№ 38
del 23 settembre 2011
con Teleradio 25 sett.–1. ottobre
Droghe e spaccio
DenTro, la coca C T › RT › T Z › .–
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Ticinosette n° 38 23 settembre 2011
Impressum Tiratura controllata 72’011 copie
Chiusura redazionale Venerdì 16 settembre
Editore
Teleradio 7 SA Muzzano
Direttore editoriale Peter Keller
Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Agorà Stupefacenti e spaccio. Cocaina ai raggi X
di
Società Natura e territorio. Resistente all’uomo
di
Media Premio Campiello. Ernest al Concorso
Marco alloNi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Salute Aromaterapia naturopatica. Essenze Fiabe Forbicine d’oro
di
Vitae Franca Canevascini
di
StefaNo Guerra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
a cura della
redazioNe . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
faBio MartiNi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di
faBiaNa teStori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Reportage Giovani. Le ragazze sono... Sfide Fumi e profumi
di
di
Keri GoNzato; fotoGrafie di reza Khatir . . . . .
luca MartiNi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Tendenze Rugby. Il pallone non è rotondo!
di
4 8 10 11 12 14 39 46 48 50 51
Nicoletta BarazzoNi . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Patrizia MezzaNzaNica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cruciverba / Concorso a premi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Giancarlo Fornasier
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch
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In copertina
Ovuli con polvere Elaborazione grafica di Antonio Bertossi
“Vedo gente, faccio cose...” La generalizzazione è davvero una gran brutta bestia . Il problema è che il vizietto di comporre grandi fasci d’erba partendo da isolati e sporadici episodi non è nemmeno figlio del nostro tempo: senza disturbare romani e greci, senza entrare nei terribili meccanismi che dominavano le società medioevali, basta dare un’occhiata ai drammi più neri del Novecento per accorgersi di quanto facile (e meschino) sia etichettare intere categorie di persone, colpevoli solo di avere “qualcosa” in comune con l’autore di un singolo gesto incivile o lesivo della dignità di un’altro essere vivente . In verità a costruire “esempi paradigmatici” siamo tutti molto bravi, da chi fa politica, ai giornalisti, al comune cittadino . E di tanto in tanto i nostri quotidiani ne pubblicano esempi inarrivabili, confermando i molti pregi di cui la pluralità di pensiero e la libertà di stampa sono portatori attivi . In questo senso, invitiamo tutti a leggere lo scritto inviato da un lettore di Massagno e pubblicato da “laRegione Ticino” giovedì 15 settembre . Il problema? Stando alla lettera, il quartiere Bomborozzo (sempre a Massagno) sarebbe diventato “Bomboslavia” . I colpevoli – e ci mancherebbe altro, ci sono anche quelli – sono persone originarie dalla origini balcaniche . Secondo il buon cittadino massagnese, il quartiere sarebbe “colonizzato” (una sorta di “enclave dell’est”) e lo scritto fa capire che la violenza è ormai dilagante, il pericolo dietro ogni angolo . Sì, a Massagno le istituzioni hanno perso il controllo del territorio (chissà se il Municipio ne è al corrente?): l’invasione è ormai inarrestabile! Ma i problemi denunciati non sono riferibili solo agli immigrati di “Bomboslavia”: tra i loschi individui che si aggirano nottetempo sulle colline di Massagno dobbiamo segnalare la banda dei “rentiers” . . . No, questi ultimi non sono alieni
mimetizzatisi con gli autoctoni (sempre che ancora ve ne siano, non lo sappiamo); sono dei “nullafacenti” – termine utilizzato dall’acuto lettore – che beneficiano delle prestazioni dell’Assicurazione invalidità e dell’Assistenza . Tra le loro molte colpe, come non segnalare la deleteria abitudine di portare a spasso la loro bestiola domestica . . . Ma chi o che cosa è all’origine di tutto questo rancore? dove alberga il male che porterà la “Svizzera (...) in malora”? Colpa forse di una festa svoltasi nelle scorse settimane nello stesso quartiere? Pare proprio di sì: l’idea di portare l’intera comunità a unirsi nella convivialità fra musica e cibo – con gli inevitabili problemi legati al rumore e al riunirsi di tante persone, rifiuti compresi – pare proprio non essere piaciuto all’abitante di “Bomboslavia”, luogo una volta idilliaco, ma dove oggi “il livello di vita e ambientale si è molto abbassato”. Insomma, siamo alle solite: “una volta si stava meglio”, senza tanti stranieri, quando tutti parlavamo la stessa lingua, avevamo le stesse abitudini . . . e tutti, ma proprio tutti, eravamo uniti e solidali . Una volta, certo: una volta l’educazione regnava sovrana e i giovani, sì i giovani, “non erano come quelli di oggi”: i ragazzi studiavano e lavoravano, avevano dei progetti e investivano nel loro futuro . A tutti coloro convinti che “una volta . . .”, Ticinosette dedica in questo numero una fiaba (p . 12) e il reportage fotografico (p . 39): le protagoniste di quest’ultimo sono giovani ragazze che hanno voluto dare un senso alla loro vita . E lo hanno raccontato, liberamente, al di là di credi religiosi, del colore del loro passaporto, di frontiere fisiche e mentali, e di terribili Cassandre . Vuoi vedere che qualcuna di loro abita pure nell’incivile “Bomboslavia” . . .? Buona lettura, la Redazione
Stupefacenti. Cocaina ai raggi X
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Agorà
Lo spaccio di cocaina rappresenta la punta dell’iceberg di un cancro che da decenni intacca il tessuto sociale. Una metastasi difficile da identificare, neutralizzare, eliminare anche in ragione dei sistemi utilizzati per eludere i controlli e il conseguente arresto testo di Nicoletta Barazzoni grafica di Antonio Bertossi
U
na volta presidiato un quartiere dal reparto dell’anti droga, chiuso un parco o piantonata la stazione ferroviaria, lo spaccio di cocaina si espande e si organizza alla costante ricerca di nuovi territori. Le modalità con cui vengono trasportate le dosi di sostanze stupefacenti si sono raffinate e specializzate nel tempo al fine di evitare i controlli e l’individuazione degli spacciatori. Questi ultimi – denominati in gergo bodypacker – trasportano cocaina utilizzando tre tipologie di contenitori, definiti in base alle dimensioni delle cosiddette bolas (capsule speciali che vengono ingerite) e alla tecnica di occultamento delle stesse, attraverso l’ingestione o l’occultamento delle dosi nell’intestino e nel retto. La Polizia cantonale, le Guardie di confine, la Magistratura, e l’Ente ospedaliero cantonale – unitamente al responsabile del Pronto soccorso e del Servizio di radiologia dell’Ospedale Regionale di Lugano – hanno definito un accordo congiunto sulla procedura da adottare per accertare la presenza di bolas di cocaina. La droga verrà identificata mediante un esame radiologico, e in casi particolari anche con l’esecuzione di una Tac (Tomografia assiale computerizzata). Le parti coinvolte nella procedura di rilevamento delle bolas hanno stabilito che la richiesta di visita del “sospettato spacciatore” è pretesa solamente nel caso in cui sussistano chiari indizi nei confronti della persona arrestata. Per l’incriminazione del sospettato è infatti necessaria la presenza di una prova, che può essere determinata per mezzo di un’indagine radiologica (risultato non assicurato, ma se positivo ottenibile in tempi brevi) e/o con il piantonamento del soggetto, in attesa di una sua ammissione di colpa o dell’espulsione delle capsule. Poiché negli ultimi anni le dimensioni delle
bolas sono molto diminuite, l’esame radiologico e la Tac possono rivelarsi strumenti di indagine più sicuri per stabilire il quantitativo di droga ingerita. Ma l’esecuzione di una Tac ha un’irradiazione 500 volte superiore a quella di una radiografia dell’addome convenzionale. Inoltre, questo tipo di diagnostica è appropriata soltanto qualora esista un’indicazione clinica, ovvero quando l’esito è più importante dei possibili effetti nocivi a lungo termine derivanti dall’irradiazione. In questi termini si pone dunque l’interrogativo – che non è da leggere come un eccessivo garantismo nei confronti di chi spaccia cocaina – se la persona arrestata debba sottostare, e in che misura, a questo esame per l’individuazione di eventuali bolas ingerite. Decisioni e protocolli Il protocollo comune approvato dalle parti, valido per tutti le strutture dell’Ente ospedaliero cantonale per l’individuazione di bolas in soggetti sospettati di spaccio e traffico di stupefacenti, contempla delle disposizioni precise. Essendo il primo esame di depistaggio attuato per la ricerca delle bolas, la radiografia convenzionale rappresenta lo strumento radiologico di indagine ammesso di prima scelta. La richiesta di esecuzione di una radiografia convenzionale, stabilita per individuare la presenza delle speciali capsule di cocaina, dovrà sempre essere richiesta formalmente dal procuratore pubblico. L’algoritmo da seguire per l’accertamento delle bolas è nel frattempo stato approvato dalle parti coinvolte. Questa decisione congiunta ha comportato e comporta anche una serie di investimenti finanziari. Il nostro cantone diversamente da altri non è dotato di reparti specializzati ma dispone di celle
dove gli spacciatori vengono posti sotto vigilanza. Tutti i casi vengono trattati e concentrati all’Ospedale civico mentre in precedenza venivano portati o all’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio oppure al San Giovanni di Bellinzona. A riguardo abbiamo interpellato il procuratore pubblico Nicola Respini che ha spiegato a Ticinosette le ragioni e le implicazioni di questa nuova procedura. Procuratore Respini, innanzitutto quali sono le ragioni di questa procedura? “Da qualche anno, anche in Ticino, la cocaina viene venduta dai cosiddetti «spacciatori di strada» o bodystuffer, che smerciano piccole palline di cocaina (le bolas), contenenti al massimo un grammo di sostanza già tagliata e pronta per il consumo immediato. Le bolas vengono confezionate con alcuni strati di cellophane, per esempio, con pellicola per la conservazione degli alimenti. Lo spacciatore ne tiene una parte in tasca o in bocca e, in caso di controllo di Polizia, le getta o le ingerisce, occultando così la prova dell’infrazione; le altre le nasconde nell’ampolla rettale (fino a 25 grammi). Questo spacciatore non deve essere confuso con il «corriere», denominato in gergo «mulo» o bodypacker, ossia colui che trasporta cocaina da un luogo all’altro. Quest’ultimo trasporta un grosso quantitativo di cocaina (fino a un chilogrammo per volta), confezionata in ovuli da 3 a 10 grammi l’uno, introdotti nel corpo per via orale, rettale o vaginale, e recuperati una volta giunto a destinazione. Vengono confezionati in modo più sofisticato, con strati di cellophane, alluminio, cera e preservativi. In questi casi il corriere rischia sia un’intossicazione in caso di rottura degli involucri, ma anche un’ostruzione o una perforazione intestinale. La procedura per risalire a questi involucri, che si applica (...)
Il mare non può essere domato. Ma la strada sì. In concomitanza con la Volvo Ocean Race – una delle regate più ardue in alto mare – sono arrivate anche le vetture giuste. Come la Volvo XC60, un crossover di lusso e tecnologicamente avanzato agile su tutti i terreni. Le linee sinuose da coupé rendono il design irresistibile. Benvenuti a bordo. Ora dal concessionario Volvo della vostra zona.
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sia ai bodystuffer sia ai bodypacker, è quindi stata adottata Il sospettato spacciatore può rifiutare l’esame radiologico per poter affrontare queste nuove situazioni con regole precise, dal momento che deve firmare il documento dell’ospedale condivise da tutti, medici e inquirenti, onde evitare discussioni, sul consenso informato. Che cosa succede in tal caso? errori di valutazione e contestazioni. Gli obiettivi perseguiti sono “Come ogni cittadino, anche lo spacciatore ha diritto di essere sostanzialmente tre: il primo, di natura medico-legale, per avere informato sulle procedure diagnostiche che dovrà subire e dei conferma del sospetto che la persona nasconda della cocaina nel potenziali effetti collaterali. Non potrà quindi essere sottoposto suo corpo; il secondo, per ridurre il rischio d’intossicazione all’esame radiologico contro la sua volontà. In presenza di mortale in prigione; il terzo, per ridurre il rischio sufficienti indizi, sarà comunque incarcerato e di overdose per gli altri detenuti, nel caso in piantonato in attesa dell’espulsione naturale tinazione s e cui la sostanza occultata venisse espulsa della cocaina”. d aa t e venduta in carcere”. n co iu Perché si mira alla coda del g Come procedete dal momenserpente invece di schiacto che il presunto spacciatociarne la testa? Non sarebbe re viene arrestato? meglio colpire, per esem“Previo ordine del procuratore pio, la produzione delle pubblico, lo spacciatore viene capsule di bolas? accompagnato dalla Polizia “Come detto nella premessa, al Pronto soccorso dell’Ospele bolas o gli ovuli vengono dale civico di Lugano, dove confezionati con materiali verrà sottoposto agli esami diversi e di uso comune e medici. Lo spacciatore restenon esiste in Svizzera un rà in ospedale fintanto che produttore di apposite capsunon sarà stato accertato che le. È quindi impensabile, per non avrà più nulla in corpo e esempio, vietare la produzione che avrà espulso tutta la cocaidei piccoli contenitori di plastica na. Nell’attesa verrà incarcerato in necessari alla confezione, per esemuna delle camere/celle dell’ospedale e pio, degli ovetti di cioccolato Kinder piantonato a vista dagli agenti”. – usati per occultare nel retto le palline di cocaina o il denaro ricavato dalla vendita –, Perché avete chiesto al Dipartimento delle oppure quella dei preservativi o della pellicola per istituzioni la dotazione di una cella/carcere vigilata e la conservazione degli alimenti”. sorvegliata? “Per poter disporre di una struttura adeguata alle nuove esigenze. L’opinione del medico Nella maggior parte dei casi lo spacciatore dichiara di non avere Veniamo ora al dottor Luca Martinolli, capo servizio di cocaina in corpo e cerca in tutti i modi di ritardarne l’espulsione Pronto soccorso dell’Ospedale regionale di Lugano, Civico oppure di liberarsene, approfittando di un attimo di disattenzione e Italiano. degli agenti. La nuova struttura dovrà essere dotata di un cosiddetto «gabinetto tecnico», che permetterà di recuperare in condi- Dottor, Martinolli, qual è la posizione dei radiologi in zioni igienico/sanitarie ottimali, tutto quanto espulso o gettato merito alla decisione di effettuare una Tac agli spacciatori dallo spacciatore e dovrà essere costantemente videosorvegliata di cocaina che ingeriscono le bolas? per monitorare il comportamento e le condizioni di salute dello “La diagnostica radiologica odierna mostra in generale una tenspacciatore”. denza verso l’uso di alte tecnologie, anche in ambito di patologie meno frequenti. Questa diagnostica viene utilizzata, per esempio, La procedura in questione è giustificata dalla casistica di per eseguire autopsie virtuali che sono autopsie eseguite con una chi spaccia cocaina mediante le bolas? particolare Tac. Queste evitano la sezione della salma, come avvie“Si. Fino a prova contraria, lo spacciatore trasporta nel suo corpo ne all’Istituto di medicina legale di Berna, tra quelli che impiegano una dose potenzialmente mortale di cocaina. Non può quindi es- questa tecnologia. Anche i portatori di bolas utilizzano sempre più sere incarcerato fintanto che non ha espulso tutto lo stupefacente, spesso involucri che non sono rilevabili con una normale radioper evitare rischi d’intossicazione o di decesso.” grafia dell’addome, che dunque richiedono altri tipi di indagini, come la Tac. Per questo motivo i radiologi devono utilizzare la Fino a ora si procedeva con il piantonamento dell’arre- procedura con la sensibilità più elevata per individuare gli involucri stato nella camera dell’ospedale, fino all’espulsione delle nascosti. Riconoscere e individuare gli involucri è necessario per capsule. Perché non continuare così? evitare incidenti mortali nei portatori”. “Perché il solo piantonamento non garantisce il raggiungimento dei summenzionati obiettivi. Inoltre, alcuni spacciatori sono affetti È stata una decisione unanime? da malattie (tubercolosi, epatite, Hiv, ecc.) e il loro trattamento in “Le indagini avvengono su incarico del procuratore pubblico e le ambiente sanitario permette di evitare la trasmissione del contagio procedure sono state codificate tra gli enti ospedalieri e le forze agli agenti di Polizia”. dell’ordine con la Magistratura”.
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Dottore, lei ritiene vi siano aspetti etici che non vengono tenuti in considerazione? “I sospettati che sono sottoposti alle indagini radiologiche vengono sempre informati sui rischi di una Tac e questo tramite il consenso informato della persona”. Fino a che punto il rilevamento delle bolas è più importante della salute del sospettato che viene sottoposto, con la Tac, a una radiazione ben superiore a quella di una normale radiologia? “Il ritrovamento delle bolas ha anche una sua importanza riguardo alla salute della persona. Molti di questi portatori di stupefacenti non sono coscienti dei rischi a cui sono esposti. In caso di rottura di questi involucri il paziente rischia in effetti la morte immediata. Inoltre per l’esecuzione degli esami radiologici si utilizzano dei protocolli specifici con minore carica radiante”. Quindi l’identificazione delle capsule salva loro la vita? “Spesso le persone che vengono utilizzate (in aumento donne e bambini) non spacciano per conto proprio il contenuto delle bolas,
ma vengono ingaggiate da bande di spacciatori. Gli spacciatori offrono a questi «corrieri» soldi e speranze per convincerli a eseguire il trasporto. Quindi spesso sono delle vittime loro stessi. Esiste tuttavia anche una parte di spacciatori che trasporta il contenuto all’ interno dell’intestino, con il sistema endovaginale, ed endorettale”. È vero che questi portatori sono in grado di espellere solo quanto da loro desiderato? “I portatori di bolas ingeriscono sostanze che diminuiscono la peristalsi intestinale, permettendone il trasporto prolungato. Una volta che il portatore è identificato, vengono somministrati sostanze che aumentano la peristalsi intestinale e quindi servono ad accelerare il transito e permettere l’espulsione degli involucri. Finché non sono stati espulsi gli involucri identificati con l’indagine radiologica, il paziente rimane sotto stretta sorveglianza medica”. Per concludere, dottor Martinolli, quante volte avete già fatto questo tipo di esame e che cosa avete ottenuto? “Questo tipo di indagini sono svolte regolarmente, circa dieci volte all’anno. Ogni qualvolta che risulta confermata la presenza di involucri addominali, i portatori sono ricoverati, sorvegliati attentamente e strettamente per potere riconoscere eventuali segni precoci di intossicazione. Sino all’espulsione totale, il paziente rimane quindi sotto sorveglianza medica”.
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Ma il risultato dell’esame non è assicurato. E dunque? “In medicina, e pertanto anche in radiologia, non esistono esami sicuri al 100%. La Tac dell’addome senza mezzo di contrasto è l’esame più sensibile per la ricerca di bolas”.
Lo streetstyle su due ruote lo fanno già tutti. Cédric, monociclista & rivelluzionario
vv la diversità
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Resistente all’uomo In una fessura dell’asfalto, attorno a un rudere, lungo i binari della ferrovia o tra i macchinari a riposo di un cantiere. Laddove l’uomo ha messo mano (o “mano-messo”) la natura prima o poi torna sovrana... o lo è sempre stata. A volte è in grado di sanare le ferite che le sono state inferte, dimostrando una capacità di auto-guarigione davvero sorprendente di Stefano Guerra
Società
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Flora urbana (Bellinzona) Una pianticella di luppolo spunta da una fessura tra il muro di un vecchio edificio e il suolo asfaltato. Si aggrappa a un vicino pluviale, poi piano piano vi si attorciglia attorno, salendo verso la grondaia. Altri fusti più esili, trovando il pluviale già occupato, si spingono lateralmente, verso l’inferriata di una grande finestra: la raggiungono, poi – grazie alle loro minuscole placchette ruvide – cominciano a salire. In alto si intrecciano col fusto principale che, dopo una tenace arrampicata a spirale, non ce la fa più e reclina il capo: non avendo trovato appiglio alla grondaia, si è accontentato dell’inferriata, un metro più in basso. Un paio di mesi è durata la scalata del luppolo, arrestata soltanto da grosse cesoie. Diversi studi recenti, in Svizzera e altrove, hanno mostrato come la diversità vegetale di una città in genere superi quella delle campagne circostanti, sfruttate a scopo agricolo o industriale. Per quel che riguarda la fauna, i valori grossomodo si equivalgono. La temperatura, più alta nei centri urbani che in campagna, tende a favorire l’insediamento di specie che spesso si trovano solo parecchi chilometri più a sud; e il suolo urbano, perlopiù compattato e inquinato, risulta particolarmente gradito a un certo tipo di vegetazione, a scapito di un altro.1 Dopo l’incendio (Leuk, Vallese) Chi ha studiato l’impatto sulla flora e la fauna dell’incendio doloso che il 13 agosto del 2003 devastò una vasta area forestale sopra Leuk, in Vallese, ha potuto constatare come la maggior parte delle specie divorate dalle fiamme, presto o tardi, sia tornata nella zona incendiata. Nel giro di tre-cinque anni la ricolonizzazione si è tradotta in una grande diversità di specie vegetali e animali. Per alcune piante tale diversità ha superato quella riscontrabile nei boschi adiacenti rimasti intatti. Addirittura, l’area bruciata è diventata una sorta di oasi di protezione della natura: sulla superficie percorsa dal fuoco sono infatti aumentate, in maniera considerevole, alcune specie di piante e animali rari in Vallese. L’incendio di Leuk illustra alla perfezione il processo di auto-guarigione
della natura, un processo che si innesca su superfici estese già poco tempo dopo il rogo.2 Dopo le cannonate (Val Piora) Nel 2004 l’esercito ha ammesso di aver utilizzato per decenni molti laghi e laghetti di montagna come discariche di materiale bellico scaduto o danneggiato, oppure come poligoni di tiro. Nel frattempo, come qualsiasi istituzione “moderna” che
Flora ferroviaria (Chiasso) Trent’anni fa il botanico-spedizioniere Ernesto Schick volle “dimostrare la vitalità della natura in un’area ingrata quale può essere la stazione di smistamento di Chiasso”, costruita tra il 1957 e il 1967 su un vasto terreno agricolo e paludoso. Schick vide con i suoi attenti occhi la trasformazione di quell’area “in una grigia landa lunare, priva d’ogni forma di vita vegetale o animale, saccheggiata dalle ruspe, dalle scavatrici, dagli apripista e dalle trivelle, prosciugata dalle pompe, cementata dalle betoniere, scossa dai vibratori, assordata dalle seghe circolari”. Ma la “riscossa vegetale” non tardò. “Ben presto – scriveva il “disegnatore di erbe” in Flora ferroviaria. Ovvero la rivincita della natura sull’uomo, volume ristampato lo scorso anno presso le Edizioni Florette di Chiasso – qua e là cominciò a fiorire. Dapprima, qualche timida erbetta, nei luoghi più impensati. L’anno dopo le avanguardie eran già più numerose. Altre piante fecero capolino quasi ovunque. Passato un altro anno, già si notavano vaste zone verdeggianti, ravvivate da fiori rossi, bianchi, azzurri, gialli, viola, come se nulla fosse accaduto. Si videro delle piante che prima non crescevano in quella zona, e che si mostravano soddisfatte per le condizioni del nuovo ambiente”. In un’introduzione al notevole volume di Schick, il biologo Nicola Schoenenberger riporta i risultati di uno studio realizzato tra binari e ferrovie di Ticino e Mesolcina: in questi veri e propri “corridoi ecologici” ha potuto censire 763 specie vegetali diverse (un quarto della flora svizzera), il 20% delle quali iscritte nella lista rossa delle specie a rischio di estinzione. Una diversità “sbalorditiva”, scrive Schoenenberger, secondo cui “pochi sono (...) gli ambienti naturali alle nostre latitudini che ospitano una biodiversità vegetale comparabile”.
Caduta dei capelli … Capelli deboli … Unghie fragili …
... possono essere provocati dalla carenza di biotina.
aiuta ad eliminare questo stato di carenza. Lo sviluppo di capelli e unghie sani Cellule specializzate (cellule epidermiche) nella matrice dei capelli , rispettivamente delle unghie si riproducono per scissione cellulare e si spingono lentamente verso gli strati cutanei superiori . Maturando, formano la proteina filamentosa cheratina, elemento costitutivo principale di capelli e unghie. La cheratina conferisce a capelli e unghie resistenza. Così agisce la biotina La biotina agisce sulla moltiplicazione delle cellule matrici di capelli e unghie , favorisce la formazione di cheratina e ne migliora la struttura.
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note 1 “Natura in città”, Bollettino della sezione ticinese di Pro Natura, n. 18, ottobre 2008, p. 3. 2 “Vivre avec les incendies de forêt”, Notice pour le praticien (Istituto federale di ricerche Wsl), n. 46, gennaio 2010, p. 15. nell’immagine Papaver rhodes L. (illustrazione tratta da E. Schick, op. cit., Tav. 8.1, p. 126)
Leggere il foglietto illustrativo.
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si rispetti, anche le nostre forze armate si sono dotate di un “concetto” ambientale. Un’attenzione particolare è rivolta alla protezione del suolo, messo sotto pressione sia a causa delle attività di tiro sia per il transito di veicoli pesanti. È Raffaele Peduzzi ad averci fatto notare un fenomeno legato a questo “effetto collaterale”. Ex direttore (dal 1977 al 2007) dell’Istituto cantonale di microbiologia, “anima” del Centro di biologia alpina di Piora e professore all’Università di Ginevra, in un modo o in un altro Peduzzi ha sempre avuto a che fare con l’esercito: l’Alta Leventina – regione dov’è nato e cresciuto, e nella quale tuttora passa buona parte del tempo – presenta una densità di strutture e aree militari che ha pochi eguali in Svizzera. Ancora oggi, quando accompagna gli studenti nella Val Piora, gli capita di imbattersi in pezzi di munizioni arrugginiti sparati dai cannoni delle truppe che si esercitano nei dintorni. Peduzzi di buche vere e proprie lì ne ha viste poche. Ci dice però che “rilevamenti effettuati appositamente in altre aree dove i militari svizzeri si esercitano, sembrano dimostrare che la biodiversità non abbia sofferto granché” per l’impatto di questi proiettili. “Le buche che si formano – aggiunge – sono rapidamente ricolonizzate da specie vegetali pioniere, come per esempio la Poa alpina; lo stesso fenomeno, detto in gergo «perturbazione temporanea», è stato riscontrato anche in Francia, dove hanno studiato il comportamento e il ripopolamento del suolo schiacciato dai cingoli dei carri armati”.
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Ernest al Concorso Qualche settimana fa si è svolta la cerimonia del Campiello, tra i premi più prestigiosi della narrativa italiana, nato quasi mezzo secolo fa. Vista in televisione, la serata è stata un’esperienza assai interessante e dalla forma a suo modo imbarazzante di Marco Alloni
Credo che sottoporre la letteratura a una valutazione agonistica
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sia di per sé una situazione al limite dell’assurdo. E assistendo alcune settimane or sono alla cerimonia di premiazione del Premio Campiello – che nel 2012 festeggerà i suoi primi cinquant’anni –, il mio imbarazzo veniva rafforzato dal fatto che, a parte Ernesto Ferrero, non conoscevo nessuno dei cinque finalisti. La conduzione della finale era affidata a Bruno Vespa, alla disperata ricerca di animare la serata con frizzi dal suo soporifero repertorio e imboccare i partecipanti con qualche provocazione lanciando risapute battute alla volta dei concorrenti. Niente di male, se non fosse che non ci si trovava nel suo salotto mondano ma in un prestigioso teatro.
giornalismo, un rigoroso professionista! Come si permette?”. “Caro Wespa” risponderebbe, con involontario refuso, l’autore di Addio alle armi, “non so quanto rigoroso lei sia, né se si può parlare di veterano quando l’unica guerra che conosce è quella da inviato di guerra, se mai ha avuto la sventura di esserlo. Ma mi permetta di chiederle: lei pensa davvero che questa situazione, a cui ci costringe con tale inverosimile spreco di luci, sia rispettosa di quella che è stata, resta e resterà la mia attività di scrittore?”. “Ma come... io sono Bruno Vespa”. “Appunto, chi?”. Non voglio dilungarmi in questo improbabile sipariettto. Di fatto credo che a qualunque degli spettatori in sala, o a casa, sarebbe bastato figurarsi per qualche secondo una scena del genere per domandarsi allibito: ma davvero stiamo facendo questo alla letteratura?
Tutti a scuola! Il lato imbarazzante della situazione non era comunque nella proverbiale civetteria di Vespa, Arriva il maestro ma nel trattamento riservato ai Più sociologicamente interescandidati. Seduti a un lato del sante è stata poi la comparsa palco i cinque finalisti prestasul palco – accompagnata da Ernest Hemingway (1899–1961) circondato da amici, vano alle battutine del Bruno una standing ovation e da una Plaza del Castillo, Pamplona (imm. tratta da www.sanfermin.com) nazionale le risposte che riteridda di applausi – di Andrea nevano più opportune, trattati Camilleri. Simpaticissimo, per come una scolaresca a cui veniva data la possibilità di dire qual- carità, delizioso e sopraffino nel suo delicato humor siciliano. cosa di sé di fronte all’anelante pubblico. Nonché – massima Ma a parte questo, che c’azzecca un militante e un antidelle concessioni – l’onore di leggere mezza paginetta dai propri berlusconiano, un rigoroso (lui sì) difensore della democrazia romanzi. Più seguivo la trasmissione e più mi passavano alla e della libertà d’espressione, un maestro della letteratura mente alcune immagini surreali e improbabili. Mi figuravo la contemporanea, con la bassa macelleria e i fasti decadenti di stessa scena con premiati del calibro di Hemingway, Kafka o questa celebrazione? Camilleri è stato al gioco, ha accolto con Garcia Marquez. Mi chiedevo se uno solo di loro avrebbe accet- tiepida partecipazione gli applausi e ricordato al pubblico – e a tato di sottoporsi all’umiliazione di quel tipo di celebrazione. un certo politico in particolare, non menzionato – che bisogna “Su, signor Hemingway, è venuto il suo turno” mi figuravo Vespa rispettare le regole. Eppure, la domanda non può essere elusa: imbeccare l’autore di Morte nel pomeriggio: “vuole cortesemente che ci facevi, caro Camilleri, in quel banchetto per signore leggerci otto righe del suo libro?”. A quel punto mi era impossibile eleganti e industriali lustri di buone intenzioni verso la cultura? non sentire la voce di Ernest Hemingway rispondere: “Caro Alla fine c’è stata la consacrazione del vincitore. Il trionfatore conduttore, non so esattamente chi lei sia né per qualche ragione si ha sollevato la coppa e dedicato il premio a Elvira Sellerio e ai permetta di trattarmi alla stregua di uno scolaretto. Ma invece di librai, l’una rivoltandosi probabilmente nella tomba e gli altri leggere, come lei mi chiede, vorrei domandarle: crede che in nome fregandosi per una volta le mani per un filo di promozione della televisione, della ragion di cronaca o del mercato io debba al loro assai poco apprezzato lavoro. Ma certo l’impressione comportarmi davvero come un deficiente?”. A questo punto Vespa restava quella di un teatrino senza nulla di cui ridere. sarebbe stato punto nel vivo, sentimento che gli insetti detesta- Spegnendo la televisione sono andato ad aprire Il vecchio e il no naturaliter: “Ma come, così facendo lei insulta un veterano del mare. No... tu non saresti salito su quel palco, Hem.
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Essenze
Grazie all’olfatto, gli oli essenziali agiscono profondamente nel nostro animo, toccando i tasti più intimi delle emozioni e della memoria a cura della Redazione
L’utilizzo degli oli aromatici, dei pro-
fumi, degli estratti e delle essenze tratte da piante reperibili in natura sono pratiche riconducibili almeno all’Antico Egitto, come la scoperta di numerose giare contenenti oli fragranti nelle tombe dei faraoni hanno dimostrato. La cannella, i chiodi di garofano, la mirra, l’incenso, il papiro e la noce moscata era tra le sostanze più diffuse e dalle quali i sacerdoti/medici estraevano unguenti e balsami utilizzati per la mummificazione e conservazione dei corpi. L’attuale aromaterapia trae le proprie origini da queste pratiche millenarie, naturalmente aggiornata alle moderne scoperte legate alla chimica di sintesi. Quest’ultima, se da una parte ha potuto sostituirsi all’antica pratica della fabbricazione delle essenze e degli oli – consentendo la perdita di tecniche, di conoscenze e di un’intera cultura consolidatasi nei secoli –, dall’altra ha permesso di confermare le sorprendenti proprietà di queste sostanze, permettendo loro di entrare nella grande industria del benessere e della cosmetica. È bene ricordare che gli oli essenziali (il nome non tragga in inganno) non sono sostanze oleose, bensì una miscela assai complessa di elementi volatili aromatici che vengono prodotti naturalmente dalle piante in quantità molto piccole. Non hanno nulla a che fare con gli oli vegetali, dunque non sono assolutamente grassi. In quanto volatili, gli oli essenziali sono in grado di stimolare intensamente l’olfatto – anche a temperatura ambiente – e vengono assorbiti dall’uomo essenzialmente attraverso una via interna (assunzione orale) oppure grazie a vie esterne (inalazione, bagni, assorbimento epidermico, massaggi, ecc.). Alcune applicazioni “casalinghe” Lasciamo ai lettori più curiosi la scoperta (in libreria come nel web) dei metodi di estrazione degli oli, come pure la loro funzione in natura e le loro importanti qualità. Segnaliamo in questa occasione alcune essenze utili all’ambiente domestico e di lavoro, tra le molte segnalate nel volume di Luca Fortuna, Aromaterapia naturopatica (Enea, 2006). Come l’achillea (dal profumo erbaceo, fresco e con accenti dolci), utilizzabile per purificare ambienti inquinati da radiazioni elettromagnetiche, per esempio, case in prossimità di linee e centrali elettriche, uffici oppure luoghi con molti computer e televisori. Anche dall’albero del tè viene estratta un’essenza dal profumo deciso e leggermente speziato, in grado di purificare l’ambiente (in particolare luoghi dove hanno soggiornato malati gravi o convalescenti), spazzando via ristagni psichici e aloni di energia “minus”. Oppure ancora il basilico (nell’immagine), la cui diffusione permette sia di purificare l’ambiente sia di “riordinare” coloro che sono approssimativi e disordinati con il cibo, le cure e la casa.
Settimane
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Forbicine d’oro testo di Fabio Martini illustrazione di Céline Meisser
Fiabe
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C’era una volta… re Peppo e sua moglie, la bella regina Ami-
na. Governavano con saggezza da molti anni sul loro regno, una delle terre del sud. Un brutto giorno la regina cadde a terra come addormentata e dopo una settimana, attorniata dai suoi familiari, spirò. Re Peppo, in preda a una gran disperazione, annunciò ai suoi due figli, il principe Tulipano e la principessa Glicine, che da quel giorno, in segno di lutto, non si sarebbe più tagliato la barba e avrebbe indossato solo vestiti di colore nero. I due giovani, sorpresi da quella decisione, non sollevarono alcuna obiezione, comprendendo il dolore del padre. L’indomani il corteo funebre sfilò dalla reggia attraverso tutta la città. I sudditi, in lacrime, si affollavano silenziosi ai lati del percorso per dare l’ultimo addio alla regina Amina che tanto avevano amato. Conclusa la cerimonia tutti rientrarono commossi nelle loro case e anche il re, sconsolato, si rintanò nel suo palazzo.
Passarono i giorni, le settimane, i mesi e… gli anni. I capelli di re Peppo si erano fatti grigi e così la sua barba, cresciuta a tal punto da creargli ogni giorno nuovi inconvenienti. Per ben tre volte era ruzzolato dalle scale, inciampando nel suo vello e ammaccandosi le costole. Era poi accaduto che nel corso di una battuta di caccia in compagnia del sultano di Granada, una lepre braccata dai segugi fosse andata a nascondersi fra la lunga barba. Il re con grande disappunto si era trovato inseguito dai suoi stessi cani e sarebbe certo finita male se non fosse intervenuto il sultano che, afferratolo per la barba, lo trasse con prontezza sul suo cavallo. Ma il problema principale era un altro. Molti sudditi, in segno di lutto e di solidarietà nei confronti del re, lo avevano imitato. Era dunque tutto un fiorire di lunghe barbe e vesti nere ma anche di gomiti sbucciati, ossa rotte, teste ammaccate, schiene dolenti, eccetera, eccetera… I principi e i ministri, preoccupati
per la situazione del regno, chiesero allora udienza al re. “Padre” lo supplicò la principessa Glicine, “desistete dal vostro intento. Lasciate che il barbiere di corte faccia il suo lavoro. Non potete andare avanti così”. “Mai e poi mai” replicò il re. “La barba non si tocca e poi che volete che sia un livido qua e là…”. “Ma padre” intervenne allora Tulipano, “in tutto il continente non si parla d’altro. Persino l’ambasciatore di Venezia ha chiesto spiegazioni… insomma ne va della nostra reputazione. Guardate poi cosa sta accadendo alla nostra gente!”. Il re si fece allora pensieroso e accarezzandosi la barba dichiarò: “Bene, volete che me la tagli? Allora cercate Forbicine d’oro, solo lei è degna di tagliare una barba reale”. Glicine e Tulipano si guardarono sorpresi negli occhi e con una sola voce chiesero: “E chi sarebbe Forbicine d’oro?”. “Ah, figli miei, questo dovrete scoprirlo da soli” rispose re Peppo. “Solo a lei affiderò la mia barba e quella dei miei sudditi. Ora vado a fare un bagno e spero proprio di non essere più disturbato con simili sciocchezze”. Glicine e Tulipano radunarono i consiglieri di corte per avere notizie su questa misteriosa… barbiera, ma nessuno ne aveva sentito parlare. Chiamarono allora a corte tutti i messaggeri e chiesero loro di partire alla ricerca di Forbicine d’oro. Preparate le provviste e i cavalli, i messaggeri lasciarono il palazzo: chi a ovest, verso il mare; chi a est, nella terra delle paludi nebbiose; chi a nord, fra le alte montagne che delimitavano i confini del regno. Passarono i mesi e i messaggeri tornarono senza esito: di Forbicine d’oro non v’era traccia. All’appello mancava però Perdifiato il più tenace e instancabile dei messaggeri. In viaggio per mesi fra le silenziose vallate del nord, si era rivolto a tutti quelli che aveva incontrato, senza però ottenere risposta. Stava per tornare indietro quando, attraversando una vallata, notò che gli uomini erano perfettamente rasati e le donne avevano acconciature assai originali. Lo salutavano sorridenti e cordiali come se si fossero conosciuti da sempre. Chiese allora a un vecchio intento a intrecciare dei cesti di vimini: “Buon uomo, il mio nome è Perdifiato e sono un messaggero del re. Vado alla ricerca di Forbicine d’oro. Non è che voi la conoscete?”. Il vecchio sorrise e guardando il giovane dritto negli occhi, chiese: “Cosa desiderate da lei? Perché la cercate? In effetti, avete la barba un po’ lunga…”. Perdifiato, al colmo della gio-
ia, spiegò allora che re Peppo la voleva subito a corte per un compito delicatissmo. “Seguitemi” disse il vecchio, e insieme entrarono nel fitto del bosco. Dopo un po’ giunsero davanti a una bella casa i cui balconi erano decorati da fiori di ogni colore. Sotto il porticato stava una donna dalla veste bianca e dai lunghi capelli color miele, intenta a tagliare barba e capelli a un taglialegna. Una lunga fila di persone sostava di fronte alla casa. La bellezza della donna era pari alla sua abilità con rasoio, forbici e pettine: non vi era infatti uomo o donna di quei luoghi che accettasse di farsi tagliare barba o acconciare i capelli da altri che non fossero Forbicine d’oro. Il messaggero attese che ella finisse il suo lavoro, quindi le rivolse la parola. “Signora, il sovrano, re Peppo, chiede la vostra presenza a corte. Ci attende un lungo viaggio. Preparatevi dunque, io vi attenderò qui fuori”. La ragazza fece un inchino e poco dopo, raccolte le sue cose e gli attrezzi del mestiere, si avviò in compagnia di Perdifiato. Fu un viaggio lungo e faticoso durante il quale ogni giorno, al mattino, Perdifiato chiedeva a Forbicine d’oro di tagliargli la barba. Pareva proprio che quelle forbici e quei rasoi d’oro zecchino avessero delle proprietà magiche dato che mai il giovanotto si era sentito più felice e sereno. Arrivati in prossimità del palazzo reale, Forbicine d’oro chiese: “Cosa sono queste lunghe barbe e queste vesti nere? Perché sono tutti tristi e scuri in volto?”. Perdifiato gli spiegò allora i motivi di quel lutto. Una volta condotta al cospetto del re, dei principi e di tutti i ministri, Forbicine d’oro si inchinò a terra. Il re, la cui barba veniva sorretta da due servitori per evitare che vi inciampasse, le si avvicinò e presole una mano dichiarò: “Vi attendevo da tempo, signora. Desidero infatti che tagliate la mia barba e quella di tutti i miei sudditi. Anche Amina lo vorrebbe: il lutto è finito”. Forbicine d’oro senza perdersi d’animo si mise subito al lavoro e nel giro di pochi giorni il regno ebbe un nuovo volto, le vesti nere furono abbandonate e la gioia e la felicità finalmente tornarono. La grazia e l’abilità di Forbicine d’oro conquistarono il cuore di quelle genti e anche dello stesso re che, di li a poco, decise di prenderla in moglie. Il regno ebbe dunque una nuova sovrana e da quel momento vissero tutti felici e… rasati. (a Tommaso)
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» testimonianza raccolta da Fabiana Testori; fotografia di Igor Ponti
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Franca Canevascini
Vitae
fatto parte anche Mariuccia Medici, Carmen Tummiati, Quirino Rossi, ecc. Alla fine degli anni Settanta, invece, è stata la volta della televisione e della cucina. Ho iniziato con le riprese della trasmissione “Trovarsi in casa”, in cui presentavo delle ricette in dialetto. Nello stesso periodo ho conosciuto Angelo Conti Rossini, noto cuoco con cui è nata una splendida amicizia e dal quale ho imparato molto. Quando “Trovarsi in casa” è finita ho fatto altro, teatro e cabaret con il Cabaret della Svizzera italiana. Nel ’90 mi hanno richiamato alla tv proponendomi di partecipare come cuoca alla trasmissione Sempre pronta ad affrontare nuove sfide “Cosa bolle in pentola” cone ad approfondire i suoi interessi. Una dotta da Bigio Biagi. Anche vita in movimento e tante passioni: radio, con “il Bigio” mi sono trovata davvero bene e grazie a “Cosa teatro, cabaret, tv e soprattutto la cucina bolle in pentola” ho conosciuto molte persone, fra le quali Valle Verzasca, circa tre minuti anche il cantautore Roberto Vecchioni di cui di trasmissione. Così è nata sono una fan. L’interesse per la cucina è nato “la Rose”, la moglie che scrigradualmente, a partire dalla giovinezza. veva al marito immaginario Quando mia madre è morta, io e le mie soJack negli Stati Uniti. I primi relle maggiori dovevamo accordarci sui turni tempi registravo il mercoleper la preparazione di pranzo e cena. Per me dì pomeriggio, quando non però cucinare non ha mai rappresentato insegnavo. Alla morte di Mauna scocciatura; già da bambina mi piaceva spoli è subentrato Fernando osservare mia mamma ai fornelli. Grazie Grignola, tutt’oggi un caro alla passione per la cucina sono entrata in amico. Finita la trasmissione contatto con alcuni cuochi e da loro imparo “Il minestrone”, Fernando continuamente. Ho iniziato ad acquistare non voleva che rinunciassi libri e riviste specializzate, e la mia passione al personaggio, anzi decise di è cresciuta. E poi mi piace sperimentare, agriproporlo per “La domenica giungo sempre qualche particolare ai piatti popolare”. Allora la trasmische preparo. Solo con i dolci non sgarro e mi sione durava 45 minuti che attengo alle indicazioni. Inoltre, sempre feequivalevano a 22/24 pagidele alle parole di Eleanor Roosevelt – “Devi ne scritte di commedia: era fare le cose che pensi di non poter fare” –, nel impegnativo, ma mi piaceva 2008 dal mio interesse per la cucina è nato moltissimo. Dai 45 minuti si il volume Buon appetito! Rose: ricette e sketch è scesi a 30, poi a 20; ma con radiofonici a cui ho voluto allegare un cd-rom soli 20 minuti era difficile con alcuni dialoghi che risalgono ai tempi presentare una storia com“della Rose” e canzoni di Johnny Cash. Nel pleta e far lavorare i diversi mio ricettario ho scelto di seguire le stagioni personaggi. I tempi sono die puntare sui prodotti del territorio, e alcuni ventati sempre più stretti e cari amici come Fernando Grignola, Giusepnel frattempo sono cambiate pe Foppa e Luca Alberti hanno provveduto tante cose. alle prefazioni; Gianni Cima ha invece penOggi il dialetto viene trascusato alla copertina e alle fotografie. rato e a mio modo di vedere è Progetti per il futuro? Niente di preciso, davvero un peccato. Durante ma certamente continuerò a dedicarmi alla il bel periodo trascorso alcucina, ai miei pochi veri amici e alla mia la radio, si è creato un folto famiglia, componente fondamentale di cui gruppo di attori che poi si è non posso fare a meno. Se posso esprimere trasformato nella Compagnia un desiderio… avere a cena la grande Mina. dialettale luganese di cui hanno Ma è un sogno e i sogni si sa…
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ono nata a Tenero ma sono patrizia di Contra, e dopo le scuole dell’obbligo e il diploma di maestra sarta ho insegnato attività creative nelle scuole. In seguito ho sostenuto l’esame di abilitazione. Fra i miei interessi ci sono sempre stati la lingua inglese e la cucina. Nel 1967, all’età di 29 anni, ho deciso quindi di perfezionare la lingua e ho trascorso sei mesi in Inghilterra. Due anni dopo, durante un soggiorno in California con le mie due sorelle, ho fatto visita ad alcuni parenti emigrati. In quell’occasione ho incontrato molti verzaschesi, figli di emigrati negli Stati Uniti: conversando con loro sono rimasta colpita dalla parlata, una mescolanza di dialetto ticinese e di americano. Si trattava di intere famiglie, prima, seconda e terza generazione, succedute a coloro che erano partiti dalla poverissima Valle Verzasca alla metà dell’Ottocento. Nella mia famiglia, il primo a lasciare il Ticino per l’America era stato lo zio di mia madre, seguito più tardi da mio zio all’età di 19 anni. Rientrata dagli Stati Uniti, nella primavera nel 1970, una mia amica mi ha iscritto a un corso di teatro dialettale organizzato dalla Radio della Svizzera italiana sotto la guida di Sergio Maspoli, di cui avevo molta soggezione. I miei compagni di corso volevano invece che gli dicessi che imitavo bene i verzaschesi emigrati in America. Alla fine mi sono lasciata convincere: con mia grande sorpresa Maspoli mi ha fatto improvvisare un paio di battute e soddisfatto ha aggiunto che mi avrebbe chiamato per la trasmissione radiofonica “Il minestrone”. Alla fine di agosto dello stesso anno ho ricevuto la convocazione per una delle riunioni degli autori. “Il minestrone”, che presentava degli sketch nei differenti dialetti del Canton Ticino, andava in onda la domenica ed era seguitissima. A me è stato chiesto di scrivere una pagina in dialetto della
testi di Keri Gonzato; fotografie di Reza Khatir
Nuria è coraggio “... credo che essere giovani oggi significhi avere tanto coraggio, credere e amare senza troppi pregiudizi. Rimanere semplici, perdersi e perseverare”
Il coraggio è la qualità che da adolescente ha portato Nuria Prazak alle competizioni di snowboard. Oggi, a 24 anni, è una danzatrice-attrice performer e insegna danza. Si è diplomata alla Scuola Dimitri, ha continuato la sua formazione a Copenhagen, in un istituto di danza contemporanea e ha poi proseguito con dei periodi di studio e lavoro a Parigi e in altri paesi europei. Lo scorso anno ha lavorato con la compagnia professionale e pre-professionale di Tiziana Arnaboldi – che ha sede al Teatro San Materno di Ascona – e che le ha aperto le porte al mondo del teatro-danza. Dal 2010 Nuria insegna anche Teatro di movimento al Liceo di Locarno, un’esperienza che le regala nutrimento ed emozioni. Ama stare sott’acqua e cantare in bicicletta e alla definizione preferisce l’azione. Volteggiando fra presente e futuro “cerco di pormi degli obiettivi che stimolino ogni mio risveglio. Ma cerco anche di rimanere all'ascolto, semplicemente vivere, troppa pianificazione alle volte annienta urgenza e spontaneità”. Muovendosi, porta con sé il beneficio del dubbio. Da novembre sarà a Firenze per un anno di formazione con la Compagnia Simona Bucci. Quindi, Nuria è “performer, attrice, danzatrice... in verità poco importa. Sono una giovane donna di 25 anni. Credo si perda troppo a definirsi, ridefinirsi, reinventarsi. Nell'azione sono; sono un corpo e ciò che porto con me”.
Giorgia è totalità “la vita stessa mi emoziona: stare con gli amici, la famiglia, andare al lavoro, vedere l’impasto del pane lievitare...”
Le scelte di Giorgia Bentele sono spinte dalla voglia di vivere fino in fondo le tappe della propria esistenza. Inspira-espira e, quando si laurea in Lettere a Losanna, dà una svolta radicale alla sua vita. Archivia la laurea e segue un istinto viscerale, quello ereditato dalla “regina dei fornelli,” sua madre. A 26 anni inizia l’apprendistato di cuoca perché “al giorno d’oggi, spesso, conta di più un attestato di capacità delle tue qualità effettive”. Trova un posto di stage in un grande hotel di Ascona e si trasferisce in una stanzina umida al piano -1 della casa per il personale. In uno zigzag tra banchi di scuola condivisi con sedicenni e cucina, Giorgia apprende i trucchi del mestiere: tagliare la carne, affilare i coltelli, gestire il microcosmo machista della cucina professionale: “È un mondo folle che uno ama profondamente quando c’è la passione, elemento indispensabile. A me piace la frenesia del lavoro, quello stress positivo che vivi durante il servizio”. Giorgia si sta facendo le ossa, con entusiasmo e dedizione, e presto riceverà il suo diploma; poi farà i bagagli e partirà alla conquista di cucine lontane.
Sabrina è azione “il futuro mi piace pensarlo così: Imagine there’s no countries / It isn’t hard to do / Nothing to kill or die for/ And no religion too / Imagine all the people / Living life in peace. Sono cosciente che ogni tanto le mie idee possono risultare utopiche, ma d’altronde che senso ha essere giovani se non si crede e si spera in qualcosa di grande?”
Sabrina Chakori in cifre: 7 anni di violino, 12 di teatro, 8 di pattinaggio, 11 di danza, un anno in televisione… La somma? Molto di più dei suoi 19 anni. Una vita intensa, la sua, simbolo di una generazione che corre veloce e che ha fame di esprimersi. Velocità, sì, ma anche profondità e impegno: “Viviamo in una società in cui la gente ha sempre tutto a portata di mano, in noi si è installata una pigrizia che ci frena dal ricercare informazioni valide e reali, così ci facciamo influenzare facilmente da qualunque cosa”. Sabrina fa parte del comitato del Consiglio cantonale dei giovani del Canton Ticino e del forum della Sessione federale dei giovani: “Ho iniziato a interessarmi alla politica a quindici anni, non conoscevo il nome di nessun partito e la carriera politica mi pareva uno dei lavori più noiosi che ci potessero essere. Ho iniziato facendo politica, ovvero ricercando risposte ai problemi della società”. Esporsi non le fa paura perché “confrontarsi e scambiare opinioni diverse è un ottimo modo per maturare assieme”. Il sogno di sempre però è fare l’attrice, ma la vita la sta portando in un’altra direzione: in queste settimane intraprenderà gli studi presso la Facoltà di biologia a Ginevra... “Non so se diventerò una biologa, un’attrice o una politica (o tutte e tre), ma sono sicura che continuerò a lottare giorno per giorno per le mie idee”.
Denise è determinazione “mi ritengo molto fortunata perché ho sempre saputo quello che volevo fare”
A 12 anni viene catturata dalle trasposizioni cinematografiche dei romanzi e scopre il suo futuro: Denise Fernandes farà la regista. È affascinata dai film perché “sono un mezzo di comunicazione di massa, un film può essere visto da milioni di persone ed essere interpretato in milioni di modi diversi”. Durante i tre anni al Cisa, il Conservatorio internazionale di scienze audiovisive di Lugano, ha capito che “per fare questo mestiere è importante avere qualcosa da raccontare. A volte si tende a cercare l’ispirazione lontano, quando le storie più forti sono quelle vicine a noi”. Per questo nel suo ultimo lavoro, il cortometraggio Una notte – una coproduzione della Rsi –, ha scelto di raccontare le vicende di 8 giovani donne. Una notte è stato presentato all’ultimo Festival di Locarno e verrà riproiettato anche al Cinestar di Lugano (www.unanotte.weebly.com). Avere 21 anni oggi? “Io mi ritengo fortunatissima, perché sono libera di essere ciò che voglio, però sono cosciente del fatto che molte donne non hanno la stessa fortuna. Sono arrivata a questo punto grazie al fatto che c’è stato qualcuno che ha lottato per ottenere certi diritti. Dovremo fare altrettanto per garantire questi diritti a tutti”. Denise è metodica, le piace organizzare tutto, così quando le è stato proposto di partire per frequentare un semestre in una scuola di cinema cubana, essendo un’esperienza non prevista, ha esitato. A dicembre però partirà per Cuba, in fondo i piani sono fatti per essere cambiati e poi “per fare questo lavoro è importante aprirsi, collezionare chiavi di lettura…”.
Nadine è creatività “quello che mi fa paura nella società di oggi è che le persone hanno sempre meno sogni da realizzare”
Nadine Carina ha iniziato il suo viaggio creativo con un clarinetto e un pianoforte, un po’ più tardi è arrivata la scoperta della sua voce e la voglia di accompagnarla con la chitarra: “La musica ha sempre fatto parte della mia vita, ma lo è divenuta ancora di più, quando ho avuto la fortuna di poterla studiare, scrivere canzoni mie ed esibirmi dal vivo”. Nadine, che nella foto di profilo in Facebook sorride di fianco a Paul McCartney, oggi frequenta il Liverpool Institute of Performing Arts, fondato dal cantante. Scrivere canzoni, suonare la chitarra e cantare è il suo modo di esprimere chi è nel profondo, chi è Nadine? È una ragazza di 24 anni che si sente viva grazie alle “emozioni forti che non si dimenticano”. Ha un sogno che risuona forte e chiaro, una visione che si sta già realizzando: il suo primo album Magic box, una scatola magica in cui il folk si miscela al pop sperimentale; un lavoro pubblicato da Stattmusik in questi giorni. Ma per Nadine questo è solo l’inizio, lei si sente “una studentessa che ha molto da imparare” e, dato che la scuola della vita non finisce mai, in futuro sarà semplicemente “una cantautrice che ha molto da imparare”. Nadine: play forward…
Claudia è espansione “ci sono molte cose che mi fanno sentire viva. Una di queste è alzare gli occhi e guardare il cielo, con il sole o le stelle; mi riempie di gioia sapere che intorno c’è un mondo da scoprire e amare”
Questa primavera Claudia Demarta ha terminato il Master in chimica molecolare e biologica al Politecnico di Losanna. Nel corso degli studi è stata anche assistente in una ricerca sulla malaria per il Global Health Insitute, in alcuni corsi e in laboratori. Nel frattempo ha seguito varie ricerche del Politecnico e ora lavora all’Istituto di ricerca in biomedicina di Bellinzona. A Claudia piace nuotare forte: se prima gareggiava per la Nazionale svizzera di nuoto adesso, a 24 anni, il suo obiettivo è quello di aiutare l’Africa a difendersi da malattie come la malaria. Claudia è felicemente afflitta dal mal d’Africa: “L’Africa è il ritmo della vita: la terra rossa, i forti colori delle costruzioni, i bambini che riescono a essere felici con un niente e il concetto di una famiglia ingombrante ma calorosa”. Sogna di alzarsi il mattino e vedere “il cielo blu che sembra si possa toccare allungando la mano, il caos delle persone che si preparano alla giornata e il profumo dei piatti cucinati sulle vecchie stufe in ceramica, nell’angolo del cortile della casa adibito a cucina. Vorrei svegliarmi in un Africa dove diverse culture e razze possano vivere in sintonia senza temere ogni giorno per la vita. In questo sogno uso quello che ho imparato per aiutare chi ne ha più bisogno, i bambini malati di Hiv o malaria”. Per lei essere una giovane donna, oggi, significa “costruire qualcosa di proprio che ci faccia sentire bene con noi stesse, senza andare contro i propri principi morali e senza adeguarsi alla moda del momento lasciando che siano altri a decidere ciò che siamo”.
Shendra è spontaneità “oggi mi sento come un neonato che ha scoperto l’uso delle mani e facendo dei gesti viene notato”
Dopo lo Csia di Lugano, Shendra Stücki si è diplomata in Scenografia all’Ecole Cantonale d’Art du Valais. Nel frattempo ha collaborato con il Teatro Sunil e con la Compagnia di Vincenzo Auletta. Sa lavorare con il ferro, la plastica, le immagini video, i colori, le fotografie e capita che venga “notata”: quest’anno ha vinto due premi che le hanno permesso di esporre alla Laguna di Venezia e presto le sue opere viaggeranno verso Tortona e Praga, per il Tina B. Contemporary Art Festival: “Oggi mi sento sui primi scalini della scala che porta al mio sogno e voglio arrivare fino in fondo”. Per Shendra, vivere vuol dire creare immagini che esprimano la sua visione del mondo. Il suo universo creativo è fatto di contrasti e armonie, giochi di parole che diventano immagini e concetti che diventano oggetti. Colleziona in quaderni le immagini che la colpiscono. La scuola le dava la chiarezza necessaria per guardare al futuro, oggi invece vive alla giornata cercando di fare quello che le piace e accettando altre occupazioni, come la cameriera, per sostenere i suoi progetti: “Non cerco mai di forzare il destino, le cose vanno come devono andare”. Diventare adulti? “Non so cosa significhi... da una parte è da quando avevo 16 anni che mi considero tale; dall’altra, a 24 anni, non voglio essere considerata adulta perché non lo sono. Sono una giovane, un’artista bambina”. Tra qualche anno “mi vedo viaggiare inseguendo i miei progetti, stressata ma felice poiché impegnata. Questo è ciò che vorrei”.
Fumi e profumi Per i fumatori di pipa di ogni tempo esiste un assioma: il Latakia e il Cavendish sono incompatibili. Degli estremi opposti che si respingono, come “il diavolo” e “l’acqua santa”... di Luca Martini
Latakia
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e Cavendish sono incompatibili. Chi ama l’uno zione sotto pressione a temperatura elevata in immersione odia l’altro e risulta quindi improponibile una mistura che li di melasse zuccherine. In pratica vengono realizzate delle comprenda entrambi. Giuseppe Bozzini nel suo Tabacco per salse con i più svariati ingredienti: dalle prugne, al cacao, la mia pipa (Mursia, 2010) scrive che il Cavendish “ha il solo alla vaniglia, alla liquirizia, al whisky… in cui il tabacco limite di non sposarsi volentieri con gli Orientali” come la Latakia, fermenta sotto pressione e ad alta temperatura. Non è né mentre a proposito della Latakia afferma che “i soli tabacchi una base, né un condimento, ma può essere di volta in volta con cui lega male (…) sono quelli aromatizzati artificialmente”, usato sia in un modo sia nell’altro. La sua origine sembra come il Cavendish. derivare da un certo capitano Cavendish che trasportava in Vediamo quindi le origini di uno e dell’altro. La Latakia deve il Inghilterra rum della Giamaica e tabacco dalla Virginia. Per suo nome alla città di Lattaquia che è stata recentemente sede motivi imprecisati durante una traversata parte del tabacco di violenti scontri tra la popolazione e venne stipato dentro delle botti che l’esercito del presidente siriano Assad. avevano contenuto del rum. I barili Si dice che sia nato per caso, in quanto erano catramati e la stiva della nave verso il 1860 dei mercanti che viaggiamolto calda, quindi una volta arrivato vano in Siria scoprirono questo tabacco a destinazione in Inghilterra il tabacco molto particolare non era altro che il aveva subito una forte fermentazione risultato di piante invendute appese dai e odorava di rum. Essendo il risultato contadini al soffitto delle loro capanne apprezzabile nel fornello di una pipa, per impedire che si sciupassero. Essenl’incidente venne trasformato in prodo il focolare il centro delle capanne ed cesso. Ovviamente si tratta di leggende. essendo il combustibile usato arbusti Comunque il risultato finale è un tadi ginepro, sterpi e anche sterco di bacco bruno di intensità variabile con cammello – a quanto pare ottimo per un taglio particolare, detto appunto quello scopo –, il tabacco prendeva un Cavendish, assai profumato e dolce forte odore affumicato e un aspetto nenella pipa. È diventato molto popolare, ro e unto. In seguito, si è abbandonato per quanto assai poco naturale, forse lo sterco di cammello, ma la piccola per le sue caratteristiche generalmente pianta orientale, alta non più di un accettabili. Esattamente il contrario metro, ha continuato a essere affumidella Latakia. Immagine tratta da www.glynnquelch.co.uk cata a fuoco diretto utilizzando piante Potrei raccontare un breve episodio aromatiche come ginepro e mirto. Da per dare un’idea dell’intensità del proallora è diventato il condimento essenziale di quasi tutte le fumo del Cavendish: molti anni fa studiavo in un collegio, mixture inglesi e il suo aroma caratteristico è inconfondibile. un edificio del XIV secolo, dei frati Barnabiti a Bologna. Se utilizzato in proporzioni troppo alte può dar fastidio, ma All’interno era ovviamente proibito fumare, ma io mi facevo la tinta esotica che conferisce alla mistura può trasformarsi le mie consolanti pipate nell’angusta cameretta. Un giorno in una vera “malattia” per il fumatore di pipa. I detrattori lo ebbi l’ardore di provare un Cavendish. Dopo una ventina di descrivono come il tabacco dall’aroma di pneumatico bruciato minuti venne a bussare alla porta nientemeno che il rettore e molti si chiedono come si possa mettere quella robaccia nel che abitava tre piani sopra. Mi ricordò che non era permesso fornello della pipa. fumare e poi guardando il mio attrezzo da fumo, mi suggerì… di cambiare tabacco! Alcune note, tra storia e leggenda Il tornado che ha travolto negli ultimi venticinque anni il Il Cavendish non è invece legato a una specifica pianta. Si mondo del tabacco in generale e di conseguenza anche quello tratta più propriamente di un processo piuttosto che di un della pipa ha fatto sparire la quasi totalità dei produttori storici tabacco. Si può realizzare sia con il Burley sia con i Virginia e ha fatto emergere alcuni piccoli produttori artigianali, sia Flue-Cured, ma anche con altre foglie, e viene prodotto in inglesi sia americani, che, in netta controtendenza, hanno molti paesi. La lavorazione è lunga e complessa, ma può essere proposto un prodotto nuovo e inusitato: la mistura di Cavenriassunta in poche parole come un processo di fermenta- dish e Latakia! Nulla, evidentemente, è impossibile.
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Rugby. Il pallone non è rotondo! Tendenze p. 48 – 49 | di Patrizia Mezzanzanica
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he sia stato davvero William Webb Ellis, uno studente della Public School di Rugby (Inghilterra), nel 1823 a infrangere le regole del calcio correndo verso la linea di fondo campo avversaria con il pallone in mano (ben stretto a sé) e inventando così il gioco del rugby, in fondo non ha tutta questa importanza. L’aspetto interessante è che più di vent’anni dopo, in una calda giornata d’agosto del 1845, le regole di questo gioco furono finalmente fissate... Dal quel lontano 1845 il rugby ha naturalmente fatto molta strada. Tanto che oggi sono 93 le nazioni riconosciute dal ranking ufficiale, cioè da una classifica di merito schedata in punti. In questa classifica la Francia è al quinto posto, l’Italia all’11esimo… e la Svizzera solo al 56esimo. Una posizione destinata presto a migliorare, dato il successo dei mondiali
appena iniziati in Nuova Zelanda seguiti con sempre maggior interesse, e dove Nuova Zelanda, Australia, Sud Africa, Samoa, Argentina, Inghilterra, Galles, Irlanda, Italia, Francia e Scozia si sfidano in quello che è considerato lo sport di squadra per eccellenza, regolato da una ferrea disciplina e animato da coraggio e altruismo. Per il corpo e per l’anima Il rugby è uno sport che appassiona e rende tutti un po’ migliori e che, non a caso, un presidente illuminato come Nelson Mandela ha scelto per costruire l’identità nazionale del nuovo Sud Africa. Uno sport “per bianchi” – per giunta aristocratici – che ha saputo unire un popolo dilaniato dalla tragedia razziale e che l’Africa tutta ha abbracciato con entusiasmo. E ancora, uno sport che insegna dei valori, a essere leali, uniti, compagni, che forma il carattere di tanti giovani
appassionati e li aiuta a crescere. “Questo è ciò di cui siamo più fieri” spiega infatti Franco Tonni, direttore sportivo degli Aironi di Viadana, uno dei due superclub italiani – l’altro è il Treviso – che gareggiano nella Celtic League, un campionato internazionale tecnicamente molto avanzato dove si confrontano squadre gallesi, irlandesi e scozzesi. “Conoscere il gioco vuol dire appassionarsi, e la ragione di questo entusiasmo è che non esiste nessuno sport paragonabile al rugby. Nelle altre discipline il contatto fisico è da condannare, da fischiare, ma è nello spirito degli uomini combattere: è questo il vero gioco di squadra. Da noi il contatto è la parte principale, gestito con regole durissime e affrontato con intelligenza, conoscenza e senso del rispetto. In Irlanda, i professionisti che smettono di giocare, ricevono un fondo pensione perché ciò che hanno fatto ha contribuito ad abbassare lo stress sociale, come una sorta di psicanalisi collettiva contro la violenza. Il rugby è duro, fisico, è un vero e proprio scontro pieno di sentimento e di buon senso”. E che ci sia sentimento è chiaro non solo dalle parole di Franco Tonni, ma dal suo ruolo, che non è quello di un normale direttore sportivo, ma ha mansioni più filosofiche. È vero, lui recluta le nuove leve e acquista giocatori e allenatori, ma soprattutto costruisce il futuro. Il che comporta normative, conoscenze tecniche, tutto un know how per educare a questo sport, per creare e diffondere un’identità di squadra, un’accademy in cui formare i talenti di domani,
a contatto con i grandi campioni di oggi, da cui imparare, ai quali ispirarsi. “Perché – dice – l’identità è tutto in una squadra”. La febbre rossocrociata È in tempi di mondiali come questi che l’impegno e la dedizione di tanti addetti ai lavori vengono premiati, perché la visibilità è grande e il successo dei campioni fa da traino a tutta una nuova generazione. “Fra quattro anni i mondiali si svolgeranno in Inghilterra e il tifo, in Europa, aumenterà ancora” continua Tonni. “Poi sarà il turno del Giappone e fra 12 anni, con tutta probabilità, arriveranno in Italia. Allora ci sarà un’esplosione del rugby, e spero proprio di potermela godere!”. La febbre salirà anche in Svizzera, dove la tradizione rugbistica è forte soprattutto nella ragione francofona. “La prima partita giocata in Romandia risale al 1869 – racconta Luca Tramontin, commentatore tv e giocatore – e anche se la Svizzera non ha una tendenza «super professionistica», ha comunque un grande cuore amatoriale. Il tifo segue il trend europeo di crescita e si fa un grande lavoro nelle scuole, soprattutto qui, a sud delle Alpi, dove le squadre inviano gli insegnanti a far proseliti fra i giovani. C’è anche una squadra giovanile molto competitiva, i Castori di Origlio. Oggi in Svizzera, per la prima volta, vengono giocate tutte le forme di palla ovale. Oltre al classico rugby union anche la versione americana e il calcio australiano, e abbiamo anche la prima squadra di rugby al mondo per disabili psichici. Insomma, c’è tutto... basta divertirsi”.
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Con Marte e Urano in trigono potrete cimentarvi nell’imprese più pazzesche. Ardore e originalità. Cambiamenti epocali nella scala dei propri valori. Sbalzi umorali e scatti d’ira tra il 27 e il 28 settembre.
Grazie agli ottimi transiti con Giove e Plutone, e alla vostra forza di volontà, potrete raggiungere qualunque tipo di obiettivo. State però attenti a non farvi sovrastare dalla vostra ossessione per il potere.
Con Marte, Urano e Mercurio favorevoli potete andare dove volete. Cercate le novità e così riuscite ad approfittarne senza indugio. Sfruttate questa congiunzione nella maniera più costruttiva possibile.
Fine mese segnato da scelte sentimentali di una certa importanza. Anche se ragione e sentimento non vanno d’accordo in questo periodo tendete a fare bilanci della vostra unione sentimentale. Luna magica.
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Grazie ai pianeti questo mese si presenta come un periodo adatto per arrivare al raggiungimento dei propri obiettivi. Sarete schietti, anche se un po’ frenetici. Cercate di utilizzare questa carica di energia.
Grazie agli aspetti con Giove e Plutone e al vostro carisma potrete fare colpo verso ogni tipo di interlocutore. Volitivi e perseveranti anche nelle posizioni di potere. Buone opportunità per i nati in agosto.
Decisioni importanti tra il 27 e il 28 settembre. Selezionate le vostre amicizie in base alle affinità. Cambiamenti radicali e improvvisi per i nati nella prima decade. Favorite le scelte di vita più creative.
Tra il 29 e il 30 la Luna transiterà nel vostro segno. Tale aspetto potrebbe rendervi improvvisamente irascibili. Attenti a controllare le reazioni del vostro orgoglio. Chi ha concluso le vacanze eviti gli stravizi.
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Grazie a Marte e Urano in trigono potrete cimentarvi in qualunque tipo di impresa. Canalizzatevi nel raggiungimento dei vostri obiettivi. Collaborazioni con amici tra il 27 e il 28 settembre favorite dalla Luna.
L’ultima settimana di settembre si presenta favorevole per tutti quelli che hanno deciso di rompere con il passato e desiderano far spazio al nuovo che avanza. Opportunità professionali. Possibile matrimoni.
Periodo stravagante: siete sollecitati nel vostro egocentrismo dagli aspetti di Marte e Giove. Con questi transiti tendete a mancare completamente di senso della moderazione. Siate più costruttivi e ponderati.
Passionale la Luna del 29 e 30 settembre. Momento ideale per vivere con intensità situazioni amorose. Restate centrati su voi stessi senza cedere alla tentazione di abbandonarvi ad atteggiamenti autodistruttivi.
» illustrazione di Adriano Crivelli
» a cura di Elisabetta
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Orizzontali 1. Eliminare con la gomma • 9. Le ha pari il barista • 10. Se le dà il borioso • 11. Ne soffre l’afono • 14. Interpreta ruoli • 15. Lo spinto del sarto • 17. Philippe, attore • 18. Tubo centrale • 19. Gaie, giulive • 21. Dubitativa • 22. Dittongo in guasto • 23. Città giordana • 25. La dea dalle rosee dita • 27. Non diritti • 28. Belgio e Portogallo • 29. Bailamme • 30. La fine di Aramis • 31. Adipe • 33. La bevanda che si filtra • 34. Nome di donna • 36. I confini di Balerna 37. Riconoscente • 38. Preposizione semplice • 40. Son dieci in un chilo • 41. Il nome di Chiambretti • 43. Strada losannese • 44. Un colpo all’uscio • 45. Nel centro di Roma • 46. Austria e Norvegia • 47. Il pasto della iena • 49. Oberato, gravato • 50. Un alto graduato. Verticali 1. Fu spadaccino e scrittore • 2. Il sommergibile di Verne • 3. Un’insalata amarognola • 4. Celestiali (f) • 5. Lamenti poetici • 6. Il fiume fiorentino • 7. Disseppelliti • 8. Escursionisti Esteri • 12. Pari in mastro • 13. Un compito scolastico • 16. Intarsia legno pregiato • 20. Un laccio del chirurgo • 24. Consonanti in marea • 26. Acconcia allo scopo, confacente • 27. L’opposto di profano • 32. Priore • 35. Un libretto dell’autista • 36. È noto quello rampante • 39. Pedina coronata • 41. Forellino epidermico • 42. Emirato arabo • 44. Sigla radiologica • 47. Concorso Internazionale • 48. Le iniziali di Gaber.
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 40
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 29 settembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 27 sett. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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DEL ORA E T N RMANE PE
O T T U T DI SU
O T % N E 0 M I 1 L’ASSORT
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CON LA NUOVA ONDATA DI RIBASSI SUL PREZZO DI OLTRE 300 PRODOTTI, DA DICEMBRE 2010 MIGROS HA RIBASSATO IN MODO PERMANENTE IL PREZZO DI PRODOTTI. ALLA MIGROS I TUOI SOLDI VALGONO SEMPRE DI PIÙ.
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