Ticino7

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Corriere del Ticino

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Tessiner Zeitung

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45 numero

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numero 45 del 5 novembre 2010

Agorà Diabete giovanile. Zucchero amaro

DI

Arti Teatro e spettacoli. Il ritratto secondo Robert Wilson Lessico La fiducia

DI

Vitae Cesare Ferrario

4 6 8 10 35 40 42 43

GAIA GRIMANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DI

DEMIS QUADRI . . . . . .

FRANCESCA RIGOTTI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DI

NICOLETTA BARAZZONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Reportage Il mistero del circo

DI

D. QUADRI; FOTOGRAFIE DI J. PULAWSKI . . . . . . . . . . .

Tendenze Libri. La nascita, la lettura, la vita

DI

LUDOVICA DOMENICHELLI . . . . . . . .

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

L’attesa della risposta Giovanni Senzani, uno dei capi più cinici e spietati delle Brigate Rosse, è stato definitivamente rilasciato dopo aver scontato una pena di 28 anni inflittagli per gli efferati crimini commessi (fu, fra l’altro, uno degli artefici del rapimento e omicidio di Moro e il principale responsabile dell’assassinio di Roberto Peci, un operaio del tutto estraneo all’attività terroristica e colpevole solo di essere il fratello di Patrizio Peci, primo grande pentito del terrorismo rosso). La figlia di Peci, Roberta, che non ha mai avuto l’opportunità di conoscere il padre – la madre era incinta al momento del sequestro/omicidio del padre da parte del commando brigatista – ha scritto una lunga e commovente lettera auspicando un incontro con l’ex brigatista, “per aiutarla a capire il perché lei il 3 agosto del 1981, ha deciso di privarmi di mio padre”. L’uccisione di Peci rappresentò solo l’ennesimo tragico paradosso della “strategia” brigatista. Le Brigate Rosse, se si ripercorre con attenzione la loro storia anche nelle varie “filiazioni”, non si con-

figurarono mai come un’organizzazione che puntava allo scontro frontale con la parte politica avversa o con il mondo imprenditoriale. Furono piuttosto una sorta di sanguinario servizio d’ordine pronto a colpire non solo le figure della politica e della magistratura più aperte al confronto con la sinistra – e Moro ne è il sommo paradigma –, ma anche uomini apertamente di sinistra – penso al sindacalista Guido Rossa –, colpevoli solo di essere considerati dei pericolosi “riformisti”. Anche la vicenda di Roberto Peci rientra in questo quadro: un proletario innocente, assassinato brutalmente secondo modalità punitive tipicamente mafiose da un terrorista di estrazione medio-alto borghese, di professione docente universitario. C’è di che riflettere… Mi auguro che Roberta Peci, persona di grande intelligenza e lucidità, ottenga finalmente la risposta che cerca, anche se ritengo che l’omicidio, in nome di qualsiasi idea venga commesso, non può avere in alcun caso giustificazione e senso. Cordialmente, Fabio Martini

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Tiratura controllata 72’011 copie Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55 Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

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Diabete giovanile. Zucchero amaro

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L’

agenzia di stampa italiana ASCA ha battuto qualche tempo fa una notizia allarmante: entro il 2030 nel mondo, 435 milioni di persone convivranno col diabete. Nel 1985 a soffrirne erano trenta milioni di persone, nel 2003 il numero totale raggiungeva i 194 milioni. Attualmente si contano 300 milioni di casi e le previsioni indicano che il numero aumenterà enormemente, passando a 435 milioni nel 2030. Le cause di questa crescita esponenziale vanno ricondotte non solo alla crescita della popolazione e al generale invecchiamento, ma anche alla diffusione di stili alimentari poco idonei, oltre all’obesità e alla sedentarietà. In Svizzera i diabetici sono circa 300.000 (il 4% della popolazione), di cui 30.000 soffrono della forma di tipo 1 e tutti gli altri di quella di tipo 2, non insulino dipendente. Tenendo conto che solo circa la metà di questi casi viene diagnosticata, si può ragionevolmente pensare che il numero effettivo dei malati raggiunga il mezzo milione. Ma la cosa più preoccupante è rappresenta dalla continua diffusione della malattia nei giovani, generalmente colpiti dalla forma chiamata diabete di tipo 1. Attualmente questa è la terza malattia cronica più frequente nell’infanzia dopo l’asma e le lesioni motrici cerebrali e si prevede che essa concernerà in futuro un numero sempre maggiore di bambini, anche molto piccoli.

Ragioni e conseguenze familiar i

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Agorà

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata funzionalità del pancreas, organo deputato alla produzione dell’ormone insulina. Le cause di questa patologia sono in gran parte sconosciute, benché dilaghi ovunque, colpendo un sempre maggior numero di giovani, soprattutto nella variante di tipo 1 insulino dipendente

Da cosa deriva tutto ciò? Perché nei paesi molto progrediti, ma non solo, ci si ammala sempre più? Molte possono essere le cause: un’alimentazione troppo ricca di zuccheri e non equilibrata, condizioni legate alla razza o all’ambiente, un difetto delle ghiandole endocrine, in particolare del pancreas, trasmesso come carattere ereditario. I dietologi attribuiscono grande valore alle scelte alimentari, individuando nelle nostre diete un apporto di zuccheri eccessivo che inizia con gli omogeneizzati della prima infanzia fino alle merendine dell’adolescenza, come

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sostiene la nota nutrizionista italiana Diana Gallone. Ma una causa precisa non è stata ancora scoperta. Molto spesso la famiglia che affronta la sentenza del medico secondo la quale il proprio figlio è ammalato di diabete subisce un trauma non indifferente: tutta la vita familiare ne risulta sconvolta e variamente condizionata. La diagnosi determina vissuti angoscianti di fronte ai quali vengono messe in atto diverse modalità difensive. Una reazione molto diffusa all’esordio della malattia è il diniego che si manifesta con incredulità alla diagnosi. Tale reazione porta spesso all’affannosa ricerca di un parere diverso o addirittura d’interventi risolutivi magici e obiettivamente inefficaci. Al diniego possono essere associati o far seguito sentimenti d’ansia e depressione. Sebbene le cause del diabete siano plurime, la componente dell’ereditarietà si traduce spesso in un senso di colpa che può manifestarsi nell’eccessiva tolleranza e iperprotettività verso il figlio malato. Inoltre molti genitori si colpevolizzano, ritenendosi la causa della patologia del figlio o per non averlo seguito in modo adeguato o per aver favorito l’insorgenza della malattia attraverso un’alimentazione sbagliata. La malattia viene quindi vissuta come una giusta “punizione” alla propria inadeguatezza parentale, stato d’animo che determina spesso profonda depressione e prostrazione. L’attuazione delle misure terapeutiche è un periodo di vera e propria crisi per la famiglia, che si vede costretta a riorganizzare la vita in conformità delle nuove esigenze del bambino malato. In questa fase, i genitori manifestano una serie di preoccupazioni dovute alla difficoltà dell’eseguire le varie prescrizioni connesse con la dieta o la terapia insulinica e la necessità di tollerare il ruolo di genitore cattivo e persecutore che nega il cibo e infligge dolore con le iniezioni due, tre volte al giorno. Sono pesanti poi i controlli medici regolari, l’organizzare un’alimentazione e un’attività fisica adeguate e, soprattutto, un’istruzione e un’educazione sistematica che porteranno i piccoli alla conquista dell’autocontrollo e dell’autogestione della malattia, stabilendo così con essa una convivenza che permetterà loro una conduzione di vita del tutto sovrapponibile a quella dei coetanei non diabetici.

Che cosa si fa per la prevenzione e la ricerca Già da molti anni, l’OMS (Organizzazione Mondiale Sanità) ha avviato lo studio Diamond (diabete mondiale) che coinvolge 104 Centri di 54 paesi con lo scopo di monitorare l’incidenza del diabete insulino-dipendente e di identificarne i fattori scatenanti. Contemporaneamente, i ricercatori stanno individuando i possibili soggetti a rischio: obesi, consanguinei di diabetici, persone che conducono una vita troppo sedentaria o con abitudini alimentari errate. Lo scopo è di prevenire lo sviluppo della malattia, intervenendo con metodologie farmacologiche avanzate che andrebbero a proteggere le cellule pancreatiche non ancora del tutto compromesse. La ricerca biomedica e farmacologica, d’altra parte, è in grande evoluzione: si parla di pancreas artificiale, di manipolazioni genetiche, di nuove insuline ad azione rapida, di analoghi ad assorbimento istantaneo. Grandi aspettative riguardano in particolare il cosiddetto trapianto delle isole pancreatiche - meno invasivo rispetto al trapianto dell’intero organo -, riguardo al quale, nonostante i progressi, permangono però problematiche relative soprattutto alla sua ampia applicazione. I limiti di questa metodologia derivano in specifico dalla difficoltà di reperire i donatori e dai costi molto elevati. In studio avanzato anche le vie di somministrazione della stessa insulina: nasale, orale, oculare, sublinguale, rettale, transdermica. Vicini al traguardo sarebbero le compresse e lo spray nasale, anche se occorrerà qualche anno per stabilire se potranno sostituire del tutto la tradizionale insulinoterapia per via sottocutanea e liberare, soprattutto i bambini, dal supplizio dell’iniezione. Ci sono tutte le premesse per alimentare la speranza di un futuro migliore.

Autosufficienza ed educazione permanente Fino all’età di 10-11 anni la terapia diabetica è affidata ai genitori che necessitano di essere adeguatamente istruiti onde evitare atteggiamenti sbagliati che possano comprometterne l’efficacia e condizionare l’evoluzione psicologica del bambino. Già da quest’età però, il giovane malato deve imparare a farsi i controlli, le iniezioni, a discutere sulla dose d’insulina da iniettare. Dopo i 12 anni, gradualmente la responsabilità della terapia deve passare dai genitori all’adolescente fino alla sua completa autosufficienza. L’educazione permanente, rivolta a questa fascia d’età, tende a evitare la tendenza ad ignorare la presenza del diabete ed ad agire come se non ci fosse, con gravi conseguenze sulla prevenzione delle complicanze. Per questo motivo, l’Associazione Ticinese per i Diabetici (ATD), costituita nel 1976 con lo specifico obiettivo di aiutare le persone malate a migliorare le loro condizioni di vita, dal 1995 ha iniziato a dare spazio al suo interno a bambini e ragazzi, proponendo ogni anno una colonia-scuola di diabetologia rivolta ai giovani diabetici, proprio per facilitare il compito di molte famiglie, ottenendo risultati molto soddisfacenti, come ci ha riferito in un colloquio il prof. Enzo Pfister, per anni instancabile organizzatore di tale iniziativa.

» di Gaia Grimani

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Arti

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rale tendenza ad attribuire un senso a quanto lo circonda. Alla luce di ciò, ma non solo, certe affermazioni del regista statunitense Robert Wilson – artefice nella propria carriera di spettacoli che potevano durare anche 12 ore – rischiano per lo meno di suscitare qualche perplessità. Nel 1989, per esempio, questi iniziava una conferenza nell’allora Repubblica Democratica Tedesca affermando: “La gente mi chiede molto spesso cosa significhino i miei lavori teatrali, e io in genere rispondo che non lo so”. Perché buttare via tempo prezioso per assistere a qualcosa che nemmeno il suo autore riesce a spiegare? Per rispondere a tale domanda bisogna tenere presenti almeno due punti: da un lato l’importanza che spesso già nelle intenzioni dell’artista contemporaneo ha

che tra i propri classici conta spettacoli come The Deafman Glance (“Lo sguardo del sordo”, 1970) e Einstein on the Beach (“Einstein sulla spiaggia”, 1976), pur non rinunciando totalmente alla narratività, cerca di mettere al bando ogni motivo contenutistico. Al centro vengono posti elementi come la ripetitività dei gesti o l’immobilità, il trucco e i costumi molto espressivi degli attori, l’uso quasi scultoreo degli oggetti di scena, il particolare impiego di luci e colori e così via. È una ricerca che intende sottrarsi agli usuali appigli della realtà per aggrapparsi a una logica che rimanda a quella del sogno. Gli elementi tipici delle rappresentazioni di Wilson – dal 9 al 14 novembre) al Teatro Strehler di Milano con una versione di Giorni felici di Samuel Beckett, interpretata

Brad Pitt, J.T. Leroy e Steve Buscemi sono solo alcune delle celebrità immortalate dal poliedrico artista. E accanto a loro anche il cane Celine, il gufo Kool e il porcospino Boris... da Adriana Asti e Giovanni Battista Storti – sono molto presenti anche nei suoi Video Portraits, visibili sul sito della Dissident Industries Inc. (vedi Apparati). Qui la biografia e la figura dei soggetti ritratti (donne, uomini, animali) si fondono con lo sguardo del

www.dissidentusa.com Nella pagina Internet della Dissident – società che crea e produce performance nell’ambito delle arti visive e delle nuove tecnologie – sono visibili i provocatori ritratti dell’eccentrico Robert Wilson.

regista texano, che li mette in scena in videoritratti all’insegna dello straniamento e della quasi immobilità. Il tutto accompagnato da colonne sonore composte a volte da musicisti del calibro di Bernard Hermann e David Byrne. Così in un ritratto (2006), per esempio, la principessa Carolina di Monaco indossa gli abiti della madre Grace Kelly in una viva istantanea ispirata a una scena de La finestra sul cortile (1954) di Alfred Hitchcock. In un altro lavoro (2004), l’artista cinese Zhang Huan – noto per le proprie performance molto dure – viene invece recuperato da una latrina pubblica di Pechino infestata dalle mosche, nella quale si era esibito per 12 Square Meters (“Dodici metri quadri”, 1994) sedendo per un’ora col corpo ricoperto da miele e olio di pesce, per essere trasferito tra le bianche nuvole di una sorta di paradiso, dove a perseguitarlo sono alcune farfalle. L’attrice Isabella Rossellini, poi, è vestita di colori che ricordano certe opere della Pop Art o di Andy Warhol, e seduta su una poltrona bianca in un prato d’un verde innaturale ha movenze da grottesca bambolina (2005). Un’idea dello stesso Warhol è ripresa da Robert Wilson nel 2006: ma al posto di Marilyn Monroe stavolta ad assumere svariate tinte è una rana cornuta…

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lo spettatore per l’interpretabilità dell’opera; dall’altro il fatto che l’attenzione non deve per forza limitarsi a sondare i Perché, in quanto – come direbbe lo stesso Wilson – non sono da sottovalutare i Cosa e i Come. Il teatro di Robert Wilson,

Internet

» di Demis Quadri; immagine tratta da www.flickr.com, © works&process

L’essere umano ha una natu-

Il ritratto secondo Robert Wilson

Immagine tratta dallo spettacolo Kool - Dancing in My Mind di Robert Wilson, nelle scorse settimane in cartellone a New York


»

Visioni trattative con il detective Hank Havenhurst, ben interpretato da Willem Dafoe, che si avvale della collaborazione del regista della tragedia e della fidanzata di Brad (l’attrice Chloë Sevigny), l’uomo libera i due volatili e si lascia catturare docilmente dalle forze speciali. Se il film coniuga con efficacia elementi visionari e poetici comuni a entrambi i registi – la lunga inquadratura fissa su Brad, suo zio e il nano in piedi sopra l’enorme tronco d’albero potrebbe essere benissimo parte di un film di Lynch –, molteplici sono però i temi cari al maestro tedesco: l’idea della sfida dell’uomo nei confronti di una natura affascinante ma al contempo infida e misteriosa, così come il tema della follia attraverso la quale il protagonista raggiunge quella particolare condizione di “verità estatica” sono aspetti ricorrenti nella poetica di Herzog. Al di là di ogni considerazione, il film richiama una delle pellicole storiche dell’autore tedesco, Cuore di vetro, del 1976 (“Herz aus Glas”). Anche allora, benché la vicenda si svolgesse nella Baviera della seconda metà del Settecento, il protagonista, erede di una famiglia di maestri vetrai, commetteva un omicidio cruento nel tentativo di svelare la formula del cristallo color rubino, irrimediabilmente perduta con la morte dell’artigiano che ne custodiva il segreto. In un crescendo delirante – gli attori accettarono di recitare in stato di ipnosi – le vicende umane si susseguivano sullo sfondo di una natura splendida e immutabile. Anche in My Son, My Son, What Have Ye Done i personaggi (le vicine di casa, la fidanzata, il regista e gli stessi poliziotti) si muovono su un piano di costante straniamento, sullo sfondo della tragedia di Sofocle, paradigma della condizione umana, eternamente condannata al dolore e all’annientamento, condizioni che solo la follia pare riscattare.

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Quelli con l’arcobaleno

My Son, My Son, What Have Ye Done di Werner Herzog Stati Uniti, 2009

» di Fabio Martini

Le anticipazioni relative all’ultimo film di Werner Herzog – uscito in parallelo al suo remake del Cattivo tenente di Abel Ferrara e con questo presentato nel settembre del 2009 alla 66a Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia – hanno creato una certa confusione. Inizialmente la pellicola sembrava destinata alla regia di David Lynch che in realtà compare solo come produttore esecutivo del film. Si era poi parlato di un horror, genere che nulla ha a che fare con la vicenda narrata – ispirata a un fatto realmente accaduto nel 1979 a San Diego, in California – e soprattutto con il carattere visionario e intenso del cinema di Herzog, autore fra l’altro della sceneggiatura insieme a Herb Golder, un professore di studi classici. La vicenda ha al centro il personaggio di Brad McCullum – interpretato da un cupo Michael Shannon –, attore di talento le cui labili condizioni psichiche appaiono minate da una situazione familiare opprimente (la precoce perdita del padre e la presenza di una madre ossessiva e iperprotettiva). Durante in viaggio in Perù insieme ad alcuni amici appassionati di rafting, Brad – che fin da bambino sostiene di riconoscere Dio nell’immagine del quacchero stampata sulle confezioni di avena Quaker Oats – ha una sorta di rivelazione che lo induce a rinunciare a percorrere in canoa un torrente in piena insieme ai compagni d’avventura che durante l’impresa muoiono affogati. In seguito egli partecipa come attore alle prove dell’Orestea di Sofocle, dramma in cui Clitemnestra viene uccisa a colpi di spada dal figlio Oreste, ruolo da lui interpretato. Questa esperienza agisce come una sorta di trigger psichico: chiesta in prestito una sciabola allo zio, bislacco allevatore di struzzi, uccide la madre e si barrica in casa con due ostaggi (in realtà, si scoprirà trattarsi dei suoi due fenicotteri addomesticati). Dopo alcune ore di

Visioni

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Fiducia Sentimento all’apparenza mutevole, la fiducia rappresenta un collante essenziale nella costruzione e nel mantenimento dell’ordine sociale e delle relazioni fra gli esseri umani. Nonostante le delusioni e le promesse non mantenute, essa ricopre dunque una funzione centrale nella nostra vita

Proseguendo con il nostro piccolo lessico filosofico-politico

Lessico

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veniamo ora a parlare, dopo il coraggio, della fiducia. È un valore oppure no? È bene fidarsi, o non fidarsi è meglio, come suggerisce, un po’ pavidamente, il proverbio? “Di noi ti puoi fidar...” cantano il Gatto e la Volpe a Pinocchio nella versione di Edoardo Bennato. E invece non si poteva o meglio non si doveva fidare, il povero burattino, dei suoi nuovi amici, che dopo avergli preso le monete d’oro sotterrate allo scopo di far crescere la pianta degli zecchini, erano fuggiti come il vento lasciandolo davanti a una piccola buca vuota. La morale, l’aveva già espressa il Grillo Parlante, questa volta nella versione di Collodi: “Non ti fidare, ragazzo mio, di quelli che promettono di farti ricco dalla mattina alla sera...”. Un sentimento necessario alla costruzione dell’ordine sociale La fiducia è una pianta fragile, che cercheremo quindi di definire con delicatezza: la fiducia è un sentimento di sicurezza che viene da una certa speranza, stima ecc., è un senso di confidenza o di ferma credenza nella bontà, forza o affidabilità di qualcuno o qualcosa. Ma la fiducia è anche il sentimento maggiormente necessario alla costruzione dell’ordine sociale, che senza di essa non potrebbe neppure stare in piedi. Senza la fiducia non potremmo fare nulla, non potremmo compiere nessun gesto che ci metta in relazione con gli altri o con le cose, perché l’eterno timore di correre un rischio e ricevere un danno bloccherebbe ogni nostra azione. Senza una qualche forma di fiducia non potremmo nemmeno lasciare il letto la mattina e iniziare la giornata. La fiducia è una componente naturale del comportamento umano, un fatto indubitabile, un fattore vitale, un momento sostanziale del mondo della vita. Anche gli infanti vengono al mondo con una specie di fiducia originaria che li sostiene in modo tale che non debbano ogni volta compiere una scelta per continuare con questa attitudine, finché non succeda qualcosa che la scuota o la distrugga. Se non è ingannata, la fiducia continua a fiorire e a evolversi. Anzi, la fiducia è un bene che aumenta con l’uso costante e diminuisce col disuso, come il linguaggio, come molti sentimenti. Come l’amore che crescet eundo, che aumenta via facendo e cresce

praticandolo, la fiducia prospera e si estende in spessore se stabilmente esercitata e tende a essere, come altre risorse morali, contagiosa e appagante. Promesse, contratti, strette di mano Ogni genitore si trova davanti al non facile compito da una parte di circondare il bambino di un’atmosfera di fiducia reciproca, insegnandogli a partecipare generosamente alle attività che lo contornano, e dall’altra di metterlo in guardia dai pericoli e di fargli capire che non tutti gli adulti sono ben disposti verso di lui e che l’ambiente esterno presenta dei pericoli. Simbolicamente questi due aspetti della fiducia e della cautela sono riuniti nel gesto quotidiano della stretta di mano. Tendo la mano aperta a chi incontro, in un gesto disarmato di offerta e di richiesta insieme, e poi stringo la sua destra come per impedirgli di aggredirmi e farmi del male. Nello stabilire il rapporto di fiducia ricorriamo spesso al tramite della promessa o del contratto, in forma esplicita o, più spesso, ancora, implicita. Se ci addormentiamo in treno o in aereo non stringiamo alcun patto col nostro vicino, eppure abbiamo fiducia che non approfitterà del nostro sonno per sfilarci il portafoglio dalle tasche. Se portiamo la macchina dal meccanico o ci rechiamo dal medico, è perché ci fidiamo della loro competenza professionale e crediamo che non siano lì per ingannarci o sfruttarci. Questi sono tutti patti di fiducia impliciti, in gran parte inconsapevoli, e confermano tra l’altro l’idea che la fiducia sia un sentimento diffuso e sempre presente, di cui ci accorgiamo solo quando viene a mancare o si deteriora, come la salute.

» di Francesca Rigotti; illustrazione di Mimmo Mendicino

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Le due braccia della fiducia La fiducia, tuttavia, può assumere anche una dimensione ambigua. Nel modello politico patriarcale, per esempio, si chiede al governato di aver fiducia nel governante perché questi avrà cura di lui come un buon padre di famiglia. Tale modello contravviene ai più elementari principi di giustizia e di eguaglianza e impone una forma di ricatto basata su presunte competenze e capacità: “Tu taci e lasciami lavorare e io ti darò benessere e sicurezza”.


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Rifiutai altre proposte di quel genere e non per snobbismo o per ragioni ideali. Ero attratto dalla Russia, devastata dai cambiamenti della “post-perestrojka” e dove ho conosciuto persone straordinarie. Ho vissuto l’ultimo rigurgito di una vita culturale autentica, destinata però a essere immolata sull’altare della globalizzazione. Ritrovai il piacere del “fare le cose bene con pochi mezzi”, l’antica lezione del mio maestro Giorgio Strehler. In un clima eclettico, spaziavo dal cinema al teatro. L’idea di un Festival della musica per il cinema è nata in Russia. In Italia ha preso la forma di Orvieto MusicalAttore, sceneggiatore e regista, ha lavo- Cinema, di cui sono stato rato in teatro, nel cinema e nell’ambito direttore artistico per quattro musicale... anche alla nostra Radio, che anni. Il sottile ma profondo fil rouge che mi lega al Ticino ama definire il suo “primo amore” doveva dare, ancora una volta, i suoi frutti. È stato grazie ancora, un’entità radiofonica a Carlo Piccardi – infaticabile paladino della di buon livello. Sono arrivato cultura musicale e già direttore della Rete 2, al cinema per una naturale e poi direttore artistico del Marta Argerich evoluzione, dal teatro e dalla Project – che ho realizzato le cose più belle scrittura per la radio e la teledi quel festival. L’incontro con Ludovica visione. Dopo aver realizzato Rossi Purini, presidente della Compagnia per un film – un documento su la Musica in Roma (affiliata dell’americana Gustav Mahler che conteneva September Concert Foundation) ha rafforzato interviste a Claudio Abbado, questo percorso. Ho infatti assunto la direLorin Maazel – l’approdo sul zione artistica del September Concert di Roma. grande schermo avvenne con La mia decisione di portare l’Orchestra della Il Mostro di Firenze, un istant Svizzera Italiana all’Auditorium Parco della movie che ha affrontato il caso Musica a Roma, per l’annuale concerto celein maniera cruda e analitica. brativo dell’11 settembre, ha due ragioni. La Fu un successo, ma con tropprima è di natura affettiva. Quando anni fa pe polemiche. Ho lavorato facevo l’attore alla radio mi capitava spesso, a Un Amore dal romanzo di durante le pause, di nascondermi dietro le Dino Buzzati. Quando stavo pesanti porte dell’Auditorium, ad ascoltare chiudendo il contratto, con le prove dell’Orchestra. La seconda è legata un importante produttore, alle difficoltà che l’OSI sta attraversando. fui letteralmente truffato dalla Affinché potesse affacciarsi alla ribalta invedova dello scrittore, dalla ternazionale, ho pensato all’esibizione con quale avevo acquisito i diritti Lorin Maazel. L’ottima prestazione dell’OSI del romanzo, che avevo perha suscitato l’interesse di un agente internasonalmente pagato. Si scoprì zionale, di mia conoscenza, che la vorrebbe che non erano suoi e che i portare in tournée in Cina. Mentre passegproprietari non intendevano giavo sul lungolago di Lugano con Maazel, cederli per un film. Ripiegai su dopo la prima prova, egli mi ha detto: “AveLa più bella del reame, ispirato vi ragione. È un’ottima orchestra”. a un libricino di Marina Ripa Non so cosa farò in futuro perché non di Meana con Carol Alt come amo mettere in predicato le cose. Non ho protagonista. Era un ritratmai pensato al successo o alla “posizione”. to degli anni Ottanta con le Amo sentirmi libero nelle scelte, sognare e sue contraddizioni. Il film fu pensare in grande. Mi piace lavorare con massacrato dalla critica, ma persone intelligenti, oneste e positive, che fu un grande successo al box sappiano mettere, nelle comuni imprese, la office con incassi strabilianti. loro passione e il loro amore.

Cesare Ferrario

Vitae

ono nato a Como, dove ho frequentato regolarmente le scuole pubbliche. Ho continuato gli studi a Milano, avvicinandomi precocemente al teatro. La mia infanzia, trascorsa in un palazzo che nel Settecento era un filanda, ha alimentato il mio spirito artistico. Tutto è nato in quella casa magica con una vicina, che amava la musica classica, e un amico che aveva una vasta e straordinaria conoscenza letteraria. Dopo aver frequentato la Scuola d’Arte Drammatica del Piccolo Teatro, ho partecipato a un momento intenso della storia teatrale italiana: il ritorno di Giorgio Strehler, il “suo” teatro e la messa in scena del Re Lear di Shakespeare. Divenni un “promettente” attor giovane, al fianco di attori di grandissimo prestigio. La mia “carriera” è continuata per più di un decennio nei teatri d’Italia. Inconsapevolmente avevo intuito che le luci di quelle ribalte si stavano spegnendo per lasciare il posto al frastuono e alla mediocrità. Alla radio ci sono arrivato per caso. Da studente feci l’assistente alla regia in uno spettacolo per il Festival dei Popoli a San Marino. Il cast degli attori era composto dalla gloriosa Compagnia di prosa della RSI. Fu allora che apprezzai l’ottima qualità artistica e radiofonica ticinese. La lunga sperimentazione radiofonica a Lugano, in qualità di attore, poi di autore e di regista, è stata un passaggio molto significativo. Non è un caso che alcuni dei miei film, come La bella di Mosca del 2001, siano nati prima come sceneggiati radiofonici, realizzati con lo scrittore russo Viktor Erofeev, proprio per la RSI. Nei primi anni Novanta avevo inventato una formula narrativa per la radio, che avevo definito “il cinema a occhi chiusi” ma non fu apprezzata dai responsabili di allora. Sono ancora convinto della bontà dell’idea, così come sono convinto che la Svizzera Italiana ha avuto, e ha

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Il mistero del circo testo di Demis Quadri fotografie di Jacek Pulawski

Acrobate volteggianti su una fiabesca altalena, pagliacci dal grande sorriso a volte quasi diabolico, domatori di feroci belve della savana, uomini sospesi su un filo tra terra e cielo, abili artisti capaci di giocare con un elefante come se fosse un allegro cagnolino: questi i protagonisti di un mondo conturbante, in qualche modo fantastico, che può essere amato o odiato, ma che difficilmente lascia indifferenti...




sopra: Freddy Nock al termine della sua esibizione nelle pagine precedenti: Freddy Nock impegnato nel classico numero della fune sospesa in apertura: le figlie di Freddy Nock attendono il padre, in quel momento davanti al pubblico

Una creatura a molte facce “Una delle prime cose che spiego ai miei studenti”, scrive Alessandro Serena, professore di Storia dello spettacolo circense all’Università degli Studi di Milano, nella sua Storia del circo (Bruno Mondadori, 2008), “è che il circo è un mondo tanto affascinante quanto opaco: se ne parla molto, pur sapendone spesso poco o nulla. Una creatura a molte facce, in grado di evocare sia un universo di magia che un cosmo di confusione, sia il rigore che l’anarchia, sia la disciplina che il pressappochismo”. Come accadeva per i giullari che si aggiravano nell’Occidente medievale, che allo stesso tempo divertivano e inquietavano, le reazioni del pubblico verso il fenomeno circense seguono così direzioni che possono essere anche diametralmente opposte. Il fascino del nomadismo Uno tra gli elementi che rendono i sentimenti verso il circo ambivalenti si lega al suo nomadismo: gli artisti circensi sono costantemente in movimento per portare da una città all’altra i loro spettacoli. Ciò da un lato permea queste figure di un certo fascino, analogo a quello esercitato dai protagonisti di Gadjo Dilo di Tony Gatlif (1997), di Gatto nero, gatto bianco di Emir Kusturica (1998) o dell’album Karmen with a Happy End di Goran Bregovic (2007). Ma dall’altro può creare nei loro confronti una certa diffidenza: fatte le debite distinzioni, basti pensare alle reazioni sociali e politiche provocate dalle popolazioni nomadi che percorrono oggi l’Europa. Colpevoli forse di non essersi adattate ai meccanismi che


reggono la civiltà occidentale, queste sono state vittime di una storia di abusi e di ostilità, che non è stata senza conseguenze sulla loro evoluzione. Naturalmente i circhi contemporanei non sono accolti con tanto malanimo, se non nel particolare ambito delle proteste animaliste, ma di sicuro suscitano tra fautori e detrattori reazioni fortemente divergenti. La magia sotto il tendone Ma le stesse tecniche sfruttate sotto il tendone si prestano a generare risposte discordanti negli spettatori. La grande diversità nella qualità del lavoro degli artisti di strada, che per bagaglio professionale sono in parte assimilabili a quelli circensi, ha abituato il pubblico a produzioni spesso sorprendenti, ma a volte alquanto abborracciate. Al di fuori della spettacolarità, a questa situazione si è accompagnata nei circhi una certa povertà di contenuti, basata su una “drammaturgia” piuttosto elementare che porta dall’esercizio più facile a quello più difficile (per esempio, nel percorso dalla semplice capriola al triplo salto mortale carpiato con avvitamento). Oggi spesso si va in una direzione che tiene in maggior considerazione l’importanza di un inquadramento narrativo, ma la tradizione esteriorizzante ha spinto alcuni a considerare il circo una creatura in lenta agonia. È però evidente che attualmente proprio dall’approfondimento dell’esercizio corporale può nascere un rinnovamento nel mondo dello spettacolo in grado di oltrepassare i limiti del teatro di prosa. E d’altra parte è stata l’abilità degli artisti circensi nei loro ambiti, frutto di una grande disciplina che nel corso della storia ci ha regalato figure di spicco come il giocoliere Enrico Rastelli o il clown Grock, capaci a sedurre con la loro magia generazioni di spettatori. Il corteggiamento del cinema Del resto il fascino del circo ha conquistato anche un mondo assetato d’immagini meravigliose come il cinema. Se un regista come Stanley Kubrick ne è stato ammaliato in particolare nella sua attività di fotografo (vedi “Fotografia. Il giovane Kubrick” di Valentina Gerig, Ticinosette n. 23/2010), altri cineasti hanno trovato nel circo un elemento essenziale e stimolante per la propria pratica. La carriera di Tod Browning, per esempio, è stata segnata dalla realizzazione di Freaks (1932), leggendaria pellicola ambientata in un circo popolato da esseri bizzarri e deformi. Charlie Chaplin conta nella propria opera un capolavoro dal titolo Il circo (1928), ma nel corso del suo intero percorso è stato molto influenzato dalle esperienze maturate nel Circo di Casey. I mondi onirici di Federico Fellini, da La strada (1954) a I clowns (1970) a La voce della Luna (1990), sono costantemente attraversati da personaggi del circo. Ma anche Wim Wenders ne Il cielo sopra Belino si faceva contagiare dalla suggestione circense. E intanto nel cinema lo sguardo sul circo può essere di ammirato stupore, come nel Big Fish di Tim Burton (2003), o di profondo turbamento: l’attore Lon Chaney Sr. osservava che “non c’è assolutamente niente di divertente in un clown al chiaro di luna”.

sopra: Fumagalli, uno dei maggiori clown europei, prima di entrare in scena

a sinistra: l'acrobata Zhou Chen Guang in una fase di riscaldamento


L& +&"')#&, *& %)#&, *& *(##$,& Tendenze p. 40 – 41 | di Ludovica Domenichelli

Leggere fa bene e aiuta a crescere. Non è mai troppo presto per iniziare, anzi prima si inizia, meglio è. Fin dalla nascita ogni bambino, seguendo un istinto innato, è portato a leggere tutto ciò che lo circonda, a partire dalle espressioni del viso dei genitori. Come dire, la lettura nasce con la vita...

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nizialmente si tratta di una lettura di tipo sensoriale ma col tempo, una volta acquisite le competenze necessarie, essa si tramuta in lettura vera e propria. In questo modo il bambino impara a raccogliere informazioni, a elaborarle, a interpretarle e a reagire di conseguenza. Partendo da questi presupposti, nel 1989 un team di pediatri di Boston, lanciava un progetto innovativo in seguito esportato in diversi paesi, e approdato in Svizzera nel 2006. Stiamo parlando di Nati per leggere. L’idea che sta alla base è semplice: promuovere l’amore per la lettura nei bambini, sensibilizzando i genitori sull’importanza di leggere ad alta voce ai propri figli un libro fin dalla più tenera età. Recenti ricerche scientifiche hanno infatti dimostrato che leggere ad alta voce ai bambini in età prescolare ha un’influenza positiva sia dal punto di vista dell’apprendimento e della conoscenza, sia da quello delle relazioni interpersonali.

Primi, di tanto in tanto…

Pioniere di questa iniziativa, il Ticino, che ancora una volta si distingue a livello nazionale per il suo lavoro nel settore culturale ed educativo. Promosso e coordinato dalla Bibliomedia della Svizzera italiana e dall’associazione Media e Ragazzi Ticino e Grigioni italiano, Nati per leggere ha preso dunque avvio nella Svizzera italiana nel 2006, ma due anni più tardi, il 22 aprile 2008, ha valicato le Alpi, diventando un vero e proprio progetto nazionale. Il lancio della campagna a livello svizzero ha permesso di concretizzare meglio alcuni importanti obiettivi, come per esempio la distribuzione di un pacchetto regalo destinato a tutti i nuovi nati del nostro paese, contenente tre libri: Nient’altro che un bacino, adatto a bambini a partire dai sei mesi, protagonisti gli animali (con inserti soffici da accarezzare e con tema l’amore materno), l’Album illustrato di Haydé Ardalan per stimolare l’osservazione dei più piccoli, e un grosso cartonato, Amare il libro in tenera età, per avvicinare i neogenitori alla filosofia del progetto.


Lettura e illetteratismo Nati per leggere s’inserisce in un ventaglio di proposte volte a frenare il fenomeno dell’illetteratismo o analfabetismo di ritorno, che in Svizzera tocca il 22 per cento della popolazione. In altri termini, il progetto fa parte di una strategia internazionale di creazione di contesti che favoriscono l’alfabetizzazione quale premessa indispensabile per un proficuo inserimento sociale dell’individuo. Obiettivo ultimo la crescita sociale e culturale del bambino. L’idea dell’offerta di un libro alla nascita è stata lanciata agli inizi degli anni Novanta in alcune regioni d’Italia, dove il progetto esiste da dieci anni, e in Inghilterra. Alle nostre latitudini, come sottolineano i promotori dell’iniziativa nella Svizzera italiana, Antonella Castelli (presidente di MeR TIGRI) e Orazio Dotta (direttore di Bibliomedia della Svizzera italiana), fondamentale è il ruolo dei Comuni, ai quali viene chiesto di distribuire il pacchetto regalo con allegato un opuscolo informativo dedicato alle famiglie. Attualmente i Comuni che partecipano al progetto sono 82, ma le adesioni sono in continua crescita. Affinché questa campagna di sensibilizzazione possa realizzarsi con successo è tuttavia indispensabile il coinvolgimento dei medici pediatri e la partecipazione delle biblioteche. La speranza è che il libro possa diventare una presenza quotidiana nelle giornate delle famiglie svizzere, in modo da incrementare notevolmente le possibilità che i bambini di oggi rimangano lettori anche in futuro. Informazioni dettagliate sono a disposizione nelle tre lingue nazionali sul sito Internet www.natiperleggere.ch.

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È finalmente giunto il momento di guardare dentro di voi e tirar fuori verità finora nascoste. Cambiamenti di vita promossi da nuovi incontri. Dissapori in relazione alla gestione di proprietà comuni.

Saturno, Nettuno e Venere in trigono. Marte e Mercurio contrari. Puntate su rapporti di lunga data. Controllate di più la vostra ipercriticità, soprattutto se riguarda il partner. Attenzione alla guida tra l’8 e il 9.

Tra il 10 e l’11 novembre la Luna si troverà in opposizione congiunta al potente Plutone. Ogni vostra antica paura potrà improvvisamente slatentizzarsi. Cercate di mantenere una giusta dose di autocontrollo.

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Grazie ai recenti ingressi di Mercurio e Marte nella vostra quinta casa solare riuscitree a esprimere liberamente i vostri desideri sessuali. Momento felice per le competizioni sportive. Stanchezza tra l’11 e il 12.

State per essere presi da una sindrome di shopping compulsivo. Cercate di non fare il passo più lungo della gamba. Prima di iniziare a spendere fissatevi un budget. Cariche di passione le giornate tra l’11 e il 12.

Spinti da Venere, a partire dal 9 novembre, potrete essere colpiti da un irrefrenabile impulso a fare “shopping” in prodotti di lusso, oggetti d’antiquariato, e biancheria intima. Coccolatevi senza riserve.

Fino al 9 i nati a fine segno godranno del transito di Mercurio, oltre che dai potenti Giove e Urano; questo è senz’altro il momento per aprire le porte all’imprevedibile. Successi inaspettati e situazioni improvvise.

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II 9 novembre Venere, la dea del desiderio, tornerà retrograda nella vostra undicesima casa solare. Grazie a questo aspetto, potranno inaspettatamente riaprirsi un’antica collaborazione con una vecchia fiamma.

Incontri e occasioni sentimentali favoriti dai transiti di Mercurio e Venere tra il 7 e il 9. Amplificazione di vecchie emozioni tra il 10 e l’11. State attenti a non farvi manipolare. Nuove proposte professionali.

Risveglio degli appetiti sessuali. Nuovi incontri, soprattutto nell’ambito del proprio ambiente professionale. Affinità intellettuali in primo piano. Si apre una nuova fase per i nati nella seconda decade.

Marte, Mercurio e Venere in quadratura. A partire dal 9 novembre potranno accentuarsi i problemi di comunicazione con il partner. State attenti a non scattare per un “nonnulla”. Evitate le polemiche.

» illustrazione di Adriano Crivelli

» a cura di Elisabetta

ariete Grazie ai recenti ingressi di Marte e Mercurio nella vostra nona casa solare, improvvisa amplificazione dei vostri orizzonti culturali. Momento ideale per realizzare un viaggio d’affari. Nervosismo tra il 10 e l’11.


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Orizzontali 1. Esordiente • 10. Affiliarsi • 11. Mezza riga • 12. Proibizioni • 13. Il cane di Ulisse • 15. Era in voga la Pop • 16. Pallida, cerea • 18. La bella Campbell • 20. Il bel Brad • 21. Il Lucio Licinio console romano • 22. Furiosa • 24. Il nome di Pacino • 26. Alcoolisti Anonimi • 27. Lo stato con Teheran • 28. In mezzo al coro • 29. Un trampoliere d’acciaio • 31. Campicello coltivato • 33. Consunte, sdrucite • 36. La nota degli sposi • 37. Sentire • 39. Thailandia e Malta • 41. Vasi panciuti • 43. Lapalissiane • 45. Città polacca • 46. Con Tizio e Sempronio • 47. La nota più lunga • 49. Le iniziali di Matisse • 50. Il vetro posteriore dell’auto • 53. Sacerdotali, sacri.

iniziali di Toscanini • 19. Una bella Ornella del cinema • 23. Quasi unici • 25. Vantaggio • 28. Le cura l’otorino • 30. Strozzini • 32. Radio Svizzera • 34. Rivendita di giornali • 35. Audizioni • 38. Periodi storici • 40. Un vino ticinese • 42. Intrecci • 44. Ampi, estesi • 48. La fine della Turandot • 51. Dispari in urto • 52. Pari in forca.

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Verticali 1. Noto film di V. Perelman • 2. Pianta... fedele • 3. Osteria • 4. Cantone svizzero • 5. Il Ticino sulle targhe • 6. L’ha sostituito il bus • 7. Velivolo • 8. Un’andatura del cavallo • 9. Spagna e Italia • 14. Spiedo • 16. Assassini prezzolati • 17. Le

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