№ 23
dell,8 giugno 2012
con Teleradio 10–16 giugno
Violenza domestica
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Ticinosette n° 23 dell’8 giugno 2012
Agorà Violenze. Quando l’uomo è la vittima Visioni Pronti al salto?
di
Tiratura controllata 70’634 copie
Letture Nelle tasche di Goethe Società Calcio. Thriller all’Etihad Vitae Andreas Leuenberger
Editore
Reportage Malinconia
Teleradio 7 SA Muzzano
Direttore editoriale Peter Keller
di
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MarCo alloni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
FranCesCa riGotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Gastronomia Alimentazione. La forza del riso
Chiusura redazionale Venerdì 1. giugno
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roberto roveda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
niCola deMarChi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
deMis Quadri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
daniele Fontana; FotoGraFie di Pierre PelleGrini . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Sfide Tè e caffè. La prova dei gemelli Visioni Trita e ritrita
di
euGenio Klueser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
roberto roveda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Redattore responsabile
Tendenze Giochi e sport. Il disco volante
Coredattore
Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Photo editor
Cruciverba / Concorso a premi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Fabio Martini
Giancarlo Fornasier
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Claudia Crivelli e laura Pedevilla. . . . . . . . . .
Keri Gonzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Media Editoria. Il mercato delle vacche
Impressum
di
Reza Khatir
di
GianCarlo Fornasier . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs
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In copertina
Il sesso forte Illustrazione di Bruno Machado
Il prezzo del rigore I grandi litigano . E non solo nelle famiglie, dove non di rado i rapporti si esasperano a tal punto da sviluppare situazioni altamente conflittuali – come attesta l’articolo di apertura di questo numero di Ticinosette a firma di Claudia Crivelli e Laura Pedevilla, dedicato al tema dei compagni/mariti oggetto di violenze da parte delle mogli/compagne – ma anche in contesti ben più elevati . È di stamattina, venerdì 1 . giugno, la notizia di uno scontro acceso fra la cancelliera Merkel, da un lato, e i presidenti Obama e Hollande e il premier italiano Monti, dall’altro . L’inflessibilità tedesca verso una possibile soluzione coordinata alla crisi dell’euro sorprende sempre più . Anche in ragione del fatto che la situazione sta realmente volgendo al peggio per la moneta unica, uno sviluppo che nei giorni scorsi ha fatto sperare che i tedeschi sarebbero giunti a più miti valutazioni . C’è qualcosa di folle in tutto questo . La questione non pare infatti poter essere del tutto ricondotta allo stereotipo del rigore germanico – rigore o ottusità, verrebbe peraltro da chiedersi? –, e neanche al rigurgito nazionalista indotto dalla paura di perdere primati e vantaggi (perdite a cui non potranno comunque sottrarsi in caso di caduta della moneta unica) . Il sospetto, come hanno sottolineato nei giorni scorsi numerosi editorialisti e commentatori europei, è che a irrigidire le posizioni della
cancelliera siano piuttosto considerazioni di natura elettorale, esasperate dalla flessione di consenso che il suo partito ha di recente registrato . Oggi più che mai l’Europa ha bisogno di trovare una via in grado di condurre a una maggiore coesione economica e soprattutto politica, almeno per quanto riguarda il gruppo di nazioni che storicamente ne hanno segnato la nascita . Ma non è tutto . Che ci si creda o meno, l’organizzazione economica dell’Occidente deve prendere atto del suo fallimento che non è dovuto all’economia di mercato in sé, intendiamoci, ma a come quest’ultima è stata interpretata e praticata, soprattutto a partire dall’inizio degli anni Ottanta del Novecento . Ma c’è un altro aspetto che la signora Merkel pare ignorare: fu proprio l’inflessibilità francese nelle trattative seguite alla conclusione della Prima guerra mondiale a contribuire sensibilmente a quella serie devastante di eventi che portò allo sviluppo del nazionalsocialismo in Germania e al secondo conflitto mondiale . La rigidità in politica è quasi sempre foriera di guai . Forse è giunto il momento di tornare alle motivazioni che hanno spinto alla creazione dell’Unione, nella speranza che i “grandi” inizino a fare sul serio, prendendo decisioni coraggiose e originali . Cordialmente, Fabio Martini
Quando l’uomo è la vittima
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Agorà
Alex1 non dorme con sua moglie. La considera più come una semplice vicina che gli rivolge parole cattive, e a volte le parole cattive diventano colpi d’aspirapolvere in testa. Ma ci sono i bambini, c’è la vergogna e l’orgoglio di uomo: per questo Alex non ne parla a nessuno. Quali meccanismi generano e mantengono questa forma di violenza coniugale, più rara, in cui gli uomini sono vittime e non autori? testo di Claudia Crivelli e Laura Pedevilla illustrazione di Bruno Machado
I
n precedenti articoli abbiamo già trattato di violenza domestica, fenomeno che, nella maggior parte dei casi, vede le donne vittime e gli uomini autori2. Può tuttavia capitare che la violenza sia commessa dalle mogli (o compagne) nei confronti dei mariti (o compagni), e questa forma più rara di violenza resta ancora oggi un tabù di cui si parla raramente. Secondo alcuni, le donne possono essere altrettanto violente nella relazione di coppia, benché il fenomeno continui a colpire prevalentemente le donne. Gli studi scientifici al riguardo sono rari e metodologicamente limitati a causa del numero ridotto di situazioni da analizzare. Benché nel 2006 un ricercatore della Pennsylvania3, intervistando più di 250 coppie, abbia riscontrato che il 67% degli uomini e il 54% delle donne ammetta di esser stato violento almeno una volta nella relazione coniugale, la maggior parte degli studi afferma che la percentuale di mariti vittime delle loro mogli oscilla tra il 3 e il 10%. In Svizzera, tra il 2000 e il 2004, 54 uomini sono rimasti vittima di omicidio o di tentato omicidio da parte della compagna o di una ex4.
Le radici della violenza Quando cambia la direzione della violenza all’interno della coppia non diminuisce solo la prevalenza degli atti commessi, ma varia anche il tipo di violenza utilizzata, la sua causa e le sue conseguenze. Nella maggior parte dei casi, la violenza delle donne è considerata una “resistenza violenta”, commessa da persone senza controllo che cercano di affrontare un partner violento e controllante. In altre parole, la violenza commessa dalle mogli è spesso in relazione a una violenza subita o percepita e non una strategia di mantenimento del potere. Di frequente infatti, le spiegazioni date dalle donne autrici di violenza domestica sono del tipo “volevo far cessare gli abusi subiti”, “ferirlo in risposta alle minacce a me e ai miei figli” o “fargli pagare il suo comportamento”. Molte sono dunque delle “autrici-vittime”, ma esistono anche le donne che commettono
violenza su mariti inermi e innocenti. Tralasciando la prima situazione, le cui cause sono da ricercare nel fenomeno stesso della violenza domestica nei confronti delle donne, occorre capire i meccanismi che possono generare in una donna violenza “gratuita” verso un partner non violento. Le esperienze personali di violenza, come il maltrattamento infantile o la violenza osservata nei genitori, sono fattori di rischio riscontrati nella maggior parte degli studi scientifici sulle donne autrici di violenza domestica. La vittimizzazione vissuta in precedenza può portare a vivere un costante sentimento di pericolo e a una conseguente reazione automatica d’attacco in situazioni in cui la donna percepisce una minaccia. Per questo, come ci conferma Claudine Gachet, direttrice del centro Face à Face di Ginevra, creato nel 2001 per il sostegno alle donne con comportamenti violenti in coppia o in famiglia, è importante poter elaborare le proprie esperienze passate, creando dei ponti tra i comportamenti subiti e quelli attuati verso il partner in modo da elaborare i fattori scatenanti della violenza. Coscienti dell’influenza del vissuto sul comportamento presente, molte autrici di violenza sono più propense degli autori a consultare i centri d’aiuto specializzato, in quanto temono le conseguenze che il loro comportamento può trasmettere ai figli. Un altro aspetto che può indurre una donna a commettere violenza domestica è quello dei molteplici ruoli sociali che le vengono attribuiti. I bambini piccoli piangono, i più grandi devono fare i compiti, la casa deve essere pulita, i vestiti lavati e la cena preparata. In questa dinamica già sufficientemente tesa, il rischio di passaggio all’atto diventa reale appena si aggiunge una vulnerabilità, come una separazione, una malattia o la nascita di un figlio diversamente abile. Tra le spiegazioni date da alcune autrici figurano così il desiderio di “far prendere delle responsabilità al marito”, “avere un controllo sulla situazione”, “essere rispettata e considerata” oppure “essere indipendente dal marito”. Anche quando l’uso femminile della violenza non è difensivo dunque, le donne non sembrano avere lo scopo di intimorire sistematicamente il marito o consolidare il proprio potere su di lui. Mentre la violenza degli uomini è spesso dettata da una ricerca di controllo della situazione e della partner, le donne possono diventare violente per lo più in risposta a un sentimento di minaccia, depressione, tristezza o mancanza d’attenzione e rispetto.
del partner, gli uomini sono più propensi ad adottare una proiezione verso l’esterno. Secondo alcuni gli uomini, oppressi dall’immagine sociale di cui parleremo tra poco, sono più a rischio di ricorrere alla negazione, strategia più arcaica e pericolosa in quanto non permette l’elaborazione del problema. A influire su questi aspetti psicologici e sul mantenimento della relazione abusiva ci sono anche dei fattori istituzionali e sociali. Gli uomini vittima di violenza domestica che hanno il coraggio di parlarne si scontrano spesso con un’incredulità generale, in quanto la vittimizzazione da parte della moglie non è compatibile con l’immagine dell’uomo forte e virile che ancora domina la nostra società7. Calunnie, disprezzo e denigrazioni feriscono il marito nella sua dignità d’uomo, a volte più duramente di una sberla, provocando quella vergogna che lo spinge a non parlarne e a nascondere la situazione. Molti uomini vittime di violenza domestica, contrariamente alle donne, si sentono fisicamente superiori alla compagna e, se necessario, ritengono di poter far uso della propria forza per reagire ai maltrattamenti subiti. Ma in pochi reagiscono. Tra le motivazioni elencate dalle vittime stesse figurano la paura di nuovi attacchi, l’educazione, ma soprattutto il blocco creato dagli abusi psicologici e la paura di essere etichettati come autori invece che vittime. Come per la violenza contro le donne, anche l’abuso sull’uomo può suddividersi in violenza fisica, violenza sessuale o violenza psicologica (nella quale rientra la violenza economica). Quest’ultimo tipo di violenza è il più diffuso e assieme allo sfruttamento economico è due volte e mezzo più frequente della violenza fisica. La violenza psicologica può attuarsi sotto forma di minacce, punizioni, intimidazioni, controllo emozionale, insulti o esercizio del controllo sociale (gelosia, controllo postale e telefonico, divieto di avere certi contatti). Questa violenza, assieme all’attribuzione delle colpe alla vittima, è uno dei principali fattori che possono contribuire all’istallazione di una relazione abusiva cronica. Una moglie manipolatrice è in grado di influenzare i figli, convincendoli che il padre è un fallito o un incapace; considerato che l’affidamento in caso di separazione è spesso dato alla madre anziché al padre, la minaccia di perdere i bambini è un fattore che può essere centrale nella scelta dell’uomo di non porre fine alla relazione coniugale8. Inoltre, proprio perché la violenza domestica è un fenomeno in cui le donne sono più spesso vittime, molti mariti maltrattati non reagiscono per paura che un ematoma sul viso della donna li faccia classificare come autori. Pierre, un uomo che per anni ha subito violenze, ci racconta di aver dovuto lottare per tre anni prima di poter riottenere il diritto di visita ai figli, in quanto l’ex moglie, durante le procedure di divorzio, era stata convincente nell’affermare di essere lei la vittima delle violenze. Mentre il processo d’installazione della relazione abusiva sembra dunque sempre lo stesso, i meccanismi che determinano il mantenimento della coppia nonostante le violenze differiscono a seconda della direzione dei maltrattamenti.
“È importante poter elaborare le proprie esperienze passate, creando dei ponti tra i comportamenti subiti e quelli attuati verso il partner in modo da elaborare i fattori scatenanti della violenza”
La relazione abusiva La spirale della violenza, descritta in un precedente articolo5, si sviluppa secondo le stesse modalità anche quando è l’uomo a essere la vittima. Dopo un periodo di aumento della tensione, in cui appaiono i primi episodi di violenza (per lo più psicologica) e il momento di degrado e maltrattamento fisico, seguono le scuse e le false promesse dell’autrice che portano la vittima a razionalizzare6 l’abuso, perdonare e sperare. Per sopravvivere alla violenza, la vittima applica dei meccanismi di difesa che la portano all’accettazione dell’abuso (razionalizzazione o negoziazione tramite dissociazione, risposta fisica, negazione, ecc.). Una delle principali differenze tra uomini e donne vittime si trova nell’utilizzo di questi meccanismi di difesa. Mentre le donne sembrano interiorizzare di più, reagendo con difese del tipo dissociativo o di confluenza alle aspettative
Agorà
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Come affrontare il problema Come detto all’inizio, il problema dei mariti abusati è fortunatamente raro e non costituisce dunque una priorità per le politiche di prevenzione attuali. Ciò nonostante, è importante saperne (...)
Agorà
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riconoscere l’esistenza e intervenire correttamente per evitare che chi ne è vittima si ritrovi isolato e senza sostegno. La sensibilizzazione e l’educazione nei confronti della violenza coniugale in generale sono due aspetti fondamentali sui quali occorre insistere. Spesso amici, vicini, colleghi o parenti sono al corrente della escalation di violenza, ma non sanno percepirne l’urgenza oppure ritengono di non doversi intromettere nel funzionamento della coppia. Nel caso degli uomini vittime, questa sensibilizzazione è ancora più importante: fin tanto che non verrà modificata la percezione sociale del fenomeno e attutita l’immagine dell’uomo forte e dominante, le vittime si vergogneranno di ciò che arriva loro, e temendo la derisione sociale, subiranno in silenzio le violenze. Secondo Cristian Damsa, psichiatra al centro di prevenzione delle violenze di Ginevra, gli uomini sono solo il 3% delle persone che si rivolgono a un centro d’aiuto alle vittime (ricordiamo, presente anche in Ticino). Inoltre, ricorrono alla consulenza spesso per altre ragioni (per esempio, le dipendenze) e il problema della violenza subita emerge solo in un secondo momento. La convenzione sociale e l’immagine maschile che ne deriva continuano dunque a costituire il più grande ostacolo all’accettazione del problema e alla richiesta d’aiuto da parte degli uomini vittime. Modelli da adattare La posizione di vittime uomini e vittime donne è dunque assai diversa non solo per quel che riguarda le strategie di difesa utilizzate, ma anche nella ricerca d’aiuto e nelle motivazioni che spingono la vittima a non lasciare la coppia. Di conseguenza, è possibile che i modelli d’intervento sviluppati per l’aiuto alle donne non siano validi anche per gli uomini, ma necessitino di alcuni adattamenti. Un’esperienza svolta nel canton Ginevra ha per esempio dimostrato come molti uomini vittime siano meno interessati a un sostegno psicologico e preferiscano delle
proposte più concrete e attive. Philip ha, per esempio, seguito una forma speciale di terapia, la psicoboxe. I pugni tirati durante questa terapia erano per lui come le cattiverie verbali ricevute dalla moglie e hanno contribuito a riattivare dei ricordi sui quali è stato poi possibile lavorare. Prevenzione e sostegno devono quindi essere analizzati in modo specifico affinché sia possibile tener conto in modo corretto delle grandi differenze esistenti tra il vissuto di un uomo vittima di abusi e quello di una donna maltrattata. La violenza appartiene al genere umano e non a uno solo dei sessi. Abbiamo tutti dei dolori, delle frustrazioni e delle paure, ed è importante che anche un uomo possa essere riconosciuto in una situazione di debolezza senza vergognarsene o sentirsi colpevole. note 1 Le esperienze raccontate in quest’articolo sono state in parte raccolte personalmente e in parte riprese dal servizio televisivo “Les hommes battus”, a cura di Jean-Daniel Bohnenblust e Antoine Plantevin, andato in onda il 13.3.2008 alla trasmissione “Temps présents” (TSR1). 2 Nella sua analisi sulle caratteristiche dell’omicidio coniugale, Pedevilla (2008, consultabile su www.crimen.ch) riscontra che gli uomini sono autori di omicio nei 91,4% degli omicidi di coppia, mentre le mogli lo sono del 8.6%. 3 Johnson, M. P. (2006). “Conflict and control: Gender symmetry and asymmetry in domestic violence”, Violence Against Women 12 (11), 1003–1018. 4 Zoder, I. & Maurer, G. (2006), “Reati d’omicidio: Studio sulla violenza domestica - Casi registrati dalla polizia dal 2000 al 2004”, Statistica Svizzera, Neuchâtel: OFS. Consultabile su www.bfs.admin.ch/bfs/portal/it/index/ themen/19/22/publ.html?publicationID=2421 5 Vedi Ticinosette n. 11/2012 (http://issuu.com/infocdt/docs/n_1211_ti7). 6 La razionalizzazione della violenza può essere nefasta se la vittima, in cerca di una spiegazione logica all’abuso, trova la ragione in se stessa (“l’ho provocata”), in quanto ciò aumenta il suo sentimento di nullità e il potere percepito dell’autrice. 7 Ufficio federale per l’ugualianza fra donna e uomo, Scheda informativa: Violenza contro gli uomini, consultabile su www.ufu.admin.ch. 8 Al contrario e proprio per le stesse motivazioni, una donna vittima percepisce meno il pericolo di perdere i figli. Per lei, è invece più significativo l’aspetto economico, in quanto molte donne sono finanziariamente dipendenti dal marito abusatore.
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Pronti al salto?
Siamo a due passi dal grande salto ma siamo pietrificati. A
» di Keri Gonzato
talvolta poetico e in altri momenti fresco e spiritoso. Assieme ad bloccarci in una vita stagnante sono la paura di fallire, di soffrire Alice, si incontrano altri personaggi che aiutano la protagonista nuovamente, di ritrovarci ancora più soli. Questa situazione, a ritrovare fiducia nella vita. Due figure, in particolare, entracomune a molte anime, è anche quella di no nel cuore. Un bambino, interpretato Alice, la protagonista di Jump, interpretata con intensità dal giovane ticinese Gabriel deliziosamente dall’attrice britannica Claire Feltrami e un uomo, interpretato dal disarPrice. Il film, una coproduzione anglomante italo-inglese Glen Blackhall. svizzera presentata all’ultima edizione del Il film non è impeccabile, soprattutto per festival bellinzonese Castellinaria, attesta la tendenza a scadere in una certa teatrala qualità e la vitalità del cinema svizzero. lità, ma nel complesso è un’opera prima La giovane ticinese-londinese Bindu de valida e luminosa. E a confermarlo sono i Stoppani, al suo primo lungometraggio, riconoscimenti ricevuti questa primavera ci conduce in un viaggio di rinascita con al British Independent Film Festival che grazia e delicatezza. Alice vive a Londra in ha celebrato la produzione con una serie una prigione fatta di ritmi di lavoro insostedi premi: Migliore film (Man Made Films, nibili e relazioni amorose insoddisfacenti. Hugo Film, RSI), Migliore regia (Bindu de Stoppani), Migliore fotografia (Pietro La vita però è pronta a offrirle l’opportunità Zuercher), Migliore attrice (Claire Price) per decidersi, finalmente, a compiere il e Migliore attore non protagonista (Enzo salto. Il percorso che porta la protagonista Jump Scanzi). Jump è un viaggio di iniziazione sul bordo del precipizio parte da lontano, di Bindu de Stoppani in cui un’esistenza interrotta riprende il con una serie di porte che si chiudono, Svizzera/Inghilterra, 2011 suo corso, affrontando quel tuffo che tutti per arrivare alle montagne ticinesi… Dopo un breve preludio nella frenesia londinese, il film rallenta al possiamo compiere nella vita reale, dove la corrente del fiume ritmo fiabesco delle nostre valli così come le rivede Bindu de si mescola ai raggi del sole. Il film, che è in programmazione Stoppani nella sua memoria, avendo lei stessa abitato in Ticino televisiva sul piccolo schermo il 12 luglio su LA2 alle ore 21, sarà fino all’età di dieci anni. Il percorso si rivela a tratti toccante, proiettato al Centovalli Film Festival di Intragna il 2 luglio.
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Il mercato delle vacche L’ultimo Salone del Libro di Torino ha confermato il processo di progressivo svilimento dell’industria editoriale. Un mercato a tutti gli effetti, che pare avere in gran parte smarrito il senso dell’oggetto che ne è al centro: il libro testo di Marco Alloni illustrazione di Rachele Masetti
Media
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Lo confesso con un filo di vergogna: al recente Salone del Libro di Torino ho sofferto. Ho sofferto già poco prima di raggiungerlo, uscendo dalla metropolitana del Lingotto. In cima alla scalinata si profilava l’ingresso della libreria Feltrinelli, e già da quella prospettiva era impossibile non notare l’immensa fotografia di Alessandro Baricco che svettava su un pannello di quattro metri per quattro. Baricco, uno scrittore, minore, commerciale, inconsistente, ma pur sempre uno scrittore. Lui vende molto ed è quindi giusto – forse – consacrargli uno spazio. Ma poco oltre, una volta giunto al termine delle scale, ecco svettare un secondo pannello. Ancora quattro metri per quattro... “Luciana Littizzetto! Eh no, questo è troppo!” mi sono detto. D’accordo Baricco, d’accordo una foto a dimensione pantagruelica per il più ammiccante degli scrittori italiani. Ma la Littizzetto? Che c’entra la più greve comica del sottobosco italiano con la libreria del compianto Giangiacomo, che un tempo andava fino in Russia a scovare i manoscritti di Pasternak, scopriva Henry Miller, lanciava il Gattopardo di Tomasi di Lampedusa, intuiva il talento di uno sconosciuto di nome Gabriel Garcia Marquez? Che faccia farebbe a vedere le sue vetrine conciate a quel modo, lui che tra l’altro perse la vita per un ideale? Ho continuato a camminare. Ed ecco che al terzo pannello... appare l’inverosimile. Hemigway? Majakovskij? Roth? Saramago? No: Piero Chiambretti! E poco oltre una formidabile pila di libri che supera i due metri di altezza. Kadaré? Cortàzar? Allende? Mann? Calvino? No: Alessandro del Piero! Oltre il limite Ho sempre detestato i puristi, ma questa non è più questione di purismo: qui si tratta di decenza. È tollerabile che la casa editrice più avanguardistica, sofisticata, attenta alle avanguardie e dedita alla ricerca letteraria si sputtani a questo modo in nome del mercato? È sopportabile che si arrivi a tanto? Ne avrei avuto conferma nelle quattro ore successive, quando girando tramortito fra gli stand del Lingotto avrei visto che cosa mi aspettava. Anche qui un indifferenziato trionfalismo del best-seller a prescindere da qualsiasi categorizzazione. Vittorio Sgarbi vende molto? Mettiamolo allora vicino ai long-seller di Buzzati e Svevo! Alain Elkann ha prodotto l’ennesimo romanzo di maniera?
Piazziamo allora la sua foto in bella vista, anche se nasconderà Kafka e Tolstoj! Erri De Luca ha sfornato il millesimo libercolo di 60 pagine stiracchiate a 100? Esponiamo allora la sua sagoma accanto alle profondità di un Musil o di un Vargas Llosa! L’equivalenza, l’indifferenziato, l’uniformità. Al Salone del Libro si offriva un concentrato – direi un precipitato – di quel che la letteratura è diventata da quando gli uffici vendite hanno assunto il controllo delle case editrici, e l’ipotesi di una distinzione – una dovuta separazione – fra letteratura vera e letteratura d’appendice è diventata un capriccio obsoleto. Al Salone del Libro, un contemporaneo mercato delle vacche, l’ipotesi marxiana secondo cui il libro non può rientrare nello stesso sistema di mercato che spetta alle carni o alle verdure ha perso, completamente, la sua sensatezza. Chi vende compare. Indistintamente. Chi non vende resta nelle retrovie. E il lontano imperativo per cui spetta agli editori – non al popolo bue – decidere cosa debba e cosa non debba occupare gli scranni più alti della letteratura è diventato una sorta di ingenuo idealismo per grulli incapaci di riconoscere “le dure leggi del commercio”. La fine della cultura Ho sofferto, sì. Per tutti quelli che trascorrono anni della loro vita a elaborare una scrittura degna di questo nome, per coloro che hanno osato uno sguardo nuovo sull’esistenza, per quanti hanno assegnato alla parola il compito di sollevare l’umanità dalla barbarie, per chi non si è mai rassegnato alla dittatura delle masse e ha colto nel segno della scrittura – ripeto, per lunghi anni di faticoso lavoro – il segreto di qualche possibile verità oltre a quella della mera, comoda comunicazione del risaputo. E ho sofferto per chi – come gli editori che si arrabattano per ritagliarsi uno spazio in tale selva – non ha più da giocare se non le carte dell’anonimato e dell’utopia. Ma soprattutto ho sofferto per la Penisola ridotta a un mercimonio del peggio, per questo proliferare di Mocci e Voli, Baricchi e Avallone. Ho sofferto perché ho visto la fine – l’ennesima – della cultura che dovrebbe salvarci.
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Nelle tasche di Goethe
Nella Germania prenazista ma già fortemente antisemita dei
» di Francesca Rigotti
che Rosenberg considerava tanto inferiore alla propria, una primi anni del Novecento il liceale tedesco Alfred Rosenberg razza che era determinato a sterminare? scopre che il suo idolo, Goethe, il quale rappresenta per Irvin D. Yalom, psichiatra ebreo americano e autore di l’adolescente la quintessenza dell’anima altri due romanzi “filosofici”, anch’essi del popolo tedesco e della nazione germatradotti e pubblicati in italiano da Neri nica, si dichiarava fervente ammiratore di Pozza (La cura Schopenhauer del 2005 e Baruch Spinoza, il grande filosofo ebreo Le lacrime di Nietzsche del 2006), segue a del Seicento. capitoli alterni le storie, le esperienze e le Ecco l’occasione che il narratore trasforma riflessioni dei due protagonisti principali in espediente per ripercorrere la figura e dell’opera, particolarmente riuscita nelle l’opera filosofica dell’ebreo scomunicato, parti di analisi psicologica, meno, a mio alla ricerca della soluzione del “problema avviso, in quelle della ricostruzione filoSpinoza”, che così recita: se gli ebrei sono sofica: di Spinoza, lo studioso ebreo mite, degenerati e parassiti, e questo non per la tollerante e votato alla causa della ragione loro religione bensì per il loro sangue (coe della verità, quello Spinoza, che venne me sostenevano le aberranti tesi antisemite duramente punito dalla scomunica dalla dell’epoca), com’è che i massimi geni di comunità ebraica di Amsterdam a causa allora, di lingua e cultura tedesca, Sigmund delle sue vedute religiose non ortodosse, e Freud, Albert Einstein, erano di sangue giuche visse modestamente e in isolamento, Il problema Spinoza daico? Ma soprattutto, come poteva essere producendo tuttavia opere che hanno di Irvin D. Yalom ebreo quello Spinoza del quale Goethe si mutato il corso della storia del pensiero e Neri Pozza Editore, 2012 portò in tasca per un anno intero una copia non solo di quello; e dell’ambiziosissimo dell’Etica, considerandola un sedativo per le sue passioni, “ariano” Rosenberg, giornalista, cofondatore del partito l’opera che gli aveva aperto una visione ampia e libera del nazista di cui divenne importante ideologo, nonché stretto mondo materiale e mortale? Come poteva il genio tedesco collaboratore di Hitler, le cui opere , fortunatamente, si sono di Goethe essere stato ispirato da un membro della razza perse nel dimenticatoio della storia.
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La forza del riso Considerato in Oriente un vero e proprio “dono degli dei”, è l’alimento base di sussistenza per miliardi di persone. Parliamo del riso, a detta di molti il cereale che ci aiuterà ad affrontare i problemi alimentari del futuro di Roberto Roveda
Un’antichissima leggenda cinese narra di un genio benevolo che vegliava sulle campagne e i suoi abitanti. Impotente di fronte all’ennesima terribile carestia e non riuscendo a portare aiuto al suo popolo, il buon genio cadde in una disperazione così cupa da strapparsi i denti per poi gettarli al vento. I denti, però, finirono in una palude e come semi germogliarono in tante piantine verdi che diedero come frutto migliaia di chicchi di colore bianco avorio. Da quel giorno i poveri contadini delle campagne cinesi poterono contare sul riso e sfuggirono alla fame.
Gastronomia
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colture risicole in Spagna, in Francia e, soprattutto, nella vicina Italia, paese che è ancora oggi il massimo produttore europeo del cereale. Il riso cominciò a comparire più spesso sulle tavole dei poveri come alternativa alla polenta, al pane, alla patata anche se le coltivazioni avevano l’inconveniente non da poco di avvenire in acque stagnanti, ambienti malsani in cui prosperava la malaria. Ergo, i poveri mangiavano meglio, ma si ammalavano di più.
Una lunga strada La situazione migliorò nell’Ottocento Mangia il tuo riso… quando vennero realizzate risicolture dove In Asia le leggende come queste, che tral’acqua veniva fatta fluire costantemente, mandano il riso come un dono divino, così da non creare paludosi miasmi. Infine, sono molte, a testimonianza della central’apertura del Canale di Suez nel 1869, unilità di questo cereale nelle civiltà orientali. tamente alla diffusione delle navi a vapore, Spuntato circa dieci millenni or sono nelle facilitò l’arrivo di grandi quantità di riso pianure bagnate dai grandi fiumi cinesi e dall’Asia rendendo questo bianco cereale indiani, il riso ha avuto e continua ad avere un’ospite immancabile sulle tavole europee, in Oriente il ruolo fondamentale svolto l’alternativa principale al frumento. Anche alle nostre longitudini dal frumento, poi le coltivazioni si diffusero, come dimostra dal mais e dalla patata. Un cibo pressoché il fatto che proprio nel nostro cantone insostituibile, avvolto da un alone sacrale esiste una delle risicolture più a settentrioPianta di riso (www.en.wikipedia.org) di alimento sulla cui coltivazione vegliava ne dell’intero pianeta. Il riso, infatti, ha direttamente l’imperatore nell’antica Cina e bisogno di un clima non eccessivamente ancora oggi seminato in alcune zone dell’Indonesia secondo le “nordico” per sopravvivere e da noi viene coltivato in una delindicazioni dei “sacerdoti del riso”. Un buon raccolto, infatti, le zone meno elevate (solo 198 metri di altitudine) dell’intera era ed è tutt’ora garanzia di sopravvivenza e di benessere per Confederazione, il delta della Maggia, tra Locarno e Ascona. Qui, intere popolazioni, tanto che un antico detto cinese proclama all’interno dell’azienda agricola Terreni alla Maggia (www.terre“mangia il tuo riso, al resto ci penserà il cielo”. Un legame tra niallamaggia.ch), viene prodotto il “Riso nostrano ticinese”. bianco chicco e prosperità che abbiamo conservato anche noi Dalla Cina alla Svizzera, quindi, il riso di strada ne ha fatta… e occidentali nell’usanza di lanciare riso come gesto di augurio molta questo cereale sembra destinato a farne: secondo alcuni dopo le nozze. esperti, per le sue doti di adattabilità ad ambienti anche sfavoDalle nostre parti il successo di questo cereale è, però, relati- revoli all’agricoltura come le paludi e per la sua resa per ettaro vamente recente. Nell’antichità non esistevano risicolture in superiore a quella del mais e della patata, nuove coltivazioni Europa, il riso veniva importato dall’Asia oppure dall’Egitto. nasceranno nei prossimi anni in Africa, contribuendo così a I primi tentativi di coltivarlo in Occidente fallirono a causa risolvere i problemi alimentari di un continente in perenne crisi della poca adattabilità delle piante ai nostri climi. Il riso rimase di sussistenza. Già oggi il riso garantisce il 27% del fabbisogno a lungo, quindi, una merce rara e costosa come tutto ciò che energetico e il 20% del fabbisogno proteico delle popolazioni dei proveniva da Oriente, una “spezia” riservata a medici e farma- paesi più poveri. Se le previsioni saranno confermate il chicco cisti per fare decotti curativi. In cucina era usato pochissimo nato dai denti del genio cinese continuerà probabilmente a a causa del costo, anche se esistono ricette di epoca romana a fare miracoli. base di riso e fino alla fine del Medioevo il risotto fu un piatto esotico, riservato alle tavole dei nobili. Le cose cambiarono tra invito alla lettura il Cinquecento e il Seicento quando migliorarono le tecniche Antonio Saltini di coltivazione e vennero selezionate varietà di riso proveniente I semi della civiltà. Frumento, mais e riso nella storia delle società umane, dall’Oriente in grado di sopravvivere nei climi europei. Sorsero Nuova Terra Antica, 2010.
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Thriller all’Etihad Il calcio non di rado è fonte di espressioni e metafore destinate a cristallizzarsi nell’immaginario e nel vocabolario collettivo. Anche perché le sorprese e i colpi di scena non mancano mai… di Nicola DeMarchi
Società
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Anche a chi non mastica calcio, l’espressione “clamoroso al alla classifica, ma la differenza reti parla in favore dei Citizen Cibali” sarà forse giunta qualche volta alle orecchie. Essa è do- che, durante il campionato, hanno anche avuto la sfacciatagvuta a Sandro Ciotti, compianto radiocronista dall’inconfon- gine di battere lo United 6 a 0. A questo punto alla squadra dibile timbro di voce. Era il 4 giugno 1961. L’Inter di Helenio allenata da Mancini una vittoria contro il QPR (Queen Park Herrera si spostava in casa di un Catania salvo e appagato, Rangers) assicurerebbe il titolo. Ma ecco che, mentre lo United con l’obiettivo di vincere una partita che le avrebbe permesso dispone del suo avversario (1 a 0 al Sunderland), allo stadio di strappare il titolo alla Juve. All’andata la Beneamata aveva Etihad accade il “clamoroso”. Dopo essere passato in vantaggio strapazzato il Catania 5 a 0 (4 autoreti) e essersi addirittura ritrovato in undici con strascico scherzoso di Herrera che contro dieci, nel secondo tempo il City parlò di “una squadra di postelegrafonisi fa raggiungere e superare. ci”. All’incontro di ritorno però, allo Al 91esimo, vale a dire già ben dentro stadio Cibali, accadde evidentemente la sopracitata zona Cesarini, il titoqualcosa di incredibile (2 a 0 per il Calo sembra quindi banalmente perso, tania) e se lo scudetto andò alla Juve, quando Dzeko agguanta un pareggio la formula di Ciotti si cristallizzò per ancora inutile vista la vittoria dei cusempre nell’immaginario collettivo gini rivali. Ci vorranno quindi ancora come sinonimo di colpo di scena. 3 lunghi minuti di recupero e isteria Ma questa non è l’unico motto del perché accada il prodigio: un tiro di mondo sportivo a essere passato nel Aguero fa breccia e il titolo, dopo essere linguaggio comune. Alzi la mano instato per larghi tratti dello United, torfatti chi non ha mai sentito citare da na incredibilmente sulla sponda City qualcuno “un uomo solo è al comandi Manchester. do” – la frase per intero, pronunciata da Mario Ferretti al Giro d’Italia del Questione di pedate 1949, si conclude con “la sua maglia è I giornalisti allora “partono in fuga”. biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi” Meta? L’epigramma, il motto o l’espres– per commentare, non senza ammirasione che condensi i fatti: “Abbiamo L’attaccante del Manchester City Sergio Aguero zione, l’impresa isolata ed eroica di una tutti preso 44 anni in 93 minuti” titola il (immagine tratta www.ibtimes.co.uk) persona? Chi non ha mai impiegato “Daily mail”; “Mand of God” risponde “zona Cesarini” per indicare di aver il “Sun”, con gioco di parole proprio ottenuto un risultato in extremis, proprio come il risolutivo, sulla “Mano di dios”, ma versione allenatore credente ed effianche se tardivo attaccante juventino degli anni Trenta? Chi, cace come il “comandante” Mancini. La palma dei superlativi scherzando, non ha citato il maradonesco “mano de dios” per torna però in questo caso a un editoriale di Thomas Goubin dire di una provvidenziale furfanteria? Chi non ha mai usato (sofoot.com): “Solo il calcio può fare di una domenica pomeriggio il termine “catenaccio” per indicare una strategia calcistica o un po’ fiacca, una delle più belle emozioni dell’anno. Vedi di più. non, volta a resistere a oltranza? La 38esima giornata di Premier League ha offerto tutto ciò che fa sudare, grondare, urlare, frignare qualsiasi essere umano dotato Un esempio recente di cuore. Ci vorrà senza dubbio più di una notte, più di un’estate, Un misto di tutte queste espressioni è quello che ha suscitato più di una vita ai Citizens e a tutti coloro che amano il calcio per nei tifosi l’ultima giornata del Campionato d’Inghilterra. Un rendersi conto che hanno vissuto il 13 maggio 2012, uno dei più “clamoroso in zona Cesarini”, per cosi dire. Uno spettacolo grandi momenti di questo sport”. oltremodo avvincente anche perché le due contendenti a Così è, se “argomentare di pedate” resta “inutile come cercar distanza, non erano altro che le due squadre di Manchester: di governare l’Italia secondo Benitone da Predappio” – come il City, che rincorre a suon di milioni un titolo che gli sfugge scriveva sconsolato il Bukowsky del giornalismo sportivo Gianda 44 anni, e il super-blasonato United, già noto per successi ni Brera –, così non dovrebbe essere per chi ne tesse i canti. “clamorosi” come quello contro il Bayern del ’99 e che le Diamo dunque ai cronisti ciò che è dei cronisti e se il calcio coppe non sa quasi più dove metterle. Alla vigilia dell’ultima (giocato) è presagio, allora il 2012, come dimostra il thriller giornata le due squadre hanno infatti gli stessi punti in vetta dell’Etihad, sarà un anno di clamori.
i r e z z i v s i t s e Qu o n o d accen
. a t i t r a ogni p
» testimonianza raccolta da Demis Quadri; fotografia di Reza Khatir
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Andreas Leuenberger
Vitae
non sapevo se il nuovo lavoro sarebbe andato bene… La casa di cura Andrea Cristoforo di Ascona, con la quale collaboro e dove ho il mio studio, è stata comprata nel 1936 da Ita Wegman, una dottoressa che ha lavorato con Rudolf Steiner ad Arlesheim e che durante la Seconda guerra mondiale ha portato qui alcuni bambini per proteggerli. Dopo la morte della dottoressa Wegman, il lavoro della casa si è rivolto piuttosto agli adulti. I nostri ospiti di solito vengono qui dopo un’operazione, o quando c’è una problematica legata al cancro, o anche a un esaurimento o a una depressione. Pur essendo indipendente, ho Medico antroposofo, col proprio lavoro cer- l’obbligo di occuparmi degli ca di intervenire sull’essere umano nella ospiti della casa. La medicina sua complessità. Perché una malattia deve antroposofica qui viene affiancata da vari tipi di terapia essere superata piuttosto che soppressa come l’euritmia curativa, una pratica creata da Rudolf Steiampia. Per esempio, so per ner e basata sul movimento; o il massaggio esperienza che i bambini hanritmico, caratterizzato da movimenti parno spesso l’otite. Questo può ticolari; o ancora la terapia artistica, quella nascondere il fatto che non musicale, quella craniosacrale, la fisioterapia vogliono più sentire niente, e l’osteopatia. In Ticino la medicina antropoche sono stufi di quanto sta sofica non è ancora nota come nella Svizzera loro attorno. Oppure si pensi tedesca, in particolare a Basilea, dove ci sono a quando si ha un problema al il Goetheanum e diverse scuole Steiner. Ma naso: sì, il naso è importante, adesso cominciamo a essere più conosciuti ma in tedesco si dice “Ich habe anche dalla popolazione locale. die Nase voll” per dire che se Un lato molto importante della medicina ne hanno piene le scatole… antroposofica è quello spirituale, che può Tutti questi aspetti devono essere legato al concetto di reincarnazione, essere presi in considerazione ma anche ad altri aspetti. Il trattamento del quando si tratta una malattia. cancro per esempio richiede una visione Io ho sviluppato un’esperienampia, perché secondo me questa malattia za specifica riguardo al cancro. è legata all’attuale modo di vivere degli Nella medicina antroposofica esseri umani. Ogni tempo, ogni cultura ha c’è un modo di trattare il canprobabilmente una sua malattia. Abbiamo cro con il vischio, provocando sradicato molte patologie, ma poi ne sono veuna reazione di febbre leggera nute altre. Quando sono stato in Africa negli attraverso iniezioni o più forte anni Ottanta, nessuno aveva sentito parlare per mezzo di flebo. Il cancro, di AIDS. Adesso se ne parla ovunque. Per me essendo di per sé una malattia una malattia può avere anche una compofredda, non ama per niente nente educativa e portare a cambiamenti la febbre, che facendo sudare positivi: Goethe è stato più volte gravemente il paziente mette in moto il malato, ma considerava la malattia come un sistema immunitario. È per elemento importante per lo sviluppo, al quale questo che, quando è possicontribuiva come occasione per una rinascita bile, nei bambini non bisogna interiore e un’evoluzione spirituale. Una sopprimere la febbre, ma lamalattia non si deve evitare, ma superare. È sciarle seguire il suo corso. vero che a volte può essere molto aggressiva. La decisione di venire in TiciMa appunto, come mostrano i cambiamenti no è coincisa con la scelta di che intervengono nei bambini dopo una cambiare percorso di vita. Una guarigione, una malattia può rappresentare decisione importante, perché anche un passo importante per la propria lasciavo uno studio avviato e crescita.
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requentati i sei anni per ricevere il titolo FMH in Medicina generale, nel 1987 ho aperto uno studio a Thun. Mi sono specializzato in medicina antroposofica. Durante gli studi non ero molto soddisfatto, perché mi mancava un’immagine dell’essere umano più ampia, in grado di comprendere anche la dimensione spirituale. Ho avuto il primo contatto con questa medicina lavorando per sei mesi nella Lukas Klinik di Arlesheim, una clinica specializzata nella cura del cancro e integrata nel programma di studi dell’Università di Berna grazie a un professore interessato al pensiero antroposofico. Era qualcosa di diverso e mi è piaciuto moltissimo. Per questo ho deciso di seguire questa direzione nella professione. Come assistente non ho lavorato in nessuna clinica legata a tale ambito: mi sono formato da autodidatta. Però alcune volte ho fatto il sostituto in studi medici antroposofici. Di solito si trattava di lavori di due o tre settimane. Prima di venire in Ticino, ho lavorato fino al 2005 nel mio studio a Thun, che era già specializzato in medicina antroposofica. Questa è una branca complementare, non alternativa. Tutti i medici antroposofi hanno un titolo FMH e sanno praticare la medicina “di scuola”. Però evitano, per quanto possibile, i farmaci aggressivi che hanno effetti secondari, come il cortisone o gli antibiotici. I nostri medicamenti non hanno quasi mai effetti secondari. Naturalmente si verificano situazioni limite in cui la medicina antroposofica non può più aiutare. In quei casi bisogna scegliere quella “ufficiale”: se c’è una brutta infezione bisogna utilizzare gli antibiotici, nel caso di un’appendicite o di una frattura si deve ricorrere alla chirurgia. Ma nel nostro percorso terapeutico prendiamo l’essere umano come qualcosa che comprende un corpo fisico, un’anima e uno spirito. Così abbiamo una visione più
malinconia testo di Daniele Fontana fotografie di Pierre Pellegrini
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alinconia cosa sei? Impalpabile compagna che come la bruma s’addensa, pervasiva più di certi pensieri. Sei pace che, superati gli argini, si fa solitudine. Memoria-impronta di tutto quel che è stato, anelito informe a ciò che forse non sarà. Sei la nebbia di tutti gli amori (e gli umori e gli odori), le pene, i sogni che il tempo e gli uomini hanno dissipato. Sei il velo di quel che con cura
sopra: Autunno (2010); in apertura: Luce di primavera (2010)
ci avvolge, troppo spesso dimenticato. Così legata ai luoghi, ai viventi, eppure così eterea. Ambasciatrice delle ombre del regno di morte e pallida luce liquida delle incerte terre del sentirsi vivi. Quiete senza tempo sospesa sull’effimero frastuono degli umani. C’è per tutti noi uno spazio calmo, un silente orto, un ermo colle, dentro e al di là del quale ricordare, vivere e immaginare la vita nostra e di coloro che (...)
La mia Venezia (2011)
Rigorosamente allineati (2012)
Acqua e vento, la forza della natura (2011)
in senso orario: Giorno di riposo (2010); Italia e Svizzera nella nebbia (2010); Distanza (2010); Macchine a riposo (2010)
amiamo. La vita che si svolge per scelta o per sorte e tutte le altre possibili. È in quel sovrumano, immobile silenzio che ci “sovvien l’eterno e le morte stagioni e la presente e viva. E il suon di lei”. Malinconia che parlando d’altro e di altri ci racconti di noi, che in uno stato di sottomessa umiltà esalti la nostra futile, superba centralità. Marca, un poco ruffiana, che a
prezzi scontati offri patenti di artistiche sensibilità. Porta incerta sugli abissi della psiche. Pulsare sommesso e ostinato di un’armonia cosmica inesistente e mai esistita. Bile nera, dolce oblio, sapor d’autunno, linfa degli animi sensibili. Tu, infedele compagna, che vieni e che vai. Malinconia cosa sei quando non ci sei? Cosa siamo noi.
Lugano - la mia cittĂ (2010)
Pierre Pellegrini Classe 1968, dopo gli studi in architettura, decide di diventare un docente di educazione fisica. Durante il suo percorso professionale scopre la passione per la fotografia, che considera un fantastico mezzo di comunicazione e allo stesso tempo uno strumento per trasmettere emozioni. Nel mese di maggio 2012 ha esposto una personale presso la galleria Photographica FineArt (Lugano). Per informazioni: web.ticino.com/fotografie.pierre.
La prova dei gemelli Caffè e tè raramente mettono d’accordo le persone. I fan del primo guardano al tè con ostentata sufficienza mentre gli amanti del secondo attribuiscono al caffè una serie di effetti spiacevoli. Questione di gusti, ma non solo… di Eugenio Klueser
Sfide
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Francesco Redi, medico e poeta del Seicento scriveva nei suoi versi “beverei prima il veleno / che un bicchier che fosse pieno / dell’amaro e reo caffè”, un’affermazione che molti amanti del tè potrebbero sottoscrivere. Questione di gusti, si dirà, ma non solo perché caffè e tè nel sentire comune non sono considerate semplici bevande. Sono espressioni di modi opposti di intendere la vita e i suoi ritmi. Pensiamoci: anche nella pubblicità il caffè è movimento, lavoro, energia, uno scaccia-stanchezza con cui affrontare la giornata. Il tè è relax, pausa, momento di riflessione per iniziare il giorno e approssimarsi al riposo. Forzature? Generalizzazioni? Luoghi comuni? Certamente, che però hanno le loro radici nella storia di queste bevande e in quello che hanno sempre rappresentato nell’immaginario umano anche prima del loro arrivo nel nostro continente, avvenuto quasi contemporaneamente alla fine del Cinquecento.
che essa divide con la maggior parte delle ragazze di Lipsia. La bevanda nera e amara veniva però vista con sospetto dalle autorità perché eccitava, scaldava gli animi. Nei locali dove si consumava, le ore del sonno venivano sostituite da dibattiti. In Inghilterra le coffee house diventarono teatro di contestazioni politiche e per breve tempo se ne ordinò perfino la chiusura. Il proibizionismo durò poco, anche perché erano proprio i signori al potere che amavano e potevano più di altri godersi la caffè-mania.
Una questione rituale Si cercò però un alter-ego più intimo, più rilassato, più “familiare” e meno destabilizzante e lo si trovò nel tè, bevanda che aveva una tradizione millenaria in Cina. Il tè, espressione di una cultura, quella orientale, metafora della meditazione e della quiete. In Europa veniva usato come medicinale, curava raffreddori, bronchiti e indigestioni e non ne esisteva all’inizio del Seicento un consumo voluttuario. A La mania “nera” questo ci pensò la borghesia inglese Il caffè, infatti, è originario dell’Etiopia che elesse l’infusione delle foglie di tè dove si narra una storiella che già dice a bevanda prediletta, trasformando la molto su questa bevanda. Si racconta sua semplice assunzione in un rito, “il che un pastore chiamato Kaldi portasse tè delle cinque”, quotidiano, domestiWilliam Paxton (1873–1965), The samovar, 1926 (collezione privata) a pascolare le sue capre sugli altopiani. co. Durante il quale si colloquiava e si Un giorno queste incontrando una pianta di caffè cominciarono apprezzava e non si lasciava spazio alla discussione, meno che a mangiarne le bacche e a masticare le foglie. Arrivata la notte meno alla contestazione. Gli inglesi divennero dei modelli di le capre anziché dormire si misero a vagabondare con energia e flemma e il tè il simbolo di un’intera nazione tanto che Madame vivacità mai vista prima. Il pastore decise che quell’energia ine- de Genlis, letterata francese primo Ottocento, poteva scrivere sauribile doveva essere anche sua: abbrustolì i semi della pianta di un suo conoscente che “prende il tè due volte al giorno e per mangiati dal suo gregge, poi li macinò e ne fece un’infusione, questo si crede un Locke o un Newton”. ottenendo il caffè. Insomma, difficile pensare due bevande più antitetiche tanto L’ infuso dei chicchi fin dal X secolo veniva usato dai sufi e dai che ancora oggi il caffè si consuma soprattutto al bar, “espresmistici islamici, per rimanere svegli durante le interminabili ore so”, cioè super-rapido, oppure alla macchinetta automatica, di preghiera e forte della sua fama rivitalizzante giunse in Europa il tè tra le mura domestiche. Due bevande con fan accaniti, grazie ai contatti commerciali tra Venezia e Costantinopoli. Nel pronti a sostenere e a fornire prove dei pregi dell’una contro nostro continente la bevanda ebbe un successo immediato e l’altra. Come fece, nel 1771, in Svezia, il re Gustavo III che volacquisì una dimensione eminentemente “pubblica”. Il caffè, le verificare “scientificamente” quale tra caffè e tè giovasse di cioè, veniva consumato in compagnia, nei locali chiamati ap- più alla salute. Per far ciò, si servì di due gemelli detenuti nelle punto caffè, teneva deste le menti nelle lunghe serate davanti carceri svedesi per omicidio. Dopo aver commutato la pena ai tavoli da gioco oppure nel corso di interminabili discussioni. di morte in ergastolo, impose loro l’assunzione di tre tazze di Fu una sorta di mania nell’Europa del Seicento e del Settecento caffè al giorno per uno e di tre tazze di tè l’altro. Sopravvisse tanto che Bach scrisse una cantata il cui tema è l’angoscia di più a lungo il gemello costretto a bere tè, ma non ci sembra un padre desideroso di guarire la figlia dalla passione del caffè, una prova attendibile.
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Trita e ritrita
Negli ultimi tempi il cinema d’oltralpe sta conoscendo una sorta
» di Roberto Roveda
odierni si scontra con la scelta di rifugiarsi in stereotipi ritriti: il di piccola età dell’oro, caratterizzata da un rinnovato interesse dongiovanni, il fedifrago colto in flagrante, quello che ci prova da parte della critica e da molte pellicole di successo esporta- con tutte senza concludere mai oppure che non tradisce perché te all’estero. Un cinema, quello francese manca l’occasione. Nessuno degli episodi, contemporaneo, spesso divertente e antipurtroppo, riesce a uscire dal cliché e dalla convenzionale come mostrano il politically sociologia da commedia di quart’ordine, uncorrect di Quasi amici e il ricercato The alla fratelli Vanzina, per intenderci. Con Artist. Proprio a Jean Dujardin, protagonista l’aggiunta che si ride anche poco perché di quest’ultimo film, trionfatore alla recente manca l’irriverenza e l’umorismo cinico notte degli Oscar, si deve l’idea iniziale de’ necessari per mettere alla berlina debolezze Gli infedeli, opera corale in cui ben sette e frustrazioni del dongiovannismo attuale, registi si sono cimentati in variazioni su così pavido e insicuro. Resta la barzelletta un tema classico, quello del tradimento. sguaiata, ma anche qui il sapore è quello Filo conduttore le scorribande di due amici del già sentito, dello stantio. per la pelle, interpretati dal duo comico A conti fatti il film non può che scontentaDujardin-Gilles Lellouche. re, a partire da chi si attendeva una raffinata Il risultato finale di questa operazione a più commedia, ironica e sottilmente graffiante; mani è deludente. Appare, infatti, evidente ma anche chi – attratto da una locandina l’intenzione di ironizzare sui comportamensexy di sapore anni Sessanta – sperava in ti del maschio contemporaneo – insicuro, una pura e semplice goliardata in stile AmeGli infedeli regia di Dujardin, Lellouche, immaturo, eterno Peter Pan – e di fare satira rican pie. Di buono resta il trasformismo dei Bercot, Cavayé et al. sociale sulla falsariga di quanto avveniva due protagonisti, che certo non sono GasFrancia, 2012 nella commedia all’italiana anni Sessanta, sman e Tognazzi, né Sordi o Manfredi, ma che non a caso aveva nel film a episodi uno dei suoi elementi di- di cui possiamo apprezzare perlomeno l’autoironia e la buona stintivi. Si rimane, però, solo alle intenzioni e il desiderio di dare volontà. Insomma, non basta essere targati “Francia” e lavorare vita a una critica – anche feroce – dei costumi sessuali maschili a quattordici mani per realizzare un film intelligente.
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Tendenze p. 48 – 49 | a cura di Giancarlo Fornasier
dischi volanti
Il
nome Frisbee sarebbe improprio, perché si riferisce al marchio registrato di un’azienda di giocattoli americana che fabbrica, appunto, questi innocui oggetti da decenni. Lo si apprende dal più importante portale in lingua italiana dedicato a questa disciplina, quello della Federazione Italiana Flying Disc (FIFD), organismo attivo da oltre trent’anni: “Erano gli anni Trenta quando la ditta dolciaria «Frisbie Pie Co.» riforniva le mense universitarie del Connecticut di torte e crostate che, una volta consumate, lasciavano in mano agli studenti le proprie teglie: e fu un po’ per scherzo e un po’ per gioco che queste teglie iniziarono a essere lanciate, facendo scoprire in realtà che potevano volare. Lo stesso fece il pilota statunitense Walter Frederick Morrison – nell’immagine, ndr. – che, di ritorno dalla Seconda guerra mondiale, decise insieme al suo compagno in affari Warren Francisconi di perfezionare questo attrezzo e riprodurlo in plastica”. Si era da poco concluso il conflitto “quando i due lanciarono sul mercato il «Flying Saucer», ribattezzato poi «Pluto Platter» sulla scia spaziale dell’epoca. Venduti i diritti alla compagnia «Wham-O» e lanciata la produzione di massa, si giunse infine all’attuale «Frisbee», distorsione del nome del famoso pasticciere con cui proprio gli studenti usavano chiamare il prodigioso disco volante”.
Dalle torte alle Discipline sportive Potrà sembrare anacronistico parlare oggi del Frisbee, considerata dai più un’attività ludica “da spiaggia” che negli anni Ot-
tanta era buona giusto per socializzare e coinvolgere sprovviste ragazzotte straniere sul bagnasciuga delle spiagge romagnole. In verità c’è dell’altro. In oltre settant’anni di storia e sperimentazioni la teglia in metallo volante ne ha fatta di strada: malgrado il Frisbee sia tra le attività all’aperto che maggiormente hanno subito le conseguenze delle mode sportive e dell’intrattenimenoto da Playstation e affini, le federazioni nazionali e gli organismi mondiali nati per promuovere questa disciplina sono molti e assai attivi. Su tutti spiccano la Federazione Europea e quella Mondiale (EFDF e WFDF): la seconda in particolare (la World Flying Disc Federation), racchiude le varie discipline che sono nate attorno al Frisbee. Discipline…? Sì, sembrerà incredibile ma sono almeno una decina quelle che coinvolgono il nostro disco di plastica: Freestyle, Guts, Disc Golf, DDC (Double Disc Court), Discathon, Precisione, Distanza, MTA (Maximum Time Aloft), TRC (Throw Run & Catch) e per finire il Disc Dog, attività da condividere con il migliore amico dell’uomo.
Ultimate, Disc GolF e Freestyle Tra le discipline più note e diffuse vi sono il Disc Golf e il coinvolgente Ultimate. Quest’ultimo si pratica con un disco, due squadre e naturalmente un campo; si gioca principalmente su tappeti erbosi, 7 contro 7, anche se esiste la versione “da spiaggia” promossa dalla Beach Ultimate Lovers Association (BULA). “Il campo da gioco è un rettangolo allungato con due aree di meta a ciascun estremo. Si gioca con un disco regolamentare (Discraft 175 grammi) e non è previsto il contatto fisico. Per segnare un punto
la squadra deve avanzare fino a raggiungere la meta avversaria e miste che partecipano a tornei nazionali e internazionali. passandosi il disco, dato che al giocatore col disco in mano non Entrambe le organizzazioni fanno parte della Swiss Disc Sports è permesso correre” si legge nel sito della Federazione italiana Association (www.swissdiscsports.ch) nata nel 1980. (www.fifd.it). “Quello che lo rende veramente speciale è l’assenza Ad oggi sono iscritti alla Federazione circa 900 giocatori di dell’arbitro (il regolamento non lo prevede), infatti l’Ultimate si basa Ultimate, divisi in 24 squadre; tra queste segnaliamo anche sull’auto-arbitraggio, sulla sportività, i locarnesi Simon’s Tooth Madonna sul rispetto delle regole e dell’avversadel Sasso, “l’unica formazione ticinese” Il suo vero nome rio”. Il Disc Golf è invece una rilettura come ci conferma il suo portavoce, del classico gioco del golf, ma pratiNicola Cotti. Oltre un centinaio sono è FlyIng DIsc ovvero DIsco cato con un Frisbee e delle apposite invece coloro che praticano il Disc volante, ma non è un ceste al posto di palline e buche... Golf e le altre discipline legate al Fri“I giocatori attraversano un percorso sbee. Come lo spettacolare Freestyle, “oggetto non IDentIFIcato” a ostacoli facendo il minor numero di nel quale il disco viene lanciato dai DI provenIenza extratiri possibile per raggiungere i bersagli giocatori con una forte rotazione; in piazzati strategicamente in tutta l’area: questo modo è possibile controllare terrestre. è DI plastIca spesso si gioca infatti in parchi, boschi o il Frisbee in equilibrio con le dita, e alle nostre latItuDInI percorsi fissi immersi nella natura, dove per poi creare acrobazie attorno al si possono incontrare numerosi ostacoli corpo, colpirlo con le mani e i piedi, tuttI lo chIamano FrIsbee, quali alberi e specchi d’acqua. I bersagli o facendolo rotolare lungo le braccia Il DIsco Da lancIare (regolamentati dalla Professional Disc e la schiena, creando esibizioni ricche Golf Association) sono rappresentati da di movimenti e coordinazione. ceste metalliche fissate su un’asta, dotate di catenelle che hanno lo Tra gli appuntamenti dove poter ammirare questi atleti, segnascopo di arrestare il volo del disco e «catturarlo» nel cesto”. liamo una giornata di Disc Golf presso l’Hardhof a Zurigo (8 luglio; www.voodoowarriors.ch) e il “Cumbat da capricorns IV”, un I “dIschI” nella patrIa del formaggIo torneo di Ultimate che si terrà a Ilanz sempre nel fine settimana La Federazione svizzera di Ultimate (Swiss Ultimate Associa- del 7 e 8 luglio (www.crazydogs.ch). Le squadre di Ultimate si spotion; www.ultimate.ch) e la Swiss Discgolf Association (www. steranno poi in agosto a Stans (4 e 5) e in seguito a Zugo (25 e 26). discgolf.ch) sono due organismi molto attivi in Svizzera con un Per maggiori informazioni sui tornei nel nostro paese e all’estediscreto numero di associati e squadre maschili, femminili ro vi rimandiamo al portale http://ffindr.com/it/events.
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Il nostro contributo al benessere svizzero: Zurich supporta percorsovita, un’esperienza sportiva e rinfrancante nella natura. Anche nel bosco nei vostri paraggi. www.zurichpercorsovita.ch
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Grazie a Giove in terza casa solare avrete l’occasione di perfezionarvi in un campo di studi che potrà rivelarsi essenziale. Incremento della vostra vita sociale. Incontri sentimentali per i nati nella seconda decade.
Fino all’11 giugno Giove si troverà di transito sul vostro Sole. Non sprecate l’occasione. Date spazio ai vostri desideri. Non preoccupatevi del domani: vivete il presente. Successi, promozioni e guadagni.
Momenti di gloria e soluzioni inaspettate favoriti da Giove e Urano. Realizzazione di importanti progetti. Aiuti da parte di soggetti inaspettati. Amori e colpi di fulmine grazie agli aspetti con Marte e Venere.
Si avvicina al suo compimento la grande croce cardinale del 2010. Con Plutone, Urano e Saturno in aspetto è arrivato il momento delle svolte epocali. Purché sappiate cosa volete effettivamente raggiungere.
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Grazie all’arrivo di Giove a partire dal 12 giugno potrete dar vita a un grande progetto a cui tenevate da diverso tempo. Collaborazioni con il partner. Ottimo per una vacanza il periodo tra il 13 e il 14 giugno.
Burrascosi e passionali grazie agli aspetti tra Marte e Venere. Canalizzatevi verso l’Eros anziché spendervi in operazioni di guerra. Limitate il senso critico con il partner. Scaricatevi attraverso uno sport.
Dall’11 giugno la vostra vita prende una fortunata direzione. Con Giove in trigono nei prossimi mesi tenderete a vedere tutto più rosa. Amore a gonfie vele per i nati nella seconda decade. Interferenze familiari.
Grazie a Giove e ai forti aspetti nel segno dei Gemelli rapido cambiamento in ordine ai frequenti sbalzi umorali degli ultimi tempi. Forte aumento degli appetiti sessuali da riconnettersi all’ottava casa solare.
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Giove in opposizione. Nei prossimi mesi dovrete imparare a esser più cauti nei giudizi e a controllare gli sbalzi d’umore. Passionali e irascibili i nati nella seconda decade sollecitati da Marte e Venere.
Grazie agli aspetti di Giove in trigono potrete realizzare un obiettivo importante. Scelte tra “ragione” e “sentimento”. Possibile trasferimento in un’altra città. Opportunità professionali per l’ultima decade.
A partire dall’11/12 giugno grazie all’arrivo di Giove e all’aiuto di Urano qualunque progetto vi sarà possibile. Siate voi stessi senza alcun timore. Creativi e audaci. Amore a gonfie vele per i nati in febbraio.
Periodo elettrico in ordine allo stellium di pianeti nel segno dei Gemelli. Dal 12 giugno attenzione a porsi degli obiettivi precisi e a non disperdersi in mille e inutili rivoli. Bene per i nati nella terza decade.
» a cura di Elisabetta
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Gioca e vinci con Ticinosette
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 25
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 14 giugno e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 12 giu. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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Verticali 1. Si fa… ma non si spiega! • 2. Soldato di cavalleria ungherese • 3. Sono simili ai DIN • 4. Quasi unici • 5. Città tedesca sull’Elba • 6. Dittongo in paese • 7. Ghirbe • 8. Cacciatori di frodo • 12. Un efficace solvente • 13. Abitano al sud • 16. La bevanda che si filtra • 18. La gruccia per gli abiti • 22. Cifra imprecisata • 24. Il dio egizio del sole • 26. Asprigna • 28. Un punto… di sosta • 29. Articolo maschile • 34. Con Tzara fondò il movimento dada • 38. La città con il Vesuvio • 39. Il Cardin della moda • 41. Adipe • 44. È polmonare e renale • 46. Un distillato • 47. Oriente • 50. Vocali in piste.
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Orizzontali 1. Vestiario, armadio • 9. Sollevare, alzare • 10. Turchia • 11. Azzardare • 12. Veicolo pubblico • 14. Mezza casa • 15. Riccio • 17. Adesso • 19. Divinità maschili • 20. Croce Rossa • 21. Erudita • 23. Paladini • 25. I confini del Ticino • 26. Arcipelago del Mar Baltico • 27. L’opposto di teorici • 30. Due romani • 31. In coppia con Gian • 32. Naturalista svedese • 33. Cela l’amo • 35. Preposizione semplice • 36. Romania e Norvegia • 37. Uccello dei Fasianidi • 39. Devota • 40. Serratura • 41. Dittongo in reità • 42. Rabbia • 43. Le caricano i fumatori • 45. Toccare il cielo con un dito! • 48. Fiume egizio • 49. La sigla della nostra radio • 51. Lo sono pecore e capre • 52. Si placa bevendo.
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Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!
Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “Monte San Salvatore” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta Rail Away FFS “Monte San Salvatore” da scontare presso una stazione FFS in Svizzera. Ulteriori informazioni su ffs.ch/railaway-ticino.
Il San Salvatore. Panorama dal “Top of Lugano” Il Monte San Salvatore (912 m.s.m.) svetta maestoso sul golfo di Lugano e offre un’incomparabile vista. Il tetto dell’edificio religioso che si trova sulla cima è un belvedere in grado di regalare una panoramica a 360°. Lasciar vagare lo sguardo su orizzonti quasi infiniti, sorseggiare un ottimo vino, osservare rilassati i bambini che si divertono nel parco giochi e godere un momento di relax, immersi nel verde ma a due passi dalla città. Il Monte San Salvatore vi offre tutto questo e tanto altro!
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Nel 2011 Coop era al 1° posto nel Corporate Rating oekom dei dettaglianti.
Per animali che amano stare all’aperto. Con la carne e le uova Naturafarm si ha la garanzia di acquistare prodotti rigorosamente svizzeri. I criteri da rispettare sono l’allevamento all’aperto o con possibilità d’uscita, stalle a misura di animale e foraggiamento senza OGM. Il rispetto dei severi standard
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