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ROMPICAPO ROSSO
I
Lo storico ucciso
l Dr. Goldstein era stato avvelenato. Sedeva immobile sulla sua sedia da ufficio, il busto piegato in avanti. Il Commissario Volpe era appena arrivato. Osservò la scena. Sulla scrivania, accanto alla mano del professore deceduto, c’erano due matite disposte ad angolo acuto. «Sembra una V», mormorò il commissario e si rivolse ai colleghi di lavoro del defunto. All’ora del delitto erano presenti Vanna Rossi, assistente del Dr. Goldstein, il fattorino Peter Varzi, la segretaria Sandra Cinquini e il custode Isacco Balestra. «La V può indicare solo Vanna oppure Varzi» iniziò a spiegare Volpe, «tuttavia l’assassino è un altro, vale a dire »
Il potere esclusivo dell’inserzione.
L’interattività è solo uno dei molti vantaggi delle inserzioni presentate da Manuel Rohrer e Patrick Ryffel dell’agenzia pubblicitaria Contexta. Un’iniziativa di Stampa svizzera in collaborazione con i giovani talenti creativi delle agenzie pubblicitarie svizzere.
Ticinosette n° 27 8 luglio 2011
Agorà Politica. La sinistra? In fondo a destra Arti Leonard Bernstein. Le note politiche
DI
DI
SILVANO DE PIETRO
ORESTE BOSSINI
......................................
Impressum
Salute Prevenzione. Al sol non si comanda
Tiratura controllata
Scienze Intelligenza animale. La stupidità è umana
Chiusura redazionale
Decalogo Non rubare
Editore
Vitae Don Valentino Tafou
Direttore editoriale
Reportage I nomadi del tempo
Redattore responsabile
Sguardi Educazione. A proposito di bambine...
Coredattore
Tendenze Alimentazione. Tutti a dieta
Photo editor
Letture Un senso alla vita
Amministrazione
Astri / Giochi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Venerdì 1. luglio
Teleradio 7 SA, Muzzano Peter Keller
Fabio Martini
Giancarlo Fornasier Reza Khatir
via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch
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In copertina
Illusione e Socialismo Illustrazione di Antonio Bertossi
DI
DI
PATRIZIA MEZZANZANICA DI
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CHIARA PICCALUGA
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FRANCESCA RIGOTTI
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GAIA GRIMANI
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DI
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DUCCIO CANESTRINI; FOTOGRAFIE DI JACEK PULAWSKI
DI
GAIA GRIMANI
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MARIELLA DAL FARRA
PATRIZIA MEZZANZANICA
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La politica che non comunica Spiegare in pubblico un concetto scientifico o riassumere un evento storico è certamente la miglior prova dell’effettiva assimilazione di un soggetto. Naturalmente è necessario avere in precedenza appreso e compreso ciò che ci accingiamo a divulgare, partendo da nozioni e verità storiche o scientifiche condivise. Raccontare la propria personale verità è invece un’operazione più semplice, poiché tutto ciò che inseriamo nel “racconto” diventa plausibile se il fine ultimo è rendere vincente il nostro punto di vista. Che siano assolute verità oppure fuorvianti menzogne, comunicare rimane un’arte complessa e i “comunicatori nati” sono merce assai rara: per questo è necessario studiare, confrontarsi e soprattutto provare, provare, provare... e, come sempre, riconoscere i propri errori e apprendere da essi. Chi fa politica dovrebbe sopra ogni cosa essere un buon comunicatore: le idee sono importanti – ci mancherebbe altro –, così come lo sono i programmi di un candidato e del suo partito. Ma il “canovaccio delle intenzioni” deve oltrepassare la soglia della parola scritta e rendersi convincente alle orecchie di chi ascolta. Un esercizio che negli ultimi decenni pare essere meglio riuscito a partiti e movimenti politici definiti “di destra”, e spesso accusati di utilizzare strumenti poco corretti: tra questi la leva della paura (“perdita del lavoro”, “perdita dell’identità nazionale”, “perdita del benessere”, “immigrazione”, “insicurezza”, ecc.) è il
più gettonato. Populismo e miope demagogia? Sarà, ma di certo funzionano. Egregiamente. E lo fanno perché sono convincenti; poco importa se “le cose” non stanno esattamente come vengono raccontate. Ma a un vincitore si contrappone un perdente, e in politica chi perde certo non lo fa per demeriti altrui, anzi. Se dunque in Svizzera come in buona parte d’Europa le destre si stanno consolidando (Quo vadis, Italia?), la caduta libera delle sinistre rappresenta la più logica conseguenza. Perché? Esistono dei colpevoli? Proprio per cercare di comprendere quali logiche hanno portato a queste dinamiche, quali sentimenti e quali ragioni si respirano tra i progressisti in Ticino e in Svizzera, Ticinosette ha chiesto al giornalista Silvano De Pietro di raccogliere le voci dei perdenti. Quello che ne scaturisce e che vi invitiamo a leggere è un quadro evidentemente votato all’autocritica, punteggiato di colpevoli equamente distribuiti all’interno e all’esterno della sinistra politica nazionale e cantonale. Con un paio di denominatori comuni non molto originali: avere perso il polso del paese e non essere stati in grado di comunicare. Eh sì, comunicare... ma che cosa, esattamente? Forse che “la sinistra” si deve contrapporre “alla destra”? Le Federali di ottobre si avvicinano: progetti e argomenti (con)vincenti cercasi. Disperatamente. Anche se di stampo vagamente populista. Buona lettura, la Redazione
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La sinistra? In fondo a destra
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Agorà
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a campagna elettorale per le Elezioni federali del 23 ottobre è iniziata sotto auspici non proprio benevoli, oltre che per i partiti di centro, anche per il Partito Socialista (PS) e per il partito degli ecologisti (i Verdi). Le Elezioni cantonali di primavera hanno mostrato una sostanziale tenuta dell’UDC, nonostante la scissione al suo interno del PBD (il partito borghese-democratico), e un’avanzata travolgente della Lega dei Ticinesi. I Verdi, a loro volta, hanno raccolto soltanto le briciole dell’ampio consenso emotivo seguito alla catastrofe di Fukushima, andato in gran parte a beneficio del partito verdeliberale. E mentre i sondaggi demoscopici e tutti i maggiori opinionisti e politologi pronosticano un consolidamento, se non addirittura un’ulteriore leggera avanzata dell’UDC accreditando alla sinistra tutt’al più una tenuta delle attuali posizioni, il PS si perde dietro le sue liti interne per le candidature. La crisi della politica “Condivido questo pessimismo politico generale, ma penso che i socialisti potrebbero ancora far molto per evitare un cattivo risultato alle prossime elezioni”, afferma il consigliere nazionale zurighese Andreas Gross. “Dovremmo discutere più attivamente della «crisi della politica», che si riflette nel generale senso di impotenza dei molti che esprimono il loro disagio con il proprio allontanamento dalla politica. E occorre anche un risoluto contrasto alla politica della paura e al nazionalismo dell’UDC”. Un’impressione analoga è quella espressa dalla consigliera nazionale ticinese Marina Carobbio, anche se premette di essere ottimista. “Anche in Italia comincia a esserci un cambiamento”, afferma speranzosa. “Per noi qui non vuol dire stravincere, ma almeno poter fare un buon risultato: mantenere le posizioni e magari avanzare anche un pochino. Ciò detto, penso che le nostre proposte vadano focalizzate su quelli che sono i temi centrali della sinistra: la sicurezza sociale, il lavoro e l’ambiente. Lo abbiamo fatto con una serie di proposte che vertono proprio su questi punti: dalla cassa malati pubblica nazionale al salario minimo, all’iniziativa per le energie rinnovabili. Si tratta di essere più vicini ai bisogni della popolazione senza essere populisti o demagogici”. Lo scollamento, il territorio e i bisogni D’accordo, ma partiamo dell’inizio. Da dove ha origine questa crisi della sinistra? Carlo Sommaruga, consigliere nazionale ginevrino, ne dà una spiegazione politico-economica: “Il modello economico liberale sviluppato dalla fine della Seconda guerra mondiale ha trasformato la realtà sociale e politica locale, nazionale e internazionale. Si è passati da un’economia basata sul territorio, sulla popolazione e sul capitale di una nazione, a un’economia mondializzata, strutturata sul capitale transnazionale delle multinazionali finanziarie e industriali, con l’eliminazione delle frontiere per i capitali, le merci e le persone. Il modello nazionale
In tutta Europa la sinistra politica ha perso mordente e non riesce a controbattere efficacemente le argomentazioni dei partiti di destra. E da anni questo fenomeno si riscontra anche in Svizzera. Viene spontaneo, quindi, domandarsi che cosa stia succedendo. Dove va, insomma, “la sinistra”? Perché, in Svizzera come nel resto d’Europa, le classi popolari e i meno abbienti hanno sempre più la tendenza a votare per partiti padronali e populisti?
vedeva lo Stato intervenire e se necessario orientare l’economica. Ma questo non e più possibile. Tale evoluzione concerne anche i cittadini, che prima avevano una certa sicurezza dell’impiego o della carriera professionale senza la paura di vedere l’impresa delocalizzare o cercare il dumping con lavoratori stranieri. Questa perdita di controllo e di prospettive economiche individuali e collettive, accompagnata da un incremento dei redditi da capitale, ha prodotto insicurezza”. Questa premessa vale anche per Carobbio: “Penso che c’è stato un periodo in cui la sinistra (dunque anche il PS svizzero) si è staccata dai bisogni reali della popolazione e quindi anche da quelli che sono i suoi temi tradizionali, perdendo il proprio radicamento sul territorio”. Da parte sua, Gross ne fa anche una questione di indebolimento o di involuzione della democrazia: “La crisi della sinistra in Europa e la crisi del PS svizzero hanno in realtà un nucleo comune, che si situa nella notevole diminuzione dell’autonomia dello Stato, nel connesso indebolimento della democrazia e nell’altrettanto connesso dominio sempre più forte del capitale, dei mercati e dell’economia in generale. Dati questi sviluppi, a soffrire è soprattutto la sinistra. Senza una democrazia forte, la sinistra diventa sempre più debole. A questo si potrà porre rimedio soltanto se riusciremo a estendere la democrazia anche sul piano transnazionale e ripristinare il primato della politica. Potremmo così ricivilizzare i mercati nell’interesse generale e costringerli ad avere considerazione della politica. E non dovremmo continuare a vedere l’economia che ricatta gli stati nazionali”. La conclusione politica che ne trae Sommaruga è spietata: “Per anni la socialdemocrazia, con la «terza via» di Blair e di Schroeder, ha accompagnato questa trasformazione del sistema economico, se non l’ha chiaramente stimolata, sperando che l’aumento della ricchezza avrebbe favorito tutti. Oggi però la socialdemocrazia si trova nell’incapacità di proporre politiche sociali ed economiche nuove
che si inseriscano in un progetto, o piuttosto in un’utopia propria, che possa mobilitare la popolazione. Mentre l’UDC, sfruttando il disorientamento della popolazione, per rassicurare i cittadini e le cittadine propone di ritornare al modello nazionale del passato. Un modello idealizzato e romanticizzato, che si può riassumere con l’immagine dello chalet di Heidi, perso tra i prati nelle Alpi e tagliato fuori dal mondo. Un modello che non serve certo gli interessi dei lavoratori”. Chi rappresenta chi? Sta di fatto che sempre più elettori tradizionalmente di sinistra ora votano per l’UDC. Che cosa sta sbagliando il PS? “Questo è certamente il problema principale”, ammette Gross. “I meno privilegiati oggi eleggono al parlamento i politici dell’UDC, i quali vi rappresentano in primo luogo gli interessi dei privilegiati. I motivi di questo «sbaglio collettivo» sono diversi. In primo luogo, con la paura ingiustificata davanti agli stranieri l’UDC lega a sé molti semplici cittadini, i quali non conoscono affatto chi stanno sostenendo in realtà e non sanno che cosa fa esattamente costui. Questa politica della paura è come una cortina che nasconde e confonde i veri comportamenti dell’UDC. In secondo luogo, esiste al momento, soprattutto nella Svizzera tedesca, un’opinione pubblica politica che non indaga e non critica questa manipolazione, ma addirittura la facilita: quando i media inseguono lo scoop, personalizzano e cercano solo l’effetto immediato, non fanno altro che rivolgere l’attenzione nella direzione sbagliata. In terzo luogo, la democrazia svizzera difetta della necessaria infrastruttura, per cui essa è sempre più debole, non può adempiere il suo compito costituzionale e lascia soli molti cittadini disorientati. I partiti non hanno i mezzi per fare correttamente il proprio lavoro, la formazione politica è per così dire inesistente, la politica è colonializzata e occupata da gruppi d’interessi particolari, i parlamentari non possono svolgere
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6 bene il loro compito. Con questo vento contrario, il PS non può che dispiegare poca forza e ottenere un debole effetto”. Sommaruga invece non dà la colpa alle condizioni esterne, ma denuncia le responsabilità interne: “Il PS deve rimettersi attivamente all’ascolto delle classi popolari. Riprendere il contatto diretto con i cittadini e le cittadine, che con il tempo si è perso. Ma deve anche chiaramente far sentire la sue critiche al sistema e distanziarsi dal discorso borghese e padronale. I ravvicinamenti ideologici o politici con forze borghesi, in generale più personali che di partito, offuscano il messaggio socialista e vanno a scapito del progetto socialista, anche se qua o là qualche personalità può farsi eleggere con voti borghesi. Il PS svizzero deve invece restare concentrato sulla lotta contro i privilegi e le diseguaglianze, ricordando che un altro mondo è possibile, se fondato sulla solidarietà, la giustizia sociale e la protezione dell’ambiente”. È abbastanza autocritica anche l’analisi che fa Marina Carobbio, alla quale abbiamo chiesto come mai il PS ha subito un tale rovescio. Ci si aspettava un successo della Lega, ma non in tale misura… “Però si sentiva che la Lega avrebbe vinto, anche se forse non ci s’immaginava che, con il sostegno dell’UDC, sarebbe arrivata attorno al 30 per cento. Il partito di Giuliano Bignasca ha fatto una campagna sui suoi temi, che sono diventati i temi dell’intera campagna elettorale in Ticino; e noi come PS ticinese non siamo riusciti a porre i nostri argomenti. La Lega, per esempio, ha parlato di stranieri,
della frontiera, degli Accordi bilaterali; noi avevamo delle risposte ma non siamo riusciti a farle passare come nostri temi. Ecco, dal mio punti di vista me dobbiamo essere più chiari verso la popolazione, che si sente minacciata perché sono a rischio i posti di lavoro, le paghe scendono, eccetera. Dobbiamo dare risposte credibili. Penso che proprio quello che abbiamo fatto più recentemente, prendendo una chiara posizione sui Bilaterali, vada in questa direzione. Abbiamo detto: se non c’è un vero rafforzamento delle misure di accompagnamento, in futuro non si potrà più discutere di un allargamento dei Bilaterali o di una terza serie di accordi. Ecco, dobbiamo essere più chiari nelle nostre risposte”. Il caso ticinese: storia di un radicamento perduto Ma perché, signora Carobbio, il PS in particolare in Ticino ha manifestato queste debolezze? È una questione di persone? Oppure di ambiente, di adesioni che calano? “C’è sicuramente questo trend negativo internazionale e nazionale, che però non può essere l’unica spiegazione. Una delle ragioni è che manca nel nostro partito la presenza di giovani. E non basta averli, occorre anche lasciarli esprimere, lasciarli portare avanti le loro posizioni, così come avviene a livello nazionale con Gioventù socialista svizzera. Inoltre, la campagna elettorale per le Elezioni cantonali è stata molto personalizzata e non si è parlato abbastanza di temi, se escludiamo quelli posti dalla Lega. E poi dobbiamo essere più
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L’incognita “ecologica” Ultima questione, il rapporto tra Verdi e socialisti. Secondo Gross, “avendo punti programmatici e finalità molto simili, Verdi e socialisti sono concorrenti. A seconda del luogo e della generazione, si presentano a volte in modo diverso o hanno una diversa composizione sociale. Ma entrambi dovrebbero occuparsi meno di se stessi, e cercare piuttosto di rivolgersi a coloro che pensano erroneamente che la politica non li riguardi o che si lasciano sedurre dai partiti borghesi”. Opinione chiara anche quella di Sommaruga: “Per i socialisti, le condizioni di vita degli uni non devono peggiorare quelle degli altri. La stretta difesa dell’ambiente non include di per
sé un’esigenza sociale. Limitare le zone edificabili per proteggere foreste e biotopi non vuol dire ancora accesso equo alla terra o all’alloggio per tutti. L’ecologia è progressista se si accompagna a una visione sociale. Molti cittadini ambientalisti portano con loro simultaneamente la preoccupazione sociale. Ma questo non è vero per tutti i dirigenti verdi. A volte per convinzione, a volte per opportunismo politico, questi si collocano nella logica liberale. E nei cantoni dove c’è, da parte dei Verdi, un rifiuto di alleanza con il PS, il risultato è l’indebolimento della sinistra”. Ma questo conflitto interno alla sinistra, per Carobbio “va superato. Deve essere superato se si vuole rafforzare il fronte progressista, proprio per opporsi a questa chiusura, a questa avanzata della destra. Altrimenti, non è possibile farcela. Nostro compito, come forze progressiste, dovrebbe essere quello di dire: abbiamo dei temi comuni, allora lavoriamo e cerchiamo di portarli avanti insieme”.
» di Silvano De Pietro; ill. di Antonio Bertossi
radicati sul territorio, più presenti nelle associazioni, nei movimenti, nei sindacati. Forse negli ultimi anni questo radicamento si è lentamente sgretolato”. Ci sono comunque delle differenze tra la sinistra in Ticino e la sinistra svizzero-tedesca e svizzerofrancese? “Il PST è sempre stato fino a qualche anno fa” spiega ancora Carobbio “anche il partito che riusciva, molto vicino alla Romandia, a portare avanti e rendere determinanti in politica i temi sociali. Negli ultimi anni, purtroppo, questo è andato perso. Non solo per colpa nostra: è il Ticino che è proprio cambiato, che si è chiuso su se stesso. Ma come PS dobbiamo opporci a questa chiusura di un cantone che discute solo su se stesso, entro i suoi confini cantonali”.
In conclusione: fra ecologismo e populismo, qual è il pericolo maggiore per la sinistra e il PS? I tre esponenti socialisti non hanno dubbi: sicuramente il populismo. E tutti e tre sottolineano che questo fenomeno è pericoloso non tanto per la sinistra, quanto piuttosto per l’intera società, sia a livello interno svizzero sia a livello europeo. In fondo, precisa Sommaruga, “l’ecologismo oggi è integrato nel programma e nell’azione dei socialisti. Non è dunque un pericolo”.
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Le note politiche Compositore, pianista e direttore d’orchestra, Leonard Bernstein è stato una figura centrale nella vita culturale della seconda metà del Novecento, anche in virtù delle sue posizioni politiche a cui di recente Barry Seldes ha dedicato un interessante saggio
» di Oreste Bossini
Arti
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La storia degli Stati Uniti, dal 1776 a oggi, ha visto una sequenza ininterrotta di lotte politiche e sociali, non troppo inferiori per asprezza e ferocia a quelle vissute in Europa. Il Novecento – il “secolo americano” , secondo una celebre definizione del fondatore della rivista Life Henry Luce – è stato attraversato anche sull’altra sponda dell’Atlantico da una sorta di guerra civile strisciante tra forze democratiche e progressiste da un lato e influenti gruppi di potere dall’altro. Dall’epoca dei grandi conflitti sociali degli anni Trenta, sfociati nel New Deal di Roosvelt, fino al drammatico episodio dell’elezione nel 2000 a presidente di George W. Bush – proclamato vincitore sul democratico Al Gore dopo un controverso riconteggio dei voti in Florida –, destra e sinistra si sono sfidate per il controllo del governo lasciando una scia di guerre sanguinose, delitti politici e odiose repressioni. Tra gli artisti americani che non hanno mai pensato di rinchiudersi nella famigerata torre d’avorio spicca la figura di Leonard Bernstein. Uno studioso acuto e scrupoloso della Rider University, Barry Seldes, ha ricostruito e analizzato le opinioni politiche di Bernstein, calando la figura del musicista nel tumulto della vita sociale del suo tempo in maniera viva e originale. Il suo libro, pubblicato adesso in edizione italiana (Leonard Bernstein. Vita politica di un musicista americano, Edt, 2011), mostra non solo un artista impegnato, ma anche un autore segnato in maniera profonda dagli sviluppi degli avvenimenti politici del suo paese e della comunità internazionale. La musica di Bernstein, tanto la produzione di carattere “leggero” quanto quella di genere più accademico, esprime un groviglio di passioni e di contraddizioni che Seldes collega e riconduce in maniera convincente alle varie fasi del suo impegno politico. Bernstein, a volte con disarmante candore, ha cercato in maniera onesta e sincera di esprimere attraverso la musica la propria visione del mondo. Sotto tiro Seldes ha portato alla luce documenti sconosciuti che testimoniano, per esempio, come Bernstein agli inizi della sua carriera di direttore d’orchestra fosse stato messo sotto osservazione dal FBI a causa dei suoi rapporti con il variegato ambiente culturale legato ai partiti di sinistra. Molti degli artisti che hanno influenzato il giovane Bernstein propugnavano idee socialiste o erano addirittura iscritti al Partito comunista. In particolare Marc Blitzstein, autore nel 1937 di un lavoro teatrale intitolato The cradle will rock (“La culla dondolerà”), ha rappresentato
un punto di riferimento artistico e umano per Bernstein, che organizzò una produzione studentesca del musical a Harvard, nonostante che le autorità di Cambridge avessero vietato la rappresentazione per “oscenità”. Nell’ultimo scorcio della guerra Bernstein aveva cominciato a mietere i primi successi come interprete e come autore, scrivendo tra l’altro alcuni musical per Broadway come Fancy Free e Wonderful Town. All’indomani del conflitto mondiale Bernstein emergeva senza dubbio come il miglior talento musicale della sua generazione negli Stati Uniti. Ma nel frattempo era cominciata l’epoca della Guerra fredda e la politica americana stava svoltando decisamente a destra. Alla vigilia delle elezioni del 1948 i consensi per Henry Wallace, l’esponente più radicale del Partito democratico, calarono a picco a favore del moderato Harry Truman, il presidente che aveva vinto la guerra grazie alle bombe atomiche. Alcuni tra gli amici della cerchia di Bernstein caddero in quegli anni nelle grinfie del senatore McCarthy e delle varie commissioni istituite allo scopo di smascherare i presunti comunisti nascosti nell’ambiente artistico e culturale. Bernstein era terrorizzato dall’idea che le accuse di questi comitati potessero compromettere la sua carriera, ma per fortuna non venne fuori nulla di concreto, benché il FBI avesse aperto un fascicolo su di lui. Per diversi anni tuttavia la sua musica fu considerata sgradita dalle radio e Bernstein ricevette solo sporadici inviti a dirigere le principali orchestre del paese, tanto da pensare seriamente di trasferirsi in Italia. Le lotte e i diritti Il tema del socialismo tuttavia non era il solo argomento dell’impegno di Bernstein. Le lotte per i diritti civili della popolazione di colore e degli omosessuali furono sempre sostenute dal musicista, che mise il suo carisma e le sue relazioni sociali al servizio della causa. La questione razziale in particolare era molto sentita da Bernstein, che rappresentava il primo artista ebreo riuscito ad arrivare ai vertici della musica classica. Allo stesso tempo la sua omosessualità non era un mistero per nessuno, malgrado il matrimonio con l’attrice Felicia Montealegre (1922–1978) e i figli Nina, Alexander e Jaimie. Anche se in forma confusa e a volte ingenua dal punto di vista politico, l’impegno di Bernstein su questi fronti negli anni delle rivolte razziali, di Martin Luther King, delle Black Panthers e della lotta all’Aids fu sempre coraggioso e senza remore. Nella ristretta cerchia di amici del presidente John F. Kennedy figurava anche Bernstein, che espresse il dolore e lo
Leonard Bernstein (1918–1990). Immagine tratta da www.synthtopia.com
sgomento per la sua uccisione in un lavoro struggente come la Sinfonia n. 3 Kaddish. Seldes accompagna il lettore con una lettura acuta della produzione di Bernstein nelle varie trasformazioni del suo pensiero politico e della sua visione del mondo. Un capitolo molto interessante è dedicato alle tendenze autocritiche di Bernstein come compositore, che a volte manifestava una sorta di distruttivo odio di se stesso. Molti considerano West Side Story o Candide dei capolavori, ma non l’autore, che riteneva di essere stato incapace di scrivere la grande opera d’arte che l’America aspettava. Il fantasma di Mahler Su l’intera esistenza di Bernstein comunque campeggia la figura di Gustav Mahler. La renaissance della musica di Mahler negli anni Sessanta è soprattutto merito di Bernstein, che ha fatto più di chiunque altro per divulgare la produzione del musicista boemo. Direttori d’orchestra del livello di Mengelberg, Bruno Walter e Klemperer avevano mantenuto vivo il ricordo di Mahler dopo la sua scomparsa, ma Bernstein è andato oltre, sentendo di rappresentare una sorta di reincarnazione del grande predecessore. Come nella storia del Libro dei Re, Elia-Mahler aveva steso il mantello sulle spalle di Eliseo-Bernstein, trasmettendo al discepolo lo spirito profetico. Tra i due musicisti esistevano senza dubbio numerose affinità, a cominciare dalla comune
origine ebraica. Entrambi erano stati allo stesso tempo acclamati direttori d’orchestra e controversi compositori, con una spiccata tendenza verso una visione tragica e pessimistica della vita. Mahler inoltre aveva diretto negli ultimi anni di vita la stessa orchestra (New York Philharmonic), che cinquant’anni dopo sarà nelle mani di Bernstein. La sua missione in sostanza consisteva nel salvare la musica come aveva fatto Mahler alla vigilia della Prima guerra mondiale, prima che la civiltà occidentale precipitasse nel baratro del mondo irrazionale e violento di oggi. Fino all’ultimo giorno Bernstein ha avuto fede nella necessità della sua missione, malgrado le delusioni e gli insuccessi spirituali accumulati nel corso di una vita consumata a ritmi frenetici. L’immagine più toccante di Bernstein come artista e uomo politico rimane non a caso il concerto tenuto a Berlino il 23 dicembre 1989, poche settimane dopo la caduta del Muro. In quella occasione un ebreo dirigeva musicisti e artisti del coro delle due Berlino, riuniti per la prima volta dopo quasi trent’anni, per eseguire la Nona Sinfonia di Beethoven, il lavoro più carico di significati politici della storia. La commozione e l’entusiasmo del pubblico e dello stesso Bernstein, ormai stanco e gravemente malato, testimoniano come la sua indomabile volontà di lottare per un mondo migliore e più giusto non fosse stata inutile e infantile, come i numerosi idolatri della real-politik e della guerra avevano tentato sempre di far credere.
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Al sol non si comanda
Abbronzarsi sì, ma con criterio e soprattutto per gradi. Perché i raggi solari possono fare certamente un gran bene se ci si protegge adeguatamente
» di Patrizia Mezzanzanica Salute
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Che esporsi alle radiazioni solari in modo continuato, senza
protezione e nelle ore più critiche della giornata possa causare disturbi molto gravi (per esempio, tumori e melanomi) lo dovrebbero sapere anche i sassi. Però di “scottature”, in montagna come al mare – in particolare i primi giorni – se ne vedono sempre parecchie. Colpa della superficialità e dell’impazienza, non certo (o non più) di scarse e confuse informazioni a riguardo. Infatti, per ovviare ai potenziali danni delle radiazioni solari e per offrire al consumatore una scelta su misura, che tenga in considerazione il tipo di pelle, l’età e il risultato desiderato, la ricerca delle case produttrici si è fatta sempre più attenta e scrupolosa. Riviste e mezzi di comunicazione dedicano molto spazio all’argomento e sul web è possibile accedere a tutti i consigli e alle raccomandazioni per una corretta esposizione solare. Il mercato dalla sua offre una vasta gamma di soluzioni. L’importante, come sempre, è seguire le regole.
Protezioni e attivatori Per scegliere in modo corretto è necessario considerare il numero di SPF (Sun Protection Factor) che appare per legge su tutte le confezioni di crema solare e che oggi arriva fino a un massimo di 50+. Quelle che hanno un valore pari o inferiore a 10 offrono una protezione bassa, mentre quelli che hanno da 15 a 50+ sono protezioni a tutti gli effetti. Consigliabile sarebbe averle entrambe in modo da poter sostituire le più alte con le basse quando si è raggiunto un buon grado di abbronzatura. Chi ha una pelle normale, che non si arrossa facilmente, può iniziare con una SPF 20 o 30 e gradualmente scendere, a meno che non soffra di eritemi oppure di disturbi causati o aggravati dalla luce solare che necessitano di una protezione maggiore. Con pelli chiare o molto chiare è invece consigliabile un fattore 50 o 50+ mentre per quelle “olivastre” è sufficiente il fattore 20. Fondamentale è che tutte le creme offrano una protezione non solo contro i raggi UVA (responsabili di eritemi e scottature), ma anche per gli UVB, più infidi e apparentemente meno dannosi ma in grado di danneggiare il DNA delle cellule dell’epidermide. Un discorso a parte meritano gli attivatori, privi di protezione e arricchiti di oli essenziali per sfruttare al massimo la forza abbronzante del sole. Sono certamente sicuri ma da usare con prudenza, su pelli già abbronzate e, comunque, mai nelle ore più calde. Ricordiamo che passare troppe ore al sole – anche se con la protezione – non è consigliabile, neppure dal punto di vista estetico. L’abuso di radiazioni produce, infatti, perdita di collagene, di elastina e disidratazione. L’epidermide perde tono, compattezza, elasticità e la colorazione dorata progressivamente si spegne, virando verso il “giallastro”.
Doposole Come abbiamo già ricordato, l’effetto principale dell’esposizione solare è una generale disidratazione. Bere molto è necessario, anche più dei due litri consigliati giornalmente, ma non sufficiente. Dopo una giornata al mare occorre bilanciare l’acqua perduta, lenire gli arrossamenti e nutrire affinché la pelle mantenga luminosità, compattezze e morbidezza. È quindi importantissimo applicare generosamente una crema specifica doposole ad azione idratante e lenitiva. Integratori Se assunti correttamente e con costanza – almeno quattro settimane prima di esporsi e sole, durante la vacanza, e per i successivi quindici giorni – ottimizzano l’abbronzatura rendendola più uniforme e duratura. Sono particolarmente indicati per preparare al sole le pelle delicata o soggetta a eritemi. Capelli L’eccesso di sole ha un effetto nocivo anche sui capelli che, al mare, vanno preservati sia dalle radiazioni che dall’acqua salata in grado di danneggiarne la struttura capillare. L’applicazione di un prodotto specifico in grado di creare un film protettivo con filtro anti UV, va effettuata sul capello asciutto – o bagnato con acqua dolce – e ripetuto più volte durante la giornata. Istruzioni per l’applicazione Scottarsi è più facile di quanto si pensi. Succede in assenza di sole diretto – perché i raggi UVA penetrano nell’atmosfera anche nei giorni nuvolosi – e quando la protezione non è stata usata in modo corretto. Le creme solari vanno applicate almeno 20/30 minuti prima dell’esposizione al sole e ogni 2/3 ore. È necessario ripetere l’applicazione dopo ogni bagno che duri più di un quarto d’ora perché, anche se sono water proof, la capacità di resistenza all’acqua dei prodotti solari è limitata.
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Salute
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La stupidità è umana Sanno tramandarsi il sapere di generazione in generazione o tra i vari membri del gruppo; controllano l’istinto e trovano nuove soluzioni. Ma non solo: gli animali sono dotati di una propria intelligenza e gli esempi lo confermano
Hai un cervello di “gallina”; sei un “asino”: due modi di dire
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» di Chiara Piccaluga
Scienza
riusciva a raggiungere il contenuto. Anche in questo caso la che fanno riferimento all’intelligenza o alla personalità di un scoperta di un singolo componente è stata tramandata di geindividuo. Ma basati su credenze e preconcetti legati al mondo nerazione in generazione, tanto da diventare, ancora oggi, un animale, molti dei quali non corrispondono al vero. Le galline, comportamento tipico di questa specie. Ci sono pipistrelli che per esempio, hanno una grande capacità di cura della prole e sono ancora più abili nella scelta del cibo. Quelli della specie un’ottima organizzazione sociale e dunque non sono certamen- Trachops cirrhous, per esempio, si cibano di rane che hanno te “stupide”. In generale, sono molti gli animali che manifesta- imparato a riconoscere in base al modo in cui gracidano. Così no comportamenti così complessi da meritarsi la definizione facendo sanno scegliere “quelle buone” da quelle velenose o di “intelligenti”, perlomeno secondo il nostro comune metro che hanno un cattivo sapore. Altri pipistrelli, quelli della specie di valutazione. Basti pensare ai cani che, se istruiti, sono in Eptesicus fuscus, si nutrono di insetti e si sono specializzati nel grado di guidare persone non vedenti; o ai delfini che aiutano riconoscere i lampi di luce emessi dalle specie Photinus e Photil’uomo a scovare ordigni sottomarirus, così da evitarle dato che hanno ni. In effetti, dovremmo innazitutun sapore disgustoso. In entrambe to definire che cos’è l’intelligenza; questi casi, i pipistrelli si sono dimosecondo l’etologo Danilo Mainardi strati in grado di poter sfruttare una essa è “la capacità di capire, ragionare e forma di comunicazione presente in trarre logiche conclusioni che servano a altre specie e di aver tramandato ai risolvere problemi pratici e, per la nostra loro simili la loro scoperta. specie, anche teorici”. L’intelligenza è molto differente dall’istinto, che si Dalla furbizia alla “fregatura” può invece descrivere come “la meIn altri casi, a denotare un buon moria della specie”, cioè quell’insieme grado di intelligenza, è la capacidi risorse prefabbricate che vengotà di capire che un oggetto può no impiegate al momento giusto, trasformarsi in uno strumento per indipendentemente dall’esperienza raggiungere un obiettivo o risolvere Un fotogramma tratto dall’animazione Galline in fuga di P. Lord e N. Park (2000) individuale. All’interno della stessa un problema. Ci sono scimmie che specie, comunque, il grado di intelliricorrono ai bastoni o alle pietre per genza è variabile da individuo a individuo e, come per l’uomo, rompere il guscio di frutti coriacei o corvi che usano fili d’erba anche per l’animale dipende da molti fattori, quali l’esperienza per pescare. I delfini di Shark Bay, in Australia, hanno scoperto e il grado di socialità. che infilandosi sul muso una spugna raccolta sul fondale, fanno meno fatica a procacciarsi il cibo. I cetacei di quella zona, infatPiccoli grandi esempi ti, usano smuovere con il muso la sabbia del fondo marino per Sull’isola di Koshima, in Giappone, è stato fatto uno studio sui ricavarne cibo, così facendo però si procurano anche dolorose macachi assai interessante. I ricercatori hanno gettato al gruppo abrasioni. Usando la spugna invece tutto diventa più facile e di scimmie delle patate dolci e hanno osservarono ciò che ave- meno doloroso. vina; inizialmente i macachi erano visibilmente infastiditi dai Non possiamo tralasciare, infine, l’esempio di alcuni scimpanzè granelli di sabbia sotto i denti e li toglievano a uno a uno con le che hanno unito intelligenza e arguzia per raggirare il capo dita. Finché una femmina ha lavato una delle patate in mare e branco. La struttura tipica del branco consente ai soli maschi così, nel giro di pochi giorni, tutti i macachi prima di mangiare alfa (ossia ai maschi dominanti) di accoppiarsi con qualsiasi le patate si recavano al mare per lavarle. È questo un esempio femmina. Gli altri maschi devono rassegnarsi alla benevolenza di come la scoperta iniziale sia diventata patrimonio comune, del capo, oppure ricorrere a qualche trucco: a volte si osserva tanto che ancora oggi i macachi dell’isola, all’occorrenza, sanno che uno o più individui del branco distolgono volutamente lavare il cibo prima di ingerirlo. Quello raccontato è una forma l’attenzione del maschio alfa con un pretesto, per esempio di apprendimento per imitazione, che denota sicuramente una attaccando volutamente briga. E mentre costui è coinvolto in forma di intelligenza. Ma questo non è esclusiva delle scimmie; una “finta lotta”, un altro maschio approfitta della sua distrain Inghilterra, infatti, le cince hanno imparato ad approfittare zione per accoppiarsi, salvo poi rendere il favore agli amici che delle bottiglie che i lattai lasciano davanti all’uscio delle case. lo hanno aiutato. Le stesse femmine, consapevoli dell’inganno, Negli anni Cinquanta si osservò uno di questi piccoli volatili si accoppiano evitando grida di “soddisfazione”... e cercando bucare con il becco il coperchio di carta stagnola, così facendo addirittura luoghi più appartati.
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Non rubare “Il quinto dice «non devi rubare» e forse io l’ho rispettato vuotando in silenzio, le tasche già gonfie di quelli che avevan rubato. Ma io, senza legge, rubai in nome mio, quegli altri, nel nome di Dio. Ma io, senza legge, rubai in nome mio, quegli altri, nel nome di Dio”
occupano del divieto di portare via agli altri quel che hanno, eccoci al settimo – non il quinto come canta Fabrizio De André ne “Il testamento di Tito” – che intima lapidariamente: non rubare. Non v’è oggetto specificato, non si prescrive di non rubare questo o quello, bensì semplicemente di non rubare e basta. Ma proprio il venir meno dell’oggetto è importante in tali comandamenti (non ammazzare è l’altro): si tratta di non danneggiare illegittimamente il prossimo nella sua proprietà, sia questa la vita o siano beni materiali. L’eredità è un furto? Ora, il prossimo che il comandamento vieta di danneggiare è davvero legittimamente proprietario dei suoi beni? E qui non sarà ozioso ricordare la posizione del filosofo ginevrino JeanJacques Rousseau, precursore della corrente che si esprimerà con accenti critici intorno alla facoltà da parte di privati di detenere beni in enorme quantità, magari trasmettendoli in eredità ai discendenti. Leggete che cosa scrive Rousseau in proposito: “Colui che si mangia nell’ozio ciò ch’egli stesso non ha guadagnato lo ruba” (da Emilio o dell’educazione, Libro III, 1762), e giù una bella critica alla proprietà acquisita per eredità e non grazie al lavoro. La proprietà è un furto? Ancora più duro si dimostra Rousseau rispetto alla proprietà privata, che si affermò “quando un uomo ebbe l’idea di recintare un terreno e di proclamare «questo è mio», e trovò gli altri così ingenui da credergli. Da quel momento le foreste si trasformarono in campi ridenti bagnati dal sudore degli uomini e, di conseguenza, nacquero le disuguaglianze politico-sociali... La proprietà privata rappresenta il punto d’arrivo di un processo di crescente disuguaglianza tra gli uomini” (da Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza tra gli uomini, 1755). Il principio di Robin Hood Anche De André non si mostra lontano dalla prospettiva di Rousseau quando porta il protagonista della canzone, Tito, ad autogiustificarsi asserendo di avere rispettato il precetto nel momento in cui ha vuotato in silenzio “le tasche già gonfie/
di quelli che avevan rubato”. E in effetti il principio di Robin Hood, di togliere ai ricchi per dare ai poveri, non è privo di un certo fascino, purché non preso alla lettera ma condotto secondo una politica di tassazione progressiva che sia equa senza essere sopraffattoria. La posizione di Nozick Antagonista alla posizione di Rousseau, la quale penetrerà in seguito nel filone egualitarista del pensiero politico, da Marx a Rawls, quella di Robert Nozick (1938–2002), esponente contemporaneo del liberismo e dell’individualismo estremi: Nozick ritiene infatti che l’individuo abbia il diritto di perseguire liberamente i propri piani di vita tramite il diritto alla proprietà che, se posseduto a giusto titolo, non può subire alcuna limitazione. Dove “a giusto titolo” significa ottenuto con l’acquisizione originaria da parte di qualcuno di cose non possedute da nessuno o tramite donazione, nonché trasferito in base a uno scambio volontario e non forzato. Le conclusioni di questo autore risultano per noi abbastanza paradossali: da una parte egli afferma, in base alla teoria del giusto titolo di proprietà, che l’occupazione del territorio degli Stati Uniti è stata abusiva, dal momento che legittimi proprietari ne furono e ne sono gli indiani d’America; dall’altra lo stesso Nozik giustifica l’accumulo senza limite di ricchezze individuali all’interno di uno stato minimo dall’impalcatura legislativa leggerissima.
Kronos Decalogo
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» di Francesca Rigotti; ill. di Mimmo Mendicino
Tra i comandamenti che, nella seconda parte del decalogo, si
“... quegli altri, nel nome di Dio” A commento infine delle ultime righe di De André in relazione al precetto e in nome di chi lo si viola, non sarà inopportuno ricordare le giustificazioni addotte dai supporter intellettuali dei coloni che nel continente americano si dedicavano alla spoliazione dei nativi delle loro terre e ricchezze. Gli Stati Uniti – sostenevano quelli – avevano una missione, una sorta di mandato divino: l’espansione territoriale verso occidente, considerata un passaggio necessario del processo di emancipazione del genere umano, perché allargava, per usare l’espressione coniata da Thomas Jefferson, l’“impero delle libertà”.
» testimonianza raccolta da Gaia Grimani; fotografia di Igor Ponti
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venienza. Ricordo che avevo presentato a don Pietro Borelli – allora parroco di Morbio Inferiore, paese dove prestavo la mia opera – la richiesta di una parrocchia del Togo che aveva bisogno di ripristinare delle tubature in disuso per usufruire dell’acqua. Egli ha sensibilizzato sia la popolazione di Morbio sia altre comunità dei dintorni. Con successo: dapprima abbiamo inviato materiale scolastico, medicinali e oggetti per l’agricoltura, poi abbiamo avviato il progetto del ripristino dell’acquedotto in un paese vicino al mio; successivamente abbiamo portato l’acqua anche ad Ayomé, sfruttando una vicina cascaHa dato vita a un’associazione che ope- ta. Il secondo progetto ha ra nel Togo. Ama i giovani e crede che riguardato la scuola: abbiamo il tempo dedicato agli altri sia il miglior edificato una scuola materna e una elementare, e in seguito antidoto alla fretta che ci divora abbiamo portato la corrente elettricità che ora alimenta Quando sono arrivato in Titutto il paese. Sistemate queste priorità ci cino, la prima cosa che mi siamo interessati al problema della salute, ha colpito è stata la fretta: la perché ad Ayomé non esiste un luogo in cui gente ha sempre fretta, a volte ci si possa curare e la situazione dal punto di nemmeno si saluta. Al contravista sanitario è disastrosa. È nata allora l’idea rio, nel mio paese d’origine di costruire un ospedale di cui adesso abbiaci si ferma, si chiacchiera, si mo inaugurato la prima tappa, con i reparti spendono due minuti con di pediatria, maternità e medicina generale; una persona incontrata per la seconda tappa sarà un blocco operatorio strada, si chiedono ragguagli e poi la radiologia. Ci sono persone generose sul suo stato di salute e sulla che dalla Svizzera si sono addirittura trasfesua famiglia. Incontrare qualrite lì per un anno per aiutare. Il gruppo è cuno è ritenuto importante, diventato un’associazione vera e propria solo non una perdita di tempo. nel 2004 con sede a Morbio Inferiore. Vi si La seconda cosa che mi ha può iscrivere chiunque e, soprattutto, si può colpito è stato vivere in una prestare la propria opera come volontario. casa senza conoscere i propri In questo momento ne abbiamo necessità, vicini… mentre nel Togo è sia per l’ospedale sia per la scuola: abbiamo normale addirittura entrare anche istituito una mini scuola informatica, nell’abitazione dei vicini e nella speranza di occupare i giovani che prendere ciò di cui si ha bialtrimenti avrebbero la tendenza ad andare sogno, scambiandosi le cose: in città dove si perdono e vengono sfruttati. per esempio, io do il sale e in Abbiamo bisogno di materiale per l’ospedale, cambio ricevo la farina che attrezzature mediche per le analisi, medicinami manca. li. Da noi la malattia più diffusa è la malaria In Ticino mi sono sentito acche fa strage soprattutto tra i giovani, poi colto e non ho mai incontral’Aids e la tubercolosi favorita dall’endemica to nessuna discriminazione. malnutrizione. Ritorno nel Togo una volta Di tutto il mio apostolato l’aspetto che all’anno, per rivedere la mia preferisco è lavorare con i giovani, perché famiglia e per controllare l’anmi divertono e apprendo tante cose. Non è damento dei lavori che abbiafacile essere prete nel mondo di oggi, ci sono mo avviato con l’Associazione tante esigenze a cui bisogna rispondere, ma Aiuto Ayomé, nata nel 2001 soprattutto è importante ascoltare e accoglieper volontà di un gruppo di re la gente per indirizzarla nel loro cammino. persone che voleva conoscere Forse la soluzione alla fretta che ci divora è e capire i miei luoghi di prol’ascolto, trovare il tempo per gli altri.
Don Valentino Tafou
Vitae
ono nato nel 1968 in un villaggio che si chiama Ayomé, nel Togo, dove esiste un santuario dedicato alla Madonna, meta di pellegrinaggio soprattutto in dicembre. Le persone si fermano da due a tre giorni, dormendo all’addiaccio o, se malati o anziani, ospitati dagli abitanti del villaggio che mettono a disposizione le loro case. La mia vocazione ha origine in questo luogo perché insieme alla gente giungevano anche dei sacerdoti: sono loro che colpirono la mia fantasia infantile e io ne imitavo i gesti... Mi sarebbe piaciuto, un giorno diventare uno di loro. La mia giovinezza è segnata dal ricordo del Santuario, una grande basilica all’aperto. Nessun edificio: solo una piccola cappella che serve anche da sacrestia, un altare e una specie di dispensario che accoglie i preti per la celebrazione. Un altro ricordo della mia giovinezza è quando accompagnavo i genitori nei campi in tenera età e, mentre loro lavoravano, noi bimbi giocavamo o accudivamo i fratellini più piccoli. I nonni, poi, sono stati un elemento importante della mia infanzia: vivevano con noi perché nel mio paese non ci sono case di riposo, e ci raccontavano le storielle tradizionali del Togo oppure della famiglia o ancora qualche fiaba per trarne la morale. Da noi gli anziani sono molto importanti e si dice che “un vecchio che muore è tutta una biblioteca che brucia”. La persona decisiva per le mie scelte è stato il catechista, fratello del mio nonno paterno, il quale m’incoraggiava perché voleva che qualcuno della famiglia diventasse prete. Diventato più grande sono andato a scuola in città e ho preso contatto con i Missionari di don Orione che mi avevano fatto fare delle esperienze nelle loro comunità; essi mi hanno accompagnato per tre anni, poi ho proseguito il cammino con i sacerdoti diocesani, tra i quali Jules, che ricordo con molta riconoscenza.
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I nomadi del tempo
Sono sempre in movimento. Una “transumanza” che a volte si esaurisce nel breve volgere di pochi giorni: oggi li trovi in una piazzola dell’autostrada e il giorno dopo sono sulle sponde di un lago, sognando il Mediterraneo. Sempre a loro agio, a volte chiassosi ma immancabilmente cordiali. Come se dall’alba della civiltà non avessero fatto nient’altro che viaggiare, viaggiare, viaggiare…
testo di Duccio Canestrini; fotografie di Jacek Pulawski
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embra quasi di sbirciare un po’ da voyeur nelle loro vite. Osservarli è come alzare un lembo delle loro tende, aprire le porte sottili dei loro camper o delle loro roulotte. Scrutare indiscretamente i loro tatuaggi, tra strane luci e bagliori bagnati. Anche grazie alla tecnica fotografica utilizzata da Jacek – spesso il fuoco è su ciò che sta in secondo piano – si comprendono molte cose. Per esempio, che la vita con i cani non è vita da cani: passeggiate, affetti, confidenze irriferibili, vita di banda. Perché alla fine è proprio questo il fascino del campeggio, un fascino primordiale, quello delle piccole comunità nomadiche del Paleolitico. Praticamente un ritorno alle origini. Con l’illusione, o il gioco, di sciogliersi dalle convenzioni costrittive della vita quotidiana. E così si mangia sul prato, si dorme sulla branda, ci si taglia i capelli a vicenda, e che cadano pure sull’erba! Con birra, tabacco e motori questi neo-primitivi, fuggiaschi a tempo determinato dalla civiltà, riacquistano il senso della libertà. E sembrano proprio godere di tutto, anche della pioggia. Paesi lontani, civiltà ritrovate Per olandesi e tedeschi è comunque un’esperienza di clima mediterraneo. Per gli svizzeri germanofoni, un dolce assaggio di italianità. Vengono in mente pagine letterarie, non sempre benevole. A Valsolda, sul confine italiano davanti alla Svizzera, nel 1868 Antonio Fogazzaro descrive un piroscafo che porta “i manipoli della invasione barbarica che si versa ogni anno” dal Gottardo. E li descrive quasi come invasori Unni, “armati di Alpenstock, stringendo il primo bottino di fiori e di frutta come se avessero in pugno la dolce Italia”. È da allora, già dall’Ottocento quindi, che ci si interroga su questa strana migrazione turistica, sui suoi protagonisti, sui
suoi miti. E naturalmente anche sulle sue contraddizioni, poiché come annota ancora Fogazzaro nel suo Diario, la Svizzera era uno dei laboratori insieme dell’itinerario romantico e del turismo moderno. Accanto all’immagine dell’oasi naturale e ispiratrice delle più alte introspezioni, già si andava diffondendo quella dell’Hotel d’Europa. “Sugli stessi sentieri si incrociano viaggiatori romantici e comitive chiassose, sognatori, curiosi e buontemponi in cerca di svago”. Innocue presenze Nel 1930, un altro scrittore eccezionale, Hermann Hesse, si fa reporter e touristwatcher, e osserva a proposito degli escursionisti tedeschi in Ticino: “I nuovi mezzi di spostamento tolgono ogni piacere di scoprire la diversità o l’amenità dei luoghi, in particolare degli ultimi paradisi rimasti. Il danaro, il lusso, le automobili, la tecnica si sono impadroniti anche di questa regione che sino a non molto tempo fa era incantevole e noi, suoi vecchi amici e innamorati, facciamo parte delle antiquate, scomode cose che vengono appoggiate al muro e si eliminano via via. Come s’è fatta zeppa di gente la terra. Dappertutto dove si posa l’occhio nuovi palazzi, nuovi alberghi, nuove stazioni, tutto si ingrandisce, dovunque alzano case aggiungendovi un nuovo piano”. Ma di tutto questo non credo si possano incolpare i campeggiatori, che tra i loro “vizi” certo non annoverano quello del mattone. Uccelli stagionali, non albergano in grandi strutture. Sono come i Wandervögel del tardo Ottocento, che si salutavano tra loro dicendo “Gut Licht”: buona luce, quella che speravano servisse a scattare le migliori fotografie. Guardando – sbirciando – queste immagini non emergono che virtù. E dubbi, in noi. Forse non c’è un solo modo di invecchiare. Forse ce ne sono tanti. Soli, brontoloni e immobilizzati, è peggio.
Jacek Piotr Pulawski Di origini polacche, classe 1978, opera come fotogiornalista freelance in Svizzera e all’estero per quotidiani e riviste. Nel 2009 ha ricevuto il premio della “Swiss Press Photo” come miglior fotografo dell’anno e ulteriori riconoscimenti sono giunti nel corso del 2010. Per ulteriori informazioni: www.pulawski.ch
Le immagini presenti in queste pagine sono state realizzate nel mese di giugno presso i campeggi ticinesi di Agno e Maroggia
Educazione. A proposito di bambine… testo di Mariella Dal Farra; fotografie di Reza Khatir
Elena Gianini Belotti, scrittrice, saggista e pedagoga, nel 1973
Sguardi
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pubblica Dalla parte delle bambine, un testo destinato a incidere significativamente sul pensiero di quegli anni. Il “pensiero” a cui si fa riferimento è quello relativo al rapporto fra i sessi, le cui asimmetrie venivano – se non per la prima volta, di sicuro mai così analiticamente – messe in discussione. In questo libro Elena Gianini Belotti, forte della sua ventennale esperienza come direttrice del Centro nascita Montessori di Roma (www. centronascitamontessori.it) restituiva con impietosa chiarezza quanto osservato nell’interazione adulto-bambino/a, mettendo a nudo quei meccanismi di condizionamento – spesso sottili, talvolta grossolani, sempre brutali – volti a esasperare le differenze caratteriali fra maschi e femmine al fine di perpetuarne la diseguaglianza. Una società (sempre) discriminante Dalla sua analisi emergeva un quadro di potente discriminazione fatta di trattamenti differenziati, pressioni psicologiche, premi e punizioni volti a favorire l’adozione di attitudini stereotipate che tramandassero i valori di una società sostanzialmente patriarcale. Infatti, “la cultura alla quale apparteniamo, come ogni altra cultura, si serve di tutti i mezzi a sua disposizione per ottenere dagli individui dei due sessi il comportamento più adeguato ai valori che le preme conservare e trasmettere”1. Fra questi mezzi figuravano, per esempio, la somministrazione di sistematiche frustrazioni orali alle bambine durante i primi mesi di vita, l’iniziazione precoce allo svolgimento dei lavori domestici, la repressione di comportamenti aggressivi o comunque competitivi a favore di un atteggiamento passivo e dipendente. Trentaquattro anni dopo Loredana Lipperini, giornalista e scrittrice, raccoglie il testimone e pubblica Ancora dalla parte delle bambine, un’indagine sulle nuove forme di condizionamento perpetrate nei contesti della prima formazione (la famiglia, la scuola), ma anche e soprattutto in rapporto a quella multiforme cassa di risonanza mediatica costituita da Internet, tv e letteratura per l’infanzia. E dal merchandising associato poiché, secondo l’autrice, “a formare una cultura è quello stesso immaginario che si veicola nei prodotti a larga diffusione: prodotti destinati all’infanzia, soprattutto”2.
Il ruolo subordinato Il bilancio stilato dalla Lipperini dopo avere analizzato i “simulacri” femminili attualmente proposti alle bambine – a partire da Barbie e Bratz, passando per Hello Kitty e le Winx, fino ad arrivare a Hermione Granger, la piccola maga compagna di “scuola” di Henry Potter – non appare particolarmente confortante. Se, infatti, molti dei metodi di condizionamento più eclatanti descritti da Elena Gianini Belotti sono oggi riconosciuti come forme di maltrattamento (e quindi rifiutati), la spinta al conformismo appare per certi versi ancora più pervasiva, in quanto determinata da precise scelte di marketing finalizzate ad abbassare progressivamente l’età d’ingresso (entry point) nel mondo dei consumi. A tale scopo, i meccanismi di identificazione sessuale “fanno gioco”: “la re-genderization, il ritorno ai generi, è già in atto, dalla metà degli anni Novanta, nella produzione e diffusione di giocattoli, programmi televisivi, libri, film, cartoni. Laddove la parola ritorno non sancisce semplicemente una differenza, ma determina, ancora una volta e a dispetto delle apparenze, la premessa di una subordinazione”3. Così, “i linguaggi [pubblicitari] femminili fanno leva su desideri e dimensioni come affetto, protezione, sentimenti di maternità/accudimento/nutrimento, fiaba, sogno, seduzione”, mentre i messaggi indirizzati ai maschi si declinano in “avventura, aggressività, lotta, conquista, desiderio di autonomia”4. Tale discrepanza risuona tristemente con le parole di Gianini Belotti, che sottolineava come “le molteplici ragioni dell’assenza di creatività nelle bambine si possono riassumere in una sola: la dipendenza cui sono costrette molto più dei maschi, dal tipo di educazione che subiscono e che è incompatibile con la creatività, che presume, invece, per conservarsi e per produrre, un’ampia dose di libertà (...)”. Da “dipendente” a “escort” I margini di libertà delle bambine contemporanee, compresse tra standard sempre più elevati ma spesso in contraddizione tra loro, appaiono drasticamente ridotti. L’immaginario attuale, schizofrenicamente oscillante fra il modello della moglie/madre perfetta e quello della donna in carriera – che ultimamente tende a confondersi con la figura degradante e tristemente nota della escort – non sembra lasciare troppo spazio alla possibilità di crescere, prima di tutto, come persone. note 1 E. Gianini Belotti, Dalla parte delle bambine, Feltrinelli, 1973 2 L. Lipperini, Ancora dalla parte delle bambine, Feltrinelli, 2007 3 Ibidem 4 Ibidem invito alla lettura: www.loredanalipperini.blog.kataweb.it Di Loredana Lipperini segnaliamo il blog “Lipperatura” che raccoglie esperienze, testimonianze, segnalazioni letterarie e giornalistiche. Della stessa autrice è stato pubblicato lo scorso anno Non è un paese per vecchie (Feltrinelli, 2010), saggio dedicato sempre all’universo femminile e alla discriminazione, “di genere e anagrafica”. Si legge nelle note di copertina: “Se le «bambine» mostravano una società standardizzata, adesso lo sguardo si sposta su un mondo che non accetta l’invecchiamento”.
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La piramide alimentare Bibite senza zucchero o caffeina in gran quantità; frutta e verdura di svariati colori cinque volte al giorno; cerali (meglio se integrali), legumi o patate a ogni pasto principale; latte, latticini, carne, pesce e uova una volta al giorno in alternanza; oli e materie grasse o frutta oleaginosa, quotidianamente ma con moderazione, e solo raramente dolci, spuntini e bibite ricche di zuccheri. Ecco le raccomandazioni della Società svizzera di nutrizione, che ha redatto una piramide alimentare per conciliare piacere e salute. Sul sito Internet (www.sge-ssn.ch) si posso trovare informazioni indispensabili al corretto sostentamento per adulti, giovani, anziani e bambini, oltre a studi, ricerche e approfondimenti.
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econdo i dati forniti dalla Società svizzera di nutrizione (SSN), il 37% della popolazione lotta con i chili in eccesso. A essere in sovrappeso sono più gli uomini, che però se ne fanno minor cruccio rispetto alle donne; solo una su cinque, infatti, descrive il suo peso come quello “desiderato” e circa la metà delle ragazze fra i 14 e i 19 anni vorrebbe essere più magra. Il desiderio di un corpo tonico e “perfetto” è un fenomeno comunque trasversale, che riguarda giovani e meno giovani, di qualsiasi classe sociale o credo politico, e che raggiunge il suo clou naturalmente in estate, quando il corpo è più scoperto e i chili “di troppo” sono sotto gli occhi di tutti. Oltre le mode, la salute! Districarsi nel complesso (e spesso rischioso) mondo delle diete non è però sempre facile. Cerchiamo quindi di partire da pochi, essenziali punti che garantiscono una corretta alimentazione e un dimagrimento efficace e duraturo. E soprattutto teniamoci lontani dalle ultime follie hollywoodiane tipo la dieta baby food – che consiste nel nutrirsi esclusivamente di omogeneizzati – oppure la lemon detox, una dieta a base di limone e sciroppo di acero che apporta meno di un terzo (negli uomini un quarto) delle calorie consigliate e provoca pericolose carenze di ferro, calcio, sodio, lipidi e proteine. Una dieta può essere definita tale solo dopo una valutazione delle analisi ematiche e strumentali della persona (peso, altezza, densità e composizione corporea, percentuale di grasso), oltre al calcolo dell’esigenza nutrizionale basato sul rapporto fra massa magra e grassa. Obiettivo principale di una dieta, infatti, è quello di favorire uno stato di buona salute del soggetto (non di debilitarlo nel corpo e nella mente), di essere efficace e duratura (non drastica e instabile) e di migliorare la qualità della vita motivando a una salutare e piacevole attività fisica, senza l’ossessione di sfiancanti sedute in palestra.
LA Dieta Mediterranea Dal 17 novembre 2010 la dieta mediterranea è patrimonio dell’umanità. Lo ha proclamato la quinta sessione del Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, riunitasi per l’occasione a Nairobi, in Kenia. Dieta intesa come stile di vita, dal greco dìaita: un insieme di conoscenze e tradizioni nate intorno al cibo e che riguardano non solo il suo utilizzo ma anche le pratiche (la coltivazione, la raccolta, la pesca, la conservazione, la trasformazione e la preparazione). Un modello nutrizionale costituito essenzialmente da cereali, legumi, pesce, olio di oliva, frutta e verdura. Abbandonata nel periodo del boom economico a scapito delle nuove teorie alimentari americane, la dieta mediterranea è oggi di nuovo riconosciuta in tutto il suo valore. Alcuni studi rivelano, infatti, che avrebbe effetti protettivi sul cervello contribuendo a prevenire il declino cognitivo, sulle malattie cardiovascolari, i tumori, le allergie e l’asma.
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Le diete potenzialmente pericolose Uno studio francese dell’ANSES (Agence nationale de sécurité sanitaire de l’alimentation, de l’environnement et du travail) sulla valutazione dei rischi associati alle pratiche dimagranti per motivi estetici che sempre più ossessionano anche chi di dimagrire non avrebbe assolutamente bisogno, mette al bando alcune delle diete alimentari fra le più seguite. La ragione sta nel fatto che comporterebbero uno squilibrio importate a livello nutrizionale nelle vitamine, nei minerali e nei macronutrienti (lipidi, glucidi e proteine). Secondo l’ANSES in oltre l’80% delle diete l’assunzione di proteine è superiore all’apporto consigliato, mentre quello di fibre, tre volte su quattro, è inferiore alle quantità suggerita dai dietologici, soprattutto nelle prime settimane. Tra i regimi sotto accusa: Atkins, Dukan, Montignac, Californiana e Weight Watchers.
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Un senso alla vita
Il ponte della luna è il secondo romanzo di Fabio Caminada,
» illustrazione di Adriano Crivelli
» di Gaia Grimani
(dove incontra una misteriosa donna di nome Bulan) e infine figura particolare di scrittore, direttore di banca ed erede, in in India, dove avverrà un incontro determinante per la sua quanto tale, di una tradizione letteraria che va dal grande ricerca personale. Arricchito di grandi esperienze e scoperte Svevo a Giuseppe Pontiggia. interiori, Gianmarco torna in Europa: qui Il romanzo narra di un uomo, Gianmarco, ha prima un matrimonio sfortunato e, per ricoverato in ospedale con seri problemi di circostanze un po’ casuali, prende il posto salute, il quale percorre un lungo viaggio a ridi lavoro quale giardiniere – lo stesso che era troso nella sua vita, da quando era ragazzo ai di Anselmo –, andando ad abitare addirittura giorni del suo ricovero. Gianmarco era stato nella stessa casa dell’amico, nei pressi della adottato da una famiglia iperprotettiva, che clinica. È in queste circostanze che conosce gli aveva nascosto totalmente le sue origini e, Athos, un ragazzo che diventa per lui ciò che pur ricolmandolo di beni materiali, lo aveva egli era stato per Anselmo, e verso il quale circondato di una solitudine assoluta; per svolgerà la medesima funzione paterna… combatterla il protagonista si era rifugiato Non riveliamo oltre di questo volume, lanel paradiso artificiale della droga. Ricoverasciando naturalmente alla curiosità dei lettori to in una clinica per disintossicarsi, conosce il finale. In generale, il romanzo convince per Anselmo, il vecchio e burbero giardiniere l’abilità con la quale è stata creata la scena della struttura, e che diventa il personaggio d’esordio, che immediatamente appassiona il chiave del romanzo. lettore, legandolo alla vicenda, così come la Fabio Caminada Il ponte della luna Anselmo lo prende sotto la sua ala protettiva capacità di Caminada nel delineare i persoGabriele Capelli Ed., 2011 e lo aiuta a emanciparsi, assumendolo come naggi. Buone anche le parti descrittive e amaiutante e diventando una vera e propria bientali, distribuite con elegante parsimonia, figura paterna. Purtroppo, per una serie di circostanze, An- senza interrompere il ritmo serrato della narrazione. selmo muore all’improvviso e Gianmarco, per mantenere Come avvenuto per la prima opera narrativa dell’autore (Il una promessa che aveva fatto, parte per un lungo viaggio alla confine del destino, Edizioni Ulivo, 2008), anche Il ponte della ricerca delle proprie radici. Prima verso l’Australia (lì conoscerà luna sviluppa il tema del viaggio e della ricerca del senso della Valentina, l’antico amore di Anselmo), poi si reca in Indonesia vita, e testimonia di un autore in crescita.
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Astri gemelli
cancro
La seconda settimana di luglio si presenta favorevole. Grazie al trigono di Giove con Plutone si aprono opportunità finanziarie. Potete andare avanti a vele spiegate. Romanticismo e incontri culturali.
Grazie al transito di Venere vedrete un forte incremento della vostra vita sociale e delle occasioni mondane. Incontri con persone originali e creative. Svolte professionali per i nati della prima decade.
Dall’11 luglio la vostra vita sentimentale tenderà a tingersi di proibito. Con Mercurio di transito nella vostra dodicesima casa solare sarete attratti da tutte le relazioni che avranno qualcosa di misterioso.
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Grazie agli ottimi transiti di Urano, Saturno, Marte e Mercurio questa seconda settimana di luglio si presenta favorevole per portare a termine un importante affare. Provate a gestirlo in maniera creativa.
Dal 10 luglio in poi si accenderà definitivamente la vita sentimentale di molte vergini incallite. Grazie a Plutone, Venere e Marte non potrete più fare a meno di abbandonare la vostra proverbiale razionalità.
Dall’11 luglio si apre un momento propizio per i viaggi. Grazie al transito di Mercurio nella vostra undicesima casa saranno favorite le buone relazioni con i collaboratori. Incremento delle relazioni sociali.
A partire dal 10 luglio si apre una settimana magica per l’amore. Frenetici e poco coerenti i nati in ottobre, in ordine agli iperstimoli dovuti all’egocentrico Giove. Cambiamenti nei rapporti professionali.
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Possibili dispute con i colleghi. Progetti azzardati, ma in linea con il proprio essere, coronati da improvviso successo. Maggior riposo tra il 12 e il 13 luglio. Attività creative per i nati nella prima decade.
Con Venere e Plutone in opposizione l’eros tende a spingersi oltre i limiti del consueto. Mutamenti epocali: avete il potere di cambiare le cose partendo dal profondo di voi stessi. Svolte improvvise e inattese.
Aumento delle capacità seduttive favorite dal transito di Marte. Vitalità e ottimismo. Sollecitati da Giove i nati nella prima decade potrebbero decidere di rivoluzionare alcuni aspetti della vita familiare.
Dal 10 luglio il transito di Venere e gli influssi di Giove e di Plutone vi porranno al centro dell’attenzione. Momento fortunato per l’espansione finanziaria e così per gli investimenti. Siate meno rigidi.
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Orizzontali 1. Alto grado militare • 10. Fiume del Venezuela • 11. Articolo romanesco • 12. Il Nichel del chimico • 13. La fine della Turandot • 14. In mezzo al mare • 15. Viaggia giornalmente per lavoro • 19. Le tredici sul quadrante • 20. Il niente del croupier • 21. La regione con Graz • 23. Il Campeador • 25. Cantori epici • 26. Merletti • 28. Storta, obliqua • 29. Il frutto... fiorone • 32. Comporta una condanna • 34. Bando • 36. La dea dell’abbondanza • 37. Allegre, giulive • 38. Si contrappone a ipo • 39. Precede Angeles • 40. Si placa bevendo • 41. Questa cosa • 43. Ordinò la strage degli innocenti • 44. Pena nel cuore • 46. Il nome di Banfi • 48. Chiesti • 52. Un essere enorme • 53. Articolo spagnolo.
Volo acrobatico • 17. Eucaristia, comunione • 18. Racchiude lo scibile umano • 22. È ottimo anche con le luganighe • 24. Per nulla affamato • 27. Paga il fio • 30. Furon fatali a Cesare • 31. Si empie di stelle • 33. Spinta iniziale • 35. Tirate • 38. La Kostner dello sci • 42. Poi • 45. Profonda, intima • 47. Olio inglese • 49. Pari in borgo • 50. Cuor di cane • 51. Nuovo Testamento.
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Verticali 1. Noto successo di Carmen Consoli • 2. Est • 3. Avverbio di luogo • 4. C’è quel del vero • 5. Conosciuti • 6. Norvegia e Cuba • 7. Le Lipari • 8. Il re di Shakespeare • 9. Bruttissime, orripilanti • 16.
Soluzione n. 25 2
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» a cura di Elisabetta
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 29
ariete Grazie a Mercurio la vostra vita sociale tenderà a ravvivarsi con la nascita di nuove situazioni. Incontri con persone più giovani per i nati nella seconda decade. Cambiamenti negli arredi domestici.
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03.04.2009
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Centinaia di famiglie vivono in questa bidonville che, nella stagione umida, diventa Villaggio di Koh Kong una fogna a cielo aperto, covo di infezioni e malattie
Amare qualcuno miracolo
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