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VIDEOSORVEGLIANZA E DISSUASIONE
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Riduce il livello di colesterolo. Semplice e naturale. la Benecol sostiene
Ticinosette n° 1 7 gennaio 2011
STEFANO GUERRA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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MARIELLA DAL FARRA. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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ROBERTO ROVEDA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Agorà Videosorveglianza. I conti non tornano Emotikon Gioia e paura Visioni Woody Allen
Impressum Tiratura controllata 72’011 copie
DI
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Vitae Antonella Volonterio
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VALENTINA GERIG. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Reportage Silvesterkläuse
DI
S. LO TURCO; FOTOGRAFIE DI A. MENICONZI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Chiusura redazionale Venerdì 31 dicembre
Editore
Teleradio 7 SA Muzzano
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PATRIZIA MEZZANZANICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Astri / Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Tendenze Counseling & Coaching
DI
Direttore editoriale Peter Keller
Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch
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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona
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In copertina
Fotografia di Reza Khatir
Videosorveglianza umanitaria Cari lettori, in questo primo numero del 2011 trattiamo in specifico del tema della videosorveglianza e delle sue complesse implicazioni, sia sul piano della sicurezza sociale e della spesa pubblica sia per quanto concerne la privacy di ciascun cittadino. Stefano Guerra, autore dell’articolo e nostro collaboratore da tempo, sta infatti conducendo un complesso lavoro di indagine e approfondimento su questo tema che sarà ulteriormente trattato in molti suoi aspetti sulle pagine di Ticinosette. L’adozione delle telecamere per il monitoraggio può infatti offrire dei risultati ma solo attraverso un utilizzo appropriato e ben mirato. Un’introduzione generalizzata della videosorveglianza negli spazi pubblici non pare infatti – e rimandiamo a riguardo alla lettura del pezzo –, garantire alcun particolare vantaggio sul piano della deterrenza dei comportamenti criminali. Certo è che di questi tempi, fra videocamere, satelliti, telefonini e carte di credito, nessuno è più davvero certo della propria riservatezza. Come ogni strumento in mano all’uomo, anche il monitoraggio tecnologico rivela aspetti negativi e positivi. Dipende tutto dalle modalità d’uso che se ne fanno. A tal riguardo, da alcuni mesi, l’attore statunitense George Clooney ha avviato una campagna di sensibilizzazione sulla gravissima situazione del Darfur, uno dei tanti “buchi neri” che costellano il mondo e in cui ormai da quasi dieci anni vige una situazione di guerra civile fra la componente araba e quella africana (entrambe di religione islamica ma sostenute da interessi rilevanti: la regione, che presenta uno dei redditi pro capite più bassi al mondo è infatti ricca di giacimenti
petroliferi) con una conseguente gravissima crisi umanitaria. Il 9 gennaio 2011, cioè fra due giorni, si terrà il referendum sull’indipendenza del sud del Darfur. Le prospettive sono inquietanti: il presidente del Sudan, Omar el Bashir, filo arabo, soggetto a un mandato di cattura internazionale dal marzo 2009 per genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità, ha di recente dichiarato che in caso di vittoria dei secessionisti la sharia diverrà “l’unica fonte della Costituzione. A quel punto non ci sarà più spazio per parlare di diversità culturale ed etnicità”. L’idea di Clooney e della sua associazione “Not On Our Watch” (Non sotto il nostro sguardo) è stata quella di attivare, con l’appoggio dell’ONU, di Google e dell’Harvard Humanitarian Initiative, una sorveglianza satellitare lungo i confini fra nord e sud dello sfortunato territorio africano in modo da monitorare eventuali spostamenti di truppe e segnali di conflitto. Il Satellite Sentinel Project è attualmente già operativo all’indirizzo www. satsentinel.org. L’obiettivo è ovviamente quello di tutelare l’integrità della popolazione civile, da troppo tempo sottoposta a violenze e a condizioni di vita inaccettabili. Un’iniziativa meritoria attuata attraverso una sorta di videosorveglianza che ci auguriamo possa davvero, in questo caso, garantire una maggior sicurezza alle persone. Restano le ombre, come alcuni dispacci della diplomazia americana pubblicati da WikiLeaks confermano: Omar el Bashir avrebbe infatti in segreto deviato su banche londinesi del gruppo Lloyds 9 miliardi di dollari derivanti dalla vendita di greggio. I Lloyds ovviamente smentiscono… Cordialmente, Fabio Martini
Videosorveglianza. I conti non tornano
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Agorà
Asso nella manica di politici locali ansiosi di placare quell’impalpabile “sentimento di insicurezza” che turberebbe il sonno dei loro elettori, la videosorveglianza si sta diffondendo un po’ ovunque, Ticino compreso. Anche se soltanto a precise condizioni scoraggia chi intende passare all’atto; e anche se in pochissimi casi permette di risalire a chi ha commesso un reato
A
dispetto della legittimità politica e sociale che ha acquisito, dal punto di vista della prevenzione della delinquenza è lecito dubitare dell’efficacia della videosorveglianza. I pochi studi esistenti – sia istituzionali che accademici, realizzati essenzialmente nei paesi anglosassoni – convergono su un punto: quando le telecamere riprendono spazi relativamente ampi come strade, piazze o parchi, il loro impatto sulla delinquenza è trascurabile, e addirittura praticamente nullo per quel che riguarda lesioni, risse e aggressioni sessuali. Invece, la videosorveglianza dà buoni risultati – soprattutto nella prevenzione di furti – quando le telecamere sono puntate su luoghi chiusi o circoscritti, come parcheggi, autosili e ospedali.1 Bruno Baeriswyl, incaricato della protezione dei dati del Canton Zurigo, ha segnalato effetti positivi anche nei centri di raccolta rifiuti comunali, sui treni delle FFS e nelle scuole, i cui muri – una volta posti sotto sorveglianza video – sono stati risparmiati dagli autori di graffiti. Anche il “mister dati” zurighese giudica “meno sensato” l’utilizzo di impianti di videosorveglianza per migliorare in generale la sicurezza e contenere la criminalità in aree più estese, per esempio, in una stazione.2
Dissuasività dubbia Ma il dibattito sull’efficacia dissuasiva della videosorveglianza, perlomeno a livello statistico, rischia di rivelarsi problematico, se non proprio sterile. Spesso, infatti, alle telecamere viene assegnata una doppia, contraddittoria funzione: da un lato, la loro presenza dovrebbe
dissuadere potenziali delinquenti dal passare all’atto, e dunque far diminuire il numero di delitti e crimini registrati; dall’altro, dovrebbero permettere di immortalare questi comportamenti delittuosi o criminosi, e quindi accrescerne l’incidenza statistica. Paradossalmente, sotto questo profilo, il “successo” della videosorveglianza, può consistere sia in una riduzione delle cifre della delinquenza, sia… in un loro aumento.3 La questione è tutt’altro che statistica. Privilegiare la funzione repressiva della videosorveglianza presuppone che i reati abbiano effettivamente luogo, e dunque che i potenziali delinquenti ignorino di essere ripresi. A livello operativo, tuttavia, la lotta contro il flagrante delitto, per essere veramente efficace, richiede personale in numero sufficiente e ben formato, oltre che strumenti operativi e risorse finanziarie che difficilmente gli enti locali e le forze di polizia chiamate a gestire gli impianti riescono a mettere in campo.4 Al contrario, privilegiare la funzione di deterrenza della videosorveglianza implica che la presenza di telecamere di sicurezza sia segnalata in modo ben visibile nella zona in cui sono installate. Ma così chi intende passare all’atto potrà adeguare il proprio comportamento, spostandosi verso altri luoghi, mascherandosi o dilazionando nel tempo il proprio agire. Inoltre, come rileva Baeriswyl, il rischio è che a causa della presenza ben pubblicizzata delle telecamere, e contrariamente all’effetto voluto, i passanti – invece di sentirsi rassicurati – considerino insicuro il luogo videosorvegliato
e finiscano con l’evitarlo, scegliendo percorsi alternativi non ancora posti sotto sorveglianza video ma lungo i quali, magari, nel frattempo si sono già posati altri occhi: quelli di malintenzionati in cerca di nuovi scenari d’azione senza telecamere di mezzo.5
Un contributo marginale al riconoscimento Ma torniamo alla statistica. Perché in realtà esiste una possibilità di valutare l’efficacia della videosorveglianza facendo ricorso a delle cifre. Si tratta di quantificare il suo apporto alla delucidazione dei reati, in particolare all’identificazione di chi li ha commessi. In altre parole, quante volte le immagini prodotte dalle telecamere di sicurezza private e pubbli-
che vengono usate nelle inchieste avviate da polizia e magistratura per chiarire un reato? E quante volte si rivelano se non proprio decisive, perlomeno utili? Ebbene, anche da questo punto di vista il valore della videosorveglianza si dimostra statisticamente marginale. Non ne aveva fatto mistero già un paio d’anni fa, suscitando un certo clamore, l’ispettore capo della Metropolitan Police di Londra, Mick Neville il quale dichiarò che “miliardi di sterline sono stati spesi [per dotarsi di impianti di videosorveglianza, ndr], ma non si è pensato a come la polizia avrebbe usato le immagini, né a come queste immagini sarebbero state usate nei tribunali. È stato un fiasco totale: solo il 3% dei crimini [commessi nelle strade di Londra, ndr] è stato risolto grazie
Agorà
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» di Stefano Guerra; fotografia di Reza Khatir
alla videosorveglianza”.6 In un rapporto interno, redatto dallo stesso Neville, la Metropolitan Police ammetteva lo scorso anno che a Londra viene risolto meno di un crimine all’anno ogni mille telecamere.7 Un dato corroborato, oltre che da indagini realizzate in alcune città francesi (Lione e Saint Etienne, per citarne due), anche dalle conclusioni di un altro rapporto della polizia londinese divulgato lo scorso gennaio dal Daily Telegraph, secondo cui tra il 2003 e il 2009 il numero di crimini chiariti grazie all’utilizzo di immagini di videosorveglianza si è più che dimezzato.8 Non abbiamo ragioni per credere che in Svizzera le cose non stiano più o meno allo stesso modo. Pochi mesi fa, interpellato dalla televisione svizzero-romanda, il portavoce della Polizia cantonale ginevrina ha ammesso che le immagini registrate dalle otto telecamere già installate da tempo in incroci cittadini “sensibili” dal punto di vista del traffico “non sono mai servite nel quadro di un’inchiesta”. I filmati non sono visionati “perché questo compito richiederebbe del personale addetto alla sorveglianza e delle pattuglie sul terreno”, ha precisato il portavoce...9 Di come stanno le cose in Ticino scriveremo in una prossima occasione. Note 1 Tanguy Le Goff, “La vidéosurveillance: un outil de prévention efficace?”, Les Cahiers de l’IAU de l’Île-de-France, n. 155, giugno 2010, p. 39 (www.iau-idf.fr). 2 “Videokameras sind kein Alheilmittel”, Neue Zürcher Zeitung, 22 dicembre 2009. 3 Noé Le Blanc, “Sous l’oeil myope des caméras”, Le Monde diplomatique, settembre 2008. 4 Ibid. 5 “Videokameras sind kein Alheilmittel”, cit. 6 “Cctv boom has failed to slash crime, says police”, The Guardian, 6 maggio 2008 (www. guardian.co.uk). 7 “Londra, il Grande Fratello fa flop: un arresto ogni mille telecamere”, laRepubblica, 26 agosto 2009. 8 “Number of crimes caught on Cctv falls by 70 per cent, Metropolitan Police admits”, The Daily Telegraph, 5 gennaio 2010 (www.telegraph.co.uk). 9 “L’engrenage insoupçonné de la vidéosurveillance”, tsrinfo.ch, 15 settembre 2010.
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Gioia e paura Due emozioni e una dicotomia che, dal punto di vista psicologico, definisce altrettanti movimenti speculari, uguali e contrari, ovvero l’espansione versus la contrazione dell’io
Emotikon
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l’anima: desiderio, gioia, paura e tristezza. In questo articolo, il secondo di una serie dedicata all’analisi di sette emozioni primarie, il fuoco viene posto sulle due centrali: gioia e paura; una dicotomia che, dal punto di vista psicologico, definisce due movimenti speculari, uguali e contrari, in altri termini l’espansione versus la contrazione dell’io. Costituendo un sistema di segnalazione psicofisica, le emozioni hanno un alto valore adattivo in quanto consentono una reazione immediata agli stimoli, promuovendo l’integrazione fra l’individuo e l’ambiente in cui è inserito. Ciò è particolarmente evidente nel caso della paura, vero e proprio “salvavita” in dotazione a tutti gli organismi biologici complessi che abitano il pianeta. Questa potente emozione, scatenata dalla percezione di un pericolo, determina infatti, nello spazio di pochi secondi, uno switch metabolico che modifica l’assetto fisiologico in maniera radicale: si tratta della famosa reazione di “fight or flee”, “combattere o fuggire”. In estrema sintesi, la paura sollecita il rilascio nel sangue di sostanze ormonali (adrenalina, ossitocina, cortisolo ecc.) che causano aumento della frequenza cardiaca, accelerazione del ritmo respiratorio e altre reazioni. Sul piano neurologico, si determina una parziale disattivazione del livello corticale (pensiero “astratto”, o “dichiarativo”) a favore di quello “limbico” (pensiero “operativo”, o “procedurale”): il cervello inizia cioè a funzionare secondo modalità più arcaiche, ma anche maggiormente funzionali al compito di sopravvivenza, facilitando gli automatismi e il ricorso a modelli comportamentali istintivi (o “di base”). Tale configurazione è caratterizzata da un marcato incremento della potenza muscolare, con accorciamento dei tempi di reazione, da una parziale anestesia somatica, da una relativa ipersensorialità e, infine, dalla riduzione delle capacità di ragionamento astratto. A livello psicologico, ciò si traduce in una focalizzazione attentiva, sensoriale e cognitiva su pochi elementi per volta (la cosiddetta “visione a tunnel”). Lo stato di attivazione promosso dalla paura rende conto della
connotazione paradossalmente piacevole di questa emozione, caratteristica che ha decretato il successo di innumerevoli film di genere, dal thriller all’horror. Tuttavia, muovendosi lungo il gradiente dell’intensità, la paura è suscettibile di evolvere in angoscia (dal latino angustia(m), “strettezza”, da angere “stringere”), ed eventualmente in terrore, che coincide con il grado massimo di compressione dell’io, mentre l’ansia, che è uno stato di paura “senza oggetto”, viene spesso vissuta come una sensazione di costrizione toracica. Se ora prendiamo in esame il lessico associato all’emozione di gioia, ci accorgiamo che si tratta di una terminologia opposta a quella usata per descrivere la paura: si dice infatti “ho provato una gioia incontenibile”, o anche “smisurata”; così come è diffusa l’espressione “scoppiare di felicità”. La gioia è quindi descritta nei termini di un’espansione dell’io che, nella sua forma più immediata, deriva “dall’acquisizione di un Bene o dalla sicurezza di poterlo possedere a breve” (John Locke, 1632 –1704, filosofo britannico, considerato uno dei padri dell’Empirismo), mentre, nelle forme più sublimate – per esempio in quelle raggiunte attraverso la pratica della meditazione buddhista o della preghiera cristiana – evolve nell’identificazione del sé con sistemi di riferimento più ampi, quali la specie umana, l’insieme delle creature viventi, il cosmo o addirittura Dio. Su scala “ridotta”, questo stesso processo “espansivo” è sotteso alla gioia procurataci dall’incontro con qualcuno – familiare, amico/a, amante – con cui sentiamo di riuscire a comunicare: la connessione con l’altro amplia infatti per definizione lo spazio psicologico, “annettendoci” una dimensione aggiuntiva e condivisa. In questo senso, la gioia coincide con il superamento del limite dato dalla propria individualità, e quindi, per estensione, con il superamento del limite ontologico fondamentale costituito dalla morte: paradigmatica è infatti la gioia per una nascita, che oppone alla fine un nuovo inizio. Se la paura è sempre, in maniera più o meno diretta, paura di morire, allora la gioia è, quasi inevitabilmente, gioia di vivere.
» di Mariella Dal Farra; illustrazione di Micha Dalcool
Secondo Sant’Agostino, quattro sono le passioni che agitano
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Visioni
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Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni di Woody Allen Usa – Spagna, 2010
» di Roberto Roveda
Per Woody Allen l’esistenza umana ha i contorni di una commedia dolce-amara – molto più amara che dolce, a essere sinceri – in cui a dominare su tutto è l’imprevisto pur non mancando elementi decisamente surreali. L’unica possibilità per poter andare avanti nella vita, non cedendo allo sconforto, è quella di aggrapparsi alle illusioni, alla possibilità di incontrare “l’uomo dei sogni” che appunto dà il titolo al film. Così, nella Londra dei nostri giorni una piccola galleria di personaggi, tutti in qualche modo legati tra loro e con aspirazioni destinate a intrecciarsi, si arrabattano nel tentativo di inseguire un destino migliore mentre il caso domina su tutto, in maniera implacabile. Tanto che a mettere in moto le vicende in cui sono coinvolti i protagonisti sono proprio le profezie di una ciarlatana, una sedicente sensitiva che diventa il punto di riferimento di Helena (Gemma Jones), lasciata dopo quarant’anni di matrimonio dal marito Alfie (Anthony Hopkins) che ha scelto di inseguire una nuova giovinezza finendo fra le braccia di una escort pronta a prosciugargli il portafogli e a dargli un figlio (ma sarà proprio Alfie il padre?). Intanto la figlia della coppia, Sally (la ormai onnipresente Naomi Watts) si innamora del suo principale mentre suo marito Roy (Josh Brolin), uno scrittore spiantato, ritrova il successo proponendo come proprio un manoscritto rubato a un amico in coma e anche grazie a questo conquista un’avvenente vicina. Solo che l’amico potrebbe prima o poi risvegliarsi… Insomma, un intreccio che intriga e nel quale Allen mostra la consueta maestria nel dirigere gli attori, nel farli dialogare e interagire. Più ancora rivela la sua capacità nel ricreare situazioni “al limite”, quasi surreali, senza però che risultino “irreali”, finte. Il tutto è pervaso da un fondo di realismo che consente allo spettatore di pensare: “in fondo potrebbe anche succedere…”. Allen quindi continua il suo discorso sulla contemporaneità e l’umanità che la abita, anche se si avverte in questo Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni come in altri suoi film recenti – pensiamo a Matchpoint (2005) e a Sogni e delitti (2007) – il desiderio di non lasciarsi coinvolgere, come se di questa contemporaneità e di questa umanità il regista non volesse far parte, forse per una sorta di narcisismo. Una distanza avvertibile e che sottrae alla pellicola un pizzico di pathos, rivelando il retrogusto del semplice esercizio di stile, un sospetto che affiora mentre scorrono i titoli di coda.
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» testimonianza raccolta da Valentina Gerig; fotografia di Igor Ponti
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delle competenze inimmaginabili. Ho lavorato lì per cinque anni, acquisendo le basi necessarie per comprendere e amministrare l’affascinante mondo dei libri antichi. Conclusa questa esperienza, mi sono messa alla ricerca di un luogo che potesse ospitare la “mia” libreria, che tra poco festeggia i cinque anni. Con questa nuova attività ho potuto mettere in atto la “democrazia del libro”, come la chiamo io. Per me è diventato quasi uno slogan. L’ho messa in pratica qui a Lugano, ma non l’ho inventata io. Ero a New York, nella brillante Diamond Row, la via che ospita i gioiellieri I primi libri letti da bambina. Poi le ina- della Grande mela. C’era un spettate esperienze tra gli scaffali, fino piccola libreria dove coabitavano, sullo stesso scaffale, all’idea di creare una libreria in cui un un’opera di Hermann Hesbestseller e una prima edizione di un libro se in prima edizione a 1000 usato convivono democraticamente dollari e la stessa opera in formato paperback da 3 dollano avuto dieci-dodici anni ed ri: che meraviglia, sono rimasta folgorata! erano abituate a una breve letSono partita da questa idea e ora, dopo cintura prima di addormentarsi. que anni, si cominciano a vedere i risultati. Ebbene, una sera ho deciso di Ormai siamo conosciuti, le persone ci portaosare con una storia forte per no volentieri i loro libri già letti, noi in caminvogliarle verso letture più bio diamo loro un buono che usano per commature e ho letto loro Il principrare nuovi volumi. Così si crea un circolo pe felice di Oscar Wilde. Povevirtuoso dove ai libri si dà una seconda vita rine, avevano i lucciconi pere ai lettori il piacere di leggere a prezzi molché la storia è tristissima, ma to vantaggiosi. l’intensità di quel racconto mi Lavorare in libreria è stimolante, mi capita di ha permesso di ottenere il mio essere contattata da persone di tutto il mondo scopo: accompagnarle nell’afche ci chiedono, tramite il nostro sito, i titoli frontare la paura, protette e più bizzarri e impensati. Un esempio è quello sicure nella loro cameretta. di un professore giapponese che ha ordinato Nel ’92, Valeria Nidola, esperun tomo sulla canalizzazione fognaria di Berta libraia e cara amica, mi na… strano no? Ma potrei citarne un’infiniha chiesto se potevo aiutartà. Lo stimolo più potente è l’incontro giorla saltuariamente nella sua naliero con i clienti. Sono talmente unici e libreria per ragazzi. È stata straordinari da rendere questo spazio esattaun’esperienza bellissima che mente quello che sognavo, un luogo “sospemi ha permesso di continuare so” nel tempo. a organizzare e gestire la famiQual è il libro della mia vita? Il Conte di Monglia pur tornando in maniera tecristo, la mia prima lettura, ebbene sì. Amo attiva nel mondo del lavoro. così tanto questo libro che, in occasione di Nel frattempo ho conosciuto un viaggio a Marsiglia, passando davanti al un libraio antiquario milaneCastello d’If, con entusiasmo ho cominciase che aveva aperto una libreto a raccontarlo, i miei compagni di viagria qui a Lugano e che mi gio hanno ascoltato per un po’ poi si sono ha chiesto di collaborare alla ribellati, ma la storia li aveva già catturati e gestione. Penso sia una delle in seguito sono stati loro a chiedermi come professioni più complesse al andava a finire. mondo: ci vogliono almeno Libri cartacei e libri virtuali? Di tutto un po’, tre vite per formare un libraa seconda della comodità e della situazione io antiquario ed è un monin cui ci si trova a leggere. Non escludo nulla, do che richiede una cultura e solo teniamo viva la passione della lettura.
Antonella Volonterio
Vitae
libri sono rifugio, prima di tutto. Da bambina leggevo in continuazione e mio papà, insieme alle favole, mi regalò Il Conte di Montecristo. Ho imparato a sillabare proprio su questa lettura decisamente difficile! Ho avuto un’infanzia fortunata, contrassegnata da una grande libertà: potevo scorrere tutti i libri di casa, tra cui quelli di arte. Ricordo benissimo questi grandissimi volumi in bianco e nero. Mi era innamorata della statua di Amore e Psiche: a cinque-sei anni mi mettevo a gambe incrociate e guardavo le immagini a bocca aperta. Il gusto del bello viene proprio da lì. Se un bambino riesce a cogliere un’immagine così, avrà sempre un senso estetico diverso. A casa mia a Milano, dove sono nata e cresciuta, non c’erano restrizioni, potevo accedere a tutti i libri. Mia mamma era la tipica casalinga degli anni Cinquanta e papà un elettrotecnico, i libri erano la sua passione e me l’ha trasmessa. Dopo le scuole medie sono stata obbligata a fare ragioneria. Ma non ero interessata alle materie economiche, perciò mi sono incollata a una magnifica professoressa di italiano e ho seguito solo le sue lezioni. In seguito ho cominciato a lavorare nel negozio di mio padre e per me è stata una grande gioia essere a contatto con la gente, potere imparare a vivere e interloquire con persone diverse. Poi, all’età di 23 anni, sono andata in vacanza in Turchia e lì ho conosciuto mio marito. Per amore mi sono trasferita a Lugano e ho costruito con lui la nostra famiglia, ho fatto solo la mamma delle mie due bambine per molti anni. A loro ho trasmesso la passione per la lettura, anche se secondo me con i bambini non bisogna insistere affatto. È come per il resto dell’educazione, soprattutto per quanto riguarda i sentimenti e le scelte personali. Ricordo un episodio: le mie figlie avran-
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Silvesterkläuse e il doppio Capodanno di Sergio Lo Turco; fotografie di Alessandra Meniconzi
Nella valle di Urnäsch, in un quieto villaggio situato a 830 metri di altitudine nel cantone di Appenzello Esterno, il Capodanno si celebra due volte. Può sembrare strano ma c’è una spiegazione…
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uando, nel 1582, papa Gregorio XIII introdusse il nuovo calendario (quello Gregoriano, in uso ancor oggi) che anticipava di circa due settimane il “vecchio capodanno” (quello Giuliano, risalente appunto a Giulio Cesare), la riforma fu accettata senza eccessiva resistenza in tutti i paesi cattolici ma non fu vista di buon occhio dalla popolazione protestante che, contraria al cambiamento, continuò a festeggiare la ricorrenza con l’antica data. Ecco perché, mentre per la popolazione cattolica San Silvestro arriva il 31 dicembre, per quella protestante il nuovo anno porta la data del 13
gennaio. Caparbio attaccamento alle tradizioni? Desiderio di distinguersi e di differenziarsi non solo sul fronte religioso ma anche su quello culturale? O, piuttosto, una forma di reverenziale rispetto verso qualcosa di misterioso e di soprannaturale che proviene da un lontano passato? Sta di fatto che, sin dalle prime ore del 13 gennaio, la gente di Urnäsch, località dell’Appenzello Esterno, perpetua un rito senza tempo, che regala, a chi ha la fortuna di assistervi, sensazioni che riportano ad antichissime tradizioni, tra fiaba e magia, in una fantasmagoria di colori e di suoni. È il rito dei Silvesterkläuse.
a sinistra: i Naturels rappresentano l’elemento più arcaico e primordiale dell’evento in apertura: il personaggio Vorrolli fa il suo ingresso nel paese
Una pièce arcaica In realtà l’antica tradizione dei kläuse fatica a essere accettata dalla comunità ecclesiastica perché ritenuta rozza e pagana. I Silvesterkläuse, però, possono essere considerati una versione tutta particolare e molto primitiva del più noto Santa Klaus, Babbo Natale. Difatti un tempo essi comparivano a Natale e, solo in seguito a un’imposizione della Chiesa, la loro apparizione venne spostata a San Silvestro. Dall’alba fino a notte inoltrata personaggi mascherati e vestiti con singolari costumi si muovono nello scenario aperto e naturale della
valle, attori di una pièce che sembra trarre le sue radici da cerimonie di derivazione celtica, legate ai riti della fecondità e del culto dei defunti. Arrivano prima che faccia giorno, nell’aria tersa e gelida che avvolge un paesaggio ricoperto da fitte foreste di pini alternate a vasti pascoli disseminati qua e là di grandi fattorie in legno. Ad annunciarli un concerto di campanacci e sonagli. Poi il silenzio. Una voce si leva, poi due, poi tre. Un canto polifonico di voci maschili inonda la notte, accompagnato da qualche grido. Poi il canto si spegne e l’ensemble di campanacci riprende… Voci
e suoni si alternano così per una quindicina di minuti poi, improvvisamente, di nuovo il silenzio. La quiete torna nel villaggio, ma solo per poco, solo per far crescere l’eccitazione. Tutti aspettano questo momento: un’attesa carica di tensione ma anche una promessa di gioco e divertimento. Il suono riprende sempre più vibrante e insistente, ed ecco che ci imbattiamo in una processione di figure mascherate: sei persone, in fila indiana, percorrono a passo veloce e sicuro la stradina ricoperta da un ghiacciato manto nevoso. Sono i Beaux (Belli), le maschere che rappresentano la componente urbana della vita di Urnäsch. I personaggi La prima figura del gruppo (Vorrolli o Rolli) e l’ultima (Nachrolli) celano il volto dietro maschere femminili in cera laccata, volti di bambole dipinte con delicati colori pastello. Indossano un lungo abito agghindato con sonagli. Gli altri, invece, gli Shellenkläuse, indossano costumi maschili e una maschera barbuta realizzata in cuoio. Sulla schiena e sul petto portano legati due enormi campanacci. Tutti reggono sulla testa imponenti copricapo a forma di ventaglio, di ruota o di vassoio sui quali troneggiano figurine di legno o di cartone raffiguranti paesaggi della regione, scene di vita quotidiana, case, fattorie, pascoli, il tutto riprodotto nei minimi dettagli. L’intero copricapo, che può raggiungere il peso di 20 chili, è finemente decorato con fogli d’alluminio colorato, specchietti, perline ed è munito di lampadine dalla fioca luce che, durante la notte, conferiscono all’intera maschera un fascino tutto particolare. Ma ecco che altri suoni, altri canti attraggono la nostra attenzione. Da lontano spuntano i Naturels (Naturali). I loro costumi e le loro maschere sono realizzati con materiale raccolto nei boschi: cortecce, rami d’albero, foglie, rametti di aghifoglie, ramoscelli di pino, pigne, muschio, fiori di cardo, spighe, cortecce, gusci di lumache. Son chiamati anche “uomini-albero” e sembrano usciti da un dipinto di Arcimboldi. Il loro scopo, lo suggerisce il nome, è quello di rendere benevoli gli spiriti della natura perché gli eventi siano propizi agli abitanti della valle. Ma non è finita ancora! Ecco emergere dalle tenebre i Laids (Brutti). Essi, pur vestendo costumi ricavati dal regno naturale, si distinguono dai Naturali per le inquietanti e grottesche maschere dai volti deformi con denti aguzzi, corna, teschi di pecora o coniglio, capigliature arruffate. Gli abiti sono realizzati con brandelli di pelliccia, paglia, foglie secche, rami intrecciati, stracci. Le maschere dei Brutti, con le loro spaventevoli e grottesche figure, hanno il compito di esorcizzare gli spiriti maligni e gli eventi malefici. Pare, tuttavia, che queste ultime maschere siano nate in un lontano periodo di povertà e carestia, quando la popolazione non poteva permettersi l’acquisto di materiali più pregiati. È tradizione, infatti, che ogni famiglia, come in una sorta di competizione, arricchisca i costumi per farli apparire i più fantasiosi ed elaborati fino a divenire delle piccole opere d’arte, stupendi pezzi unici. Le maschere rovinate dall’usura del tempo vengono rimpiazzate ogni tre anni.
sopra: l’arrivo degli Shellenkläuse con i caratteristici copricapi a sinistra: momenti della costruzione dei copricapi e della vestizione dei Vorolli
Una lunga e faticosa giornata Gli auspici per il nuovo anno sono legati al buon esito della celebrazione, alla scelta dei canti augurali e soprattutto alla creatività manuale dei ricchi costumi e delle maschere. I costumi derivano dalla tradizione appenzellese e sono confezionati dalle donne utilizzando velluto, trine, pizzi e merletti, cordoncini colorati: decorazioni preziose ormai divenute il fiore all’occhiello delle tradizioni locali. La partecipazione femminile alla festa si esaurisce però nella confezione degli straordinari costumi. Secondo la tradizione, infatti, le donne possono indossare le maschere, di ridotte dimensioni, solo da bambine. Da adulte, esse non potrebbero sopportare lo sforzo fisico cui sono sottoposti i Silvesterkläuse sia per il ragguardevole peso dei campanacci e degli elaborati copricapo sia perché gli spostamenti da una fattoria all’altra avvengono a passo di corsa sia, infine, per i generosi e impegnativi brindisi cui si sottopongono a ogni sosta. La giornata dei Silvesterkläuse è, infatti, lunga e faticosa. Dopo una copiosa colazione alle quattro del mattino, mentre la nebbia sospesa come un velo sfoca delicatamente la campagna ricoperta da un soffice manto nevoso, i diversi gruppi si spartiscono le zone e il numero di fattorie da visitare. Poi, di casa in casa, di fattoria in fattoria, fino al tramonto e ancor oltre, salvo una breve pausa per il
pranzo, si lanciano di corsa sui sentieri impervi e scoscesi della vallata. Una volta giunti all’abitazione prescelta, si dispongono in cerchio davanti all’ingresso e improvvisano una curiosa danza fatta di goffi salti, agitando freneticamente i campanacci e i sonagli e intonando il ricco repertorio del tipico canto appenzellese: lo zäuerli, una sorta di jodel, tramandato di padre in figlio. A turno, in un’atmosfera molto intensa e suggestiva, gli jodler presentano i loro canti (vorzaurer), che gli altri si limitano ad accompagnare con voci di basso e di tenore (graadhäbe). Alla fine la famiglia, come ringraziamento della visita, offre loro vino, sidro – che bevono, senza togliersi la voluminosa maschera, servendosi di cannucce –, cibo e una piccola banconota. Dopo i saluti di rito il capogruppo, con un ultimo salto, dà il segnale della partenza e i sei personaggi riprendono la marcia verso un’altra fattoria dove il singolare rito propiziatorio viene ripetuto per esorcizzare antichi demoni e dare i buoni auspici per il lavoro, la salute e il benessere della popolazione. La giornata scorre così tra canti, suoni di campanacci e brindisi, di fattoria in fattoria. Al calare del sole, terminate le visite, Belli, Naturali e Brutti si riversano nei ristoranti e nelle locande di Urnäsch, stracolme di gente. Qui, tra inni augurali, danze e bevute la loro “missione” termina intorno a mezzanotte, quando la stanchezza ha la meglio.
COUNSELING & COACHING Tendenze p. 38 | di Patrizia Mezzanzanica
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Oggi, in Svizzera, il counseling o Psychologische Beratung viene gestito dalla FSP (Federazione Svizzera delle Psicologhe e degli Psicologi) e dalle leggi cantonali. Nel 2007, inoltre, è stata creata l’ANSCo (Associazione Nazionale Svizzera per il Counseling). Compito del counselor è favorire la soluzione di disagi esistenziali di origine psichica che non comportano una ristrutturazione profonda della personalità. A lui si rivolgono persone che hanno bisogno di un limitato numero di sedute, per un problema pratico e specifico. La perdita del lavoro, la scomparsa di una persona cara, una separazione subita o un difficile dialogo con un adolescente sono tutte situazioni che possono generare disagio e ansia anche profonda. Il counseling può aiutare a superare le difficoltà temporanee e gli atteggiamenti autolimitanti e, a patto che non siano legate a patologie, anche sofferenze psichiche, restituendo serenità e fiducia in se stessi. Ma può essere di aiuto a chi, dal lungo percorso di un viaggio nell’inconscio è spaventato o demotivato e a coloro che sentono la necessità di risposte immediate, comprensibili, rassicuranti, per poi trovare, magari, il coraggio, la voglia e la determinazione di comprendersi meglio.
tutti è capitato di sveNel più famoso romanzo di Oscar Wilde, Dorian Gray rimane giovane mentre il gliarsi una mattina con la suo ritratto invecchia e imbruttisce, non solo per il passare del tempo ma per fronte corrugata, marcata le nefandezze che compie. Anche per Sigmund Freud sono i turbamenti psichici a da segni o rughe più evidenti del normale, magari dopo un sonno imporsi al fisico e non viceversa come voleva la fisiognomica dell’epoca, ed è profondo che pensavamo essere esperienza diretta di ciascuno leggere sul proprio corpo le tracce di una preoccustato ristoratore. Ad altri è sucpazione, una tensione, uno stile di vita sregolato, specie se perpetrato nel tempo cesso di sperimentare fastidiosi tic nervosi, tremori, specie delle mani, sudorazioni eccessive, pruriti, problemi legati Per coaching, invece, si intende l’accompagnamento di alla pelle come sfoghi, eczemi o eritemi; fenomeni un individuo o di un gruppo da parte di uno specialista apparentemente senza spiegazione ma che potrebbero del cambiamento: il coach, appunto. È una relazione di essere legati a stati di ansia latente, anche lieve. Nulla di collaborazione finalizzata al raggiungimento di obiettivi cui preoccuparsi se non sono riconducibili a patologie soprattutto professionali, ma anche personali. Lavora e si esauriscono nel giro di pochi giorni, o sono causati sulla consapevolezza del proprio valore, dei propri mezzi, da problemi contingenti e reali. Ma ogni inquietudine, facilita le potenzialità dell’individuo, migliora le sue perogni disagio, ogni insoddisfazione, così come ogni formance lavorative e la qualità della vita in generale. eccesso o cattiva abitudine, influisce sul nostro corpo Si basa su tecniche psicologiche legate al PNL (Programminandolo, e rendendoci più brutti, più vecchi e più mazione Neuro Linguistica) che sostiene la possibilità cupi. Fare quattro chiacchiere con uno specialista aiuta a di influire sugli schemi comportamentali e manipolare vivere meglio e a restare in forma. E non me ne vogliano i processi neurologici per mezzo del linguaggio. Il camgli specialisti in questione per l’inesattezza dell’espres- biamento può avvenire riproducendo comportamenti e sione. Non intende essere superficiale, o ancor peggio pensieri della persona affermata, sviluppando così attegillecita. È solo un modo di dire, banale forse, eppure in giamenti efficaci al conseguimento del successo. Nulla qualche modo esplicativo di un trend che negli ultimi a che vedere con la figura del predicatore fanatico che decenni si è sviluppato a macchia d’olio. Quello che spesso ci propina l’industria cinematografica. Il coach ha visto la comparsa del counseling, del coaching e di è un professionista che fa emergere le potenzialità di tutta una parte della psicologia più soft rispetto a quella una persona e la incoraggia a camminare con le proprie tradizionale. Ma quando nascono e cosa fanno questi gambe. Non tutti hanno bisogno del suo aiuto. Per alcunuovi esperti dell’anima? Il counseling viene introdotto ni l’affermazione personale è cosa facile da conseguire, negli Stati Uniti negli anni Trenta, come sostegno alle ad altri interessa meno, altri ancora fanno di tutto per problematiche derivanti dalla grande crisi economica. non ottenerla, salvo poi soffrirne. A questi ultimi, forse, Approda in Europa attraverso la Gran Bretagna negli qualche riflessione in questo senso potrebbe servire. anni Settanta, ma è solo due decenni dopo che questa metodologia inizierà a essere utilizzata e scuole, istituti e centri di formazione cominceranno a preparare validi professionisti con competenze di counselor.
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Astri gemelli
cancro
Grazie ai transiti di Giove e Urano e a Marte in nona casa potrete realizzare un importante progetto con una società straniera. Momento decisivo per i nati nella terza decade tra il 9 e il 15 gennaio.
Divertimento, amicizie e attrazioni sessuali, unitamente a scarsa voglia di lavorare. Eccessiva indulgenza verso voi stessi. Momento di scarsa autodisciplina: attenti a non mangiare o a bere troppo.
Il passaggio di Venere spinge i nati nel segno a prendersi più cura della propria salute attraverso uno stile di vita naturale e attento. Incontri sentimentali e situazioni piacevoli con un/una collega di lavoro.
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Dal 9 al 13 gennaio usufruirete dei benefici effetti di Mercurio. Grazie al messaggero alato le vostre capacità intellettive risulteranno particolarmente lucide e reattive. Incontri sentimentali con persone straniere.
Tra il 9 e il 15 gennaio da un lato risentirete degli effetti benefici del transito di Marte dall’altro sarete messi in subbuglio da Giove e Urano. Situazioni matrimoniali in gran confusione. Desiderio di indipendenza.
Tra il 9 e il 15 gennaio il transito di Venere vi farà vedere con occhi differenti tutto ciò che vi circonda e così le attività quotidiane. Tutto vi sembrerà più piacevole. Sarete spinti a dedicarvi ai piaceri della vita.
Giove e Urano in trigono. Un’occasione da non perdere. Grazie a questo magnifico aspetto avrete modo di realizzare un importante progetto. Rapidità di decisione… le occasioni sfuggono.
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Nuovi affari e incontri professionali. Parlate di meno. Venere favorevole fa il suo ingresso nel vostro segno. Avventure sentimentali come manifestazione di volontà del vostro desiderio di indipendenza.
Tra il 9 e il 15 riceverete un’importante iniezione di vitalità dal transito di Marte. Sforzatevi di canalizzare queste energie in eccesso. Altrimenti c’è il rischio di cadere in situazioni di assoluta frenesia.
Grazie al transito di Venere la vita sentimentale prende una nuova china, tutta in discesa. Tra il 9 e il 13 gennaio i nati nella terza decade potranno ricevere una notizia importante da parte di un amico lontano.
Tra il 9 e il 15 gennaio avrete la possibilità di esprimere al meglio ogni aspetto della vostra personalità. Uscite dalla routine e siate totalmente voi stessi. Importanti e irrepetibili occasioni professionali.
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beato • 13. Il nome di Ramazzotti • 14. Articolo tedesco • 17. Nervosa, ansiosa • 19. I confini di Gordevio • 22. Espediente, stratagemma • 24. Rendere • 25. Altari pagani • 28. Reggono le bandiere • 29. Confuso, disordinato • 33. Hanno il cordiglio • 35. L’antico Eridano • 36. Vaso panciuto • 38. La nota Sophia • 40. Ohio e Italia • 46. I confini di Arogno • 48. Particella nobiliare • 49. Sopra.
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Verticali 1. Nota opera lirica di Smetana • 2. Sepolcro monumentale • 3. Quella cieca...è un gioco • 4. La privazione dell’eroinomane • 5. Imbarcazione da regate • 6. Tu ed io • 7. Sminuzzato • 8. Dittongo in
» a cura di Elisabetta
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Grazie al transito di Venere piacevoli incontri con culture diverse. Vivrete un’atmosfera di maggior comprensione con le persone con cui lavorate. Intense le giornate comprese tra l’11 e il 12.
La soluzione verrà pubblicata sul numero 3
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Questionario Ticinosette
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» In che località abitate? _________________________________________________________________________________ » Che tipo di professione svolgete? _______________________________________________________________________ » Da quante persone è composto il vostro nucleo familiare? ______________________________________________ fascia di età appartenete? » A quale ❏ meno di 25 anni ❏ da 26 a 45 anni ❏ da 46 a 65 anni ❏ più di 65 anni quale frequenza consultate Ticinosette? » Conquasi giornalmente ❏ da tre a cinque volte alla settimana ❏ meno di due volte alla settimana ❏ luogo consultate Ticinosette? » In che ❏ a casa ❏ al lavoro ❏ in un ritrovo pubblico (biblioteca, bar ecc.) ❏ sul Web ❏ altro » Siete più interessati: ❏ ai programmi radiotelevisivi ❏ alle rubriche ❏ a entrambi » Quali rubriche apprezzate maggiormente? ______________________________________________________________ » Quali invece vi interessano meno o per niente? _________________________________________________________ » Quali argomenti o rubriche, attualmente non presenti, vorreste vedere trattati in Ticinosette? _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ Inviare in busta chiusa a: Ticinosette c/o, Centro Stampa Ticino SA, Via industria, CH - 6933 Muzzano Oppure via fax al seguente numero: 091 960 32 51.