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numero

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IL FEMMININO TRASFIGURATO Corriere del Ticino

laRegioneTicino

Tessiner Zeitung

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numero 47 19 novembre 2010

Agorà Sessualità. Il maschio senza desiderio Relazioni La figlia, mistero senza fine Visioni Un dramma argentino

Impressum Tiratura controllata 72’011 copie

Chiusura redazionale Venerdì 12 novembre

Vitae Edgardo Ratti

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ROBERTO ROVEDA

GAIA GRIMANI

FABIO MARTINI

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DEMIS QUADRI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . DI

SANDRO DE PEDRIS

Tendenze Moda e cosmesi. Il segreto del trucco

DI

PATRIZIA MEZZANZANICA

Astri

Direttore editoriale

L’oscuro soggetto del desiderio

Peter Keller

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria CH - 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

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In copertina

Frames of a day (dettaglio) Fotografia di Beat Kuert

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Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

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Reportage Beat Kuert. Il femminino trasfigurato

Giochi

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Gentili lettori, non sarà difficile scorgere una sorta di fil rouge in questo numero di Ticinosette. Di sessualità in effetti si tratta anche se gli approcci che ciascuna rubrica offre restituiscono sfaccettature diverse e non scontate. A partire dall’Agorà, dedicata all’abuso di farmaci per la disfunzione erettile da parte di persone sane. Il tema della sessualità, declinato a partire da prospettive assai diverse, riaffiora sia nell’articolo di Gaia Grimani – dedicato alla figura della “figlia” –, sia nel Reportage, che presenta alcuni dei lavori fotografici del regista e performer zurighese Beat Kuert. In essi l’immagine della donna, pur caricata di un’immediatezza erotica evidente, appare trasposta su di un piano fortemente simbolico: le figure femminili, nei loro gesti e nelle loro forme, appaiono alla stregua di frammenti di materiale onirico, quasi il residuo di immagini e sensazioni ancora vivide al momento del risveglio. Questi collegamenti stimolano una riflessione. È un dato di fatto che la comunicazione mediatica e pubblicitaria abbia trovato negli ultimi decenni un efficace “punto d’appoggio” proprio nell’attitudine visiva tipica della sessualità maschile. Il bombardamento di volti, bocche, seni, gambe e sederi femminili va dunque a inscriversi in quel fenomeno di crisi e passività

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attribuito nella nostra epoca alla figura del maschio. Un maschio sempre più oggetto, fino all’esito ultimo di una gestione meccanica e farmacologia della propria virilità anche in quelle fasi della vita in cui la natura garantisce tutti gli ausili possibili. Recuperare un po’ di soggettività, di capacità di sedurre attraverso la parola – non ridotta a ful-

minei sms – e gesti di autentica e sensuale cavalleria, in questo mondo compartimentato e finalizzato, forse non farebbe affatto male. Come scopre Benjamin Esposito, personaggio principale del bel film di Campanella, Il segreto dei suoi occhi, recensito a pagina 9. Una buona settimana, Fabio Martini

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Il maschio senza desiderio

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A

lcuni mesi or sono sui mezzi di informazione compariva una notizia: Tom Kaulitz, chitarrista del gruppo tedesco Tokyo Hotel – moderne icone pop per adolescenti – era finito in ospedale, nel corso di una tournée asiatica. La causa: una overdose di Viagra. La vicenda potrebbe far sorridere qualcuno, se non fosse che, a usare (e abusare) della famosa “pillolina blu” è stato un ragazzo poco più che ventenne. Per quale ragione un giovane adulto, perfettamente sano, dovrebbe utilizzare un farmaco del genere? Per trasgredire, cercare “nuove emozioni”, essere sempre al top oppure il male è più profondo, legato ad ansie e paure...?

Un fenomeno sommerso

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Agorà

Il Viagra è certamente un aiuto per molte persone che soffrono di disfunzione erettile. Allo stesso tempo la “pillolina blu” è assunta in modo generalizzato da persone che non risentono di problemi fisici specifici, spesso giovani e giovanissimi. Un modo per combattere l’ansia e le proprie paure: per essere sempre efficienti e prestanti, in aderenza a un ormai reiterato modello sociale. Un segnale che attesta di un evidente calo del desidero nel maschio contemporaneo

Già nel 2003 il National Institute of Health - Drug Enforcement Administration, agenzia che fa parte del Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti, denunciava l’uso “ricreativo” del Viagra e di sostanze simili; un impiego errato che ha fatto lievitare a dismisura, in particolare su Internet, la loro richiesta. Con un semplice “click” la pillola arriva a domicilio, assicurando all’acquirente la certezza di non “fare cilecca” in nessuna situazione. Tutto questo con quali ripercussioni sulla

sfera del desiderio, su quella dei sentimenti e dell’autostima? Abbiamo cercato di approfondire l’argomento ascoltando l’opinione della dottoressa Linda Rossi, nota psicoterapeuta e sessuologa che opera a Lugano. Dottoressa Rossi, al di là delle persone che soffrono di disfunzioni erettili, chi sono i soggetti che fanno uso di Viagra e prodotti simili? “Ci sono uomini che lo utilizzano per ottenere una «grande prestazione» nel weekend, la «cosa fuori dal comune». Più spesso, però, mi trovo ad avere a che fare con uomini che sentono molto l’ansia da prestazione. Anche ragazzi giovani, sotto i vent’anni, magari alla loro prima esperienza, che si sentono caricati di molta responsabilità, soprattutto se la donna con cui hanno a che fare è più esperta. Per alcuni di loro questa situazione può essere tranquillizzante, per altri, rappresenta una fonte di ansia con conseguenze sull’erezione. La testa, la mente gioca, infatti, un ruolo fondamentale nel raggiungimento dell’eccitazione e basta che si insinui il dubbio, perché l’erezione vada perduta. A quel punto alla paura di una disfunzione erettile comincia a subentrare l’ansia, perché una défaillance di questo tipo va a intaccare


Agorà

la propria identità di maschio. La virilità si gioca molto sull’avere oppure no l’erezione, a venti come a sessant’anni. Il problema può anche essere superato la prima volta che si ripete l’esperienza, ma se invece la situazione perdura si va in cerca di quella che io chiamo la «stampella», cioè il Viagra o medicinali simili”. Il Viagra, quindi, come facile scorciatoia… “Generalmente quelli che arrivano da me sono passati quasi tutti da un medico che magari li ha già mandati dall’urologo oppure ha già offerto loro qualche pastiglia di Viagra, Cialis o Levitra. Spesso non si è neppure cercata una strada diversa, ma si è fatto subito ricorso alla soluzione chimica, senza procedere a una valutazione sessuologica. Sarà la pressione delle case farmaceutiche ma molti medici ricorrono anch’essi alle soluzioni rapide. Alcune persone, poi, vanno direttamente in farmacia e con la «pillola magica» ottengono quello che vogliono. Poi si accorgono che qualcosa non funziona comunque: quando vengono da me è perché non vogliono o sono stanchi di essere dipendenti da una pillola per fare l’amore o perché, malgrado il medicamento, il problema persiste”.

Vi è un legame tra l’uso di medicinali come il Viagra e i modelli dominanti presenti nella nostra società? “Il contesto in cui viviamo lo conosciamo tutti molto bene, una società dove vogliamo tutto subito, senza troppo sforzo. Anche alcune donne che vengono da me per un calo o una mancanza di desiderio sessuale vorrebbero risolvere tutto in una seduta o due. La cosa che risulta evidente in questi anni è che Viagra e simili vengono usati da giovani e da uomini che non ne avrebbero comunque bisogno. Oltre all’ansia da prestazione e alla voglia di avere tutto e subito, entra in gioco un altro fattore: la mancanza di desiderio sessuale che si sta proprio diffondendo tra gli uomini”. Quali sono le ragioni della diminuzione del desiderio nel maschio di oggi? “Prima di tutto bisogna dire che il fatto di confrontarsi con un insuccesso in questo campo, oltre a mettere in discussione la propria identità sessuale, induce progressivamente alcuni soggetti a eludere l’esperienza sessuale in questione. Ma riconosciamo anche che siamo di fronte a una casistica nuova, emersa a livello clinico e constatata in recenti congressi. Una nuova categoria di maschi poco affermati a livello della loro mascolinità che

hanno una visione del proprio essere maschio non connotata in maniera positiva. Oggi, per esempio, il termine macho è usato quasi solo con connotazione dispregiativa, come se avere atteggiamenti maschili, cioè prendere l’iniziativa, corteggiare, mostrare appunto di desiderare sessualmente la donna che si ha di fronte, sia solo sinonimo di aggressività, di violenza, di arroganza. Invece essere maschi è bello e alle donne piace l’uomo capace di sedurre e di essere romantico, pur ponendosi in modo assertivo. Molti uomini devono scoprire, o riscoprire, la capacità di corteggiare e di prendere l’iniziativa. Sono spesso proprio gli uomini che difettano nella loro mascolinità, e aspettano che sia la donna a fare il primo passo, a non viversi e percepirsi nel loro lato istintivo penetrante. Sono questi i soggetti più a rischio di disfunzioni erettili. Oggi mi consultano molti uomini a cavallo tra i trenta e quaranta anni che magari non hanno mai avuto rapporti sessuali e, soprattutto, neanche cercano di averne. E più il tempo passa, più dicono: «Tanto non sono capace, tanto non mi guarda nessuno, che devo fare…»”. Secondo lei, queste persone hanno sviluppato delle paure anche rispetto alle loro emozioni? “È possibile. La frustrazione è un sentimento,

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Agorà

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A suo parere, la sovraesposizione del corpo femminile nei media, dai giornali a Internet, ha degli effetti negativi sul desiderio maschile? “Non credo che questi fattori siano così significativi, anche se creano ideali irraggiungibili che spesso si scontrano con la realtà. Quello che mi preoccupa di più è Internet, con la sua enorme disponibilità di siti porno. Diventa molto semplice sedersi davanti allo schermo, vedere centinaia di immagini, eccitarsi, e limitandosi a vivere una sessualità personale. Molti uomini si chiudono in un universo di questo tipo, non socializzano. In tal modo, non si confrontano con la donna reale, evitando il rischio di sentirsi dire «no» o di non essere performanti come vedono fare alle porno star. In questo modo le fragilità aumentano”. Il calo di desiderio è riguarda anche i giovanissimi, nonostante la tempesta di ormoni tipica della loro età? “Beh, in questo periodo viene da me un ragazzo di 22 anni che tutte le sere arriva a casa e si fa la sua fumatina di marijuana, così per togliersi la tensione del lavoro. Ha avuto problemi di erezione con una ragazza ed è subentrata l’ansia. Allora è ricorso all’aiuto chimico… Ma il problema è generale perché questo giovane pare adagiato e senza forza. È pigro e stanco un po’ in tutto. Non capisce che nella vita bisogna darsi una mossa e attivarsi. Insomma desiderare e agire”.

La testimonianza Le parole della dottoressa Linda Rossi confermano che l’abuso di Viagra e di prodotti simili è spesso dovuto a insicurezze personali, mancanza di desiderio, insuccesso durante il primo rapporto sessuale, tanto da diventare col tempo un problema molto serio. È quello che ci ha raccontato Eugenio, un giovane uomo ticinsese oggi trentenne, che ha accettato di raccontare del suo rapporto durato alcuni anni con la magica “pillolina blu”. Per ovvi motivi legati alla privacy, Eugenio ha chiesto di non rendere pubblici altri dati personali.

Eugenio, com’è cominciata la sua marcia di avvicinamento al Viagra? “Oggi, se mi guardo indietro, rispondo che molto ha contato il tipo di persona che ero da giovanissimo: Il classico «bravo ragazzo», un po’ introverso e timido, con poca capacità di lasciarsi andare e di lanciarsi con l’altro sesso. Inoltre, provenivo da una famiglia religiosa, ma di vecchio stampo, in cui il sesso era un tabù di cui parlare il meno possibile. Forse per queste ragioni mi sono avvicinato alle ragazze con ritardo rispetto ai miei coetanei. La storia è cominciata quasi alla fine del liceo e mi ricordo che sia io, sia lei eravamo piuttosto imbranati. Così la prima volta che abbiamo provato a fare l’amore è stato un disastro”. Ci racconti che cosa è accaduto... “Non è accaduto nulla, nel senso che non sono riuscito ad avere l’erezione per l’ansia. Pensavo fosse colpa della prima volta, ma anche i tentativi successivi sono andati a vuoto. Magari avevo anche l’erezione, ma nel momento in cui doveva esserci la penetrazione, non ci riuscivo. Così il momento dell’atto sessuale, per me, è diventato fonte di ansia, paura. L’eccitazione si mescolava alla frustrazione e quest’ultima prendeva sempre più il sopravvento. Insomma il piacere del sesso era andato a farsi benedire e io mi sentivo deficitario, incapace. Il problema che mi pesava era che mi sentivo molto solo con il mio fallimento. Di solito, anche con gli amici è difficile parlare di queste cose. Si parla dei successi, magari li si inventa anche. Il tasto défaillance non si tocca mai. Ci si vergogna. Si ha paura di essere giudicati scarsamente virili. Si toccano tabù difficili da superare”. Come si è comportato, dunque? “In realtà con questa ragazza è durata poco e questo mi ha consentito di accantonare il problema. Che però ha influito nei miei rapporti con l’altro sesso rendendomi, se possibile, più insicuro, meno spavaldo del poco che già ero. Tempo dopo, mi sono messo con un’altra ragazza ed è nata una storia importante. Solo che anche qui il problema si è ripresentato. Allora sono andato dal mio medico di famiglia e gli ho raccontato quello che mi stava accadendo. Lui mi ha mandato da uno specialista, un urologo che mi ha fatto tutta una serie di esami e di visite. Dal punto di vista fisiologico ero completamente a posto, ma le cose non si risolvevano. Allora il mio medico di base mi ha prescritto del Viagra. Con la pillolina blu per la prima volta sono riuscito ad avere un rapporto completo. Mi sentivo veramente come se avessi scalato l’Everest e dalla cima guardassi tutti dall’alto. Pensavo di aver trovato la panacea di tutti i miei problemi. Non era così, però...”.

Perché, ci vuole raccontare che cosa è accaduto in seguito? “Il Viagra è diventato insostituibile: se non prendevo la pillola le ansie tornavano. Anzi più forti di prima. Dentro di me mi rendevo conto che il successo non era «mio», ma del farmaco. E questo non mi faceva stare bene, anche perché io le erezioni le avevo sempre avute, anche se poi non si concretizzavano nel momento della penetrazione. Questa mia incapacità continuava a pesarmi mentre il farmaco diventava sempre più insostituibile come alleato nel sesso. Non poteva esserci il momento di passione improvviso. Dovevo prima programmare un po’ tutto per assumere la pillola con sufficiente anticipo. La cosa alla lunga ha cominciato a creare anche tensioni con la mia ragazza che si sentiva sminuita, come se non fosse in grado di eccitarmi abbastanza”. Il farmaco aveva altri effetti collaterali di qualche tipo? “Direi di no, a parte forse un poco di mal di testa. Però c’era una sorta di divisione dentro di me che non mi permetteva di godermi il sesso pienamente. Mi spiego: con il Viagra non controllavo la situazione, era la chimica a fare tutto. C’era una sorta di separazione tra le parti genitali, che facevano il loro dovere grazie alla pillola, e il mio cervello, che si sentiva come tagliato fuori. Dal punto di vista emotivo non era un gran che... Il piacere era come anestetizzato perché sentivo che il cervello non era attivo rispetto a quello che succedeva...”. Che cosa ha fatto...? “In quel periodo – assumevo Viagra ormai da circa due anni – avevo cominciato un percorso di psicoterapia e parlavo spesso di questa problematica con il mio terapeuta. È stato lui a farmi notare quanto poca quantità di farmaco io prendessi e come i suoi effetti durassero molto a lungo... anche 12 ore con una sola pillola. Mi continuava a dire che secondo lui il Viagra era solo una «copertina di Linus», era più l’effetto placebo che altro. Piano piano ho ridotto sempre di più la dose, metà pillola, un quarto poi una volta mi sono scordato di prenderlo e sono riuscito ad avere un rapporto completo. Ho continuato a usare il Viagra saltuariamente, ma sempre di meno. Soprattutto ho cominciato a stare meglio come persona, a sentirmi più sicuro. Oggi non lo uso più, anche se ho ancora una pillolina vicino al letto… non riesco a liberarmene. Ogni tanto, come tutti credo, ho qualche défaillance: l’ansia ancora c’è e forse non vivo il sesso pienamente e con divertimento. Però almeno mi sento il protagonista di quello che faccio. Con il Viagra ero più uno spettatore, della mia sessualità...”.

» di Roberto Roveda; elaborazione grafica di Flavia Leuenberger

legato alle situazioni negative. Mi chiedo spesso quale educazione ai sentimenti abbiano ricevuto questi uomini e con quali modelli maschili si siano confrontati. In generale, siamo di fronte a una crisi del modello di maschio. Il che non significa che si debba tornare indietro, a modelli del passato, ma creare una nuova mascolinità in cui tanti uomini si possano riconoscere, ritrovando fierezza rispetto al loro sesso d’appartenenza. Alcuni uomini, quando gliene parlo, non sembrano capire cosa intendo”.


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Relazioni

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La figlia, mistero senza fine La nascita di una figlia avvia all’interno della coppia dinamiche singolari su cui, non di rado, ricadono consuetudini e condizionamenti culturali. Ma, nonostante tutto, agli occhi del padre ella resta un enigma insoluto

Avere una figlia o un figlio è un’esperienza particolare ed estremamente arricchente, un’esperienza che il mondo occidentale sembra sottovalutare in nome di molte ragioni, soprattutto di ordine economico. La civiltà contadina di una volta aveva invece bisogno di braccia e l’essere prolifici costituiva una ricchezza e un’assicurazione che il lavoro paterno non sarebbe andato disperso e si sarebbe tramandato di generazione in generazione. La struttura familiare, poi, che prevedeva la donna a casa o perlomeno circondata da mamme e suocere disponibili, facilitava l’idea di mettere al mondo un buon numero di figli, maschi e femmine, ciascuno con un ruolo ben definito fin dalla nascita. Oggi, naturalmente, è tutto molto cambiato: molto spesso i coniugi lavorano entrambi e una donna affronta innumerevoli sacrifici per essere madre. In genere i giovani sposi pianificano al massimo due figli e il sogno di tutti è poter avere la “coppia”, ma si è fondamentalmente indifferenti al sesso dei nascituri che le moderne ecografie rivelano piuttosto precocemente. Ma non per tutti è così: in molte civiltà, come in quella cinese o indiana non è auspicabile avere una figlia, poiché le femmine non appartengono veramente alla famiglia, le si nutre e si fanno crescere per poi darle a godere a un’altra famiglia di cui assumono addirittura il nome. Per un padre indiano, poi, il matrimonio di una figlia è qualcosa di estremamente oneroso dal punto di vista finanziario, obbligato com’è a una dote importante e a una cerimonia e a un corredo costosissimi, che possono anche mandarlo in rovina. Anche il contadino europeo, però, si rattrista alle nascite femminili e perfino il borghese di città, divenuto padre e nonno, almeno fino a un po’ di tempo fa, gridava esultante agli amici: “È un maschio!”. Se fosse femmina, è probabile che si rallegrerebbe meno. Il neopadre di una figlia guarda nella culla la neonata e pensa che diverrà una donna. Resta silenzioso davanti a quella femminilità che la sorte gli ha confidato e ch’egli dovrà proteggere, inerme com’è. Ora la moglie allatta la bimba e le due femminilità fluiscono l’una nell’altra, per una madre è molto più facile accogliere questo essere che le assomiglia tanto. Poi la figlia comincia a sgambettare per casa. È ormai una

principessa e nessuno oserebbe opporsi a lei. Affascina tutti e gode di certi privilegi non concessi ai figli maschi che protestano: “A noi gli scapaccioni, a lei i baci!”. Hanno ragione, ma come dare uno scapaccione alla piccina, con il nastrino fra i capelli, la vestina corta e le scarpette bianche? Già gioca con la bambola che diventa sua figlia, per cui il padre e la madre sono trasformati in nonni. Tenera come un’innamorata, aspetta il ritorno del babbo per sbaciucchiarlo e togliergli le caramelle di tasca. Pur bambina, sa d’istinto come conquistarlo. I giorni passano, l’uno legato all’altro, e nemmeno ci s’accorge. La figlia ha tredici anni, s’allunga, impallidisce, non mangia più. Il medico prescrive ricostituenti e poi dichiara: “È lo sviluppo!” Come? Lo sviluppo? Ma è impossibile! Ha solo tredici anni, è una bimbetta. Il padre protesta, mentre il dottore sorride e la madre accetta, tranquillamente, mentre rivive il suo passato, consentendo: sì, è nata ieri, un ieri di tredici anni fa. Per lo sviluppo, la natura non ne chiede di più. L’anno dopo al mare ci s’accorge bruscamente che gli adolescenti si danno di gomito, quando passa la bambina sulla spiaggia. Il padre se ne indigna e se la prende con le nuove generazioni, ma la moglie l’azzittisce: “Non dire sciocchezze. Ormai è una ragazza. Avevo un anno di più, quando m’hai conosciuta”. È vero, ma resta incredibile perché il tempo nell’animo del padre è lento a passare. Il cuore non accetta il trascorrere del tempo, altrimenti la figlia se ne va. La madre invece comprende e diventa addirittura complice e confidente dei primi innamoramenti che le portano una fresca aria di gioventù. La figlia sta diventando donna, soggetta alle leggi dei ritmi lunari, in un misterioso rapporto con la vita universale. In lei si va delineando una bellezza sensibile e delicata, un’intelligenza diffusa e intuitiva. Il padre la osserva meravigliato, la madre compiaciuta: si riconosce. Per lui era tanto più facile amarla piccina, perché adesso è una creatura non più sua, ad altri destinata. Per la madre invece è più facile amarla adesso che è divenuta partecipe finalmente di quel mistero senza fine che è la femminilità.

» di Gaia Grimani; fotografia di Reza Khatir, 1995

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Un dramma argentino

Vincitore nel 2010 dell’Oscar come migliore

film straniero, la pellicola di Juan José Campanella è passata nelle nostre sale un po’ alla chetichella, nonostante l’importante riconoscimento ricevuto e il fatto di aver scalzato nella corsa all’agognata statuetta due film di rilievo come Il nastro bianco di Michael Haneke e Il profeta di Jacques Audiard. L’idea per la sceneggiatura, a cui ha contribuito lo stesso regista, scaturisce dall’omonimo romanzo di Eduardo Sacheri, scrittore e professore di storia argentino, nato nel 1967, (La preguntas de sus ojos). Il film è obiettivamente da non perdere (è disponibile anche in formato dvd) per una buona serie di ragioni. Innanzitutto Campanella è riuscito a far convivere e a equilibrare in modo mirabile elementi assai diversi: dal noir ricco di suspence al dramma psicologico, dall’impietoso ritratto di una struttura di potere durante i drammatici anni della dittatura militare di Videla (la vicenda si svolge infatti a cavallo di quel periodo in uno degli uffici della magistratura di Buenos Aires) alla vicenda sentimentale (una vicenda duplice, visto che il tema dell’amore riguarda, in modo distinto, due coppie). Giunto alla pensione, l’anziano agente federale Benjamin Esposito (interpretato magistralmente da Ricardo Darin) decide di scrivere un romanzo centrato su un caso giudiziario irrisolto avvenuto molti anni prima – il rapimento, lo stupro e il brutale assassinio di una giovane donna – la cui soluzione, per ragioni di opportunità politica e per l’insabbiamento indotto dal potere, non aveva portato all’incarcerazione del colpevole. Si tratterebbe in realtà di una sorta di romanzo autobiografico, in cui la scrittura rappresenta un tentativo di ricomporre i pezzi di un’esistenza condotta in modo non proprio soddisfacente e in cui l’omicidio della donna – di cui era stato protagonista diretto almeno nella fase iniziale (a Esposito era stata infatti affidata l’indagine in questione) – rappresenta il vero e proprio

nodo da sciogliere. Intorno ad esso infatti si coagulano motivi esistenziali diversi. Spinto da un personale sentimento di giustizia, dallo strazio provato dal marito dell’uccisa, con cui stabilisce una sorta di amicizia, ma anche dal desiderio di far colpo su Irene, la bella capo cancelliera (l’attrice Soledad Villamil), Benjamin si getta a capofitto nell’indagine. E in effetti, grazie all’aiuto di un collega alcolizzato e un po’ filosofo e all’appoggio non certo convinto della cancelliera, riesce a individuare una pista valida. Ma le cose precipitano. L’indagine, condotta con metodi approssimativi e talvolta poco ortodossi, gli viene sottratta ed egli perde la fiducia della donna di cui è segretamente innamorato. Venticinque anni dopo, assillato dal senso di colpa e dall’ossessione per quanto accaduto, Benjamin troverà, proprio grazie all’idea del romanzo, la soluzione al dilemma, una scoperta che ha il sapore di una “liberazione” e che gli consentirà di riavvicinare Irene e di dichiararle finalmente, ricambiato, il suo amore. Un finale che alcuni troveranno forse un pochino scontato ma che viene offerto allo spettatore con franchezza e senza particolari indulgenze retoriche. Narrato con freschezza, intelligenza e una buona dose di humour, Il segreto dei suoi occhi offre una lezione di buon cinema: una trama interessante, l’intrecciarsi di temi e spunti differenti sempre ben dosati, dialoghi mai banali e un cast di attori di prim’ordine. Regista cinquantenne, attivo anche nell’ambito delle nuove produzioni americane di telefilm – ha firmato, per esempio, alcuni degli episodi di Dr. House e Law & Order –, Campanella si rivela un maestro nella gestione dei diversi piani temporali riuscendo a trasmettere, nella studiata lentezza della narrazione, l’urgenza di un passato che esige indispensabili risposte a cui il protagonista è irrimediabilmente costretto a sottostare.

Il segreto ret dei suoii occhi regia di Juan José Campanella Argentina-Spagna, 2009

» di Fabio Martini

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» testimonianza raccolta da Demis Quadri; fotografia di Igor Ponti

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to “simpatica”. Comunque, terminati gli studi Sartori è andato in pensione e io ho preso il suo posto, occupandolo per 29 anni. Accanto alla scuola sviluppavo la mia attività di pittore. È stata dura, in quanto l’insegnamento è molto impegnativo: se fatto bene è stancante, sia mentalmente sia fisicamente. Io però sono riuscito a barcamenarmi in questa situazione: la sera tornavo dalla scuola verso le 18. Per una ventina d’anni ho dunque lavorato quasi sempre la notte, rovinandomi un po’ la vista per via della luce violenta. La prima esposizione l’ho fatta nel 1951, a Bellinzona. Avevo 26 anni. Però mi Pittore e scultore infaticabile, attivissimo accorsi che non era ancora il promotore culturale, testimone appassio- momento. Quando si è giovanato delle bellezze e (suo malgrado) delle ni e si hanno capacità manuali, si crede subito di essere arrideturpazioni del paesaggio ticinese vati, ma si sbaglia. Anche se la prima è andata bene, per dietre io e mio fratello ci siamo ci anni non ho più esposto: mi sono ritirasposati a Vira, dove abbiamo to nel mio studio, che inizialmente erano le vissuto da allora. Bolle di Magadino, dove andavo tutti i giorAl ginnasio a Bellinzona ho ni, estate e inverno. Il paesaggio è fantastico, incontrato il mio primo maecambia ogni giorno. Quella a contatto con la stro, il pittore Augusto Sartonatura è stata una vera scuola. In accademia ri. Gli sono molto grato perimpari tanta teoria. Fai anche tanti disegni, ché ha capito che avevo una ma sempre sotto la guida di un insegnante, certa predisposizione per il per cui in un certo senso non sono proprio disegno, e perché voleva che, tuoi. Così ho capito che bisognava imparauna volta andato in pensiore da soli, per le strade, alle Bolle. Lavorare ne, io prendessi il suo posto. nell’ombra mi ha fatto molto bene, e dopo Infatti, in seguito così è stato. la seconda esposizione ne ho comunque fatNel frattempo ho studiato per ta solo una ogni otto o nove anni. quattro anni alla Scuola norNel 1954, invece, con alcuni amici abbiamo male di disegno a Friborgo, fondato il Circolo di Cultura del Gambarodove ho ottenuto il diploma gno. Purtroppo di queste cinque persone d’insegnante. Allora c’erano quattro sono già scomparse, e io sono rimapochi posti di lavoro e la mia sto il solo a testimoniare di quanto è stafamiglia nel 1945 non navito fatto. Il Circolo, per esempio, ha iniziato gava nell’oro; ma Tita Ratti, e portato avanti tutte le mostre di scultura scultore di Malvaglia, ha proorganizzate a Vira. Intanto, nel 1979, sono posto ai miei genitori di aiuandato in pensione e ho potuto prendere in tarmi a entrare all’Accademia mano veramente la mia attività. Si può dire di Brera. Era amico del diretche da allora ho recuperato un po’ il temtore dell’Accademia, il pitpo che ho dedicato – ma non perso! – alla tore Aldo Carpi, che mi ha scuola. Mi sono buttato in un lavoro che permesso di accedere senza continua ancora adesso. Dal 1970 ho anche esami d’ammissione. Anche cominciato a fare lo scultore, prima con il a Milano sono rimasto quatlegno e poi con la pietra. Ho imparato in tro anni. Erano gli anni diffiparte da solo e in parte conoscendo qualche cili del Dopoguerra: si sentiva scultore, rubando un po’ il mestiere. Anche il disagio un po’ dappertutto. questa attività continua tutt’ora. NaturalVicino all’Accademia erano mente la scultura è fisicamente molto dura, scese le bombe, perché c’era per cui ho ridotto l’impegno con opere granuna caserma dei carabinieri… di. Ma non è la grandezza che fa la qualità: è non era una situazione molquello che c’è dentro.

Edgardo Ratti

Vitae

uando sono nato mio padre stava ad Arogno come guardia di confine. Ma all’inizio di ottobre, per aiutare i suoi fratelli per la vendemmia, era sceso a Serocca d’Agno con mia mamma, che era incinta. Il lieto evento è arrivato una settimana prima del previsto e per questo sono nato lì. Ad Arogno sono rimasto fino all’asilo, poi quando avevo quattro o cinque anni ci siamo trasferiti ad Arzo. In quel periodo la direzione spostava le guardie di confine ogni due o tre anni; dicevano che era per non far prendere loro troppa confidenza con la gente… così ogni volta avevamo la casa in spalla. Dopo Arzo abbiamo fatto un balzo fino a Indemini. A quel tempo, attorno al 1930-35 – ma anche fino al ’40 – d’inverno Indemini era completamente isolato dal mondo. Alla fine di settembre bisognava fare le scorte, perché quando cominciava a nevicare chiudevano la strada fino a marzo. Se qualcuno si ammalava gravemente, il medico doveva salire da Vira a piedi, con davanti le guardie di confine che preparavano il passaggio con le racchette. Ci si metteva quattro o cinque ore e quando arrivava magari il povero paziente era già morto... Per noi bambini era un vero spasso, perché d’inverno veniva tanta neve, lassù non c’era molto da fare: in questo senso ho ricevuto un’educazione rigida, che mi ha aiutato parecchio ad affrontare le difficoltà della vita. Da Indemini siamo scesi a Gerra Gambarogno, quindi abbiamo attraversato il lago, verso Brissago, e dopo altri due anni siamo finiti a Dirinella, dove mio padre è morto nel 1957. Insomma abbiamo fatto un po’ qua e là sul lago: per questo l’acqua è un elemento presente dal principio nella mia attività di pittore, anche se nel corso degli anni il mio modo d’espressione è cambiato notevolmente. Poi mia mamma, che era del Gambarogno, è tornata a Gerra, men-

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I L F E M M I N I N O T R A S F I G U R ATO testo di Sandro De Pedris; fotografie di Beat Kuert

REGISTA, FOTOGRAFO, PERFORMER, BEAT KUERT È CONSIDERATO UNO DEGLI ARTISTI SVIZZERI CONTEMPORANEI DI MAGGIOR RILIEVO. IN QUESTE PAGINE PROPONIAMO UNA SCELTA DI SUE IMMAGINI CHE HANNO COME TEMA CENTRALE L’ESPLORAZIONE DEL FEMMINILE. UNA RICERCA NON CONVENZIONALE PER UNA NUOVA GEOGRAFIA DEI CORPI E DEGLI SPAZI IN CUI ESSI AGISCONO


sotto: Legendary; in apertura: Crossfire I

BIBLIOGRAFIA Le fotografie presenti in questo Reportage sono state tratte dal volume: Beat Kuert - Gaia Tascabili di fotografia nella Svizzera Italiana QTI, Lugano, 2010


CENNI BIOGRAFICI Artista, visivo, regista, documentarista, Beat Kuert, oltre ad aver collaborato con la Radio e la Televisione svizzera, ha realizzato documentari dedicati alla produzione architettonica contemporanea. Attivo nel campo della videoart e della musica di ricerca, è il fondatore del gruppo di artisti “dust&stratches”. Fra i suoi lavori sperimentali di maggior rilievo ricordiamo Die Zeit ist böse (1981), Pi-errotische Beziehungen (1982), Il grande inquisitore (1991), Am Ende der Zeit (1998). Ha inoltre diretto alcuni film fra i quali Schilten (1979), Martha Dubronski (1984–85), Deshima (1986) e L’assassina (1990) con Margaret Mazzantini, Elena Sofia Ricci e Massimo Popolizio. Per informazioni: Dust & scratches, Al Castello, 6864 Arzo; www.beatkuert.com


Carpet of wild roses

Grave new world


Incertezze

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a fotografia di Beat Kuert non nasce a partire da percorsi tradizionali. Non è neppure testimonianza e rappresentazione voluta di un momento o di un aspetto della realtà. Essa è piuttosto il risultato di un complesso processo di selezione e rielaborazione attuato in una fase successiva alle azioni artistiche da cui ha origine: le performance e i video dell’artista zurighese. Nato nel 1946 e attivo in campo artistico dal 1966, Kuert ci propone frammenti di un continuum da cui vengono estrapolati gesti, figure, movimenti artificiosamente ricercati (non a caso i suoi lavori fotografici sono stati a più riprese accostati alla pittura), che riverberano, nell’eccesso delle forme, nella saturazione delle tinte, nella sottesa e ricorrente aspirazione all’estasi erotica, l’arte di matrice squisitamente barocca. Applicando una lettura più rigorosa, la fotografia di Kuert, – che pone al centro il corpo femminile non come comoda cifra estetica ma in quanto elemento dotato della misteriosa capacità di trasfigurarsi in “altro” da sé –, è soprattutto “metafotografia” in quanto riflessione sull’essenza e le modalità del linguaggio iconografico contemporaneo. L’azione fisica, creata, performata, viene ripresa dalla telecamera, e in tal modo racchiusa in una dimensione spazio-temporale del tutto nuova, riproducibile all’infinito e da cui, in un’ultima fase, vengono scelte le immagini. Una prassi generativa, non finalizzata (ogni momento trova e giustifica in sé le proprie ragioni), di cui le fotografie, alcune delle quali proposte nel nostro reportage, offrono un differente piano di lettura. Certo, affidarsi all’immagine femminile, anche in una prospettiva artistica, rappresenta sicuramente una sfida, soprattutto in relazione all’abuso e alla sovraesposizione che di essa il mondo pubblicitario e dei media compiono quotidianamente. Ma l'ambiguità insita in queste immagini appare trattenuta e controllata, quasi a suggerire la possibilità di una realtà parallela difficilmente accessibile.


Il segreto del trucco Tendenze p. 40 | di Patrizia Mezzanzanica Nel corso dei millenni il concetto di trucco si è evoluto e trasformato. Ma nell’immaginario universale il suo significato simbolico rimane lo stesso, anche se oggi, più che una maschera ra o un artificio per alterare la realtà, è semplicemente un modo per sentirsi più belli, per stare meglio con se stessi e con gli altri ltri

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empo fa, per un analogo articolo sulle ultime tendenze del trucco, ho avuto l’occasione di incontrare il dott. Francesco Morace, sociologo e presidente di Future Concept Lab, un laboratorio di ricerca di consumi e di innovazione concettuale che annovera fra i suoi clienti ic glam notissimi marchi internazionali. Eravamo in un periodo di gothic n senso style, eccessivo e fuori dagli schemi, e le sue parole trovavano un le soglie vero e profondo a quello che era il trend del momento. “Siamo alle a anche di un nuovo esistenzialismo, in una crisi che non è solo economica ma erto e di di percorsi e che determina, nelle persone, un profondo senso di sconcerto insicurezza. Tutto viene messo in discussione e il trucco, quale specchio dell’anicce dark, ma, evidenzia proprio questa inquietudine”. Allora si trattava di tracce tralità, intense e pesanti, oggi più semplicemente di un ritorno alla teatralità, oe, ma alle sfumature anni Ottanta e all’eye-liner modello Marilyn Monroe, la stretta relazione fra psicologia ed estetica rimane la chiave di lettura più affascinante. Gustav Jung riconosceva un nesso profondo fra bocca e fuoco, entrambi creatori e distruttori, il che potrebbe spiegare perché i rossetti dalle tinte accese siano tanto amati sia dalle donne sia dagli uomini. Il fascino, come la seduzione, può significare il paradiso e l’inferno e spesso è entrambi allo stesso tempo.

Fra bellezza, immagine e salute La ricerca cosmetica propone prodotti sempre più completi ed efficaci che esaltano la bellezza senza trascurare la cura della pelle. Le sostanze contenute si impreziosiscono: micro-polveri di perla e diamante per illuminare il viso, ma anche retinolo e acido ialuronico per attenuare le rughe e i segni d’espressione. La linea “Cure Make up” di Korff, per esempio, ha studiato un fondotinta per pelli non più giovani con un complesso di polvere di diamante e pigmenti che invece di assorbire la luce rendendo la pelle spenta, riflette i raggi UV eliminando ombre e imperfezioni. La casa francese Sisley, invece, sin dalla sua nascita nel 1976 si basa sull’utilizzo di piante e oli essenziali purissimi. Quando di ecologia nessuno ancora parlava Sisley creava l’ “Emulsion Ecologique” e la “Super Crème Solaire Visage” che rimangono pietre miliari nella storia della cosmetica e i prodotti emblema della marca. La sua linea maquillage è un vero proprio trattamento di bellezza che garantisce tenuta ma anche cura e protezione. La svizzera Juvena, la cui rivoluzionaria tecnologia favorisce l’attività delle cellule staminali, ha addirittura studiato una crema che si può applicare sopra il make up per tonificare e illuminare la pelle. La nuova “On the move cream” è un trattamento anti-età da portare con sé e da applicare in qualunque momento della giornata.

Le nuove tendenze

Ma al di là dei successi della ricerca scientifica, quali sono i trend dell’inverno? Quali i colori, i giochi, le sperimentazioni, le nuove forme e le nuove tecniche del make up? “Nero, grigio, argento e i toni arancio-bronzo-oro caratterizzano la stagione autunno inverno 2010/2011” riferisce Simone Belli, make up artist de L’Oreal Paris. “L’ombretto è sfumato per un effetto smoky eyes meno perfetto e rigoroso, un disordine solo apparente e molto femminile. La pelle è mat e opaca, scaldata da fard rosa e arancio. Per le labbra si preferiscono texture opache color pesca e nude look dal sapore anni Settanta, oppure rossetti in pasta, idratanti ed emollienti, nelle tonalità del rosso fuoco, rubino e bordeaux, abbinati ai tratti grafici e puliti dell’eye-liner anche colorato. Sopracciglia ben disegnate e ciglia voluminose, allungate, di un nero intenso. L’uso dei primier di ultima generazione è diventato quasi indispensabile. Grazie alla presenza di alcuni siliconi che garantiscono un effetto filler, sono una base ideale per qualsiasi make up”.


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Orizzontali 1. Un medico specialista • 10. Storico greco • 11. Antica città mesopotamica • 12. Un gergo del tennista • 13. L’ha sostituito il bus • 15. Il risultato della somma • 17. Rabbia • 18. Prova attitudinale • 19. Poi • 20. Malta e Portogallo • 21. Cela l’amo • 22. Studi medici • 26. Lo è la mancia cospicua • 27. Bruciata • 28. La tesse il ragno • 29. La scritta sulla croce • 30. Fiaccarono Annibale • 32. La bevanda che si filtra • 34. Articolo maschile • 36. Colpo apoplettico • 39. Pianta aromatica • 41. Patema d’animo • 42. Un legno pregiato • 44. Uno detto a Zurigo • 45. Ai polsi dell’arrestato • 47. Cassa Malati • 49. Punto senza pari • 50. I confini del Ticino - 51. Pronome relativo • 52. Atomi • 53. Stato asiatico.

rassegnato • 14. Inseguirsi • 16. Asportazione di un arto • 19. Immediate, fulminee • 21. Dittongo in reato • 23. La West del cinema • 24. Una nota e un articolo • 25. I confini di Intragna • 31. Dentro • 33. Gavitello • 35. Lo stato dei cedri • 37. Cuor di befana • 38. Pesci d’acqua dolce • 40. La Lescaut • 43. Tra sett. e nov. • 46. Un colpo all’uscio • 48. Il nome della Martini • 51. Croce Rossa.

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Verticali 1. Romanzo di Beecher-Stowe • 2. Giaggiolo • 3. Lo è uno che dorme di giorno • 4. Congiunzione • 5. Dosso, montagnetta • 6. La fine della Turandot • 7. Ebbe la moglie tramutata in statua di sale • 8. Osservarsi • 9. Lo dice il

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Grazie alla congiunzione tra Mercurio e Marte potrete contare su una grande energia mentale e intellettuale. Discussioni appassionate. Attenti a non prendervi troppo sul serio. Cautela tra il 23 e il 24.

Fine mese caratterizzato da novità professionali. Grazie al moto diretto di Giove sorgono nuove opportunità di carriera. Bene tra il 25 e il 26. Grazie al transito lunare si arricchisce la vostra vita sociale.

Tra il 23 e il 24 novembre la Luna sarà di transito nel vostro segno. In considerazione della concomitante opposizione con Mercurio e Marte dovrete stare attenti a non perdere la calma. Soprattutto al volante.

Tra il 25 e il 26 la Luna transita nel segno del Cancro. Amplificazione su tutti gli effetti dei transiti in corso. Spinte autodistruttive per i nati nella prima decade; scelte di vita per i nati nella seconda.

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Fine novembre caratterizzato dal trigono di Marte e Mercurio in Sagittario. Grazie a questi pianeti, potere seduttivo alle stelle. Energia intellettuale al servizio dell’eros. Bene le giornate del 23 e del 24 novembre.

Evitate che malumori o una parola di troppo possano turbare la vostra vita professionale. State attraversando comunque una fase positiva, soprattutto per i nati nella prima decade.

Incontri sociali e modani tra il 23 e il 24 sollecitati dai transiti di Venere con la Luna. Realizzazione di importanti progetti al femminile. Vita sentimentale in fermento per i nati nella terza decade.

Riuscirete a esprimere la vostra personalità facendo qualcosa di nuovo con la possibilità di raggiungere successi inaspettati. Particolarmente favorevoli le giornate comprese tra il 23 e il 24 grazie ai transiti lunari.

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pesci

Dal 23 novembre il transito di Mercurio e Marte porterà a decisioni improvvise, in difesa della vostra indipendenza, sollecitate dalla quadratura con Urano. Evitate toni battaglieri.

Vita sentimentale imentale animata dalla dall quadratura con Venere. Momento difficile per i nati nella prima decade a causa degli aspetti di Plutone. Cercate di mantenere la vostra personalità senza farvi manipolare.

Nuovi progetti, provenienti da una località straniera o da un’altra cultura, per i nati nella terza decade sollecitati dal sestile con Mercurio e Marte. Soluzione di controversie legali. Ritorni di fiamma.

Grazie ai transiti di Mercurio e di Urano la vostra vita professionale potrà riorganizzarsi seguendo vie originali. State attenti a non farvi distogliere da passatempi a discapito di attività più importanti.

» a cura di Elisabetta

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