Ticino7

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Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Tessiner Zeitung

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con Teleradio dal 14 al 20 novembre

46 numero

12 | XI | 10

B#&%$$% i segni di una cultura


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numero 46 12 novembre 2010

Agorà Scienza e fede: tra Dio e il cosmo Arti Mostre. Un Dalì, per favore...

Impressum

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ALESSANDRO TABACCHI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Media Editoria. Giornalismo controcorrente Emotikon La sorpresa

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Vitae Suor Franca Valente

Chiusura redazionale

Reportage Barocco. I segni di una cultura

Editore

Sfide Anche in poca acqua

Venerdì 5 novembre Teleradio 7 SA Muzzano

Direttore editoriale Peter Keller

Redattore responsabile Fabio Martini

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KERI GONZATO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

MARIELLA DAL FARRA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tiratura controllata 72’011 copie

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GAIA GRIMANI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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NICOLETTA BARAZZONI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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E. AGUSTONI; FOTOGRAFIE DI P. KELLER . . . . . .

GIANCARLO LOCATELLI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tendenze Elettrodomestici. Chiedi alla polvere

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SILVANA BIGNASCA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione Via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA Via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Carona, Santuario della Madonna d’Ongero. “Angeli” (A. Casella, 1646–48) Fotografia di Peter Keller

L’arrivo del circo... L’ultima uscita di Ticinosette proponeva un Reportage fotografico dedicato all’universo sempre assai “misterioso” e “insondabile” del circo. Ma le evocative fotografie in bianco e nero del giovane Jacek Pulawski che accompagnavano le parole di Demis Quadri non sarebbero state possibili senza la cortese disponibilità del Circo Knie, sia dei suoi responsabili sia degli artisti (e degli animali) che partecipano a questa nuova stagione di spettacoli. Tutti loro sono stati seguiti per più giorni dal nostro fotografo, una vicinanza che gli ha permesso di catturare meravigliosamente anche gli aspetti più intimi e quotidiani del circo, e non esclusivamente legati al palcoscenico. Nei prossimi giorni il più importante circo svizzero sarà in tournée nel nostro Cantone: nello specifico, si esibirà a Bellinzona questo fine settimana (sabato 13 e domenica 14 novembre), a Locarno (martedì 16 e mercoledì 17) e infine a Lugano (da giovedì 18 a domenica 21). Come spesso accade in queste occasioni, l’associazione “Offensiva animalista” si sta preparando a “manifestare contro il Circo nonostante l’esplicito divieto manifestato dal Municipio di Bellinzona”, così recitavano gli organi di informazione il 2 novembre scorso. “L’associazione animalista avrebbe dovuto protestare a circa 500 metri dalle strutture del circo, ma una decisione dell’autorità comunale ha loro vietato la manifestazione. Offensiva animalista ricorda come in più occasioni i propri sit-in o manifestazioni siano stati proibiti in varie zone del Cantone”. I portavoce dell’associazione hanno poi affermato: “Appare evidente che il diritto di manifestare, garantito dalla Costituzione, per Offensiva Animalista non abbia alcun valore. Sottolineamo che il nostro gruppo non ha mai dato origine ad

alcun problema di ordine pubblico. Noi, insomma, dovremmo protestare sempre in altre date e in altri luoghi. Quando non serve”. Gli stessi attivisti annunciano che la manifestazione avverrà comunque, nei tempi e nei modi che riterrà più opportuni e che “se il Municipio deciderà di ricorrere alla violenza, non ci tireremo indietro. Riceveremo manforte da attivisti radicali di altri Paesi, abituati a ben altre manifestazioni”. Ticinosette non intende in questa occasione schierarsi, difendendo oppure etichettando come “incivili” le attività di spettacolo svolte con animali in strutture chiuse. Allo stesso modo siamo convinti che la libertà di manifestare al fine di rendere pubblico il proprio punto di vista – e difendere le proprie opinioni e i propri principi – sia sacrosanta e assolutamente da difendere. In ogni occasione. Ci spiace però constatare come, anche nell’episodio in questione, il tarlo dell’azione di forza e delle minacce stia compiendo la sua lenta e infausta azione. Non crediamo sia necessario ricordare qui come l’equazione “violenza=violenza” sia fra quelle che puntualmente (e purtroppo) trovano una conferma, che il principio da difendere sia piccolo o grande, locale o regionale, nazionale o internazionale. E le guerre che tutti i giorni uccidono innocenti e mietono disastri ambientali ne sono la più evidente conferma. Come già avvenuto in passato, crediamo che se qualcuno – un privato cittadino, un’istituzione pubblica o privata, un governo o una multinazionale – vìola le leggi di un paese, questo vada denunciato e perseguito nelle sedi e davanti alle autorità competenti. Dove si potrà naturalmente difendere, sostenendo la legittimità delle proprie attività. Buona lettura, la Redazione


Scienza e fede: tra Dio e il cosmo

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Agorà

Dopo il positivismo e con l’affermarsi di teorie scientifiche sempre più avanzate, si è giunti a sostenere l’impossibilità di instaurare un mutuo accordo tra religione e scienza. In gioco ci sono le importanti scoperte che toccano i grandi temi della vita come l’ingegneria genetica e l’origine dell’universo. Ne discutiamo con il teologo Paolo de Petris

L

a figura di Galileo Galilei è divenuta, nei secoli, l’emblema della contrapposizione tra religione e scienza, tra fede e ragione. Papa Benedetto XVI ha sostenuto che “è necessario e ragionevole interrogarsi su Dio per mezzo della ragione, sostenendo al contempo che senza verità la scienza è una grave minaccia per l’uomo”. La scienza cerca di spiegare e dimostrare le leggi della natura, mentre la religione spiega l’esistenza di Dio per mezzo della fede. La religione e la scienza possiedono, dunque, codici e valori diversi, e perciò sembrano in contrapposizione tra loro, anche se entrambe sono alla ricerca della verità e del vero. La fisica, per esempio, approfondisce e studia la Legge della gravità e i quark, mentre la religione conosce cose su Dio, del suo progetto di salvezza e delnostro destino dopo la morte. Secondo quanto la Chiesa cattolica ha statuito nel I Concilio Vaticano “Dio può essere conosciuto a partire dalle cose create, alla luce della ragione umana”. La scienza, per comprendere come funziona il mondo, opera per mezzo dell’osservazione, con cui costruisce le sue teorie scientifiche. In quanto entità non osservabile perché invisibile, Dio non rappresenta un tema per la scienza, e dunque per essa di fatto non esiste. A tal riguardo, abbiamo incontrato il teologo Paolo de Petris, pastore della Chiesa Riformata di Bellinzona, che ci ha spiegato alcune ragioni all’origine della dualità tra scienza e religione.

1804) rivolse a tutte le prove dell’esistenza di Dio che furono elaborate nel Medioevo da pensatori del calibro di Anselmo da Aosta (1033–1109) e di Tommaso d’Aquino (1225–1274). Kant escluse radicalmente qualsiasi possibilità di dimostrare razionalmente sia l’esistenza che la non esistenza di Dio che considerò un semplice postulato della dimensione morale dell’uomo che richiede la presenza di un Dio come un giusto giudice in grado di ricompensare coloro che hanno vissuto conformemente alla legge morale. Qualsiasi tentativo ora di tornare indietro mi sembra problematico. Se le prove fossero valide, Dio non sarebbe Dio, ma un elemento qualsiasi del nostro universo, soggetto alle leggi del nostro raziocinio. Su questa linea si è attestata gran parte della teologia protestante che è stata concorde nel ritenere che il Dio della fede non è da dimostrare e che il Dio da dimostrare non è il Dio della fede; basti soltanto ricordare quello che scriveva il celebre teologo protestante svizzero Karl Barth (1886-1968) quando faceva sarcasticamente notare che il tentativo di provare Dio non esisteva nella Bibbia, ma soltanto quando si dimentica con chi si ha a che fare quando si parla di Dio. L’affermazione di Kant ha però anche un altro importantissimo, ma meno percepito, risvolto: se l’esistenza di Dio, al pari della Sua non esistenza, non è dimostrabile razionalmente e scientificamente, allora sia l’affermazione del credente che quella dell’ateo sono da porre sullo stesso piano: entrambi, cioè, compiono un atto di fede”.

È possibile dimostrare l’esistenza o la non esistenza di Dio? “Penso che per rispondere a questo domanda occorra partire dalla critica stringente che il filosofo illuminista Immanuel Kant (1724–

Perché i rapporti tra scienza e fede sono così controversi? “Personalmente ritengo che i campi della fede e della scienza non siano e non debbano essere in contrasto. Mi conforta in


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Agorà

questa opinione quello che Galileo Galilei (1564–1642) scrisse testualmente in una celebre lettera inviata a Cristina di Lorena – consorte del Gran Duca di Toscana Ferdinando I de’ Medici –, su questa delicata questione: «Io qui direi che quello che intesi da persona ecclesiastica costituita in eminentissimo grado, che è intenzione dello Spirito Santo insegnarci come si vada in cielo, e non come vada il cielo». Volendo esplicitare questa affermazione, potremmo sinteticamente dire che la scienza tende a farci capire come funziona questo mondo e quali sono le leggi che lo governano, mentre quello della Bibbia è un discorso escatologico, di salvezza che non si preoccupa del come, ma del perché dell’esistenza umana. Da qui due importanti conclusioni: in primo luogo che l’universo e la vita umana non possono essere comprese soltanto attraverso l’analisi e l’osservazione scientifica, per il semplicissimo motivo che la conoscenza di come il mondo funziona non ci permette di conoscere per quale motivo esso funziona e in vista di quale scopo. In secondo luogo che l’universo e la vita umana sono stati posti in essere non dal destino cinico e baro ma a seguito di una libera decisione di Dio”.

Pensa sia possibile (e costruttivo) stabilire un mutuo accordo tra le parti? “Il fatto che fede e scienza siano entrate in corto circuito fra loro è stato principalmente causato da una reciproca quanto arbitraria tendenza a invadere il campo avverso e questo è puntualmente avvenuto sia quando la fede ha avuto la presunzione di spiegare il funzionamento del mondo sia quando la scienza, esorbitando dal suo ambito, ha inteso dare una risposta ai tanti esistenziali perché. Se ognuno si fosse limitato al suo campo, molto probabilmente non ci sarebbe stato alcuno scontro ed è ciò che io personalmente auspico che avvenga”. Qual è la più grossa controversia oggi in atto tra scienza e fede? “Sicuramente quella concernente l’origine e la formazione dell’universo. È ben nota la controversia tra teoria evoluzionista e teoria creazionista, tra coloro che ritengono che il cosmo sia la conseguenza di una gigantesca esplosione, in inglese Big Bang, avvenuta circa 15 miliardi di anni fa e coloro che credono che l’universo sia stato creato da Dio nei termini descritti

dal primo libro della Bibbia. Non vorrei cadere nel semplicismo, ma sono convinto che le due teorie non si escludano a vicenda. Che l’evoluzione costituisca una legge fondamentale della vita dell’universo, mi sembra incontrovertibile e lo verifichiamo del resto noi stessi guardando le nostre fotografie degli anni passati. Che ci sia stato un tempo in cui l’universo non esisteva, è del resto il comune denominatore di entrambe le teorie sopracitate. Mantenendo queste premesse, occorre tuttavia chiedersi: chi e che cosa è stato ed è alla base del processo evolutivo? La mia risposta da credente è una sola: Dio. E ancora: non ho alcuna difficoltà ad ammettere che il cosmo sia stato originato dal Big Bang, ma una volta accettato questo, voglio andare oltre e mi chiedo: wdel processo che ha provocato la grande esplosione cosmica? Nel primo libro della Bibbia, proprio all’inizio leggo: «Nel principio Dio creò i cieli e la terra. La terra era informe e vuota e le tenebre coprivano la faccia dell’abisso; e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. Poi Dio disse: Sia la luce! E la luce fu». La mia risposta da credente rimane quindi soltanto una sola: Dio”.

» di Nicoletta Barazzoni; imm. tratta da www.montgomerycollege.edu

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Arti

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di una mostra su Salvador Dalì si sentiva veramente la mancanza? In questi anni di magra artistica, se vi è un artista che non ha subìto alcuna flessione nel gradimento da parte della pubblica opinione, questi è proprio il baffuto di Figueras. Picasso pare in largo declino (troppo comunista, troppo difficile, troppo tutto…), De Chirico è un metafisico latitante, Mirò ormai appartiene alla sfera sempre più ristretta dei cultori del bel Novecento che fu, Botero piace sempre ma le sue donne obese pare abbiano subìto pure loro la campagna antiobesità della first lady Michelle Obama eccetera. Dalì invece è onnipresente: a 21 anni dalla sua morte basta recarsi in qualsiasi libreria per verificare quanto sia in buona salute il suo mito. E qui sorge il busillis: è utile una mostra che ribadisca quello che si sa già? Che Dalì fosse un pittore eccezionale, è risaputo. Che

le, pure. Che fosse un buffone geniale e un anticipatore della Pop art è aria fritta. Che abbia fatto il divano a forma delle labbrone di Mae West (anche qui in anticipo sui tempi, pensando al botulino che oggigiorno domina) è arcinoto. Allora perché dedicare tante energie ad rafforzare la fama di chi già è in testa all’apprezzamento generale? Come se un concorso per giovani promesse musicali premiasse, che ne so, Madonna o gli U2... Certo, viaggiare nelle sale di questa – notevole e bellissima va rimarcato – esposizione è inebriante. Alcune opere di Salvador Dalì sono vere e proprie droghe per l’anima: il Cammino dell’enigma per esempio, quadro della maturità estrema dipinto nel 1981, un anno prima di abbandonare il pennello definitivamente, con quella teoria di sacchi che si perdono in un’aurora violacea e quel gioco prospettico semplicissimo eppure profondo e inquietante, è un

Il grande maestro spagnolo non calcava le scene milanesi dal lontano 1954. Un’enormità forse… di cui qualcuno però potrebbe non aver sentito affatto la mancanza vero capolavoro. E così alcune splendide visioni del periodo immediatamente successivo alla Seconda guerra mondiale (la Dematerializzazione del naso di Nerone per esempio), col loro misticismo kitsch e la loro

Milano - Palazzo Reale Salvador Dalì. Il sogno si avvicina Sino al 30 gennaio 2011 Per maggiori informazioni: www.mostradali.it.

pseudo scientificità, sono irresistibili. Forse solo ciarpame, ma ciarpame sublime. Eppure, al di là di alcune trovate, questa mostra mi fa “un po’” rabbia: la sento come un’occasione persa e un omaggio al gusto imperante. Compito delle grandi istituzioni dovrebbe essere spingere l’interesse del pubblico sempre un po’ “più in là”, affinare il senso estetico degli spettatori e aiutare quegli artisti che hanno compiuto scelte coraggiose, controcorrente. Questa mostra è spaventosamente in linea con i nostri tempi: “va sul sicuro”, non arrischia nulla più di ciò che possa essere apprezzato anche dagli spettatori dei reality e delle fiction. Non a caso si chiude con la ricostruzione di un cartone animato che Dalì ideò assieme a Disney (e se i due decisero di non portarlo avanti, forse non doveva essere un granché). Quanto sarebbe bello, invece, poter ammirare nel 2010 delle retrospettive dedicate a, che ne so, Manolo Millares, a Luis Feito oppure ancora a Rafael Canogar… tanto per ricordare, nell’ambito dell’arte del Dopoguerra spagnolo, coloro che meriterebbero il massimo livello di attenzione. E invece riecco il solito Dalì. Per chi si accontenta, un’occasione ghiotta. Per gli altri, un bel blockbuster confezionato con maestria. A voler essere corretti, era dal 1954 che a Milano Dalì mancava. Ma quanti altri artisti eccelsi non vi hanno proprio messo piede…?

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fosse una persona discutibile, pure. Che le sue basi fossero la riflessione sul paesaggio della regione di Ampurdán, la rappresentazione freudiana delle pulsioni sessuali profonde e l’ipertecnicismo rinascimenta-

MOSTRE

» di Alessandro Tabacchi; immagine tratta da www.dillinger.it

Chiediamocelo francamente:

Un Dalì, per favore…

Un giovane e già eccentrico Salvador Dalì (1904–1989)


La mostra dedicata a Salvador Dalì (vedi articolo a lato) è solo uno dei molti appuntamenti di questo autunno artistico “tra nord e sud” quanto mai ricco. E fra le numerose occasioni degne di nota, non possono mancare almeno altri quattro appuntamenti che, partendo dalla mostra milanese, conducono a Basilea... Rancate - Pinacoteca Züst Il Rinascimento nelle terre ticinesi Sino al 9 gennaio 2011 Il titolo completo di questa esposizione “aperta” recita Da Bramantino a Bernardino Luini, svelando al pubblico le colonne portanti della mostra da poco inaugurata presso la sempre attiva Pinacoteca di Rancate. Tema centrale, naturalmente, il Rinascimento e la produzione artistica cinquecentesca oggi presente nel nostro Cantone. Una mostra “aperta” dicevamo, proprio perché i curatori, accanto alle opere presenti nella struttura museale, propongono una serie di suggerimenti, itinerari, dei veri e propri inviti “per scoprire luoghi in cui le testimonianze figurative sono spesso conservate in contesti naturali di grande fascino”: da Santa Maria alle Grazie di Bellinzona – e a questo punto non mancate di visitare l’originale Helvetia Park, a Castelgrande sino al 23 gennaio – alla sorprendente Santa Maria dei Ghirli di Campione, dall’intima Chiesa di San Giorgio a Losone all’imponente Santa Maria Assunta di Chiggiogna (Valle Leventina).

Lugano Nippon. Tra mito e realtà Sino al 27 febbraio 2011 Strutturata in quattro mostre che coinvolgono Villa Malpensata, il Museo Cantonale d’Arte, Villa Ciani e il suo parco, il Palazzo dei Congressi e il Museo delle Culture – oltre a numerose iniziative dedicate “alla cultura del

Andar per arte Sol Levante” –, quello messo in scena a Lugano è un percorso culturale che porta il visitatore alla scoperta delle espressioni artistiche orientali contemporanee, così come delle tradizioni e delle origini dell’arte giapponese, “secoli di cultura artistica e sociale, abbracciando tanto la tradizione quanto la stretta contemporaneità, per mettere a fuoco gli elementi ricorrenti nell’evoluzione della straordinaria civiltà giapponese”.

Zurigo - Kunsthaus Picasso Sino al 30 gennaio 2011 A 78 anni dalla prima retrospettiva dedicata a Pablo Picasso e curata “da se stesso”, Zurigo omaggia in un unico evento sia l’artista sia la “casa dell’arte” zurighese, riproponendo una riflessione sulla genesi di quella fondamentale esposizione del 1932, capace di influenzare in modo indelebile la visione che il mondo aveva di Picasso e della sua produzione. Con 74 dipinti (fra i quali Le Peintre et son Modèle, tela del 1927 raramente esposta in Europa), alcune sculture e decine di fogli grafici dell’epoca.

Basilea - Fondazione Beyeler Vienna 1900. Klimt, Schiele e il loro tempo Sino al 16 gennaio 2011

Il volantino di presentazione della mostra presso la Pinacoteca Züst di Rancate. Nell’immagine: Fuga in Egitto (1510–1515) di Bartolomeo Suardi, detto il Bramantino

La Secessione fu un laboratorio di idee, un momento di rinnovamento e di grande energia creativa. La mostra presso la Fondazione Beyeler – sempre meritoria di essere visitata, non fosse altro che per lo splendido edificio progettato da Renzo Piano – ripercorre le tappe di un momento storico-artistico dal quale nacque il Modernismo. Duecento opere fra dipinti, disegni e acquerelli, modelli architettonici, mobili, oggetti in vetro, fotografie e manifesti d’artista per offrire allo spettatore “un’istantanea nitida e precisa di un periodo che fu teatro di grandi trasformazioni”.

» a cura di Giancarlo Fornasier

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Arti

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merda dei college, catalizzatori della confusione nelle università, incorreggibili, insoddisfatti e acerbi imprenditori. Siamo idealisti, anarchici, tattici della guerriglia, burloni, poeti, filosofi e punk” (parole tratte da www. adbusters.it, versione italiana online della rivista). Pagina dopo pagina, i testi combinati alle immagini distorgono le regole spingendoci a rivisitare la realtà. L’operazione è messa in atto grazie a un giornalismo colto e graffiante; un po’ intellettuale, un po’ fricchettone, un po’ anarchico, ma anche propositivo e illuminante. È certamente un prodotto editoriale “raro” nella fiumana di testate qualunquiste e di facciata, dai testi affogati in una marea di immagini pubblicitarie. Un mondo, quello della pubblicità, che i grafici e i fotografi di AdBusters invece

Internet

www.adbusters.org Vista la difficile reperibilità della rivista alle nostre latitudini, la via migliore per procurarsela è entrare nel sito Internet… e abbonarsi.

Advocacy Agency, l’agenzia che crea campagne di comunicazione per associazioni come Greenpeace e Amici della Terra, e il marchio di fabbrica sono le campagne di comunicazione sovversive; il nome stesso della rivista deriva da Ad, in inglese “pubblicità” e Buster, cioè “colui che distrugge o sconfigge”. Campagne che non hanno peli sulla lingua e limiti tematici: passano dalla sensibilizzazione ecologica, alla denuncia degli psicofarmaci caramella fino alla promozione del Buy-nothing-day, la “giornata del non acquisto”. L’idea di fondo è quella di creare un’interferenza nel flusso dell’informazione con dei rumori e delle immagini capaci di irrompere nella quotidianità con fragore. L’obiettivo di questo rumore è quello di interrompere lo stato di ipnosi e spingere a dubitare, dibattere, discutere, informarsi, condividere opinioni, informazioni ed esperienze. Stravolgendo il “La pubblicità distrae dalle cose più impormessaggio diffuso dai tanti, martellando su argomenti irrilevanti grandi marchi, con e portando inconsciamente a percepire come un massiccio ricorso irrilevanti gli argomenti di cui non parla”. all’arma dell’ironia, si Parola di Kurt Vonnegut mettono in evidenza le strutture del potere stravolgono, trasportati da e i valori socialmente, ecologicamente e un impulso viscerale, per culturalmente negativi che inquinano la comunicare proposte divervita di oggi. La motivazione è quella di se per un mondo più sano. trasformare l’abitante del pianeta da vittima La stessa rivista esprime il passiva ad attore cosciente e indipendente. pensiero della AdBusters MeE sappiamo quanto ciò sia importante, no? dia Foundation e Powershift Lo sappiamo, lo sappiamo…

» di Keri Gonzato; immagine tratta da www.deviantart.com

prima volta che sfogliai un numero di AdBusters mi trovavo in uno sgangherato appartamento a Barcellona: annoiata, avevo aperto la rivista abbandonata sul divano sicura di trovarvi la solita insalata di propaganda cool. Niente di più sbagliato, perMedia ché della rivista, oltre ai redattori illustri, colpiscono le immagini tipiche delle pubblicazioni patinate, ma rivisitate in chiave sovversiva. AdBusters è un bimestrale noprofit, che sopravvive grazie al supporto dei lettori. Nato a Vancouver nel 1989 si definisce “Journal of the mental environment”, letteralmente “una rivista per l’ecologia della mente”. Viaggiare attraverso le parole e le fotografie di questo periodico è come ricevere una secchiata di acqua gelata in testa: una sberla mentale che ti spinge a svegliarti e a riconsiderare tutto quello che ti sembrava “normale e accettabile”. La rivista dà spazio a quel circolo di insurrezione globale che vorrebbe un mondo diverso. A farne parte sono i “disturbatori della cultura”: “I Culture jammers sono un network dissociato e globale di artisti, scrittori, ambientalisti, economisti ecologici, insegnanti dell’alfabetizzazione dei media, sinistroidi rinati, ecofemministi, antiprogressisti, disturbatori di

Kalle Lasn Design Anarchy Oro Editions, 2006 Il volume disponibile in lingua inglese e curato dal fondatore del periodico, raccoglie la potenza espressiva del sabotaggio culturale proposto da AdBusters. Un percorso visivo che ripercorre le campagne anti-pubblicitarie che, con trovate geniali e spiazzanti, hanno messo a nudo il consumo bulimicocompulsivo indotto dal potere della pubblicità.

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Giornalismo controcorrente

“Sei tu questo?”. Una delle provocatorie campagne del periodico AdBusters

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certo qual modo richiama la “banalità del male” narrataci mezzo secolo fa da Hanna Arendt: la malvagità, il più delle volte, non ha una ragione unica e individuabile. Fa parte dello spirito del tempo, del conformismo, della capacità dell’uomo di optare per la scelta più facile e comoda. Un male figlio della stupidità morale dell’uomo, che ha come conseguenza la rinuncia alla propria libertà per compiacere il potere e lusingare le pulsioni più basse. Vengono così in mente molte storie di oggi, e non solo di ieri o dell’altro ieri... Nota biografica dell’autore Nato a Torino nel 1953, Roberto Cazzola ha lavorato dal 1974 al 1995 per l’editore Einaudi, occupandosi di storia, scienze umane e letteratura tedesca. Dal 1983 al 1985 ha insegnato all’Università di Vienna. Dal 1995 è responsabile per Adelphi della letteratura tedesca. Ha pubblicato articoli e racconti su giornali tedeschi, austriaci e italiani. Tra i suoi libri segnaliamo: Il “caso Austria”. Dall’Anschluss all’era Waldheim (Einaudi, 1988); La fedeltà (Marcos y Marcos, 1999); Lavati le mani, Elmar (Casagrande, 2005).

» di Roberto Roveda

Torino del 1944, occupata dall’esercito tedesco e nella quale imperversano le squadre fasciste, Luigia Zonga denuncia una coppia di fidanzati suoi vicini di casa, Alfredo Dervilles e Selma Làvan. Quest’ultima, ebrea scappata dall’Austria per sfuggire alle persecuzioni naziste, finirà a Bergen Belsen, mentre l’uomo verrà imprigionato e torturato. Sessant’anni dopo Alfredo visita, in compagnia della nipote Valeria, il carcere dove fu rinchiuso e le racconta del suo antico amore, mai dimenticato e mai più rivisto. Spinge così la donna a un viaggio a ritroso nel tempo, tra memorie, documenti, antiche foto ingiallite, alla ricerca di Selma, ma anche delle ragioni che portarono Luigia, l’infame delatrice, a denunciare i due fidanzati. Un percorso amaro, la cui conclusione sarà inaspettata. Lo spunto narrativo de La delazione, terzo romanzo di Roberto Cazzola, nasce da una vicenda simile a tante altre accadute nel corso della Seconda guerra mondiale. Attraverso una ricostruzione allo stesso tempo certosina e quasi maniacale degli ambienti e delle atmosfere, l’autore restituisce una descrizione della Torino in guerra e nel primo dopoguerra precisa come una carta topografica, con le sue vie, i suoi negozi, i suoi personaggi. Questa attenzione, questa ponderatezza, questo indugiare sui particolari se da un lato aspirano a favorire la partecipazione del lettore alla vicenda narrata, quasi fosse lui stesso, in prima persona a scoprire quei luoghi e incontrare quei personaggi, dall’altro, vanno sicuramente a discapito del ritmo narrativo e della tensione del racconto, che risultano lenti e talvolta scoraggianti, a tal punto da produrre la sensazione di avere fra le mani un narrato così intimo e personale da risultare impenetrabile a una lettura “altra”. Né risulta d’aiuto l’organizzazione temporale della vicenda, in cui le storie e i personaggi si inseguono, tra flashback e contemporaneità. Difficile, quindi, capire dove termini la “necessità” e inizi il virtuosismo letterario che certo all’autore non manca. Al di là di queste osservazioni, il libro è percorso, comunque, da un contenuto morale forte e attuale, che in un

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La sorpresa “Mi è venuta una rabbia tale...”, “Ho provato una gioia improvvisa...”, “È stato solo un grande spavento...” Parliamo spesso di emozioni: a volte non ne specifichiamo nemmeno la qualità e ci limitiamo ad asserire: “Mi sono emozionato”. Ma che cos’è, esattamente, ciò che sentiamo? E in che modo ne diventiamo consapevoli?

Nonostante sia molto studiato, quello delle emozioni è tutt’ora

Emotikon

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un ambito privo di una definizione univoca, al punto che non vi è accordo su quali e quante siano le configurazioni riconoscibili come tali. In questo articolo, e in quelli che seguiranno, ne prendiamo in considerazione sette: sorpresa, gioia, paura, rabbia, disgusto, inquietudine e desiderio. La scelta è effettuata in base alla rispondenza a due requisiti distintivi, che differenziano l’emozione tanto dal sentimento (amore, odio, dolore morale eccetera) quanto dallo stato d’animo (tristezza, allegria, aspettativa). In altre parole, le emozioni, da una parte, sono associate a modificazioni fisiologiche che rispondono alla comparsa di stimoli interni ed esterni; dall’altra, e conseguentemente, sono contrassegnate dalla brevità della loro durata. Soffermiamoci per un istante su queste caratteristiche. Ricordate il film Blade Runner e il test eseguito sul replicante nella scena iniziale della pellicola? Il manifestarsi di risposte emotive a stimoli potenzialmente disturbanti viene monitorata attraverso la dilatazione (midriasi) e il restringimento (meiosi) della pupilla, ed è proprio l’assenza di variazioni nel diametro pupillare a tradire la natura non umana dell’individuo sottoposto ad esame (con le ben note conseguenze sul destino dell’esaminatore). L’accelerazione del battito cardiaco, così come l’aumento o la diminuzione della sudorazione, le alterazioni del ritmo respiratorio, l’aumento o la diminuzione del tono muscolare sono tutte risposte fisiologiche correlate dell’emozione: correlati oggettivi e misurabili, tanto da essere utilizzati come parametri per valutare la veridicità delle affermazioni di una persona (ricordate la cosiddetta “macchina della verità”). In altre parole, l’emozione nasce da una modifica del Sistema Nervoso Autonomo, suscitata dalla comparsa di uno stimolo che può essere sia esterno (come nel caso di sorpresa, gioia, paura, rabbia, disgusto) che interno (inquietudine e desiderio). La costituente fisiologica dell’emozione circoscrive la sua durata nel tempo, che è sempre discreta, ovvero ha un inizio e una fine, a differenza del sentimento la cui durata è variabile e suscettibile di prolungarsi indefinitamente. Questo perché l’emozione è legata all’esperienza “fisica” dell’oggetto (o della sua assenza), mentre il sentimento, che ha una componente cognitiva, prescinde dalla sua presenza attuale. Le emozioni non rappresentano una prerogativa della specie

umana e non sono modificabili nel tempo (variano solo nell’intensità), al contrario dei sentimenti, che implicano autocoscienza (quella sì una nostra “esclusiva”, almeno fino a prova contraria) e che possono evolvere in qualcosa di diverso. Le emozioni sono automatiche, non mediate e tendenzialmente stereotipate. La sorpresa, per esempio, è tipicamente determinata dal manifestarsi di un elemento nuovo e inatteso. Il suo precursore è il riflesso di orientamento, quella risposta universale consistente nel direzionare il capo verso qualsiasi stimolo1 che introduca una discontinuità nella nostra percezione2. Dal punto di vista fisiologico, la sorpresa è caratterizzata da: vasodilatazione cefalica, che sul piano psicologico si traduce in un potenziamento dei processi di attenzione; vasocostrizione periferica; risposta elettrodermica e decelerazione della frequenza cardiaca. Sul piano comportamentale, è segnalata dal riflesso di ammiccamento: quella contrazione del muscolo orbicolare nota come “battito di ciglia”3. La sorpresa può avere una connotazione positiva, negativa o neutra, al contrario delle altre emozioni che tendono a essere o gradevoli o sgradevoli. Innescando un processo di ristrutturazione volto a integrare l’elemento di novità nel campo della coscienza, la sorpresa ha una valenza fortemente adattiva: la capacità di sorprendersi è positivamente correlata alla creatività4 e all’apprendimento5. Più importante, la sorpresa produce una temporanea sospensione degli schemi precostituiti, introducendo nel sistema psicologico della persona un’opportunità di modifica. Per questo motivo è considerata in ambito terapeutico un importante agente di cambiamento6.

» di Mariella Dal Farra; illustrazione di Micha Dalcol

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Note 1 Visivo, sonoro o appartenente a un’altra modalità sensoriale. 2 “La sua funzione adattiva è quella di ottimizzare la risposta recettoriale per la valutazione dei mutamenti transienti nell’ambiente”; Marco Costa e Pio Enrico Ricci Bitti, Utilizzo del riflesso di startle per lo studio delle attività cognitive ed emozionali, “Giornale Italiano di Psicologia”, a. XXV, n.1, marzo 1998, p. 53. 3 Altre componenti dell’espressione facciale di sorpresa sono: alzare le sopracciglia, spalancare gli occhi, socchiudere la bocca. 4 Allan Filipowicz, From positive affect to creativity: the surprising role of surprise, “Creativity Research Journal”, 2006, Vol. 18, No. 2, pp. 141-152 5 Jonathan E. Adler, Surprise, “Educational Theory”, 2008, Vol. 58, No. 2, pp. 149-173. 6 Gary Taerk, Moments of spontaneity and surprise: the nonlinear road to something more, EBSCO Publishing, 2003.


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Letture

derato fra i pionieri nello studio delle comunicazioni non verbali e in particolare delle emozioni e delle espressioni facciali, Paul Ekman ha centrato l’intera sua attività sulla convinzione, in seguito da lui provata, che le espressioni del volto e le emozioni, di cui le prime sono diretta manifestazione, non rappresentano uno specifico culturale ma possono essere considerate delle modalità universali con radici profonde nella natura biologica dell’essere umano. Inserito dal “Time Magazine” nel 2009 fra le persone più autorevoli del pianeta, Ekman, che attualmente insegna alla facoltà di medicina dell’Università della California, a San Francisco, è conteso, proprio per le sue scoperte e competenze, sia da istituzioni pubbliche sia

da organizzazioni e aziende private: corpi di polizia, unità antiterrorismo, agenzie di intelligence ma anche la Pixar, nota produttrice di cartoni animati. Le sue affascinanti ricerche hanno poi ispirato la sceneggiatura del serial televisivo Lie to me, interpretato dall’attore britannico Tim Roth. Il volto umano, nelle sue differenti espressioni – che possono quindi essere ricondotte a una sorta di comun denominatore biologico, sottostante e presente in tutte le comunità umane –, si configura per Ekman come una sorta di monitor emozionale in grado di svelare i nostri vissuti. Nel suo libro, fruibile non solo da chi come specialista si occupa di questi temi – per esempio, psicologi, psicoanalisti, assistenti sociali, corpi di polizia e

di spionaggio, responsabili del personale ecc. – ma da tutti coloro desiderosi di districarsi nella complessa rete dei segni emozionali, l’autore individua otto diversi “stili” di comportamento facciale, definiti anche come microespressioni: trasparente, opaco, inconsapevole, bianco, vicario, congelato, pronto all’uso e pervasivo. Non si tratta ovviamente di uno schema rigido, ma di una cornice di riferimento ideata per mappare le differenti personalità sulla base della loro espressività facciale. L’espressione trasparente, per fare un esempio, è quella comune alle persone a cui si legge immediatamente in faccia la condizione emotiva del momento; al contrario, l’espressione in bianco risulta la più complessa e meno interpretabile, e spesso appartiene

Paul Ekman Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste Amrita Edizioni, 2010

» di Fabio Martini

Psicologo statunitense, consi-

a persone che, al contrario, sono convinte di mostrare ciò che provano. Insomma, un libro che non mancherà di riservare parecchie sorprese... per restare in tema.

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» testimonianza raccolta da Gaia Grimani; fotografia di Igor Ponti

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Oltre a occuparmi dell’accoglienza delle persone che arrivano al Centro e alla cura della casa, il mio compito specifico è quello pastorale: impartisco alcune ore d’istruzione religiosa nelle scuole elementari, coordino la catechesi della prima comunione in collaborazione con il parroco, ne curo il programma e anche la formazione delle mamme catechiste. Inoltre, tengo dei corsi biblici sempre per mamme, collaboro con il Direttore del Centro per la pastorale e l’ospitalità delle varie attività. Durante l’estate organizzo, da 17 anni, con un bel gruppo di animatori e i sacerdoti della parrocchia, la Una donna dinamica, moderna e solare. colonia estiva dei bambini. Sempre sorridente, passa dai corsi bi- Ho sempre sentito la necessiblici alla tisana della buona notte per i tà di offrire loro qualcosa in più dell’istruzione religiosa bambini in colonia, dalle marmellate al a scuola e la colonia, anche catechismo. Senza mai dimenticare chi è se per dieci giorni solamente, può diventare una scuola e cosa rappresenta di vita. Infatti, non si tratta Santa Croce all’insaputa dei solo di trascorrere un periodo all’insegna miei genitori e solo dopo del gioco e del divertimento, risolvendo il aver ricevuto la risposta poproblema ai genitori che lavorano, ma con sitiva, parlai con loro. Mia la scelta di un racconto che diventa il fil madre acconsentì, ma mio rouge di tutta la vacanza, aiutare i ragazzi padre accettò a malincuore la a scoprire, vivere e crescere in quei valori mia scelta. Appena compiuti umani e cristiani che spesso non gli vengono i 18 anni, lasciai la famiglia proposti dalla vita moderna. e partii per la Svizzera, doIn colonia, il bambino vive come in una ve l’11 settembre del 1982, grande famiglia, dove condivide lo spazio, nella chiesa di Cristo Risorto la tavola, i giochi, la camera, impara a a Lugano feci la professione rispettare le regole, ma trova anche accoreligiosa, ritornando subito glienza, ascolto, attenzione. E quando arriva a Friburgo, dove m’ero foril momento di spegnere le luci, ecco la mia mata, per seguire gli studi di tisana della buona notte: quando tutti sono teologia all’università. Nel a letto, passo con la brocca della tisana, che frattempo, nel 1983, a Menchissà perché è come una pozione magica, drisio era stato inaugurato il che per incanto ogni sera cambia gusto e ne Centro Presenza Sud, un punassume uno molto particolare: il gusto della to d’incontro, aperto a varie colonia. Come s’intuisce, ho un hobby: la attività e manifestazioni. Da cucina. Mi piace cucinare, ma anche curare subito chiesero la presenza l’aspetto esteriore del piatto, la presentaziodelle Suore della Santa Croce ne. Per l’avvento, allestisco con l’aiuto di per prestare servizio all’inalcune signore, un mercatino di beneficenza. terno della casa, nell’ambito Amo conservare frutta e verdura, preparare pastorale, della catechesi e biscotti e torte. Talvolta mi viene chiesto della liturgia, in quello incosa significhi essere una suora nel mondo fermieristico e degli anziani. di oggi: per me vuol dire essere testimone di Nei momenti di vacanza e Cristo lì, nel posto in cui uno si trova. Una durante l’estate già venivo suora non deve fare niente di straordinario, ad aiutare le suore della coma vivere profondamente la scelta che ha munità e poi, terminati gli fatto: essere di Cristo, testimoniando il studi di teologia nel 1987, messaggio evangelico e seminando la Sua ritornai a Presenza Sud, dove parola che ha una vitalità e una potenza sono tuttora. che sfida i secoli.

Suor Franca Valente

Vitae

i chiamo suor Franca Valente, sono nata a Cicerale, nel cuore del Cilento, in provincia di Salerno e sono la prima di quattro sorelle. Sono cresciuta in una famiglia allargata con i miei nonni paterni, gli zii e i cugini. Quando ci sedevamo a tavola, non eravamo mai meno di dodici e nelle feste grandi arrivavamo anche a sedici persone. Nella mia famiglia c’è sempre stato posto per tutti e l’ospitalità era sacra. Il mio paese d’origine è situato su una collina e lo sguardo spazia dalla montagna al mare. Questo paesaggio quasi selvaggio, con la sua natura incontaminata, resterà sempre nel mio cuore. Mi piace ricordare le giornate estive trascorse nella casa di campagna: vacanze non se ne faceva perché i miei genitori erano contadini e durante l’estate c’era sempre da lavorare in campagna. Noi ragazzi dal mattino alla sera stavamo fuori, a correre nei prati e a inventare giochi sempre nuovi. Alla sera amavo osservare l’immenso cielo stellato e ancora oggi, quando ritorno a casa dei miei genitori durante il mese di luglio, di notte, quando cose e persone riposano, esco in terrazza, mi siedo e resto lì a guardare l’immensità del firmamento, col pensiero riconoscente e grato verso il Creatore. La mia vocazione alla vita religiosa si risvegliò in modo particolare quando il giovane parroco del mio paese si dedicò a noi ragazzi: nacque e si rafforzò così in me il desiderio di dedicare la mia vita a Dio. Tramite lui conobbi le Suore della santa Croce di Menzingen che prestavano il loro servizio a Paestum. Poi un altro sacerdote curò in modo particolare la mia vita spirituale incoraggiandomi a intraprendere la scelta religiosa. Il punto più difficile per me, era lasciare la famiglia e andare lontano. In casa non parlavo della mia vocazione. Feci la richiesta di entrare nella Congregazione della

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Barocco i segni di una cultura testo di Edoardo Agustoni; fotografie di Peter Keller

Il recente volume pubblicato dall’editore Casagrande di Bellinzona e dedicato ad alcuni degli esempi più significativi dell’arte barocca in Ticino, rappresenta un ulteriore passo per meglio comprendere i grandi cambiamenti culturali che i secoli XVII e XVIII hanno portato al nostro territorio. Mutamenti che hanno coinvolto e trasformato sia la società civile sia quella religiosa, scosse entrambe da quel fondamentale passaggio storico che fu la Con-

troriforma. Attraverso autorevoli contributi scritti e iconografici, il volume non segna solo un importate momento di riflessione sul linguaggio estetico e tecnico del Barocco. Ciò che queste pagine paiono mostrare è un approccio innovativo alla fotografia degli oggetti d’arte: una ricerca anche tecnica che, utilizzando linguaggi volutamente narrativi, ne svela attraverso le luci, le prospettive e i dettagli, il lato più emotivo e propriamente devozionale


in queste pagine: Lugano, Cattedrale di San Lorenzo, cappella della Madonna delle Grazie. Angeli e Putti in stucco sull’altare reggono una corona in onore alla Vergine e dei festoni (Stefano Salterio, 1770–74) in apertura: Castel San Pietro, Chiesa parrocchiale di Sant’Eusebio, cappella del Crocefisso. Dettaglio della Vergine svenuta, sostenuta da una delle tre Marie (Giovanni Battista Barberini, 1688–90)



sopra, a sinistra: Mendrisio, Chiesa di San Giovanni Battista, cappella dei santi Rocco e Sebastiano. Piccola tela che riproduce il Compianto sul Cristo morto posizionata sul lato destro della cappella (Anonimo, XVIII secolo) a destra: Lugano, Cattedrale di San Lorenzo, cappella della Madonna delle Grazie. Una delle otto statue rifinite in stucco lustro che rappresentano le Beatitudini (Stefano Salterio, 1770–74)

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in dal suo trasferimento a Montagnola nel maggio del 1919, Hermann Hesse dedica al Ticino parecchi scritti, in alcuni dei quali il paesaggio rurale del tempo diventa lo sfondo di noti romanzi e racconti. Lo scrittore tedesco riconosce al paesaggio ticinese e al suo costruito un fascino tutto particolare: “Non sono soltanto il calore del sole, la sonorità della bella lingua, l’ingegnosa coltivazione dei vigneti a terrazza a ricordarci che siamo al piede meridionale delle Alpi, che varchiamo la soglia del paese solare e della più antica civiltà europea. Lo ricordano con immediatezza ogni edificio sacro vecchio o nuovo, ogni chiesa, ogni cappella, ogni edicola. Sono tutte belle, senza eccezione, perché i ticinesi sono – e sono sempre stati – eccellenti architetti e muratori e hanno dato il loro apporto all’erezione di non poche, grandi opere d’arte anche in Italia. Bella è sempre e senza fallo l’ubicazione delle chiese. (…) Bello e scelto oculatamente è sempre l’accesso ai santuari”1. Il Premio Nobel per la Letteratura evidenzia alcune peculiarità fondamentali del Cantone, come la stretta connessione tra l’orografia e il costruito, in particolare con gli edifici sacri, tanto che il territorio italiano a cui il Ticino appartiene geograficamente e culturalmente è stato definito dallo storico francese André Chastel museo “naturale” o, secondo un’altra felice espressione di Antonio Paolucci (direttore dei Musei Vaticani), “a cielo aperto”. Fra testimonianze e disordine urbano Quello che caratterizza il nostro Cantone è una continuità di segni culturali di grande intensità e durata, che ne hanno pro-

fondamente modellato e modificato, in altre parole antropizzato, la struttura e il profilo del territorio. Malgrado il disordine edilizio degli ultimi decenni e la scriteriata speculazione che sta raggiungendo picchi vertiginosi, in Ticino possiamo ancora chiaramente leggere i segni di questo lontano passato. Se ci riferiamo al Medioevo, un esempio emblematico è il nucleo di Giornico, con le sue antiche chiese, i resti del castello, la torre di Attone, i ponti, i terrazzamenti con i muri a secco, le abitazioni; tutti elementi in stretta connessione fra loro e con la topografia del luogo. In particolare, gran parte dei nostri nuclei abitativi risente ancora di quella intensa stagione culturale derivante dalla Controrifoma, che si manifesterà ininterrottamente dalla fine del Cinquecento sino al Settecento, con caratteri formali e stilistici che si adegueranno di volta in volta alle diverse tendenze del tempo. Ma sempre nel segno di una “sacralizzazione” del territorio, secondo una “studiata scenografia paesistica che mira ad indicare i percorsi della fede e della penitenza”2, messa a punto attraverso tutta una rete di santuari per lo più mariani, chiese, oratori, cappelle, edicole, statue e dipinti votivi sulle facciate delle abitazioni private. Un territorio, un popolo, un costruito L’altro aspetto peculiare al nostro territorio, pure già rilevato da Hermann Hesse, e che sarebbe più corretto estendere alla cosiddetta regione dei laghi – oggi denominata Insubria –, è la straordinaria familiarità degli uomini di questa terra con il costruito, tradizione le cui radici affondano già nell’Alto Medioevo, per proseguire ininterrottamente in Età Moderna


sopra: Morbio Inferiore, Santuario di Santa Maria dei Miracoli, cappella di San Giuseppe. Un Profeta e un Angelo seduti sul timpano e sul cornicione dell'altare (Agostino Silva, 1670 circa)


sopra: Bissone, Chiesa parrocchiale di San Carpoforo, altare dell’Angelo Custode. Una rappresentazione di Maria Maddalena mentre sostiene un vaso di profumi e unguenti per il Cristo (Anonimo, 1690 circa)


e raggiungere il massimo dell’intensità proprio tra la fine del Cinquecento e il Settecento. Queste attività toccano tutte le fasi dell’edificazione: dalla progettazione alla costruzione – “picca pietre”, scalpellini, muratori, architetti – sino alla sua decorazione e abbellimento (scultori, stuccatori, scagliolisti, frescanti, quadraturisti, pittori di tele ecc.). Il recente volume pubblicato dalle Edizioni Casagrande di Bellinzona da cui sono tratte le immagini che illustrano questo scritto, intende accompagnare il visitatore alla scoperta di questi manufatti; “piccoli” per dimensioni in quanto rispondevano alle necessità pratiche e cultuali di una popolazione racchiusa in nuclei abitativi di poche centinaia di anime; ma, come il termine “capolavoro” sottende, “grandi” e a volte perfino “grandissimi” dal punto di vista artistico e qualitativo. Senza pretese di essere esaustivi su di un tema che meriterebbe una trattazione sistematica e capillare, e consci di non poter coprire tutto il nostro territorio che vanta una concentrazione fittissima di opere di questo periodo artistico, nella prima parte della pubblicazione si è voluto evocare attraverso immagini estremamente curate, alcune di queste testimonianze che riteniamo particolarmente significative. Per il Seicento ci si è quindi concentrati su tre edifici esemplari: i Santuari della Madonna d’Ongero di Carona e della Madonna dei Miracoli di Morbio Inferiore, e la Chiesa parrocchiale di San Carpoforo di Bissone. Mentre per il Settecento sono state prese in considerazione la Chiesa parrocchiale di Sant’Eusebio di Castel San Pietro, la Chiesa di San Giovanni di Mendrisio e la cappella della Madonna delle Grazie della Cattedrale di San Lorenzo di Lugano.

Il valore delle tecniche Nella seconda sezione del libro si è voluto invece indagare su alcune delle tecniche artistiche e parte dei materiali largamente impiegati in epoca barocca nella realizzazione di parte dei manufatti segnalati, evidenziandone tutte le potenzialità espressive. Ben nota è la ricchezza sul nostro territorio di calce, gesso, argilla, pietre, marmi, legno, materie prime che stanno sicuramente alla base della grande fortuna che le nostre maestranze d’arte hanno potuto sviluppare nel corso dei secoli e che li porterà a realizzare edifici sacri e profani di grande fascino e bellezza, arredati con uno straordinario apparato decorativo in stucco, stucco lucido, scagliola, terra cotta, legno, pietra, marmo e completati con affreschi e tele dipinte. Il gusto per la decorazione nella cultura barocca non è mai fine a se stesso, bensì mezzo privilegiato per comunicare e evocare la realtà trascendente, dove “la grazia dell’ornamento diventa via all’opera della Grazia”3. Note 1 H. Hesse, Ticino, Giubiasco, 1980, pp. 18-19 2 L. Rinaldi, Seicento alpino: l’architettura religiosa, in “Lombardia barocca e tardobarocca. Arte e architettura”, a cura di V. Terraroli, Ginevra-Milano, 2004, p. 19 3 M.L. Gatti Perer, Cultura e socialità dell’altare barocco nell’antica Diocesi di Milano, in “Arte Lombarda”, 42-43, 1975, p. 17 Bibliografia Barocco. Alla scoperta di alcuni piccoli capolavori in territorio ticinese Fotografie di P. Keller e testi di E. Agustoni, prefazione di T. Carloni; a cura di A. Heitmann; Casagrande, Bellinzona, 2010

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Anche in poca acqua Che cos’hanno in comune la pesca alla trota e l’improvvisazione in musica? All’apparenza può sembrare poco o nulla, ma se ci immergiamo appena sotto la superficie emergono elementi comuni davvero sorprendenti...

La prima domenica di ottobre di ogni anno si chiude la pesca

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» di Giancarlo Locatelli

Sfide

poeta inglese e autore di preziosi collage, che ha sintetizzato alla trota che, per motivi riproduttivi, riapre soltanto l’ultima così il suo “insegnamento”, come un invito alla ricerca, apdomenica di febbraio dell’anno successivo. L’inizio dell’au- punto, di cose che non ci si aspetta di trovare. Mi sembra che tunno porta con sé aria più fresca e colori nuovi, le colline e tale definizione possa descrivere bene anche un certo modo le montagne cominciano a cambiare colore e tutto diviene di intendere l’improvvisazione in musica. più umido, giallo, arancio e… scuro. Per chi si avventura La pesca e la musica possono essere praticate in tanti modi, da solo verso l’ultima pescata della stagione è il momento molti dei quali legittimi, ma alcuni anche inopportuni, volper ripensare a momenti gari e ignoranti. Possono particolari e alle catture più però diventare anche motiemozionanti della stagione vo di scoperta, occasioni di ormai trascorsa. pensiero e di meditazione. Anche dopo una tournée di Mi verrebbe quasi da dire concerti capita di soffermarche possono essere consisi a pensare e analizzare derate attività filosofiche. quanto accaduto, alle scelte In un’epoca in cui la parola fatte e alle sensazioni pro“intellettuale” sembra essere vate davanti a pubblici difdiventata un insulto, dove ferenti e in contesti acustici siamo in presenza di forze sempre nuovi. Si può far che spingono, o tirano, vermusica in tanti modi, e si so il basso, penso che vedere possono insidiare le trote in certe attività sotto una luce altrettante maniere. diversa sia non solo saluNei raduni estivi delle sotare, ma anche doveroso. cietà di pesca sportiva, dove La cosa bella della musica è le trote vengono seminate che, come l’acqua, elemento il giorno prima per essecardine della pesca, è sore poi pescate il mattino stanza liquida, non sta mai dopo durante la “gara”, si dove la si vorrebbe mettere Muhal Richard Abrams e Barca di pescatori di George Braque (1909) assiste il più delle volte a o trovare. una frenesia, a un’ansia per la cattura che sconfina spesso e A testimonianza di questo modo di intendere vorrei citare volentieri in azioni che nulla hanno di sportivo. In questa Raimond Carver che nella prefazione al romanzo di William ricerca del risultato, molte volte le trote vengono arpionate Humphrey My Moby Dick, proprio parlando dell’enorme troe non fatte abboccare. Allo stesso tempo però si possono ta di cui si narra nel libro, agganciata all’amo e poi lasciata vedere pescatori che, con pazienza e perizia, tentano là dove scappare, conclude in questo modo: “Si tratta di un pesce che i più sono già passati e con calma, fiducia e immaginazione porta l’autore a conoscere l’amore, la paura e lo stupore, oltre a ottengono catture impensate, quasi che siano loro a far ap- un profondo senso del mistero racchiuso in questa vita… Un libro parire, a materializzare i pesci che sembravano spariti, finiti. devozionale, che contempla con un riguardo raro e affettuoso i Walter, un amico pescatore, durante una discesa verso valle misteri di questo e dell’altro mondo”. nel corso di una di queste “gare” mi disse una piccola frase Non diversamente suonano le parole di Muhal Richard che risuona spesso nella mia mente: “Anche in poca acqua...”. Abrams, ottantenne pianista di Chicago e fondatore della Bisogna immaginare la presenza della trota “anche in poca AACM importante associazione di musicisti attiva ancora oggi, acqua” per pescare bene e, magari, agganciare un pesce dove riportate nella bella intervista di Enzo Capua su “Musica Jazz” nessuno pensava di trovarlo. di ottobre 2010, quando, parlando della sua ricerca musicale Allo stesso modo si può far musica per mostrare quanto si è dice: “… non penso in termini di raggiungimento di qualcosa… bravi, per intrattenere il “pubblico” compiacendolo, oppure, al parlo di continuum perché vedo la cose come un esercizio di pratica contrario, per aiutare dei suoni, delle musiche ad “apparire”. Si continua. Significa che io imparo sempre, tutti i giorni. È il mio stile può suonare cercando di scoprire “quello che non pensavamo di vita. Quindi se vogliamo considerare il raggiungimento di uno ci fosse” piuttosto che per esibirsi in numeri di bravura. Tra le scopo, direi che è quello di rimanere in salute per poter continuare virgolette ho preso in prestito una definizione di Tom Raworth, ancora la mia pratica”. Che cosa dire di più?


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28.10.2010 11:33:02 Uhr


Chiedi alla polvere Nemica di ogni casalingo/a, non dà tregua costringendoci a una costante vigilanza sulle superfici domestiche e degli ambienti in cui viviamo (automobile inclusa). Le ultime tendenze e qualche consiglio spassionato per scegliere il meglio del settore… ed eliminarla definitivamente dalla nostra casa Tendenze p. 48 | di Silvana Bignasca

Il

top del settore è stato concepito dalla Nasa: il suo nome è Kirby e pare proprio non temere la concorrenza di nessuno. La polvere non è infatti prevista a bordo delle stazioni orbitali nonostante anche lassù se ne trovi traccia, data la presenza di bipedi, di un’atmosfera e di oggetti vari. Il problema di Kirby, commercializzato in versioni diverse, è da ricondurre soprattutto al prezzo che parte dai 5.000 franchi. Insomma, i risultati sono spaziali – chi ce l’ha lo descrive come una vera forza della natura in grado di far cambiare aspetto a divani, tappeti, sedili dell’auto ecc.; roba da Gattaca, per chi ha visto il film di fantascienza del 1997 con Ethan Hawke e Uma Thurman –, ma il prodotto sembra rivolto ai più facoltosi o a quelle categorie di persone che per l’igiene nutrono una passione smodata e forse un po’ paranoica (allergici esclusi, s’intende!). Ma la vera leggenda del settore è il Folletto, noto soprattutto per la vendita “porta a porta”, inossidabile residuo delle tecniche di marketing che dagli USA, a partire dal dopoguerra, hanno dilagato per l’intero globo. Semestralmente il “nostro” uomo passa di casa in casa chiedendo a casalinghe e casalinghi se sono interessate all’acquisto (frazionabile in comode rate, ovviamente, visto che anche in questo caso il prezzo non scherza). Ma, d’altra parte, la qualità si paga… e ripaga.

Per chi invece ha le tasche più ristrette o è meno ossessionato dalla silenziosa invasione della polvere, il mercato offre un’infinità di marche e prodotti di ottima qualità e, soprattutto negli ultimi anni, dal design e dalle fogge più bizzarre come, per esempio, il modello senza sacco VK8820NHAQT della LG degno della penna di H.R. Giger o modelli totalmente robotizzati – la Samsung ne propone di diversi – che vagheranno per la vostra casa compiendo il lavoro “sporco” e terrorizzando il gatto. Insomma, dal punto di vista dell’aspetto e delle funzionalità ci si può davvero sbizzarrire, ma quali caratteristiche deve avere un buon aspirapolvere? Quali sono gli elementi in grado di guidarci all’acquisto del prodotto più affidabile e al miglior prezzo? Partiamo innanzitutto dalla potenza aspirante, prerogativa essenziale del nostro “oggetto”, che deve andare dai 250 ai 450 air watt (o dai 1.300 ai 2.200 mm/H2O o, ancora, dai 13 ai 22 KpA, a seconda dei parametri scelti dalla ditta

produttrice). Per quanto concerne i filtri ve ne sono di tre tipi, con sacchetti di carta, con contenitori incorporati oppure filtri ad acqua. Personalmente continuo a preferire i primi purché si utilizzino i sacchetti di più recente generazione in microtrama classe S o Hepa. I modelli di aspirapolveri dotati di contenitori interni, che sostituiscono di fatto il sacchetto di carta, hanno l’inconveniente del possibile sollevamento della polvere nella fase di svuotamento. Inoltre è indispensabile la presenza del marchio IMQ che garantisce lo standard di qualità e sicurezza del prodotto che avete scelto. La rumorosità rappresenta un altro importante parametro. Oggi il mercato, come del resto nel campo di altri elettrodomestici, offre prodotti piuttosto silenziosi. Infine il peso e la maneggevolezza che devono consentire un comodo uso dell’attrezzo, onde evitare di inciamparci sopra. Certo, i prezzi variano, ma con un po’ di discernimento e qualche informazione è possibile trovare quello che fa per voi. Senza dimenticare il numero di accessori forniti e il costo di filtri e sacchetti che, preferibilmente, all’acquisto devono essere inclusi nel prezzo. E ora, caccia alla polvere!


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Tra il 17 e il 19 novembre la Luna sarà di transito nel segno dell’Ariete. Momento opportuno per compiere una grande impresa. Nuove progettualità per i nati nella seconda decade. Non negatevi nulla.

Assecondate l’istinto senza farvi inibire dalle vostre paure. Fondamentali i giorni tra il 15 d il 16.Bene i nati nella terza decade che avranno la possibilità di realizzare inaspettatamente una importante opportunità.

L’energia va canalizzata verso il raggiungimento di un obiettivo. Mettetela al servizio della vostra serenità, non combattetela! Possibili fraintendimenti con il partner. Evitate comunicazioni via sms o telematiche.

Vita affettiva disturbata dalla quadratura con Venere. Fase difficile provocata dall’opposizione con Plutone. Notizia di nuove opportunità professionali a partire dal 16 novembre per i nati nella terza decade.

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Buone notizie in arrivo. Bene tra il 16 e il 17. Grazie a Mercurio e a Marte il vostro cervello inizia a lavorare sodo. I problemi non vi spaventano. E così per ogni cosa riuscite a trovare la giusta soluzione.

Marte e Mercurio di transito nella vostra quarta casa solare. Le vostre ambizioni tendono a crescere e così i vostri antagonisti. Cercate di mantenere la mente salda sui reali obiettivi senza perdere il controllo.

Con il transito di Marte e Mercurio nel segno del Sagittario inizia una nuova fase per le relazioni sociali: persone nuove, spesso provenienti “da fuori”. Successo nei discorsi in pubblico. Tensioni tra il 16 e il 17.

Particolarmente favorevoli per la vostra creatività le giornate comprese tra il 15 e il 16. Ritorni di fiamma per i nati nella prima decade. Fidatevi del vostro istinto e così di quello che sentite a “pelle”.

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Momento ideale per contrattazioni e incontri d’affari. Fase fortunata per partecipare a un competizione sportiva. Saturno spinge i nati nella seconda decade verso la elaborazione di nuovi progetti a lungo termine.

Tra il 15 e il 16 novembre la Luna si troverà nel segno dei Pesci. Grazie a Giove e Urano potranno realizzarsi importanti progetti. Nemici nascosti per i nati nella prima e seconda decade. State attenti alle malelingue.

Grazie all’ingresso di Mercurio e Marte nella vostra undicesima casa solare presto riceverete notizie riguardo a una collaborazione con una località straniera, o comunque con una città diversa dalla vostra.

Fase travolgente per i nati nella terza decade favorita dai transiti di Giove e Urano. Imparate ad aprire le porte all’incredibile. Calo energetico per i nati nella seconda decade provocato dalla quadratura con Marte.

» a cura di Elisabetta

ariete

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» illustrazione di Adriano Crivelli 2

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Orizzontali 1. Il pittore de’ “La nascita di Venere” • 10. Pregare • 11. Granturco • 12. Strampalata • 13. Cifra imprecisata • 14. Preposizione articolata • 15. Sottile, aggraziato • 16. Delfino di fiume • 18. Madre latina • 19. Associazione Sportiva • 20. Sciarpa pregiata • 22. Dittongo in reità • 23. Gravoso • 25. Parte di pagamento • 27. Istituzione • 28. Oriente • 29. Il noto Gnocchi • 31. Loro • 33. Io, in altro caso • 34. Rosa nel cuore • 35. Zingari • 37. Arte latina • 38. Lubrificano • 39. Celestiali • 40. Un accessorio del trattore • 42. Un paese sul Ceneri • 43. La sopporta il mulo • 45. Norvegia e Zambia • 46. Fu ucciso nel bagno • 47. Si quota in borsa • 48. Epoche.

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• 17. Celebre cortigiana greca • 18. Liberò gli ebrei dalla schiavitù egizia • 21. La bevanda che si filtra • 24. Un artista lirico • 26. Vengono chiamati a deporre • 30. Disidratate, riarse • 32. Si empiono di cereali • 33. Calmo e pacato • 36. More • 37. È vicino a Bellinzona • 41. Il nome di Jannacci • 43. Società Anonima • 44. Anche il Nero è azzurro • 46. Mezzo mese.

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Verticali 1. Lo stato balcanico alle spalle della Dalmazia • 2. Grosso fiore a palla • 3. Rodono il legno • 4. Preposizione semplice • 5. La belva striata • 6. Le iniziali di Montesano • 7. È ricercato dalla Polizia • 8. Porto francese • 9. Nevrosi estreme • 15. Segmento osseo delle dita

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