Ticino7

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LA PENTOLA MEDIORIENTALE

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» illustrazione di Adriano Crivelli XXLZLX) ILWLFC H FCRFVS {qLR JVYTTS 1 TL@ GLZHVXHRXH$|

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Ticinosette n° 6 11 febbraio 2011

Agorà Verso sud. L’urlo del Terzo Mondo

DI

MARCO ALLONI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Società Guerra fredda. Le comunità segrete russe Vitae Piotr Nikiforoff

Impressum Tiratura controllata 72’011 copie

DI

GIORGIA RECLARI

DI

FABIANA TESTORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Reportage Una volta... per tutta la vita...

DI

REZA KHATIR; FOTO DEGLI STUDENTI SUPSI

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Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Giochi / Sondaggio . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Chiusura redazionale Venerdì 4 febbraio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Direttore editoriale Peter Keller

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

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In copertina

Illustrazione di Antoine Deprez

Comunicazione allo Stato brado “Cortesemente e cordialmente all’estensore oggettivo e distaccato dell’editoriale. Le argomentazioni del partito che rappresenta il 30 per cento degli elettori svizzeri non sono che chiacchiere da bar espresse per di piû con linguaggio squadrista ?! Ma sti elettori sono proprio dei poverini...primitivi,prim ordialiinfiniocchiabili:prede di formazioni fameliche di consenso ( ma dai si anela al consenso,ma che vergogna!ISi sa che il consenso è come il danaro :sterco del diavolo !!!) Fortuna vuole che di tanto in tanto ritorni qualche spiraglio della storica illuminata superiorità eticoculturalpoliticopedagogica della sinistra ... Grazie per la luce”. E-mail giuntaci così come è stata trascritta da camilla.mainardi@****** (30/1/2011) Bugie o verità quelle dell’UDC? “Su Ticinosette di venerdì 28 gennaio, l’avvocato Paolo Bernasconi afferma che l’UDC diffonde bugie e odio verso gli stranieri. Imputa alla campagna «Balairatt» significati antilavoratori. Rivolgiamo così 4 semplici domande al Robin Hood nostrano: 1. Vero o falso che vi sono 48.000 frontalieri in Ticino? 2. Vero o falso che la criminalità straniera supera il 60% dei crimini gravi commessi in Ticino? 3. Vero o falso che il ministro Tremonti ci ha definito «la caverna di Ali Babà e dei 40 ladroni», e tacciato di essere mafiosi? 4. Il 30% degli svizzeri che vota UDC è molto, mediamente, o poco stupido? (ovviamente il tutto parametrato all’avvocato Paolo Bernasconi). Lasciamo giudicare ai ticinesi chi è che stia mentendo!!” UDC Ticino, Pierre Rusconi (lettera apparsa sul “CdT”, 2/2/2011)

Gentili lettori, a seguito delle considerazioni espresse dell’ex Procuratore pubblico Paolo Bernasconi apparse su Ticinosette n. 4 del 28 gennaio (e all’editoriale che le introduceva) in Redazione sono giunti alcuni commenti. A essere sinceri ne contiamo a oggi due soli: la prima presa di posizione (che qui non vi proponiamo) concorda con quanto

da noi scritto; la seconda, dal sapore diverso e dai contenuti assai “interessanti”, è firmata da una nota giornalista. Il presidente Pierre Rusconi ha invece deciso di scrivere direttamente al quotidiano ”Corriere del Ticino”, ritenendo forse che la nostra testata non fosse in grado di valutare come pertinenti i suoi rodati quesiti (e di inoltrarli all’avvocato Bernasconi). Non volendoci naturalmente sostituire al diretto interessato, evitiamo qui di rispondere al signor Rusconi: ci limitiamo invece a porre alcune domande, che rivolgiamo noi al presidente cantonale dell’UDC: 1. Qual è l’indotto economico creato dai 48.000 lavoratori (“frontalieri” = persone che hanno un impiego) che giungono in Ticino, considerando i pieni di benzina, le vignette autostradali, i pasti consumati fuori casa, gli eventuali acquisti, affitti di locali e di posti auto eccetera? 2. A quanto corrispondono “in soldoni” i contributi versati da tutte queste persone e prelevati direttamente dalle loro buste paga? Come e da chi vengono utilizzati questi danari? 3. Se queste persone giungono in Ticino per lavorare, chi li ha assunti e perché? Oppure il 60% di loro sono “ladri e ratti” che scorrazzano tra Airolo e Chiasso saccheggiando e uccidendo? 4. A che aree partitiche fanno riferimento gli imprenditori che assumono i “frontalieri”? Esisterebbero le loro aziende senza questi ultimi? Dove pagano i contributi queste aziende? Inoltre, i frontalieri sono sottopagati oppure vengono sempre retribuiti rispettando i contratti collettivi (dove questi sono applicati)? Concludiamo con una considerazione sul messaggio neo-futurista inviatoci dalla signora Camilla Mainardi. Le posizioni politiche personali a noi interessano poco: preferiamo invece osservare come queste vengono diffuse, e come i partiti promuovono le loro idee e le loro iniziative. Ticinosette non ritiene che gli elettori siano “poverini da infinocchiare”, ipotesi da lei introdotta. Peccato... da una giornalista ci saremmo aspettati considerazioni “più costruttive”. Cordialmente, la Redazione


Verso sud. L’urlo del Terzo Mondo

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Agorà

Che il Medioriente fosse una polveriera è noto da tempo. Quel che rischia di non essere scontato è invece come reagirà l’Occidente alla sua esplosione. Inneggiare ai diritti dei popoli arabi è infatti opportuno ma è anche necessario avere un minimo di conoscenza delle loro effettive condizioni di vita...

L’

attenzione mediatica occidentale ha letteralmente disertato il mondo arabo per tutto ciò che non richiama il “terrorismo islamico”. Da anni, per non dire da decenni, l’appello terzomondista che fu della sinistra storica – almeno dalla famosa conferenza di Bandung del 1955 – ha lasciato il posto a un voyeurismo retorico nei confronti di qualunque istanza richiami l’islam e il suo presunto integralismo. Così, da decenni, invece dell’albero si vede il fuscello e al posto della luna il dito che la indica. Il caso tunisino – e l’effetto domino che indubbiamente sta producendo sugli altri Paesi arabi – potrebbero essere l’occasione per cessare la retorica del clash of civilization e avviare finalmente una riflessione sui problemi reali del mondo arabo. La Tunisia ne è stata il detonatore. Ma la questione riguarda l’intera area mediorientale e nordafricana come dimostra l’attuale crisi egiziana. A partire dalle campagne, dove l’assenza dello Stato, la corruzione, la privazione dei diritti fondamentali, il clientelismo baronale e la persistenza di centinaia di ingiustizie economiche e sociali non possono non richiamare un dato macroscopico: che il problema del mondo arabo non è l’integralismo religioso ma l’assenza di democrazia. Partiamo dunque da questo dato. E ricordiamo quello che Ernst Bloch diceva, marxisticamente, a proposito della psicoanalisi freudiana: finché ci si ostina a ridurre l’uomo al cittadino borghese, gli si riconoscerà come unico impulso la libido, dimenticando che a capo di tutto sta invece la fame. Lasciamo allora da parte il compiacimento borghese che legge “islam” laddove non sa leggere “miseria” o “estremismo” laddove non sa leggere “ingiustizia”. E veniamo ai fatti. Ricchezze e povertà: le radici I fatti procedono dalle campagne – come si diceva –, dai villaggi più disagiati. Lì la rivolta tunisina di Boazizi, che si dà fuoco in segno di

protesta contro gli arbitrii delle autorità statali, prende avvio. E da lì scaturiscono e trovano alimento le forze più disperate dell’insofferenza dei comuni e non certo islamizzati cittadini arabi. Poiché lì, tra i dannati della terra (come li chiamava Fanon), hanno sede i mali profondi che attanagliano il Terzo Mondo. Di questo concetto bisogna perciò fare oggi materia della nostra attenzione. Non delle presunte ideologizzazioni del Corano, in funzione anti-occidentale, ma di questo elementare e negletto concetto: Terzo Mondo. E in particolare della fame che lo annichilisce, delle dittature che lo schiacciano, delle ingiustizie che lo pervadono, e della totale mancanza di diritti di cui è vittima, da sempre, per l’orrenda persistenza di politiche economiche mondiali del tutto estranee alla questione del pauperismo e dei diritti. Certo, ogni Stato ha la sua storia e la propria specificità. E se la Tunisia laica è esplosa prima degli altri, questo è accaduto perché la ricchezza del Paese era (e resta) interamente nelle mani della famiglia presidenziale, mentre in Egitto, per esempio, se la spartisce almeno un 8% della popolazione. E se ha potuto tracimare dalle campagne alla capitale è perché lì, in Tunisia, il livello di alfabetizzazione raggiunge un invidiabile 80%, condizione essenziale, direbbe un rivoluzionario, per quella che si chiama “coscientizzazione delle masse”. E naturalmente ha trovato a Tunisi la propria piattaforma di lancio, perché lo Stato di polizia tunisino non ha eguali in termini di efferatezza se non in Siria o in Iran, e questo certamente ha favorito una detonazione più radicale che altrove. Ma le differenze nazionali non occultano il dato comune. Che finché l’Europa non vorrà leggere in chiave terzomondista il problema, non solo dovrà tradurre il Mediterraneo in una sorta di chimerica barriera permanente, ma continuerà a inseguire integralisti laddove è invece dalla povertà che sta provenendo l’urlo assordante di cui sembriamo così candidamente stupefatti.


La latitanza dell’Occidente Poveri di averi, poveri di diritti, poveri di libertà, poveri di rappresentanza, poveri di alternanza politica. Non servono politologi per capire che il clima mediorientale non è avvelenato delle fatwe ma dalle dittature. E che se le opposizioni diventano islamiste – vedi Algeria, vedi Fratellanza Musulmana in Egitto, vedi Hamas e Hezbollah in Palestina e Libano, vedi le filiazioni di Al Qaeda in Maghreb, vedi Al Sadr in Iraq –, questo avviene perché i governi presentano indistintamente la faccia dell’autocrazia. Moderata quando gli interessi occidentali collimano con quelli dei vari Gheddafi, Mubarak, Ben Ali e Saddam ma, d’incanto, irricevibile quando a incarnarla è Ahmadinejad, il Fis, Bashir o Nasrallah, cioè lo sbilanciatissimo “asse del male”. Insomma, l’ipocrisia vorrebbe il male islamico, mentre il male è nell’aver lasciato imperversare caudillos d’Oriente in totale dispregio delle popolazioni che li subivano e continuano a subirli. Purtroppo, però, la storia non è certo a una svolta solo perché l’effetto domino sta raggiungendo altri Paesi della regione. E se non raggiungerà presto anche la politica europea non lo sarà affatto. Poiché laddove i governi arabi corrono ai ripari – la stampa locale annuncia quotidianamente misure draconiane di riduzione del gettito, di facilitazioni per le fasce svantaggiate, di estensione delle libertà d’espressione e di stampa, di blocco istantaneo di ogni annunciato aumento tributario – quelli europei dovrebbero quantomeno fare altrettanto sul piano politico. Disponendo, tanto per cominciare, sostegni concreti alle opposizioni democratiche di quei Paesi soggiogati dai ruwasà, e riconoscendo alle popolazioni in fuga ben altro dell’intollerabile statuto di clandestini.

» di Marco Alloni

Eroismo mediorientale Clandestina oggi – dalla Tunisia in poi – dovrà essere la politica del Fmi, del neocolonialismo “democratico”, delle missioni di pace “in armi”, dell’insediamento a oltranza delle colonie ebraiche. E via elencando ordinari e non discriminati abominii. L’urlo di disperazione dei poveri scaturisce infatti da quel supporto negato al Terzo Mondo, da quella complicità con le satrapie “moderate”, e dal sostegno mancato a quanti coraggiosamente cercano invece di fronteggiarle. Perché non dimentichiamolo, l’eroismo mediorientale esiste. E alligna fra quanti nel quotidiano resistono – resistono, resistono, resistono, come diceva l’ex magistrato Francesco Saverio Borrelli – allo strapotere delle dittature. Con gesti grandi e piccoli, ma di ignorato martirio. E costoro la propria esistenza la sacrificano anche senza guadagnare gli onori della cronaca. Come quei pochi intrepidi giornalisti (fra cui annovero mia moglie) che, in diretta, hanno il coraggio di dire: “Dalla Tunisia è cominciata una nuova era. Chiediamo ciò che ci spetta. Il peggiore insulto al mondo arabo non sono le vignette danesi ma i dittatori che lo governano”. Voci come queste non giungono in Occidente, perché il mondo libero preferisce indignarsi del velo islamico che degli orrori quotidiani che devastano, insieme all’islam moderato, la dignità umana di semplici cittadini senza altra colpa che di essere sudditi. Ma forse, con questo clash of incivilization, qualcosa potrebbe muovere gli animi e le azioni anche dei più ottusi.

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Società

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Vivere isolati, godere di particolari privilegi e di un tenore di vita relativamente alto, ma subire un controllo continuo in una realtà in cui il lavoro influenza tutto il resto dell’esistenza. Crescere nella consapevolezza di poter accedere a quei privilegi che chi sta “fuori” non conosce e forse mai conoscerà, ma essere coscienti di vivere in una gabbia che a sua volta è contenuta in una gabbia molto più grande costruita su un’estensione di oltre 22 milioni di km che si chiama Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche: URSS. Durante il periodo sovietico, le città chiuse rappresentavano le gabbie più piccole, le più “preziose”, che però venivano inghiottite e circoscritte nuovamente da quella più grande e maestosa che fino al 1991 ha dominato gran parte dell’Eurasia. Sebbene la Russia abbia una tradizione di città chiuse che rimonta al XVIII secolo, le città segrete aumentarono durante gli ultimi anni del

Opplà abitanti erano principalmente scienziati, i quali vivendo in una città chiusa e in diretto contatto con Mosca, e i suoi

Città racchiuse su loro stesse, vanto scientifico della Russia sovietica, hanno condotto una vita propria ben oltre il 1991. Ancora oggi un’apertura totale non esiste, anche se i venti del capitalismo e della globalizzazione sembrano essere arrivati fino alle più remote località degli Urali finanziamenti godevano di uno standard di vita molto più alto rispetto al resto del paese, con un tasso di criminalità bassissimo e con la possibilità di accedere a beni e servizi che non erano nemmeno imma-

La città russa di Arzamas-16, 300 km a est di Mosca

ginabili al di fuori dal perimetro urbano delle città segrete. Allo stesso tempo però chi vi viveva restava lontano da tutto, munito della propria propiska (permesso di residenza utilizzato in URSS), in una sorta d’isolamento nell’isolamento, quello della città segreta prima e quello dell’Unione sovietica poi. ZATO: le “Formazioni chiuse” Qualsiasi movimento da e verso le città chiuse era tenuto sotto stretto controllo, così come nessuna informazione concernente le attività svolte all’interno poteva filtrare dalle recinzioni sorvegliate giorno e notte. Gli stessi cittadini sovietici provenienti da altre città dell’Unione erano sottoposti a severe restrizioni al momento dell’entrata nelle città segrete e per la maggioranza accedervi era praticamente impossibile. Per decenni e fino alla caduta dell’Unione sovietica nel 1991 le città segrete sono state il fiore all’occhiello della ricerca e dello sviluppo scientifico del regime, basti pensare che dagli anni Cinquanta l’URSS è riuscita a realizzare

»

periodo staliniano anche a seguito dell’inizio del programma nucleare sovietico che mirava ad approfondire i lavori sulla fissione e ad accrescere potenza e capacità di difesa e continuarono a mol-

Le comunità segrete russe

In quattro e quattr’otto

tiplicarsi durante la Guerra fredda, nell’ottica della ricerca e dello sviluppo delle armi nucleari. Così sono nate città conosciute solo attraverso i numeri dei codici postali, che non comparivano su nessuna mappa e in nessuna statistica ufficiale. Entità fantasma che ospitavano milioni di persone, situate in località remotissime degli Urali, della Siberia e in zone di confine particolarmente sensibili e che portavano nomi improbabili quali Arzamas-16 (oggi Sarov) in cui si sviluppava e si assemblava la bomba atomica, Sverdlovsk-44 (oggi Novouralsk) e Tomsk-7 (oggi Seversk) dove si arricchiva l’uranio e ancora Krasnoyarsk-26 (oggi Zheleznogorsk) nota per la produzione di plutonio. In queste città tutto ruotava attorno alle fabbriche e alle centrali, gli


Società

7 un complesso nucleare immenso, costituito, nella metà degli anni Ottanta, da 500 centri di ricerca e da un arsenale di 45.000 testate nucleari (il picco raggiunto dagli Stati Uniti fu nel 1966 di 32.193).

Zac zac In seguito alla Glasnost e al collasso dell’Unione molte città chiuse sono state declassificate, aperte e menzionate sulle carte geografiche; ma altrettante (si ipotizza una quarantina) sono rimaste “segrete”, denominate “formazioni amministrative-territoriali chiuse”, sigla derivata dall’acronimo russo ZATO. Chi ci è stato, aggirando i controlli ancora molto rigidi, parla di luoghi in cui il tempo sembra sospeso e in cui tutto, case, negozi, luoghi di ritrovo, è avvolto da

una pesante aura anni Ottanta. Dopo un primo periodo di disgrazia (in sostanza gli anni Novanta) durante il quale la fuga di cervelli e le condizioni disastrose in cui versavano impianti e fabbriche non facevano ben sperare, la vita all’interno delle ZATO sembra oggi essere migliorata grazie ai profitti derivati dal prezzo del gas naturale russo, dalle riserve di petrolio e da una nutrita serie di nuovi incarichi a scopo civile. Sebbene alcune fonti facciano leva sulle minacce ambientali connesse alle attività condotte nelle città chiuse, i fondi statali stanno man mano riaffluendo e nuove opportunità sembrano aprirsi, quali la possibilità di posizionarsi fra i principali produttori ed esportatori di energia nucleare connessa a nuove tecnologie, ma anche quella di diventare luoghi in cui sviluppare commerci (già fiutati da alcune multinazionali occidentali) e programmi energetici bilaterali fra Russia e Stati Uniti; ironia della sorte magari per quelle ZATO in cui la statua di Lenin domina ancora la piazza della città…

Film

Stalker (Сталкер) Capolavoro fanta-sociologico del 1979 diretto da Andrej Tarkovskij. La pellicola (che narra di un viaggio all’interno di un misterioso “luogo” noto come la Zona) è tratta dal racconto Picnic sul ciglio della strada (1971) dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij.

Fabiana Testori » diimm. » da www.google.com

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» testimonianza raccolta da Giorgia Reclari; fotografia di Igor Ponti

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L’amore per la comunicazione e per il contatto diretto con le persone mi ha spinto anche ad aprire il ristorante che gestisco da cinque anni a Vernate. Ho intrapreso questa esperienza per due motivi. Cercavo un luogo dove ricreare il momento di incontro e scambio con il pubblico, che di solito avviene dopo i concerti, ma che è sempre troppo breve. Inoltre, sono convinto che sia stato anche il destino, in cui credo profondamente, a far sì che andassimo ad abitare nella casa adiacente all’Osteria del Portico, chiusa da tempo. All’inizio usavamo spesso la terrazza dell’ex ristorante e Ama la libertà, nell’interpretazione mu- ci capitava che arrivassero sicale come nella creazione dei menu per clienti che rimanevano deluil suo ristorante. Cerca con passione di si vedendolo chiuso. Così ho deciso di riaprirlo. Ora è emozionare il pubblico e ha un progetto un luogo che fa parte della per il futuro nel quale, di nuovo, la comu- mia vita e a cui sono profondamente legato. Quando nicazione è fondamentale sono a casa vado lì a studiare Grazie alla posizione centraperché c’è un’atmosfera speciale: è come se le della Svizzera ho viaggial’edificio fosse vivo intorno a me mentre to spesso in Italia, in Austria, suono fra i muri antichi e le grosse travi del in Germania per completare soffitto, vecchie di quattrocento anni. Non la mia formazione. Ora sono suono mai per gli avventori dell’Osteria, membro dell’Orchestra delpreferisco non mischiare i due mondi. Sono la Svizzera Italiana e suono due attività complementari che, alternate, anche come solista e in grupmi servono per “staccare” e ricaricarmi. pi da camera. Mi piace viveIl lavoro nel ristorante mi ha comunque re in Svizzera perché c’è molaiutato molto anche nella mia attività di ta discrezione e rispetto per le musicista. Ho acquisito maggiore capacità persone. Ma sono ancora pronella gestione dei rapporti interpersonali fondamente legato alla Ruse mi sono reso conto di quanto sia imporsia e ci torno sempre volentante saper mediare fra la propria opinione tieri. Comunque, ritengo che e quella degli altri. La cucina e la musica come musicista il concetto di hanno comunque molti aspetti in comune: nazionalità non abbia molta mirano alla qualità e alla bellezza e si basaimportanza. no sulla creatività negli accostamenti. In Del mio lavoro amo la possibientrambe bisogna sfruttare gli ingredienti lità di trasmettere qualcosa alle a disposizione, a cui va aggiunto però sempersone. La musica è speciale, pre qualcosa di personale e di nuovo. È ciò permette una comunicazione che cerco di elaborare nell’interpretazione senza parole con il pubblico, musicale, come pure nell’elaborazione dei che ascoltando si lascia andare menu, in cui ho mantenuto molti piatti alle emozioni. Anch’io provo della cucina locale, unendo però alcune sentimenti molto forti a ogni specialità russe (che mia mamma ha inseconcerto: ci sono i dubbi, l’angnato al cuoco). sia e lo stress che lo precedoOra mi sto appassionando alla direzione no. Ma poi sul palco prevale d’orchestra, un’altra attività in cui la comusolo il piacere di coinvolgere nicazione è fondamentale e totale, perché gli altri nella propria passione. riguarda sia la mente sia il corpo. Inoltre È un po’ come tuffarsi da un non pone limiti di età come gli strumenti trampolino: prima di saltare si musicali. Quindi, perché no, potrebbe essere ha paura ma dopo non si vede il mio futuro. Ma per ora non ho sogni nel l’ora di ripetere l’esperienza. cassetto, il mio sogno lo vivo nel presente.

Piotr Nikiforoff

Vitae

ono nato a Mosca e lì ho cominciato a cinque anni a suonare il violino. Mia mamma non ha potuto diventare musicista, come avrebbe voluto e quindi ha trasmesso il suo sogno a me, portandomi ai concerti fin da piccolo e facendomi ascoltare sempre musica classica. Quando avevo tre anni ho provato a suonare il pianoforte che c’era in casa, ma poi un giorno ho visto alla televisione un concerto del celebre violinista Vladimir Spivakov e ho deciso che il mio strumento sarebbe stato il violino. Mia mamma mi ha iscritto subito alla scuola di musica. All’inizio non è stato facile: durante la prima lezione ho preso in mano lo strumento pensando al pianoforte, che fosse sufficiente schiacciare un tasto per farlo suonare. Ma dal violino è uscito solo rumore. Ho buttato tutto e sono scappato nel giardino della scuola. Ero molto portato per la musica ma detestavo studiare. Mia mamma appena tornava a casa mi chiedeva: “Hai studiato oggi?” Se le rispondevo di no mi chiudeva a chiave in bagno a esercitarmi. A 17 anni me ne sono andato dalla Russia e sono venuto in Svizzera. Sentivo la necessità di trovare la mia strada, per potermi esprimere più liberamente nell’interpretazione musicale. Sono sempre stato allergico alle imposizioni troppo rigide, un atteggiamento che non era molto ben visto nella scuola che frequentavo. Nonostante questo, i miei insegnanti mi apprezzavano molto, ho avuto tante soddisfazioni e a 14 anni ho debuttato come solista con un’orchestra a Mosca. In Svizzera, dopo un breve periodo trascorso a Basilea, mi sono iscritto al Conservatorio di Lugano. E mi sono molto innamorato: della donna che poi è diventata mia moglie e del Ticino. Qui ho trovato anche la libertà che cercavo.

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S


Una volta… per tutta la vita… testo di Reza Khatir; fotografie degli studenti SUPSI (Comunicazione visiva, 3° anno)

Chiara Blumer

Debora Torriani

“Una volta... per tutta la vita…” è il titolo di un progetto fotografico realizzato dagli studenti del terzo anno del Corso di laurea in Comunicazione visiva del Dipartimento ambiente costruzioni e design della Scuola Universitaria Professionale di Canobbio. In queste pagine presentiamo i lavori finali che mostrano, superando qualsiasi preconcetto, di quanta forza e immaginazione le giovani generazioni possono essere portatrici


Federico Zanetti



Sabine Cattaneo

Alice Rusconi

U

na vecchia zia, penitente e giudiziosa, quando ero un ragazzo continuava a ripetermi che i giovani combinano solo guai, sono maleducati e poco rispettosi. Sono passati decenni e io nel frattempo ho anche superato l’età di questa mia zia… ma la musica non mi sembra molto cambiata. Leggiamo spesso di problemi legati al mondo dei giovani e degli adolescenti, ma raramente si sente parlare delle iniziative e delle idee positive proposte dalle giovani generazioni. In questa occasione vi vogliamo dunque presentare i risultati

che gli studenti universitari del Corso di laurea in Comunicazione visiva della SUPSI iscritti all’atelier di progettazione da me coordinato hanno realizzato. Inizialmente è stato chiesto a ognuno/a di loro di scegliere un tema di rilevanza sociale e di realizzare un manifesto con due immagini di forte impatto, ispirate al titolo e il concetto di “Una volta… per tutta la vita…”: una riflessione su come una scelta sbagliata possa segnare il destino di una persona, per sempre. Come potete costatare, gli studenti con grande sensibilità hanno affrontato temi spesso molto delicati, vere piaghe della nostra


Lisa Magnin

Gaia Rota

società: dalla droga al gioco d’azzardo all’abuso sui minori. Al di là delle problematiche – visto che il mio è un corso di fotografia – ai ragazzi è stato richiesto di realizzare immagini professionali che potessero essere immediatamente utilizzate per una campagna cartellonistica o di stampa, e di condensare in due soli scatti il racconto di un prima e di un dopo. Una delle più grandi difficoltà che gli studenti hanno dovuto affrontare è stata quella di riuscire a far parlare le immagini senza, al tempo stesso, mettere sotto accusa un gruppo sociale piuttosto che un altro. E senza puntare il dito

verso una determinata categoria di persone. In questo senso abbiamo discusso spesso in aula per verificare che ciò non accadesse, né con le immagini, né con gli slogan che sono stati scelti dagli studenti stessi. Il modo in cui i ragazzi hanno affrontato questi temi mi ha reso consapevole di quanta forza e quante risorse essi hanno dedicato nel cercare di risolvere problematiche di tale portata. Una dimostrazione, se ve ne era bisogno, che le nuove generazioni non sono solo attrici/creatrici del disagio, ma anche e soprattutto coloro che lo possono guarire.


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Astri toro

gemelli

cancro

Momento ideale per dare una scossa alla vita professionale: colloqui di lavoro, partecipazione a un concorso, stipula di un contratto. Per San Valentino potrete passare una giornata indimenticabile.

San Valentino romantico dominato da eventi originali, fuori dal vostro consueto ordinario. Momento comunque ottimo per organizzare festicciole o andare a divertirsi insieme ai propri amici.

San Valentino baciato dall’ingresso del Nodo Lunare Sud. Incontri karmici per i nati nella terza decade. Date retta alle sensazioni più profonde provenienti dal vostro cuore. Mantenete la calma.

San Valentino colorato da bizzarrie venusiane. Divertimento, relazioni e attrazioni sessuali. Eccessiva indulgenza verso se stessi e scarsa volontà di impegnarsi nella vita professionale.

leone

vergine

bilancia

scorpione

San Valentino favorito dalla Luna. Incontri sentimentali e avventure erotiche negli ambienti di lavoro favoriti dai transiti di Venere e Plutone nella vostra sesta casa solare. Maggiore pazienza.

San Valentino alla grande grazie ai favori di Plutone e Venere. Riuscirete a comportarvi in maniera più disinibita. Guadagni per i nati nella prima decade. Cambiamenti per i nati nella terza decade.

Escluse dal vostro calendario le relazioni superficiali. Se siete nella prima decade state attenti a non farvi manipolare. Fase creativa e di grande ispirazione artistica per i nati nella terza decade.

San Valentino di fuoco e passione per i nati in novembre. Da un lato investiti da una improvvisa voglia di libertà e di trasgressione, dall'altro ingentiliti dai transiti di Venere. Amate con creatività!

sagittario

capricorno

acquario

pesci

Incontro con il destino per i nati nella terza decade. Il transito di Venere, unitamente al Nodo Lunare, vi spingeranno tra le braccia di un partner più grande di voi, o proveniente dal passato.

San Valentino emozionante. Non fatevi prendere dall’ansia. Non siete soli! Grazie a Venere e Nodo lunare saranno maggiormente favoriti i nati nella seconda decade. Spogliatevi della razionalità!

Incontro tra la Luna e i Nodi Lunari. Un antico amante ritorna. Favorite le attività creative o al servizio degli altri. Ascoltate i messaggi provenienti dalla vostra anima. Accrescete il vostro sapere.

San Valentino sotto i migliori auspici per i nati nella prima decade. Grazie agli ottimi transiti di Luna e Venere crollerete di fronte al richiamo di una irresistibile sensualità. Interessi esoterici.

» a cura di Elisabetta

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Orizzontali 1. Riattare, rinnovare • 10. I veicoli degli alieni • 11. Costosa e amata • 12. La capitale con l’Acropoli • 14. Pronome relativo • 16. Il re della tavola rotonda • 17. Arcipelago al largo della Scozia • 20. In mezzo al mare • 21. Canzoncina soporifera • 23. Un sintomo del tetano • 24. Spagna, Austria e Svezia • 25. La belva striata • 26. Colpi d’arma da fuoco • 28. Smarrita, disorientata • 29. Pari in Pippo • 31. Il noto Milano • 32. Concorso Internazionale • 33. Adesso • 35. Una penna a sfera • 38. Indica la fine delle ostilità • 40. Antica città della Mesopotamia • 41. Leva centrale • 42. Cattive • 43. Strada cittadina • 44. Ne sanno una più del diavolo! • 47. Urto, spintone • 49. Cortile agreste • 50. È ai piedi del Gottardo.

• 15. Ha scritto “Il sole di luglio” • 18. Curva fluviale • 19. Aggravamenti, esacerbazioni • 22. L’ammiraglio di Alessandro Magno • 27. Mezzo granello di pepe • 28. Semplicità, moderazione • 30. Personali, intimi • 34. Associazione Sportiva • 36. I confini di Rovio • 37. Un veicolo elettrico • 39. La costruì Noé • 40. Dittongo in guitto • 43. Piace al beone • 45. Il verso della cornacchia • 46. Ritorno in centro • 48. Articolo spagnolo.

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Verticali 1. Un’opera dello scrittore russo Isaak Babel • 2. Finire le scorte • 3. Un potente veleno • 4. Preposizione semplice • 5. I confini di Arogno • 6. Le tredici sul quadrante • 7. Parte di pagamento • 8. Verbo ausiliare (tr.) • 9. Rifugiarsi, nascondersi • 13. Europa e Asia

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Per un problema tecnico il cruciverba apparso nel numero 5 del 4 febbraio scorso conteneva diversi errori e inesattezze che non permettevano l’esecuzione dello schema. Ci scusiamo con i lettori per l’inconveniente.

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Questionario Ticinosette

Cari lettori, allo scopo di valutare il gradimento del nostro settimanale e di migliorare il servizio offerto, vi chiediamo gentilmente di compilare il questionario rispondendo in forma anonima alle seguenti domande. Nello spazio in calce pote-

te fornire inoltre un commento più esteso o eventuali suggerimenti. Per chi ha accesso a Internet è possibile compilare il questionario sul sito www.ticino7.ch. Grazie per la collaborazione, la Redazione

» In che località abitate? _________________________________________________________________________________ » Che tipo di professione svolgete? _______________________________________________________________________ » Da quante persone è composto il vostro nucleo familiare? ______________________________________________ fascia di età appartenete? » A quale ❏ meno di 25 anni ❏ da 26 a 45 anni ❏ da 46 a 65 anni ❏ più di 65 anni quale frequenza consultate Ticinosette? » Conquasi giornalmente ❏ da tre a cinque volte alla settimana ❏ meno di due volte alla settimana ❏ luogo consultate Ticinosette? » In che ❏ a casa ❏ al lavoro ❏ in un ritrovo pubblico (biblioteca, bar ecc.) ❏ sul Web ❏ altro » Siete più interessati: ❏ ai programmi radiotelevisivi ❏ alle rubriche ❏ a entrambi » Quali rubriche apprezzate maggiormente? ______________________________________________________________ » Quali invece vi interessano meno o per niente? _________________________________________________________ » Quali argomenti o rubriche, attualmente non presenti, vorreste vedere trattati in Ticinosette? _____________________________________________________________________________________________________________ _____________________________________________________________________________________________________________ Inviare in busta chiusa a: Ticinosette c/o Centro Stampa Ticino SA, Via Industria, CH - 6933 Muzzano. Oppure via fax al seguente numero: +41 (0) 91 960 32 51.


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