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№ 47

del 25 novembre 2011

con Teleradio 27 nov. – 3 dic.

Speciale lusso

La ricchezza e L’eTica



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Ticinosette n° 47 del 25 novembre 2011

Agorà Gli svizzeri e la ricchezza Mundus Silenzio da ricchi Arti Arte, cara arte

di

Vitae Edoardo Agustoni di

di

di

Società Vecchi affari

duccio caneStrini . . . . . . . . . . . . . . . Mariella dal Farra . . . . . . . . . . . .

valentina GeriG . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

FaBio Martini; Foto di reza Khatir . . .

Kronos La lussuria del lusso di

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Silvano de Pietro . . . . . . . .

nicoletta Barazzoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Salute La mente esclusiva Reportage Gioielli

di

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di

FranceSca riGotti . . . . . . . . . . .

Giancarlo FornaSier . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tendenze Grosso come l’Hotel Ritz

di

MariSa Gorza . . . .

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cruciverba / Concorso a premi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

THE

GIFT OF TIME

Tanto per pochi, poco per tanti

Impressum Chiusura redazionale Venerdì 18 novembre Editore Teleradio 7 SA 6933 Muzzano Direttore editoriale Peter Keller Redattore responsabile Fabio Martini Coredattore Giancarlo Fornasier Photo editor Reza Khatir

Tiratura controllata 70’634 copie

lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 Amministrazione via Industria bellinzona@publicitas.ch 6933 Muzzano Publicitas Chiasso tel. 091 960 33 83 Pubblicità tel. 091 695 11 00 fax 091 960 31 55 Publicitas Publimag AG fax 091 695 11 04 Mürtschenstrasse 39 Direzione, chiasso@publicitas.ch Postfach redazione, Publicitas Locarno 8010 Zürich composizione tel. 091 759 67 00 tel. +41 44 250 31 31 e stampa fax 091 759 67 06 fax +41 44 250 31 32 Centro Stampa Ticino SA service.zh@publimag.ch locarno@publicitas.ch via Industria www.publimag.ch 6933 Muzzano In copertina Annunci locali tel. 091 960 33 83 Calvino e il denaro Publicitas Lugano fax 091 968 27 58 Illustrazione di tel. 091 910 35 65 ticino7@cdt.ch fax 091 910 35 49 Antonio Bertossi www.ticino7.ch Stampa (carta patinata) Salvioni arti grafiche SA 6500 Bellinzona TBS,LaBuonaStampaSA 6963 Pregassona

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Il Global wealth report è un documento di una sessantina di pagine redatto dall’istituto bancario Credit Suisse. Apparso lo scorso ottobre, questo studio valuta in 231mila miliardi di dollari la ricchezza privata mondiale (dati riferiti allo scorso giugno). Sempre secondo il CS, nel prossimo quinquennio la ricchezza globale aumenterà del 50% raggiungendo quota 345mila miliardi di dollari, con Cina e paesi emergenti dell’area del Pacifico a dominare le classifiche di chi si arricchisce maggiormente. Come ricorda anche Silvano De Pietro nell’articolo di apertura, la Svizzera compare più volte nel novero dei paesi con maggiore ricchezza. È, per esempio, la prima assoluta se si considera la ricchezza pro capite media: gli autori hanno calcolato che ogni cittadino della Confederazione ha a disposizione all’incirca 540mila dollari (!), valore in netto aumento rispetto al gennaio del 2010 (+27,7%). L’Australia segue a una distanza assai rilevante (nemmeno 400mila dollari), la Norvegia a quasi 365mila, la Francia a 293mila, l’Italia a poco meno di 260mila (+0,7%), il Giappone (decimo in classifica) vicino alla soglia dei 250mila dollari pro capite. Il nostro paese compare all’ottavo posto assoluto tra gli stati che hanno maggiormente contribuito all’aumento della ricchezza nel mondo: quasi 8 milioni di persone che (teoricamente) hanno aggiunto ulteriori 735 miliardi di dollari alla montagna di denaro. Il rapporto del CS non indica però la provenienza di questi soldi; e nemmeno quanto abbia contribuito alla creazione di tale enorme cifra il provento da reati, riciclaggio, malversazioni e speculazioni finanziarie. Buona lettura, la Redazione

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Gli svizzeri e la ricchezza

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di Silvano De Pietro

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a Svizzera è al secondo posto nel pianeta per la più alta densità di milionari rispetto alla popolazione. Lo afferma un recente studio sulla ricchezza in Svizzera, intitolato Wie Reiche denken und lenken (“Come pensano e agiscono i ricchi”) del sociologo basilese Ueli Mäder. Anche dal punto di vista della popolazione complessiva – che è un millesimo di quella mondiale – il nostro paese appare comunque straricco, poiché possiede oltre un centesimo della ricchezza globale. Il medesimo studio afferma che in Svizzera una persona su quaranta dei quasi 8 milioni di abitanti possiede un patrimonio di oltre 1,2 milioni di franchi. Il 3% dei contribuenti privati dispone di un patrimonio netto pari a quello del restante 97%. E secondo la rivista “Bilanz”, dal 1989 al 2009 i patrimoni dei 300 svizzeri più abbienti sono aumentanti da 86 a 449 miliardi di franchi.

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Agorà

Il nostro paese gode di un indiscutibile primato di ricchezza nel mondo. Ma, al di là di dati e statistiche, in che modo viene percepita e vissuta questa condizione dagli stessi svizzeri? Che attitudine riveliamo come popolo sul piano della solidarietà verso chi è meno fortunato? Può sussistere un rapporto virtuoso fra etica e ricchezza? Ne parliamo con l’economista Christian Marazzi e con il teologo Alberto Bondolfi

I ricchi non si estinguono mai Ma chi sono i veri ricchi, oggi, in Svizzera? “Negli ultimi anni i milionari svizzeri sono quadruplicati”, dice Christian Marazzi, economista e professore alla Supsi, “erano 510 nel 1997 e oggi sono oltre 2.800. Il famoso 1% detiene il 40,6% di tutta la ricchezza patrimoniale. E quest’anno, dei 40 miliardi di franchi lasciati in eredità, più della metà finirà nelle mani di plurimilionari. Come dire: a chi ha di più, viene dato di più. Alla faccia della meritocrazia!”. Questo aumento della ricchezza si


spiega, aggiunge Marazzi, “alla luce della finanziarizzazione dell’economia, ossia di quel processo che produce denaro a mezzo di denaro, a scapito dell’economia reale”. In effetti, la dimensione di questo paese come centro di servizi finanziari è semplicemente sbalorditiva: con una quota di mercato del 27% e una gestione di patrimoni che ammontano a oltre 2.100 miliardi, la Svizzera è la più grande piazza finanziaria offshore del mondo. Dunque, ci si arricchisce anche solo gestendo i patrimoni altrui? “Tra i nuovi ricchi si trovano appunto i gestori del denaro altrui”, risponde Marazzi, “poiché si arricchiscono soprattutto i manager delle grandi imprese e delle banche più importanti che guadagnano cifre da brivido. Dal 2009, per fare un esempio, la remunerazione complessiva della direzione del Credit Suisse è passata da 149 a 160 milioni di franchi (+ 7,4%), quella di Ubs da 69 a 91 milioni (+ 35%), mentre nel frattempo si licenzia come se nulla fosse. La ricchezza non solo è più diffusa, ma è anche più invisibile, si nasconde all’interno di una società in cui il lavoro è svalorizzato a tutto vantaggio del capitale, del potere del denaro”. E la povertà? In Svizzera cresce tuttavia anche la povertà, o meglio il fenomeno dei working poors, persone che lavorano, si danno da fare, ma vengono pagate troppo poco per potersi liberare dalla povertà. È una condizione, spiega ancora Marazzi, che “riguarda qualcosa come l’8,5% della popolazione. Si tratta di famiglie numerose, famiglie monoparentali, disoccupati e lavoratori indipendenti. Stando all’Unicef, nel nostro paese la povertà infantile è pari al 6,8%, mentre è del 10,2% in Germania e del 21,9% negli Stati Uniti. Il fenomeno dei working poors – ossia di coloro che nonostante un’occupazione a tempo pieno hanno redditi inferiori alla soglia di povertà, che è di 2.200 franchi di reddito disponibile – si aggira per la media svizzera attorno al 6%, con punte elevate in cantoni come il Ticino (circa l’11%)”. La condizione di povertà, in cui tante persone vengono tenute nonostante lavorino, sembra una maledizione. Ma è una situazione davvero così inevitabile, o incontrollabile? “Si tratta di un fenomeno strutturale”, è la risposta di Marazzi, “legato cioè ai bassi salari, che tende però a crescere o a diminuire a seconda della congiuntura economica. In questo periodo, la crisi internazionale non aiuterà certamente a contenere o a ridurre i working poors, anzi”. Il ricco e il “braccino corto” La riflessione parallela che viene spontaneo fare, pensando alla ricchezza di questo paese, riguarda il “se“ e il“ quanto” gli svizzeri siano realmente generosi verso i paesi poveri. Certo, le donazioni, gli aiuti, la partecipazione ai soccorsi, si organizzano qui come in tutto l’Occidente benestante. Ma è una generosità sufficiente? Mica tanto, secondo Marazzi: “La Svizzera «dona» oggi una quota pari allo 0,47% del suo Pil, qualcosa di più dello 0,40% che era nel 2004. Siamo lontani dall’1,03% della Svezia o dall’1% del Lussemburgo. E siamo ancora lontani da quello 0,7% che i paesi sviluppati si erano prefissati di raggiungere entro il decennio. Non solo potremmo permetterci di essere più generosi, ma dovremmo farlo, se solo ci si rendesse conto che una parte importante degli utili conseguiti dalle nostre

imprese multinazionali deriva dallo sfruttamento dei paesi poveri o in via di sviluppo. Circa la metà della ricchezza della Nestlé la si deve ai paesi poveri, ma ricchi di materie prime. E poi ci si lamenta dell’afflusso di immigrati, un fenomeno sicuramente legato allo sviluppo ineguale mondiale, al quale la Svizzera contribuisce fortemente”. Etica e ricchezza A questo punto è inevitabile porsi alcune domande sulla moralità della ricchezza, sul rapporto tra i ricchi svizzeri e la propria coscienza. Ne discutiamo con il teologo Alberto Bondolfi, professore di etica all’Università di Losanna. La Svizzera è il terzo paese con più miliardari e ha forse il popolo più ricco del mondo. Non risulta essere, tuttavia, anche tra i più generosi verso i paesi poveri. C’è da vergognarsene? “Sì e no. La ricchezza depositata in Svizzera è davvero enorme, ma la sua proprietà è in ben poche mani. La solidarietà verso i paesi poveri è un dovere sia dei singoli cittadini sia delle istituzioni politiche. Ma la realizzazione di questo dovere non è impresa facile. Gli individui in Svizzera non hanno che l’imbarazzo della scelta poiché la presenza di associazioni umanitarie è davvero folta e il loro impegno di grande qualità. Per quanto riguarda invece il dovere delle istituzioni politiche, il discorso si fa maggiormente critico. Lo stato, infatti, ha a disposizione solo lo strumento del fisco per racimolare parte dei capitali depositati nel nostro paese e ridistribuirli a chi ne ha davvero bisogno. Questo strumento, soprattutto per quanto riguarda le sostanze (e non primariamente i redditi), è alquanto deficitario. Ma anche qualora il nostro stato fosse esemplare in questo ambito, dovrebbe anche controllare che la distribuzione avvenga in modo corretto. Le opere di aiuto umanitario potrebbero svolgere questo lavoro in maniera altrettanto corretta, ma la volontà politica viene a mancare, poiché si ritiene che la credibilità della piazza finanziaria svizzera sia prioritaria rispetto al dovere di ridistribuzione delle ricchezze”.

Agorà

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L’esibizione della ricchezza è un’offesa ai poveri, o risponde a un’esigenza naturale dell’uomo? “Ci sono evidentemente dei limiti all’esibizione della propria ricchezza, anche se questi limiti non possono essere formulati in maniera precisa. Tutto dipende dalla reazione che una società manifesta nei confronti di chi esibisce. Al riguardo noi svizzeri siamo sicuramente più sobri rispetto a nazioni a noi prossime. Si tratta di mantenere alta questa sensibilità”. Un tempo gli svizzeri evitavano di esibire la loro ricchezza. Riescono ancora, secondo Lei, a essere ricchi in modo dignitoso? “Il retaggio dell’ethos calvinista, che caratterizza le popolazioni di tradizione protestante ma che riguarda anche i cattolici che abitano da noi, sembra svanire o trasformarsi in taccagneria. Una certa qual modestia dei ricchi mi sembra comunque ancora presente. Ne faccio personalmente l’esperienza quando entro in contatto con persone davvero ricche”. Questa risposta non pare in sostanziale contrasto con il giudizio espresso in merito dall’economista Marazzi: “Non c’è (...)


Ritorniamo dal teologo Bondolfi per riproporre la questione etica con una diversa formulazione. Denis de Rougemont definì gli svizzeri “un popolo felice”. Ma hanno il diritto di esserlo? O, viceversa, è giusto che la consapevolezza della povertà diffusa in gran parte del mondo rovini la loro felicità? “Il fatto che si possa percepire la povertà come un disturbo per la propria situazione e un impedimento alla propria felicità, è davvero sentimento altamente meschino. Questo sentimento può comunque anche essere interpretato come un segnale di cattiva coscienza. I ricchi dovrebbero chiedersi come sia nata la loro ricchezza. Qui gli scenari possono essere davvero molto diversi tra loro. Se la ricchezza può essere ricondotta al lavoro avrei meno problemi di quando essa è semplicemente il frutto di attività speculative slegate completamente dall’economia reale. In altre parole, non riesco a legittimare una ricchezza che sia solo il frutto di speculazioni particolarmente abili. Ammetto personalmente di avere un conto in banca con alcuni risparmi, ma di non possedere alcun titolo da giocare in borsa. I risparmi mi tranquillizzano, mentre se dovessi occuparmi quotidianamente dei miei titoli e del loro destino, la qualità della mia vita ne subirebbe un danno evidente.

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Mi piacerebbe discutere di questo problema (qualità della vita e proprietà di titoli in borsa) con persone che ne possiedono molti e vedere come queste persone percepiscono la qualità della loro esistenza quotidiana”. Ricchezza, egoismo e insensibilità devono per forza andare insieme? Si può essere ricchi e di buon cuore? “Non solo si può, ma si deve. In genere chi è ricco per sforzo proprio si differenzia dai «nuovi ricchi» diventati tali solo per colpi di fortuna in borsa”. In definitiva, può esistere una ricchezza “etica” che non sia accompagnata da cattiva coscienza e sensi di colpa? “Dobbiamo ammettere che tutti noi abbiamo, in maniera diversa, un certo qual senso di colpa. Si tratta di elaborarlo non rafforzandolo ulteriormente, ma rendendolo stimolo verso una maggiore giustizia. Per chi si dice cristiano, inoltre, rimane la convinzione che non diventiamo «giusti» attraverso i nostri sforzi, anche altruistici, ma soltanto perché «Qualcuno» ci rende giusti. Anche i cristiani non hanno comunque mani maggiormente miracolose degli altri per distribuire più equamente le ricchezze, ma solo le mani di tutti. La mani sono sempre un po’ sporche, ma il solo modo per non sporcarle è quello di non averle...”. “Sì, certo”, è la risposta di Marazzi alla stessa domanda; “quando la ricchezza conseguita è il risultato di un progetto di società da tutti condiviso. Comunque, non mi sembra che la cattiva coscienza e il senso di colpa siano una caratteristica saliente del nostro ceto più ricco. Almeno fino a quando la gente non si ribella contro la disuguaglianza e la povertà”.

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nulla di diginitoso in una ricchezza accumulata a scapito di chi lavora, e lavora molto, senza che il suo contributo alla società venga riconosciuto. Quando meno del 3% della popolazione possiede più del 97% dei patrimoni, quando cioè la distanza tra chi ha e chi non ha si allunga di anno in anno, il problema non è più solo quello della dignità, ma della responsabilità sociale. Che non mi sembra importi più di tanto ai nostri cittadini facoltosi”.

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Silenzio da ricchi Che cos’è il lusso oggi? Ricchezza ostentata, ville superprotette, vacanze impossibili in luoghi altamente esclusivi, amicizie altolocate e influenti, oppure eserciti di persone al proprio servizio? Certamente sì, ma non solo… di Duccio Canestrini

Palm Beach in Florida è sempre stata la mecca dei milionari al suo volume intitolato Dizionario del lusso low cost (2008; americani. Negli anni Ottanta del Novecento – in fondo www.ilmiolibro.it) scrive: “È arrivato il momento di ripensare il solo una trentina d’anni fa… – il quotidiano locale “The lusso. Un tempo si identificava col superfluo, l’inutile, il costoso, lo Palm Beach News” veniva stampato su carta lucida per sfarzo, lo splendore, il sovrabbondante, l’ostentazione, e si contrapev it a re c he l’i nc h iost ro poneva alla povertà, alla frugalità, tipografico lasciasse traccia sui alla modestia, alle ristrettezze. Ogguanti bianchi dei lettori. gi tutto sembra cambiato. Con la Tra questi v’era il magnate tendenza livellatrice della sodell’editoria Malcolm Forbes, cietà di massa il privilegio del noto per le sue stravaganze. lusso non sembra più poggiare Attingendo a un patrimonio sull’ineguaglianza economica, ma di miliardi (di dollari), Forbes su quella culturale, sulla capacità alternava i weekend nel suo di resistere al condizionamento grande castello in Normandia, dei mass media. Il gadget senza nel suo palazzo marocchino, senso (dunque lussuoso) diventa nella sua casa di Londra o indispensabile come strumento in in quella polinesiana alle Isole sovrappiù per imprimere e marcaFiji. Oppure si spostava in uno re la nostra differenza, la nostra dei suoi ranch negli Stati Uniti. unicità, nel mondo”. Certo, e a Ferrari, Maserati e Lamborghini, maggior ragione in un’epoca di non di serie, abbondavano recessione economica, il lusso nei suoi garage, e per volare popolare appare un’illusione. aveva un Boeing 727 privato Perché in linea di principio tutto sempre a disposizione. All’asta ciò che diventa quantità, perde faceva incetta delle uova d’oro fatalmente in qualità. A meno Illustrazione di ©Henrik Tomenius di Fabergé create per lo zar di che non si considerino lusso un Russia e si vantava di avere nella paio di sandali scalcagnati ma sua collezione di inestimabile valore due uova in più di molto comodi, al posto di costose scarpe inglesi: da questo quelle conservate al Cremlino. Per qualche motivo, pare che punto di vista, inoppugnabile, tutto è relativo. abbia nascosto la sua omosessualità per tutta la vita, cosa che probabilmente lo rendeva un po’ – ma solo un po’ – infelice. Chi viaggia di lusso… Nel mondo dei viaggi il concetto di lusso si sta trasformando. La ricchezza “è per tutti“ Le vacanze di lusso non sono più, o non solo, quelle trascorse Che cosa ne è del lusso, oggi? Certo esiste, ma è cam- in hotel a cinque stelle nella giungla o a Dubai. Ma piuttobiato. Per capire come è cambiato conviene osservare sto campi tendati protetti e appartati, sobri recessi, oasi di l’operato dei professionisti della comunicazione al silenzio. Discreti ritiri pagati a caro prezzo, per stare lontano soldo dei produttori di merci e servizi. Quelli che all’epo- dalla pazza folla. Se fino a qualche anno fa la connessione ca di Forbes vennero definiti “i persuasori occulti”, e cioè e le dotazioni informatiche che la rendono possibile, come psicologi e sociologi che lavorano in pubblicità. Il nuo- i telefoni cellulari, andavano di pari passo con lo status e la vo modello, chiamiamolo non X ma Y, di una nota ca- capacità di spesa dell’utente, ora è l’opposto. La tecnologia sa automobilistica, per esempio, viene propagandato in costa sempre meno, ce l’hanno tutti, e ce n’è troppa. Troppo queste settimane con lo slogan “Il lusso è un diritto”, rumore, in tutti i sensi. Sicché il lusso è diventato lo spazio, il dando a intendere che il lusso sia finalmente accessibile a silenzio, la disconnessione. Il privilegio di non essere reperibitutti. E voilà, la democratizzazione del privilegio, un bel di- li né raggiungibili dallo squillo del telefono. La possibilità di lemma. Forse ha ragione Giovanni Ceni che nell’introduzione delegare e magari anche di mandare tutti a quel paese.

Mundus

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Arte, cara arte Stando alle cifre stratosferiche che i collezionisti cinesi investono nelle opere d’arte si direbbe che il magmatico scenario economico globale non abbia affatto influenzato questo settore di Nicoletta Barazzoni

Arti

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Che siano i miliardari provenienti dalla Russia, dalla Corea su tela Il lago Lemano visto da Saint-Prex di Ferdinand Hodler è del Sud e dall’India, preceduti ovviamente da quelli cinesi, a stato venduto per 10,9 milioni di franchi a un’asta di Zurigo, contendersi oggi il mercato mondiale dell’arte, è un dato di quasi il doppio rispetto al precedente record raggiunto per un fatto. Secondo la rivista francese Atrprice1, i cinesi primeggiano quadro del celebre artista. Sempre durante un’asta di Sotheby su tutti gli altri paesi. Infatti soltanto loro spendono all’anno a Zurigo, in cui sono stati ricavati 42,5 milioni di franchi, il 4 bilioni di dollari, trasformando e controllando gran parte di Bergdorf di Augusto Giacometti è stato aggiudicato per 13,7 questo settore. Perché i loro gusti hanno determinato la do- milioni di franchi. manda, regolando l’andamento del giro d’affari Fra art funds plurimiliardario. Senza e art advisors dimenticare che la Cina Da un lato ci sono gli art ha dominato le vendite funds che rappresentano che sono valutate in 41 dei nuovi prodotti fimilioni di dollari. L’acnanziari (considerati da quisto, la collezione di alcuni analisti dei giochi opere d’arte, di oggetti truffaldini). Queste tipopreziosi e d’antiquariato logie di fondi sono delle continuano a rappresenforme di risparmio, che tare, dunque, un forma permettono una serie di di investimento2, inteoperazioni nell’acquisto grata da alcuni istituti di oggetti preziosi, facibancari con l’offerta art litando l’investimento banking. Margherita Di delle proprie eccedenClemente, nella sua tesi ze finanziarie, con la di laurea3 sostiene che compravendita di opere “la crisi dei mutui subprid’arte. Dall’altro lato la me, che ha riguardato non figura dell’art advisor ha solo il mercato immobiliafavorito operazioni speGreat Criticism Series - Pepsi dell’artista Wang Guangy è stato battuto da Sotheby re statunitense, ma l’ecoculative perché questo Hong Kong a 1,16 milioni di HK$ (imm. tratta da www.jingdaily.com) nomia mondiale, non ha intermediario professioinfluenzato i prezzi delle opere d’arte, sia perché l’arte è considerata nale percepisce una percentuale sulle vendite. Egli fiuta l’affare una classe d’investimento totalmente indipendente, non correlata e insegue la pista del guadagno, con la possibilità di fare degli ai mercati finanziari, sia perché lo shock immobiliare ha toccato utili sull’acquisto, sfruttando la contingenza (anche quella un ceto, quello medio, che difficilmente acquistava arte”. sfavorevole dell’artista). Su questi temi abbiamo interpellato il gallerista Tiziano DabIl prezzo dell’arte beni che, insieme alla sua famiglia, è il titolare dello Studio Tra gli oggetti d’arte più preziosi al mondo c’è un vaso impe- Dabbeni a Lugano. Da trent’anni la galleria d’arte contemporariale della dinastia Ming del secolo xIII, venduto a un collezio- nea ha puntato soprattutto sulla relazione diretta e privilegiata nista cinese per 21,6 milioni di dollari. Un articolo apparso sul con gli artisti. “The Wall Street Journal” ha annunciato l’acquisto, alla casa d’aste Sotheby, del dipinto di Picasso Women reading per 21,3 Signor Dabbeni, avete risentito della crisi finanziaria che milioni di dollari, sborsati sempre da un acquirente cinese. ha colpito buona parte del pianeta? La compagnia d’aste cinese China Guardian ha globalmente “Certamente la crisi si è fatta sentire, progressivamente a partire speso 1,5 bilioni di dollari, mentre la xiling Group ha investito dal 2009 per toccare il suo apice l’anno scorso. Quest’anno la 1,1 milioni di dollari in un vaso Quing, rivendendolo dopo situazione si è stabilizzata anche se il panorama rimane sostanquattro anni al triplo del suo valore d’acquisto. Anche l’olio zialmente molto incerto”.


La sponsorizzazione delle opere d’arte è una forma da voi considerata? “Noi non abbiamo mai goduto di sponsorizzazioni. Abbiamo, nel passato, avuto dei riconoscimenti per la nostra produzione editoriale. La nostra attività è sostenuta dai collezionisti privati che da anni ci seguono costantemente con attenzione”. Perché da qualche anno non siete più ammessi alla fiera di Art Basel? “Dal 2010 (dopo ventiquattro anni di presenza) non siamo più stati selezionati da Art Basel. Probabilmente al comitato della fiera la nostra attività a Lugano e l’ultimo stand presentato non sono piaciuti. L’Art Basel rimane comunque la fiera più importante al mondo e noi consigliamo ogni anno di visitarla. Bisogna sottolineare che con la crescente globalizzazione, l’Art Basel è sempre più interessata a invitare gallerie dai paesi emergenti e, soprattutto, dalle piazze finanziarie progressivamente sempre più forti (da Londra e New York all’Est, all’Asia e all’America latina)”. Che cosa la disturba maggiormente quando si parla di arte e di mercato dell’arte? “Il mercato dell’arte – che fino alla fine degli anni Novanta era riservato a un collezionismo privato che acquistava attraverso un rapporto di fiducia con le gallerie e con un criterio attento a sviluppare la propria collezione, dove in primis prevaleva il piacere personale – ora è diventato uno dei centri dell’investimento. Le case d’asta hanno preso il sopravvento sul sistema dell’arte, da una parte, positivamente, «allargando» l’interesse verso l’arte contemporanea in generale; dall’altra hanno sicuramente generato un discorso puramente finanziario. È sempre più difficile tenere

sotto controllo questi due aspetti, talvolta contraddittori. All’artista ticinese Sferico abbiamo invece chiesto un parere sul mercato dell’arte. “La maggior parte delle opere d’arte, fino alla Seconda guerra mondiale, garantiscono solidità per un valore intrinseco dell’opera stessa. Oggi stiamo assistendo a un mercato instabile per quotazioni inverosimili e si prevedono forti oscillazioni nel contemporaneo. Il collezionista dovrà sempre più sapersi affidare al suo personale intuito culturale-estetico che è il parametro più sicuro. Meno soggetti a svalutazione sono quadri e sculture antiche, mentre l’antiquariato ha perso terreno già da dieci anni a questa parte. Quando studiavo a Venezia, durante la notte, dei ladri si erano calati dal tetto di Santa Maria dell’Orto, vicino a casa, rubando una pregiata tavola lignea del Bellini. Il collezionismo da bunker è terrorismo nei confronti della cultura, mentre il collezionismo privato ha sempre alimentato la creazione e la conservazione della tradizione visiva occidentale”. note 1 www.artprice.com. Il rapporto annuale di Artprice sul mercato dell’arte viene redatto sulla base di 5,4 milioni di risultati d’asta registrati in 3.600 case d’aste. 2 Secondo Thierry Ehrmann, fondatore e presidente della rivista Artprice l’assimilazione dell’arte verso un’attività finanziaria da parte di alcuni soggetti ha portato alla nascita di un nuovo modello: la borsa dell’arte. La Cina è una pioniera in questo campo perché il governo cinese ha lanciato nel 2009 la Shenzen Cultural Assets and Equity Exchange (Szcaee), vale a dire la borsa dei Beni culturali di Shenzen. Questo modello di borsa valori dedicata all’arte sta già prendendo piede nel mondo. In particolare in Francia, dove nel gennaio 2011 Pierre Naquin ha lanciato l’Art Exchange, con alcune migliaia di opere di Sol Le Witt e Francesco Vezzoli. 3 Gli “Art funds”: l’economia incontra il mondo dell’arte, M. Di Clemente, Università Politecnica delle Marche, Facoltà di Economia, A.A. 2007/’08.

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La mente esclusiva Fin dai suoi esordi, una delle critiche mosse alla psicoanalisi è stata quella di essere una forma di psicoterapia elitaria, in quanto costosa sia in termini di tempo sia di denaro. E oggi? di Mariella dal Farra

Salute

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Immagine tratta da www.marcopaseriicoloridellarte.blogspot.com

Nata nell’alveo dell’alta borghesia viennese agli inizi del Novecento, la psicoanalisi si rivolgeva prevalentemente a esponenti di quella stessa classe: i soli che disponessero dei mezzi finanziari adeguati per poterla sostenere. A distanza di più di un secolo, il panorama delle psicoterapie si è notevolmente diversificato, tanto che una ricerca condotta qualche anno fa dal dottor Toksoz Bryam Karasu (19841) lo segmenta in più di quattrocento approcci presumibilmente differenti tra loro. Tale segmentazione caratterizza non soltanto i metodi ma anche, e di conseguenza, i parametri di durata, articolazione e costo, rendendo di fatto accessibile la possibilità di un trattamento psicoterapeutico alla maggior parte della popolazione. Le psicoterapie “di lusso” continuano però a esistere, almeno presso coloro che se le possono permettere. Il dottor T. B. Karasu, per esempio (lo stesso della ricerca sopra menzionata e noto per l’expertise nel trattare pazienti particolarmente abbienti), riceve nel suo studio di Manhattan alla modica cifra di seicento dollari a seduta – ciascuna delle quali ha una durata di quarantacinque minuti – con frequenza almeno bisettimanale. In un’intervista rilasciata al “New York Times”2 lo psicoanalista racconta di come un giorno sia stato chiamato dal segretario di un suo paziente per modificare un appuntamento fissato in precedenza: il nuovo programma prevedeva di volare con lui negli Hamptons in elicottero e svolgere terapia durante il tragitto; un’auto l’avrebbe riaccompagnato a New York la mattina seguente.

“Una volta i miei pazienti erano i figli dei ricchi: ereditieri, persone che soffrivano per essere state trascurate da genitori appartenenti al jet set, o per la paura di deludere le aspettative di padri facoltosi”, dice il dottor Michael H. Stone, psichiatra affiliato alla Columbia University. “Ora vedo molti giovani – nei loro trenta o quarant’anni – che hanno fatto da sé la propria fortuna. […] Nella mia esperienza, c’è un’alta incidenza di depressione fra le persone che sono nate ricche. Per contro, le persone che si sono arricchite da sole sono spesso narcisiste in un modo che esclude la depressione”.3 Terapie da sogno Questi pazienti, spiega Karasu, tendono a trattare il proprio terapeuta come “uno dei tanti professionisti altamente specializzati che «fanno parte della squadra», alla stessa stregua cioè del personal trainer, del cuoco, del pilota o del consulente finanziario”. In questo contesto, la parcella elevata è una garanzia di qualità e rassicura il paziente del fatto che, ancora una volta, sta ricevendo un trattamento esclusivo. La stessa logica sembra presiedere la scelta del programma residenziale: parliamo delle rehab4 , i centri di riabilitazione frequentati dalle star del cinema con problemi di dipendenza dalle droghe e/o dall’alcool (e/o dal cibo, dal sesso, dallo shopping e così via). Sdoganato negli ultimi anni, il ricovero presso il centro di riabilitazione pare quasi essere diventato una sorta di ratifica della notorietà: la rehab si trasforma così in un luogo speciale dove persone ricche e famose si prendono cura di sé. Fra le più celebri, e co-


stose, ricordiamo “Promises”: situata a Malibu, in California, all’interno di una vasta proprietà antistante l’Oceano Pacifico, è la quintessenza della rehab californiana e offre ai propri ospiti, oltre ai programmi terapeutici, alta cucina, sport, e la possibilità di cimentarsi in varie attività all’aria aperta. Diana Ross, Ben Affleck, Robert Downey junior e, più recentemente Lindsay Lohan sono alcuni dei pazienti che hanno soggiornato qui, a un costo indicativo di 90.000 dollari al mese. Analogamente, “The Sanctuary”, annidato a Byron Bay, nell’estremità orientale del continente australiano, è una rehab di lusso specializzata nel trattamento dell’abuso di sostanze e altri disturbi psicologici. Al costo di 100.000 dollari australiani al mese (circa 94.000 dollari americani), gli ospiti sono alloggiati in bungalow sulla spiaggia e assistiti nei propri spostamenti da limousine con autista; ciascuno dispone di uno chef personale, uno specialista in agopuntura, un allenatore con il quale mettere a punto il proprio programma di fitness, un insegnante di yoga e meditazione oltre, naturalmente, all’assistenza medica e psicologica sulle ventiquattr’ore. Ma lo scettro di centro di riabilitazione più costoso al mondo va probabilmente alla catena “Beau Monde” – ora “Privé Swiss” – con sedi a Laguna Beach, Newport Beach e Connecticut. Ospitando non più di cinque pazienti alla volta, queste strutture garantiscono ai propri ricchi ospiti il lusso più estremo: quello della privacy, quotato 96.000 euro al mese per il programma “base”5. Una vita al massimo Restando nei dintorni di Hollywood, l’ultima tendenza in fatto di trattamenti psicologici è però rappresentata dal life

coaching: una disciplina limitrofa alla “psicologia del benessere”, pensata cioè per individui in salute che desiderano sviluppare le proprie potenzialità. Phil Towle, psicoterapeuta e life coach, sintetizza così: “La differenza fra il life coaching e la psicoterapia è che quest’ultima si occupa di aiutare le persone a guarire dalle proprie ferite, mentre il coaching le aiuta a raggiungere il massimo livello di realizzazione, o felicità, o successo, sia che siano ferite sia che non lo siano”6. Il lavoro del dottor Towle, la cui tariffa si aggira intorno ai 40.000 dollari al mese, è accreditato nel documentario Metallica: Some Kind of Monster (2004), un film che racconta il difficile periodo attraversato dalla rock band in seguito alla perdita di uno dei membri. Il suo ruolo, per come viene descritto, presenta le caratteristiche del consigliere, dell’allenatore, del motivatore e della guida: qualcuno che una volta avremmo forse definito un mentore, e che oggi è un professionista abilitato a fornire una consulenza specializzata per facilitare i clienti nella realizzazione dei propri obiettivi… L’entità dei quali sembrerebbe proporzionale a quella del loro portafogli! note 1 T. B. Karasu, “Il dilemma tra specificità e non specificità: verso l’identificazione dei fattori di cambiamento terapeutico”, Am. J. Psychiat., 143, 6, 1986, pp. 687–695. 2 Eric Konisberg, “Age of riches - Challenges of $600-A-Session Patients”, The New York Times, luglio 2008. 3 Ibidem. 4 Abbreviazione di Rehabilitation Center. 5 “5 of the World’s Most Expensive Drug Rehabs”, www.thegooddrugsguide. com, marzo 2009. 6 Mireya Navarro, “And I’d Like to Thank My Coach”, The New York Times, marzo 2006.

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» testimonianza raccolta da Valentina Gerig; fotografia di Igor Ponti

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Edoardo Agustoni

Vitae

spettare quello che c’è. Prima di intervenire bisognerebbe sempre approfondire la storia dell’edificio, capire come si è arrivati alla struttura attuale e poi conoscere a fondo i materiali da utilizzare. Spesso manca questa sensibilità. Il Ticino ha un patrimonio artistico molto interessante e ricco anche grazie al fenomeno dell’emigrazione. Si va dal Medioevo, al Rinascimento, al Barocco, al Rococò e al Neoclassico. È un universo di partenze e arrivi, di centro e periferia, di persone e oggetti che si spostano. Per esempio, nella chiesa parrocchiale di Carona, c’è un pezzo di Lombardia, di Roma, di Genova, Insegnante e membro della Commissione di Firenze. Per questo sono dei Beni Culturali, ai suoi allievi cerca interessato molto allo studi trasmettere il piacere della ricerca e dio del contesto, perché amo vedere gli oggetti nel loro l’amore per quel Ticino che tenta di so- luogo, cogliere il dialogo e pravvivere alla speculazione edilizia le relazioni che si instaurano tra loro. Nel nostro cantone torni. Mi è subito sembrata e in particolare in quei nuclei storici toccati molto affascinante l’idea di dall’emigrazione artistica, a differenza di alabbinare l’arte a qualcosa di tre regioni svizzere, per esempio, convivono concreto. E così ho pensaspesso due linguaggi: quello alto e quello to di trasferire questa stessa popolare. Il primo è portato principalmenmetodologia a un contesto te da chi andava a lavorare nei cantieri a me più familiare, ovvero il delle grandi capitali europee, il secondo è Ticino. Per il mio memoir ho quello dell’architettura delle cascine, delle scelto la chiesa parrocchiale costruzioni semplici, rurali. Il confine non è di Vico Morcote. I nuclei abinetto, a volte le due espressioni convivono: tativi del Ticino erano e sono, non è raro trovare in una stalla un affrenel loro insieme, monumenti sco. È uno scambio continuo, ricchissimo, che dialogano direttamente che rende unico il nostro territorio. Certo, con il paesaggio e che vivono con gli interventi dilaganti dell’edilizia, il proprio grazie al contesto che rischio è che questo confine si assottigli li circonda. Oggi, purtroppo, sempre di più fino a scomparire, per lasciar stanno scomparendo per colposto a un’architettura banale, anonima. pa della speculazione edilizia. Con i miei alunni esco spesso a visitare gli Vico Morcote è diventato una edifici storici del nostro cantone. Bisogna colata di cemento, guardarlo sensibilizzare gli adolescenti a capire cosa fa davvero male. Lavoro nella si può definire arte, cosa sia il brutto, il Commissione Beni Culturali deturpante, perché siamo in un momento da dieci anni e devo dire che in cui è difficile dare una definizione di oggi non si può non tutelare. questi concetti. Sembra infatti che tutto Eppure c’è poca indignazione, debba essere spendibile e debba avere un la gente non è sensibilizzata risultato concreto e funzionale. Anche per abbastanza. questo porto i miei ragazzi a “perdersi” in Un altro problema è la poca biblioteca, per assaporare il piacere della attenzione al restauro. Ancuriosità e della ricerca. Devono imparare zi, la tendenza nel mondo che ci vuole tempo per scoprire le cose. dell’architettura di oggi è il Attraverso l’insegnamento e “in dose omeprotagonismo: è la cultura opatica” cerco di trasmettere ai miei alunni dell’immagine, del lasciare il questi valori. Poi, fortunatamente, a volte segno. Visto che è difficilissimi capita di incrociare qualche ex allievo mo far convivere il vecchio che mi dice: “Per colpa sua sono andato a e il nuovo, la soluzione è ristudiare storia dell’arte!”.

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B

isogna faticare per ottenere qualcosa: a me nessuno l’ha spiegato direttamente, l’ho imparato dagli esempi dei miei genitori. Come insegnante, invece, insisto con i miei studenti sulla volontà di fare e costruire. Sono nato a Morbio Inferiore nel 1960. Sono sposato e ho quattro figli, due maschi e due femmine. Provengo da una famiglia molto modesta, operaia. Papà era idraulico, mamma casalinga. Fin da piccolo mi hanno trasmesso principi molto sani. Nonostante in casa ci fossero pochi libri, i miei genitori mi hanno trasmesso l’importanza dello studio per riuscire a ottenere qualcosa nella vita. Com’è entrata l’arte nella mia vita? Ora che ci ripenso, ricordo la mia prima mostra, al ginnasio: andammo a Zurigo, forse era il Kunsthaus. Credo di essere stato uno dei pochi, se non l’unico, a fare domande all’insegnante. C’era la curiosità, certo, ma avevo zero manualità e nessuna dote artistica. Mi piaceva molto la storia, questo sì. Da piccolo avevo una zia molto anziana, con cui trascorrevamo le vacanze nella nostra casa di Meride. Sotto il portico, mi raccontava la storia del paese, degli antenati, dell’emigrazione a cui aveva assistito. Tutto questo mi affascinava molto. Quando mi sono iscritto al liceo scientifico, ho seguito un corso di storia dell’arte opzionale, poi ho deciso per la facoltà di Lettere, all’università di Losanna, ma non avevo ancora le idee chiare. Ho scelto francese, italiano e storia dell’arte senza una preferenza precisa. Ho iniziato però a vedere molte mostre con i miei colleghi, e a seguire le lezioni del professor Castelnuovo, soprattutto medievalistica e contemporanea. C’era in particolare un corso che mi interessava, quello dedicato alla storia dell’arte regionale, impartito dal professor Grandjean, che studiava lo sviluppo dei nuclei abitativi di Losanna e din-


Oggetto prezioso ma anche feticcio, decorazione, amuleto, valore economico, il gioiello racchiude in sÊ l’intera storia umana. Dai primi sciamani ai moderni designer, esso ha registrato i mutamenti sociali e antropologici, mantenendo intatto il proprio fascino e il forte potere simbolico

Il mistero del gioiello testo di Fabio Martini; fotografie di Reza Khatir


1. Confinare i gioielli all’ambito del superfluo e del voluttuario è operazione sommaria, poco rispettosa nei confronti di una categoria di oggetti a cui in realtà, da millenni, sono affidate peculiarità, funzioni e valenze simboliche ed economiche complesse. Potremmo giungere a dire – ma si tratta comunque di un’approssimazione – che il “gioiello” esiste dall’alba dei tempi, da quando cioè le società umane hanno iniziato ad attribuire a ossa, pietre, minerali e altri materiali caratteristiche particolari. Non è un caso che la figura dello sciamano, indipendentemente dall’area culturale di appartenenza, sia contrassegnata dalla presenza sul proprio corpo di collane, cavigliere, braccialetti e ninnoli vari: oggetti sacri e intrinsecamente preziosi proprio perché di sua esclusiva pertinenza. Il loro tintinnio era sufficiente ad allontanare gli spiriti malvagi e annunciava l’irrompere del sopranaturale nella vita degli uomini.


2. Nel museo archeologico adiacente gli scavi di Micene sono esposti due orecchini d’oro di straordinaria bellezza. Per raffinatezza, sobrietà e qualità di fattura non sfigurerebbero affatto in una vetrinetta di un negozio di Cartier o di Bulgari. Nello sviluppo del concetto di gioiello la civiltà della Grecia antica ha dato un contributo essenziale. Non sorprende, visto che si tratta della prima cultura occidentale ad attuare una rielaborazione intellettuale profonda di tutti gli aspetti della vita umana e in questa cornice al gioiello assegna funzioni, valori, destinazioni diverse. Il gioiello non è per i greci dell’antichità una forma di capitalizzazione ma uno strumento per l’affermazione di valori culturali, di idee, una rappresentazione della società come baluardo della civiltà e della conoscenza. Con esso nasce una categoria speciale di artigiani, gli orafi, appunto, espressione di tradizioni tecniche specifiche che consentono loro di creare, a partire da minuscole fusioni, oggetti magici caricati di valori nobili ed esclusivi, caratteristiche che consentono di trascendere la sostanza di origine: metalli rari e pietre colorate.


3. Con l’avvento di Roma il gioiello assume valenze del tutto differenti. Innanzitutto, si introduce una più netta distinzione di genere giuridicamente attuata in base al sesso del destinatario dell’ornamentum. Se, da un lato, il differente ruolo sociale delle donne – non più sepolte fra le mura domestiche ma libere e indipendenti – lo pone al centro dell’attenzione pubblica, d’altra parte in questo processo di esposizione qualcosa gli viene sottratto. La concretezza latina, unitamente alla costante aspirazione alla definizione di un’identità culturale, coniuga infatti la ricerca sui materiali e le loro caratteristiche alla funzione estetica che risente di influenze diverse, dalla Grecia all’Oriente, dall’Egitto alla tradizione etrusca. Fibule e anelli divengono elementi specifici delle diverse categorie sociali, strumenti di riconoscimento gerarchico, in grado di distinguere la classe senatoria da quella equestre e così via. La preminenza dei valori civili su quelli materiali resisterà a lungo, almeno fino al dissolvimento dell’impero, quando le enormi ricchezze incamerate inizieranno a passare di mano in mano, dissipate e disperse.


4. Con il Medioevo, l’affermazione del sistema nobiliare-feudale e in seguito la formazione delle grandi monarchie nazionali, il gioiello acquista ulteriori valenze: si trasforma in un elemento di prestigio e di rappresentanza e le case reali si faranno concorrenza nella ricerca e nell’accumulo di gemme, ori e tesori, spesso offerti come garanzia per ricevere i finanziamenti indispensabili alle campagne militari. La centralità che all’uomo riserva il Rinascimento si accompagna a una cresciuto interesse per l’oreficeria: Cosimo I de’ Medici (1519-74) destina le botteghe di Ponte Vecchio agli orafi, ai gioiellieri e agli argentieri, imprimendo un nuovo impulso a queste arti. Anche la formazione professionale in questo settore si specifica: battiloro, tiratori, filatori, doratori, scultori, figure che godono di privilegi e protezione. Gli orafi del Grand Pont a Parigi così come quelli del Ponte Vecchio a Firenze si organizzano in corporazioni potenti e riconosciute. Non pochi sono poi gli artisti che nascono come orafi: Donatello, Botticelli, Ghirlandaio e Brunelleschi primi fra tutti. Il resto è storia…


5. Oggi il gioiello esprime il complesso del suo percorso ma anche l’articolazione della società nella quale “agisce”. La modernità, pur con le sue oscillazioni, ha trasformato il gioiello in un oggetto diffuso ed economicamente abbordabile ma anche assai meno definito e definibile. Se la riproducibilità tecnica ne ha minato il valore intrinseco, d’altra parte ha stimolato la nascita del “gioiello d’autore” e la creazione di professioni nuove come per esempio quella del designer nel campo dell’oreficeria. Nuove sensibilità sociali e ambientali hanno poi condotto allo sviluppo del gioiello etico, ottenuto, almeno a promesse, attraverso una filiera rispettosa dei diritti dei lavoratori coinvolti. Si sono poi diffuse nuove forme di decorazione del corpo come il piercing: anellini, chiodi, spesso d’argento, e pietre più o meno preziose collocate un po’ dovunque, dalle orecchie alle narici, dalla lingua ai genitali. Fino al tatuaggio, elevazione del corpo a gioiello. È il prezzo pagato per attenuare la minaccia di un mondo che nella sua molteplicità e sincronicità pare voler annientare l’identità personale.


6. Donato da una persona a un’altra, esso addensa in sé significati privati e intimi ma al contempo mantiene le sue valenze sacrali, simboliche e cosmogoniche. C’è poi chi preferisce coglierne il mero valore economico considerandolo al contempo una forma di investimento da gestire con oculatezza e, in non rari casi, da seppellire in qualche caveau. Ma – nonostante il valore materiale sia di fatto inscindibile da quello simbolico e anzi contribuisca a rafforzarlo – questo rappresenta il lato meno interessante della faccenda. L’aspetto più affascinante è dato dalla capacità del gioiello di interpretare e rileggere tradizioni artistiche e culturali, di integrare materiali differenti con soluzioni non di rado audaci, di simboleggiare emozioni e sentimenti, di passare di generazione in generazione come traccia di memoria in grado di rinnovarsi a ogni stagione, a ogni nuovo incontro. Il gioiello vive e fa rivivere. Come nel caso delle splendide modelle degli anni Trenta utilizzate da Reza Khatir e ornate con i gioielli creati da Esther Tommasi, orefice in Locarno (www.esther-tommasi. ch). Queste donne bellissime risorgono grazie alla fantasia fotografica e ad alcuni straordinari oggetti. Non è un miracolo. È solo il potere magico del gioiello.


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La lussuria del lusso Il termine lusso, come quello di lussuria, deriva dall’aggettivo greco “loxòs”, obliquo, fuori posto, lussato. Il lusso e la lussuria sono dunque lussazioni del modo di vivere, perché designano, dal punto di vista morale, comportamenti distorti e deviati o c’è dell’altro? testo di Francesca Rigotti illustrazione di Rachele Masetti

Kronos

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Il lusso, lo si sa. concerne il desiderio di vanità e ambizione; la lussuria, l’appetito di godimenti carnali. Gli antichi conoscevano le leggi sumptuariae che punivano esternazioni eccessive di lusso e ricchezza; noi moderni non ne teniamo più conto. Che cosa è accaduto in mezzo, come è cambiato il mondo? A prima vista il lusso è un tema dannatamente inattuale. In un’epoca visitata dalla seconda ondata (dopo quella del 1929) della crisi mondiale finanziaria ed economica, ripensare al lusso può sembare un cercar rifugio nel bel tempo che fu. Ma anche lasciando perdere il fatto che sarebbe tanto ingannevole quanto superfluo suggerire che a causa della crisi non ci sarà più lusso, non si può certo sostenere che il tema sia scomparso, anzi. E non soltanto perché i media ci presentano imperterriti scenari di lusso, ma soprattutto perché le diagnosi di crisi tornano regolarmente a occuparsi di beni di lusso: e ancora, si parla di lusso non per designare oggetti e stili di vita cui rinunciare, bensì per argomentare, al contrario, che produzione e consumo di beni di lusso sono giustificati anzi necessari, proprio in tempi di crisi. La risposta degli economisti agli appelli dei moralisti che invocano risparmio, sobrietà e temperanza è dunque la seguente: le società nelle quali si è verificata una tendenziale sazietà di beni primari necessari devono investire in beni non necessari per procurare lavoro, domanda e offerta anche in relazione al necessario. Detto in altre parole: senza lusso, soltanto bisogno. Molla economica Questa apologia del lusso è specificamente moderna, nel senso che ha più o meno trecento anni. Fino al Settecento circa il concetto di lusso era presentato nei diversi contesti in maniera peggiorativa e la filosofia morale e la teologia facevano a gara nel condannare il lusso come “distorsione” dell’anima, lussazione dei sensi: lusso come desiderio di vanità e ambizione analogo alla lussuria e al suo appetito di godimenti carnali. Nel secolo XVIII, nel quale l’economia europea si avvia a di-

ventare consumista e mercificata, la rigidità morale verso il lusso (e pure verso la lussuria) viene pian piano deposta e il lusso diventa una molla della domanda, del progresso tecnico, dell’aumento di esportazioni, dell’intera prosperità sociale. Insomma, il lusso perde la sua patina negativa per nobilitarsi, rivelando tra l’altro quel che gli uomini realmente ne pensano: “On a déclamé contre le luxe depuis deux mille ans, en vers et en prose” scriveva Voltaire in Le Mondain nel poemetto satirico in versi del 1736 “et on l’a toujours aimé”. Il lusso è superfluo? Il superfluo è quella cosa cui si può rinunciare senza soffrire di scarsità: la semantica della parola contiene una componente figurale idraulica, diversa da quella del lusso che è medica. Il “super-fluo” è infatti la quantità d’acqua che fluisce in più, che tracima da recipienti colmi fino all’orlo e che vengono vieppiù riempiti. L’effetto superfluo si ha quando il recipiente è troppo ricco e l’acqua che ne esce scende a beneficare tutta la società e non solo i ricchi, e così, ci raccontano i Paperon de’ Paperoni di turno, tutti ne approfittano con un aumento del benessere collettivo: una grande panzana, come a tutti noi è stato dato constatare. Il lusso del signor Palomar Forse per godere tutti di un po’ di lusso si potrebbe seguire l’utopia dello scrittore Italo Calvino e la sua abbondanza letteraria di piaceri sensoriali, soprattutto culinari e olfattivi: avete presente quando il signor Palomar va a far la spesa al Museo dei formaggi, che raccoglie le specialità di cacio più insolite e disparate e odorose e gustose, dal Bleu d’Auvergne venato di verde al candido Brin d’amour costellato di pagliuzze dorate, tutti fonte di ispirazione per nuovi stimoli e nuovi desideri? Se la letteratura fosse in grado di far salire dalle parole, in virtù della lingua, profumi e odori squisiti come quelli di questi formaggi, ci darebbe accesso al lusso del mondo, e questo sarebbe lusso nel migliore dei significati.


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Vecchi affari Tracolli finanziari, instabilità delle borse e dei mercati, scarsa fiducia nelle banche... Una possibile soluzione? I beni rifugio: dall’oro alle materie prime, dagli immobili alle automobili testo di Giancarlo Fornasier fotografia di Reza Khatir

L’ultimo

numero del mensile inglese “Octane” (dicembre 2011) mostrava in copertina un terzetto di Porsche prodotte tra la metà degli anni Settanta e l’inizio degli anni Novanta. Era il periodo in cui la casa automobilistica tedesca aveva rivoluzionato il concetto che caratterizzava il suo modello più noto, quella 911 ancora oggi sigla di riferimento e in grado di oscurare tanti altri progetti vincenti, sia stilisticamente sia tecnicamente. Infatti, le Porsche 924, 928, 944 e 968 si distinguono per il posizionamento del motore all’anteriore; non certo una novità per molte altre case costruttrici… ma non per gli ingegneri di Stoccarda. Una scelta che per molti anni è stata assai poco pagante, soprattutto dal punto di vista del riconoscimento dei modelli citati come “vere Porsche”. Un particolare che ha avuto profonde ricadute sul valore di queste vetture, considerate ingiustamente delle sorelle povere e tecnicamente banali. Il tempo ha sempre ragione Da almeno un paio d’anni, però, l’attenzione da parte dei collezionisti si è fatta più insistente verso le Porsche a motore anteriore. Vetture dall’ottima distribuzione dei pesi, motori affidabili, di facile reperibilità (sono le meno ambite) e a prezzi contenuti. Un vero affare, insomma, se escludiamo le versioni uscite a “tiratura limitata” o prodotte per le competizioni: come la stupefacente 924 Carrera GT del 1980 o la 968 Club Sport del 1992. Oggi una 928 S4 della fine degli anni Ottanta, con meno di 150.000 km, 320 cavalli, collaudata, interni in pelle, è reperibile a circa 14.000 franchi. Niente male per un’auto che nuova costava, allora, oltre 110.000 franchi e garantiva prestazioni da supercar. Al di là del valore che può essere attribuito a un modello o a un marchio – valutazione che spesso è più legata a parametri affettivi e “sentimentali” che a considerazioni tecniche o di mercato –, un’auto con 25 anni sulle spalle, in condizioni originali e con una manutenzione certificata (libretto dei servizi completo di tutti i “timbri” dell’agenzia ufficiale e fatture originali), è certamente una forma di investimento sicuro. Bene inteso se il prezzo di acquisto rientra nei parametri della ragionevolezza e se le condizioni dell’auto sono da buone a ottime. In questo senso (e in linea teorica) qualsiasi automobile può ritenersi un buon modo per investire i propri risparmi, in particolare se il modello scelto rientra nella categoria delle auto sportive, come le coupé e le cabriolet della prima metà degli anni Ottanta.

“Why now’s time to buy...” Come suggeriva la già citata copertina di “Octane”, ora è il momento di comprare. Sì, ma puntando al miglior rapporto fra condizioni estetico-meccaniche dell’auto e prezzo di vendita. E magari con un occhio attento anche al traguardo dei “30 anni”, limite oltre il quale in molti paesi una vettura può essere riconosciuta, certificata e immatricolata (a condizioni favorevoli) come “veicolo storico” e dunque iscrivibile a concorsi e raduni specifici. Anche all’interno di marchi storici e già di per sé costosi come Lamborghini, Aston Martin o Jaguar le opportunità non mancano. È nota la parabola ascendente della Dino, una vettura prodotta tra il 1968 e il 1976: negli anni Ottanta il suo valore era di poche decine di migliaia di franchi ed era considerata la “Ferrari dei poveri”. Oggi le meglio conservate non si trovano a meno di 130.000 franchi. Ma gli esempi più o meno noti si sprecano: su tutti quello di un’altra modern classic, la McLaren F1. Progettata da Gordon Murray, prodotta negli anni Novanta in soli 106 esemplari tra versioni stradali e da competizione, era venduta a circa un milione di euro: una vettura esclusiva... beh, pare che oggi non si scovino F1 in vendita a meno di 2,3 milioni di euro... sempre che spunti un venditore. E pensare che l’attore Rowan Atkinson (“Mr. Been”) ha semidistrutto la sua poche settimane or sono. Per passione (e per denaro) Chi segue il mondo delle competizioni avrà notato come nella stagione 2011 di Formula 1 il marchio del più noto istituto bancario della Confederazione dominasse le inquadrature televisive. Non certo un caso. Nel mondo dei motori è impegnata anche la “seconda” banca svizzera, tra le altre cose sostenitrice di uno tra i più prestigiosi eventi dedicati alle vetture storiche, il “Goodwood Revival” (Inghilterra). Perché dove vi sono vetture d’epoca troviamo appassionati e compratori, e dunque affari, investimenti e la necessità di aprire linee di credito. Ma quanto è redditizio il mercato delle auto storiche? Un recente articolo apparso sul quotidiano finanziario “Il Sole 24 Ore” confermava come chi negli anni Novanta ha acquistato un’auto d’epoca – nel frattempo gestita e conservata come si conviene – vede oggi il capitale investito rivalutato sino al 100%, con rendimenti medi annui per gli ultimi 10 anni di circa il 5%. Quanto avete detto che vi offre la vostra banca...?

Società

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Grosso come l’hotel Ritz Tendenze p. 48 – 49 | di Marisa Gorza

“La montagna sulla quale è costruito il castello... è tutta in un puro, unico diamante il cui volume è pari a un miglio cubico...”. Ve lo immaginate un gioiello immenso e di un così incommensurabile valore? Voi che cosa ne fareste?


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el 1922 F. Scott Fitzgerald pubblicò The Diamond as Big as the Ritz. La breve novella dell’autore de’ Il grande Gatsby già conteneva i temi dei romanzi successivi, quali la ricerca della bellezza in tutte le sue accezioni come pure la disincantata denuncia dell’illusorietà di ricchezze e sfarzi esagerati. Nel racconto la colossale pietra preziosa citata nel titolo si dissolverà in un pugno di polvere, come se sulla fiaba incombesse già l’ombra del crollo di Wall Street del 1929, quando il sogno americano si tramutò in un incubo. Al di là della temuta precarietà delle fortune finanziarie (pur sempre invidiabili), pare che il numero di individui definibili “super ricchi” cresca sempre di più e con esso i fruitori di sensazioni e oggetti unici, rari, speciali, esclusivi, di grande valore intrinseco ed estrinseco... Insomma di “lusso”. Fermo restando che per definire qualcosa un bene di lusso, il costo esoso ne è solo una componente, più o meno sincera. Contano il gusto, la classe e la genuinità dell’oggetto in questione.

“I migliori amici delle donne”

A proposito di diamanti, perché non dare un’occhiata ai quattro anelli con pietra, tra i più preziosi in commercio? Non sono grossi come l’Hotel Ritz e sognare... non costa nulla. In quarta posizione troviamo un De Beers: Secret Kiss of the Rose Ring dalla favolosa gemma rosa. Sul podio al terzo posto sale un elaborato esemplare firmato Tiffany e alla seconda posizione si conferma un anello di Taylor Jewellery dal disegno floreale, amato dalla mitica Liz. Mentre in cima al podio ecco di nuovo un De Beers a corolla con un pistillo formato da un diamante bianchissimo. I prezzi vanno dalla modica cifra di 525.000 a 1,83 milioni di dollari. E più che lo status symbol, appagano ed emozionano bellezza, purezza e straordinarietà. Non lo diceva Marilyn che i diamanti sono i migliori amici delle donne? Fedeli, splendenti come stelle e… sempre di moda. Non per nulla star di Hollywood – vedi Sharon Stone e Demi Moore – apprezzano i sandali di Renè Caovilla tempestati di pietre vere. Si tratta di calzature doviziose dal costo di oltre 90.000 dollari americani. Un oggetto del desiderio che evoca principesse orientali e notti voluttuose. Parte della leggenda è il serpente, effigiato dal creatore veneziano arrampicato sulla caviglia o incastonato sul tacco-stiletto in oro bianco brunito, con due rubini al posto degli occhi, una coroncina di brillanti e la sagoma sinuosa pavé di zaffiri. Il pezzo di rara perizia manuale in serie limitata, ispirato a Nyssia, l’incantatrice che portava cobra di smeraldi intorno alle braccia lunari, è dedicato ai piedini di fortunate signore.

Oggetti piccoli oppure grandi

Tra gli oggetti di un gratificante edonismo, non manca qualche dispendiosa iperbole. Basti citare lo yacht sibaritico realizzato dal designer londinese Stuart Hughes e commissionato da un magnate della Malesia, rigorosamente anonimo.

L’imbarcazione di 100 piedi ha la base ricoperta d’oro solido, le accurate finiture delle cabine in platino, mentre le pareti interne sono costruite in rara pietra meteoritica e perfino l’ancora è forgiata nei metalli nobili. A quale mete paradisiache condurrà questa nave pazzesca il cui valore si aggira sui tre miliardi di sterline? Però andiamoci piano a considerarlo uno spreco kitsch: per tre anni il progetto ha fornito lavoro e reddito ad artigianato e tecnici specializzati. Dello stesso autore è l’iPhone con la scocca in diamanti, oro giallo e rosa, prodotto in due soli esemplari e altre inaccessibili amenità. Pare che il più grande esito di questi tempi di crisi – che paradossalmente sfornano continuamente “nuovi ricchi” – sia una nuova corsa all’oro, come se i materiali preziosi regalassero agli oggetti una esorcizzante magia. Insomma, che cos’è il lusso?

Feticci del lusso in mostra

Nondimeno il lusso, pur essendo esclusivo, può divenire un’esperienza tangibile e accessibile a tutti! Come? Lo sa chi ha visitato la mostra “C25-Options of Luxury” (www.class25. com) chiusasi lo scorso ottobre presso la Triennale di Milano, evento curato dall’estroso architetto Italo Rota e allestita in occasione dei 25 anni di Class Editori. Dodici installazioni differenti e multimediali in un percorso interattivo, riflessione sul mondo del fashion, del design, della tecnologia, del living, dei profumi, dei sapori, insomma del lusso a 360 gradi. Un archivio di faboulous pieces, una vera Wunderkammer con 250 opere che all’eccellenza della tradizione uniscono la capacità di evolversi. Difatti le emozioni di questo viaggio non finivano con la chiusura della mostra prevista a ottobre, bensì la stessa seguirà un tragitto itinerante da New York a Shanghai a Seoul, con continui aggiornamenti, poiché sottolinea Rota “oggi il lusso si immagina, si progetta e si spiega in nuove dimensioni temporali e spaziali, non senza un pensiero rivolto alla natura”. Una dressing room gigante ricrea il backstage di una sfilata e modelle virtuali si truccano davanti a uno specchio fatato. Il rosso Valentino di un abito à volant si mixa al metal blend del tubino Versace, alle rigogliose rose di seta di Blumarine, al sexy maculato di Cavalli, al cashmere peso piuma di Cucinelli, alla vicuña e al lifestyle di Loropiana, al camel hair del paletot maschile di Zegna, al lusso assolutamente understatement firmato Prada. Il domani e il dopodomani del lusso? Ecco giovani designer pronti a iniziare un nuovo capitolo della sua storia e a comporre una mappa che abbraccia Oriente e Occidente: Azzedina Alaïa, Giambattista Valli, Manish Arora, Fernando e Humberto Campana... “Tic-Tac”. Un cucù gigante scandisce le ore dei must have contemporanei: icone d’oggi, ma già proiettate nel futuro, come la riedizione di Gucci della borsetta Bamboo e l’intramontabile Birkin di Hermès. Tra gli accessori deluxe immortali spicca pure uno splendido Monopusher Cronograph di Mont Blanc. L’orologio da polso, gioiello tipicamente da uomo, è una metafora del senso della continuità, cioè del tempo, misura immateriale di ogni cosa. Poiché in ultima analisi è proprio l’aeterium tempus – e il poterne disporre con libertà – il più agognato e raro dei lussi.


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Astri toro

gemelli

cancro

Dicembre inizia con un’iniezione di creatività grazie agli ottimi transiti di Sole e Urano. Contatti sociali per i nati nella seconda decade. Viaggi all’estero e fermenti erotici soprattutto per i nati in marzo.

Grazie a Marte nel segno della Vergine si sviluppa una formidabile configurazione per tutti i segni di terra. Momenti di seduzione e di conquista amorosa. Avanzamenti rapidi nella propria carriera professionale.

Dicembre segnato dagli aspetti di Mercurio e Marte angolari. Problemi con il settore delle comunicazioni Siete colpiti dove di solito siete i più forti e questo potrebbe rendervi nervosi. Crescita professionale.

Marte in sestile, Venere contraria. Molta azione ma anche autoindulgenza di fronte alle proprie manchevolezze. L’attenzione si sposta verso le relazioni con i colleghi di lavoro. Non mangiate per lo stress!

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Grazie al trigono di Mercurio, dicembre parte in maniera effervescente con un forte incremento delle relazioni sociali. Gusto e divertimento per la schermaglia amorosa. Contatti con persone più giovani.

Con Marte nel vostro segno non solo entrate in una nuova fase, ma ne divenite gli assoluti protagonisti. Determinati sia in amore sia negli affari. Inizio di un’importante storia d’amore per i nati in agosto.

Dicembre inizia con il transito di Venere nella vostra quarta casa solare. Affetti familiari in primo piano soprattutto per quanto riguarda la gestione del patrimonio comune. Grandi cambiamenti in vista.

Momento fantastico per la vita sentimentale. Grazie alla congiunzione Venere-Plutone e al sestile di Marte colpi di fulmine, viaggi con il partner e vita mondana in continua crescita. Non siate egocentrici.

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Il mese di dicembre è caratterizzato da un forte incremento dei contatti sociali. Canalizzatevi attraverso uno sport. Maggior attenzione alle relazioni familiari. Irascibili i nati nella prima decade.

Grazie a Venere la vita sentimentale si fa sempre più intensa. Spesso vi troverete a perdere inusualmente il controllo. Avanzamenti professionali. Favorite le personalità più creative. Energia in crescita.

Tendenza ad agire in segreto per quanto riguarda le relazioni sentimentali. Attrazioni improvvise e inaspettate favorite dagli aspetti generali di Urano con Venere e Plutone. Incontri con persone straniere.

Con Marte e Mercurio angolari sia i nati nella prima che nella seconda decade dovranno essere cauti tanto nel parlare quanto nei movimenti. Possibili infiammazioni intestinali in ordine a motivi di stress e tensioni.

» a cura di Elisabetta

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Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 49

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 1. dicembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 29 nov. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Immondizia • 9. Istituzione • 10. In mezzo al mare • 11. Le iniziali di Tofano • 12. Piccoli difetti • 13. Teschio • 15. Minestra • 16. Uncini da pesca • 17. Che ci appartiene • 21. Inoculare un antidoto, immunizzare • 22. Andato in poesia • 23. Ognuno tende a fare il proprio! • 25. Assicurazione Invalidità • 26. C’è anche la Vajanica • 27. Appunto! • 28. Dopo Cristo • 29. Raganelle arboree • 30. Il pupo dell’Iris • 31. Malattia polmonare • 33. Un mare... glaciale • 34. Sono anche da gioco • 37. Asciugamano da spiaggia • 39. Se le dà il borioso • 40. Subisce gli influssi lunari • 41. Motoscafo da guerra • 42. Curar, alleviar • 43. La nota degli sposi • 45. Contiene l’ernia • 47. Ellittico • 48. Con Tizio e Sempronio. Verticali 1. Noto film dell’86 di R. Donaldson con Kevin Costner • 2. Un martello rumoroso • 3. Inusuale, anomalo • 4. Zambia e Spagna • 5. Attraversa Berna • 6. Preposizione semplice • 7. Radio Svizzera Italiana • 8. Ione • 13. Lo è il caldo afoso • 14. Un esplosivo • 18. Si rende al merito • 19. Lo zio d’America • 20. Vitellini • 24. Vi sosta la carovana • 26. Il Ticino sulle targhe • 31. Affondò a causa di un iceberg • 32. Ligi, attenti • 33. La dea della discordia • 35. Altare pagano • 36. Scoppiava nel saloon • 38. Dittongo in boato • 40. Altra sigla per CEE • 44. Articolo maschile • 46. Due nullità.

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La soluzione corretta del concorso apparso l’ 11 novembre è: pOlitica Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Eveline pizzotti via alla cava 7 6965 cadro Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: 2 carte giornaliere offerte da FFS Le FFS offrono 2 carte giornaliere per la libera circolazione in 2ª classe sul raggio di validità delle Ferrovie Federali Svizzere. Per maggiori informazioni visitate il sito www.ffs.ch.

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