Ticino7

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№ 44

del 2 novembre 2012

con Teleradio 4 – 10 novembre

Democrazia diretta

non per TuTTi

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Ticinosette n° 44 del 2 novembre 2012

Agorà Democrazia diretta. Un modello per tutti? Letture Doppio impegno

di

Arti Mostre. Contra Picassum Letture Simboli in gioco

di

alessandRo tabacchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

nicoletta baRazzoni. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

di

di

lauRa di coRcia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Ambienti Temperatura e umidità. Che caldo! di

Reportage L’urne de’ forti

a cuRa della

Redazione . . . . . . . . .

MaRco JeitzineR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . di

Fiabe Il pesciolino dispettoso

6 9 10 11 12 13 14 39 46 48 49 50 51

RobeRto Roveda . . . . . . . . . . . . .

MaRco alloni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Salute Animali domestici. Noi e loro Vitae Claudia Antognini

di

RobeRto Roveda; foto di Reza KhatiR . . . . . . . . . . . . . . . . . di

fabio MaRtini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tendenze Fashion Days 2012 a Zurigo Abitare Architettura. Edifici vegetali

di

di

PeteR KelleR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

fRancesca aJMaR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cruciverba / Concorso a premi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Non solo zucche L’articolo di apertura di questo numero è dedicato alla democrazia diretta e alla sua esportabilità verso contesti che, al contrario di quanto avviene da noi, sono contrassegnati da sistemi basati prevalentemente sulla rappresentanza . Nella vicina Italia il desiderio di by-passare l’attività dei politici lasciando ai cittadini la parola si fa sempre più marcato, come dimostrano il successo del movimento di Beppe Grillo e le decine di nuove aggregazioni (dal Popolo Viola a Libertà e Giustizia, che punta soprattutto sui temi dell’efficacia e della correttezza nell’agire pubblico, da Italia Futura, di Montezemolo e Riccardi, a Sogno per l’Italia, che riunisce giovani cattolici) . Le parole d’ordine sono le solite: pragmatismo, onestà, competenza, formazione, centralità della persona . Un universo variegato che dovrà per forza di cose individuare delle forme di aggregazione in vista delle prossime elezioni politiche, di cui si conosce la scadenza ma non ancora il sistema in base al quale gli elettori voteranno . Vista dall’esterno, la situazione italiana appare complicatissima, nel suo intrecciarsi di corruzione, costi esorbitanti della politica, incapacità di organizzare schieramenti stabili in grado di operare in funzione dei reali interessi del paese e dei cittadini . Il distacco fra questi ultimi e i loro rappresentanti, irriducibilmente arroccati da destra a sinistra nella difesa dei propri interessi, pare insanabile e lascia spazio a spinte di carattere populistico . Un quadro sconfortante, che rimanda alle parole che lo scrittore e politico Mario Vargas Llosa, di cui in questo numero Marco Alloni recensisce l’autobiografia, pronunciò in riferimento alla situazione del suo paese, il Perù: “una nazione fottuta” . Ci auguriamo che non sia così e che gli italiani ritrovino le loro qualità e le energie intellettuali e morali per risollevarsi . Buona lettura, Fabio Martini

Impressum Chiusura redazionale venerdì 26 ottobre Editore Teleradio 7 SA 6933 Muzzano Redattore responsabile Fabio Martini Coredattore Giancarlo Fornasier Photo editor Reza Khatir Tiratura controllata 70’634 copie

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55 Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

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Un modello per tutti?

Agorà

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Si parla molto in Europa dei vantaggi della democrazia diretta, prendendo sovente a esempio il sistema di governo svizzero. Accade soprattutto nelle democrazie rappresentative in cui i partiti tradizionali appaiono maggiormente in crisi e incapaci di governare, come nella vicina Italia. Ma il modello elvetico è davvero esportabile? E soprattutto, è garanzia automatica di efficienza? di Roberto Roveda illustrazione di Bruno Machado

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È

una delle prime cose che viene insegnata a scuola: secondo la nostra Costituzione, il popolo è il “sovrano” del paese, ossia la massima istanza politica della Confederazione. In effetti, in nessun altro stato al mondo come in Svizzera il cittadino viene chiamato tanto di frequente a esprimere la propria volontà in ambito politico: in genere, in un anno hanno luogo quattro votazioni federali, nella maggior parte dei casi su più argomenti; inoltre sempre il popolo prende decisioni direttamente su molteplici questioni cantonali e comunali. Proprio perché la decisione finale su molte problematiche spetta al popolo – e non ai rappresentanti eletti – il nostro sistema di governo viene considerato un classico esempio di “democrazia diretta”. Un sistema, quello svizzero, che oggi viene sempre più spesso considerato un modello di governo in grado di garantire una buona efficienza e allo stesso tempo un alto grado di controllo sulle attività della classe politica. Solo per fare un esempio, nella vicina Italia, paese caratterizzato da una democrazia di tipo spiccatamente rappresentativo – cioè nel quale l’ultima decisione spetta ai rappresentati del popolo eletti in parlamento – il corifeo della democrazia diretta è Beppe Grillo, comico ormai prestato a tempo pieno alla politica. Immediatamente viene da chiedersi se un modello come quello svizzero sia così facilmente esportabile e rappresenti veramente la panacea di tutti i mali. Insomma, il coinvolgimento diretto del popolo è sempre e comunque un passo in avanti sulla via della democrazia? Senza pretendere di offrire risposte definitive su un tema tanto complesso, ne abbiamo discusso con Oscar Mazzoleni, docente di scienze politica e direttore dell’Osservatorio della vita politica regionale dell’Università di Losanna (www.unil.ch/ovpr).


Dottor Mazzoleni, la prima domanda è quasi d’obbligo: la democrazia diretta favorisce automaticamente la governabilità in un moderno stato democratico? Nel caso svizzero, almeno fino a una ventina di anni fa, si è spesso ritenuto che la possibilità di ricorrere al referendum facoltativo favorisse la costruzione di intese fra le forze politiche di governo. Il rischio che una o l’altra forza politica di rilievo potesse lanciare un referendum, perché scontenta delle scelte del parlamento, spingeva verso la ricerca del compromesso. Inoltre, la scarsa possibilità di riuscita delle iniziative popolari, che richiedono la maggioranza dei votanti, ma anche dei cantoni, limitava i rischi d’incertezza nel processo decisionale. Tuttavia, si può affermare che più i risultati degli scrutini pendono a sfavore del governo, più i rischi di instabilità politica aumentano. In ogni caso, negli ultimi anni, anche se la Svizzera rimane uno dei sistemi politici democratici più stabili al mondo, all’aumento dei referendum e delle iniziative riusciti ha corrisposto un incremento dell’incertezza politica. In che modo è possibile creare attraverso gli strumenti della democrazia diretta un circolo virtuoso tra cittadini e classe politica e di governo? Le istanze referendarie possono essere viste come una sorta di sondaggio istituzionale ricorrente per capire gli umori popolari e orientare l’agenda politica e l’azione di governo. La dipendenza più o meno costante che si crea fra cittadini e governo spinge quest’ultimo a rendere conto più sovente del proprio operato. I diritti referendari, inoltre, sono anche un modo per coinvolgere i cittadini nella cosa pubblica, senza limitarsi a un’elezione che si svolge ogni quattro o cinque anni, chiedendo loro una maggiore responsabilità, più impegno e senso civico. Non si rischia però l’iper-partecipazione o il coinvolgimento in temi complessi di persone poco “competenti”? È una critica spesso rivolta al sistema referendario. Anche nei referendum elvetici, sia sul piano nazionale sia su quello federale, ci sono

casi in cui il tecnicismo prevale, dove è difficile penetrare l’oggetto in votazione senza un certo sforzo. D’altra parte, c’è chi ritiene che i limiti dei diritti referendari stiano anche, i certi casi, nell’estrema politicità, nell’eccessiva carica affettiva o ideologica. Trovare una quadratura del cerchio è difficile, anche se negli ultimi anni è soprattutto la seconda critica che ha preso il sopravvento, almeno in Svizzera.

Agorà

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Gli strumenti della democrazia diretta rappresentano ancora uno stimolo alla partecipazione dei cittadini? La partecipazione dei cittadini ai referendum varia in funzione dei temi ma anche di molti altri fattori. In genere, valgono fattori simili a quelli che contano nelle elezioni dei rappresentanti politici. Per esempio, i giovani tendono a partecipare meno, mentre le persone più integrate professionalmente votano mediamente di più. Tuttavia, non sempre valgono queste tendenze. Certi temi possono suscitare un ampio interesse e un’elevata partecipazione sulla spinta di una campagna referendaria molto attiva e quando il tema è più fortemente connesso alle esperienze quotidiane della stragrande maggioranza dei cittadini. Allora, la partecipazione può aumentare in modo esponenziale, com’è capitato anche in Ticino, per esempio, in alcuni scrutini sull’Europa. Non si può negare, però, che il trend pare quello di una scarsa partecipazione alle vicende politiche, salvo rari casi. Perché questa disaffezione? Uno dei motivi principali dell’astensionismo è il fatto di non sentirsi (più) soggettivamente parte della comunità e del suo destino pubblico; un altro fattore è la limitata capacità degli attori politici (partiti, movimenti, ecc.) di convincere i cittadini che vale la pena votare per un singolo tema o in generale. Un altro motivo per cui si partecipa poco alle votazioni è perché ci si sente sfiduciati o rassegnati di fronte all’operato della politica e delle istituzioni, oppure, viceversa, proprio perché, soddisfatti, si preferisce delegare alla politica o alle istituzioni, ma anche perché non si ritiene che il proprio voto possa incidere significativamente nel determinare gli equilibri politici. (...)


Quest’ultima interpretazione può valere nel caso elvetico negli anni Sessanta e Ottanta, quando è diminuita la partecipazione alle elezioni federali in concomitanza con l’eccezionale stabilità di governo. Per la complessità dei fattori in campo, è difficile modificare questi trend. Occorrono profondi cambiamenti nell’identità, nelle strategie e nell’azione dei partiti, e, più fondamentalmente, porre al centro il ruolo della famiglia, della scuola, dei mass media, ossia le principali agenzie di socializzazione delle nostre società che possono contribuire a ricreare un senso comune d’appartenenza e di partecipazione alla cosa pubblica.

Agorà

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Ci sono dei casi in cui la democrazia diretta crea anziché risolvere i problemi della sua applicabilità? Gli strumenti referendari offrono opportunità di tematizzare questioni che altrimenti sarebbe difficile portare all’attenzione pubblica. Si apre però la questione di sapere chi decide e secondo quali modalità un tema è ritenuto referendabile e come viene implementata la decisione popolare. In Svizzera, la compatibilità con trattati internazionali, oggetto di referendum proprio lo scorso 17 giugno, è per esempio diventata una questione sempre più spinosa, che fa riflettere sul ruolo del parlamento e sull’eventuale creazione di una corte costituzionale. C’è inoltre la questione del ruolo delle istituzioni rappresentative, una volta che, con un’iniziativa, una legge è stata accettata: come si mette in piedi una legge di applicazione di un articolo costituzionale che è stato introdotto con un’iniziativa popolare? In questi casi l’idea secondo cui la democrazia diretta implica che l’ultima parola spetta al popolo si trova confrontata al fatto che è sono il governo e il parlamento che elaborano e decidono la legge di applicazione, sebbene anch’essa rimanga referendabile. È inoltre elevato il rischio che non si trovi un accordo fra le istituzioni, i partiti e i comitati referendari sui modi e i tempi dell’entrata in vigore effettiva. Il recente lancio di una nuova iniziativa popolare relativa all’espulsione dei criminali stranieri, che torna a chiedere il parere ai cittadini su una questione già decisa in sede referendaria poco tempo prima, ne è un esempio lampante.

A suo parere il futuro dei paesi europei è legato alle democrazie rappresentative oppure a forme dirette? Secondo modalità molto diverse, negli ultimi decenni le democrazie europee di tradizione rappresentativa stanno sperimentando forme di democrazia referendaria. Il ruolo del parlamento e del governo rimane in genere preminente, anche perché, spesso, il referendum o l’iniziativa popolare hanno potere solo consultivo e non sono vincolanti. Queste riforme rispondono a una preoccupazione crescente delle élite politiche nelle democrazie contemporanee. Fino a qualche decennio fa, i rappresentanti politici e le istituzioni politiche, più in generale le autorità pubbliche, godevano di un’ampia deferenza da parte della popolazione. Oggi, di fronte alle attese crescenti dei cittadini – più istruiti e esigenti –, si tenta di trovare meccanismi che permettano ai cittadini di sentirsi più coinvolti. Su alcune questioni cruciali per le sorti del paese, come è capitato in referendum sull’integrazione europea, per esempio, in Francia e Irlanda, il ricorso al parere dei cittadini è ritenuto necessario per evitare annosi conflitti che possono portare al discredito dell’intera classe politica di governo. D’altra parte, l’Unione europea è un’organizzazione sovranazionale che per il momento rimane nel suo complesso piuttosto impermeabile alla logica referendaria.

“Gli strumenti referendari offrono opportunità di tematizzare questioni che altrimenti sarebbe difficile portare all’attenzione pubblica. Si apre però la questione di sapere chi decide e secondo quali modalità un tema è ritenuto referendabile e come viene implementata la decisione popolare”

La democrazia diretta è da sempre ritenuta uno strumento di garanzia per far sentire le voci di chi sta all’opposizione, dei movimenti e delle minoranze attraverso istituti come il referendum o le leggi di iniziativa popolare. È valido ancora questo assioma? Oppure gli strumenti di democrazia diretta sono diventati un mezzo per ostacolare semplicemente la politica del governo? La democrazia diretta è sempre stata entrambe le cose: è una garanzia per le opposizioni, una possibilità per le minoranze in parlamento e nel paese di poter manifestare attivamente la propria contrarietà verso la maggioranza. Così è nato il modello referendario svizzero: da minoranze che chiedevano un riconoscimento dei propri diritti, di poter esprimere un’opinione diversa attraverso il voto; dall’altro, l’opposizione può risultare vincente fra la popolazione e obbligare le istituzioni a scelte diverse, che tengono conto delle scelte popolari. Nel 1992, per esempio, nonostante il governo si fosse pronunciato a favore, i cittadini svizzeri attraverso il referendum bocciarono l’accordo sullo spazio economico europeo. In seguito a quel voto, il Consiglio federale intraprese la via degli accordi bilaterali con l’Unione Europea escludendo di fatto la via dell’adesione all’UE.

Un modello di democrazia diretta come quello svizzero è così facilmente esportabile come sembrano sostenere alcuni movimenti politici in Italia? È difficile esportare una singola istituzione in un contesto completamente diverso. Questo vale anche per l’organizzazione dei referendum. Ogni paese ha le proprie modalità. In Italia, per esempio, la legge del 1990 sull’ordinamento delle autonomie locali permette di sviluppare abbastanza liberamente le forme di consultazione popolare all’interno di regioni, province e comuni in funzione di una migliore governabilità. Alcuni comuni e regioni hanno promosso questo tipo di riforme in un’ottica consultiva. Hanno cioè chiesto l’opinione dei cittadini su determinati temi, lasciando comunque le decisioni finali alle istituzioni rappresentative. Questa è stata la strada scelta dall’Italia perché è un paese a tradizione rappresentativa. Un paese in cui sono presenti forme referendarie, come il referendum abrogativo, ma dove c’è un quorum di validità e la decisione legislativa ultima, penso alle iniziative popolari, è sempre nelle mani del parlamento. Ciò non esclude che alcune forze politiche italiane vogliano oggi, in mezzo a quella che appare una profonda crisi dei partiti e del loro ruolo, penso alle proposte avanzate dal movimento di Grillo, spingere verso una democrazia semi-diretta. In definitiva, in questo continuo richiamo oltreconfine alla democrazia diretta, non vede semplicemente un desiderio di antipolitica e di battaglia contro la cosiddetta “casta”? I referendum e le iniziative possono essere usate, politicamente, in molti modi, anche per promuovere forme e strategie di discredito nei confronti della classe politica al potere: in questo caso sì, si tratta di un atteggiamento anti-establishment o anti-politico. In altri casi, il ricorso al referendum e all’iniziativa è lungi dal porre un problema di legittimità della classe politica, anche se è sempre, direttamente o indirettamente, un momento di verifica del suo operato.


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Doppio impegno

» di Marco Alloni

Non so se qualche affezionato lettore di Ticinosette conosca la Della seconda – lo confesso senza remore– ho saltato ampi mia profonda venerazione per Mario Vargas Llosa. Se così non brani sapendola assai più avvincente per un peruviano o un fosse queste righe rappresentano l’ennesima dichiarazione sudamericano che per un europeo. Della seconda, invece, d’amore nei confronti del grande scrittore ho letto e riletto tutto con la passione e e intellettuale peruviano, in seguito nal’avidità di un discepolo. turalizzato spagnolo. Non le dedicherò a E che cosa ne scaturisce? Ne viene la lenta, un romanzo, uno fra i tanti che l’autore di progressiva conquista della vita e della Conversazione nella cattedrale ci ha regalato scrittura. Il loro perpetuo riflettersi l’una in ormai 76 anni di carriera. Lo dedicherò nell’altra. Il loro reciproco alimentarsi al alla sua autobiografia, Il pesce nell’acqua, che punto di fare della realtà, ben prima del per chi ama Vargas Llosa ha il sapore di una realismo – una qualifica che gli presto autentica incursione nella sua vita privata: malvolentieri –, il sostrato decisivo della un inebriante tuffo nel voyeurismo. sua opera. Una realtà che in quel libro di Il titolo spiega tutto in quattro parole. ricordi erompe quasi netta come accade nei Vargas Llosa ha infatti sempre “sguazzato”, suoi romanzi: una realtà tormentata da un per così dire, nei suoi elementi, la scrittura, padre violento, da un collegio crudele, da naturalmente, ma anche la politica, che una nazione (parole sue) “fottuta”, a cui come sappiamo l’ha visto qualche anno fa non si sa quale ricetta prescrivere. Ma una candidarsi senza successo, tra grandi amarealtà che sprigiona, in tutta la potenza Il pesce nell’acqua rezze, alle presidenziali del Perù nel 1990, descrittiva di Vargas Llosa, una magia senza di Mario Vargas Llosa conclusesi con il ballottaggio con Alberto retrogusti fantastici – alla Garcia Marquez, Libri Scheiwiller, 2011 Fujimori. Il libro rende conto in eguale miper intenderci – che la proietta su di noi sura di queste due fondamentali esperienze personali: quella come un pugno. E leggere questo libro è davvero come amletteraria e quella civile. mortizzare la dolcezza di un pugno prolungato, quello che I capitoli alternano, in una sorta di perfetto contrappunto, il Perù ha inferto al suo più recente premio Nobel e da lui le sue memorie di vita e le vicende della carriera politica. convertito in bellezza.

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Contra Picassum Sempre osannato e (quasi) mai criticato. Una vera condanna per Pablo Picasso, “l’artista” del Novecento, un maestro indiscusso in mostra a Palazzo Reale di Milano sino al 6 gennaio 2013 di Alessandro Tabacchi

Pablo Picasso è l’unico artista del quale non sono mai stato in grado di trovare critiche negative. Lui è il totem del Novecento, a lui sono stati innalzati monumenti critici come a nessun altro. Forse per questo ho pensato che, in occasione della splendida mostra che si sta tenendo al Palazzo Reale di Milano – www.mostrapicasso.it; ricca di capolavori del Museo Picasso di Parigi, su tutti il Massacro in Corea del 1951 –, potesse essere più interessante parlare di ciò che di questo artista non mi convince, piuttosto che elevarne il solito peana. Prendetelo come un omaggio al contrario.

Arti

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per ragioni di mercato, a volte per tutta la vita. Questa standardizzazione dell’avanguardia – quella necessità di produrre opere in serie, su richiesta di un mercato sempre più esigente e chiuso in compartimenti stagni, desideroso di stilemi precisi che rendessero riconoscibile ogni singolo artista –, in ultima istanza deriva dal successo planetario di Picasso come cliché artistico. L’espressionismo astratto americano, per fare un esempio, fu partorito fra il 1940 e il 1945 da artisti che per un decennio o più erano stati picassiani sbiaditi, e poté esplodere nella sua grandezza solo liberandosi dell’ombra dell’ingombrante maestro spagnolo. Sovente di Picasso si volle fare oltre che un maestro di stile anche un’icona ideologica, come avvenne in Italia subito dopo il 1945: eccetto Burri e Fontana (forse gli unici due veri grandi del secondo Novecento italico), non è praticamente possibile trovare un pittore che non sia stato picassiano per un periodo variabile da cinque a dieci anni Immagine tratta da blogs.villagevoice.com almeno.

Cosa non mi convince? Credo che Picasso sia stato un grande manierista. Forse il maggiore della storia dell’arte. Trovato uno stile riconoscibile, lo portò avanti con la risolutezza degna di un pittore di corte barocco, di un Luca Giordano all’Escorial per indenterci. La sua visione bi-frontale, il suo marchio di fabbrica a partire dalla seconda metà degli anni Venti fino alla fine (1973) – quella per intenderci dei ritratti “alla Picasso” caratterizzati da una ricomposizione prismatica dei tratti somatici, con i volti smembrati e ricomposti – è frutto di una sapientissima e calcolata alchimia stilistica che poteva essere condotta con supremo cinismo (un cinismo cui poteva attingere solo un geniaccio, sia ben chiaro). Sappiamo tutti, infatti, che Picasso fu il padre tutelare tanto del cubismo (fiorito attorno al 1910), quanto del ritorno all’ordine figurativo prosperato attorno al 1920: non inventò da solo né l’uno né l’altro stile – la paternità del cubismo va condivisa con Braque, Gris, Leger, mentre il ritorno all’ordine ebbe altrettanti illustri esponenti in Derain, Severini e Casorati –, tuttavia ebbe il geniale ardire di fonderli in uno stilema apparentemente nuovo, attorno al 1925. L’esempio di Picasso in questo fu determinante per l’intera storia dell’arte successiva, almeno fino alla metà degli anni Settanta, quando il fenomeno dell’avanguardia finalmente giunse a termine, senza che nessuno avesse capito bene cosa fosse stata. Picasso su tutti A sua imitazione quasi tutti gli artisti d’avanguardia finirono con assumere uno stile specifico e a esso si mantennero fedeli

La volontà (più che l’originalità) Curiosamente, Pablo Picasso non passerà alla storia per aver trovato nuovi soggetti: i suoi furono per lo più sempre gli stessi, ritratti femminili e virili, nudi, bagnanti, gruppi di figure, animali, suonatori, nature morte. La vera forza del maestro spagnolo fu quella di trovare una forza immensa nella tradizione, deformandola in base ai suoi desiderata. Tutta la sua arte fu un portentoso atto di volontà teso a trasformare su un piano formale la riflessione sulla figura (per inciso, la sua grandezza, grandezza vera, assoluta, fu nella composizione di forme). Anche la tanto decantata sensualità della sua arte è sempre filtrata da una ricerca formale ossessiva, che conduce l’osservatore a concentrarsi maggiormente sul divenire creativo, sul processo che ha generato l’immagine piuttosto che sul risultato finale. Forse è per questo che quando osservo un Picasso il mio pensiero non corre a Velasquez o a Goya, ma a Pontormo. Dopo aver visto la mostra di Palazzo Reale, provate a fare un salto a Brera, a godervi le opere di Tintoretto e Veronese poste le une di fronte alle altre: ben presente nella vostra mente, Picasso sarà come il convitato di pietra del vostro viaggio nel cuore della maniera.


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Simboli in gioco

L’esordio

» di Nicoletta Barazzoni

poetico di Margherita Coldesina riflette il suo ludico della vita”. Cosa nasconde? “Dietro tutti gli elementi carattere spumeggiante, a volte scomodo, il suo universo, concreti che animano le mie poesie si celano simboli. Non nonché l’avversione alle regole costituite: “Una nuvola e un miro a codificare l’universo e i suoi soggetti/oggetti così altro / tengono la luna equidistante / Per da renderli inafferrabili, estranei; tengo, non guardarsi? / Per innamorarsi”. Le sue invece, a rivelarli”. Come nella forma conpoesie, raccolte nel libro dal titolo Il Gioco cisa di “Soffro per niente / ma è vero come era dirsi, edito da Lieto Colle, non hanno un cane”, in cui si staglia una profonda metrica, non si allineano ma nella loro desolazione e un dolore ricorrente, la non convenzionalità ci conducono alla tragedia d’esistere in un sentimento che dimensione inumata dell’inconscio. La si fa universale. prefazione di Gilberto Isella delinea la Le poesie di Margherita Coldesina palpaprospettiva di questo impetuoso spruzzo no un inconscio schermato che diventa sorgivo, in accordo con la sua natura anche nostro? “Come le maschere celano indomabile. qualche cosa di diverso da ciò che moNel suo estro folle si cela un animo ilare, strano in superficie, l’ironia, il paradosso, e una sottile autoironia “Scende tanta l’infanzia con le sue cadute e i suoi salti di neve / o così sento io / che al buio mi conotesta, celano le vere conquiste e i grandi sco / meglio / e ritrovo il bianco / Poi sono dolori”. Ciò che la sorprende e l’affascina matta”. La simbologia scatena desideri è che le sue poesie più intrise di soffeIl gioco era dirsi onirici “Di giorno / del giorno voglio poco / renza scatenano il sorriso sui volti delle di Margherita Coldesina oppure do niente / Ma alla notte ruberei / il persone. “Mi piange anche lo shampoo della Lieto Colle, 2012 giorno per aggiungere a lei / Farle un vestito doccia”, per esempio, è per lei un lamento più lungo / Terrei le stelle / (gliele regalerei)”. “La mia poesia sordo, un pianto vestito a festa, che tuttavia non appartiene con i suoi giri di parole”, ci dice Margherita “si distingue in alla sfera dell’ironia. due categorie: quella più sofferente, che affronta tematiche La traduzione della realtà, in questo caso, non tiene conto attraverso simbologie e aforismi, e quella legata all’aspetto dell’aspetto anagrafico e della sua spontaneità cristallina.

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Articolazioni rumorose, dita dolenti e irrigidite: così può manifestarsi in maniera ingravescente la malattia da usura delle cartilagini articolari (artrosi). A partire dai 40 anni, purtroppo, quasi tutti soffrono di un deterioramento della cartilagine articolare, spesso senza che l’artrosi venga riconosciuta come tale. Da maggio 2012, è disponibile Voltaren Dolo forte Emulgel, contro i dolori acuti articolari e artrosici, senza obbligo di prescrizione. Voltaren Dolo forte Emulgel va applicato solo ogni 12 ore e ha un’azione antinfiammatoria e antidolorifica. Così, i movimenti di tutti i giorni tornano ad essere sopportabili. Voltaren Dolo forte Emulgel supporta l’impegno contro l’artrosi della Lega svizzera contro il reumatismo.

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Noi e loro Convivere con gli animali domestici significa anche entrare in contatto con batteri e virus diversi da quelli umani. Per questo motivo è necessario seguire alcune regole, in particolare quando in casa è in arrivo un bebé di Laura Di Corcia

Gli amici a quattro zampe – e più in generale tutti gli animali domestici – sono una fonte di gioia inestimabile. Ma questa pur bellissima convivenza comporta anche dei rischi; quali regole è bene seguire per evitare di contrarre malattie e patologie? Abbiamo interpellato la dottoressa Catherine NägeliSchenker, che esercita la professione di veterinario a Balerna e che subito ci rassicura, asserendo che oggi ci sono bassissime probabilità di ammalarsi a causa delle presenza in casa di un animale domestico.

Salute

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di agnello), latticini non pastorizzati e verdure lavate male. Il contatto con i gatti può anche provocare dei fastidiosissimi funghi della pelle, di cui i felini possono essere portatori sani. “Certo, le conseguenze non sono così pesanti come nel caso della toxoplasmosi, ma piuttosto fastidiose. Mi è capitato recentemente che un gatto abbia infettato un’intera famiglia e i suoi ospiti!”, aggiunge la dottoressa. Va detto però che spesso queste micosi si contraggono nei luoghi pubblici, come la piscina e la palestra. Un’altra malattia da non sottovalutare perché può causare forti raffreddori, ma anche polmoniti abbastanza gravi, è la psittacosi, che si contrae dagli uccelli, soprattutto dai pappagalli. In questi casi l’importante è portare subito l’animale dal veterinario, se ci si accorge che non è sano. Inoltre, se si acquista il pappagallo in un negozio specializzato, il rischio si riduce notevolmente.

Il pericolo della toxoplasmosi Tra le zoonosi, ovvero le malattie che gli animali passano all’essere umano, sicuramente la più temibile alle nostre latitudini è la toxoplasmosi, causata da un microscopico parassita che può vivere nelle cellule degli uomini e degli animali, soprattutto nei gatti di allevamento. “Il pericolo maggiore I cani e alcune regole si riscontra quando una donna incinta “È meno frequente che un cane sia convive con un gatto” spiega la veteriportatore di malattie trasmissibili, naria, “perché il parassita che causa la forse perché conduce una vita meno malattia tende a innestarsi in tessuti selvatica del gatto”, spiega la veteriche si sviluppano velocemente, quindi naria. “Ma una volta c’era la rabbia, ha una certa affinità con il feto”. che il cane passava all’uomo con il Con la toxoplasmosi non si scherza. morso: era pericolosissima, ma ormai Occorre quindi informare le donne in Svizzera e nella maggior parte dei in stato interessante sui pericoli e paesi europei è stata debellata. Certo, Immagine tratta da www.windoweb.it sulle modalità attraverso le quali in zone meno fortunate della Terra normalmente si prende il virus. “Il miete ancora vittime”. Del pelo del rischio è basso, visto che il parassita passa attraverso le feci del cane, così come di quello del gatto e del coniglio, è possibile gatto” precisa Catherine Nägeli-Schenker. “È difficile che una essere allergici, con la conseguenza di avere difficoltà respipersona pulisca la cassetta e poi si metta le mani in bocca. Ma per ratorie e crisi di asma. scongiurare del tutto questa spiacevole situazione, è meglio che du- Sebbene il rischio di contrarre malattie gravi sia dunque molto rante la gravidanza la donna non si occupi dei bisogni dell’animale, basso, è bene seguire alcune semplici regole, due soprattutto: demandando questa attività al marito o a qualcun’altro. L’orto è a portare l’animale regolarmente dal veterinario, soprattutto se questo punto più pericoloso, perché il gatto potrebbe averci fatto la si notano dei problemi, e nutrirlo con il cibo giusto, magari pipì sopra. Consigliamo sempre di acquistare i prodotti nei negozi chiedendo un consiglio al proprio specialista. Il controllo di e al supermercato, durante quei nove mesi, perché quasi certamente pulci e zecche e la loro rimozione subitanea è d’obbligo; in provengono da culture in serre non accessibili agli animali”. linea di massima, poi, sarebbe meglio evitare di scambiare con l’animale la saliva, quindi sono da evitare il più possibile Altre patologie i baci sul musetto. È preferibile che il gatto o il cane dormano Ma a questo punto la domanda è: non si può sapere, con un in un loro spazio, e che la detersione dei bisogni sia fatta con test, se il proprio gatto ha la toxoplasmosi e la può trasmette- appositi guanti di gomma. La cassetta del micio andrebbe re? Purtroppo no, perché molti gatti, pur non essendo affetti inoltre disinfettata regolarmente con prodotti antibatterici dal virus, risultano positivi. Infine, bisogna tener conto del e la coperta dove dormono gli animali lavata in lavatrice fatto che questa infezione può essere contratta anche man- una volta alla settimana. È bene inoltre sempre usare ciotole giando carni crude o non ben cotte (attenzione alla carne diverse da quelle utilizzate dalla famiglia.


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Che caldo!

La temperatura nella propria camera da letto riveste una notevole importanza al fine di un sano riposo a cura della Redazione

Le

stagioni più fredde dell’anno obbligano ad attivare i sistemi di riscaldamento, creando nelle abitazioni ambienti climatici “fuori controllo” e spesso poco salutari per adulti, anziani e bambini. Il problema in verità non scaturisce dal solo valore della temperatura in casa ma in particolare dalla percentuale d’umidità. I due indici slegati però non bastano a determinare le condizioni ambientali ottimali oppure sbagliate. Sappiamo per esperienza che la sola temperatura non determina il nostro benessere fisico durante una determinata stagione (si veda l’estate, quando un caldo sopportabile è “appesantito” da tassi di umidità eccessivi). Per capire dunque quali sono le condizioni ottimali vanno considerate entrambe e in combinazione fra loro. Con umidità relativa si intende la quantità d’acqua presente nell’aria a una data temperatura, rispetto alla quantità massima di vapore acqueo che l’aria può contenere a quella temperatura, quando è satura. Un livello troppo alto o troppo basso di umidità può influire in modo negativo sulla salute, soprattutto per quanto riguarda l’apparato respiratorio. All’interno della propria abitazione la temperatura non dovrebbe superare i 20/22 °C con un tasso di umidità del 40/60% al massimo nell’ipotesi di persone a riposo. La camera da letto è uno degli ambienti dove è indispensabile tenere sotto controllo temperatura e umidità. In linea di massima sarebbe opportuno evitare i sistemi di riscaldamento o di condizionamento dell’aria posti direttamente sul corpo, e il clima non deve essere né troppo freddo ma nemmeno troppo caldo: la temperatura ottimale è tra i 16/18° (a dipendenza di quanto “freddolosi” siete) e i 20° C, durante tutto l’anno, con un livello di umidità sufficiente a evitare l’irritazione delle mucose respiratorie. Nelle ore che precedono l’alba però, sarebbe indicato avere una temperatura di uno o due gradi superiore rispetto ai valori indicati, perché dopo una notte di sonno regolare la temperatura del corpo tende a scendere leggermente. In generale, la percentuale di umidità consigliata per il nostro benessere oscilla tra il 30-35%; un livello troppo basso causa l’insorgere di problemi come la difficoltà di concentrazione, dolori articolari, il classico mal di gola e l’insorgere di tosse. Essenziale è quindi – a casa come negli ambienti di lavoro – fare sovente circolare l’aria, aprendo finestre o porte, anche se solo per pochi istanti. Se invece il valore dell’umidità è troppo elevato diventa necessario usare un deumidificatore per evitare la classica formazione di muffe e il proliferare di batteri. Senza considerare che valori di temperatura troppo elevati in casa e nelle aziende implicano inutili costi di riscaldamento.

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Claudia Antognini

Vitae

mo molto anche con i liceali. Circa l’affluenza, invece, rispetto alla Svizzera tedesca e francese, in Ticino purtroppo manca una diffusa “cultura della biblioteca”, anche se il discorso sulla fruizione della cultura non è per nulla facile. Per fare un paragone con cittadine simili a Bellinzona, l’ultimo rapporto elaborato dall’Ufficio federale di statistica con i dati del 2011 citava il caso di Bienne e la differenza di fruizione era impressionante. Cito come unico dato il numero di nuovi iscritti: 3000 da noi, 9000 a Bienne. Da noi gli studenti arrivano sempre trafelati l’ultimo mese prima degli esami e persino Ha iniziato quasi per caso e considera la gli stessi docenti li vediamo biblioteca un luogo che va oltre il semplice poco. Forse il luogo viene “contenitore”. La sua sfida è contribuire a considerato un pochino elitario, da “intellettuali” ed è qui diffondere maggiormente questa cultura che facciamo un po’ fatica. Se penso ad altre culture, come cuno e viene a nascondersi nei film americani, per esempio, la biblioda noi! In generale, vogliamo teca c’è sempre. Inoltre oggi sta cambiando che la biblioteca cantonale di tutto: non c’è più solo il libro tradizionale Bellinzona non sia solo tale, ma anche i documenti digitalizzati. Tramite ma che diventi un luogo di il servizio Medialibrary, offriamo da qualche incontro, dove si partecipa tempo ai nostri utenti la possibilità di scariai tanti eventi che promuocare degli ebook, che considero complemenviamo. Si possono visionare tari al libro stampato. Ci stiamo provando film, c’è la mediateca, preanche noi, anche se nel mondo italofono sentiamo libri, fotografie, si si fa ancora fatica rispetto, per esempio, a possono leggere i giornali o quello anglosassone, dove trovi tutto, dove bere qualcosa al bar. L’anno il libro in formato elettronico è già molto scorso abbiamo avviato un diffuso e dove tutti hanno il loro “reader” circolo di lettura ed è andata o l’iPad. Anche il nostro mestiere è in piena molto bene: ora vorremmo evoluzione ed è necessario un continuo agche la cosa diventasse spontagiornamento. Adattarsi non è sempre facile, nea. Una signora si è persino ma è una sfida stimolante. proposta di dare delle lezioni Alla lunga la biblioteca è diventata un po’ di yoga! Per attirare di più anche la “mia casa”, nel senso che considero l’utente dobbiamo quindi lacerti libri i “miei libri”. In realtà per gli acquivorare ancora molto. sti dobbiamo considerare prima di tutto l’inIn Ticino la situazione è un teresse per la biblioteca e i gusti dell’utenza, po’ anomala. Se negli altri anche se ogni tanto i nostri interessi un po’ cantoni esiste una sola bitraspaiono. Di solito, vanno molto i bestseller blioteca cantonale, da noi c’è come la trilogia di Larsson, i gialli in genequella storica di Lugano, alla rale o le storie vere. C’è gente che aspetta di quale si sono poi aggiunte le riservare il libro piuttosto che comprarlo in tre biblioteche di Mendrisio, libreria. Il nostro pubblico è per definizione Locarno e Bellinzona. Con composto più da donne, che leggono in la nuova legge del 1991 è misura maggiore. Ma lavoriamo tanto con nato il Sistema bibliotecagli studenti, poi ci sono tante famiglie ed è rio ticinese, allargatosi alle bello vedere i bambini che crescono e che biblioteche scolastiche, unisono sempre lì. Stiamo anche cercando di versitarie e specializzate. Noi attirare i pensionati e i disoccupati. L’invito a Bellinzona siamo anche la che faccio a chi non ci si reca mai è che in biblioteca della Scuola cantobiblioteca si può scoprire un mondo e vivere nale di commercio e lavoriamomenti di libertà e di serenità.

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M

i sono sempre sentita un po’ il classico “topo di biblioteca”. Sono una persona tranquilla che ama stare nel suo nido. La mia grande sfida è stata quindi il contatto con la gente, saper aiutare l’utente, capire il suo interesse e cercare di indirizzarlo. Questo è un bell’aspetto del mio mestiere di bibliotecaria. Ho iniziato a Bellinzona nel 1997 ed è stato stimolante organizzare il trasloco dalla Scuola di commercio al nuovo stabile. Lo spazio è molto bello e abbiamo sfruttato tutta l’architettura: dalla “piazza” al pian terreno, che è il punto di incontro in cui la gente decide che percorso compiere, al primo piano, il banco dei prestiti, su su fino al terzo piano, dove c’è la tranquillità totale. Spesso le domande che mi pongono sono confuse, oppure arriva lo studente che dice: “Oddio domani ho l’esame, consigliami un libro!”. Ma che libro? Breve? Facile? Devi essere un po’ un “tuttologo”: diritto, politica, scienze, letteratura, ambito da me privilegiato anche per formazione. Questo da un lato è frustrante, perché vorresti approfondire ma non puoi. Però c’è parecchio lavoro dietro. Molti pensano che fare il bibliotecario sia come mettere i prezzi sui libri nei grandi magazzini. In realtà, implica una serie di attività: dalla catalogazione dei documenti alla scelta impegnativa degli acquisti, che occupa gran parte del mio tempo, al servizio all’utenza, affinché sappia orientarsi nei nostri spazi e usare il catalogo. Tanti arrivano da noi anche solo per parlare, perché c’è molta solitudine in giro. A volte ti portano dei pensieri a Natale, oppure alcuni asilanti africani vengono in biblioteca per scrivere mail a casa. Ci sono anche persone, diciamo, un po’ strane: chi chiede sempre lo stesso libro, ogni volta, oppure chi dice di essere “perseguitato” da qual-


L’urne de’ forti di Roberto Roveda; fotografie di Reza Khatir


Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Locarno ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI e il CISA a Lugano. www.khatir.com


Ci incontreremo ancora quando riconoscerò il battito del tuo cuore tra migliaia di battiti oltre il tempo di una vita “Il viaggiatoreâ€?, Reza Khatir, 2012


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uogo d’incontro tra arte e memoria, il Cimitero monumentale di Milano fu creato nella seconda metà dell’Ottocento per ospitare le figure insigni del capoluogo lombardo. Concepito come un simbolo per celebrare e testimoniare ai posteri e al mondo il prestigio economico, sociale e culturale della grande Milano, oggi appare un poco sfiorito, anche se non ha perso il suo fascino Per molti milanesi è soprattutto un grande museo a cielo aperto, il luogo dove alcuni tra i più grandi artisti tra il XIX e il XX secolo si sono riuniti per confrontarsi con il tema eterno della morte. I visitatori percorrono allora i vialetti del Cimitero monumentale di Milano come in un itinerario museale: “Ecco, là c’è Medardo Rosso e più avanti Manzù. Facciamo attenzione perché rischiamo di non vedere le opere di Giò Ponti o di Lucio Fontana”, sembra quasi di sentirli dire.

Un “monumento” per celebrare Milano Certo, il Monumentale si può affrontare anche in questo modo, senza approfondirne troppo l’essenza. Che è quella di una grande opera realizzata con un preciso obiettivo civile e celebrativo. È un’asserzione di orgoglio civico in una Milano che si stava scoprendo grande città in piena ascesa economica e sociale nella seconda metà dell’Ottocento. L’Italia è appena

diventata “una e indivisibile” – la Lega nord in terra lombarda è ancora molto in là da venire – e la borghesia meneghina sente di poter svolgere un ruolo determinante per portare il nuovo stato nel gotha europeo. Milano è la locomotiva d’Italia e alla guida della locomotiva ci sono loro, i milanesi. Tre anni dopo l’unificazione italiana, nel 1864, la grande borghesia milanese decise che palazzi, vie lastricate e prime fabbriche non bastavano più. Bisognava fare come nel Rinascimento, quando ogni grande dinastia aveva il suo monumento funebre nelle grandi chiese cittadine. Per motivi d’igiene, però, le sepolture negli edifici erano ormai vietate e allora via libera alla costruzione di un intero camposanto dove riunire le glorie cittadine dopo la loro dipartita. Non scriveva forse il Foscolo nei celebri Dei Sepolcri (1807): “A egregie cose il forte animo accendono / l’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella / e santa fanno al peregrin la terra che le ricetta”... Cosa ci poteva essere, quindi, di più significativo per celebrare il progresso della città che le tombe dei cittadini più illustri riunite tutte assieme e approntate dai migliori artisti dell’epoca? A coronamento del tutto, venne non a caso realizzato il Famedio, neologismo che nasce dal latino “famae aedes” (Tempio della Fama), la voluminosa costruzione in marmo e mattoni in stile neo-medievale (...) posta all’ingresso del cimitero.




In origine l’edificio doveva essere una chiesa, poi, nel 1870 venne trasformato – forse in omaggio allo spirito spiccatamente anticlericale che animava la borghesia dell’epoca – in un Pantheon per la sepoltura degli insigni tra gli insigni, come Alessandro Manzoni e Carlo Cattaneo. A loro veniva in un certo senso demandato il compito di vegliare sui destini della città. Illustri e meno illustri Il Cimitero Monumentale nacque quindi come luogo per i defunti, per i loro familiari, ma anche per i milanesi che potevano riconoscervi l’orgoglio cittadino. Anche se a dirla tutta, i meneghini non hanno mai mostrato tutta questa voglia di camminare tra tombe e lapidi, forse per una forma di italica e mai sradicata scaramanzia. E se ci vanno, magari è per la curiosità di scoprire che dimora per l’eternità si è regalato un Gino Bramieri o un Walter Chiari. O magari Gianfranco Funari, simbolo della televisione trash italiana una ventina di anni fa. Un tour funerario dal sapore vagamente gossip, con la possibilità di scoprire che nel Monu-

mentale riposa un gigante della musica come Arturo Toscanini, non lontano da Giorgio Gaber, e che il futurista Marinetti incrocia certami poetici con l’ermetico Quasimodo. Che Anna Kuliscioff, prima donna dell’anarchismo novecentesco, e il socialista Filippo Turati dividono la stessa terra con imprenditori come i Falck ed Ercole Marelli. Oppure che accanto a un pittore come Francesco Hayez non sfigura un fumettista come Guido Crepax. E che una delle tombe più visitate è quella di Peppino Meazza, bomber dell’Inter e della nazionale italiana quasi un secolo fa, come a dire che la passione calcistica non si ferma neppure alle porte dell’Ade. Alla fine non mancano gli incontri meno attesi – ma lo sono poi veramente, considerando che la celebrità e prestigio spesso vanno a braccetto col denaro? – come quello con la tomba di Michele Sindona, uno dei grandi mestatori nel torbido dell’Italia del secondo Novecento. Il grande faccendiere riposa nel Famedio e probabilmente vigila sulla Milano di oggi, che assomiglia certo più a lui che a Manzoni oppure a Cattaneo.


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Il pesciolino dispettoso di Fabio Martini illustrazione di Céline Meisser

Tanto, tanto tempo fa c’era

La mattina seguente faceva già un gran caldo e

un contadino di nome Beppo che tutte le mattine si recava nei campi a lavorare la terra. Intorno al mezzodì si sedeva sotto un albero e aspettava che a turno una delle sue tre figliole gli portasse da mangiare: un po’ di pane, delle olive, una caciotta e una bottiglia di vinello fresco. Un giorno di gran caldo, mentre portava il cibo al suo babbo, la sorella maggiore decise di fermarsi presso un ruscello a rinfrescarsi. Era intenta a bagnarsi le braccia quando saltò fuori dall’acqua un pesciolino piccino piccino che cercò di morderle Fiabe il naso. La ragazza, spaventata, corse a casa a gambe levate e quel giorno Beppo rimase a stomaco vuoto. La sera, tornato a casa, fece una bella ramanzina alle sue figlie. Il giorno dopo toccò a quella di mezzo ma anch’ella, giunta presso il ruscello, decise di darsi una rinfrescata. Avvicinatasi all’acqua ecco il pesciolino saltar fuori e morderle il naso. Spaventata come l’avesse azzannata un lupo, corse a casa senza portare la bisaccia col cibo al suo babbo. Quella sera, una volta ritornato a casa affamato e con un diavolo per capello, Beppo fece una gran sfuriata. “Ma che razza di figliole mi ritrovo ce lasciano il loro padre a morir di fame e sete in mezzo ai campi! E per via di un ridicolo pesce!”. Quindi, puntando il dito verso la più piccina che si chiamava Fiore, disse: “Domani tocca a te e guai se non mi porti da mangiare”. “Sicuro che te lo porto, babbino mio, a me i pesci non mi fanno paura”. “Staremo a vedere, ma se non ti vedo arrivare vi lascio tutte e tre a bocca asciutta per una settimana”.

quando Fiore giunse presso il ruscello le venne voglia di rinfrescarsi. Immaginando però che il pesce fosse pronto a morderla lanciò prima un sasso nell’acqua. Il pesciolino, ingannato dal tonfo, fece un salto e la ragazza l’afferrò al volo e lo mise dentro un secchio pieno d’acqua. “Volevi fare il furbo e invece ti ho preso”, disse tutta contenta. “Ora ti porto dal mio babbo così ti frigge”. Il pesciolino, a sentir quelle parole, come d’incanto prese a parlare. “Ti prego, ti prego, non farmi mangiare dal tuo babbo… Portami a casa con te, farò la tua fortuna”. Fiore ci pensò un po’ e poi disse: “Mi sembri un birbante, ma mi sei simpatico e mi voglio fidare”. E cosi, dopo aver portato il cibo al suo babbo, tornò a casa col secchio che nascose nel fienile perché nessuno lo scoprisse. Giorno dopo giorno il pesce diventava sempre più grande, cresceva cresceva e quando nel secchio non ci stava più chiese alla ragazza: “Ti prego portami al fiume e lasciami libero. Farò la tua fortuna”. Fiore che non sapeva cosa fare, tanto grande era diventato, lo portò al fiume e proprio mentre stava per gettarlo in acqua il pesce le si rivolse con queste parole: “Ti lascio tre doni. Tutte le volte che piangerai le tue lacrime si trasformeranno in perle. Tutte le volte che ti farai le trecce dai tuoi capelli scenderanno chicchi d’oro e quando avrai fame basterà che ti lavi le mani e subito la tua sacca si riempirà di ogni ben di Dio”. Salutato il pesce la ragazza tornò verso casa. Passarono i mesi e su quelle terre si abbatté una terribile carestia: i campi erano secchi, gli animali morivano e non c’era più nulla da man-

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giare. Ma in casa di Beppe e in quella dei suoi amici e parenti la fame nessuno la conosceva: ogni giorno, infatti, Fiore preparava una gran quantità di cibo per tutti.

Il

brigante Puzzapè venne a sapere che nella contrada in cui abitavano Beppo e le sue figliole nessuno pativa la fame e allora, avido com’era, si mise a spiare quello che succedeva in casa del contadino. Scoperto che Fiore doveva possedere qualche dote magica, una notte arrivò coi suoi sgherri e la rapì. Per essere sicuro, la chiuse in una torre e ogni giorno saliva da lei. “Carina, qui si muore di fame. I miei uomini sono parecchio nervosi e tu sai come trovare il cibo, quindi datti da fare… altrimenti non vedrai più né tuo padre né le tue sorelle”. Ma Fiore, che di Puzzapè non aveva paura, stava ben lontana dall’acqua e piuttosto pativa la fame. Ora, dovete sapere che la torre in cui era rinchiusa dava sul giardino del figlio del re. Una mattina, col cuore pieno di tristezza, Fiore si affacciò alla finestra e dai suoi occhi cominciarono a scendere grosse lacrime che cadendo si trasformarono in perle. Il giardiniere scoperto quello strano mucc h iet to di perle decise di avvertire il principe che, incuriosito, il giorno se-

guente si nascose dietro una siepe per scoprire la ragione di quello strano fenomeno. Quel giorno Fiore era più annoiata che triste e si mise alla finestra a farsi la treccia. Dai suoi capelli iniziarono a scendere chicchi d’oro. Sorpreso da quella visione e dalla bellezza della ragazza, il principe corse subito dall’indovino di corte a cui raccontò l’accaduto. Il vecchio mago non parve per nulla sorpreso anzi, fece un gran sorriso. “Corri, corri subito a liberarla con le tue guardie”, disse al principe, “quella che hai visto è la tua futura sposa. È lei che farà di te un re saggio e amato. Perché con lei al fianco nessuno patirà più la fame e le conseguenze delle carestie”. In un batter d’occhio Fiore fu liberata, Puzzapè e i suoi compagni gettati in carcere, e la settimana successiva vennero celebrate le nozze con gioia di tutti. Una volta diventata regina, Fiore produsse cibo per quelli che ne avevano bisogno e fece del suo regno uno dei luoghi più prosperi della Terra. Almeno, a quanto mi ha raccontato un mercante che in tempi lontani si trovò ad attraversare quelle contrade…


per saperne di più www.mbfashiondays.ch sito ufficiale dei Mercedes-Benz Fashion Days Zürich

Fashion Days 2012 a Zurigo

porte Aperte

per l’acquisto dei biglietti www.mbfashiondays.ch/tickets

Tendenze p. 48 | testo e fotografia di Peter Keller

A

Un momento dell’edizione 2011

vete mai desiderato assistere a una sfilata di alta moda? Una di quelle con i grandi stilisti e con modelle famose? A Zurigo ora si può. Quattro fantastiche giornate dedicate alla moda attendono il pubblico svizzero. Dal 7 al 10 novembre 2012 Zurigo si trasforma in una metropoli della “haute couture” e offre un calendario variegato e appassionante presentando le nuove collezioni per la prossima primavera/estate. Mentre simili sfilate di Milano, Parigi, Londra o New York sono riservate unicamente a personalità invitate e a operatori del ramo, i Fashion Days di Zurigo sono anche aperti al pubblico. Semplicemente acquistando un biglietto, ci si può immergere nel lussuoso e affascinante mondo della alta moda con i suoi ricevimenti, le sfilate e molti eventi collaterali. Durante la serata di apertura di mercoledì 7 novembre si esibirà il gruppo rock svizzero dei Pegasus, mentre per la International Closing Night di sabato 10 novembre è previsto un intervento della cantautrice britannica Kyla La Grange. A Zurigo si potranno ammirare i lavori di grandi stilisti internazionali come l’americana Charlotte Ronson che presenterà la sua nuovissima collezione estiva 2013, o Arzu Kaprol di Istanbul, ma anche Barbara Bui, Dawid Tomaszewski, Dimitri, Mila Schön, Angelos Bratis, Marco De Vincenzo e MSGM di Massimo Giorgetti. E pochi giorni prima dell’evento sarà svelato il nome

di uno dei più gettonati stilisti su piano mondiale. Naturalmente non mancheranno i rappresentanti del design svizzero. Tutte personalità che hanno già dato prova della loro bravura e presenti nei grandi eventi di moda. Per esempio, lo zurighese Marc Stone, vincitore nel 2011 del “Premium Designer Award”, la cui collezione maschile è caratterizzata da un look fresco e innovativo. Saranno pure presenti, già per la terza volta, anche Sabine Portenier e Evelyne Roth, due rinomate stiliste di Thun, con nuovi e affascinanti modelli creati con grande passione per il dettaglio e prodotti nel tessuto artigianale della loro regione. Le creazioni con il marchio Portenier-Roth sono diffuse su scala internazionale. Oppure Javier Reyes, anche lui già presente in manifestazioni passate. Nato in Messico, lavora oggi nel suo atelier a Berna. Le sue fonti di ispirazione sono l’architettura e la monumentalità e le sue creazioni, un misto di influenze messicane combinate con gli stili tradizionali svizzeri, hanno già entusiasmato il pubblico di numerose sfilate. Ma anche Kazu, figlia di madre giapponese e di padre svizzero, che dopo aver assolto i suoi studi di arte ed estetica presso l’Università Kaio a Tokio ha perfezionato la sua formazione presso la Zürcher Hochschule der Kunst e presso il famoso Central Saint Martins College of Art di Londra. Kazu Huggler presenta a Zurigo la sua collezione estiva 2013. Nel corso della serata di giovedì 8 novembre si svolgerà il nono “Annabelle Award”. Un premio dedicato ai giovani talenti delle scuole di moda svizzere offerto dalla rivista zurighese “Annabelle”. I Mercedes-Benz Fashion Days, il più prestigioso evento di alta moda in Svizzera, quest’anno non solo svolge le sfilate in un unico luogo, ma offre pure una vasta serie di manifestazioni collaterali distribuite su tutta la città. In effetti tutte le sfilate e i principali spettacoli avranno luogo presso il Schiffbau a Zurigo mentre in varie botteghe del centro città si potranno ammirare e acquistare i nuovi modelli. E in diversi rinomati ritrovi notturni zurighesi si sviolgeranno i party “dopo-spettacolo”. Accanto allo Schiffbau, sabato 10 novembre sarà pure allestito uno showroom, nel quale verranno esposte le attuali collezioni degli stilisti svizzeri. Interessati alla moda potranno così gettare di persona un’occhiata alle tendenze dell’abbigliamento del prossimo anno. L’entrata quì è libera. Tutto l’evento è organizzato da IMG (Schweiz) AG, società affiliata di IMG, un’agenzia specializzata nella commercializzazione di grandi eventi sportivi e di intrattenimento in tutto il mondo.


Edifici vegetali Abitare p. 49 | di Francesca Ajmar

La paglia è ciò che rimane dei cereali dopo la trebbiatura, ma presenta caratteristiche interessanti da un punto di vista costruttivo. Mescolata con argilla e sabbia e fatta essicare al sole, viene utilizzata da tempo immemore per fabbricare i mattoni in “adobe”: le abitazioni di Çatalhoyük in Anatolia, città del VII millennio a.C., erano realizzate con questo materiale così come la città di Shibam (Yemen) con edifici anche di nove o dieci piani. Come materiale costruttivo in sostituzione di legno o pietra, la paglia venne introdotta nella seconda metà dell’Ottocento dai pionieri del Nebraska (USA), proprio per l’economicità e la facile reperibilità, abbinandola a strutture portanti lignee e a intonaci in terra cruda, ovvero come materiale di tamponamento delle pareti sia esterne sia interne. Dagli Stati Uniti questa tecnica costruttiva venne esportata già all’inizio del XX secolo in Europa, soprattutto in Gran Bretagna, Francia e Nord Europa, e attualmente si assiste a un forte interesse verso questo materiale, molto indicato sia per il risparmio energetico che per la semplicità costruttiva. Nel Vecchio Continente cadde in disuso all’inizio del XIV secolo, forse per il rischio di incendi e la contemporanea diffusione del laterizio. In realtà è uno dei materiali maggiormente resistenti al fuoco (R90), come dimostrato da prove sui materiali eseguite dal Politecnico di Braunschweig (D). I muri in paglia sono infatti realizzati con ballette prismatiche, lunghe dai 90 ai 120 cm, che vengono impilate e ulteriormente compresse. Questo significa che il muro in paglia viene precompresso attraverso macchinari specifici, e ulteriormente “sigillato” dall’intonaco, che ha all’incirca uno spessore di 3 cm. In tal modo il muro, se da un lato non è attaccabile da roditori e da altri animali, al tempo stesso mantiene le proprie caratteristiche di traspirabilità, rendendo così gli ambienti interni più salubri. La paglia inoltre è un materiale anallergico, a differenza di quanto avviene col fieno.

Sostenibilità, ecologia e bassi consumi Le case in paglia sono a tutti gli effetti case ecologiche, che utilizzano una serie di sistemi e di tecniche di ultima generazione per ottimizzare i consumi energetici e migliorare la qualità abitativa. Le balle di paglia infatti assorbono il calore del sole in inverno e lo rilasciano lentamente, riducendo così di molto i costi per il riscaldamento, mentre in estate funzionano naturalmente come materiale isolante, evitando l’utilizzo di condizionatori meccanici. In California, per esempio, è stata realizzata una casa unifamiliare in cui l’abbinamento dei muri in paglia con i pannelli solari sul tetto fa sì che in inverno la temperatura interna non scenda mai al di sotto dei 15,5 °C, mentre in estate non si superano i 23 °C. Un progetto molto interessante viene portato avanti da qualche anno dall’Università di Bath (UK), che ha costruito una piccola abitazione in paglia, costantemente monitorata a livello energetico. I dati sono talmente positivi, che cominciano a esserci dei progetti piuttosti importanti sull’utilizzo di questo materiale, soprattutto in campo residenziale. L’autoportanza e l’ottima resistenza antisismica, oltre alla elevata resistenza al fuoco, fanno sì che vi siano in corso diversi progetti per la realizzazione di unità abitative in paglia in zone sismiche. Con l’uso di balle di paglia si può risparmiare dal 50% al 75% sulla spesa per le murature, e non sono pochi gli esempi a oggi di case realizzate in “autocostruzione”, con indubbi vantaggi economici ed enorme soddisfazione per gli “autocostruttori”. Vi consiglio, se volete informarvi maggiormente, di visitare il sito dell’architetto Felix Jerusalem di Zurigo (www.strohhaus.net; nell’immagine un suo edificio) oppure quello in lingua italiana www.edilpaglia.it, con esempi concreti di opere realizzate con questa tecnica nella vicina Penisola (a oggi circa una trentina).

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Inizia un periodo di verifiche in cui dovrete confrontarvi in ordine alla bontà di ogni vostra convinzione esistenziale. Con il tempo vi troverete a scartare le scelte non compatibili con la vostra reale essenza.

Il mese inizia con un calo di energie provocato, oltre che dai transiti stagionali (del Sole), anche da Saturno. Non siate severi con voi stessi e con gli altri. Ragione e sentimento sono spesso incompatibili.

Vi sentite energici, disposti a comunicare al mondo ogni vostra nuova emozione. Con Marte e Mercurio in opposizione possibili ripercussioni sui rapporti di coppia, della serie: “non mi guardare che mordo”.

Date spazio alla creatività. Non tentennate nelle decisioni. Il treno a volte passa più veloce del previsto. Cambiamenti professionali per i nati nella prima decade riconducibili al passaggio di Urano.

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Novembre inizia in maniera vigorosa e appassionata. Grazie al trigono con Marte vi scoprirete audaci e intraprendenti. Malinconia per i nati nella prima decade provocata dalla quadratura Sole - Saturno.

Controllate l’irascibilità. Correte il rischio di convertire ogni vostra criticità in una vertenza legale. Sfogatevi con lo sport. Acquisti in beni voluttuari e prodotti di bellezza per i nati nella prima decade.

Saturno non c’è più. Dopo quasi trent’anni si è liberato di voi. Attenti a canalizzare in maniera corretta gli imprevedibili effetti del transito di Urano. Cercate soluzioni geniali. Bene le seconde decadi.

Con il transito di Saturno per i nati nel segno si apre una fase nuova. Questo è il momento per compiere un’analisi interiore di quanto siate effettivamente in linea con il vostro “sé superiore”. Incontri clandestini.

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Il mese inizia con una iniezione di “sprint” e con un accentuato dinamismo. Marte vi spinge a pensare alla grande. Ma state attenti con Giove in opposizione: è difficile riuscire a controllare le proprie ambizioni.

Se non temete i cambiamenti, partendo da oggi, potrete costruire qualcosa di duraturo. Intemperanze per i nati in dicembre provocate dal transito di Venere nella decima casa solare. Attenti agli eccessi alimentari.

Iperattivismo nel sociale. Con l’ingresso di Saturno ogni sfida professionale si fa decisa. Se sarete determinati potrete raggiungere qualunque tipo di meta, altrimenti… non vi resta che andare in caduta libera.

Possibili sogni premonitori. Il mistero si rende più eccitante. Incontri con persone dotate di un certo carisma. Vita professionale ricca di progetti per i nati nella prima decade. Tensioni per i nati nella seconda.

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Orizzontali 1. La frequentano i goliardi • 10. Avversari • 11. Negazione bifronte • 12. Quello... di santo è poco raccomandabile! • 13. Certo senza limiti • 14. Zie a Madrid • 15. Lo redige il notaio • 16. Il colore della gelosia • 18. Un graduato • 19. La tesse anche il ragno • 20. Lubrificano • 21. Carme lirico • 23. Oriente • 25. I confini di Locarno • 26. Mezzo granello di pepe • 27. Congiunzioni • 29. Ha scritto “Il mulino sulla Floss” • 31. Pasto serale • 33. Mascara • 35. Proprio così! • 36. Consonanti in dieta • 37. Nel bel mezzo di un culto • 39. Sta per “orecchio” • 41. Un vile delatore • 43. Il frutto del rovo • 45. La Ville Lumière • 46. Lo cura l’ortopedico • 48. La dea greca dell’aurora • 49. Abituali, ordinari • 52. I confini di Bodio • 53. Delfino di fiume • 54. Cieche. Verticali 1. Noto film del 2000 diretto da Mimi Leder • 2. Una voce del tennista • 3. Emulate • 4. Un derivato dell’etilene • 5. Più che ottimo! • 6. Fiumiciattolo • 7. Incapace • 8. Sono ottimi anche in brodo • 9. Il nome di Vivaldi • 17. Vi sosta la carovana • 22. Crimine efferato • 24. Un colpo all’uscio • 27. Fa parte del sesso forte • 28. Fu re di Pilo • 30. Le iniziali di Montanelli • 32. Entrata, adito • 34. Un ingrediente del birraio • 38. Il nome della Zoppelli • 40. Li consulta chi parte • 42. La sposa di Anfione • 44. Quella bianca è da taglio • 47. Mezza tara • 50. Cono centrale • 51. Italia e Romania.

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 46

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 8 novembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 6 nov. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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La soluzione del Concorso apparso il 19 ottobre è: ASSAGGIO

Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono stati sorteggiati: Mario Lepori 6500 Bellinzona Gabriella Balicki 6563 Mesocco (GR) Aldo Consonni 6900 Lugano

Ai vincitori facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “GB Galleria Baumgartner” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta RailAway FFS “GB Galleria Baumgartner” da scontare presso una stazione FFS in Svizzera. Ulteriori informazioni su ffs.ch/railaway-ticino

GB Galleria Baumgartner Il museo del fermodellismo in Ticino La Galleria Baumgartner di Mendrisio espone permanentemente circa 8000 modelli ferroviari in prevalenza artigianali in ottone, come anche diorami e plastici, modelli navali e di automobili. Si tratta di un museo adatto sia alle famiglie sia agli appassionati di modellismo. Una parte importante dell’esposizione è dedicata ai trenini di latta, tra i quali una collezione completa di trenini giocattolo provenienti da tutta la svizzera.

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IL CONCORSO A PREMI DELLA MIGROS PIÙ GRANDE DI TUTTI I TEMPI

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Collezionando gli adesivi puoi vincere 1 di 50 veicoli di nuovissima generazione! 23 ottobre – 24 novembre 2012. Maggiori informazioni e partecipazione gratuita su www.migros.ch/megawin. I set di adesivi e gli album per la raccolta sono disponibili presso:


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