Ticino7

Page 1

№ 1'

$%* .0 ()2(+- 13..

#-+ T%*%/"$)- .,–1& ()2(+- 13..

M-$" % #-#")+"

POLVERE DI STELLE

C  T › RT › T Z ›  .–


» illustrazione di Adriano Crivelli 7000 famiglie sono state deportate in quest’area desolata dove sono costrette a vivere in condizioni disumane Villaggio di Kan Dang Kao

il

vero amore

non ha mai conosciuto

misura

Via Ungè 19, 6808 Torricella Tel. +41 91 604 54 66 info@missionepossibile.ch Banca Raiffeisen Lugano Via Pretorio 22, 6900 Lugano IBAN: CH04 8037 5000 1071 5857 0

www.missionepossibile.ch


Ticinosette n° 24 17 giugno 2011

Agorà Cocaina. Polvere di stelle o stelle nella polvere? Arti AiEP. Il corpo, tra realtà e virtualità

DI

TIZIANA CONTE . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Media Telefonia e comunicazione. L’erosione della privacy

Impressum Tiratura controllata 72’011 copie

Chiusura redazionale Venerdì 10 giugno

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Direttore editoriale Peter Keller

Redattore responsabile

Società Osservatorio culturale. La cultura dà i numeri Vitae Elena Buchmann

DI

Reportage Milano. La magia del “Piranesi”

Tendenze Moda. Occhiali da passerella Mundus Una nana gialla

DI

DI

MARIELLA DAL FARRA . . . . .

GIORGIA RECLARI . . . . . . . . . . . . . . . . .

FABIANA TESTORI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Oggetti Cinema e auto. Vanishing Point

DI

4 8 10 12 14 39 46 48 50 51

MARISA GORZA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

DI

DI

DI DI

R. ROVEDA; FOTOGRAFIE DI R. KHATIR . . . . . .

GIANCARLO FORNASIER . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

PATRIZIA MEZZANZANICA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

DUCCIO CANESTRINI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Astri / Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

Pubblicità

Publicitas Publimag AG Mürtschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich Tel. +41 44 250 31 31 Fax +41 44 250 31 32 service.zh@publimag.ch www.publimag.ch

Annunci locali

Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch

In copertina

Miss Cocaine Illustrazione di Antonio Bertossi

L’esercizio del potere (terza puntata) Sull’edizione del “Corriere del Ticino” dell’8 giugno è apparso un editoriale di Fabio Pontiggia (“I deputati controllori di se stessi”) di cui condividiamo totalmente forma e sostanza, e di cui riportiamo nel presente scritto alcuni passi in corsivo. Ricordiamo che in quanto Redazione (si veda, per esempio, “Tutti a St. Moritz”, Ticinosette n. 22/2011) ci siamo ripetutamente espressi contro ogni forma di lobbismo in politica. La questione, per riassumerla in estrema sintesi, visto che l’articolo di Pontiggia fornisce una completa analisi del problema, riguarda il Gran Consiglio la cui maggioranza composta da liberal-radicali, leghisti e popolar democratici, ha rigettato la possibilità di introdurre norme di incompatibilità “fra la carica di deputato e le funzioni dirigenziali negli enti e nelle aziende statali e parastatali”. Una brutta, bruttissima faccenda che non solo non fa onore alla classe politica ticinese, ma che mette in pessima luce la qualità del vivere democratico nel cantone e nel paese. Certo, fa specie la posizione della Lega, da un lato, e dei liberali, dall’altro, per motivi palesemente diversi: la prima sempre pronta a infinocchiare gli elettori con i suoi proclami urlati contro i poteri “forti” si è dimostrata in realtà incapace di rinunciare ai vantaggi del “doppio binario” politica-affarismo; i secondi, dimentichi per puro opportunismo di ciò che realmente implichino il concetto e la pratica del “liberalismo”, appaiono oggi un partito allo sbando, privo di una reale identità e capace solo di inseguire con debolezza le posizioni di Lega e UDC (Fulvio Pelli docet…), in un vano tentativo di raccogliere consensi. Pessima strategia. Evidentemente si è dimenticato qualcosa di sé, del proprio passato e della tradizione politica a cui dovrebbe appartenere (si veda quanto denunciato da Dick Marty in “Alla ricerca dell’etica perduta”, Ticinosette n. 17/2011). Il fatto poi che Winston Churcill sostenesse con il suo arcinoto aforisma che

“la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte quelle altre forme che si sono sperimentate finora” non significa affatto che essa non sia passibile di costanti e necessari aggiustamenti e perfezionamenti. Ma deve essere ben chiaro a tutti che: “Nella democrazia fondata sullo Stato di diritto non ci si affida esclusivamente né principalmente alla correttezza e al senso di responsabilità delle persone, perché quando queste virtù vengono a mancare – e nessuno può garantire il contrario – non ci sono più argini. Il primato è invece delle leggi. (…) La doppia funzione di controllore e di controllato va esclusa di principio. E ci si potrebbe anche chiedere se non sia il caso di inserire il divieto di cumulare tali cariche e funzioni nella Costituzione cantonale”. Non vi sono dubbi riguardo al fatto che oggi il valore della legge, delle norme sociali, delle regole del vivere sociale sembra attraversare una fase di crisi profonda. In questo senso la politica italiana (ma non solo), dopo il rigurgito di Tangentopoli, ha dato negli ultimi vent’anni un pessimo esempio di sé al mondo e all’Europa. E, si badi, non si tratta del solo berlusconismo o delle nuove destre populiste, ma di un allentamento generale della legalità personale e individuale, come una recente indagine del Censis ha rilevato. L’invito è a non arrendersi e continuare a “resistere, resistere e resistere”, lasciando ad altri l’arduo compito di raccogliere ferraglie e ammennicoli nel proprio garage nella speranza di riuscire a costruire l’astronave che li porterà lontano, magari verso il sistema di Kepler-11, alla disperata ricerca del pianeta ideale da colonizzare, come scrive Duccio Canestrini in questo numero di Ticinosette (“Una nana gialla”, p. 50). Da parte nostra desideriamo continuare a vivere su questo pianeta ma, se possibile, animato da maggiori correttezza e onestà e, qualora queste non bastassero, retto da leggi giuste e soprattutto ben applicate. Buona lettura, la Redazione


Polvere di stelle o stelle nella polvere?

4

»

Agorà

B

ella, forse troppo bella, irriverente, voluttuosa, ribelle, unica… In quanti modi è stata definita l’italo americana Gia Carangi, morta nel 1986 a soli 26 anni? Una breve esistenza all’insegna del glamour e dell’autodistruzione. Prima supermodel a far scalpore per quell’abuso sfacciato e incontrollato di cocaina ed eroina, determinanti per la sua fine. Fine ingloriosa, dopo l’esaltazione dei riflettori, delle copertine patinate, delle più prestigiose catwalk, del jet set ai suoi piedi, dei party esclusivi, dei grandi guadagni e di tanta polvere di stelle. Insieme all’angoscia per la perdita di una vita così giovane e sofferta fu grande lo scalpore, perché tale epilogo squarciò il velo su un mondo affascinante che all’improvviso si rivelava esigente e impietoso. Un mondo in cui per brillare sempre e a ogni costo le fragilità erano supportate da “polveri magiche”. Come ciclicamente si rinnovano moda e passerelle, in egual misura, le cronache scandalistiche hanno per protagoniste strepitose signore dell’immagine. Sono note le vicende di Kate Moss e di Naomi Campbell, anime inquiete che, tuttavia, avendo professato coraggiosi outing e affrontato doverose disintossicazioni, sono state assolte dal pubblico. Storie che fanno comunque pensare che il cosmo della moda (e dello spettacolo) rappresenti un’oasi particolare contrassegnata soprattutto da eccessi, da comportamenti a rischio, da facili scorciatoie. È vero che oggi, come ieri, in certi ambienti, gli stupefacenti rappresentano una sorta di must? Quanto corrisponde a realtà che le top model più carismatiche, quelle che diventano leggenda per donne e uomini di (quasi) tutto il mondo, siano schiave di sostanze per reggere ritmi di lavoro più massacranti di quanto si immagini? Volare da un continente all’altro sballando il ritmo sonno-veglia, stare ore e ore in piedi per infilarsi in mille vestiti sempre bisognosi di modifiche, provare e riprovare coreografie che si esauriscono nei pochi minuti di luci, suoni, colori che la passerella impone... Pochi minuti perché l’indossatrice dia vita e anima a modelli che devono incantare giornalisti e acquirenti. Pochi minuti per trasformare in seduzione assoluta anche la mise meno donante. Pochi minuti per mettere le ali a creatività e industria. Eppure l’abbaglio di un ambito sfavillante è lo specchietto che attrae e stordisce molte “allodole” ingenue e sprovvedute. Un trionfo agognato spesso da ragazze bellocce che magari hanno partecipato a qualche scuola per indossatrici, o vinto una selezione per “miss qualchecosa”. È in questo sottobosco che si giunge a un uso disinvolto di droghe e alcool.

La scorciatoia Che la vita di una modella sia piuttosto dura lo conferma Mario Boselli, presidente della Camera Nazionale della Moda italiana, vent’anni di gestione diretta dell’ente più rappresentativo del made in Italy e industriale del settore da sempre. “Una professionista, su otto sfilate giornaliere, ne partecipa a


Ritmi di lavoro frenetici, voli intercontinentali, “party” di rappresentanza… Il mondo luccicante della moda costringe a vivere in condizioni di notevole stress. Il ricorso a psicofarmaci e stupefacenti diviene allora la scorciatoia per reggere alla pressione. Ma alto è il prezzo che alla fine si paga

quattro o cinque. Tra cambi d’abito e di trucco, di location e di atmosfera, non ha tempo neanche per respirare...”. Ma secondo lei, presidente, le modelle fanno uso di stupefacenti oppure no? “Acqua minerale, spremute vitaminiche e un tramezzino veloce. Solitamente sono queste le «sostanze» che le modelle consumano tra un defilé e l’altro. Non escludo che alcune facciano uso di dopanti, comunque mai in modo appariscente. Personalmente non ho mai assistito a fatti eclatanti in questo ambito. Purtroppo la droga è molto diffusa ovunque. Il mondo dell’arte, dello spettacolo e del fashion non ne è più colpito di altri. Rammento lo scandalo messo in piedi, in modo subdolo, dalla BBC qualche anno fa in cui si demonizzava Milano e il suo supposto cosmo dorato e… drogato. Tutto finì in niente e con l’assoluzione piena del capoluogo lombardo”. Ma il putiferio era stato montato e tanto basta. Da inchieste documentate, tramite analisi ripetute nelle acque reflue, emergerebbe però che nella seriosa e un po’ bacchettona Torino ci sarebbe più cocaina che non nella trasgressiva “città da bere”. E i dati concernenti Lugano non sono certo rassicuranti. Una questione di tempo A riguardo, abbiamo interpellato Michele Sforza, psichiatra e direttore del Centro per lo studio e la terapia delle psicopatie e dipendenze, presso la Casa di Cura “Le Betulle” di Appiano Gentile (CO). Dottor Sforza, ci sono modelle e modelli fra i fruitori della vostra struttura? “Modelle, attori, cantanti, calciatori, professionisti, gente arrivata e che, caduta nella trappola della droga, viene qui decisa a uscirne. Chi lavora nel cosmo dell’apparenza è costretto a mantenere sempre un livello di performance e stile di vita sopra le righe. Per mascherare emozioni e debolezze ricorre a certe sostanze, tutto sommato piuttosto facili da reperire!”.

E ci riesce? “Quasi sempre. Anche se è più facile iniziare che smettere, dato l’esposizione a rischio che può avere una modella o una show girl. La cocaina, almeno apparentemente, fa dribblare gli ostacoli come non fossero mai esistiti. Ma è solo questione di tempo: l’abuso e la dipendenza sono in agguato. Il cervello si adatta presto alle modificazioni che portano a non poter più fare a meno della droga con il risultato di dipendenza e schiavitù che ne consegue”. Qual è il trend riguardo le sostanze psicoattive? “Negli anni Settanta andava molto l’eroina. Dagli anni Ottanta in poi, con l’avvento degli yuppies e della società rampante, si è diffusa la cocaina che rende sicuri, dinamici, o addirittura, iperattivi. Salvo il crollo conseguente. Lo sfascio è ancora più rovinoso quando a essa vengono mixati eroina (sniffata e fumata), anfetamine e superalcolici per uno sballo totale. Le sostanze rinforzano l’una con l’altra il senso del piacere, ma i danni fisici, cerebrali e psichici sono enormi. Danneggiano il cuore e attaccano il sistema nervoso provocando alterazioni mentali e della personalità che si fa ansiosa, irritabile, aggressiva e pericolosa per sé e per gli altri. La conclusione è che la droga, assunta all’inizio per darsi tono e accrescere l’autostima, finisce per essere la causa di una depressione-regressione sempre più profonda e fatale”. Histoire d’A... Lo chiameremo A per ovvie ragioni di anonimato. È un giovane uomo di 25 anni, capelli castani, fisico atletico e due occhi magnetici. È nato in Ticino da madre svizzera e padre straniero e ha iniziato a fare pubblicità fin da quando era bambino. A partire da quel momento la sua carriera è andata in ascesa: qualche passaggio televisivo, molta pubblicità e infine la passerella per alcune importanti maison italiane. Ammette senza incertezze di aver avuto problemi di droga e, in seguito a questa condizione, è ricorso all’aiuto di uno psicoterapeuta e, parallelamente, a un gruppo di sostegno.

Agorà

5


Come hai iniziato? “Non prestissimo, intorno ai 20 anni quando la mia carriera professionale era già avviata. Era un periodo difficile, un momento di crisi profonda. Forse la gente non lo sa ma fare il modello è piuttosto diverso rispetto a svolgere la stessa attività al femminile. Innanzitutto si è pagati meno e poi c’è un turn over maggiore e la possibilità di emergere è quasi nulla. I nomi delle top li conoscono tutti ma pensate un po’ se vi viene in mente un nome maschile? Forse è stato anche il distacco precoce dalla famiglia, la mancanza di una guida, di un punto d’appoggio. Comunque sta di fatto che ho cominciato con qualche spinello e in seguito a sniffare… e ci sono rimasto dentro”. Stai facendo qualcosa per liberarti dalla dipendenza? “Sì, ma non è facile. È una professione che si basa tutta sull’apparire e per poter restare a galla devi frequentare certi ambienti, spesso fai tardi la sera, insomma, anche la componente legata al mantenimento di certi rapporti alla fine non aiuta. A un certo punto ero a terra e mi sono affidato a un’amica – una collega con alle spalle una vicenda analoga alla mia ora risolta con successo – che mi ha indirizzato verso uno psicologo e la terapia di gruppo. Sentire il parere di altre persone, che vivono vite diverse, con problemi molto differenti dai miei mi sta aiutando. E poi sto iniziando a valutare la possibilità di cambiare lavoro e dedicarmi a un’attività di agente per un conoscente che rappresenta dei marchi d’abbigliamento. Ci si prova…”. Da parte nostra, gli facciamo tanti auguri, nella speranza che risolva in fretta e con decisione il suo problema anche perché gli anni passano per tutti.

6

Canoni paradossali A preoccupare don Antonio Mazzi – lo schietto religioso, fondatore della comunità d’accoglienza e di recupero Exodus – è il fatto che le modelle, o aspiranti tali, assumano stupefacenti per mantenersi magre come acciughe, cioè fisicamente omologate a canoni di bellezza paradossali. “L’anoressia è il vero problema al quale se ne aggiunge un altro altrettanto grave: le ragazze che sfilano sono sempre più giovani! A volte addirittura adolescenti. Ci sono mamme che spingono i figli a mettersi sotto i riflettori e se questi, magari condizionati, ingeriscono sostanze dopanti le più strambe e pericolose, ciò avviene nell’indifferenza.” Don Mazzi appare indignato e rivela che capita spesso che la comunità aiuti a uscire dal pantano dei minorenni che gravitano nell’orbita che ruota intorno alla moda. Ma guai a chiedergli di scambiarci due parole o rivelarci un nome! Non vuole tradire in alcun modo la fiducia riposta in lui. Che dire poi di droghe che non si chiamano tali, ma che possono avere esiti infernali? Tra queste le anfetamine usate a scopo dimagrante. Delucidazioni in merito ce le fornisce Simona Nichetti, medico nutrizionista e chirurgo estetico: “Fra le anfetamine, l’unico principio consentito in medicina è la fendimetrazina, ma solo in casi specifici (come l’obesità) e per tempi limitati. Tutte le altre sono state bandite per le reazioni collaterali quali insonnia, stati ansiosi, tachicardia e... dipendenza. Ciò nonostante ve n’è un diffuso mercato, nascosto e illegale. Se ne abusa allo scopo di mantenere il peso desiderato senza sottoporsi a troppi sacrifici alimentari, ricavandone pure una certa energia. Quindi con effetti sovrapponibili a quelli dei narcotici. Va sottolineato che il dimagrimento ottenuto riguarda soprattutto la massa muscolare, con quegli esiti emaciati tipici dell’anoressia”. Insomma, un percorso a ostacoli con il rischio concreto di finire davvero nella… polvere.

» di Marisa Gorza; elaborazione grafica di Antonio Bertossi

Agorà


Agorà

7


»

Il corpo, fra realtà e virtualità AiEP, acronimo di Avventure in Elicottero Prodotti, è il bizzarro nome che il videoartista Claudio Prati, la coreografa e danzatrice Ariella Vidach e un gruppo di artisti di diversa provenienza, interessati a realizzare progetti di ricerca nell’ambito delle arti visive multimediali, hanno dato alla loro associazione culturale, nata a Lugano nel 1988

La

Arti

8

denominazione si ispira a un telefilm americano degli anni Settanta ambientato a New York, città degli elicotteri per antonomasia, nonché luogo significativo per il sodalizio artistico e privato di Claudio Prati e Ariella Vidach, e all’aria, simbolo per loro di libertà creativa. Nel 1996 i due principali fondatori “sconfinano” verso l’Italia e creano a Milano un’altra associazione culturale, Ariella Vidach - AiEP; in questa città, dal 2004, aprono il DidiStudio, che ha sede all’interno della Fabbrica del Vapore. Ariella Vidach si è avvicinata alla danza in maniera non convenzionale e grazie all’incontro con la coreografa americana Jeb Shawn, che aveva studiato con Steve Paxton, conosce la tecnica della Contact Improvisation. Questo evento, come ricorda, fu per lei decisivo: “A essere così in sintonia con i miei interessi era la sua forte componente concettuale. Non devi imitare una forma come succede con la maggior parte delle tecniche corporee. Ci sono regole chiare da seguire. Più sai rispettare le condizioni più riesci a eluderle. È una pratica che ricerca l’essenziale, il necessario e che si eleva nel suo rigore. Al tempo stesso è improvvisata, senza codice apparente, irripetibile. È fondamentale saper ascoltare gli altri, relazionarsi con gli elementi presenti, con lo spazio. Il risultato performativo è meno importante del processo che lo precede perché l’obiettivo vero è costruire una consapevolezza necessaria per creare l’interazione con gli altri”. In quegli anni Claudio Prati sperimentava invece le nuove tecnologie applicate all’arte, e dalla sinergia di questi interessi e competenze i due artisti hanno iniziato a produrre spettacoli con l’ausilio di software interattivi. La rivoluzione dei media Da allora il loro percorso artistico ha esplorato l’utilizzo dei media in un crescendo di complessità. Inizialmente nei loro lavori troviamo la semplice presenza di video nello spazio dei corpi danzanti, con le immagini rielaborate al computer a creare suggestive scenografie mobili in tempo reale. In Exp (1996), loro primo lavoro di danza interattiva, esplorano il mandala system, una realtà virtuale 2D che permette di rilevare, tramite la telecamera e l’elaborazione dei dati, il corpo del danzatore in movimento creando in simultanea i suoni e le immagini dello spettacolo. Più tardi indagano i potenziali della motion capture, già utilizzata anche da Merce Cunningham nello straordinario spettacolo virtuale Biped del 1999, modalità che permette, mediante sensori applicati al corpo e l’utilizzo di

un campo magnetico, la clonazione dei gesti di un danzatore. Grazie e attraverso le diverse tecnologie la compagnia mette in risalto la relazione, sinestetica e in tempo reale, tra corpi in movimento che dialogano con lo spazio, la luce, la musica e altri corpi. Nel tempo le relazioni che vengono a crearsi fra tutti questi elementi diventano sempre più sottili e impercettibili, tanto che le interferenze tra arte e tecnologia si fanno via via più raffinate e suggestive. Se inizialmente molte delle loro creazioni erano centrate su aspetti più formali o ludici,

Un momento dello spettacolo Opus #14, in produzione nel biennio 2000/2001 (fotografia di Orlando Sinibaldi)


100%

» di Tiziana Conte

con l’inizio del nuovo millennio la loro ricerca inizia a farsi più intima e l’attenzione alla drammaturgia si sposta verso tematiche più emotive. Già in Buf, J3 e Buffers (2001/2002), una trilogia dedicata alla figura del saltimbanco e al tema del corpo nell’arte, si intravede una graduale attenzione “all’umanità del corpo”, che nella loro lettura è spesso negato e martoriato, e necessita di una nuova identità che riporti al centro i suoi sensi. Negli ultimi anni nascono poi spettacoli che tematizzano la riflessione sul tempo e sul comportamento umano. Il tempo soggettivo si sostituisce a quello universale, virtuale e reale; microcosmo e macrocosmo si alternano ciclicamente. In MOV, per esempio, i danzatori indossano accelerometri a radiofrequenze, e la coreografia, inizialmente astratta, nel suo svolgersi presenta frammenti di quotidianità. Il suono fa sempre da filo conduttore, ma la danza si fa fisica, con immagini che rispondono all’intensità del suono filtrato ed elaborato dai gesti dei danzatori. Corpi, sguardi, sudore e respiro, violenza e dolcezza, tutto entra in gioco all’interno della coreografia. Il ritmo è biologico, cresce e decresce. Movimenti lenti, ariosi, posati diventano in un attimo sincopati e violenti. Un assolo si trasforma in un intreccio di corpi, nell’esplorazione reciproca che, attraverso la danza, scandaglia tutti i sentimenti e le relazioni umane. Come scrivono Vidach e Prati: “cosi come nell’informatica MOV indica l’estensione del file che assembla contenuti audio e video; anche nello spettacolo si fondono in un’unica dimensione: suono, immagine, corpo, pensiero e movimento”. E il futuro? “Cerco – dice Vidach –, come sempre, di rinnovare il senso degli elementi che compongono la scena ma soprattutto voglio tornare a cercare nel corpo, nel suo infinito universo di dati che ridà il giusto peso delle cose”. E nella tecnologia? “Uno strumento che riesca a sostenere e a eguagliarne la forza”.

Energia rinnovabile al

Già oggi copriamo il 100% del nostro fabbisogno di corrente elettrica mediante energia rinnovabile locale e acquistiamo più elettricità da fonti eoliche e solari di ogni altra azienda in Svizzera.

Salve futuro Il nostro impegno per l’ambiente e la società www.swisscom.ch/salvefuturo


»

L’erosione della privacy

Media

10

“Con la mano li puoi salutare gli obiettivi che sanno osservare oscuri angeli in apprensione per sondarci con più precisione” (da “Sonde” dei Subsonica, 1999)

» di Mariella Dal Farra

Partiamo dai fatti: il 20 aprile scorso Alasdair Allan e Pete Warden, esperti in sicurezza informatica, annunciano di avere individuato all’interno di iPhone e iPad 3G1 un file denominato “consolidated.db” che registra le coordinate geografiche dell’oggetto – e quindi di chi ne è proprietario – unitamente a un “orologio” che consente di mapparne i movimenti nel tempo e nello spazio. Per consentire a chiunque possieda un iPhone di verificare la veridicità di tale scoperta, i due ricercatori mettono a disposizione un’applicazione che rende visibili i dati contenuti nel file, “spalmandoli” su una carta geografica che restituisce gli spostamenti compiuti con impressionante precisione. La vecchia storia del Grande Fratello... What’s new? si dirà; qual è la novità, dunque? Sappiamo da tempo di essere schedati, scrutati, “loggati” da innumerevoli sistemi, spesso interconnessi, che spaziano dalla “carta fedeltà” del supermercato alla tessera sanitaria della persona, fino ai suoi dati assicurativi. A scopo dimostrativo, nell’agosto del 2009 Malte Spitz, esponente politico del partito tedesco dei Verdi, ha chiesto a Deutsche Telekom di rendere pubblici i dati di geolocalizzazione associati al proprio cellulare nel corso dei


nelle immagini: manifesti pubblicitari del film La conversazione (1974), diretto da Francis Ford Coppola

precedenti sei mesi. La versione online del quotidiano “Zeit” ha combinato questi dati con una serie di informazioni liberamente reperibili sul web (Twitter, blog, siti, ecc.), ottenendo un resoconto dettagliato della vita di Spitz: una ricostruzione “ora per ora” che permette di seguire i suoi movimenti in ogni momento del giorno e della notte2 . Ma c’è una differenza, tanto più sensibile quanto più si tende a sfumarla: una sottile linea d’ombra che si riassume nell’espressione “consenso informato”. E se è vero che la licenza di utilizzo di iPad e iPhone prevede che “Apple e i nostri partner e licenziatari possono raccogliere, utilizzare e condividere dati precisi sul luogo, inclusa la posizione geografica in tempo reale del Suo computer o dispositivo Apple” 3, è altrettanto chiaro che nessuno ha autorizzato la casa di Cupertino a immagazzinare questi dati in un file non criptato, virtualmente accessibile a chiunque e che viene trasferito da un dispositivo all’altro senza che sia possibile disattivarlo. Apple si difende affermando che il sistema di tracking è anonimo, e che le informazioni non vengono trasmesse alla casa-madre; aggiunge che anche “Android”, lo smartphone di Google, registra gli spostamenti, omettendo però di precisare che la cache in questione cancella automaticamente i dati ogni dodici ore. Non è tuttavia il caso di prendere le parti dell’uno o dell’altro, poiché è ormai evidente come il profiling – ovvero la “profilazione” dell’utente – in rete e fuori, è ormai diventata una pratica irrinunciabile per tutti. Con o senza il consenso dei diretti interessati. Nomi, dati, luoghi: siamo diventati tanti, piccoli ma preziossissimi “soggetti commerciali”? A proposito del motore di ricerca più usato nel mondo, per esempio, Matteo Flora, amministratore unico e socio della società di innovazione The Fool s.r.l., dedicata alla creazione di strumenti informatici anti-tracking, scrive: “Google Inc (23,6 miliardi di dollari di fatturato nel 2009) è in grado di controllare e tracciare i movimenti di chi usa Internet sull’88,4% della rete. Direttamente, attraverso i suoi siti cult, come il motore di ricerca, il servizio di posta elettronica (Gmail.com, YouTube, Google Maps, Picasa). Ma anche indirettamente, grazie a quei software gratuiti usati da milioni di bloggers, gestori di siti e aziende. [...] Risultato: il database di Google è il più vasto oggi esistente, e anche quello che contiene il maggior numero di informazioni su un utente unico”. 4 Dave Steer, consulente di Trust-E, una specie di agenzia di rating che valuta le politiche di privacy praticate dalle multi-

nazionali, chiarisce ulteriormente il concetto: “Nell’economia dell’informazione sono le informazioni ad avere il valore più elevato – esattamente come l’oro. Le informazioni sono il vero motore del profitto su Internet e numerose sono le possibilità di guadagno nella vendita dei dati raccolti” 5. Steer cita a titolo esemplificativo il caso di Toysmart, società controllata dalla Disney che, dopo essere fallita, ha ceduto i dati relativi a circa 260.000 clienti con l’unica raccomandazione, da parte della Commissione Federale per il Commercio, che l’acquirente si attenesse agli standard di privacy osservati dall’azienda. Sulla questa scia, anche Amazon e E-Bay hanno recentemente modificato le proprie clausole contrattuali, prevedendo la possibilità di rivendere i dati relativi alla clientela, con particolare riferimento alle abitudini d’acquisto. Tornando ora al punto di partenza, ovvero alla possibilità fino a ora ufficialmente non sfruttata di localizzare in tempo reale il proprietario di un iPhone: immaginiamo quanto sarebbe opportuno, per una catena di distribuzione, far pervenire un messaggio pubblicitario proprio mentre la persona transita in prossimità di uno dei suoi punti vendita, sapendo in anticipo quale tipo di prodotto usa. È evidente come la tutela della privacy non rappresenta soltanto una questione di principio: si tratta di uno strumento imprescindibile per contrastare le forme di condizionamento messe in atto dal sistema in cui, seppure tracciati, continuiamo a muoverci.

consiglio alla visione: In ascolto - The Listening regia di Giacomo Martelli Italia, 2005 Per aumentare ulteriormente il tasso di paranoia suscitata dalle notizie sui dispositivi Apple si suggerisce la visione di questo film incentrato sul sistema d’intercettazione globale Echelon. La trama racconta di una trentenne romana che trova per caso una valigetta. All’interno alcuni documenti segreti che riguardano il sistema denominato “Tumbleweed”, un ritrovato tecnologico che consente di effettuare intercettazioni di ogni genere. La donna viene creduta una spia industriale e la sua vita è improvvisamente in pericolo… note 1 Nello specifico, quelli che utilizzano il sistema operativo iOS versione 4, rilasciata da Apple circa un anno fa. 2 www.zeit.de/datenschutz/malte-spitz-data-retention. 3 www.apple.com/legal/itunes/it/terms.html#PRIVACY. 4 www.lastknight.com/2010/08/13/repubblica-profilazione-di-google-e-fooldns/. 5 www.consulentiprivacy.it/vendita_dati.htm. Da un articolo di Christiane Schulzki Haddouti pubblicato su “Handelsblatt” (www.handelsblatt.com).

Media

11


»

La cultura dà i numeri

Oltre 150 musei e gallerie d’arte, 75 fra teatri, compagnie e filodrammatiche, quasi 150 biblioteche, 65 bande, 50 cori, 10 orchestre e una ventina di cinema e cineclub. A censire e monitorare questa offerta l’Osservatorio culturale del Canton Ticino Se non bastassero queste cifre a impressionare, provate a mol-

tiplicare il totale degli operatori citati per il numero di eventi che ognuno produce ogni anno e… l’abbuffata culturale è garantita. Un’offerta quantitativamente molto vasta, ma spesso frammentata e poco nota, quella fornita nel nostro cantone. Nel tentativo di avere un’idea più chiara della situazione, nel 2007 il Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS) ha creato l’Osservatorio culturale del Cantone Ticino, un progetto di monitoraggio, concretizzato in un sito Internet, nel quale sono censite e raccolte tutte le informazioni sulla vita culturale locale. Ma qual è lo scopo del progetto e a chi è destinata la raccolta di dati? Lo abbiamo chiesto a Carlo Monti, responsabile dell’Osservatorio culturale:

“È quello di avere a disposizione dei dati «scientifici» in grado di fotografare con una certa precisione e oggettività la realtà culturale ticinese: questa mappatura di strutture e eventi serve in primo luogo al DECS, per una corretta elaborazione di iniziative di politica culturale. La piattaforma digitale tuttavia è accessibile a chiunque voglia conoscere chi sono i nostri operatori culturali e la loro offerta, oltre ad altri dati: documenti, statistiche, link, leggi che riguardano questo ambito”. Come funziona la raccolta dei dati? “Abbiamo svolto un grande lavoro di ricerca sul territorio, per individuare tutti gli attori, dai più conosciuti, come i musei e le biblioteche cittadine, alle realtà più piccole, spesso a dimensione familiare o situate in zone periferiche. Avremmo un grande aiuto se fossero le stesse istituzioni a inviarci i dati che li riguardano e a segnalare le loro proposte. Ciò vale anche per l’aggiornamento dei dati raccolti. D’altronde è anche nel loro interesse farsi conoscere: tramite l’Osservatorio possono promuovere gratuitamente la propria offerta”. Il progetto ha preso avvio nel 2007. Oggi, a quattro anni di distanza quale bilancio si può trarre dalla mole di dati raccolti e quale idea di cultura ne emerge?

VOLVO SWISS EDITION.

Un’ampia dotazione supplementare a un prezzo davvero conveniente: Volvo Swiss Edition propone pacchetti su misura per ogni modello Volvo. Tutti i pacchetti premium offrono il massimo comfort a condizioni imbattibili e sono stati sviluppati appositamente per la Svizzera e per le vostre esigenze specifiche. www.volvocars.ch *I modelli illustrati fanno parte della nostra gamma. Il concessionario conosce le specifiche condizioni di leasing per modello. Esempio di leasing per la Volvo C30. Leasing Volvo Car Finance: Volvo C30 2.0 FWD Kinetic 145 CV/107 kW, pacchetto Swiss Edition incl. Prezzo di listino CHF 37 600.–, rata mensile CHF 353.–, acconto CHF 7520.–, durata 48 mesi, 10 000 km/anno. Interesse nominale 2,9% incl. assicurazione rate Volvo, interesse effettivo 2,94%. Cauzione CHF 3000.–, valore residuo secondo le direttive di Volvo Car Finance. Assicurazione casco totale obbligatoria non inclusa. La concessione del credito è vietata se causa l’eccessivo indebitamento del consumatore (art. 3 LCSI). Offerta valida fino al 30.06.2011 per i veicoli dei modelli 2011. Consumo normalizzato su ciclo misto (secondo normativa 1999/100/UE): 7,6 l/100 km. Emissioni CO2: 177 g/km (188 g/km: media di tutti i modelli di auto nuove). Categoria d’efficienza


“La prima impressione che si ricava è quella di un’offerta culturale quantitativamente davvero importante e in continua crescita. Aumenta inoltre sempre più anche la qualità, sia a livello professionale sia amatoriale. Credo possa considerarsi superata la fase delle associazioni totalmente amatoriali, anche perché il pubblico è molto più esigente e competente. Coesistono tuttavia offerte di qualità assai differente e con finalità di diverso tipo”.

La presentazione di “Pesci fuor d’acqua” al Museo della pesca di Caslano, una fra le tante proposte visitabili in queste settimane nel Cantone Ticino e presenti nel sito dell’Osservatorio (www.ti.ch/osservatorioculturale)

» di Giorgia Reclari

Come dialogano tutte queste realtà culturali? “Vi è una certa frammentazione, dovuta sia alla conformazione del territorio, con le sue valli che accentuano l’isolamento, come pure una certa difficoltà a collaborare da parte dei singoli operatori, sia a livello di piccole istituzioni periferiche sia tra istituti di maggior importanza. Non mancano comunque esempi recenti di collaborazione, come quella fra Cantone e Città di Lugano nella realizzazione del nuovo Centro culturale LAC o fra il Cantone, la Città e l’ente turistico di Bellinzona per la promozione dei castelli. Noi speriamo che le informazioni fornite dall’Osservatorio possano contribuire anch’esse a far nascere processi di collaborazione, accostando realtà simili o complementari”. Come proseguirà ora il lavoro dell’Osservatorio e quali progetti sono già in cantiere? “Ora che abbiamo realizzato una banca dati, si tratta di passare all’elaborazione e all’analisi di statistiche, compito tutt’altro che semplice. I risultati che avremo dovrebbero permettere di valutare meglio le condizioni e le esigenze della cultura in Ticino e favorire scelte mirate e consapevoli da parte dello Stato”.

EQUIPAGGIAMENTI PREMIUM CON VANTAGGIO SUL PREZZO FINO A CHF 6750.–.

Ora con2,9%* le a sing AL

Usufruite inoltre dei migliori servizi di garanzia e manutenzione in assoluto. Maggiori informazioni su www.volvocars.ch o dal vostro concessionario Volvo.

Volvo. for life energetica: E. Volvo Swiss Premium® servizio di manutenzione gratuito fino a 10 anni/150 000 km, garanzia di fabbrica fino a 5 anni/150 000 km e riparazioni legate all’usura fino a 3 anni/150 000 km (vale il limite raggiunto prima). Solo presso i concessionari che aderiscono. I modelli rappresentati contengono ev. degli optional dietro sovrapprezzo. Pacchetto Swiss Edition per Volvo C30 2.0 FWD Summum: CHF 2500.–. Valore prezzi unitari degli optional nel pacchetto Swiss Edition: CHF 9100.–. Vantaggio per i clienti: CHF 6600.–.


» testimonianza raccolta da Fabiana Testori; fotografia di Igor Ponti

14

Baselitz, Carroll, Cragg, Laib, Miyajima, Penone e Vedova. Nel 1995 abbiamo aperto una sede a Colonia, ora spostata a Berlino di cui si occupa mio figlio André. Questo lavoro mi ha dato e continua a darmi grandi soddisfazioni; non solo con le mostre ma anche durante le fiere. Nel corso degli anni ho potuto vedere come da un’idea nasce un progetto, poi la sua realizzazione e la sua continua evoluzione. Seguire un artista e vederne lo sviluppo artistico imparando a capire quando davvero ha raggiunto la maturità è sempre stimolante. Collaborare direttamente con ognuno di loro è un’esperienza che arricchisce Una passione per l’arte nata in gioventù. e di cui conservo ricordi prePoi la prima galleria e l’affermazione a ziosi. Fra questi per esempio livello internazionale… ma con un occhio l’amicizia e la collaborazione con Dieter Roth o ancora con attento anche al Ticino Mario e Marisa Merz trasferitisi in Svizzera nel 1983 per ting e solo nei ritagli di tempo un breve periodo. Gli spostamenti fanno da riusciva a darmi una mano sempre parte della mia vita e del mio lavocon le esposizioni. Poi, quando ro; tante sfaccettature, Milano, Zurigo, San anche lui ha potuto dedicarsi Gallo, Basilea e ora Agra. Abbiamo scelto il completamente a quest’attiviTicino per diversi motivi, soprattutto perché tà, ci siamo aperti per la prima volevamo concentrarci esclusivamente sulla volta agli artisti internazionali: presentazione di sculture nel senso più ampio Cucchi e Paladino. Sono stati del termine. A tale scopo era necessario avere a passi importanti, soprattutto disposizione un luogo concepito per ospitare considerando che ci trovavainstallazioni o opere di grandi dimensioni. mo a San Gallo, una città che a Così abbiamo appositamente costruito la quel tempo si trovava fuori dal galleria di Agra: spazi grandi all’interno e circuito dell’arte contempoall’esterno nei quali luce e natura creano un ranea. Gestire una galleria in ambiente suggestivo sia per gli artisti sia per quel luogo non è stato facile, i visitatori. In Collina d’Oro sento ogni tanto ma ci ha dato la forza di lottare la mancanza della dinamicità della città, è ancora di più per realizzare i altrettanto vero che qui ho la possibilità di nostri progetti. Ci siamo anche concentrarmi quando rientro dai viaggi o lanciati nella pubblicazione di dalle fiere alle quali partecipo. vari cataloghi (all’epoca cosa Che cosa penso dell’evoluzione della proposta rara per una galleria) per acartistica in Ticino? Negli ultimi anni Lugano compagnare nel migliore dei ha vissuto diversi cambiamenti. Grazie al LAC modi quello che si presentava. la città si sta certamente proiettando verso È stato un periodo molto bello, un futuro culturalmente ricco. Il LAC sarà ma altrettanto faticoso. senza dubbio un ottimo biglietto da visita Il vero fermento nel mondo per Lugano e per il Cantone. In questo modo dell’arte contemporanea l’absarà attivato uno snodo cruciale dell’arte in biamo vissuto però qualche Svizzera, in grado di attirare l’attenzione sia anno dopo, quando si è potuta dalla vicina Italia, così come dal nord delle osservare una maggiore aperAlpi. Per quanto riguarda il futuro del mio tura verso tutto ciò che era lavoro esso è costellato da progetti e da molte internazionale, grazie ad artisti attività, fra cui la presenza alla prossima Fiera francesi, italiani e tedeschi con di Basilea, che si affiancano alle mostre in un ritorno alla pittura. Nel galleria (attualmente sono proposte le opere 1983 ci siamo trasferiti a Basidi Felice Varini). Un continuo divenire; perché lea dove abbiamo esposto, fra l’arte contemporanea è per me una seconda gli altri, Merz, Long, Anselmo, pelle della quale non posso fare a meno.

Elena Buchmann

Vitae

ono nata a Milano e con la mia famiglia mi sono trasferita a Zurigo all’età di cinque anni. Mi ricordo pochissimo della prima infanzia trascorsa nella capitale lombarda, ho però continuato a parlare l’italiano e avendo frequentato le scuole nella Svizzera tedesca sono cresciuta bilingue. Il mio rapporto con l’arte non è nato sui banchi di scuola o frequentando le lezioni di Storia dell’arte all’Università. Si è trattato piuttosto di una passione che mi ha sempre accompagnata nel corso della vita e che già era viva in me fin da giovane. Ricordo che i miei genitori avevano l’abitudine di invitare a casa alcuni artisti, i quali certamente hanno avuto una forte influenza sulla mia formazione in questo campo (di loro conservo ancora oggi qualche quadro). Da questi pittori ho imparato molto; ricordo le diverse visite ai musei insieme, in particolare al Kunsthaus di Zurigo, e le loro interessanti nozioni a proposito delle opere esposte appartenenti all’Otto e Novecento. In quelle occasioni sfioravo l’arte e in qualche modo assorbivo molte delle informazioni che mi sarebbero tornate utili più tardi. La passione per il filone più contemporaneo è nata quando ho conosciuto mio marito Felix. Questo incontro è stato determinante per intraprendere la futura professione di gallerista. Entrambi amavamo e acquistavamo arte. La prima opera l’ho comprata a diciotto anni. Dopo il matrimonio, io e mio marito abbiamo deciso di concentrarci unicamente sull’arte contemporanea. Desideravamo esporre degli artisti che normalmente non si trovavano nella gallerie. Abbiamo aperto la prima galleria a San Gallo nel 1975. Nei primi cinque anni di attività esponevamo solo artisti svizzeri emergenti, come per esempio Spescha, Lüthi e Roth. Durante questo periodo mi occupavo da sola della galleria perché mio marito lavorava nella pubblicità e nel marke-

»

S


La magia del “Piranesi” testo di Roberto Roveda; fotografie di Reza Khatir

Milano è stata per decenni la capitale italiana degli sport su ghiaccio. Il capoluogo lombardo, infatti, ha ospitato fin dal 1923 uno dei primi e più grandi palazzi del ghiaccio coperti d’Europa. Qui, tra strutture liberty in ferro, legno e vetro i milanesi trascorrevano pomeriggi e serate invernali pattinando oppure assistendo a infuocati incontri di hockey. Oggi i tempi sono cambiati e nello storico Palazzo del Ghiaccio non si pattina più, ma la vicenda di questo importante edificio prosegue


Riconcepito come struttura modulare, il Palazzo del Ghiaccio, oltre ad avere mantenuto la possibilitĂ di destinare il parterre all’antica funzione, è in grado di accogliere eventi e manifestazioni di diverso genere




in queste pagine: l’opera di reastauro e rivalorizzazione ha evidenziato la vocazione originaria dell’edificio attraverso l’adozione di un look con predominanza del colore bianco in apertura: la copertura in alluminio del Palazzo del Ghiaccio è ancora quella originale nelle pagine seguenti: oggi il Palazzo del Ghiaccio di via Piranesi fa parte del complesso di Open Care, società di servizi integrati destinata alla conservazione e gestione dei patrimoni artistici. L’ingresso del Palazzo del Ghiaccio e sotto una vecchia fotografia dell’edificio negli anni Venti, poco dopo l’inaugurazione (per gentile concessione di Open Care, Milano)

S

e chiedete a un milanese doc, magari con qualche filo bianco tra i capelli, del “Piranesi” quasi sicuramente comincerà a parlarvi dello storico Palazzo del Ghiaccio di Milano, uno dei luoghi simbolo della modernità meneghina almeno fino agli anni Ottanta del Novecento. E vi spiegherà probabilmente che veniva chiamato “Piranesi” perché venne costruito, poco dopo la fine della Prima guerra mondiale, proprio nella via intitolata al grande incisore del Settecento, in una zona dell’allora periferia est della città, dove i primi palazzoni popolari si alternavano alle fabbriche. In questa zona sorgeva, non a caso, il Palazzo dei Frigoriferi Milanesi, il luogo dove a partire dal 1899 si conservavano le derrate alimentari della città e dove veniva prodotto il ghiaccio, venduto poi a negozi e privati in un’epoca in cui i frigoriferi erano ancora di là da venire. In quest’area totalmente “sottozero” viene realizzato il nuovo e modernissimo Palazzo del Ghiaccio, che aprì i battenti nel 1923 per iniziativa del conte Alberto Bonacossa, campione di pattinaggio, nonché membro influente del gotha meneghino. Con i suoi 1.800 metri quadrati di pista, l’edificio ospitava, all’epoca, la principale superficie interna coperta d’Europa, ma quello che colpiva i milanesi erano le strutture liberty del complesso, con l’imponente copertura in ferro, legno e vetro che costituiva

una felice sintesi di virtuosismo architettonico e rigore ingegneristico. Fu amore a prima vista tra la città, i suoi abitanti e il “Piranesi”. Per molti milanesi divenne un’abitudine percorrere i vialoni verso la periferia della città, immersi nella nebbia da novembre a marzo, per godere dell’illusione di pattinare come se si fosse tra le vette imbiancate di neve di Cortina o di St. Moritz. Nel Palazzo del Ghiaccio giocavano le compagini milanesi di hockey su ghiaccio, che dominavano in Italia e anche in Europa, aggiudicandosi più volte la Coppa Spengler tra gli anni Trenta e Cinquanta del Novecento. Senza dimenticare che qui si sono tenuti i campionati del mondo di hockey del 1934 vinti dal Canada sugli Stati Uniti. I bombardamenti della Seconda guerra mondiale danneggiarono gravemente l’edificio e portarono alla perdita di parte delle sfarzose decorazioni dell’interno, però le attività ripresero subito dopo la fine delle ostilità. Agli sport su ghiaccio vennero affiancati anche altre discipline come pugilato, scherma e pallacanestro e il Palazzo del Ghiaccio ospitò anche molti concerti degli anni Sessanta, tra cui la data italiana dei Rolling Stones nel 1967. Con gli anni Settanta iniziò però il declino, non solo del Palazzo del Ghiaccio, sempre più vetusto e bisognoso di costose ristrutturazioni, ma anche di tutto il complesso dei Frigoriferi Milanesi, non più luogo dove si produceva il



ghiaccio per la città, ma trasformato in una sorta di grande caveau dove depositare pellicce nei mesi caldi, o in cui immagazzinare opere d’arte e arredi. Quando nel 2002 il Palazzo del Ghiaccio chiuse i battenti furono in molti a temere che il suo destino fosse quello di altri edifici storici della città: anni di abbandono fino al definitivo colpo di ruspa che avrebbe dato spazio a un nuovo e anonimo complesso di abitazioni o uffici. Fortunatamente è stata scelta una via diversa e si è deciso di conservare uno dei simboli della Milano novecentesca, affidandogli funzioni diverse nell’ambito di un complesso rinnovamento che ha coinvolto l’intera area della Frigoriferi Milanesi. Quando riapre nel 2007, dopo il restauro curato dall’agenzia di architettura 5+ 1 AA di Genova, il Palazzo del Ghiaccio si presenta così rinnovato, ma non snaturato, non privato della sua anima originaria. I lavori di ristrutturazione, per una volta, seguono linee guida rigorose e coerenti e puntano a recuperare le funzioni preesistenti dell’edificio, riqualificando e razionalizzando gli spazi dal punto di vista architettonico. Viene anche mantenuta la possibilità di destinare il parterre alla sua storica vocazione di pista da pattinaggio, unendo la possibilità di ospitare eventi come mostre e convention. L’adiacente area della Frigoriferi Milanesi viene trasformata in Open Care - Servizi per l’Arte, una sorta di cittadella dedicata all’arte e alla sua conservazione. Negli spazi dove cento anni fa si conservavano frutta e verdura oggi, infatti, vengono restaurati quadri, mobili, tappeti antichi oppure vengono conservate al sicuro opere d’arte. Certo, qualche milanese della zona, con ancora appeso in casa il poster delle squadre di hockey che infiammavano il “Piranesi” storcerà un po’ il naso rimpiangendo i tempi an-

dati. Però il Palazzo del Ghiaccio, dopo tante disavventure e un periodo di oblio, è rinato ed è ancora bellissimo, tanto da parere costruito ieri: basta veramente poco ora, per farlo rinascere come pista per pattinaggio e per tornare a viverlo come ai tempi d’oro.

per informazioni: www.palazzodelghiaccio.it www.opencare.it invito alla lettura: AA.VV., Cosa c’è nel frigo? Frigoriferi Milanesi e Palazzo del Ghiaccio, Silvana Editoriale, 2009

Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951, è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Locarno ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI. Per informazioni: www.khatir.com


LA MACCHINA

La Dodge Challenger R/T fu un’auto prodotta dalla Chrysler a partire dal 1970. La R/T – a tutti gli effetti la vera protagonista di Vanishing Point – era la Challenger più sportiva messa in commercio dal costruttore americano: con un motore da 7 litri, nella versione più potente raggiungeva i 425 cavalli. Il modello impiegato in buona parte del film montava un motore “4/40” da 375 cavalli. Furono 9 le Challenger bianche impiegate nelle riprese, 8 delle quali andate distrutte. Fra le ultime pellicole nelle quali compare una Dodge Challenger R/T, ricordiamo Death Proof (A prova di morte), film del 2007 di Quentin Tarantino: nella pellicola proprio una Challenger con motore “4/40” viene “presa in prestito” dalle protagoniste femminili e utilizzata per fare “ship’s mast”, una sorta di surf stesi sul cofano anteriore, mentre l’auto viaggia a velocità sostenuta.

VANISHING POINT Oggetti p. 46 | di Giancarlo Fornasier

“LA DOMANDA NON È QUANDO SI FERMERÀ... MA CHI LO FERMERÀ”

LE ANALOGIE

Il finale del film riconduce a un’altra pellicola uscita sempre nel 1971: si tratta di Two-lane Blacktop (regia di Monte Hellman), dove i protagonisti sono due piloti di gare clandestine. Il film a tutti gli effetti si chiude con una “non-fine”, nella quale gli spettatori vedono i fotogrammi rallentare e la pellicola prima deformarsi per poi bruciare (si veda Ticinosette n. 24/2009). Nel 1997 il lungometraggio di Sarafian fu, ahimé, vittima di un inutile e piatto rifacimento per la regia di Charles R. Carner. Intitolata sempre Vanishing Point, la pellicola vede nel ruolo del protagonista l’attore Viggo Mortensen… oltre naturalmente a una Dodge Challenger R/T del 1970. Rimane il tema dell’inseguimento come filo conduttore, anche se le motivazioni della fuga di Kowalski e i personaggi di contorno assumono valenze e profili assai diversi (il protagonista ha una moglie sul punto di partorire), oltre a un finale più patinato e assai meno nichilista.

Dove finisce la storia di Kowalski e della sua Dodge Challender R/T di colore bianco lo si intuirà all’inizio del lungometraggio, e ancora più chiaro lo sarà (naturalmente) alla fine della pellicola: una domenica mattina, poco dopo le 10 (come indicato sullo schermo) alle porte di Cisco, una minuscola cittadina californiana nel bel mezzo del nulla. Se come questo avviene è sin troppo chiaro, il perché è invece uno dei piccoli innocui misteri, volutamente non risolti, con i quali il regista Richard C. Sarafian ha voluto punteggiare questo suo road movie uscito quarant’anni or sono (1971; in italiano il film è stato distribuito con il titolo Punto Zero). Kowalski, personaggio interpretato da Barry Newman, è un veterano del Vietnam che collabora con una società di trasporto d’auto di Denver (Colorado). Una serie di fallimenti personali e professionali alle spalle – fra questi una carriera di pilota terminata anzitempo –, lo hanno condotto ai margini della società. Non gli rimane che il suo lavoro: consegnare delle auto. E proprio attorno alla consegna di una Dodge Challenger color bianco del 1970 ruota il film, una sorta di ultima corsa (metafora di una possibilità di rivincita in extremis o di un’esistenza senza appelli) che Kowalski inizia alla mezzanotte di quel giorno (un venerdì) e che dovrebbe terminare 15 ore più tardi, sulle coste californiane di San Francisco. Questa “normale” consegna diventerà però una scommessa pianificata in un locale pubblico – dove il protagonista si ferma per acquistare della benzedrina –, una sfida contro se stesso e le forze dell’ordine che iniziano a inseguirlo già dalla prima mattinata. La fuga nella quale Kowalski sembra non avere molto da perdere, parte comunque con i migliori presupposti: fra Colorado, Utah e Nevada le forze dell’ordine sembrano proprio non riuscire a fermarlo e un inaspettato aiuto gli viene da un dj radiofonico non vedente del Nevada, Super Soul, che fiancheggia il protagonista mettendo in onda false informazioni a cui in un primo momento la polizia crede. Kowalski diventa così una sorta di eroe per gli abitanti delle comunità di contadini, e fra i giovani e gli esponenti della cultura hippie di quelle terre desertiche. Aiutato da personaggi simbolici – fra questi un cacciatore di serpenti; un’oscura e inquietante autostoppista conosciuta notte tempo, personaggio interpretato da un’affascinante Charlotte Rampling; un motociclista e la sua giovanissima compagna –, Kowalski riesce a raggiungere il confine californiano: stanco e stordito dalle droghe, il sole già caldo, il protagonista cerca l’ennesimo “punto di fuga”, sostenuto dall’illusione di poter vincere un destino che finalmente sembra sorridergli. Un sorriso che contrassegna gli ultimi fotogrammi che catturano il suo volto provato... ma apparentemente sereno.


LA MUSICA

Così come avvenne per altri classici road movie (primo fra tutti, Easy Rider di Dennis Hopper, 1969), la pellicola è segnata da una collonna sonora in linea con la cultura musicale di quegli anni, sempre segnati dal Festival di Woodstock (1969). I vari brani di The J.B. Pickers, Bobby Doyle, Jimmy Walker, Jerry Reed, ecc. sono il più delle volte lanciati dal dj radiofonico di colore Super Soul, una figura centrale del film e che verrà riproposta pochi anni più tardi in altre opere cinematografiche, per esempio American Graffiti (regia di Georges Lucas, 1973) e The Warriors (in italiano I guerrieri della notte, per la regia di Walter Hill, 1979). Nel 1997 il gruppo indie scozzese Primal Scream (quintetto guidato dall’ex batterista dei Jesus & The Mary Chain, Bobby Gillespie) ha pubblicato un doppio album dal titolo Vanishing Point per la defunta Creation Records. Fra i brani del disco – dedicato in parte alla pellicola, anche dal punto di vista grafico – compare la canzone “Kowalski”, proprio come il nome del protagonista del film. La stessa traccia sonora comprende estratti del dialogo in cui il dj Super Soul definisce Kowalski come “the last american hero” a cui aggiunge: “la domanda non è quando si fermerà... ma chi lo fermerà”. Sempre i Primal Scream nel singolo “Loaded” apparso nel 1990 – traccia poi ripresa nell’album Screamadelica apparso nel 1991, considerato uno dei capisaldi della rinascita del brit pop – avevano reso omaggio a The Wild Angels (regia di Roger Corman, 1966; un altro film culto dedicato al mondo dei motociclisti) inserendo nel brano un dialogo in cui Peter Fonda, uno dei protagonisti assieme a Nancy Sinatra, declama: “We want to be free! We want to be free to do what we want to do! We want to be free to ride...”. Un inno alla difesa della propria libertà e contro le autorità e il governo.


OCCHIALI DA PASSERELLA È FORSE L’ACCESSORIO PIÙ DI TENDENZA DEL MOMENTO: DA SOLE, MA SOPRATTUTTO DA VISTA. E PUR DI PORTARLO C’È CHI È DISPOSTO A FINGERSI MIOPE Tendenze p. 48 | di Patrizia Mezzanzanica

CLASSIC COOL

PERSOL / La rivisitazione del modello da sole femminile classico degli anni Cinquanta, dalla forma leggermente a “gatto”, è una delle tendenze più interessanti della nuova collezione che propone tonalità vintage e divertenti accostamenti di colore. RAY-BAN / La mitica foggia di Ray-Ban Aviator arriva nei negozi con un kit di tre lenti intercambiabili: grigie, blu e viola mentre per la vista si punta su lavorazioni esclusive e dettagli di pregio che garantiscono comfort e leggerezza. REPLAY / Frontale ampio in acetato di diverse tonalità grazie all’utilizzo di plastiche sovrapposte. È questa la scelta di Replay per la collezione 2011 che presenta una vasta gamma di maodelli, molti dei quali in stile retrò.

DESIGN

ITALIA INDEPENDENT / Il nuovo marchio, creato da Lapo Elkann, presenta una collezione di occhiali all’insegna della creatività, dell’innovazione e del design. Il modello di punta è la reinterpretazione di un’iconica forma dell’occhialeria italiana proposta con lo speciale effetto velluto. Grazie a questa tecnica, la superficie dell’occhiale risulta soffice e morbida al tatto, proprio come se fosse rivestita di velluto. Il trattamento ha inoltre la caratteristica di essere antigraffio.


✰ Percezione visiva e percezione intellettuale sono strettamente

legate e l’occhio, nella sua funzione di ricettore di luce, è anche simbolo di sapienza, conoscenza e spiritualità. Si dice che il male – inteso come violenza – accechi, mentre con l’amore si riesca a vedere oltre la realtà. Alla luce di queste considerazioni è più che comprensibile l’importanza e la cura che l’uomo dedica da sempre ai suoi occhi. Ben vengano gli occhiali, dunque! Ma oltre alla normale funzione di proteggere dai raggi solari, dal vento o dalle radiazioni dannose, gli occhiali sono diventati un vero o e proprio oggetto di culto. Steve McQuenn (nella foto a lato), con i suoi Persol 714 (peraltro rieditati con il suo nome scritto all’interno della stanghetta) è l’icona di un’intera generazione; così come Audrey Hepburn e i suoi Ray-Ban in Colazione da Tiffany o – sempre di Ray-Ban parliamo – Dan Aykroyd e John Belushi nei panni dei Blues Brothers. Pare che Brad Pitt di occhiali ne abbia un’intera collezione sfoggiata in parte all’ultimo festival di Cannes, mentre Beyoncé li preferisce… bionici. La tecnologia si sbizzarrisce e nascono modelli tridimensionali, come quelli che Gucci ha appena presentato per il mercato americano, oppure adatti a tutti, ma proprio tutti, gli sport. Ma la vera moda, oggi, è la lente da vista indossata anche da chi non è miope, né presbite e desidera solo un look da letterato. La passione non ha risparmiato i giovanissimi che da Hannes & Mauritz hanno trovato quello che cercavano. Il modello preferito è il genere “secchione”, indossato anche da Jonathan Franzen – uno dei più apprezzati scrittori dell’ultimo decennio – che risulta essere il modello di intellettuale assolutamente di tendenza. Com’è? Montatura grande e preferibilmente scura, leggermente arrotondata agli angoli stile anni Settanta, e ispirata agli occhiali di Clark Kent alias Superman.

TECNOLOGIA

ZERORH+ / È l’occhiale dei motociclisti progettato insieme al campione di motociclismo, Marco Simoncelli e al suo team. Tecnico, ergonomico, leggero e dai colori sgargianti che ricordano proprio quelli delle moto. RH740 è realizzato con i materiali più performanti al mondo, utilizzati anche in ambito aerospaziale con proprietà di estrema elasticità e resistenza alle alte temperature, agli agenti atmosferici e all’usura. Frontale e aste sono ignifughi ed estremamente flessibili.

GLAMOUR

SWAROVSKI & C / Il lusso diventa quotidiano, così strass e materiali preziosi avvolgono lo sguardo che si illumina per sedurre con glamour ed eleganza. Fra i modelli di Swarovski troviamo quelli in acetato con effetto sfaccettato che ricordano il cristallo, mentre Jäneke propone occhiali da sole con ampie lenti fumé dagli angoli arrotondati. La montatura è arricchita da dettagli in pelle rossa, stampa pitone e cristalli Swarovski.


»

Una nana gialla Kepler-11 è una nana gialla, cioè una stella del tutto simile al nostro Sole. È stata scoperta da qualche mese e, aspetto assai affascinante, attorno a lei ruotano pianeti abitabili. Chi potrebbe abitarli, però, non è ancora dato sapere…

50

da sei grossi pianeti di roccia, gas e idrogeno in orbita intorno a una stella nana gialla, Kepler-11, visibile nella costellazione del Cigno e distante circa 2.000 anni luce dalla Terra. Vale a dire che viaggiando alla velocità della luce (cioè 300 mila chilometri al secondo) occorrono, anzi occorrerebbero perché nessuno per adesso lo può fare, 2.000 anni per raggiungerlo. In altri termini, quel raggio luminoso che oggi arriva a noi e a Kepler, è partito quando Gesù Cristo aveva undici anni. Lo stesso anno in cui il primo imperatore Ottaviano, detto Augusto, proibì agli astrologi Caldei di predire il futuro a Roma, nelle case dei loro superstiziosi clienti, fossero patrizi o plebei.

Cosmico! Hubble, Kepler In prospettiva cosmica e il Nuovo Sole 2.000 anni non sono poi La notizia, data il 2 febmolti. Anzitutto il sistema braio scorso da astronomi solare avvistato sta dentro dell’università di Califorla nostra galassia. Detto nia a Santa Cruz, e ripresa per inciso, le galassie sono dall’autorevole rivista “Nadistanti e diverse fra loro, ture”, rende noto che è stato le più piccole contengono avvistato un sistema solare, poche decine di milioni praticamente un altro Sodi stelle, le più imponenle, con i suoi bravi pianeti ti ne contano anche milIl signor Spock della serie Star Trek, ovvero “alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima” intorno. Ma come si fa ad le miliardi. Tenuto conto avvistare un sistema solare? che nell’universo osserCon un telescopio, chiaro. Ma non da qui, non dalla Terra, vabile sono presenti probabilmente più di 100 miliardi perché l’atmosfera filtra e distorce ogni segnale in arrivo. di galassie, la nana gialla Kepler-11 sta dietro l’angolo. Da più di vent’anni la NASA ha lanciato in orbita il primo C’è di più. Due dei sei pianeti che ruotano intorno a Kepler-11, telescopio spaziale. Si chiama Hubble e sta a 600 chilometri ha detto Jonathan Fortney, l’astrofisico dell’università di Calidi altezza. Il telescopio Hubble ha lavorato bene, ma ha anche fornia che ha guidato il gruppo di astronomi in questa ricerca, avuto una serie di guai, risolti piuttosto brillantemente nel sembra siano composti prevalentemente di acqua, come lo è 2009 con la missione Atlantis: sette astronauti l’hanno rag- la nostra Terra. E la presenza di acqua, come sappiamo, è la giunto, aggiustato e revisionato, e se non è testardaggine que- precondizione necessaria per la comparsa della vita. sta... Nello stesso anno è stato lanciato da Cape Canaveral un C’è un enunciato che mi ha colpito nella missione di Kepler, secondo telescopio, più evoluto, che si chiama Kepler, in omag- ed è proprio relativo al suo scopo: determinare quanti pianeti gio alla figura del grande astronomo tedesco nato nel 1571. “di tipo terrestre” esistono. Secondo voi, perché? Secondo me La sua funzione principale è determinare quanti pianeti “di qualcuno sta elaborando un “piano B”… Se le cose, qui, per tipo terrestre” esistono, entro la fascia per noi potenzialmente pochi o per molti, si dovessero mettere male, meglio avere abitabile di diversi sistemi solari. Ebbene, Kepler ha da poco una via di fuga. Con un nuovo pianeta da colonizzare, e annunciato la scoperta di un intero sistema solare costituito buonanotte ai suonatori. Altro che referendum.

» di Duccio Canestrini

Mundus

R ivoluzioni nordafricane, scandali continentali, batteri tedeschi, referendum ed elezioni cantonali e nazionali: tutto sfuma se adottiamo una diversa prospettiva. Per esempio quella del telescopio spaziale Kepler. Di solito quando pensiamo alle sorti del nostro pianeta, pensiamo alle sorti umane, dimenticando che milioni di altre specie animali e vegetali coabitano con Homo sapiens, il prodotto più testone dell’evoluzione. Ma a ben vedere, in una prospettiva cosmica, le sorti di questo nostro pianeta non sono tanto importanti. Anzi. Che alla fine trionfi un qualche tipo di giustizia o che la vita sulla Terra scompaia, probabilmente nell’economia dell’universo è indifferente.


»

Astri gemelli

cancro

Possibilità di guadagno, ma anche nuove possibilità di spesa. Cambiamenti nella scala dei valori per i nati nella prima decade. Ottimismo accompagnato da una ritrovata volontà di conquista e di affermazione.

Prima di partire in quarta cercate di canalizzarvi sulle vostre effettive frequenze mettendo a fuoco gli obiettivi del cuore. Bene tra il 19 e il 20 grazie agli ottimi transiti lunari. Aiuti da parte di donne.

Solstizio estivo accompagnato da Mercurio. Capacità intellettuali fortemente attive. Favorite le professioni legate alle relazioni esterne, alla cultura e all’insegnamento. Importanti aiuti da parte di terzi.

leone

vergine

bilancia

scorpione

Questa estate grazie all’imprevedibile Urano potrete rivoluzionare in maniera sensazionale la vita affettiva, e così ogni altra situazione. Opportunità professionali per chi è impegnato sul piano creativo.

Momento ideale per buttarvi nella vita sociale e intellettuale. Sbalzi umorali di poco contro tra il 21 e il 22 da porsi in relazione all’opposizione lunare. Opportunità professionali per i nati in agosto.

Solstizio estivo baciato da una creativa Luna in Acquario. Date spazio alla vostra fantasia se volete accontentare i vostri desideri. Cambiamenti per i nati nella primissima decade. Agite senza avere timori.

Inquietudini provocate dall’opposizione di Marte. Se volete canalizzare queste energie in maniera corretta cercate di puntare ai vostri reali obiettivi. Evitate le contestazioni. Stress tra il 19 e il 20.

sagittario

capricorno

acquario

pesci

Un’estate alla grande per i nati in novembre. Cambiamenti rivoluzionari per la vita affettiva. Improvvise passioni. Colpi di fulmine. Matrimoni per i nati nella prima decade. Tenete però la lingua a freno.

Importanti transiti, tra il 20 e il 21 giugno: sarete sollecitati da una strabiliante croce di pianeti sui segni cardinali. Se dovete fare una scelta muovetevi, senza farvi bloccare dalla vostra razionalità.

Cambiamenti promossi dal transito di Urano e dalle sollecitazioni di Giove. Date spazio a tutta la vostra creatività, progettate e agite alla grande senza perdere assolutamente tempo. Opportunità sentimentali.

Tra il 22 e il 23 giugno la Luna sarà dalla vostra parte. Se dovrete compiere delle scelte le potrete fare con la giusta serenità. Novità nel settore finanziario per i nati nella prima decade. Cambiamenti.

1

2

3

4

5

6

7

10 13 14

15

17

18

20

19 22

21

23

24

26

25

27

29

28 31

30 32

35

9

11

12

16

8

33

36

34 38

37

39

40

41

42

43

Orizzontali 1. Un morbido spuntino • 10. Il vecchio continente • 11. Alto graduato • 12. Figura geometrica • 14. Il dio egizio del sole • 15. Imperava in Russia • 16. Il vil metallo • 18. Grosso camion • 19. Mezza casa • 20. L’assume la modella • 21. La pancetta dei londinesi • 23. Rossi senza pari • 24. I confini di Carabietta • 25. La nota Taylor • 26. Rosa nel cuore • 27. Prigione • 29. Irene, cantante greca • 31. Nome di donna • 32. La pigna tropicale • 35. Precede Vegas • 37. Alleviare il dolore • 39. Partita a tennis • 40. Ha per simbolo “Ir” • 41. È vicino a Biasca • 43. Veranda centrale • 44. Dittongo in poeta • 45. Pari in bingo • 46. Pittore spagnolo surrealista • 47. Le passa in bianco l’insonne • 50. Thailandia e Germania • 51. Alcoolisti Anonimi • 52. Leggera imbarcazione.

articolata • 9. Vi sono quelle funebri • 13. Competizione • 17. Fulva • 19. Città grigionese • 22. L’orologio con la sabbia • 24. Massaia • 27. Quel che abbaia non morde • 28. Parco luganese • 30. È ottima anche asciutta! • 33. Mora • 34. Morì alle Termopili • 36. Velivolo • 38. Ponte veneziano • 42. Passeggiata • 46. Divinità femminile • 48. Mezza tara • 49. Touring Club.

» 1

G

10

I

12

O

14

V

17

A

20

N

44 47

45

46

48

49

51

52

50

Soluzione n. 22 2

A

B

A

T

43

I

45

S

48

T

51

A

E

5

G

N

E

T

T

E

N

O

T

R

I

D E

A

26

S

29

U C

39

R

U

I

M

D

A

Z 34

A

37

B

40

N

44

L

O

D

E

V

I 52

R

A

E N

G

L

M

T

A T

27

T

I

O

C

R

R

A

E

N

35

41

A

A

T 47

42

C

O

O

R

O

R

O

M

E

T

50

I

9

I

31

I

A

E

19 23

I

A

R

A

A

46

A

T

8

16

Z

I

A

E

E

R

I

49

R

S

O

N

E

I

S

E

U

R

I

T

M

E

A

A

O

R

13

7

M

L

T

I

11

L

30 33

6

U

M

E

I

M

S

36

18

25

24

G

15

I

21

E

T 38

R

4

E

I 28

3

R

N

32

Verticali 1. La spinta determinata dalla forza del calore • 2. Via losannese • 3. Fa dolere le articolazioni • 4. Fango • 5. Pancia prominente • 6. Isola della Tanzania • 7. Nome russo d’uomo • 8. Preposizione

» a cura di Elisabetta

toro

Date più spazio al vostro potere creativo. Agite in armonia con i vostri desideri. Non rinunciate alla vostra vita sociale. Viaggi di piacere. Profondi e inaspettati cambiamenti per i nati nella prima decade.

La soluzione verrà pubblicata sul numero 26

ariete


peeeddcubista & rivelluzionario riccoo, sspe Feddeeri

RINFRESCATTI

LE

IDEE!

CON RIVELLA

VERDE.

vv-la-diversitĂ .ch

erdmannpeisker e erd rdmannpeiskker

Pensa prima di girare!


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.