Ticino7

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Corriere del Ticino

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48 numero

26 | XI | 10

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numero 48 del 26 novembre 2010

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Agorà Viabilità: stiamo lavorando per voi

DI

Media Forum. La vostra auto condivisa

CARLO BIGOLIN . . . . . . .

Letture Vite da piloti

DI

GIANCARLO FORNASIER

Società Aggressività e automobili Kronos 4 x M3 = 25 Vitae Alex Fontana Reportage Citroën

DI DI

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VALENTINA GERIG . .

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MARIELLA DAL FARRA . . . . . . .

GIANCARLO FORNASIER

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R. ROVEDA; FOTO DI F. LEUENBERGER . . . . . .

Sfide Audi e Lancia. I duellanti

DI

Tendenze Bussola, cartine e GPS

LUCA MARTINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . DI

GIULIO CARRETTI . . . . . . . . . . .

Astri / Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Autocorrige Questa uscita di Ticinosette dedicata al mondo dell’automobile è la prima di una serie di pubblicazioni monotematiche che il nostro settimanale proporrà a scadenza regolare. Ogni numero speciale costituirà quindi l’occasione per approfondire un tema specifico, sviscerato nei suoi diversi aspetti: dalla psicologia ai media, dalla viabilità al mondo delle competizioni come nel caso di questa settimana. Cogliamo l’occasione per segnalare che nella rubrica Agorà del numero 46 apparso il 12 novembre (“Scienza e fede: tra Dio e il cosmo” di Nicoletta Barazzoni), un errore tecnico ha causato il taglio di parte della risposta del teologo Paolo de Petris. Riportiamo di seguito la domanda e la parte finale della risposta dell’intervistato, evidenziando in neretto le parole mancanti. La Redazione si scusa con la collega Nicoletta, con il sig. De Petris e naturalmente con voi lettori.

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Qual è la più grossa controversia oggi in atto tra scienza e fede? “Sicuramente quella concernente l’origine e la formazione dell’universo (...) Occorre tuttavia chiedersi: chi e che cosa è stato ed è alla base del processo evolutivo? La mia risposta da credente è una sola: Dio. E ancora: non ho alcuna difficoltà ad ammettere che il cosmo sia stato originato dal Big Bang, ma una volta accettato questo, voglio andare oltre e mi chiedo: chi ha acceso l’interrutore del processo che ha provocato la grande esplosione cosmica? Nel primo libro della Bibbia, proprio all’inizio leggo: «Nel principio Dio creò i cieli e la terra. La terra era informe e vuota e le tenebre coprivano la faccia dell’abisso; e lo Spirito di Dio aleggiava sulla superficie delle acque. Poi Dio disse: Sia la luce! E la luce fu». La mia risposta da credente rimane quindi soltanto una sola: Dio”.

Impressum Chiusura redazionale Venerdì 19 novembre Editore Teleradio 7 SA Muzzano Direttore editoriale Peter Keller Redattore responsabile Fabio Martini Coredattore Giancarlo Fornasier Photo editor Reza Khatir

Tiratura controllata 72’011 copie Amministrazione via Industria Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55 Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

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Viabilità: stiamo lavorando per voi

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I

ngorghi, disagi, code, rallentamenti: queste le parole più usate in questi ultimi mesi per descrivere la viabilità in Ticino e, in particolare, sul tratto LuganoMendrisio della A2, l’autostrada più chiacchierata e presa di mira dalle lamentele dei conducenti. Il dibattito sulle soluzioni per migliorare la circolazione di tutti i giorni nel Sottoceneri è molto attuale: è recente la decisione del Cantone di aumentare il proprio contributo alla Confederazione attraverso un gruppo di lavoro costituito dall’Ufficio Federale delle Strade (USTRA), il Dipartimento del territorio e la Polizia ticinese. Si attendono per dicembre le prime disposizioni in merito. Ma facciamo un passo indietro: quali sono le logiche che regolano la decisione di aprire un cantiere? Quali requisiti deve avere? E come funzionano i limiti di velocità? Ne abbiamo parlato con Eugenio Sapia, responsabile informazione e comunicazione della filiale di Bellinzona dell’USTRA, e con Alvaro Franchini, responsabile della Polizia Stradale ticinese.

A2: i cantieri della discordia USTRA, ovvero Ufficio Federale delle Strade. Per chi ha seguito le vicende legate al traffico sulla A2, è un nome divenuto familiare. Dal 1. gennaio 2008 la proprietà delle Strade nazionali è passata dai Cantoni alla Confederazione. E l’USTRA si occupa della gestione del traffico; mentre a livello Cantonale rimane competenza della Polizia il coordinamento dei primi interventi in caso di incidente. Chiediamo a Eugenio Sapia di spiegarci la relazione tra cantieri e ingorghi, e quando e perché si applicano i “lavori in corso” a una strada. Signor Sapia, quanto influiscono i cantieri sul traffico? “È da poco stato pubblicato un resoconto annuale relativo al 2009 sulle Strade nazionali secondo cui il sovraccarico di veicoli sulla rete rappresenta la prima causa all’origine delle colonne. Se quantifichiamo in cifre, significa che il 76% delle ore di colonne in un anno, nel 2009, erano legate al traffico. Rispetto al 2008 c’è stato un aumento del 18%. In seconda posizione ci sono

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Agorà

Traffico, code e cantieri: la circolazione stradale difficile in Ticino è sempre più spesso oggetto di stretta attualità. Ma quali sono le logiche che regolano i limiti di velocità e i “lavori in corso” sulle nostre strade e autostrade? poi gli incidenti della circolazione e in seguito i cantieri. Ognuno di questi due fattori rappresenta però solo il 15%”. Ci spieghi a grandi linee come viene pianificata l’apertura di un cantiere… “È il cantiere che si adatta al volume di traffico e non viceversa. Non si piazza un cantiere laddove si sa che crea problemi. Noi interveniamo nel modo più delicato possibile, ovvero lavorando, quando è attuabile, nelle ore notturne con volumi di traffico decisamente minori, ma con costi e impegno maggiori da parte di tutti. L’Ufficio Federale delle Strade sta perseguendo una nuova filosofia che ha l’obiettivo primario di ottimizzare la conservazione del patrimonio, il disturbo all’utenza e i costi derivanti. Rispetto al passato l’USTRA è diventata ancora più sensibile a questi temi”. Negli ultimi anni la A2 è stata oggetto di frequenti lavori e interventi. È un’impressione o corrisponde a realtà? “Il tratto ticinese dell’autostrada A2 è ormai datato, essendo stato costruito oltre 40 anni fa. È evidente che ora sono necessari grandi interventi di manutenzione. Questi ultimi vengono però pianificati in modo tale da lasciare a disposizione dell’utenza sempre due corsie per direzione, senza diminuire così la capacità di trasporto dell’autostrada. Per quanto riguarda il cantiere dei ripari fonici sul pontediga di Melide, il progetto lo abbiamo ereditato dal Cantone, che lo aveva precedentemente approvato. Per il tratto tra Balerna e Mendrisio, ormai quasi terminato, si è trattato di lavori di pavimentazione urgenti legati alla sicurezza. Il degrado dell’asfalto, con la formazione di buche, ci impongono talvolta di operare anche in punti in cui non erano previsti cantieri. Di regola però viene comunque lasciata una distanza sufficiente fra un cantiere e l’altro”. A proposto di requisiti che devono avere i cantieri, il responsabile della Polizia Stradale Alvaro Franchini aggiunge: “È una norma di sicurezza. Dipende della larghezza delle corsie, chiamata anche calibro stradale. Se non è possibile avere una larghezza minima, entra in funzione l’impianto semaforico o l’operaio di cantiere con la paletta o, infine, l’agente di sicurezza privata che gestisce il traffico manualmente”.


Spostiamo l’attenzione sul cruscotto dell’auto e parliamo di limiti di velocità, spesso temuti o sopportati malamente dai conducenti. Un rapido ripasso per quanto riguarda la Svizzera: sull’autostrada il limite è di 120 km/h, sulle semiautostrade di 100 km/h, sulle strade cantonali di 80 km/h e all’interno delle località vigono solitamente i 50 km/h. Un discorso a parte vale per le zone semipedonalizzate e a “30 km/h”. Una nuova frontiera, necessaria per evidenti problematiche ambientali legate alla concentrazione eccessiva di emissioni di CO2, è poi rappresentata dal limite ecologico, ovvero l’imposizione degli 80 km/h per uno specifico tratto di strada al fine di favorire l’abbassamento del tasso di ozono nell’aria. Questo, ci spiega Alvaro Franchini, accade soprattutto nella stagione invernale ed estiva. Signor Franchini, come vengono fissati i limiti di velocità in Svizzera e quali sono le politiche europee per quanto riguarda queste norme? “I limiti sono definiti dalla Legge sulla circolazione stradale, con una distinzione tra centro abitato, fuori abitato, semi autostrada

e autostrada. Per quanto riguarda le differenze a livello europeo, queste sono un fatto culturale e sono legate alla mobilità interna. Ogni paese, dal 2000 in poi, ha ricevuto da parte della Comunità Europea l’obiettivo di dimezzare le vittime della strada. La Svizzera è uno dei pochi paesi in linea con le direttive emanate. Il rischio di incappare in un controllo porta a rispettare i limiti: è umano temere la sanzione amministrativa o finanziaria. Dieci anni fa la Svizzera si è fatta promotrice del «Progetto Via Sicura». Provocatoriamente la campagna era denominata «Visione Zero» (zero morti, zero feriti, zero incidenti), obiettivo ambiziosissimo, quasi utopico, che la Svizzera sta portando avanti tuttora grazie al lavoro di tutti gli addetti ai lavori, polizia, maestri di guida e di basi legali moderne”.

Cantieri e traffico: quali soluzioni? I lavori stradali e l’imposizione di un limite di velocità devono per forza scontrarsi con il volume di traffico in Ticino. La Sezione della mobilità del Dipartimento del Territorio ha recentemente pubblicato i dati relativi al 2009. Le cifre parlano chiaro: è evidente l’aumento del traffico nel nostro Cantone. Nell’area di Grancia, per esempio, l’incremento è stato del 2,5% pari a ben 65.800 transiti al giorno.

Signor Sapia, come cerca di conciliare l’USTRA i limiti di velocità e l’efficienza della mobilità? “Sembra un paradosso ma l’abbassamento del limite aumenta la capacità di smaltimento del traffico. Ovvero, se si va più piano, circolano più veicoli. Gli 80 km/h non diminuiscono la capacità di smaltimento del traffico, anzi la aumentano. L’ostacolo rappresentato dagli 80 km/h diventa ininfluente per la mobilità, ma apporta un grosso contributo alla sicurezza degli utenti e di chi opera sul cantiere”. Alvaro Franchini, in merito alla stessa questione, suggerisce un maggiore uso del trasporto pubblico da parte dell’utenza e aggiunge: “Bisogna trovare delle mobilità intelligenti e alternative. In Ticino le strade intasate dal traffico di pendolari sono una realtà molto diffusa e importante. Per esempio, chi usa un veicolo a due ruote contribuisce in maniera importante a fluidificare la circolazione. Resta ancora molto da fare in termini di sicurezza oggettiva: tutti gli utenti della strada sono chiamati a un maggior senso di responsabilità e l’obiettivo primario resta quello di fornire alle future generazioni modelli positivi in senso lato, formando al contempo nel contesto specifico dei buoni conducenti”.

» di Valentina Gerig

I limiti di velocità

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nostro amico viene consigliato in tutta onestà: “meglio che vai da qualcuno appassionato di ******** e che ci capisce qualcosa più di noi…”. Il povero Giovanni esce mesto mesto (e perplesso) dall’officina a bordo della sua scoppiettante vettura e, consigliato da un conoscente, si reca presso due piccoli garage indipendente del Sopraceneri: in uno di questi gli vengono suggeriti – gratuitamente e dopo aver provato la vettura su strada, si noti bene… – alcuni possibili “indiziati” dell’insolubile problema. Fra questi, la non remota possibilità che vi sia una stretta e probabile relazione tra il cambio d’olio e l’insorgenza dell’inconveniente. Mmhh, vuoi vedere che l’olio, una volta “caldo e dunque alla pressione di esercizio corretta” non si comporta come dovrebbe e dunque... Tornato a casa, il nostro amico si collega a Internet ed entra in alcuni forum dedicati alla sua vettura: chissà, altri utenti della rete potrebbero essere incap-

Che cosa fare quando il ricambio della tua auto è diventato “introvabile” oppure il minimo “ballerino” del motore pare irrisolvibile? Semplice, ti iscrivi a un forum e... pati nello stesso problema... Ma che cos`è un forum, si chiederà qualcuno? Nulla di misterioso: è una piattaforma elettronica di scambio (tipo Facebook per intenderci) dove utenti della rete accomunati

www.i-lubrificanti.it/testi/auto001.html Che cosa significano la dicitura “5-30W” o l’indicazione “semisintetico”? E le sigle “API” e “ACEA”? Provate a dare un’occhiata in questo sito, tra i pochi in italiano a fornire indicazioni anche tecniche sugli oli. Perché sapere che cosa mettete (o vi mettono) nel motore della vostra auto aiuta “lei“... e a volte anche il vostro portafoglio.

da uno stesso interesse discutono, si scambiano informazioni, materiale fotografico e tecnico, dispensano consigli e suggerimenti su questo e su quello dall’alto della loro esperienza. In due parole, condividono digitalmente una stessa passione. Internet è piena di piattaforme di questo tipo, ed è possibile trovare l’impossibile: da chi declama i mille pregi del lubrificante liquido “WD-40” – un portento dagli usi più incredibili – a chi si scambia suggerimenti sulle perfomance di questo o quell’aspirapolvere. Rispetto ai blog, i forum mostrano una maggiore interazione fra gli utenti, i quali naturalmente paiono essere tutti dei “grandi esperti in materia”. Il limite dell’utilizzo delle informazioni raccolte si trova proprio qui: i suggerimenti forniti da perfetti estranei non devono naturalmente essere considerati la verità e rappresentare la soluzione ultima al nostro problema (come sempre è il buon senso che ci deve guidare): piuttosto, i racconti e le esperienze negative di altri devono renderci attenti sulle eventuali conseguenze dell’utilizzo errato di un oggetto, di un prodotto, di un’idea... Sì, d’accordo, ma Giovanni e la sua vettura “ballerina”, vi chiederete? Nulla di grave: in officina l’olio era stato sostituito con uno presente in magazzino, di buona qualità certo, ma raccomandato dalla casa costruttrice – viste le caratteristiche di viscosità e di tenuta alle alte temperature – solo per le motorizzazioni più recenti della sua auto. Il “giusto olio” per la vettura era un altro, e fra gli utenti del forum il possibile inconveniente era già stato segnalato più e più volte… Così come la soluzione per risolverlo.

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centralina elettronica della macchina. Presto detto: cambi il sensore e il problema si risolve... forse. Infatti, cambiato il sensore della pressione il borbottio rimane e, dopo una seconda visita in officina, al

Internet

» di Carlo Bigolin; composizione grafica Tecnica T7

Media

che settimane si ritrova con un leggero e inspiegabile “borbottio e rantolio” proveniente dal motore della sua auto, una potente vettura tedesca uscita dalle catene di montaggio quasi un ventennio fa. Il problema sorge soltanto quando la temperatura d’esercizio del motore è ottimale, dunque con olio e acqua “caldi”. Giovanni si rivolge allora a un’agenzia del Bellinzonese che rappresenta il marchio della sua vettura, garage che due settimane prima gli aveva sostituito l’olio del motore nel corso di un periodico controllo. Preso l’indispensabile appuntamento, il meccanico non fa che inserire il tester (un piccolo computer) nella presa diagnostica della vettura, scruta il piccolo monitor e sentenzia: “È il sensore della pressione dell’olio”. Traduzione: il sensore che controlla la pressione dell’olio motore non funziona più correttamente e fornisce indicazioni non veritiere alla

La vostra auto condivisa

Giovanni, 32 anni, da qual-


La morte e le competizioni motoristiche: un connubio che trova puntualmente conferma, sia nelle gare amatoriali sia nei grandi eventi coperti dai media e da ingenti somme di denaro. E questo 2010 non fa eccezione: gli appassionati di motociclismo non avranno dimenticato le crude immagini televisive del giovane giapponese Shoya Tomizawa (classe 1990) travolto e ucciso da altri piloti nel corso della gara di Moto2 al Gran Premio di San Marino dello scorso settembre. Come per il motociclismo, anche nelle competizioni automobilistiche le tragedie non sono, purtroppo, mai mancate. Frutto della casualità, vite segnate da un destino amaro e beffardo oppure (sin troppo spesso) il risultato di regolamenti tecnici poco lungimiranti – si veda quanto avvenuto nel mondo dei rally negli anni Ottanta; articolo a p. 42 –, le competizioni motoristiche hanno riconsegnato “grandi eroi” sacrificatisi sull’altare della passione e dello spettacolo. Piloti divenuti in seguito leggende e fonte per moderni miti: come per i tre personaggi che segnaliamo in questa occasione, alcuni celebrati da recenti pubblicazioni che ne ripercorrono le vicende umane e agonistiche. James Hunt

In queste settimane è apparsa una nuova biografia, in inglese, del più “pazzo” fra i piloti che il circus dell’automobilismo ricordi. Dedito all’incidente in gara come nelle prove, James Hunt (1947–1993; nella foto a destra) pareva più una stella del rock&roll che un pilota pronto a soffrire per la vittoria. “Alcol, sigarette e donne” non gli impedirono comunque di diventare (per un solo punto) Campione del mondo di Formula 1 nel 1976, battendo con la sua McLaren M23 la Ferrari di Niki Lauda. “Lascio ora e definitivamente perché l’uomo non conta più” disse abbandonando le gare; la sua

Vite da piloti vita invece terminò a 45 anni per “arresto cardiaco”... e qualche eccesso di troppo.

Jo Siffert Recentissima uscita editoriale anche per l’indimenticato pilota nato a Friburgo nel 1936. Grande esperto e amante delle gare di durata come la 24 Ore di Daytona e la 12 Ore di Sebring, la Targa Florio e la classica 24 Ore di Le Mans (vedi Ticinosette n. 22/2010), Siffert trovò però la morte a bordo di una BRM di Formula 1 a Brands Hatch (rottura della sospensione e conseguente incidente). Aveva 35 anni. Le 336 pagine di questo volume multilingue (francese, inglese e tedesco) riassumono la storia e le imprese del pilota svizzero, raccontate in particolare attraverso oltre 400 fotografie.

Stefan Bellof Sono rari i piloti che alla loro passione per le corse hanno abbinato un’invidiabile professionalità. Il tedesco Stefan Bellof (classe 1957) era uno di questi: dai kart alla Formula 2 alle gare di durata, Bellof seppe mostrare abilità di guida fuori dal comune: rimarrà nella storia della Formula 1 il suo recupero sotto la pioggia al Gran Premio di Monaco del 1984 (su Tyrrell). A fine gara giunse terzo; un risultato e una stagione in seguito però annullati a causa di “irregolarità tecniche”. Il nome del tedesco è ben conosciuto anche sulla Nordschleife del Nürburgring: nel 1983, a bordo di una strepitosa Porsche 956, Bellof percorse gli oltre 20 km dell’impegnativo circuito in 6 minuti e 11 secondi, un tempo che è ancora oggi il record della pista. Il 2010 segna il 25esimo della morte del talento tedesco: nel settembre del 1985 alla 1000 Km di Spa, nel tentativo di sorpassare Jacky Ickx, sulla salita dell’Eau Rouge Bellof uscì di strada con la sua Porsche 956B a 260 km/h... Questo libro, solo in tedesco, è il più esaustivo a lui dedicato.

To Tom Rubython The Story of James Hunt Formula One Books (2010) Ed Heuvink Jo Siffert McKlein Publishing (2010) R. Braun e F. Kräling Stefan Bellof. Eine viel zu kurze Karriere Delius Klasing (2005)

» a cura di Giancarlo Fornasier

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Letture

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Società

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“Ho preso la patente a diciotto anni, e un giorno mi sono reso conto che in macchina il mio carattere peggiorava”. Così esordisce Gioele Dix nell’ambito di un ciclo di lezioni sulla sicurezza stradale tenute presso i principali atenei italiani che ha preso avvio nel novembre di quest’anno. Chi ha visto la sua irresistibile interpretazione dell’“Automobilista” sa che si tratta di un’espressione a dir poco eufemistica. Tuttavia, come sempre accade nel caso delle parodie ben riuscite, la realtà si avvicina di molto all’interpretazione fornita dal comico. Irritabilità, frustrazione, scoppi di aggressività, ostilità gestuale e verbale si riscontrano ogni giorno sulle nostre strade, e sono talvolta suscettibili di trasformarsi in atti di aggressione a cose e persone. Ma che cosa succede, esattamente, quando siamo alla guida dell’auto? Che cosa cambia in noi? “L’uomo motorizzato è un personaggio ben strano” scrivono

Tensione, frustrazione, competizione… La territorialità, dunque, ma anche la frustrazione derivante dall’impossibilità di portare a termine il compito, magari per effetto di un ingorgo che procrastina a tempo indeterminato il ritorno a casa. E poi c’è l’elemento competitivo, quello che talvolta, solitamente quando si ha fretta e senza che ce ne si renda conto appieno, genera

Comprare attrezzatura sci. una palpabile tensione ai semafori. Una tensione che può anche portare a situazioni di reale pericolo, come quando,

Secondo alcuni studi, la cifra distintiva dell’aggressività nell’automobilista scaturisce in relazione alla materialità del veicolo in cui siede, equiparato a una sorta di guscio protettivo che, oltre a potenziarne l’ego, garantisce un parziale anonimato, allentando i meccanismi inibitori meno di tre settimane fa, mi è capitato di venire sfiorata in autostrada da una vettura che procedeva zigzagando per impedire a un’altra, che la tallonava da vicino, di superarla...

Territorialità, frustrazione e competitività non sono però dinamiche che appartengono esclusivamente al contesto di guida. Secondo alcuni studi, la cifra distintiva dell’aggressività automobilistica scaturisce peculiarmente dalla materialità del veicolo in cui sediamo, equiparato a una sorta di guscio protettivo che potenzia il nostro ego e che, garantendo un parziale anonimato, allenta i meccanismi inibitori. L’automobile, infatti, limita il contatto vis-àvis e impedisce di ricavare informazioni sufficienti su chi sia alla guida del veicolo davanti a noi: potrebbe essere una persona che si reca in ospedale per assistere un congiunto morente, ma noi non lo sappiamo. Come dice Andrea Drusini, antropologo presso il Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova: “Guidando, noi ci basiamo prevalentemente su stereotipi: al supermercato, o in banca o in una biglietteria, abbiamo invece molte informazioni sulla persona che ci sta appresso, possiamo comunicare con la mimica facciale, e dall’espressione del nostro prossimo possiamo arguire che non voleva passarci davanti con il carrello e che è pronto a chiedere scusa”2. Al con-

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Portal e Poulet in un saggio che risale al 1967, ma che conserva tutta la sua attualità, “L’«io» seduto al volante assomiglia solo vagamente all’«io» che, un istante prima, svolgeva la sua vita di tranquil-

Fenomenologia dell’automobilista irato

Noia in poltrona.

lo cittadino, facendo il proprio lavoro, o il padre di famiglia. Non appena girata la chiave di contatto, [...] ecco che un essere nuovo si sostituisce al bonario personaggio di cui mantiene i lineamenti. Non si tratta più di utilizzare un mezzo comodo per spostarsi da un punto all’altro. Si tratta di conquistare lo spazio, per effetto di una sorta di connivenza con l’invisibile”.1


Film

La lunga lista dei road movies annovera diversi capolavori, alcuni dei quali hanno messo a fuoco il fenomeno dell’aggressività su strada. Fra questi, si segnala: Il sorpasso di Dino Risi (1962), Duel di Steven Spielberg (1971) e Un giorno di ordinaria follia (Falling down) di Joel Schumacher (1993). In qualità di metaforico “antidoto”, si suggerisce invece la visione del bellissimo Una Storia Vera (The Straight Story), diretto nel 1999 da David Lynch.

Società

trario, la “deindividuazione” comportata dal primato percettivo del veicolo sulla persona che lo guida facilita il ricorso a modalità comportamentali semi-automatiche, e cioè parzialmente svincolate dalla valutazione consapevole delle variabili in gioco. Di fatto, l’azione di guidare l’automobile 3

Divertimento sulla neve. è di per sé un processo che coinvolge in misura significativa le cosiddette “conoscenze procedurali”, ovvero quegli apprendimenti semi-automatici che bypassano il controllo cosciente a favore di una più rapida esecuzione del compito. Quando per esempio dobbiamo frenare, non pensiamo consapevolmente alla complessa sequenza di movimenti che mettiamo in atto (sollevare il piede destro dall’acceleratore – spostarlo sul pedale del freno – premere con il

sinistro la frizione – scalare la marcia – valutare la velocità che determina la distanza fra noi e il semaforo rosso, ecc. ecc.) perché, in caso contrario, non riusciremmo a fermarci in tempo utile: l’esecuzione della sequenza viene attuata sulla traccia di un pattern comportamentale precedentemente appreso e consolidato, e chiunque abbia provato a condurre l’auto in un Paese con guida a sinistra è in grado di misurare il peso di tale condizionamento. L’automatismo che caratterizza la condotta del guidatore si traduce, sul piano psicologico, in uno stato di parziale dissociazione, di cui ci accorgiamo solo quando, per esempio, raggiungiamo una destinazione e, all’improvviso, ci rendiamo conto di non avere quasi avuto percezione del percorso, perché “distratti” da riflessioni contingenti. Ora, l’allentarsi del controllo cosciente non determina di per sé pulsioni aggressive ma, se il contesto esterno e il grado di reattività interna ne favoriscono l’insorgenza, è facile che la risposta venga agita in maniera più diretta di quanto accade in uno stato di piena consapevolezza.

Note 1 Georges Portal e Robert Poulet, Pour ou contre l’automobile, Berger-Levrault, 1967. 2 Andrea Drusini, “Antropologia dell’aggressività, della violenza e della guerra”, Lezione del corso di Antropologia e Etnologia, in “Appunti delle lezioni”, www.andreadrusini.it/lezioni.htm. 3 Definizione di Ray Fuller, psicologo del Trinity College di Dublino, in riferimento a “quel processo che ci impedisce di entrare in rapporto con un altro automobilista in quanto persona”.

» di Mariella Dal Farra » illustrazione di M. Mendicino

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Le celebrazioni fanno sempre piacere e rappresentano l’occasio-

Kronos

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ne per ripercorrere a ritroso nel tempo la genesi di un fenomeno o di un evento. In ambito automobilistico, i produttori di vetture e le reti di vendita sanno come sfruttare i “compleanni”, e non perdono occasione per rendere pubblici gli aspetti storici delle evoluzioni tecnico-meccaniche dei loro marchi. Mostrare ai clienti la solidità di un’azienda e la continuità di questa o quella sigla specifica è essenziale: perché un marchio che si rinnova nel tempo rappresenta da un lato un segno di qualità e lungimiranza progettuale, dall’altro permette di sfruttare l’affiliazione e l’attaccamento che i clienti solitamente mostrano nei confronti di un modello. L’esempio più appariscente di questo fenomeno è la GTI, sigla che marchia una delle versioni più sportive della Volkswagen Golf, oggi giunta alla sua sesta reincarnazione in quasi 35 anni di storia (1976). “M” per Motorsport Alla fine di settembre di 25 anni or sono, era il 1985, la Bayerische Motoren Werke (BMW) presentava al pubblico una versione sportiva della serie E30, berlina in produzione già dal 1982. Basata sulla versione a due porte, la M3 – contrariamente a quanto avveniva sul mercato automobilistico – non era una rilettura vitaminizzata del modello da cui derivava. La M3 E30 era invece un vero e proprio progetto a sé, aspetto evidente sin dal primo colpo d’occhio: parafanghi allargati (e non semplici profili aggiuntivi) per ospitare cerchi e gomme di grandi dimensioni, spoiler anteriore molto pronunciato in materiale plastico, baule posteriore in leggera fibra e alettone di grandi dimensioni, oltre a muscolose minigonne sottoporta. Tutti elementi che non passavano inosservati, il frutto di un’impegnativa ricerca tecnico-aerodinamica che portò gli uomini del Reparto sportivo della BMW (la “M” di Motorsport presente nella sigla M3) a modificare anche l’inclinazione del lunotto posteriore, aspetto fondamentale per ottimizzare il flusso dell’aria nella coda dell’auto (con conseguente miglioramento del carico aerodinamico). Era chiaro che quella presentata non era solo una vettura “particolare” e destinata a ricchi clienti alla ricerca di un’auto sportiva: il progetto M3 era nato e si stava sviluppando per permettere all’azienda di tornare competitiva nei campionati per vetture Turismo nazionali e internazionali. Ma per l’omologazione nelle competizioni di un’auto, il rego-

lamento della Federazione automobilistica (FIA) imponeva ai costruttori una produzione minima annuale di 5.000 esemplari: una cifra importante per un progetto ancora dalle mille incognite, sportive e tecniche, oltre che di mercato. “S14”: dai circuiti alla strada Entrata in produzione a partire dal luglio dell’anno seguente (1986), la BMW riuscì a iscrivere la vettura quale Gruppo A nel marzo 1987, appena in tempo per partecipare al neonato Campionato Internazionale Turismo (ITC) in modo ufficiale. E la bontà del “progetto M3” si manifestò nel breve volgere di poche gare; tanto che quello stesso anno la casa di Monaco mise in bacheca il titolo piloti con il veneto Roberto Ravaglia. Fu solo l’inizio di una lunga e vittoriosa stagione che pareva non avere termine: i titoli iridati, a tutti i livelli, giunsero in effetti ben oltre il 1992, anno in cui la BMW pose fine allo sviluppo e alla vita agonistica della M3 E30. Un’auto che rimane a tutt’oggi la “vettura da Turismo più vincente di sempre” con oltre 1.500 vittorie assolute fra pista, rally, gare in salita ecc. Il merito di tutto ciò...? Nella validità del telaio (rigido ma leggero) e nel motore: un compatto 4 cilindri aspirato di 2.3 litri (siglato “S14”), capace nelle sue prime incarnazioni pistaiole di superare i 300 cavalli, diventati oltre 360 nelle ultime evoluzioni del propulsore con cilindrata portata a 2.5 litri. Nelle versioni per la circolazione stradale i cavalli variavano dai 195 (prime auto catalizzate) ai 192 (nella meno nota E30 320is), per salire sino ai 238 nel modello di punta, la Sport Evolution (motore da 2.5 litri; prodotta in soli 600 esemplari; 1990-’91), vettura dalle soluzioni tecnico-aerodinamiche ulteriormente avanzate.

» di Giancarlo Fornasier; nell’immagine un manifesto promozionale (1991-’92)

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1985–2010: molti cavalli, troppi chilogrammi... Ma che cosa è rimasto oggi dello spirito Motorsport che portò la BMW a creare “l’unica vera M3”? Nelle successive riedizioni (E36, E46, sino all’ultima E92 apparsa nel 2007) le cilindrate e i cavalli sono sempre cresciuti, toccando la soglia dei 450 nella recente M3 GTS. Di pari passo, però, sono aumentati sia il peso sia le dimensioni. Che la risposta stia tutta qui? L’apparente sportività e il lusso permettono certamente un successo “di etichetta”. Ma chi cerca le emozioni chiede molto meno: leggerezza, reattività, essenzialità. E una manciata di cavalli, sì... ma quelli veri.


di Cailler

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» testimonianza raccolta da Stefania Briccola; fotografia di Igor Ponti

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in cui questo mondo ha smesso di piacergli hanno preso altre strade. Poi c’è il mito di Gilles Villenueve che aveva un’indole connaturata al rischio e si spingeva sempre oltre il limite: nessuno più di lui rappresenta al meglio l’essenza del pilota. L’automobilismo è uno sport dove si mette tutto a rischio. Corro in pratica da quando sono nato e non avrebbe senso gareggiare con la paura di farsi male. Anche se il timore è qualcosa che tutti dovrebbero avere. La mia più grande preoccupazione è di non danneggiare la macchina in gara prendendo un cordolo di troppo… La vita del pilota è fatta di È fra le più importanti promesse della disciplina e organizzazione. tradizione automobilistica ticinese. Una Io devo fare i conti con la carriera ancora da sviluppare ma con scuola perché sto frequentando il quarto anno della tutte le prerogative del caso Scuola cantonale di economia e commercio a Bellinzona. Nel rito delle corse il casco È difficile conciliare la carriera di pilota con assume grande importanza: gli studi superiori: al momento sto valutanil mio si ispira a quello del do se passare a un altro campionato nella pilota gallese Tom Pryce (naprossima stagione che rappresenterebbe un to nel 1947, ndr.), morto in salto di qualità. La mia è una lotta impari un incidente a Kylami nel per emergere in un mondo spietato dove 1977 nel corso del Gran Precontano più i mezzi che il talento. I rapporti mio del Sudafrica. È lo stesso sentimentali e umani sono difficili anche di mio padre, quello che mi se con gli anni ho imparato a gestirli. Sono ha messo in testa da quando circondato da persone che capiscono la mia ho iniziato a correre in auto situazione. Senza una famiglia alle spalle non all’età di tre anni e mezzo. sarebbe stato possibile andare avanti. In parHo continuato a portarlo nel ticolare mio padre mi segue dappertutto nelle tempo variandolo con qualgare. Il mio impegno è dettato dalla passione che modifica. Il mio casco è che sminuisce ogni sacrificio. I miei genitori caratterizzato da cinque linee non mi spingono per nulla. Da mia madre ho nere alle quali ho messo una preso i tratti e il fisico, mentre da mio padre, punta trasformandole in una ticinese, la testardaggine che è un pregio e corona e dal drago, simbolo allo stesso tempo un difetto. del Galles. Tom Pryce mi è Non è possibile guidare una Formula 3 senza sempre piaciuto molto anche una preparazione fisica adeguata. Per mantese lo conosco solo attraverso nermi in forma vado in palestra almeno tre i video e i racconti. Era un volte alla settimana. Serve molto fiato e forza, pilota molto freddo in gara, perché in alcune curve l’auto ti schiaccia al ma assai socievole al di fuori suolo. Il campionato più difficile è quello che delle corse. Mi piace il suo stile ho disputato quest’anno: ho dovuto dare il di guida aggressivo e al tempo meglio pur sapendo di avere poche possibilità stesso calcolato. Ogni pilota di emergere. Rimanere in questa categoria è di Formula 1 dell’epoca aveva difficile e la Formula 1 è un miraggio. Sono qualcosa di mitico, perché costretto a dare il meglio con quello che ho a sfidava davvero la morte tutti disposizione, anche se non è abbastanza per i giorni. Ho anche fatto il tifo mostrare il mio vero potenziale. Nel recente per Mika Häkkinen e per Kimi campionato mi sono impegnato al massimo Räikkönen, che ho apprezzato e sono stato in grado di guadagnare posizioni per lo stile di guida e la personelle bagarre e nei sorpassi. Spesso mi chiedo nalità. Entrambi sono passati che cosa potrei mai fare se solo avessi le stesse alla Formula 1 e nel momento chance dei primi dieci in classifica…

Alex Fontana

Vitae

ono nato a Sorengo 18 anni fa: mi chiamo Alex, Alexis in greco, un nome scelto da mia madre originaria della terra “del mito”. La mia passione per le auto è iniziata all’età di tre anni e mezzo. La devo a mio padre che ha corso per qualche tempo a livello nazionale, ma poi ha dovuto chiudere con il mondo delle gare. Da bambino mi ha messo in sella a un baby-kart e io ho cominciato a girare sulle piste: diciamo che ho imparato prima a pilotare che a leggere e scrivere. Spesso quando trascorrevo le vacanze estive sull’isola di Rodi seguivo mio padre che alle spiagge preferiva le piste di kart. Ho iniziato ad amare i motori senza nemmeno accorgermene e ho cominciato a pilotare le auto all’età di 15 anni. Ora corro con una monoposto da 220 cavalli nel Campionato Italiano di Formula 3, un punto di riferimento a livello europeo. Il circuito che preferisco è quello di Imola con le sue curve da assecondare e da sfidare. A livello di emozioni prima ancora dell’auto viene la pista. Quando raggiungo l’autodromo e vedo le enormi insegne pubblicitarie avverto già un vero piacere e mi sento a casa. Poi indosso la tuta, metto il casco ed entro nell’abitacolo dove mi stringono le cinture: e proprio lì sento di appartenere a un spazio che è solo mio… Il sedile è uno degli elementi che il team manager tiene a realizzare subito, perché lega il pilota alla macchina; in un’auto che senti tua è molto più facile trovare la prestazione giusta. Poi c’è il limite e la voglia di superarlo: a me non interessa tanto la velocità in sé. Sulla pista del Mugello corriamo in gara a una media di 180 km/h, considerando anche i primi giri e la partenza che sono molto più lenti; ma non è importante tanto il limite dei chilometri orari quanto il fatto di prendere la curva a una velocità superiore per guadagnare anche solo due decimi di secondo.

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L’arte delle quattro ruote testo di Roberto Roveda fotografie di Flavia Leuenberger

Sono in pochi a conoscere Flaminio Bertoni, anche se molti di noi hanno attraversato l’Europa su una delle sue creature. Parliamo di alcune delle Citroën più belle e riconoscibili prodotte dall’azienda francese: dalla Traction Avant alla DS, passando per l'inimitabile 2CV. Oggi a questo designer di genio, alla sua creatività e alle sue “sculture con ruote e motore” è dedicato un museo. A due passi da casa nostra…


Roland Barthes

Si tratta di arte umanizzata. La DS segna un cambiamento n

Un’auto per sognare: la Traction Avant Siamo nel 1932 e André Citroën vuole realizzare una nuova vettura che rivoluzioni il mondo dell’automobile. Citroën costruisce mezzi di trasporto ma, sopra ogni cosa, è un uomo che ama sognare e far sognare chi guida le sue vetture: “Date loro qualcosa di bello, la vita è già abbastanza triste” ripete spesso ai suoi progettisti. La nuova autovettura voluta da Citroën punta sul nuovo sistema di trazione anteriore da poco messo a punto e mai utilizzato su vetture di serie. Questa soluzione evita che l’albero di trasmissione attraversi longitudinalmente tutto l’abitacolo, rendendolo così più spazioso. Ora però si tratta di dare una forma alla carrozzeria del nuovo modello e André Citroën non è soddisfatto dei disegni che gli sono stati presentati: vuole qualcosa che si differenzi da tutto ciò che il mercato già propone. Del gruppo di disegnatori e progettisti che lavora al progetto fa parte anche Flaminio Bertoni, di Masnago, vicino a Varese,

appena assunto in fabbrica dopo che un tecnico della Citroën aveva notato alcuni suoi disegni. È un sabato sera e Flaminio è a casa, ma non riesce a staccare la testa dai suoi progetti. Improvvisamente torna al suo atelier, dove prende un blocco di plastilina e comincia a modellare – come se stesse creando una scultura – le forme della nuova automobile. Quando mostra il modello realizzato in una notte di lavoro, André Citroën rimane a bocca aperta e decide di mostrarlo alla moglie, senza la quale non prende mai una decisione. L’entusiasmo della signora Citroën pone fine a ogni dubbio: è nata la Traction Avant, l’auto simbolo della Francia anni Quaranta e Cinquanta, l’auto di Jean Gabin e del Commissario Maigret. Bella ed essenziale Bertoni con la Traction Avant entra nell’olimpo dell’automobile. Ha creato un auto innovativa nelle forme ed esteticamente affascinante con le sue linee tonde e pulite, con i suoi grossi


o nella mitologia dell’automobile

parafanghi anteriori, che paiono quasi volersi slanciare in avanti enfatizzandone il dinamismo. Ha soprattutto creato un’auto affascinante perché priva di ogni eccesso, di ogni elemento superfluo. “Saper eliminare l’inutile è la forza del genio” amava dire Bertoni stesso e la Traction è in questo senso geniale. Ce ne rendiamo conto mentre l’ammiriamo all’interno del Museo Flaminio Bertoni di Varese e ascoltiamo i racconti di Leonardo, figlio di Flaminio e grande custode della memoria di questo artista prestato alla produzione industriale. Il capolavoro: la Citroën DS All’interno del Museo, non lontano dalla Traction Avant, incontriamo il capolavoro di Bertoni, la Citroën DS. Dalla sua prima creazione sono passati vent’anni ma osservando le due vetture sembra che a separarle vi siano secoli di storia. In mezzo, tra le due pietre miliari, Bertoni ebbe un ruolo di

rilievo anche nella realizzazione della 2CV, quella che tutti chiamano “Due cavalli”: un progetto da cui all’inizio, prima della Seconda guerra mondiale, fu tenuto al di fuori perché si voleva realizzare un auto spartana all’eccesso, adatta ai terreni accidentati di campagna. In Citroën si temeva che Bertoni l’abbellisse troppo tradendo lo spirito dell’impresa. Solo dopo la guerra il disegnatore italiano poté intervenire sul progetto e nacque la 2CV che conosciamo tutti: pratica, originale, unica, ma anche dalla forma gentile, simpatica. Anche in questo caso una vera “scultura” pronta per la catena di montaggio. La DS è invece l'indiscusso capolavoro di Flaminio Bertoni, oltre che un balzo in avanti quasi improvviso nel campo della produzione automobilistica. Compare nel 1955… ma sembra già proiettata nel futuro. Un opera d’arte, dicevamo, e come tale viene immediatamente percepita dal pubblico e dalla stampa tanto che un grande critico e saggista fran-


cese, Roland Barthes, parlando di questa vettura scrisse: “Si tratta di arte umanizzata. La DS segna un cambiamento nella mitologia dell’automobile”. La DS. Mito e futuro. Un concentrato di tecnologia che va dal servofreno al servosterzo, passando per il cambio semiautomatico e le rivoluzionarie sospensioni idropneumatiche che nel 1962 salvarono la vita a Charles De Gaulle. Un commando di terroristi attacca la macchina presidenziale a colpi di mitra e i proiettili forano due pneumatici. La DS prosegue la sua corsa, nonostante tutto, ad alta velocità proprio grazie alle sospensioni idropneumatiche. Dal pesce alla DS Flaminio Bertoni per questa pietra miliare della storia dell’automobilismo crea una forma assieme allungata e armonica, tondeggiante nel suo slancio. Si ispira alla natura, alle forme dei pesci, per poi trasformarle e adattarle, disegno dopo disegno. Proprio la sua linea regala alla DS una popolarità immensa tanto che in un sondaggio del 1999 per eleggere l’automobile più importante del XX secolo la creatura di Bertoni arriva terza dopo la Ford Modello T e la Mini. Per un critico come Barthes: “L’eclat (lo sfavillio, la vivacità, nda.) della DS equivale allo splendore delle cattedrali gotiche”. La DS è un’auto che si può immaginare solo nelle sue forme originali, impossibile pensare a un’evoluzione o a restyling, come si dice oggi. Forse ci avrebbe pensato Bertoni, se non fosse morto nel 1964, quando l’avventura della DS era ancora agli inizi.

per informazioni: Museo Flaminio Bertoni Via Valverde 2 I - 21100 Varese tel.: 0039 0332 25 25 15 www.flaminiobertoni.it per saperne di più: Leonardo Bertoni Flaminio Bertoni. La vita, il genio, le opere Macchione editore (2002) Leonardo Bertoni Citroën Macchione editore (2008) AA.VV Citroën 1919–2006. Tutti i modelli Domus (2006) ringraziamenti: Si ringrazia il Garage Valli Car di Capolago (www.vallicar.ch) per aver messo a disposizione di Ticinosette la bellissima Citroën DS ritratta in queste pagine. Ringraziamo inoltre per la cortesia e le informazioni fornite il signor Leonardo Bertoni e la direzione del Museo nelle persone della dott.ssa Renata Castelli e del dottor Alberto Bertoni.



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Sfide

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I duellanti Audi e Lancia: un confronto senza esclusione di colpi che ha lasciato sgomento il mondo dei rally, sancendo la scomparsa del famigerato e pericoloso “Gruppo B”

14 novembre 1980 a Ingolstad l’Audi annunciava il suo programma per la stagione seguente del Mondiale Rally: una dichiarazione di guerra alla concorrenza. Non solo veniva presentata la nuova arma della casa, l’Audi Quattro, ma si creava un’organizzazione ad hoc per le competizioni nel mondiale, l’Audisport. Grosso coupé a quattro ruote motrici dotato di un cinque cilindri turbo di oltre 300 cv, l’Audi Quattro veniva affidata a Hannu Mikkola, fra i migliori del lotto, e Michele Mouton, al tempo il pilota di sesso femminile più forte in circolazione. Dopo le prime prove la vettura fu definita “strana”, difficile da interpretare e fuori dai canoni: con il motore sotto i 3500 giri/min. pareva poco più che un’utilitaria, ma sopra quella soglia si trasformava. L’enorme motricità comportava riallineamenti delle ruote fulminei in uscita dalle curve e alcune difficoltà nell’inserire la vettura nei tornanti. La prima gara fu il Rally di Montecarlo, dominato da Mikkola sino a quando la sua Quattro lo costrinse al ritiro per guasto. Al Rally di Svezia, la seconda gara, Mikkola si impone: era la prima vittoria di un “non svedese” nel rally scandinavo. Al termine della gara qualcuno sibilò che il rally era stato vinto solo grazie alla macchina… Mikkola non esitò a confermare che: “Sfortunatamente è vero!”. Problemi di affidabilità tennero la Audi ai margini fino al Rally di Sanremo, dove Michele Mouton si impose. In Portogallo Mikkola, prima del ritiro per rottura del motore, surclassò tutti sull’asfalto, considerato il fondo più svantaggioso per la Quattro. Alla fine il Campionato del mondo lo vinse Ari Vatanen su una Ford Escort RS. Intanto, sul fronte italiano, Cesare Fiorio comprese che era necessario correre ai ripari e – superando le opposizioni interne alla Fiat – nel novembre del 1981 promosse la realizzazione di una nuova macchina: la Lancia 037, derivata dal modello Beta Montecarlo. Splendida macchina con trazione posteriore disegnata da Pininfarina e spinta da un motore di 2 litri da circa 300 cv, la 037 con compressore volumetrico rispetto ai classici motori turbo offriva un’erogazione più progressiva. Con l’inizio della stagione 1982 la squadra Audi si allargava con l’arrivo di Wittmann e dello svedese Blomqvist, che si dimostrò imbattibile nelle gare a cui partecipava, incluso il Rally di Svezia dove le Audi letteralmente dominarono. Ma in febbraio Markku Alen saliva sulla Lancia 037 (rinominata Lancia Rally)

sul circuito della Mandria. La macchina mostrava notevoli doti di motricità, velocità e affidabilità, anche se il Campionato di quell’anno pareva incentrato sulla lotta tra Roehrl (Opel Ascona 400) e Mouton che, divenuta il pilota di punta dell’Audi, vinse l’Acropoli (Grecia) e il Brasile. Fu al 1000 Laghi che si verificò il primo scontro diretto Lancia-Audi: il rally lo vinse Mikkola, ma la Lancia si dimostrò molto competitiva... poi un ritiro per rottura del motore la mise fuori gioco. In Costa d’Avorio, Michele Mouton si dovette arrendere a Roehrl, che le soffiò il titolo mondiale Piloti, mentre il titolo Costruttori si risolse a vantaggio dell’Audi. Siamo al 1983: l’Audi riconferma Mikkola, Mouton e Blomqvist. La Lancia affianca Roehrl ad Alen e Miki Biasion. A Montecarlo, grazie alla mancanza di neve, la Lancia è imbattibile con 24 vittorie in 29 Speciali. Roehrl, che definisce la 037 “una macchina perfetta”, e Alen fanno la doppietta. La stagione si conclude con quattro vittorie per parte, che fruttano a Mikkola il campionato Piloti e alla Lancia il campionato Marche. L’anno seguente (1984) Audi presenta la nuova Quattro Sport: 450 cv e una ripartizione dei pesi ottimizzata. Blomqvist si aggiudica 5 prove mondiali e vince il titolo: appare ormai chiaro che la trazione posteriore delle 037 è divenuta obsoleta se paragonata alle varie quattro ruote motrici, fra cui la Peugeot 205 T16. Potenze spaventose e pesi contenuti iniziano però a presentare il conto. Nel 1985 le vetture denominate “Gruppo B” portano motori da oltre 500 cv... e i “risultati” non tarderanno ad arrivare. In Corsica muore Attilio Bettega (Lancia 037) e l’ultima gara della stagione se l’aggiudica la Lancia, al debutto con un nuovo “mostro”: è la Delta S4, una quattro ruote motrici, un motore di 1800 ccm a turbo compressore volumetrico da 560 cv. L’Audi rincorre a ruota con la Quattro Sport S2 (600 cv) che però non vincerà nulla. La nuova S4 si aggiudica anche il Rally di Montecarlo con Toivonen e Cresto. Ma la sfida si conclude nel sangue: le vetture sono troppo pericolose in mezzo agli spettatori e in Portogallo muoiono tre persone e i piloti fermano la gara. Ma non è finita: nel Rally di Corsica perdono la vita gli stessi Toivonen e Cresto nel rogo della loro Delta S4. Perde la vita anche il co-pilota di Surer (passato dalla F1 ai Rally). La misura è colma: il “Gruppo B” viene bandito e l’anno successivo si gareggerà con vetture da 180 cv. La vittoria andrà a una Lancia.

» di Luca Martini; nell’immagine Lancia 037 e Audi Quattro Sport S1

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E #ucevan "e stelle Tendenze p. 44 | di Giulio Carretti

er anni ci hanno raccontato che a inventare la bussola era stato un certo Flavio Gioia di Amalfi, intrepido quanto raggiante navigatore campano la cui esistenza – del tutto immaginaria – pare essere scaturita dal grossolano errore di un filologo, tal Giambattista Pio, che male interpretò quanto scritto dallo storico Flavio Biondo (1392–1463). Insomma, un’autentica bufala propinata per decenni nelle scuole senza alcun ritegno. A utilizzare per primi gli aghi magnetizzati furono invece i cinesi e, a ruota, i vichinghi, instancabili quanto misconosciuti esploratori del globo. Gli arabi ne diffusero l’uso in Europa parallelamente a un altro importante strumento, l’astrolabio, di ellenica ideazione. Grazie a questi due dispositivi e alle carte geografiche al tempo disponibili, i viaggiatori e gli antichi navigatori erano in grado di “fare il punto”, di comprendere cioè in quale parte della Terra venivano a trovarsi. Con il perfezionarsi della cartografia nel corso del Medioevo e la successiva invenzione del sestante (alla cui realizzazione diede un importante impulso lo stesso Isaac Newton), la “navigazione” – marina o terrestre che fosse –, si fece sempre più accurata e sicura. Da allora le cose sono comunque parecchio cambiate: lo sviluppo tecnologico e informatico nel XX secolo, l’astronautica e la conseguente moltiplicazione dei satelliti intorno alla Terra consentono oggi, con una spesa modesta, di dotarci di navigatori satellitari in grado di guidarci dovunque – per terra, per mare, per aria – sul pianeta. Per alcuni, forse i più pigri e i meno curiosi, la diffusione dei piccoli navigatori GPS – da quelli, nautici a quelli automobilistici, da quelli per gli amanti del trekking ai recenti strumenti di navigazione per bikers – ha significato di fatto il tramonto della cartina geografica, strumento per secoli indispensabile a chi si avventurava verso l’ignoto. Insomma, la “cartina” parrebbe uno dei tanti “caduti” nella impari lotta fra digitale e analogico che ha contrassegnato gli ultimi tre decenni. La comodità e la versatilità del GPS sono fuori discussione: avventurarsi in auto in un paese straniero dotati del

piccolo strumento fa risparmiare tempo e danaro e non è da escludere un riflesso positivo anche dal punto di vista ambientale e dell’abbattimento dei livelli di stress (vi è mai capitato di arrivare di notte, sotto una pioggia torrenziale, in una città del tutto sconosciuta, in un paese la cui lingua non conoscete affatto, durante la più importante fiera commerciale dell’anno?). Molto apprezzate sono in particolare le indicazioni relative ai servizi più disparati – dalla ristorazione agli ospedali, dai musei alle stazioni ferroviarie – che i navigatori forniscono, purché si proceda ai consueti aggiornamenti. Dei navigatori per auto ci eravamo già occupati (Ticinosette n. 20/2009) anche se nell’arco di questo ultimo anno e mezzo nuovi modelli sia Garmin sia Tom Tom, con funzionalità assai sofisticate, si sono fatti spazio in un mercato già di per sé ricco di novità. Interessante in tal senso dare una scorsa ai modelli creati per gli amanti della bicicletta. Un esempio? I due Garmin Edge 705 e 605 che, oltre alle tradizionali funzioni di navigazione, offrono tutte le informazioni per coloro che amano monitorare con scientifica precisione il proprio allenamento. E fin qui tutto bene. Ma, come sempre, manca qualcosa. Mi riferisco proprio alla visione d’insieme di un territorio che la cartina offre in modo nettamente superiore, stimolando curiosità e consentendo al viaggiatore di sviluppare conoscenze che il navigatore satellitare tende, per sua stessa natura, a semplificare e a eludere. Nel corso di un recente tour in Germania, ovviamente munito del fido GPS, ho avuto modo di acquistare una cartina stradale di eccellente qualità. Prodotta dall’editore tedesco Falk (www.falk. de) – che, fra l’altro, commercializza una linea di GPS, a sottolineare la possibile e felice sinergia fra analogico e digitale –, la mappa in oggetto, oltre alla qualità cartografica, offre un’impaginazione del tutto originale e funzionale che consente la consultazione senza il bisogno di disporre di ampie superfici o di oscurare la vista al conducente dell’auto. Grazie ad essa il nostro viaggio ha riconquistato un po’ di romanticismo, rendendoci meno dipendenti da quel misterioso aggeggio sospeso a qualche decina di chilometri sopra le nostre teste "


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Luna davvero storta tra il 3 e il 4 dicembre. Malumori e gelosie con il partner. Viaggi e conferenze riconducibili alla sfera professionale. Incontri con persone straniere. Nuovi stimoli per i nati nella terza decade.

Periodo segnato da Marte, Urano e Giove. Decisioni inaspettate e giudizi avventati. Desiderio di maggiore libertà d’azione. Intuito e creatività favorite dagli aspetti con Nettuno. Ambizioni in aumento.

Mercurio contrario, Venere alla grande. Parlate poco ma amate molto. Con Mercurio opposto potreste andare incontro a chiacchiere di corridoio riguardo alla vostra vita privata. Attenti ai manipolatori.

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Grazie al trigono con Marte vi scoprirete audaci e intraprendenti. Giochi di seduzione durante un viaggio, o con una persona straniera. Novità riguardo a una collaborazione professionale.

Saturno non c'è più. Per trent'anni vi starà lontano. Ma Giove e Urano, almeno per quanto riguarda i nati nella terza decade, sono ancora in opposizione. Non comprimete i vostri desideri.

Dicembre inizia con il transito di Mercurio nella vostra quarta casa solare. Affari familiari in primo piano. Soprattutto per quanto riguarda la gestione patrimoniale. Fate ricorso alla vostra proverbiale diplomazia.

Momento fantastico per la vita sentimentale grazie anche alla fase retrograda di Venere. Viaggi in compagnia del partner, vita mondana in crescita. Vantaggi professionali e occasioni inaspettate.

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capricorno

acquario

pesci

Dicembre inizia con una iniezione di energia. State però attenti a contenere di più la vostra irascibilità. Cambiamenti inaspettati e improvvisi. Ambizioni in forte aumento in relazione alla quadratura con Giove.

Avete paura di rimanere soli e questo fatto vi rende ansiosi. Vita professionale al setaccio per i nati nella seconda decade. Nuovi interessi culturali per i nati a fine segno. Ambizioni in crescita.

Tendenza ad agire in segreto, soprattutto per quanto riguarda le relazioni professionali. Trasgressioni e gelosie per i nati in gennaio. Momento altamente creativo per i nati nella terza decade favorito da Nettuno.

Facilitate le collaborazioni professionali con il partner. Festicciole con i collaboratori. Irascibili e temerari i nati nella terza decade. Non conviene preoccuparsi più del dovuto. Limitate le vostre ansie.

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In mezzo ai rovi • 20. La scienza che studia l’origine delle parole • 21. Asbesto • 23. Produce more • 27. Due decine • 29. Baronetto inglese • 32. Agnese a Madrid • 34. Le quantità del farmacista • 36. Alni • 39. Un anestetico • 41. Lo uccide Davide • 43. Reginetta di bellezza • 45. Il Nichel del chimico • 47. Treno senza vocali • 49. Antica città della Mesopotamia • 50. Dittongo in beone.

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Orizzontali 1. Canzoncina soporifera • 10. Simili ai DIN • 11. Trampolieri • 12. Un verbo del giardiniere • 14. Un condimento • 15. Introdusse il tabacco in Europa • 18. Una nota e un articolo • 19. Reazionaria, passista • 21. Aspettato • 22. Lo dice il rassegnato • 24. Pari in culla • 25. Pronome personale • 26. Arie musicali • 28. Fuggito di galera • 30. Uno a Londra • 31. Gioielli in genere • 33. Fine inglese • 35. Seggio regale • 37. I confini del Ticino • 38. Paga il fio • 40. Kahn, fondatore dell’impero mongolo • 42. Ente Turistico • 43. Variegato • 44. Tiritera • 46. Stop! • 48. Terna al poker • 49. Congiungere • 51. Escursionisti Esteri • 52. Bel gatto striato.

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Verticali 1. Celebre scultura di Vincenzo Vela • 2. C’è anche quella che non c’è • 3. Venuti al mondo • 4. Attraversa Berna • 5. Nulla • 6. In mezzo al mare • 7. Quelle salate si gustano con l’aperitivo • 8. Così firma l’anonimo • 9. Darsi una mano • 13. Grossa arteria • 16. Ispido • 17.

» a cura di Elisabetta

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Dicembre inizia con una iniezione di energia grazie al transito di Marte. Possibili problemi di comunicazione a causa del transito di Mercurio. Aumento degli appetiti sessuali. Cambiamenti professionali.

La soluzione verrà pubblicata sul numero 50

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Se prima era Cascolino, adesso è anche Piccolino.

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