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LAVORO E DEMAGOGIA

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» illustrazione di Adriano Crivelli SPINAS CIVIL VOICES

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Ticinosette n° 13 del 1. aprile 2011

Agorà Economia e frontalierato

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DI

SILVANO DE PIETRO . . . . . . .

Salute Intelligenza e musica

DI IVO

SILVESTRO . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Letture Storia di un furto

FABIO MARTINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

DI

Vitae Giorgio Noseda

DI

GAIA GRIMANI. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Reportage Bergamo

DI

R. ROVEDA; FOTO DI R. KHATIR . . . . .

Tendenze Ortomania

DI

PATRIZIA MEZZANZANICA . . . . . . . . . . . . .

Astri / Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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Frontalieri d’aprile Parafrasando un sin troppo noto detto popolare – e con tutto il rispetto per la massima espressione di cui è capace una democrazia adulta e pluralista –, potremmo dire che “le elezioni sono come il maiale, non si butta via niente”. Questo avviene a urne chiuse, quando cioè la volontà degli elettori si è concretizzata e alla classe politica non resta che analizzare la scelta popolare (e dove, secondo un’oggettività assai originale, raramente qualcuno è “perdente”... semmai “si conferma”). Nelle urne, insomma, i numeri sono in grado di raccontare tutto e il contrario di tutto, a uso e consumo degli interessi di questo o quel soggetto partitico. Ma ancora prima dei risultati, è nella campagna elettorale che “non si getta nulla”, nella speranza che la mischia del dibattito mediatico possa produrre simpatie, preferenze, elettori. I “frontalieri” in questo senso aiutano non poco, qualcuno se ne sarà certo accorto. I lettori più attenti sanno che in passato Ticinosette si è già chinato sul “problema frontalieri” e per questo etichettato quale covo di “ratti mediatici”. Come d’abitudine, anche rispetto ai pendolari del lavoro il nostro settimanale preferisce cercare di comprendere piuttosto che controbattere agli slogan: in questo senso è da leggere il lucido contributo di Silvano De Pietro (corrispondente da Berna de “laRegioneTicino”) presente in questo numero, articolo a cui seguiranno ulteriori approfondimenti sia sul mercato del lavoro in Ticino sia sulle esigenze degli imprenditori locali. Buona lettura, la Redazione

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PS: Ticinosette attende con impazienza le risposte del segretario dell’UDC, Pierre Rusconi, rispetto ai quesiti sul frontalierato che questa testata si è permessa di sottoporgli alcune settimane fa (“Editoriale”, n. 6/2011 dell’11 febbraio).

Impressum Chiusura redazionale Venerdì 25 marzo

Tiratura controllata 72.011 copie

Editore Teleradio 7 SA 6933 Muzzano

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direttore editoriale Peter Keller Redattore responsabile Fabio Martini Coredattore Giancarlo Fornasier Photo editor Reza Khatir

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58

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Secondo l’AITI (Associazione Industrie Ticinesi) la presenza dei frontalieri nei settori dell’industria, dell’edilizia, della ricezione alberghiera e della sanità, è un fattore indispensabile all’economia cantonale e non solo per l’insufficiente disponibilità di manodopera specializzata ticinese ma anche per una scarsa flessibilità dei “locali” ad accettare orari (turni) e condizioni particolari di mobilità professionale. L’aumento dei frontalieri, ci dicono, ha riguardato soprattutto i settori dei servizi e del commercio mentre nei settori storici esso è rimasto sostanzialmente stabile. Contraria alla contingentazione selvaggia dei lavoratori frontalieri – che in casi rarissimi giungono dalla Svizzera interna per ovvi motivi legati ai livelli salariali – e favorevole alla libera contrattazione del mercato del lavoro, l’AITI, il cui direttore, Stefano Modenini incontreremo prossimamente per un approfondimento, si schiera dunque per una politica di libera circolazione del lavoro fra canton Ticino e la vicina Italia. Ma vediamo ora quali sono i dati più recenti relativi al fenomeno in Svizzera, in relazione alle posizioni espresse invece dal sindacato Unia. (a cura della Redazione)

Il frontaliere “pigliatutto” La Svizzera è un tipico paese-calamita per i frontalieri: perché è piccolo ma ha un’economia tendenzialmente troppo grande e offre salari alti. La libera circolazione delle persone, introdotta nel 2002 tra la Svizzera e l’Unione europea, ha ulteriormente facilitato il ricorso dell’economia elvetica a lavoratori d’oltreconfine. Un’esigenza, questa, presente un po’ ovunque nelle nostre regioni di confine, ma accentuata da quando, nel 2004, è stata abolita la priorità data ai lavoratori indigeni. Da allora sono sorte comprensibili preoccupazioni rispetto al crescente numero dei frontalieri e ai potenziali effetti negativi di tale evoluzione sulla corretta concorrenza in alcuni settori economici. Il timore è insomma che si producano problemi come il dumping salariale e squilibri dell’occupazione, con conseguenti tensioni politico-sociali. Alla fine del 2010, secondo la statistica federale, si contavano in Svizzera 231.836 lavoratori frontalieri. In Ticino erano 48.248. E per avere la misura di quanto siano aumentati, basti ricordare che ancora alla fine del 2000 erano poco più di 147.000 in Svizzera e poco meno di 29.000 in Ticino. Allora erano controllati e contingentati in base alla regola della priorità ai lavoratori residenti. Ma oggi, con la libera circolazione, il problema principale è soprattutto il dumping salariale, anche se in Ticino, come ammette Saverio Lurati, segretario del sindacato Unia, “in modo spesso strisciante”. Pare infatti che anche nei settori regolati da contratti collettivi di lavoro si ricorra a ogni possibile espediente per abbassare i salari, come per esempio l’assunzione di personale ai livelli minimi di categoria o comunque in una categoria più bassa rispetto a quella a cui si avrebbe diritto. La conseguenza, secondo il sindacalista, sarebbe la creazione di “condizioni per una crescita salariale zero”, e quindi, con un’inflazione quasi inesistente, “non c’è nessuna progressione ma addirittura un leggero regresso dei livelli salariali”.

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Frontalieri: un fenomeno articolato

Agorà

Valvola di sfogo di un’economia vincolata alla crescita continua; massa di manovra sul mercato del lavoro per calmierare costi e salari; capro espiatorio di tensioni politiche e sociali eccitate da certa demagogia alla moda. Questo e tanto altro sono i frontalieri

La differenziazione fra settori I settori in cui si registrano i maggiori problemi sembrano essere quelli dell’edilizia ramo principale della costruzione, ma soprattutto l’artigianato che vi ruota intorno e del commercio (vendita al dettaglio). I controlli, sostiene Lurati, sono piuttosto efficaci, ma il fenomeno ha assunto una grande ampiezza. Il ricorso ai frontalieri, secondo il sindacalista, cresce “anche perché la crisi dei settori edile e artigianale è particolarmente grave in tutta Italia e sta convogliando verso il nostro Paese una marea di operatori (imprenditori e lavoratori) che con il beneplacito di una legislazione «aperta» e il sostegno di una categoria di avvocati pronti a tutto, aprono e chiudono nuove ditte con estrema disinvoltura”. Cifre precise non ve ne sono, ma l’impressione di osservatori e sindacalisti è che questa prassi stia prendendo piede, al punto da temere che “la situazione sia sfuggita di mano in maniera irreversibile”. Ci sono però altri tre aspetti della problematica legata al frontalierato in Ticino, che non si possono trascurare. Il primo è il livello generale dei salari in Ticino: è proprio vero che non cresce, rispetto al resto della Svizzera, e persino regredisce a causa della forte presenza di lavoratori d’oltreconfine? Qui le valutazioni sindacali – secondo cui il divario salariale fra Ticino e resto della Svizzera tra il 2006 e il 2008 sarebbe passato dal 16 al 17% – divergono da quelle dell’Ufficio federale di statistica che ritiene tale differenza ancorata al 15,1%. Anzi, se si osserva l’evoluzione dei salari a partire dal 2000, c’è stata una riduzione del divario, che allora si trovava al 15,6%. Ciò vuol dire che non solo l’aumento dei frontalieri non ha influito negativamente sui salari ticinesi, ma questi sono persino aumentati. Non si spiegherebbe altrimenti perché, nello stesso periodo, il tasso d’incremento dei salari è stato del 12,6% in Ticino contro un 11,9% di media in Svizzera. In altre parole, i salari ticinesi rimangono più bassi, ma la differenza con il resto del Paese si è ridotta e, per questo, sono au-


Il “caso” Ticino I problemi causati dalla presenza dei frontalieri nell’economia locale sono più vistosi in Ticino, perché qui il fenomeno è più concentrato e incisivo numericamente. Nelle altre regioni di confine, tranne che a Ginevra, il ricorso ai frontalieri è meno determinante. A nord, per esempio, tra Sciaffusa, Zurigo e Turgovia, a fine 2009 i frontalieri erano poco più, rispettivamente, di cinquemila, di settemila e di quattromila. Nel canton San Gallo, una statistica aggiornatissima indica a febbraio di quest’anno 8.302 frontalieri. Anche nella regione transgiurassiana le cifre rimangono contenute e non si va molto oltre le cinquemila unità. In Vallese sono meno di duemila. Solo nei cantoni di Basilea Città (32.439) , di Basilea Campagna (18.062) e di Vaud (18.216), i lavoratori d’oltreconfine sono in numero inferiore a quelli del Ticino, ma ancora significativo. Solo nel canton Ginevra, però, l’incidenza del frontalierato è decisamente maggiore che in Ticino: la statistica cantonale indicava a giugno dell’anno scorso 67.503 titolari di un permesso da frontaliere, che quest’anno

forse saranno un migliaio di più, a cui vanno aggiunti almeno 30.000 svizzeri che abitano in Francia e fanno i pendolari. Tensioni sul mercato del lavoro ce ne sono un po’ dappertutto, ma con evidente maggiore incidenza a Ginevra. Tuttavia, secondo Alessandro Pelizzari, segretario del sindacato Unia nella regione ginevrina, “è difficile stimare la frequenza del dumping salariale legato ai frontalieri” nella sua regione, perché chi osserva il mercato (la Commissione tripartita e la Commissione per le misure d’accompagnamento) e stila i rapporti trimestrali “studia i permessi rilasciati agli europei ma non tiene una statistica dei frontalieri”. La documentazione è migliore per quanto concerne l’efficacia dei controlli delle condizioni di lavoro e di salario: tra il 2004 e il 2008 tali controlli sono stati effettuati in numero che va da 138 a 198 all’anno. “Non soltanto sono rari”, commenta Pelizzari, “ma non possono che toccare una minoranza di imprese”. In pratica “per il 62% delle imprese (cioè il 52% dei lavoratori frontalieri) del settore privato, che non sono sottoposti a contratto collettivo, non esiste alcun controllo”. Inoltre, per tutti questi frontalieri il posto di lavoro è molto precario. Il sindacalista sottolinea infatti come si possa “constatare tra i frontalieri un’esplosione del numero dei contratti temporanei, aumentati del 500% in 10 anni”. E infatti, “la metà dei licenziamenti collettivi decisi a Ginevra nel 2009 ha colpito i lavoratori frontalieri”. Rispetto all’occupazione dei residenti, dunque, a Ginevra come in Ticino i frontalieri sono meno influenti di quanto il loro numero possa far credere. La stessa dinamica si riscontra rispetto ai salari: anche qui, tra il 2000 e il 2008, lo scarto tra i salari dei frontalieri e quello dei residenti è aumentato a favore di quest’ultimi. I dati indicati da Pelizzari parlano di una differenza che dal 10,7% nel 2000 è salita al 16,3% nel 2008. Infine, la questione fiscale è semplicemente diversa rispetto a quella dei frontalieri ticinesi, poiché non concerne ristorni del gettito d’imposta e perdite per le casse del cantone, ma ruota intorno alla richiesta dei frontalieri che sia loro riconosciuta la deduzione delle spese effettive a loro carico. ... e il resto della Svizzera? Nelle altre regioni di frontiera i problemi si riducono, se non altro per la minore incidenza numerica. A Sciaffusa, per esempio, al sindacato dicono che “non abbiamo problemi con i frontalieri, o forse non li abbiamo notati”. Nessuna lamentela “significativa” rispetto ai salari; i controlli vengono eseguiti sulla base di una collaborazione “buona e non complicata con le autorità cantonali” che intervengono con tempestività sui casi segnalati; e non emerge nessuna tensione sociale. Più o meno sullo stesso tenore le impressioni raccolte nelle altre regioni, a parte forse nell’area transgiurassiana, dove l’UDC induce a qualche tensione, con la richiesta che l’aliquota fiscale a cui sono sottoposti i frontalieri venga aumentata “per rendere il lavoro in Svizzera meno attrattivo”. Un cenno a parte merita la situazione, sempre in questa regione, nel settore dell’industria orologiera, uno dei fiori all’occhiello dell’economia elvetica. Secondo il sindacato Unia qui ci sono aziende che pagano ai lavoratori (a tutti, anche ai residenti) salari minimi di 3.183 franchi (!). Ciò significa che per queste industrie non serve neppure fare del dumping salariale: l’impiego quasi esclusivo di personale frontaliere permette di mantenere livelli salariali così bassi senza suscitare grosse reazioni sociali. E poi c’è chi vuole tassarli di più per renderli ancor meno attrattivi… Eppure in questa regione, che occupa parte degli oltre 61 mila frontalieri conteggiati nella Svizzera nordoccidentale, il livello generale dei salari va dal –6% al +6% della media nazionale di tutti i salari, cioè praticamente non vi è nessuna influenza dei frontalieri, i quali, a quanto pare, non rubano il posto a nessuno.

Agorà

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» di Silvano De Pietro

mentati leggermente più della media nazionale. Per completare il quadro, va anche detto che il salario medio dei frontalieri in Ticino è salito nel frattempo di appena il 9,9%, vale a dire da 4.078 franchi nel 2000 a 4.483 franchi nel 2008. Il secondo aspetto è quello relativo alla presunta concorrenza che i frontalieri farebbero sul mercato del lavoro ai ticinesi e agli stranieri residenti. E non manca chi chiede che la Confederazione ponga un limite massimo all’assunzione di lavoratori frontalieri in Ticino. Ma è davvero così letale, per l’occupazione, la presenza di un alto numero di frontalieri? Un parere autorevole è quello espresso da un recente – e già oggetto di dibattito – studio dell’IRE, Istituto di Ricerche Economiche, su “Disoccupazione e frontalierato nel cantone Ticino”, secondo il quale “non esistono evidenze scientifiche di sostituzione sistematica di lavoratori nel mercato del lavoro ticinese; emerge tuttavia una situazione di forte richiesta del mercato di figure professionali dall’esterno (che in alcuni casi iniziano a essere problematiche per l’equilibrio interno)”. Quindi, non sarebbe vero, in base a questa ricerca, che a ogni frontaliere in più corrisponda un disoccupato in più. Inoltre, “il mercato richiede sempre più lavoratori in entrata con alti livelli di istruzione e in grado di assumere mansioni di responsabilità; dall’analisi dei dati emerge che il mercato, presumibilmente non trovando appieno tali figure all’interno del Ticino, si è rivolto e continua a rivolgersi all’esterno (anche al di là delle ex zone di frontiera)”. Infine, il terzo elemento da considerare è la questione fiscale. Si tratta di un accordo, entrato in vigore nel 1974, grazie al quale l’Italia ha ottenuto che le venisse versato il 38,8% dell’imposta alla fonte prelevata sui salari dei frontalieri dai cantoni Ticino, Grigioni e Vallese. La somma – circa 50 milioni di franchi all’anno – finisce nelle casse dei comuni italiani vicini alla frontiera, che possono così contare su entrate regolari. Una riduzione di tale ristorno dal 38,8 al 12,5% era stata ventilata negli ultimi anni da alcuni esponenti politici ticinesi, quale misura di ritorsione contro i provvedimenti fiscali applicati da Roma nei confronti della Svizzera e della piazza finanziaria ticinese. Ma al di là dell’entità della somma che viene ristornata ai comuni italiani, la realtà è che il Ticino subisce una perdita rilevante a causa di questo accordo con l’Italia. Si fanno quindi sempre più insistenti le voci di quanti, a livello politico, ritengono che la Svizzera debba denunciare tale accordo, o che chieda di rinegoziarlo sulla base di quello stipulato con l’Austria, che prevede un ristorno del 12,5% (ma i frontalieri austriaci sono solo 7.406). Oppure, in alternativa, che la Confederazione si assuma la copertura della perdita finanziaria del canton Ticino.


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La musica “intelligente” Ascoltare Mozart rende forse più perspicaci? La piccola storia di un moderno mito scientifico certamente vero perché “secondo una ricerca universitaria…”

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Mozart… e gli altri? Possibile, poi, che questo effetto riguardi unicamente la musica di Mozart? Nel 1999 altri ricercatori ripeterono l’esperimento, ampliando i gruppi di controllo. Nel 1993 vi era infatti un

unico gruppo, che aveva atteso in silenzio l’inizio dei test di intelligenza. Nella nuova prova, alcuni degli studenti universitari coinvolti ascoltarono una composizione di Schubert e altri ancora un racconto. La conclusione di questo nuovo esperimento? Come recita il titolo dell’articolo (“The Mozart Effect: An Artifact of Preference”), l’ “effetto Mozart” non esiste ma, più banalmente, ottiene risultati migliori chi inizia i test tranquillo e rilassato perché ha appena terminato una attività piacevole – e aspettare quindici minuti chiusi in una stanza senza nulla da fare non è certo una attività piacevole. Risultato prevedibile? Può essere: una delle più diffuse critiche alla psicologia è che questa disciplina non fa altro che dimostrare le banalità che tutti noi già conosciamo. Nell’avanzare questa critica non si tiene però conto che molte di queste ovvietà vengono invece smentite dagli esperimenti, e in ogni caso avere una conferma sperimentale rappresenta comunque un vantaggio. La storia dell’ “effetto Mozart” dovrebbe insegnarci non a diffidare della ricerca scientifica, piuttosto dei resoconti che spesso ci vengono propinati dalla stampa generalista... così come su alcune riviste che si dicono “specializzate”. I ricercatori sono in genere cauti, avanzano le proprie ipotesi con un dettagliato resoconto sperimentale che permette di identificare i limiti delle teorie proposte. Nella stampa tutta questa cautela scompare: si espone, spesso malamente, il risultato e lo si certifica con un ipse dixit (“secondo uno studio della tal università”) totalmente alieno al metodo scientifico. Un buon sistema per diffondere miti moderni, non conoscenza.

» di Ivo Silvestro; immagine: www.nataliedee.com; elaborazione Tecnica T7

Salute

Avevo da poco iniziato il liceo quando una ragazza di qualche anno più grande di me mi confidò un piccolo segreto: per andare bene in matematica lei ascoltava Wolfgang Amadeus Mozart. Secondo una ricerca, di cui verosimilmente aveva letto in qualche rivista di divulgazione scientifica, l’ “effetto Mozart” era un fenomeno provato: ascoltare la musica del compositore di Salisburgo aiutava, in qualche modo, il pensiero matematico. Io adoro la musica classica, ma a Mozart preferisco Haydn e Beethoven, il cui effetto sul pensiero matematico era, a quanto mi riferì quella ragazza, nullo. Cosa fare, ascoltare fino alla nausea Eine kleine Nachtmusik, sperando in un mezzo punto in più di Q. I., o lasciar perdere l’effetto Mozart e ascoltare la musica che preferisco, puntando sullo studio per migliorare il voto in matematica? Optai per la seconda (più sull’ascolto della musica preferita che sullo studio, a essere sinceri). Ma la curiosità sull’effetto Mozart mi rimase: esiste davvero una relazione tra certa musica e le capacità matematiche? Tutto è nato da una ricerca del 1993 pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica “Nature”. Un gruppo di studenti universitari venne sottoposto ad alcuni test di intelligenza subito dopo aver ascoltato una sonata di Mozart, ottenendo, rispetto al gruppo di controllo, risultati migliori per quanto riguarda le abilità visuo-spaziali, abilità che sono coinvolte in alcuni compiti matematici. Che cosa dimostra questo esperimento? Di per sé, poco. L’effetto rilevato non è a lungo termine e anzi è molto limitato nel tempo: il miglioramento c’è se si ascolta Mozart nei quindici minuti precedenti il test. Inoltre riguarda unicamente alcune abilità specifiche. L’iniziativa di alcuni genitori – e negli Stati Uniti di alcune autorità locali che regalano ai neo genitori cd mozartiani – di far ascoltare musica classica fin dalla culla è lodevole per quanto riguarda la diffusione della cultura musicale, ma indifferente per quanto concerne l’intelligenza matematica della prole.

Consiglio di lettura Daniele Schön, Lilach Akiva-Kabiri, Tomaso Vecchi Psicologia della musica, Carocci (2007) Tre ricercatori affrontano i vari aspetti della psicologia della musica, dalla comprensione di una melodia alla musicoterapia: un’utile guida per non lasciarsi ingannare dai miti pseudo-scientifici.

Invito all’ascolto Mozart: Le Sinfonie complete, The Academy of Ancient Music diretta da Christopher Hogwood, Edizioni L’Oiseau-Lyre (2009) In 19 CD, le 41 Sinfonie di Mozart eseguite con strumenti originali: un’edizione notevole e sicuramente un ottimo modo per avvicinarsi alla musica del grande compositore di Salisburgo.


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Storia di un furto

In questo saggio Francesca Rigotti, filosofa e docente univer-

» di Fabio Martini

comunemente si crede, le “nature”, le “essenze”, del maschio sitaria nonché collaboratrice del nostro settimanale, compie come della femmina non sono affatto strutture preesistenti, una sorta di indagine, quasi un’inchiesta fima soluzioni adottate per comodità. L’idea losofica sulla storia di un furto perpetrato nel che vuole la donna “predisposta” al servizio, corso dei millenni dall’uomo nei confronti al sacrificio (di quali “concorrenziali” parti della donna. Rigotti sviluppa il suo discorso di sé, viene da chiedersi), all’assistenza e alla – di cui nell’introduzione dichiara lo stile, cura dei figli come degli ammalati è infatti analogistico e metaforologico, e il genere, attribuita “alle donne con un tipo di ragionaquello della filosofia della vita quotidiana – a mento che scambia la causa con l’effetto: non partire dal suo essere donna con due fondanè la natura a condizionare la cultura quanto la ti passioni: la filosofia e i figli. cultura a dar senso alla natura”. Sulla base di La questione centrale è quella della distinquesta premessa che gli “esseri umani si sono zione fra la “natura” femminile e quella riuniti formando una società e hanno stabilito maschile, così come si è strutturata e sele proprie tradizioni” (Richard Rorty), l’audimentata attraverso secoli di predominio trice si spinge oltre conducendo il lettore, del maschio. A partire dalla mitologia e attraverso un percorso di smascheramento dai grandi filosofi greci alla librettistica di e di conoscenza, alla consapevolezza che Lorenzo Da Ponte, da Guy de Maupassant l’atto creativo del parto fisico, invidiato a Francesca Rigotti Fra Ri ti Partorire con il corpo a papa Giovanni Paolo II (Mulieris dignitatal punto dal maschio da farne il movente e con la mente. Creatività, tem, Lettera apostolica del 15 agosto 1988) per un’opera millenaria di sottrazione, altro filosofia, maternità l’uomo e la donna sono stati costantemente non è che il punto di partenza da cui trae Bollati Boringhieri, 2010 distinti in quanto espressioni di due diffeorigine la creazione dell’ingegno, in tutte renti nature: quella logico-astratta, attribuita al maschile e le sue forme. Si restituisce così alla donna la prerogativa e depositaria della capacità di conoscere e spiegare, e quella il pieno diritto di vivere e praticare entrambe le esperienze materiale, istintivo-affettiva, considerata come peculiare (quella del parto fisico e quella del parto intellettuale), come dell’essere femminile. Il fatto è che, a differenza di quanto all’autrice – e a molte altre – è accaduto e sta accadendo.

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» testimonianza raccolta da Gaia Grimani; fotografia di Igor Ponti

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professione quasi artigianale, che si apprende facendola, imitando, osservando, ascoltando chi è bravo, rubando il mestiere a chi ne sa di più. Le visite di reparto all’ospedale Beata Vergine di Mendrisio erano, da questo punto di vista, un momento importante. Ho imparato molto dalla condivisione della sofferenza, dal dolore fisico e psichico, dalla morte. Questi ricordi talvolta mi pesano e conosco molto bene la sensazione di non aver fatto abbastanza. Certo, la medicina ha compiuto progressi giganteschi, la scienza e la tecnologia hanno reso possibile quello che, solo ieri, si pensava inimmaginabile. Primario all’Ospedale di Mendrisio e al La medicina contemporanea Civico di Lugano, ha coniugato grande merita rispetto e ammirazioprofessionalità e profonda umanità. Oggi ne, ma chiede ai medici una competenza sempre più speciin pensione, è ancora impegnato in molte fica e settoriale, una capacità attività, per non dimenticare chi soffre di diagnosi assai precisa che però non sempre si accompasurabili e quantificabili, con gna a terapie altrettanto efficaci. Il medico, l’intuizione psicologica e la soprattutto se giovane, timoroso di sbagliare, comprensione profonda dei si appoggia alla tecnologia che rassicura lui e segnali, anche non verbali, il paziente, in una spirale che, forse, inibisce che l’ammalato ti lancia per e trascura la riflessione e la comprensione chiederti aiuto. Nella pratica della complessità della persona, che è molto della sua professione il medidi più dell’insieme dei suoi organi singoli. co si trova spesso di fronte a Attualmente, al di là della mia attività prosituazioni di grave responsafessionale, seguo con grande passione due bilità e a scelte molto difficili. progetti: uno è il consolidamento e l’ulteriore Non di rado nelle decisioni sviluppo dell’Istituto di Ricerca in Biomemi sono sentito solo, con il dicina di Bellinzona, che ho contribuito a dubbio di incorrere in un erfondare e che in pochi anni ha acquisito una rore di valutazione, sempre grande reputazione, grazie alla qualità delle dietro l’angolo. Non ci si può sue ricerche nel campo dell’immunologia nascondere dietro il sapere umana; l’altro è la Presidenza delI’Istituto acquisito, perché esso non è svizzero per la Registrazione del cancro, mai sufficiente, evolvendo le cioè l’associazione dei Registri cantonali dei conoscenze in modo turbinotumori, con il quale vogliamo contribuire so. E allora si deve studiare, a una migliore conoscenza epidemiologica approfondire, affinare e comdi queste malattie, per applicare in modo pletare le proprie nozioni con mirato e coordinato le nuove terapie su scala un aggiornamento scrupoloso nazionale. Le moderne neuroscienze, grazie a e continuo. Una professione immagini cerebrali ottenute con la risonanza come la mia non può essere magnetica, ci dicono che in ogni individuo esercitata “a tempo parziale”. le funzioni cerebrali sono programmate inÈ totalizzante, entra di peso dipendentemente dall’influsso dell’ambiente anche nella vita privata, dalla esterno, tanto che la funzione cerebrale è diquale non si separa mai. L’inversa e distinta anche in gemelli monovulari, segnamento che ho esercitato dunque identici. Penso perciò che, anche se presso l’Università di Berna gli eventi esterni e l’ambiente in cui sono era costituito, non da lezioni vissuto sono stati sicuramente decisivi per teoriche “ex cathedra”, ma da le mie scelte personali, se potessi cominciare didattica al letto dell’ammalauna seconda vita, senza sapere nulla di quella to. Mi è sempre piaciuto conprecedente, probabilmente sarei destinato a siderare la medicina come una essere, sempre e ancora, medico.

Giorgio Noseda

Vitae

ascere a Chiasso, cittadina di frontiera, all’inizio della Seconda guerra mondiale mi ha sicuramente protetto dagli orrori di quel conflitto, combattuto a pochi passi da casa. Ma mi ha anche permesso di vedere direttamente, con i miei occhi di ragazzo, le conseguenze devastanti a cui può portare una crisi di quella portata. A Chiasso arrivavano moltitudini di “sfollati”, adulti e bambini, che fuggivano dal loro paese, senza nulla, disperati, denutriti, feriti e ammalati. Noi chiassesi la guerra l’abbiamo sfiorata perché, nonostante le bandiere rossocrociate dipinte sui tetti delle case segnalassero ai piloti militari il confine di Stato, ci furono mitragliamenti nella zona della ferrovia e, in un caso, ci scappò persino il morto. Passati i momenti di ansia, ma anche di giubilo per la fine del conflitto, sui primi rotocalchi italiani comprati a Ponte Chiasso leggevamo di fatti tragici, come le bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, ma anche di grandi scoperte dal mondo scientifico. Alexander Fleming aveva isolato la penicillina, che permise la guarigione di moltissime persone, fino a quel momento condannate per aver contratto gravi infezioni. Si seppe anche dell’opera, nel lebbrosario di Lambarene, in Africa, del leggendario dottor Albert Schweitzer, poi premio Nobel per la pace. Fleming e Schweitzer, per molti della mia generazione, furono esempi da imitare, modelli di generosità, solidarietà e umanità fuori dal comune che sicuramente hanno influito sulla mia decisione di studiare medicina. Quello per la medicina è stato un innamoramento, mi ha fatto battere il cuore senza sapere bene cosa fosse, né a cosa mi avrebbe portato. Mi ha trascinato con sé e ancora ne sono attratto come verso un primo amore. La mia professione è affascinante perché permette di coniugare l’osservazione dei fatti oggettivi, mi-

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E in alto, Bergamo… Centro storico della città lombarda sorto su un colle che domina la pianura, Bergamo alta è ancora oggi completamente circondata dalle imponenti mura costruite dai veneziani secoli fa. All’interno della cinta muraria il tempo sembra oscillare tra Medioevo e Rinascimento, come se le fortificazioni impedissero ancora oggi l’ingresso alla modernità

testo di Roberto Roveda; fotografie di Reza Khatir


sopra: il portale della basilica di Santa Maria Maggiore realizzato nel Trecento da Giovanni da Campione in apertura: la basilica di Santa Maria Maggiore domina su Bergamo bassa in un’immagine scattata dalla Torre Civica


sopra: la cappella Colleoni dall’alto della Torre Civica


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er chi abita nella pianura lombarda Bergamo rappresenta una realtà un poco aliena. Forse per il dialetto ostico delle sue genti, che il cittadino padano non sempre riesce a intendere. Forse perché storicamente queste erano terre non di Milano e poi di Spagna, ma di Venezia… e qualcosa della Serenissima, nella magnificenza di certi edifici, nei cibi, nelle parole, pare ancora presente nell’aria. Oppure, più semplicemente, Bergamo con il suo essere città “verticale” stride nell’universo del panorama circostante, dominato dal monotono progredire tutto in orizzontale della Pianura padana. Si arriva alla città lombarda dall’autostrada e dopo tanto guardarsi attorno ci si ritrova repentinamente a girare gli occhi in su, alla città alta, la parte storica di Bergamo, con il suo orizzonte tracciato da campanili, torri e tetti antichi. Bergamo alta, con il suo profilo nobile, pare quasi disprezzare il resto della città (la parte bassa), popolare, moderna, piatta, quasi a volerle ricordare che mentre quassù si gode la frescura anche in estate là sotto domina l’afa di pianura. Probabilmente per questo si sono volute mantenere intatte le antiche mura, per non mischiarsi con l’ordinarietà e con il procedere del tempo: Bergamo alta era una fortezza inespugnabile così voluta dai veneziani nel Quattrocento e parte dell’antico spirito è rimasto intatto. È lei che permette di varcare le sue porte e di scoprirla e ci si deve accostare con il rispetto che si deve a una signora di un certo rango. A rendere ancora più netto il distacco tra le due parti della città la quasi impossibilità di accedere nel centro storico in macchina, complici divieti, strade strette e assenza di parcheggi dentro le mura. Bisogna percorrere gli scorlazzini, le scalinate che conducono in alto, oppure si deve ricorrere alla funicolare.

Una salita verso la storia I pochi minuti dell’ascesa hanno le caratteristiche di un vero e proprio distacco… dal vialone percorso dalle auto dove sorge la stazione a valle, ci si ritrova tra strade acciottolate all’antica e poi, dopo pochi metri di cammino ecco quella sorta di acropoli edificata tra il Medioevo e il Settecento, quando Bergamo è stata prima un potente libero comune, poi fiore all’occhiello dei possedimenti dei Visconti di Milano prima e di Venezia poi, dal 1428 alla fine del XVIII secolo. Certo non mancano le concessioni al turista di passaggio con tante vetrine che propongono gli unici e inimitabili casoncei, sorta di ravioli da servire con burro, salvia e pancetta. Però basta poco per scordarseli, basta arrivare alla Piazza Vecchia introdotta dal seicentesco Palazzo Nuovo. Attorno alla piazza, così vicini da poter essere compresi in un unico sguardo, troviamo il medievale Palazzo della Ragione accostato al Campanone, la Torre civica, da dove ancora oggi alle dieci di sera vengono scoccati cento colpi di campana, quelli che in passato annunciavano la chiusura notturna dei portoni delle mura venete. Subito dietro queste costruzioni sorgono il duomo, la cappella dedicata al condottiero del Quattrocento, Bartolomeo Colleoni e i capolavori realizzati nel Trecento da Giovanni da Campione, il battistero e i portali in marmo della basilica di Santa Maria Maggiore. Una delle tante “piazze dei miracoli” di cui è punteggiata la penisola italiana; certo forse meno famosa e meno artisticamente “superba” di quella di Pisa, ma sorprendente nella sua possibilità di offrire tanto in uno spazio in verità limitato. In un giro di occhi ci si sente così accomunati ai famosi versi che Torquato Tasso (1544–1595) scrisse per celebrare la città d’origine della sua famiglia…


“(...) perch’io cercassi pur di sponda in sponda Nilo, Istro, Gange, o s’altro è più lontano, o mar da terra chiuso, o l’oceano che d’ogni intorno lui cinge, e circonda, riveder non potrei parte più cara, e gradita di te, da cui mi venne in riva al gran Tirren famoso padre (...)” Torquato Tasso, “A Bergamo” (1586)

in questa pagina: sopra, uno scorcio dello skyline di Bergamo alta con la cupola del duomo sullo sfondo; a lato, il battistero realizzato da Giovanni da Campione tra il 1351 e il 1360 pagina di sinistra: Piazza Vecchia con la fontana Contarini e, sullo sfondo, il seicentesco Palazzo Nuovo per informazioni: www.apt.bergamo.it per saperne di più: Sem Galimberti Guida in-utile di Bergamo. Quattro itinerari di interesse storico e artistico (Sestante, 2009) Luigi Facchinetti Forlani Bergamo. Città alta. Un luogo a due passi dal cielo (Bolis, 2010)


ORTOMANIA & ORTOTERAPIA Tendenze p. 38 | di Patrizia Mezzanzanica L’ortomania fa proseliti un po’ ovunque, appassionando donne e uomini, giovani e meno giovani, di ogni classe sociale e in numerose città del mondo. Ma dietro a questo “hobby” che sembra fare molta tendenza c’è di più e molto altro… Nel linguaggio dei simboli, la pianta rappresenta l’energia solare condensata e manifestata. Da qui le sue proprietà guaritrici, purificatrici (o velenose) e il suo largo impiego nei rituali magici. È inoltre inseparabile dall’acqua e dal sole, senza i quali non può naturalmente vivere, e pertanto espressione stessa di vita. Se si considera poi che il verde sta esattamente fra azzurro celestiale e il rosso infernale – e quindi fra il ccaldo e il freddo, e fra l’alto e il basso – s’intuisce come esso sia il colore della mediazione: tiepido, rassic rassicurante e umano. Dopo il gelido inverno che spogli la terra, la primavera la ricopre di una coltre spoglia verde segno se di nuova vita e di speranza. Una tera terapia che parte da noi Non suona suon quindi eccentrico che già alla fine del 1700 uno psichiatra americano, Benjamin Rush, abbia inventato in l’Horticultural Therapy, che può migliorare la salute fisica e mentale, e aiutare migliora nella cura cu degli stati depressivi, dell’ansia e di patologi patologie anche gravi. Il potere terapeutico della pian piante è, infatti, insito in noi; non solo per le l loro proprietà medicamentose, ma per il pr profondo sentimento di serenità, pacatezza e co condivisione che la natura riesce a trasmetterci trasmetterci; per la forza e l’energia che si manifestano con co prepotenza non appena lasciamo uno spira spiraglio e lei riesce a rapirci con la bellezza di un tram tramonto, di un fiore, o di un paesaggio. E senza nemmeno accorgercene, ci ritroviamo con gl gli occhi lucidi e la gola stretta dall’emozion zione. La natura siamo noi e, al pari nostro, le piante sono esseri viventi. Ecco perché l’ortoterapia, o cura del giardinaggio, può funzionare. Perché prendersi cura di un piccolo spazio verde equivale a indagare e ripristinare equilibri ambientali a cui, troppo spesso, diamo poco peso. Nei giardini terapeutici, chi soffre

è in grado di trovare consolazione, fiducia e forza facendo crescere – fuori e dentro di sé – qualcosa di vivo e meraviglioso. Un’attività per tutti Ma oltre al valore curativo e ai significati simbolici, o forse proprio in virtù di essi, l’ortomania in questi ultimi anni è diventata sempre più un fenomeno di massa. Le immagini di Michelle Obama, suo più illustre testimonial, che nell’orto della Casa Bianca coltiva broccoli, zucchine e quant’altro hanno fatto il giro del mondo e sensibilizzato la coscienza di molti. Pare che il suo impegno abbia prodotto, nel 2010, oltre 900 chilogrammi di ortaggi, in parte consumati dalla famiglia presidenziale e in parte donato alle cucine dei servizi sociali della capitale americana. Ma anche chi vive in città e ha poco spazio a disposizione, non si scoraggia. Piccoli angoli verdi spuntano ovunque. Terrazzi, terrazzini e una gran quantità di davanzali, ogni primavera si riempiono di piantine aromatiche, insalate, ortaggi e piccoli legumi. Per fare un orto basta davvero poco: circa sessanta centimetri di spazio e poche decine di franchi. Salvia, rosmarino e timo sono perfetti per condire la carne e il pesce mentre basilico, prezzemolo e peperoncino si accompagnano alla pasta. Internet offre inoltre l’opportunità di trovare terreni comunali messi a disposizione per la coltivazione, e aumentano sempre più le richieste per convertire le aiuole cittadine in veri e propri orti gestiti dalla comunità. In genere, si preferiscono le piante dai frutti colorati e facili da recuperare: pomodori, peperoni, melanzane e ogni varietà di peperoncino, oltre a rucola, lattuga, valeriana e spinaci. Si pianta in marzo ed è fondamentale concimare con regolarità, almeno 2/4 volte al mese, con un prodotto organico completo. Seguendo poche basilari regole si ottengono risultati stupefacenti, così gli orto-fan aumentano di anno in anno. Il desiderio di sapori genuini e di sapere cosa si mangia sono le motivazioni dei numerosi adepti, fra cui una larga fascia di giovani genitori, che preferiscono nutrire i loro pargoli con i frutti del terreno di casa. La media varia dai trenta ai sessant’anni, molti i pensionati e, pare, un nutrito pubblico maschile.


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Astri gemelli

cancro

Grazie ai transiti di Venere e Nettuno è venuto il momento di aprirvi al romanticismo. Eros in forte crescita Dedicatevi alla poesia, alla musica e all’arte. Avrà un effetto meraviglioso. Macchina nuova.

Vita sentimentale in fermento con incontri inaspettati e atmosfere seduttive. Romanticismo alle stelle. Tentazioni amorose inarrestabili, difficili da frenare. Momento di grande fervore per i più creativi.

Momenti di grande romanticismo indotti dal trigono Venere-Nettuno. State attenti a non adottare atteggiamenti masochistici stimolati dall’opposizione con Plutone. Incontri spirituali.

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Esplosione di energie a partire dal 3 aprile. Eventi inaspettati, azioni originali fuori dell’ordinario. Rompete con la consuetudine e introducete nuovi elementi. Rinunciate alle vostre inibizioni e godetevi la libertà.

Cambiamenti e metamorfosi spirituali da porre in relazione all’opposizione con Nettuno e Venere. Attenti a non idealizzare il partner. Sforzatevi di vedere quello che vi circonda per quello che realmente è.

A partire dal 3 aprile s’impone l’opposizione Marte e Urano. Il più delle volte il transito spinge a buttarsi temerariamente contro coloro che nel passato sono stati di intralcio o hanno suscitato sentimenti d’ira.

Passate troppo tempo a fantasticare e il lavoro vi attira sempre di meno. I transiti di Venere e Nettuno vi rendono più compassionevoli dell’ordinario. Favoriti gli artisti e i creativi. Relazioni spirituali.

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Colpi di fulmine e relazioni sociali. Eventi e potenzialità inaspettate a partire dal 3 aprile grazie all’ingresso di Marte. Cercate di mettere a fuoco ogni obiettivo. Attenti a non divenire schiavi delle vostre fantasie.

Romanticismo ed eros alle stelle grazie ai transiti di Plutone, Nettuno e Venere. Di fronte alla bellezza rimanete a occhi aperti. La felicità del partner per una volta viene prima della vostra. Sentimenti profondi.

In questo periodo avvertite più forte il desiderio di muovervi, di cercare nuove esperienze e nuove attività. Il vostro modo di pensare si fa più vivace del solito. Opportunità inaspettate e improvvise.

A partire dal 5 aprile Nettuno farà il suo ritorno nel vostro segno dopo quasi due secoli. Cambiamenti e metamorfosi spirituali in vista per i nati nella prima decade. Attenti a non uscire del tutto dalla realtà.

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Orizzontali 1. L’appellativo di Federico I di Svevia • 10. Il dittongo del cauto • 11. Dive • 12. Rimanere • 14. Il pronome che mi riguarda • 15. Letame • 16. Bacino lacustre russo • 18. Curva fluviale • 19. La valutazione dei danni • 20. Città grigionese • 22. Andate in poesia • 23. Le iniziali di Matisse • 24. La nota Zanicchi • 27. Uno a Zurigo • 29. Curvare • 32. Promotore, sostenitore • 34. La fine di Aramis • 35. Produce seta • 36. Capo etiope • 37. Pronome personale • 39. Ligi e solerti • 41. Zambia e Cuba • 42. Alt! • 43. Le iniziali della Milo • 44. Furioso • 46. Paladini • 48. Vi sosta la carovana • 49. Il numero perfetto • 50. I confini di Tegna • 51. Via, partenza • 53. Profonda, intima • 54. La fugge il sognatore.

• 17. Eretta • 21. È detto anche “azzeccagarbugli” • 25. È ai piedi del Gottardo • 26. Vede sempre nero • 28. Oscurano il cielo • 30. Pedina coronata • 31. Rinsecchito • 33. Mezza tara • 36. Le iniziali di Cocciante • 38. Giallo pallido • 40. Spalancata • 42. Gabbia per polli • 45. Regge la bandiera • 47. Squadra madrilena • 49. Tra Mao e Tung • 52. Romania e Thailandia.

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Verticali 1. Noto film di Allen • 2. Indipendenza, autarchia • 3. I componenti delle orde • 4. Priva di fede • 5. Consonanti in ruota • 6. Abbelliti • 7. La nota degli sposi • 8. Stuolo d’api • 9. La cura il giardiniere • 13. Usti

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 15

ariete A partire dal 3 aprile, Marte archetipo di guerra, forza, volontà e desiderio farà il suo ingresso nel vostro segno. Transito di enormi potenzialità, va canalizzato correttamente verso il raggiungimento degli obiettivi.

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