta: perché, si dice, sarà la shakti a curare il mondo. Del resto, la vecchia organizzazione aziendale ha già scoperto le cosiddette risorse umane, le relazioni, l’affettività, il vantaggio della accoglienza delle diversità. Tutte caratteristiche femminili. Così come l’ascolto e il rispetto della vita. Saranno le donne a salvare il mondo? Non necessariamente. Piuttosto un sentire e un agire femminili, a prescindere dal genere sessuale delle persone impegnate. Un’eventuale leadership femminile non cambierà affatto le cose, se non sarà radicalmente diversa. Non importa se i manager siano maschi o femmine, ciò che importa è la loro etica. Diventare come maschi non è una buona idea. Si può fare di meglio. Molto meglio…

» di Duccio Canestrini

Mundus

In un negozio di vecchi dischi ho trovato un trentatré giri in vinile dalla copertina rosa shocking dal titolo Canti di donne in lotta (nell’immagine), prodotto da un gruppo di femministe di Padova negli anni Settanta. Quanta grinta, quanta voglia di cambiare il mondo. E quanti equivoci. Allora il femminismo combatteva un sistema che discriminava le donne. Nel canzoniere femminista pubblicato dalla Newton Compton nel 1977 si giunge a denunciare “la sacca di sottosviluppo, funzionale al sistema capitalistico, in cui è relegata la donna; questo ghetto economico e ideologico fa della donna il naturale alleato del sottoproletario e del negro”. Parole che sbalordiscono. O fanno sorridere. Oggi si denunciano i soffitti di vetro, cioè le barriere invisibili che precludono avanzamenti alle donne in carriera. Oggi si rivendicano quote minime di presenza “rosa” all’interno degli organi politici e istituzionali. Oggi si parla di valorizzazione della donna sotto il profilo dei mercati finanziari, dal punto di vista del marketing e per mansioni di carattere manageriale. In pratica, l’emancipazione della donna starebbe nella percentuale di poltrone occupate da persone di sesso femminile ai posti di comando. Stessi metodi, stessi obiettivi. Spesso le donne che lavorano non rivendicano la loro diversità, ma il diritto di partecipare a pieno titolo alla costruzione di un mondo malato. Di un mondo sbagliato, dove le sperequazioni aumentano, anziché diminuire. Fatti salvi i principi delle pari opportunità e dei pari diritti, “a occhio” al sottoscritto pare un malinteso ideale di liberazione. Lo aveva capito l’astrologa e scrittrice Lisa Morpurgo, che nel suo Il convitato di pietra (1979) scriveva: “La mimesi degli strumenti virili rischia di risolversi in un prolungamento involontario dello schema fallico-marziano, mentre le proposte di Venere sono ben altre, ricalcano la meccanica propria degli organi sessuali


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» testimonianza raccolta da Chiara Piccaluga; fotografia di Igor Ponti

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no per aprire uno studio di pediatria, mi ha cercata e così è iniziata l’avventura come “tutto fare” per questo medico. Visto che aprivamo una nuova attività mi sono trovata a dover gestire anche la parte amministrativa, e molti altri compiti che non avevo mai eseguito prima. In cinque anni ho conosciuto bene Lugano e la sua popolazione. Poi, improvvisamente, ho deciso di voltare pagina e ho acquistato un negozio molto particolare dove si filava la lana, si vendevano prodotti alternativi ed era anche un luogo di ritrovo della Capriasca. Quando sono nate le mie figlie ho deciso di dedicarmi Esserci per gli altri è il filo conduttore completamente al ruolo di delle sua vita. È convinta che l’incontro mamma e ci siamo trasferiti a con alcune persone, con un libro o altro Contra, un luogo tranquillo e in mezzo alla natura. avvenga sempre al momento giusto, per- Credo che un aspetto molto mettendo l’apertura di nuovi orizzonti... importante della vita sia proprio il contatto con la natura un viaggio in Svizzera per i e gli animali, questi esseri così speciali che suoi dipendenti e lì ho conotrasmettono senza parole la fedeltà, l’amore sciuto mio marito. Lui stava e la gratitudine. Quanti essere umani potrebfacendo il servizio militare bero risparmiarsi psicofarmaci, abbonamenti nel Canton Uri e ci siamo per fitness club e sonniferi condividendo la scambiati l’indirizzo; così pian vita con un animale! Ho sempre vissuto in piano per alcuni anni ci siaun ambiente rurale e oggi, dopo 37 anni che mo frequentati. Nel frattempo sono qui, apprezzo ogni giorno la bellezza ho trovato lavoro nel reparto unica di questa regione, il clima, il sole, il lago dei prematuri al Kinderspital e tutto il resto. Grazie anche a mio marito, di Basilea. Era una struttura che è cresciuto in Ticino, mi sono integrata all’avanguardia, si salvavano benissimo, e tra le tante attività che svolgo già bambini di 400-500 gramfaccio da guida al parco botanico delle Isole mi di peso e fra gli infermieri di Brissago e mi dedico al volontariato. Ho e i colleghi, provenienti da diversi grandi personaggi che mi affascinano, mezza Europa, c’era un grande Einstein, Gandhi e Madre Teresa di Calcutta, affiatamento e molta solidarieper esempio, persone geniali e con un grande tà. Si dava molta importanza lato spirituale. Avrei sempre voluto andare al contatto tra i genitori e il a Calcutta, in India, per fare volontariato, bambino, puntando molto sul ma poi ho capito che non c’è bisogno di lato affettivo e umano, cosa spostarsi fin laggiù per aiutare chi ha bisoche in molti ospedali non si gno, anche qui nella nostra regione si può faceva. A 25 anni ci siamo fare molto e così da qualche anno aiuto in sposati e ci siamo trasferiti cucina ogni lunedì in un centro diurno per in Ticino, a Sala Capriasca. persone con dipendenze. È un’esperienza Conoscevo appena un po’ di magnifica, che mi ha messo in contatto con italiano, ma vista l’esperienza una realtà che non conoscevo e mi arricchicome infermiera ho trovato sce molto dal punto di vista umano. subito lavoro in un ospedale In tutto quello che faccio metto il cuore e di Lugano; il gruppo di lavoro tutta l’anima: per me è molto importante era bellissimo, ma a livello essere autentica. La scoperta di certi valori è di struttura eravamo indietro dovuta a un mio percorso di ricerca spirituale di decenni rispetto a quanto che mi ha portato anche in India e a inconavevo vissuto a Basilea… Un trare e conoscere personaggi che hanno vissupediatra con il quale avevo to esperienze di vita che hanno rappresentato lavorato si è trasferito in Ticiper me dei grandi insegnamenti.

Suzanne Brughelli

Vitae

a mia famiglia è di Stoccarda, ma durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, la loro casa venne distrutta e come molte altre famiglie trovò alloggio presso dei parenti nel sud della Germania nel Land del Baden-Wüttenberg, in campagna, alla periferia di Schwäbisch Hall. Io sono nata lì, due anni dopo la fine della guerra, e ho vissuto la mia gioventù con i miei genitori e i miei tre fratelli; in totale 6 persone che vivevano in 2 stanze. Prima che nascessi mio padre era capostazione in Polonia, fino a quando si è accorto di quello che realmente stava succedendo, perché vedeva i treni che si dirigevano verso Auschwitz. Della guerra sentivo molto parlare, e per me vedere le case di Stoccarda bruciate e distrutte era “la normalità”; non riuscivo a percepire la gravità della situazione anche perché a 4 anni era la sola realtà che conoscevo. A Schwäbisch Hall eravamo poveri, ma solo economicamente, perché a livello affettivo eravamo davvero ricchi. C’era molta unità fra le famiglie, non avevamo nulla ma creavamo tutto con i materiali che trovavamo e che ci regalavano o che riciclavamo. Per esempio, ricordo bene che facevo i vestiti delle bambole con i giornali o per sbaglio tagliavo la tovaglia della mamma per crearmi un vestito... Vivevamo in modo semplice e creativo. Si andava a piedi dai parenti passeggiando nei boschi e ci regalavano pane e verdure. C’era una grande solidarietà tra le persone: questo ha segnato positivamente tutta la mia vita. Infatti, dopo le scuole dell’obbligo sapevo di voler scegliere una professione che mi permettesse di aiutare gli altri, così ho fatto l’infermiera. A 21 anni ero caporeparto per le Cure intensive dei bambini nell’ospedale di Schwäbisch Hall; una grande responsabilità per una neo-infermiera, ma il lavoro mi piaceva molto. Proprio in quel periodo l’ospedale aveva organizzato

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CENTO A N N I DA ROS SA testo di Roberto Roveda; fotografie di Reza Khatir

Un secolo fa nasceva l’Alfa Romeo, uno dei simboli dell’industria e della fantasia italiana del Ventesimo secolo. Cent’anni di bolidi e velocità, di grandi trionfi ma anche di momenti bui. Una vicenda leggendaria che è possibile rivivere passo dopo passo visitando il Museo Storico della casa del Biscione, ad Arese, alle porte di Milano


Bolidi per correre Primo flashback: immagini sgranate in bianco e nero, un bolide traballante lanciato a più di duecento all’ora tra due ali di folla. Al volante c’è Tazio Nuvolari. Il secondo flashback è invece a colori: una piccola spider corre sulle strade americane nel film Il laureato. L’anno è il 1967 e il giovane alla guida con i capelli al vento è Dustin Hoffman. Due sequenze lontanissime tra loro ma unite da un nome e un cognome: Alfa Romeo. Nuvolari e Hoffman sfrecciano, infatti, su due Alfa. A dominare le due scene è poi la velocità, e non a caso perché il 24 giugno di cent’anni fa veniva fondata l’A.L.F.A. (acronimo di Anonima Lombarda Fabbrica Automobili) con l’idea di produrre auto sportive. Il primo modello, la 24 HP, venne così subito modificato per poter gareggiare e già nel 1911 partecipava alla mitica “Targa Florio”, una delle più antiche e prestigiose competizioni automobilistiche. Lo stabilimento dell’Alfa era a Milano, al Portello, alla periferia nord ovest del capoluogo lombardo, e il legame con la città era fortissimo tanto che nello stemma della casa automobilistica campeggiava – e continua ancora oggi a campeg-

giare – il famoso Biscione, simbolo dei Visconti. A trasformare l’Alfa in “Alfa Romeo” fu però un ingegnere di Napoli, Nicola Romeo, che entrò nel 1915 nel capitale della casa automobilistica portando in dote quattrini e cognome. Ora gli elementi c’erano tutti e le Alfa Romeo cominciarono a diventare uno dei modelli più ambiti da chi amava la velocità. Un simbolo italiano Auto potenti, linee aggressive, prestazioni sempre ai limiti nelle varie epoche, le Alfa erano la dimostrazione che anche l’Italia povera e contadina dei primi decenni del Novecento poteva primeggiare nell’industria e nella tecnologia. Così le epiche vittorie di Nuvolari al volante della sua Alfa “6C 1750 Gran Sport” o della “8C 35” contro gli squadroni Mercedes e Auto Union (l’antenata dell’Audi) non erano solo imprese sportive, ma vittorie di tutto un Paese nell’eterno scontro tra inventiva e fantasia italica e strapotere tecnologico e pragmatismo teutonico. Le Alfa Romeo tenevano alto il nome dell’Italia, insomma, ma retorica a parte dallo stabilimento del Portello sono usciti per decenni gioielli di tecnologia e di stile,

in queste pagine Il motore 8 cilindri e il frontale della “8C 2900B Speciale Le Mans Touring” del 1938 in apertura Le catene di montaggio dello stabilimento Alfa Romeo di Arese, in piena attività in una fotografia dei primi anni Settanta (per gentile concessione dell'Archivio Alfa Romeo, Arese)




a lato, in senso orario La “6C 2500 Super Sport Villa d’Este Touring” del 1950. La “6C 2500 Super Sport” del 1947. La “Giulia Sprint Speciale” del 1965. L’Alfa Romeo “Tipo 103” prototipo di utilitaria progettata tra il 1954 e il 1962 e mai entrata in produzione pagina di sinistra L’ “Alfetta 159 Gran Premio” con la quale Juan Manuel Fangio (1911–1995) vinse nel 1951 il mondiale di Formula 1 (sopra) La galleria dedicata ai modelli Alfa Romeo degli anni Venti (sotto)

autovetture che tutto il mondo invidiava. Erano modelli dai nomi femminili come la “Giulia” o la “Giulietta” oppure semplici cifre come la “1900”. A “vestirle” erano i più grandi designer del tempo, firme come Zagato, Bertone, Pininfarina. “Quando vedo un’Alfa Romeo mi tolgo il cappello”, disse nel 1939 Henry Ford... e parliamo dell’uomo che aveva motorizzato gli Stati Uniti. Le tradizioni alfiste Grazie alle imprese automobilistiche le auto prodotte dalla casa del Portello entrarono nell’immaginario collettivo degli italiani – e non solo –, tanto che parlare di auto sportive significava quasi automaticamente dire Alfa Romeo. L’Alfa era stata, infatti, capace di creare una solida tradizione fatta di simboli praticamente immodificabili. Lo stemma, di cui abbiamo detto, lo stabilimento del Portello – che continuava a produrre auto negli anni Ottanta assieme ai nuovi stabilimenti di Arese e Pomigliano d’Arco, in Campania –, la trazione posteriore, quella delle auto da corsa. E ancora il “Rosso Alfa” particolare tonalità di rosso creata per le auto da competizione negli anni Venti e il simbolo del “quadrifoglio” che dal 1923

ricorre in tutte le attività sportive dell’Alfa e nelle versioni più sportive della sua produzione. Con tutte queste tradizioni è quasi naturale che gli “alfisti” siano dei veri e proprio tifosi per i quali è preferibile una bicicletta piuttosto che sedere alla guida di un’auto diversa da quelle costruite dalla casa del Biscione. Alcuni di loro non hanno mai digerito i cambiamenti degli ultimi anni come l’abbandono dopo l’Alfa 75 della trazione posteriore – per molti quella è l’ultima vera Alfa Romeo – e la chiusura non solo del Portello ma anche del grande stabilimento di Arese che ha smesso di produrre agli inizi del nuovo millennio. Così come non hanno digerito che dalla metà degli anni Ottanta l’Alfa sia passata nelle mani della Fiat, che da sempre fa utilitarie, la nemesi completa per chi ama le auto sportive. Vale però qui la pena ricordare che fu proprio Enzo Ferrari, fondatore della casa automobilistica simbolo oggi della velocità italiana nel mondo, a guidare negli anni Trenta quello che di fatto era il reparto corse della casa del Biscione, prima di dare vita alla sua prima vettura con il simbolo del cavallino. E comunque, rivalità a parte, sempre di “rosse” stiamo parlando…

per informazioni Museo Storico dell’Alfa Romeo presso il Centro Direzionale Alfa Romeo Viale Alfa Romeo 20020 Arese (MI) Il museo è aperto da lunedì a venerdì (9.00–12.30/14.00–17.00) tel: +39 02 444 29 322/421 per saperne di più Maurizio Tabucchi Alfa Romeo 1910–2010 Nada editore, 2010 Lorenzo Ardizio Alfa Romeo. Cuore sportivo Mondadori Electa, 2010 AA.VV. Tutte le Alfa Romeo Editoriale Domus, 2010


Salviamoci la testa… con stile! Tendenze p. 40 | di Marisa Gorza

Scorrazzare per le vie cittadine in sella al proprio scooter regala a ragazzi e adulti un impagabile senso di libertà e dinamismo. E poi, evitare le colonne e il traffico congestionato dalle ingombranti quattro ruote non è forse il modo più furbo per velocizzare il proprio percorso? Con la fine delle vacanze e le scuole ormai iniziate da qualche giorno, guidare il proprio veicolo nel tragitto quotidiano può essere ancora più piacevole… e sicuro. Grazie “al casco ben allacciato e ai fari sempre accesi, anche di giorno”!

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fuori discussione: la testa in cima alle spalle è la cosa più preziosa che abbiamo, ma basta una caduta (anche banale) sull’asfalto o sullo spigolo del marciapiede, per spaccarsela come un’anguria. E meno male che una provvidenziale normativa ha giustamente imposto il casco in tutta Europa! Ogni esemplare, conforme alla Norma europea, deve portare ben chiara e indelebile una marchiatura composta da un cerchio che racchiude la lettera “E” seguita dal numero distintivo del paese dove è stata approvata: cioè E1 per la Germania, E2 per la Francia, E3 per l’Italia... E14 per la Svizzera e così via. A rendere questo accessorio difensivo un oggetto di desiderio modaiolo, piacevole e un po’ misterioso, ci hanno pensato gli stilisti con eclettiche proposte, sempre rigorosamente “omologate”. Solari e pieni di buonumore, gli esemplari salvatesta di Agatha Ruiz de la Prada (nell’immagine) riflettono lo spirito ludico e audace della creatrice spagnola. Divertenti anche i nomi che descrivono i temi illustrati: “Te quiero, no te quiero”, “Aquì estoy”, “Estrella”... con nuvole, cuori, pois, stelle naif mescolati a tinte smaltate. Caschi in materiali high-tech di grande comfort e che hanno superato i controlli qualità richiesti sia dall’U.E. sia quelli imposti dagli standard mondiali. Accessori accattivanti e nel contempo di grande sicurezza, sono pure i modelli integrali e unisex presentati allo scorso Salone milanese del Motociclo dalla Moschino Helmets. Vi campeggia-

no il simbolo della pace e cuori appassionati nel mood “Peace and Love”, icona cara a Moschino, mentre si rinnova il prototipo “Logo” con calotta decorata a spirale dalla storica firma scritta in bianco smagliante con contorno di decalcomania nera. E per deliziare una biker scatenata e innamorata ecco il modello un po’ “testa nel pallone” di Sweet Years con gli immancabili cuori palpitanti su fondo rosa fuxia. La visiera è bombata in uno stile vagamente astronautico. Texture mimetica e sfumature verde militare per quello del suo “lui”, un motociclista grintoso e avventuroso. La raffinata identità creativa di Giorgio Armani non si smentisce mai ed è riconoscibile anche quando firma i caschi da moto EA7. La grafica essenziale e il design deciso sono valorizzati dai riflessi cromati della calotta in una speciale trama di vetro e Kevlar, e da accurati particolari in acciaio scintillante. Salvarsi la testa è diventato chic! Icona fashion nel panorama delle intrepide due ruote, il casco Momodesign, ispirato agli helmet degli elicotteristi, si arricchisce di nuovi dettagli estetico-funzionali come la visiera sferica regolabile e il sottogola con fibbia micrometrica. Mentre la gamma dei colori sperimenta cromie ardite, fra le quali il rosso ciliegia metallizzato e un grigio dai lampi siderali. Ma se volete qualcosa di veramente prezioso per la vostra altrettanto preziosa testolina (prettamente femminile s’intende...), scegliete un casco Glammie, realizzato per Caberg in un esclusivo materiale termoplastico e decorato dalla gioielleria BTrue con incastonatura di cristalli Swarovski. Sostituibili anche con splendide pietre assolutamente autentiche.


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Baruffe amorose nelle giornate tra il 10 e l’11 settembre a causa dell’opposizione lunare. Svolte professionali entro il 9 settembre. I nati nella terza decade saranno sottoposti all’influenza di Venere e Marte.

A partire dal 9 settembre i nati nella prima decade dovranno fare i conti con una tormentata Venere di transito nello Scorpione. Gelosie e attrazioni improvvise. Incontri con una vecchia fiamma.

Grazie ai transiti di Marte e Venere, almeno fino all’11, riuscirete a vedere con occhi amorevoli le persone che vi circondano. Colpi di fulmine per i nati nella terza decade. Incremento della vita sociale.

A partire dal 9 Venere entra nell’amico segno dello Scorpione per rimanerci a lungo. Si apre una fase decisiva della vostra vita affettiva. Scelte matrimoniali o di distacco. Risoluzione di vecchie questioni.

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Ottimo periodo per divertirsi in compagnia degli amici. Miglioramento dell’aspetto fisico per i nati in agosto. Grazie ai transiti di Marte e Venere i nati nella terza decade potranno rivelarsi grandi seduttori.

Grazie a Mercurio incontrerete persone che non vedevate da tempo. Vita sentimentale in ascesa a partire dal 9 settembre. Spese legate alla ristrutturazione o all’abbellimento dell’abitazione.

La prima settimana di settembre si presenta rovente. Marte e Venere in congiunzione vi accendono di desiderio e di passione. Svolte professionali sollecitate dall’opposizione di Saturno con Giove. Siate più ottimisti.

Evviva! A partire dal 9 settembre, Venere avvia un lungo cammino nel vostro segno. Grazie al transito coronerete i vostri sogni d’amore. Svolte per i nati nella terza decade che sanno abbracciarsi all’incredibile.

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La prima settimana di settembre inizia positivamente grazie ai transiti di Marte e Venere. Ottimo momento per far partire progetti a lungo termine. Problemi nelle comunicazioni per i nati in novembre.

Scontri con il partner tne provocati ti da Marte e Venere in quadratura di transito nella vostra decima casa solare. Le questioni di cuore vanno sempre tenute lontane dagli affari. Positive le giornate tra l’8 e il 9.

La prima settimana di settembre vi vede baciati dai trigoni di Marte e Venere. Amore alla grande. Atmosfere sensuali. Sarete determinati, carichi e seduttivi. Prudenza alla guida, siete troppo distratti!

Grazie all’ingresso di Venere nell’amico segno dello Scorpione potrete vivere momenti indimenticabili con il partner. Continua il periodo di scelte epocali per i nati nella terza decade a causa del forte transito di Urano.

» a cura di Elisabetta

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» illustrazione di Adriano Crivelli 2

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Orizzontali 1. I sudditi di Astolfo • 10. Il tesoro dello Stato • 11. Si a Londra (Y=I) • 12. La nota Pavone • 13. Ponte... sul confine • 15. Nervoso, eccitato • 17. Congiunzione eufonica • 18. Preposizione semplice • 19. Un potente esplosivo • 21. Antico popolo peruviano • 23. Abbassar • 24. Capitombolare • 26. Buttare in mezzo • 27. Articolo maschile • 28. Librarsi nell’aria • 30. Attori di fama • 32. Spalletta centrale • 34. Noto collegio inglese • 35. Gioca il derby con il Milan • 37. Vernice, smalto • 39. Imbarcazione da regate • 40. Spinta iniziale • 42. Il nome della Martini • 43. Bella... nel cuore • 45. Il poeta de’ “Il cardo e la rosa” • 47. Lo producono le api • 49. Dittongo in beato • 50. Le iniziali della Turci • 51. Il cattivo delle fiabe • 54. Olio inglese • 55. Opera di Verdi. Verticali 1. Noto romanzo di G. Bonura • 2. Stravaganza, peculiarità • 3. Venuti al mondo • 4. Biglietti della lotteria • 5. Dittongo in Coira • 6. Lo pseudonimo di Mariano Filipepi • 7.

Cattive • 8. Contrite, dispiaciute • 9. Il nome della Duncan • 14. Quella Sacra giudica • 16. In mezzo al mare • 20. Il regno dei morti • 22. Un supporto del PC • 25. I confini di Roveredo • 29. Ontani • 31. Inerente la voce • 33. Inventare, realizzare 36. Un Profeta • 38. Bruciare • 41. Europa Unita • 44. Diverbi • 46. Gas luminoso • 48. Lussemburgo e Ohio • 52. Croce Rossa • 53. Preposizione semplice.

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