Ticino7

Page 1

№ 40

del 5 ottobre 2012

con Teleradio 7 – 13 ottobre

Prisca Dindo

DieTro la noTizia

C  T › RT › T Z ›  .–


Jörg Abderhalden, leggenda della lotta svizzera

«IO MI DIFENDO!»

Anche gli uomini più forti necessitano di un aiuto. Rafforza anche tu ogni giorno le tue difese immunitarie! I drink Bifidus sono arricchiti di batteri acidolattici probiotici che sostengono le naturali difese immunitarie. Questi ottimi drink sono disponibili in diverse varietà. Prova anche tu i nuovi drink Bidifus Powerfruit con tanta vitamina C naturale. www.migros.ch/bifidus


Ticinosette n° 40 5 ottobre 2012

Agorà Prisca Dindo. Una donna dietro la notizia Arti Niccolò Castelli. Nel vuoto e nella vita Profili Neruda, il ramingo

di

di

............................

niColeTTa Barazzoni

............................

MarCo alloni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Impressum

Letture La ricerca delle radici

Tiratura controllata

Kronos Dall’Horeb in poi

di

Letture Il peso al collo

eugenio Klueser . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

70’634 copie

Chiusura redazionale Venerdì 28 settembre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Vitae Sasha Alaily

di

di

di

roBerTo roveda . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Carlo Baggi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

gaBriele sCanziani

Reportage Negli occhi e nel cuore Tendenze Cinema in b/n

di

4 6 8 9 10 11 12 37 44 46 47

Tiziana ConTe

di

...............................................................

TesTo e foTografie di

MarCo Baudino. . . . . . . . . . . . . . . . . .

Keri gonzaTo . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cruciverba / Concorso a premi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

Pubblicità

Publicitas Publimag AG Mürtschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich Tel. +41 44 250 31 31 Fax +41 44 250 31 32 service.zh@publimag.ch www.publimag.ch

Annunci locali

Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch

In copertina Prisca Dindo Fotografia di Reza Khatir

Segnali di fumo La copertina di questo numero, dedicata a Prisca Dindo, responsabile dei programmi e dell’informazione di Teleticino, conclude una serie di articoli dedicati al mondo dei media radiotelevisivi ticinesi, un ambito sul quale ritorneremo presto, anche perché è nostra viva intenzione introdurre in futuro una rubrica di commento ai programmi più seguiti, secondo lo stile giornalistico che ha contraddistinto gli ultimi quattro anni di Ticinosette. Con il rientro alla normale routine quotidiana e l’inizio delle scuole abbiamo poi ricevuto in redazione la richiesta da parte di molti lettori, grandi e piccini, di riprendere la serie delle fiabe dando seguito a quanto era avvenuto nel corso della prima parte dell’anno . Una aspettativa a cui certamente ottempereremo al più presto . Ma ulteriori progetti bollono in pentola per quanto concerne Ticinosette. Non anticipiamo nulla ma riteniamo che soprattutto il pubblico più giovane troverà nei prossimi mesi novità interessanti sulle nostre pagine . Ricordiamo poi che in questi giorni, e sino alla fine dell’anno, è aperta presso la Casa Cavalier Pellanda di Biasca la mostra dedicata a una selezione di fotografi che abitualmente collaborano con il nostro settimanale . Un’occasione importante che da un lato conferma il peso che la redazione attribuisce al mezzo fotografico come strumento privilegiato di comunicazione contemporanea, dall’altro rappresenta un momento per avvicinare i tanti lettori di Ticinosette. Ci preme segnalare che in occasione del 10 ottobre, giornata mondiale dedicata al tema della salute mentale, la Clinica Santa Chiara

di Orselina organizza nel pomeriggio del 9 ottobre un incontro pubblico dedicato al disagio dei giovani e intitolato “l’antigrido: i volti della sofferenza giovanile”. A partire dalle 13 .30 interverranno alcune figure istituzionali e mediche che si occupano in specifico del disagio giovanile, mentre nella seconda metà del pomeriggio vi sarà la testimonianza di Giorgia Benusiglio, testimonial sulla prevenzione delle tossicodipendenze e scrittrice . Seguirà infine una tavola rotonda con la partecipazione del pubblico, che avrà come moderatrice Mirella De Paris, voce della radio RSI . Questa iniziativa – che sicuramente attirerà l’interesse di operatori, educatori, medici ma anche di tanti genitori spesso in difficoltà con i figli adolescenti –, si collega all’iniziativa del 10 ottobre promossa in primis dalla Organizzazione mondiale della Sanità . Secondo i dati forniti dall’OMS, sono infatti circa 450 milioni le persone che almeno una volta nel corso della loro esistenza incappano in una sofferenza di tipo psichico: si tratta soprattutto di depressione, valutata come la quarta causa di disabilità nel mondo (154 milioni), epilessia (50), schizofrenia (25), ma anche morbo di Alzheimer e altre forme di demenza senile (24) . A queste cifre vanno aggiunti i 91 milioni che abusano di alcol e i 15 milioni che, sempre secondo l’OMS, fanno uso di sostanze stupefacenti . Numeri che paiono sottostimare il fenomeno ma di fronte ai quali è comunque impossibile restare indifferenti in quanto riguardano la società nel suo complesso, nessuno escluso . Buona lettura, la Redazione


Prisca Dindo. Una donna dietro la notizia

4

»

Agorà

Dopo una lunga esperienza lavorativa nel campo del giornalismo televisivo, Prisca Dindo è giunta a ricoprire un ruolo di primo piano nel panorama informativo della Svizzera italiana. Progetti, idee e riflessioni di una donna impegnata in un ambito professionale a prevalenza maschile di Tiziana Conte

P

rima di trovare la sua strada Prisca Dindo ha sperimentato percorsi decisamente non lineari, lasciandosi guidare dalla sua istintiva curiosità e dall’intuito: ha fatto la modella, l’attrice, la gerente di un bar, ha studiato storia dell’arte, per approdare, nel lontano 1995, a Teleticino, neonata TV privata fondata da Filippo Lombardi, dove ha svolto il suo praticantato come giornalista e di cui oggi è responsabile dell’informazione e dei programmi. Questa è, in pillole, la storia obliqua e felice di Prisca Dindo che da allora di strada ne ha macinata tanta, mantenendo vivo nel tempo l’entusiasmo per un lavoro che è diventato una grande passione. Con la sua recente nomina a direttrice dell’informazione e dei programmi di Teleticino, Prisca Dindo segna pure un notevole precedente per tutte le donne. Mai prima, infatti, alle nostre latitudini, una donna era stata chiamata a dirigere una TV, un “vuoto” che riguarda anche la carta stampata. È nella redazione di Teleticino che ha svolto la maggior parte della sua carriera, interrompendola solo per brevi parentesi nel settore web de “Il Caffè” e del “Corriere del Ticino”. Un caso quasi unico nel nostro cantone, tenendo conto del fatto che nel panorama dell’informazione e dei media per le donne non è ancora giunto il tempo delle pari opportunità. Proprio nell’aprile di quest’anno il “Corriere del Ticino” titolava: “Il potere è ancora maschio” riportando alcuni dati: considerando le principali testate nostrane (3 quotidiani, 2 settimanali, siti Internet, RSI) su 334 redattori si contano 100 donne, circa il 30% per cento (la maggior parte impiegate alla RSI). I dati dell’Associazione ticinese dei giornalisti (ATG) confermano il trend: su un totale di 323 iscritti le giornaliste sono 92, il 28%. Nessuna occupa la carica di direttrice e le caporedattrici si contano sulle dita di una mano. Ci è parso quindi indispensabile incontrare Prisca Dindo anche per comprendere le future proposte e strategie dell’emittente ticinese.


Signora Dindo come mai tra le molte attività intraprese ha poi scelto questa professione? Cosa l’ha sedotta di questo mestiere? “Ho cambiato idea molte volte prima di decidere cosa fare da «grande». Di fatto poi la scelta è avvenuta casualmente, anche se in verità era una professione che sognavo già da bambina. Nel 1995 incontrai Filippo Lombardi che mi propose di seguire uno stage come giornalista a Teleticino. Avevo bisogno di lavorare, mi sono detta perché no… È cosi che ho scoperto questo mestiere e che è scoppiata in me un’autentica passione per il giornalismo. Quello che mi affascina di questo lavoro è la possibilità di raccontare delle storie e dei problemi della gente, sentire con la pelle e la pancia i loro vissuti e riportarli poi attraverso il racconto al pubblico”. Quali sono secondo lei le qualità che deve avere un buon giornalista? “La sensibilità, innanzitutto. Credo che se si è provvisti di questa dote ci sono buoni presupposti per essere o diventare un buon giornalista”. Nello svolgere il suo lavoro ha dei colleghi o personalità a cui si ispira o che stima maggiormente? “Ho sempre seguito e apprezzato Michele Santoro che, al di là delle sue posizioni politiche, ritengo sia un grande giornalista televisivo. I suoi talk-show sono così fortemente cinematografici, ed è sorprendentemente abile nel creare l’evento intorno alla notizia”. La sua nomina segna un importante precedente per quanto concerne la presenza femminile in ruoli chiave dell’informazione cantonale. Questa scelta è secondo lei da ascriversi soprattutto a un suo successo personale o è piuttosto il segnale che i tempi stanno cambiando? “Credo che rispetto agli uomini, in generale, noi donne dobbiamo svolgere contemporaneamente più compiti, o forse abbiamo il sentimento di doverlo fare. Se guardiamo ad altre realtà, penso per esempio alla giustizia, alla sanità, ma anche alla politica, sono invece presenti molte donne che hanno ruoli importanti e direttivi. È strano invece che proprio nel settore dei media, che dovrebbe rappresentare il futuro e per vocazione anticipare le tendenze, questo non avvenga. Non so spiegarmi questo fenomeno, è vero però che soprattutto nei quadri le donne scarseggiano. Non credo che la mia nomina sia dovuta solo al fatto di essere donna. Penso che la mia presenza garantisca anche continuità all’emittente, visto che sono «nata» e «cresciuta» professionalmente in questa redazione, ma certamente leggo questa scelta anche come il segno di un cambiamento culturale importante. Forse è arrivata «l’ora giusta». Per esempio, attualmente nella mia redazione ci sono più donne che uomini”. È d’accordo con chi afferma che si potrà parlare di pari opportunità quando alle donne non si chiederà più di raccontare come fanno a conciliare la vita professionale con quella familiare? “Senza dubbio non è facile conciliare la professione con l’essere mamma. È vero che ai papà non si chiede mai come facciano a essere padri e professionisti in carriera… ma credo che sia un fatto strettamente legato al ruolo di madre. Personalmente nella mia famiglia sono io a occuparmi maggiormente di mia figlia, ma a me va benissimo così”. Come è stato prendere le redini di una gestione che ha avuto una direzione fortemente marcata dalla personalità dell’ex direttore Marco Bazzi? “Marco, insieme a Filippo Lombardi, è stato tra i fondatori di Teleticino e io per anni sono stata il suo braccio destro come vice direttrice. Per cui per me non è stato difficile perché quest’emittente è un po’ come

se fosse un nostro figlio che abbiamo cresciuto insieme fino all’età dell’adolescenza…”. Ci può sintetizzare come intende “firmare” il suo telegiornale? “Vorrei proporre un telegiornale fortemente vicino alla gente, dando spazio soprattutto alle loro storie e meno alle vicende di palazzo. Mi piacerebbe, attraverso storie minute, raccontare la grande storia”. Quali sono le novità più salienti del palinsesto di Teleticino? “Una delle maggiori novità sta nella riorganizzazione del palinsesto: l’abbiamo diviso in otto fasce coprendo quindi tutte le ventiquattro ore. Abbiamo voluto creare nuovi spazi oltre a quelli dedicati all’informazione, che con due ore di programmazione non stop dalle 18.45 alle 20.45 rimane la pietra angolare della nostra emittente. Per esempio, sul mezzogiorno è stata creata una fascia espressamente dedicata alle donne. A precedere il rullo dell’informazione ci sono inoltre cinque diversi format che si alternano giorno dopo giorno. Abbiamo inoltre potenziato il prime time, che vede il gradito ritorno di Alfonso Tuor in qualità di conduttore TV de “I conti in tasca”, questo il titolo della sua trasmissione in onda ogni mercoledì alle 20.45, concernente i temi che preoccupano i ticinesi, che potranno intervenire in diretta per raccontare la loro storia o per interrogare gli esperti. Un’altra novità dell’autunno di Teleticino è l’introduzione del meteo in dialetto. Uno spazio dapprima curato da Giovanna Pellandini e Ezio Piccolo, i due volti noti del cabaret della Svizzera italiana, poi dai vincitori di un talent nostrano che abbiamo organizzato nei giorni scorsi”. Il talk-show “Matrioska” dunque è stato sostituito con un programma di economia, come mai questa scelta? “«Matrioska» era una creatura di Marco Bazzi e come tale a mio avviso non poteva essere condotto da altri. Penso che in questo contesto storico, sia utile per i nostri ascoltatori avere informazioni su problemi concreti e urgenti, che li possa anche aiutare a orientarsi in questo ambito davvero complesso”. Il potere usa spesso i media cercando di condizionarli, per difendere e promuovere i propri interessi. Ha qualche suggerimento da proporre per garantire l’indipendenza dell’informazione? “Visto lo sgomitare per occupare le poltrone nei consigli di amministrazione radiotelevisivi sembra proprio che oggi il potere si annidi più lì che in Gran Consiglio… Personalmente sono lontana da queste logiche e posso dunque solo parlare per la nostra redazione che fortunatamente non ricordo abbia mai subito gravi pressioni. Forse perché abbiamo sempre scelto di dare diritto di parola alle diverse espressioni di pensiero o alla persona o all’ente toccati dalla notizia, in modo da creare una situazione di aperta e corretta dialettica. Per me l’indipendenza di una redazione è garantita fino a quando i giornalisti non si autocensurano”. I nuovi media, grazie a internet, hanno reso l’informazione accessibile a fasce molto ampie di popolazione, ma hanno anche messo in discussione il ruolo del giornalista: per esempio, basta un telefonino per mettere in rete informazioni altrimenti censurate dal potere politico. Lei che ne pensa? “Trovo tutto questo molto affascinante e in fondo rispecchia anche il mio pensiero, se immagino che una persona che si trova lontana mille miglia da noi, possa senza filtri raccontare quello che sta succedendo in quel luogo, mi pare interessantissimo. Penso che tutti possano essere potenzialmente dei reporter. Mi domando: chi è il vero giornalista, quello che ti racconta stando sul luogo che è caduto un elicottero o chi fa il «copia» e «incolla» di una notizia che giunge dalle agenzie?”.

Agorà

5


»

Nel vuoto e nella vita Il lungometraggio “Tutti Giù” di Niccolò Castelli si apre con la scena di una distesa di montagne innevate, in una notte senza tempo e in un luogo senza nome

di Nicoletta Barazzoni

Arti

6

Il giovane regista Niccolò Castelli, presente nella sezione cineasti all’ultimo Festival del film di Locarno (ma anche a Montréal in Canada al Festival des Films du Monde e all’International Hofer Filmtage in Germania), per il suo ultimo film Tutti Giù (Imagofilm Lugano), si è ispirato al periodo adolescenziale, in relazione anche al tema del trapianto di organi. Ambientato nel nostro cantone, l’opera richiama luoghi ed eventi della nostra esistenza, nella prossimità e nella realtà di personaggi nei quali ci riconosciamo. La cinepresa a spalla insegue le mirabolanti acrobazie di un gruppo di ragazzi (Kevin Blaser, Yari Copt, Igor Fardin e Geri Hugo) lanciati nel vuoto sui loro skate, insistendo sulla sensazione imminente dell’imponderabile e trasmettendo allo spettatore la sensazione della perdita d’equilibrio. Generazioni a confronto, passioni di chi ama skatare, o di chi come Chiara (Lara Gut) pratica lo sci da competizione. O di chi come Edo (Nicola Perot), lo sprayer timido e riservato, si confronta con le dichiarazioni d’amore di Giada (Nicole Lechmann). La madre di Chiara è in cerca di gloria, i genitori di Jullo (Yanick Cohades) abdicano al loro ruolo anche quando il figlio, dopo un incidente con lo skate, finisce all’ospedale e i medici gli diagnosticano una malformazione cardiaca, costringendolo all’attesa di un donatore. Sono personaggi definiti all’interno di stereotipi e cliché (la madre per definizione è paranoica) che tuttavia delineano persone e cose attraverso ritratti cinematografici singolari. Perché il gap generazionale è una realtà così come la ribellione giovanile. Quel che non è cliché, non è stereotipo e non è scontato sono l’amore, il dolore, l’amicizia vera perché il regista ci restituisce un corpo emozionale dentro il quale ognuno può vivere liberamente. Non ci sono stati interventi con il computer, nella realizzazione e nel montaggio. Nessun discorso impegnato nel gruppo immerso a volteggiare sulla pista di skate (pista che volutamente illuminata ci riporta alla distesa di montagne innevate della scena iniziale). Tutto sembra scorrere liscio fino a quando il destino di Jullo forgia anche la vita del gruppo. Abbiamo incontrato il regista a cui abbiamo posto alcune domande sul suo lavoro.

Niccolò Castelli ritiene di aver fatto un casting sufficientemente selettivo? “Per noi era prioritario attingere a un casting che considerasse tutta la Svizzera al fine di dare un connotato di sincerità all’opera. Abbiamo deciso sin dall’inizio di non andare a prendere attori conosciuti all’estero perché volevamo degli interpreti che vivessero la nostra realtà e che conoscessero quello che noi dobbiamo affrontare nel nostro paese. È ovvio che scegliere attori alle prime armi da un lato ha attribuito al film una grande spontaneità e una grande forza giovanile, e dall’altro la dose di inesperienza degli attori trasmette allo spettatore la vigorosità e la passione di un ragazzo di vent’anni”. Come ha fatto a riprendere le scene nello scantinato buio? “Ho cercato dei luoghi capaci di raccontare il livello emotivo dei protagonisti. Devo ringraziare Paola Genni, la scenografa del film, e chi l’ha seguita, perché hanno scandagliato tutta Molino Nuovo e tutta la zona più urbana di Lugano, dando un’atmosfera e un’anima a luoghi che di per sé sembrano anonimi. Con la sua fotografia Pietro Zuercher ha fatto un ottimo lavoro perché ci siamo vietati di fissare lampade artificiali. Ha dovuto arrangiarsi con dei neon e con delle lampade fuori dalla finestra. È stata un’impresa impegnativa ma osando abbiamo ottenuto risultati interessanti”. Anche la scena dei ragazzi che fanno l’amore restituisce un senso di profonda intimità. Perché non ha insistito? “Durante il montaggio avevamo scene e immagini anche più forti ma poi abbiamo deciso di restare nella tenerezza e nel contatto sincero. I protagonisti non riescono a dirsi quello che sentono perché a quell’età, anzi a tutte le età, è difficile esprimere quel che si prova e quindi siamo rimasti su un livello di comunicazione emotiva più che spingere all’atto sessuale. Non mi interessava raccontare la performance sessuale dell’unione dei corpi bensì il momento di contatto emotivo”. Regista e sceneggiatore. Le due cose non dovrebbero essere separate? “Ritengo ci siano film in cui questi ruoli devono essere separati e


pellicole che sono film d’autore, come Tutti Giù, che si ispira a un momento esistenziale che ho vissuto in prima persona, una storia di relazione con delle persone. Non potevo chiedere a qualcun altro di scrivere questa storia. Sono stato sempre monitorato sia dal produttore Villi Hermann, che è anche regista, sia dai consulenti Michael Sauter, Alessandro De Bon e Claudio Cea che mi hanno dato indicazioni e hanno eliminato i passaggi meno comprensibili della sceneggiatura”. Tutti Giù è un titolo che lascia aperte molte ipotesi: tutti giù da che cosa? “È un film su persone che vanno a gambe all’aria, che stravolgono la loro vita, che cadono, si buttano a terra per il caso o per il destino ma poi devono rialzarsi. I momenti di caduta sono due: il primo drammatico di chi cade per terra spinto dalla forza dell’incalcolabile, e il secondo di chi si ributta con consapevolezza, come Jullo, il quale si lancia dall’autosilo con la sua catarsi e la sua esplosione di vita”. Si riconosce Lugano, dall’alto e di notte. C’è il particolare del noto negozio di skate ma c’è anche l’universalità di una città che potrebbe essere un altrove? “Questa è stata una scelta molto discussa sia con i produttori sia con gli scenografi e con il direttore della fotografia. Più si è sinceri e leali con una realtà, più c’è una vita reale davanti alla camera, e più la storia diventa universale. Se avessimo ripreso una città anonima, degli sprazzi frastagliati di Lugano con altre zone, il film sarebbe stato più freddo, e non si sarebbe avvertita questa vicinanza con le storie e le vite di chi sta davanti alla camera. Volevo passare una sorta di «verità» per rendere il tutto universalmente accomunato”.

Nessuna pubblicità indiretta a Lugano? “Abbiamo fatto un lavoro che va all’opposto della pubblicità non riprendendo la città come una cartolina mentre abbiamo ripreso le zone più trafficate e più «sporche» di Lugano che hanno il loro fascino”. Il film è centrato sulle problematiche giovanili. Ma si tocca anche il tema della vita e della morte dovuta al trapianto. Perché non ha insistito di più? “Non volevo diventare didattico. E anche perché la questione del trapianto deve restare nell’intimità di chi vive a contatto con chi muore e di chi vive grazie alla morte di un’altra persona. Ho voluto dire che esiste questo mondo, ho voluto mostrare una della innumerevoli dimensioni del dramma, lasciando a ognuno la propria scelta, con la consapevolezza che può succedere a tutti”. Quando si tratta di opere ticinesi si creano sentimenti di ambivalenza tra l’appartenenza identitaria e l’invidia. Dietro le colonne però c’è chi mormora…. “È un aspetto che sto ancora metabolizzando. È una realtà che inizio a conoscere e devo ammettere che in alcuni casi ci si sente un po’ soli. Non sai mai bene se sei amico delle persone o se alcune di esse alle tue spalle esprimono la loro invidia e dunque fanno il doppio gioco. Io però sono convinto di essere molto fortunato per il fatto che posso fare questo lavoro a casa con il sostegno di tante persone (basti pensare che hanno lavorato al mio progetto in più di quaranta). E il sostegno alla prima… incredibile, è stata una festa per tutti, e ringrazio i numerosi amici per questo. Sarò sempre grato al paese in cui sono nato e cresciuto. Per il rovescio della medaglia quel che faccio è di pormi in modo autentico, cercando di non tradire mai me stesso”.

Da oggi lo spazio è ancora più spazioso.

New Generation Hyundai i30 Wagon a partire da CHF 18 240.―* www.hyundai.ch

*

1.4 Comfort, ill. 1.6 GDi Premium (con accessori originali), 1.6 GDi Premium da CHF 31 390.―. 1.6 CRDi Premium: consumo normalizzato totale: 4.4 l/100 km, emissioni CO2 totali: 115 g/km, categoria di efficienza energetica A. Emissioni CO 2 medie di tutte le vetture nuove in Svizzera: 159 g/km.


»

Neruda, il ramingo “Confesso che ho vissuto” di Pablo Neruda è un titolo che alcuni hanno ritenuto a torto ampolloso. In realtà, questa autobiografia del grande autore cileno non poteva avere titolo più azzeccato di Marco Alloni

Profili

8

Quella di Pablo Neruda è stata una vita lunga spesa all’insegna della passione civile e poetica, una vita in effetti degna di una piena confessione. Poiché su ogni suo frammento campeggia la coerenza, e chi “confessa di aver vissuto” rivendica prima di tutto di essere stato – e meglio ancora di voler essere, anche nel ricordo – conseguente con i propri assunti. Non è frequente una così intima corrispondenza fra pensiero e azione. Soprattutto nei poeti, che per naturale vocazione tradiscono spesso, nel loro impegno, un afflato prevalentemente intellettuale. Ma nel caso di Neruda quella vita è stata vissuta così integralmente da essere rispecchiata senza sbavature, non solo nella sua opera, ma nel suo stesso agire etico di viaggiatore, diplomatico, esiliato e militante politico. È una vita il cui racconto coincide in definitiva con la vita stessa, al punto che l’autobiografia diventa a sua volta un’opera.

È una vita in cui l’azione è sostanza quotidiana, l’aspirazione al meglio e la lotta per perseguirlo non si abbandonano nemmeno per un istante alla rassegnazione del quieto vivere, il tempo è esistenzialmente ed essenzialmente fertile.

Il poeta errante Tale – dal fantasmagorico onirismo dell’infanzia a Temuco all’avvento di Pinochet al potere – è stata la vita di Neruda: viaggi, spostamenti, migrazioni, cambiamenti di fronte, mansioni diplomatiche come console in Oriente, Europa e America Latina, incontri con i massimi rappresentanti della poesia dell’epoca, con artisti e intellettuali, battaglie per gli esuli e i resistenti spagnoli alla dittatura di Franco, amori e matrimoni, erotismo e abbuffate, solitudini e drammi consumati in condizioni estreme. Alla vita di Neruda non è mancato nessuno degli ingredienti che fanno dire di un’esistenUn’altra vita za che non è trascorsa invano. Se ferma Anni fa, quando visitai il Cile, lessi appasè restata la sua mira poetica sull’antico sionatamente i suoi testi poetici. Come mondo cileno conteso da dittatori e reaccade solo al cospetto delle grandi opere, taggi dell’ancestrale cultura araucana, scivolai senza accorgermene in quella universale è stata la sua pagina almeno imitazione a cui i bambini si offrono natuquanto la sua vicenda di uomo. ralmente solo quando incontrano un vero Sarebbe interessante fingere un romanzo distillato di bellezza, e per interi giorni mi di questa autobiografia in forma di “ricortrovai a vergare poesie “nerudiane” lungo di discontinui”, e contare alla fine i persoil litorale del Pacifico. naggi che lo popolano. Da Federico Garcia Oggi un sentimento simile è tornato a Lorca a Rafael Alberti, da Diego Rivera a impadronirsi di me, con la differenza Julian Huxley passando per centinaia di (non trascurabile) che un’imitazione della amici e amiche delle sue scorribande per vita è di assai più arduo compimento, e il mondo, ritroveremmo la cartina di un non basta qualche foglio ricavato da un Novecento ramingo e cruciale, il mondo Pablo Neruda (tratta da www.cualejel.org) sottopiatto per emularla, fosse pure alla nella sua Storia ufficiale da ricondurre al peggio. mondo nelle sue infinite storie private, Però è importante che questo piccolo prodigio si sia compiu- che tesse il mosaico di un’avventura umana che è anche to, che leggendo Confesso che ho vissuto (Einaudi, 2005) un l’avventura di un secolo. fugace e accanito desiderio di una vita comparabile a quella Compiuta questa operazione immaginaria, avremmo trovato abbia scosso i recinti della mia normalità. È importante per- in Confesso che ho vissuto molto di ciò che manca ai nostri ché la letteratura serve anche a mostrarci in controluce quel tempi di resa e di concessione alle ragioni del denaro. Conoregno del possibile che alimenta anche le vite più opache – o sceremmo la passione politica e civile come unico propulsore soprattutto le vite più opache – della materia del sogno e del della vita che conta, e di questo tipo di vita avremmo la nostaldesiderio. gia contristata di chi non ha avuto il privilegio di conoscerla. Una vita degna di essere vissuta – e perciò confessata – è in Come diceva lo stesso Neruda: “Il poeta nasce dalla pace come primo luogo una vita intensa, che la routine e la disinvolta pi- il pane nasce dalla farina”. Ma per saperlo fino in fondo, tale grizia del conformismo non hanno intaccato di quel demone. preziosa farina bisogna prima averla conquistata.


»

La ricerca delle radici

“Heinrich sto arrivando!”: c’è tutta l’urgenza e l’impazien-

» di Roberto Roveda

dal mito tramandato in famiglia e simile all’unica immagine za di un incontro atteso a lungo in queste parole con cui il che lo ritrae, un dipinto a olio attribuito a Rudolf Koller in cui protagonista-narratore comincia Enrico l’egiziano, romanzo di “metà del viso, poi, è in ombra”. Markus Werner pubblicato recentemente in Eppure non tutto è menzogna e muovendosi traduzione italiana da Casagrande. da un archivio all’altro e ritornando sui Un incontro difficile, quasi impossibile, ma luoghi della vera o presunta vita del suo anper realizzare il quale il protagonista si reca tenato, il protagonista realizza un’esperienza dalla Svizzera in Egitto dove spera di poter che è allo stesso tempo indagine indiziaria finalmente conoscere la verità su Heinrich e archeologia familiare. Pagina dopo pagina Bluntschli, misterioso e “favoloso” trisavolo ci ritroviamo a percorrere vicende antiche di vissuto nella seconda metà dell’Ottocento. mezzo secolo accanto a Heinrich Bluntschli, Un avo fuggito in cerca di riscatto, dopo aver mascalzone e fannullone, ma allo stesso temlasciato precipitosamente Zurigo, moglie e po personaggio umanissimo nei suoi limiti un figlio pur di sfuggire alla morsa dei tanti e nei suoi slanci, malinconico e antieroico, creditori. Un fallito che però, proprio grazie reso più simpatico e umano dal talento al suo trasferimento egiziano, entra in una narrativo e dallo humour con cui Werner sorta di mito domestico, familiare: di lui si presenta le sue sconfitte e le sue viltà. tramanda, infatti, che fu tra i responsabili Alla fine la grande domanda che accompadella costruzione del canale di Suez e diretgna il libro, cioè “che cosa rimane, della vita Markus Werner tore delle saline statali egiziane, insomma di una persona, dopo un secolo e mezzo?” Enrico l’egiziano un personaggio di rilievo. Verità o semplice trova una sua risposta: nulla, o quasi, solo Casagrande, 2011 leggenda? Oppure un misto delle due cose? qualche frammento e un’immagine conserCome se cercasse di svolgere il filo dei ricordi, l’intero il ro- vata nel cervello di una anziana ultranovantenne che forse manzo diventa così l’appassionato inseguimento di un’identità conobbe Heinrich Bluntschli da bambina proprio in Egitto. che sfugge, che non ha contorni nitidi, a causa del tempo tra- Poco, ma comunque abbastanza per riallacciare un legame scorso e Heinrich Bluntschli appare allora sempre più diverso con il passato e sentirsi meno soli nel presente.

Il giusto partner, la nostra migliore medicina La Darwin Airline si affida, come altre 26 500 aziende e oltre 1 milione di assicurati, alle soluzioni assicurative di prim’ordine di SWICA. Con questo beneficia, accanto ad un’ampia sicurezza per l’indennità giornaliera di malattia e in caso d’infortunio, di una qualità dei servizi superiore alla media. SWICA offre inoltre un’assistenza ottimale per i collaboratori. Decidete anche voi per la migliore medicina. Telefono 0800 80 90 80. swica.ch/partner-collettivi Maurizio Merlo, CEO, e Gianluca Cervini, Darwin Airline SA, Lugano Airport

PER LA MIGLIORE MEDICINA. OGGI E DOMANI.


»

Dall’Horeb in poi La lettura filosofica dell’episodio biblico di Giobbe – uomo integerrimo, costretto a sottostare a una lunga teoria di sofferenze e privazioni –, rivela un richiamo alla responsabilità dell’uomo di Carlo Baggi illustrazione di Mimmo Mendicino

Kronos

10

Fuori dai confini di Madian oltre il deserto, ai piedi del monte Horeb, avviene una teofania straordinaria1. Da un roveto, che arde senza consumarsi, l’Eterno afferma che il suo Nome è: Ehyeh Asher Ehyeh, “Io Sarò Colui che Sarò”. La forma verbale ebraica non è un semplice futuro, ma un modo incompiuto, ossia un presente che prosegue nel tempo. L’Eterno evita di definirsi in modo dogmatico per lasciare aperta un’infinita gamma di possibili manifestazioni che coinvolgono, in modo indissolubile, l’azione dell’essere umano. Per il pensiero biblico, da quel Nome in poi, gli atti degli uomini influenzeranno lo stesso “Essere” di Dio2. Il principio di responsabilità individuale assurge così ad asse portante non solo nel contesto religioso ma, in assoluta anteprima storica, nel rapporto tra esseri umani e tra questi e il Creato. Anche l’uomo, da quel momento, “sarà quello che sarà” perché: “È nelle azioni, per l’appunto, che l’uomo si accorge della vera realtà della sua vita, del suo potere di recare danno, di offendere, di rovinare; della capacità di godere e far godere gli altri, di calmare e di accrescere le proprie e le altrui tensioni.”3 Per approfondire quest’aspetto, il Libro di Giobbe diventa decisivo. Esso impone al lettore, formatosi nella tradizionale logica interpretativa classica, di abbracciare la “filosofia” biblica e di attivare una sorta di autochiarificazione e di autoesame4, che lo conduce all’origine del comportamento umano. Verso un’azione responsabile La trama del libro dovrebbe essere nota. Giobbe, uomo integro e pio, diviene oggetto di una scommessa tra Dio e Satana. Costui riceve il permesso di annientare ogni bene materiale, affettivo e fisico del malcapitato. Tutto il racconto si svolge in un ambiente desolato in cui da un lato c’è Giobbe, seduto sulla cenere coperto di piaghe purulente e dall’altro, a distanza precauzionale, tre “amici” venuti per consolarlo. L’atmosfera è surreale per l’assoluta staticità sia dei personaggi sia delle azioni. La scena si apre con un lungo preludio di silenzio, che dura sette giorni, per essere poi tenuta dalla “parola”. Questa, tuttavia, contrariamente all’essenziale funzione creatrice e formatrice riservatagli dal pensiero biblico, resta al servizio di

uno specioso dibattito in cui il moralismo e il conformismo si ergono a maestri di giustizia. Il lungo, sterile chiacchiericcio sfinisce Giobbe che grida la sua esasperazione a Dio stesso, esigendo una spiegazione. A questo punto, dopo un’inaspettata sortita di un quarto personaggio, Elihu, che pur esaltando l’Eterno assesta un ulteriore colpo di grazia al povero Giobbe (in un midrash 5 si afferma che costui non era altro che Satana, rientrato in scena in extremis mascherato da amico)6, entra finalmente in scena Colui che è l’Essere degli Esseri. Questi, con una grandiosa cascata di parole, impernia tutto il suo dire sull’opera della Creazione determinando il punto cruciale di tutto il racconto. La comprensione del testo diventa, infatti, possibile solo se interviene il mutamento di logica di cui si diceva. Infatti, se ciò non avvenisse, la risposta dell’Eterno apparirebbe assolutamente fuori contesto e mostrerebbe unicamente l’immagine di un Dio che, eludendo l’argomento, si copre dietro la sua soverchiante onnipotenza. Il significato è invece molto diverso. La reazione dell’Eterno è non solo un richiamo alla straordinarietà della vita, ma è un inno al fare consapevole, enfatizzato dalla finale condanna del comportamento degli “amici” che, invece di operare, si sono limitati a ragionare. Un richiamo a considerare che il vero senso della dimensione dell’uomo risiede nell’azione responsabile. Essa può, da un lato, eliminare l’origine di ogni sofferenza indotta dagli atti umani e, dall’altro, mitigare grandemente quella generata da fatti naturali. Giobbe è, dunque, il paradigma di tutte le sofferenze in cui a rimbombare in modo assordante non è il silenzio di Dio, ma quello di tutti coloro che le permettono perché, dall’Horeb in poi, l’uomo “sarà colui che sarà”, come Dio. note 1 Esodo 3. 2 M. Idel, V. Malka, Conversazioni sulla tradizione mistica ebraica, pag. 79, La Parola, Roma, 2007. 3 A.J.Heschel, Dio alla ricerca dell’uomo, pag.306, Borla editore, Torino, 1983. 4 A.J.Heschel, op.cit., pag. 25. 5 Midrash, indagine; metodo rabbinico di interpretare il TaNaK (Bibbia ebraica) e conseguente letteratura. 6 E.Wiesel, Personaggi biblici attraverso il Midrash, pag.175, Giuntina, 2007.


»

Il peso al collo

Jacques Le Goff Lo sterco del demonio Laterza, 2010

Lo

» di Eugenio Klueser

storico francese Jacques Le Goff, classe 1924, ha saputo come pochi raccontare la società medievale, la mentalità, le scale di valori, i principi, spesso tanto alieni dai nostri, che caratterizzavano gli uomini e le donne della cosiddetta Età di Mezzo. A muoverlo è stata sempre la consapevolezza che gli eccessi di semplificazione, la ricerca ossessiva di contiguità e similitudini tra epoche lontane possono condurre a forzature, quando non ad anacronismi e grossolani errori di valutazione. Un metodo, quello di Le Goff, lontano quindi da ogni forzatura ideologica e rispettoso del valore delle differenze e delle discontinuità storica. Questo spirito di fondo anima anche il recente Lo sterco del diavolo dedicato al denaro in epoca medievale. Testo agile, facilmente “digeribile” anche per i non addetti ai lavori, racconta la vicenda della moneta e della ricchezza in età medievale evidenziando come in quell’epoca, nella nostra Europa, il denaro non avesse l’importanza centrale che ha acquisto a partire dal Settecento e ancora più nel corso dell’ultimo secolo. Una scoperta forse inaspettata per noi europei del terzo millennio abituati a dare per scontato il fatto di vivere in un mondo dominato dall’economia, dal mercato, dalla finanza e da tutto ciò che ne consegue. Un mondo in cui il possesso di più o meno denaro spesso decide le gerarchie sociali e definisce in qualche modo la persona stessa e il suo ruolo. Nel Medioevo tutto ciò era ancora lungi da venire: vi era certo la ricchezza, ma legata per lo più al possesso della terra, al potere esercitato da una minoranza sulla maggioranza degli uomini. La distinzione medievale era quindi più tra potenti e deboli che tra ricchi e poveri. Allo stesso tempo la mentalità dell’Occidente medievale era dominata, secondo Le Goff, non dal pensiero economico, né tanto meno dal capitalismo, ma dal cristianesimo e dai suoi valori, di cui si faceva garante e guida incontestabile la Chiesa. E la Chiesa guardava con un certo sospetto al denaro e al suo accumulo, un tipo di ricchezza considerata iniqua in molti passi del Vangelo e quindi da evitare. Non per nulla, nell’iconografia medievale l’immagine più comune del denaro è quella di una borsa che posta al collo di un ricco, lo trascina come un peso insostenibile verso l’inferno. Per il grande storiografo francese, quindi, i valori che determinavano le caratteristiche della società medievale erano prettamente religiosi, un’ottica che rendeva la povertà più virtuosa e apprezzabile della ricchezza e la carità, intesa come dono gratuito, la garante del buon vivere e strumento di salvezza eterna. Un Medioevo quindi totalmente precapitalistico, quello dello storico francese, “altro da noi”, descritto in maniera magistrale in quello che, più che un tomo di storia, è come bene recita il titolo originale (Le Moyen Age et l’argent. Essai d’anthropologie historique), un godibile saggio di antropologia, uno specchio in cui veder riflesso un tempo lontano.

* nessun additivo nel tabacco non significa che la sigaretta sia meno dannosa. ** offerta valida dal 3 settembre al 31 ottobre 2012. solo per adulti. Week-end per 2 persone. la partecipazione è gratuita, le condizioni sono su WWW.lsnaturellement.ch

Rauchen fügt Ihnen und den Menschen in Ihrer Umgebung erheblichen Schaden zu. Fumer nuit gravement à votre santé et à celle de votre entourage. Il fumo danneggia gravemente te e chi ti sta intorno.


» testimonianza raccolta da Gabriele Scanziani; fotografia di Igor Ponti

12

Sasha Alaily

Vitae

buon metodo per mettere da parte dei soldi e per dipingere non appena avessi risparmiato abbastanza. Ho accettato la proposta, ma ritrovarsi a ventisei anni in mezzo a bellissime ragazze, invitato alle feste più esclusive del jet set è pericoloso. In quelle situazioni bisogna avere la forza di mantenere i piedi per terra poiché è facile montarsi la testa. In quel periodo mi sono innamorato di una modella e ho vissuto tre mesi di totale euforia con lei. Ma dopo quel periodo sono entrato in una profonda crisi. Emotiva, fisica, e d’identità. Ero al capolinea e quindi ho mollato tutto: il mondo della Il suo percorso esistenziale non è stato moda, la ragazza, lo stile di vita lineare ma gli ha permesso di comprende- che stavo facendo. Volevo solo re la sua reale vocazione e il significato ritornare alla pace interiore che avevo vissuto prima. Volevo del proprio valore come persona e artista dipingere. Ho avuto una fortissima depressione e ci sono voinsegnavano l’economia da luti anni per combatterla e anche, in qualche un punto di vista totalmente modo, per accettarla. Mi è comunque servita, diverso, quasi filosofico. La con il tempo è stato uno stimolo che mi ha scuola prevedeva un anno di portato a dipingere molto meglio, ad andare studio all’estero e io ho scelto più in profondità nella mia arte. di andare a Parigi per studiare Nel 2003 ho partecipato alla mia prima mol’ambito della moda. stra ufficiale ad Amburgo, era un’esposizione Nella capitale francese l’arte si collettiva con diversi artisti e ricordo che ero respira per strada, è in ogni via, estremamente emozionato. Fare un’esposizioa ogni angolo. Da un lato quene è come scoprirsi, spogliarsi di tutto, e io ho sto mi dava energia e dall’altro sempre avuto molta difficoltà a espormi sia al cresceva in me la frustrazione pubblico sia ai critici. Ricordo che a un certo di non essere ancora un pittore punto, durante la mostra, un artista olandese in grado di vivere della propria vedendo i miei quadri si è avvicinato e mi ha arte al cento per cento. Sostretto la mano, dicendomi che rispettava la no andato a Montmartre, un mia arte e quello che stavo facendo. Questo luogo pieno di bancarelle con per me ha rappresentato una spinta incredipittori che vendono i propri bile, un incentivo a continuare. quadri e ho pensato, in modo Un anno dopo ho conosciuto una persona un po’ ingenuo, che probabilche è divenuta il mio mentore e tuttora è la mente avrei potuto fare lo stespersona più importante per la mia crescita so. Ho conosciuto anche una artistica. È stato il primo, oltre ai miei pacoppia di anziani che veniva renti e agli amici, a credere in me e in quello dalla Russia e ho chiesto loro che faccio. quale fosse la strada migliore Nel 2005 sono stato invitato alla Biennale da intraprendere. Mi hanno di Firenze e recentemente ho ricevuto un detto: “Nel momento in cui invito per esporre al Grand Palais di Parigi, riuscirai a vivere di un cetriolo in un’esposizione dove convocano trenta al giorno, allora potrai farti artisti da tutto il mondo. chiamare artista”. Mi è venuta Non credo nel caso e sono convinto che esista la pelle d’oca. un percorso di vita per ogni artista. Spesso si è Nel corso delle mie ricerche di tentati di mettere in vendita il nostro spirito, studio, una delle più imporcosì come si vende un’opera. Non si può dare tanti agenzie di moda di Parigi un valore economico allo spirito artistico mi ha offerto di lavorare per o all’ispirazione. È come la fiamma di una loro come modello. Mi sono candela che ci illumina il percorso, bisogna detto che poteva essere un sempre mantenerla accesa.

»

N

on so perché, ma dall’età di quindici anni sono sempre stato attirato dal mondo dell’arte. Adoravo i quadri di Van Gogh, Gauguin, Monet, erano personaggi mitici per me e mi affascinavano. Così, spinto dalla passione, ho iniziato a dipingere anch’io. È chiaro che decidere di vivere di arte è un passo importante. Mi sono sempre chiesto se avessi le capacità tecniche, la pazienza per imparare e se, un giorno, sarei mai riuscito a campare solo grazie a questo. Sono domande cruciali, che mi sono posto infinite volte e che spesso mi hanno anche messo in crisi. Dopo la maturità liceale non sapevo cosa fare della mia vita e dato che mio padre è egiziano, sono andato in Egitto alla ricerca delle mie origini. Ho lavorato per mio zio ad Alessandria nell’ambito delle vendite per un anno. Stavo andando benissimo, il lavoro mi piaceva e mio zio era soddisfatto di me a tal punto che mi volevano promuovere e mandare al Cairo. Avevo diciannove anni e, appena ricevuta la proposta di promozione, mi sono detto che se avessi accettato quel lavoro avrei dovuto dimenticare per sempre la pittura, non avrei più avuto il tempo di dedicarmi all’arte. Così ho chiesto a mio zio due settimane di tempo per dipingere e che in seguito ne avremmo riparlato. Lui era un po’ stupito inizialmente, ma alla fine ha capito. Ho dipinto più di trenta quadri in due settimane davanti al mare di Alessandria. Non scorderò mai quel periodo, sentivo la musica del mare mentre, al ritmo del pennello, mettevo le mie emozioni sulla tela. È stato uno dei momenti più importanti della mia vita. In quel momento ho compreso che la pittura era una vocazione per me, una chiamata che non potevo più ignorare. Sono tornato in Svizzera, dove ho studiato diverse cose tra cui anche architettura, ma senza terminare gli studi. Ho trovato una scuola in Toscana, dove


Negli occhi e Nel cuore testo e fotografie di Marco Baudino


sopra: contadino Koma, Cameroun in apertura: donna Hamer, Etiopia



sopra: Maasai davanti al recinto che delimita il villaggio e che protegge i bovini dai predatori della Savana a destra: donna Mursi, Valle dell’Omo, Etiopia

Q

uella di Marco Baudino è una missione preziosa. Il suo amore per le genti dimenticate del pianeta, restituito pienamente da ognuna delle sue fotografie, ci aiuta a capire cosa realmente siamo o forse, dovremmo essere. Sguardi, volti, corpi, segni e colori che raccontano di una bellezza ancestrale e mai sopita nonostante siano proprio loro, le popolazioni tribali, le più esposte e indifese di fronte all’attacco indiscriminato della civilizzazione forzata. Un ossequio alla bellezza e alla varietà dell’universo umano dunque, ma anche un invito ad ascoltare le richieste dei popoli indigeni e sostenerli nella lotta per i loro diritti.

Poi è arrivata Sara. Senza preavviso è entrata nella mia vita e l’ha cambiata. Nei suoi occhi mi specchio quotidianamente in un universo caleidoscopico composto da frammenti del suo mondo incontaminato e fantastico. Nei miei, si specchia in una realtà che non mi appartiene più, vorrei tanto che potesse vedere quella gioia che solo nell’incontro con l’Altro ho provato. Nasce così l’esigenza di trasmettere a lei e a chi vorrà seguirmi in questa nuova avventura editoriale, il mio vissuto, racchiuso in brevi ma intensi incontri con culture che sono state travolte e annientate dalla modernità che non è sempre sinonimo di civiltà.

Non avrei mai pensato di realizzare un secondo libro fotografico, mi era sembrata già un’impresa titanica fare il primo che avevo dedicato a tutte quelle splendide persone che negli anni mi avevano accompagnato nel mio pellegrinare nel subcontinente indiano. Tanti viaggi, tanti incontri, tante storie condivise, tante le emozioni che volevo salvare dall’ingiuria del tempo: prima che le foto ingiallissero o che la memoria le deformasse. Namaste, così si intitola il mio primo libro fotografico, mi ha permesso tutto questo e l’ho vissuto come un punto d’arrivo.

Per la seconda volta, per raccontare una storia fatta di immagini e sensazioni, mi approprio di un termine indiano: “Adivasi” che deriva dal sanscrito adivasis, “i primi abitanti”. È il termine comune col quale vengono chiamate le antiche popolazioni tribali dell’India. È una parola che accomuna, nel loro destino, le molte minoranze etniche che vivono sul nostro pianeta; di alcune di queste voglio, tramite i loro gesti e le loro immagini, raccontarne l’esistenza. Sulla pelle di ognuno di loro è scritta la storia, nelle pieghe dei loro visi si può trovare il senso




sopra: ragazza Peulh M’Bororo, Cameroun a sinistra: donna Koma, monti Alantika, Cameroun

della vita. Gli stati d’animo si possono leggere in una furtiva occhiata, in un cenno del capo, in un sorriso. Il corpo è un labirinto di vissuti che rivelano identità, culture, appartenenze. Guardare con l’obiettivo dentro lo sguardo dell’Altro è la voglia ossessiva di cercare di capire. Lo scatto ti permette di scoprire, anni dopo, che cosa ha significato essere lì, quel giorno, con quel vecchio, quella donna, quel bambino, in quell’istante che non tornerà più. Dieci viaggi in tre continenti, sette nazioni visitate, alla scoperta di alcune popolazioni tribali che si stanno estinguendo sotto il peso di una civilizzazione selvaggia. Sguardi di donne e uomini dimenticati e perciò sopravvissuti alla storia, ma non al loro destino. Nove brevi racconti, più di duecentocinquanta scatti fotografici, per testimoniare e ricordare Ho incontrato genti fuori dal tempo e popolazioni destinate all’estinzione che lottano, tramite la loro anacronistica esistenza, per un riconoscimento del proprio patrimonio culturale, per difenderne la sopravvivenza. Ho compreso che il benessere non è un dogma, ho toccato con mano il paradosso

assurdo di uno sviluppo economico e sociale che associa al miglioramento del tenore e della qualità della vita per alcuni, un progressivo degrado del pianeta a scapito dell’eco sistema e delle diversità culturali. Ho visto il tanto acclamato progresso produrre povertà, disuguaglianze, sofferenze, distruggere comunità, senso di appartenenza e tradizioni. Ho incontrato occhi fieri, sguardi vitrei, visi che raccontano secoli di storia e facce prive d’identità, tra passato e futuro, senza un presente da vivere, in perenne transizione. Ho appreso l’importanza di uno sguardo, di un gesto, di una lacrima e di un sorriso. Ho imparato a dialogare senza conoscere l’idioma, ho capito che si può vedere senza giudicare, parlare senza dover convincere e ascoltare il silenzio. Sarebbe bello se questo mio libro potesse far comprendere tutto ciò a Sara. Marco Baudino Di formazione assistente sociale, ha lavorato per molti anni al Servizio sociale cantonale di Lugano e per tre anni è stato responsabile per il Ticino di “Carte Jeune Suisse”. Attualmente lavora presso l’Ufficio del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani del Dipartimento della sanità e socialità del canton Ticino.

Marco Baudino

Popolazioni tribali, culture minacciate

Adivasi

Marco Baudino “Adivasi - Popolazioni tribali, culture minacciate” Il volume è disponibile nelle librerie ticinesi o può essere richiesto telefonando allo 079 444 27 94.


COLORI, “IL MONDO È A COLORI MA LA REALTÀ È IN BIANCO E NERO” Wim Wenders

Tendenze p. 44 – 45 | di Keri Gonzato


Il

bianco e il nero, la luce e l’ombra, opposti e complementari… Per molto tempo le pellicole cinematografiche sono state legate all’essenziale binomio di questi due colori. Inizialmente, quando apparivano colorate era il frutto di lunghe ore di applicazione del colore a mano sulla pellicola. Il monocromatismo, più che una scelta, rappresentava la sola opzione tecnica a disposizione per chi volesse fare cinema. Il cambiamento avvenne attorno agli anni Quaranta, quando il sistema Technicolor si affermò definitivamente. Oggi i cineasti, tra filtri e manipolazioni digitali, hanno a disposizione un’infinita gamma di sfumature del colore. Ciononostante, il bianco e nero, con le sue evocative gradazioni di grigio, mantiene un alone di fascino che l’immagine a colori non è in grado di eguagliare. Uno charme che ha sedotto diversi cineasti del presente… All’ultima edizione del Festival del film di Locarno, per esempio, spiccavano quattro pellicole di giovani registi che hanno scelto di raccontare le proprie storie rinunciando al colore. L’aspetto curioso è che non si tratta di film dal sapore polveroso e datato quanto piuttosto di racconti sofisticati, molto curati sotto il profilo estetico e decisamente cool. A partire da While we were here, della regista americana Kat Coiro, che ci proietta in un panorama visivo tanto bello ed epurato da sembrare una collana di fotografie in rapida sequenza. La fotografia fa l’occhiolino al neorealismo italiano ma mantiene un sapore fortemente contemporaneo tanto che, a tratti, sembra di ritrovarsi di fronte a una delle ultime pubblicità di un profumo Armani. Il film, interpretato dalla splendida Kate Bosworth che pare come sublimata dal bianco e nero, ruota intorno alla tematica delle relazioni tra uomo e donna e racconta le ombre e le luci dei rapporti d’amore. Durante un viaggio tra Napoli e l’isola di Ischia, la piatta realtà di una relazione in crisi si scontra con le emozioni di uno struggente e impossibile idillio romantico. La prospettiva di un innamoramento estivo trascina la protagonista verso un processo di liberazione. Le immagini sono colmate dalla luce del sole estivo dell’Italia del sud e, nemmeno per un momento, fanno rimpiangere l’assenza dell’orgia cromatica a cui i nostri occhi sono abituati. Al contrario, la scelta stilistica regala una tregua allo sguardo e rilassa il pubblico trascinandolo in profondità nella storia. Humour e nostalgia In preto e branco, come si dice in portoghese, è anche la pellicola brasiliana Boa sorte meu amor (Good luck, Sweetheart). Sensuale e poetica, la prima creazione del giovane regista Daniel Aragão ha qualcosa di decisamente irresistibile. I forti contrasti monocromatici rinforzano quella sensazione di dolce nostalgia per qualcosa di inevitabilmente perduto che solo la parola portoghese saudade sa spiegare. Un uomo parte alla ricerca di un suo amore finito. Dalla città

si dirige verso i grandi e desolati spazi della campagna, in un percorso reso ancora più intenso dalla colonna sonora che spazia dalla lentezza morbida del soul vintage ai ritmi scostanti del musicista elettronico finlandese Jimi Tenor. La storia inizia come un viaggio sentimentale per trasformarsi in una riflessione sulle ombre dei conflitti sociali e culturali che la terra brasiliana porta in grembo. Boa sorte meu Amor si dipana attraverso una seri di frammenti poetici che si susseguono nella forma di bellissime immagini. In questo road movie, come nel caso di While we where here, il bianco e nero ha il potere di sublimare la ricerca estetica. Dagli Stati Uniti al Brasile per giungere fino a Israele: questa nuova tendenza non ha confini. Not in Tel Aviv, è una pellicola indipendente scritta, diretta e interpretata dall’israeliano Nony Geffen. In seguito a un licenziamento, l’esistenza del protagonista vive una rapida e inaspettata svolta. Una serie di folli eventi gli consentiranno di riparare agli errori commessi in passato. La vita, nella piccola e noiosa città, si trasforma in un’odissea colma di epifanie inaspettate. In questo elegante film triangoli amorosi, riflessioni drammatiche e attimi di puro humour nero si susseguono rapidi. Il primo lungometraggio di Nony Geffen è stato premiato con il Premio speciale della giuria Ciné Plus Cineasti all’ultimo Festival di Locarno. Lo slancio avventuroso di Not in Tel Aviv è la testimonianza che il bianco e nero non sottrae nulla alle emozioni e alla poesia del racconto. L’essenzialità dello sguardo Nel mondo globalizzato le tendenze si manifestano in parallelo ai quattro angoli del globo e al debole per il black&white non sfugge nemmeno l’Asia. Miyake Sho, classe 1984, di Sapporo era presente a Locarno con Playback. L’Asia raccontata in Playback, viaggia sulle piccole ruote di uno skateboard e trasporta il protagonista, un attore in crisi, in un viaggio nel tempo in bilico tra sogno e realtà. “Il film colpisce per l’abilità nel coniugare con grande sensibilità e finezza la malinconia più profonda e la più viva contemporaneità, proponendo una riflessione teorica e al contempo un cinema molto impressionista, che tocca temi ed emozioni universali”, ha detto Olivier Père. Questa capacità di coniugare un senso di malinconia a riflessioni fortemente attuali stabilisce un trait d’union tra questi quattro film. La tendenza, che riporta in vita con rinnovata potenza l’estetica del B/N, marca la voglia di ritornare a modus espressivi più essenziali, al riparo dalle distrazioni ottiche dei colori sgargianti e degli effetti speciali. Si parla quindi di un cinema nuovo che a un certo sapore nostalgico combina uno sguardo contemporaneo sul modo di vivere i sentimenti oggi. Il fatto che Kat Coiro, Daniel Aragão, Nony Geffen e Sho Miyake siano giovani e promettenti talenti della regia è un segno evidente che la scelta del monocromatismo è in linea con il presente.


»

Astri toro

gemelli

cancro

In questa nuova fase l’intelletto si fa particolarmente acuto e trovate sempre il modo giusto per esprimere il vostro punto di vista. Tra l’11 e il 12 incontri e opportunità per i nati nella seconda decade.

L’intera settimana è marchiata dal transito di Saturno e Mercurio. Questo aspetto vi renderà particolarmente severi soprattutto nell’organizzazione della vostra vita di coppia. Cambiamenti professionali.

Dal 7 ottobre inizierete a sentire gli effetti dell’opposizione di Marte. Probabili contrasti con il partner. Attenti a non cavalcare troppo una idea. Conquiste professionali per i nati nella seconda decade.

Con l’arrivo di Saturno in Scorpione inizia una nuova fase. La forza costruttiva di questo passaggio vi accompagnerà per i prossimi tre anni. La vostra vita sta per essere proficuamente riorganizzata.

leone

vergine

bilancia

scorpione

Dall’8 ottobre nuova linfa vitale. Le ciclicità e le incombenze saturnine possono esser agevolmente affrontate grazie a un ottimo aspetto con Marte. Ricorrete alla vostra forza vitale per liberarvi dalle zavorre.

Dal 7 la vostra vita affettiva inizia una nuova fase. Marte in Sagittario e Venere in Vergine si trovano in quadratura. Questo aspetto accende la passionalità. Rapporti conflittuali accompagnati da furore fisico.

Liberi da Saturno, propiziati da Giove in retrogradazione, oltretutto dal 7 favoriti da Marte, momento favorevole per portare avanti qualunque tipo di iniziativa. Premiate le menti più innovative e creative.

Saturno e Mercurio sono entrati in Scorpione. La configurazione vi rende inflessibili sia con voi stessi che con gli altri. Attenzione a non enfatizzare solo i lati negativi. Favorevoli il 7 e il 9 ottobre.

sagittario

capricorno

acquario

pesci

L’8 ottobre è segnato dall’arrivo di Marte nel segno. La vostra vita si riempie di furore prometeico. Grazie anche a Urano potete compiere qualcosa di veramente straordinario. Tenete a freno l’ansia.

Dal 12 ottobre si apre una fase costruttiva e positiva. Con Saturno e Mercurio favorevoli riuscirete a fare ordine nella vostra mente e a organizzare proficuamente ogni vostra attività. Tra il 7 e il 9 Luna storta.

Marte favorevole dall’8 ottobre. Grazie a Urano si apre un periodo di attività e nuovi stimoli. Se non volete farvele scappare dovete però chiudere con un passato ingombrante che tende a ritornare.

Da questa seconda settimana di ottobre si apre un periodo di crescente progressione intellettuale. Ispirati da Nettuno, rafforzati da Plutone sarete in grado di dare inizio a grandi cose. Bene tra l’8 e il 9.

» a cura di Elisabetta

ariete


»

Gioca e vinci con Ticinosette

1

2

3

4

9

5

6

7

8

10

11

13

12

7

4

14

15

16

17

20

18

21

19 22

23

La soluzione verrà pubblicata sul numero 42

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 11 ottobre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 9 ott. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

3 24 25

2 28 31

30

29 33

32

34

5 35

36 37

38

»

6 39

Orizzontali 1. Rendere pane per focaccia • 9. Sta per “sangue” • 10. L’ha d’oro il cantante lirico • 11. Il richiamo del cavallo • 13. Le iniziali di Cerusico • 14. Il figlio di Anchise • 15. Pari in giusto • 16. I limiti delle zotiche • 17. Germania e Portogallo • 19. Il fermaglio degli orecchini • 20. Unitamente • 23. Dittongo in Paolo • 24. Sbalordito • 25. Il noto Marvin • 26. Piccolo difetto • 27. Pedina coronata • 28. Il no del moscovita • 30. I confini di Mogno • 31. Diverbio • 33. Beneficia del lascito • 35. Sopra detto a Zurigo • 36. La getta il pescatore • 37. Reiterare • 39. Il regno dell’oltretomba • 41. Thailandia, Ohio e Svezia • 42. Le Lipari • 44. Un motivetto • 46. È simile alla cetra • 48. Il nome di Fantozzi • 49. È bella ma stupida • 50. Negazione. Verticali 1. Nota commedia di Dino Riso con Alberto Sordi • 2. Illustre • 3. Voti scolastici • 4. Epidermide • 5. Ha la cruna • 6. I confini di Rovio • 7. La regione dei Monti Sudeti • 8. Il noto da Todi • 12. Osso del braccio • 15. Articolo maschile • 18. Piume • 19. Classe sociale • 21. Maschera fiorentina • 22. Raccogliere il grano • 27. Mangiarsi... il fegato • 29. Il giorno trascorso • 30. Stella cadente • 32. Italia e Belgio • 34. Una linea • 38. Il nome di Chiambretti • 40. La prima nota • 43. Due romani • 45. Precettore antico • 47. Avanti Cristo.

27

26

40

41

1

42

44

43

45

D

10

O

12

8

V

15

46

E

47

18

V

21

A

24

48

49

I

50

27

N

32

V

35

A

39

La parola chiave è:

2

C

42

3

4

5

6

7

Soluzioni n. 38 2

O

8

A

45

N

A

D

4

E

I

G

A

R

O

T

I 19

G E

M

N

A

26

T

28

O

I

L

T R

T

E S 48

M

R

A

T

14 17

P E

O

N

C

L

C

I

O

O

G

R

I

E 44

E

46

C

I

T

T

A

R

A

N

E

A 23

S I

A 31

B R

38

L

A

T

I

C

R

T

I

R

E

I

50

A

O

O

La soluzione del Concorso apparso il 21 settembre è: OMBRELLO

I

O

A

49

T

P

R

34

47

E

O

E

N

L

9

M

30

41

A

E

N

O

L 20

8

11

S

37

N

O

R

29

E

G

O

A

25

L

O

O P

A

7

R 22

40

N

A N T

A 43

6

13

E N

36

A

A

A

33

R

C

U

R E

5

16

O

Z 51

3

R

I

1

1

®

R E

Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stato sorteggiato: Mario Sala via Cantonale 6652 Tegna Al vincitore facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: 10 biglietti singoli “Arcobaleno”

Più vicino a voi. Nuova Tariffa Integrata

Arcobaleno mette in palio 10 biglietti singoli di 2a classe, tutte le zone, per un valore complessivo di CHF 260.– !

I biglietti Arcobaleno sono la grande novità della nuova Tariffa Integrata. I titoli di trasporto proposti vanno dal biglietto singolo a biglietti che consentono di risparmiare tempo e denaro, come la carta per più corse e la multi carta giornaliera. Il biglietto singolo permette di compiere più viaggi all’interno delle zone acquistate con la possibilità di interrompere e riprendere il proprio

Arcobaleno

viaggio in ogni momento, entro la validità data.

www.arcobaleno.ch

Maggiori informazioni su www.arcobaleno.ch.

Giochi

47


21.9.2012 10:15 Uhr

Visitate le nostre esposizioni a Basel, Biel/Bienne, Carouge, Chur, Contone, Cortaillod, Crissier, Develier, Jona, Köniz, Kriens, Lugano, Rothrist, Sierre, St. Gallen, Thun, Winterthur e Zürich. Panoramica dell’azienda su: www.sanitastroesch.ch

Chiarezza fin dalla prima ora: cucine e bagni Sanitas Troesch.

mo7_210x295q_See2012Helv_TicinoSette_i_RZ:Anz_210x295q_See2012Helv_TicinoSette_i_RZ Seite 1

Ruf Lanz


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.