№ 45
del 9 novembre 2012
con Teleradio 11 – 17 novembre
Economia
L’EffETTo
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Ticinosette n° 45 del 9 novembre 2012
Impressum Tiratura controllata 70’634 copie Chiusura redazionale Venerdì 2 novembre Editore Teleradio 7 SA, Muzzano Redattore responsabile Fabio Martini Coredattore Giancarlo Fornasier
Arti Miniartexil. Trame d’arte
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Stefania bRiccola
di
Società Cultura e nuove tecnologie. Derive digitali Media Licia Colò. Melassa esotica
Pensieri Cartesio. Nelle carte e nelle spade Vitae Markus Zohner
di
RobeRto Roveda
di
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lauRa di coRcia . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
eugenio KlueSeR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
di
di
fRanceSca Rigotti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
KeRi gonzato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Reportage Madonne palestinesi
di
aglaia HaRitz . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Luoghi Ascensori. Saliscendi metallici di
di
MaRco JeitzineR . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
lotHaR & MicHa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Kronos Kaliningrad/Königsberg. La città doppia
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
di
fabiana teStoRi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Tendenze Apparecchi fotografici. La Leica (prima parte)
di
luca MaRtini . . . . . . . . . . . . . . .
Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs Stampa (carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona Pubblicità Publicitas Publimag AG Mürtschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich Tel. +41 44 250 31 31 Fax +41 44 250 31 32 service.zh@publimag.ch www.publimag.ch Annunci locali Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch In copertina Franco vs Euro Illustrazione di Antonio Bertossi
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Graphic Novel Carpe diem
Photo editor Reza Khatir
Fotografie di Reto Albertalli Matteo Aroldi Giosanna Crivelli Ivana De Maria Matteo Fieni Peter Keller Reza Khatir Flavia Leuenberger Igor Ponti Jacek Pulawski Didier Ruef Katja Snozzi
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Agorà Mercati. La Svizzera e il destino dell’euro
Cruciverba / Concorso a premi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Guardiamo oltre A partire da questa uscita, Ticinosette propone ai lettori una nuova rubrica: si tratta di “Graphic novel”, la combinazione di brevi testi e illustrazioni . Una novità su queste pagine, ma certamente non una nostra invenzione . Il domenicale “il caffè”, per esempio, ha introdotto in passato questo modo di comunicare, riprendendo ciò che da anni viene presentato sulla stampa internazionale . Ottimi esempi di graphic journalism e graphic novel si trovano, per esempio, tutti i venerdì sul settimanale “Internazionale”, che raccoglie e traduce quanto proposto dai giornali di mezzo mondo . Queste nuove pagine – che di volta in volta vedranno coinvolti autori e illustratori diversi, sia per stile sia per contenuti originali – sono state volute per dare ai collaboratori ulteriore spazio e un nuovo contenitore nel quale esprimere liberamente la loro ricerca stilistica, spesso “sottomessa” a esigenze editoriali e di comunicazione che per forza di cose vincolano la loro creatività . Come molti di voi si saranno accorti, questo settimanale collabora sovente con autori
giovani, in particolare per quanto riguarda la parte visiva . E forse non è un caso che la rivista negli ultimi anni sia stata in grado di catturare l’attenzione anche delle nuove generazioni . È infatti opinione diffusa credere che Ticinosette sia una pubblicazione per persone “in là con gli anni” e magari poco portate all’utilizzo di pc, tablet e affini . Niente di più lontano dalla realtà: seppur in un contesto editoriale molto difficile per tutte le testate (e che vede anche in Ticino rimessi in gioco gli equilibri dei mezzi di informazione tradizionali), recenti indagini di mercato (RSI/Demoscope, REMP) mostrano come gli “under 30” rappresentino una percentuale molto importante dei nostri numerosi lettori, che apprezzano la rivista per quello che è: un contenitore trasversale di idee e opinioni, per chi ascolta la radio e guarda la TV, ma anche per coloro che si dedicano ad altro, amano leggere ed essere informati . La pluralità e la libertà di stampa, insomma, passano anche da queste pagine . Buona lettura, Giancarlo Fornasier
Prossimo appuntamento con il pubblico sabato 10 novembre, ore 18.30
Spazio ai giovani la redazione di Ticinosette e alcuni collaboratori
Museo Casa Cavalier Pellanda, Biasca L’esposizione “12 x 7” rimarrà aperta fino al 30 dicembre 2012 Il catalogo della mostra è edito da EdizioniSalvioni, Bellinzona
La Svizzera e il destino dell’euro
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Agorà
Il destino dell’euro è già segnato? Gli scricchiolii che giungono da Eurolandia preludono al crollo o sono semplici movimenti di assestamento? E alla Svizzera l’euro conviene? Domande complesse a cui anche gli esperti di economia di casa nostra faticano a dare una risposta univoca
di Roberto Roveda
L
e difficoltà che sta vivendo in questi ultimi anni l’euro hanno delle conseguenze anche sull’economia svizzera. In tempi di crisi, infatti, il franco svizzero, come accade per l’oro, è considerato dagli investitori un valore rifugio. I continui acquisti da parte di investitori e speculatori di franchi rafforzano la nostra moneta rispetto alle altre divise in quel momento sotto pressione, come l’euro negli ultimi tempi. Così tra l’agosto 2008 e l’agosto 2011, il franco si è apprezzato del 44% nei confronti della moneta unica europea con ricadute negative sulle nostre esportazioni e sul turismo. La Banca nazionale svizzera (BNS) è intervenuta spesso, in questo periodo, per frenare l’apprezzamento del franco fino a che nel settembre del 2011 ha annunciato la decisione di fissare la soglia di 1,20 franchi quale limite sotto il quale non deve scendere l’euro. Per mantenere questo tasso, la BNS si è detta disposta ad acquistare una quantità illimitata di valute estere, una politica che ha portato solo per il 2011 a un esborso di 17,8 miliardi di franchi. Una decisione costosa, che rischia di dover fare i conti con una moneta unica europea che fatica a ritrovare la salute. Di quello che sta accadendo all’euro e di come la Svizzera ne risulti influenzata abbiamo voluto parlare con due esperti che quotidianamente monitorano il panorama economico europeo e nazionale: Sergio Rossi, professore di economia all’università di Friburgo, e Alfonso Tuor, giornalista economico. A entrambi abbiamo rivolto le medesime domande. (...)
Ruf Lanz
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25.10.12 14:02
Quale sarà a vostro parere il destino dell’euro? Sulla moneta unica è realmente impossibile fare dietro-front, come sostengono molti politici europei? Rossi: La storia mostra che l’adozione di una nuova moneta è un processo molto lungo per ragioni politiche e istituzionali, soprattutto quando essa implica diverse giurisdizioni territoriali, mentre l’abbandono di una moneta è solitamente un atto repentino, anche se le sue conseguenze negative si possono notare soltanto dopo alcuni anni. L’euro è stato introdotto per ragioni politico-economiche, perché il governo francese intendeva impedire che la Germania continuasse a imporre la propria politica monetaria agli altri paesi membri dell’allora Comunità europea, grazie alla forza del Deutschmark. Se si reintroducessero le monete nazionali in una parte o nell’insieme della zona euro, o se i paesi membri di questa zona si suddividessero in due aree monetarie diverse, diciamo un euro del Sud e un euro del Nord, si farebbe un salto nel buio con svariati costi sia a breve sia a lungo termine per ciascun paese, senza alcuna garanzia che la situazione di ordine socio-economico possa essere migliore, in fin dei conti, rispetto alla situazione attuale, che ossi in molti di questi paesi continua a peggiorare.
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Agorà
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degli stati che richiederanno l’intervento della BCE sul mercato secondario dei titoli pubblici. Si tratta di un problema duplice, in quanto concerne sia il sistema economico dei paesi già duramente colpiti dalla crisi sia la BCE, che nel caso avrebbe nel proprio bilancio un volume crescente di titoli il cui prezzo diminuirebbe di pari passo con l’aggravarsi della situazione economica. Gli annunci e gli interventi della BCE sono dunque un cerotto posto su una ferita che continua a sanguinare. Non è certo premendo sul cerotto che l’emorragia potrà essere bloccata. Si tratta unicamente di un mezzo per avere un po’ più di tempo per curare il paziente, nella speranza che i medici, cioè i governi nazionali, raggiungano un accordo risolutore, prima che sia troppo tardi. TuoR: Io credo che gli interventi della BCE siano soltanto dei tamponi: non basta questa politica di calmierare gli spread rivolta unicamente ai paesi che fanno richiesta di aiuto. I governi di Spagna e Italia, per esempio, non hanno nessuna intenzione di sottoporsi a un tale tipo di onta politica. Il problema di fondo è che in Europa ci sono realtà economiche estremamente diverse, difficilmente compatibili sotto un’unica politica monetaria. A questa situazione si aggiunge un’aggravante: un clima internazionale non favorevole. Un contesto internazionale di crescita, infatti, potrebbe favorire l’uscita da questa crisi grazie, per esempio, all’aumentare delle esportazioni: se America e Cina crescessero fortemente ne risentirebbe positivamente anche l’Europa. Purtroppo, però, sta accadendo l’esatto contrario, anche questi paesi vivono una fase di rallentamento e così neanche la congiuntura internazionale risulta propizia per l’Europa.
: Gli interventi della BCE sono un cerotto su una ferita che continua a sanguinare. Si tratta unicamente di un mezzo per avere un po’ più di tempo per curare il paziente, nella speranza che i medici, cioè i governi nazionali, raggiungano un accordo risolutore, prima che sia troppo tardi”
TuoR: Io sono convinto che il destino dell’euro sia segnato. Non posso prevedere i tempi, ma l’euro si spaccherà perché il problema è più complesso di quanto sembri: non si tratta “semplicemente” degli eccessivi debiti pubblici dei paesi deboli dell’Europa, ma anche dell’enorme differenza di competitività tra paesi europei forti e paesi deboli. I paesi deboli hanno oggi un duplice compito: risanare le finanze pubbliche e tornare a essere competitivi, compito improbo e insostenibile data la situazione di recessione, di politiche di austerità. L’euro per questi paesi è tanto nocivo quanto necessario: da una parte è una camicia di ferro che non lascia loro libertà di movimento, dall’altra è una prerogativa imprescindibile perché un paese debole che esce dall’euro si ritrova da solo con tutto il proprio debito, che è il debito delle famiglie, delle imprese. Lo sa bene la Grecia, che a questa possibilità ci ha pensato, ma l’ha subito respinta, perché si è resa conto che si trattava di un azzardo politico troppo grande. Se a fare dietrofront fosse invece un paese forte la situazione sarebbe molto diversa: potrebbe uscire dall’euro senza conseguenze di grossa portata per la propria economia. In questa ottica è necessario seguire con attenzione il dibattito che è in corso in Germania dove, a differenza che in Italia, si comincia a discutere sull’analisi costi-benefici della moneta unica, ci si chiede cioè se il tentativo di salvaguardare l’euro porti più vantaggi o più svantaggi. Che cosa pensate dell’attuale politica della Banca centrale europea (BCE) tesa alla salvaguardia dell’euro? Rossi: Le dichiarazioni che il presidente della BCE, Mario Draghi, ha fatto nei mesi di agosto e settembre hanno avuto l’effetto di ridurre gli scarti tra i rendimenti delle obbligazioni emesse dai diversi stati membri della zona euro. Se questo calo sarà confermato nel corso dei prossimi mesi, gli stati in difficoltà finanziarie potranno pagare meno interessi sul debito pubblico, liberando così delle risorse per sostenere l’attività economica nel loro paese. Il problema cruciale resta però l’imposizione di ulteriori misure di austerità da parte
Oggi l’autorità monetaria svizzera sta comprando euro per mantenere il cambio euro/franco sopra la soglia minima di un franco e 20 centesimi. Come valutate questa politica monetaria? Rossi: L’annuncio dell’introduzione di una soglia minima di cambio da parte della BNS, il 6 settembre 2011, ha avuto un effetto notevole nei mercati valutari. Questo effetto durerà fintanto che la credibilità della BNS resterà elevata. Il regime di cambio scelto dall’autorità monetaria elvetica, tuttavia, è fragile, in quanto dipende dall’evoluzione della situazione economica nella zona euro, su cui né la BNS né la Svizzera hanno gli strumenti per agire. Inoltre, le ripercussioni negative per l’economia svizzera di una politica monetaria orientata alla stabilità del saggio di cambio, anziché alla stabilità economica e finanziaria nel nostro paese, si manifesteranno soltanto tra alcuni anni, quando una percentuale rilevante di debitori ipotecari non riuscirà più a pagare una parte o la totalità delle proprie rate sui mutui, a maggior ragione dopo l’adeguamento al rialzo dei tassi di interesse in Svizzera. Vi saranno pertanto dei problemi notevoli sia per il settore bancario elvetico sia per il resto dell’economia nazionale, dato che il ramo delle costruzioni nel campo immobiliare genera un indotto importante per tutto il paese. Inoltre, molte piccole o medie imprese non hanno approfittato del tempo che hanno avuto a disposizione grazie all’adozione di una soglia di cambio minimo al fine di riorientare la loro attività produttiva in svariati modi per ridurre le conseguenze per loro negative generate dall’apprezzamento del saggio di cambio del franco svizzero.
Tuor: A mio parere non c’era altra possibilità per la Svizzera, che rischiava una deflazione, un abbassamento generale dei prezzi, se l’euro avesse continuato a perdere terreno sul franco. Le conseguenze negative si sarebbero riversate soprattutto sulle molte industrie svizzere che esportano all’estero, che avrebbero avuto uor serie difficoltà di sopravvivenza. È stata quindi una scelta obbligata: credo che finché l’euro resterà nella sua forma attuale la Banca nazionale sarà costretta a perseguire questa politica, non priva di rischi. La grande quantità di franchi che stampa per frenare l’ascesa dell’euro e quindi questa politica monetaria fortemente espansiva facilita, infatti, la concessione di crediti a tassi molto bassi che possono alimentare la formazione di una bolla nel nostro mercato immobiliare
Se la zona euro fosse in parte o completamente smantellata, la reintroduzione di una o più monete nazionali in questa zona implicherebbe un lungo periodo di instabilità valutaria, con conseguenze negative per gli scambi commerciali attraverso le frontiere monetarie.
“T : L’introduzione della soglia minima di cambio è stata una scelta obbligata, anche se non priva di rischi. La politica monetaria fortemente espansiva della nostra Banca nazionale facilita infatti la concessione di crediti a tassi molto bassi che possono alimentare la formazione di una bolla nel mercato immobiliare”
L’euro offre vantaggi alla Svizzera oppure sarebbe meglio ritornare ad avere rapporti con paesi che hanno monete nazionali diverse? rossi: La Svizzera ha beneficiato della moneta unica europea nella misura in cui il saggio di cambio tra l’euro e il franco è rimasto relativamente stabile nel corso dei primi dieci anni di Eurolandia. Per le imprese orientate al commercio internazionale, in effetti, la stabilità dei saggi di cambio conta molto più del loro livello.
Tuor: Per la Svizzera, parlo soprattutto della Svizzera italiana, l’avvento dell’euro è stato agli inizi indubbiamente positivo. Ricordo che prima della moneta unica si aveva a che fare con una lira italiana che si svalutava piuttosto frequentemente. L’euro ha dato stabilità alla moneta usata in Italia e questo cambiamento ha portato indubbi benefici all’economia ticinese e in generale all’economia svizzera. Li ha portati finché non è scoppiata la crisi dell’euro: ormai non siamo più nelle condizioni di avere vantaggi se l’euro risulta debole e instabile, anzi, ci sono diverse conseguenze negative. Per esempio, ne risentono l’industria in primis le esportazioni e il turismo, che oggi attraversa una fase di notevole difficoltà; ne risentono anche i commercianti, perché gli svizzeri tendono a fare acquisti oltre frontiera dove trovano beni a prezzi più convenienti, mi riferisco al cosiddetto “turismo della spesa”. Non c’è dubbio, lo stato in cui si trova l’euro non è favorevole neanche per noi.
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Trame d’arte Opere di piccole dimensioni, grandi installazioni, performance e momenti di confronto con il pubblico fanno di Miniartextil un’agorà dei nostri giorni aperta sul mondo di Stefania Briccola
Arti
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La ventiduesima edizione della rassegna internazionale di fa uso di fili, mosconi azzurri, semi e di un barbagianni impaarte tessile contemporanea, a cura di Luciano Caramel – in gliato, e L’estasi di Santa Teresa del portoghese David Miguel corso a Como fino al 18 novembre negli spazi di Villa Olmo; Oliveira che con la nuda poesia del filo di ferro cerca di cogliere www.miniartextil.it – si ispira al luogo di incontro e della vita l’espressione dell’omonima scultura del Bernini. Di grande sugpubblica nella città greca e pone al centro lo spettatore. I 54 gestione è il Leopardo nebuloso della giapponese Naholo Kojima, minitessili qui esposti rappresentano il cuore della mostra una scultura lunga due metri e mezzo tagliata da un pezzo ideata e organizzata da Nazzarena Bortolaso e Mimmo Totaro di carta unico secondo l’antica tradizione del Sol Levante. Il dell’associazione culturale rumeno Martin Emilian “Arte&Arte”. Balint in Sun being preLe opere in concorso, di senta una serie di grandi e 20x20 cm, sono state secoloratissimi origami che lezionate da una giuria di interagiscono con lo spetesperti fra 354 complestatore mentre la norvesive provenienti da 46 gese Tonje Hoydahl Sorli paesi. Tra questi piccoli con A critical culmination, capolavori spiccano le riprendendo immagini di trame sottili e rarefatte cartoons disneyani, s’indi Trasparenza della ticiterroga sul femminismo nese Laura Mengani alla e su questioni di genere; quale è andato il Premio l’inglese Richard SweeArte&Arte. Mentre l’italianey propone Column, na Flavia Eleonora Micheuna scenografica cascata lutti con Primavera araba plissettata in carta, e la Claire Morgan, Here is The End of All Things, opera esposta a Miniartextil 2012 revolution ha conquistato trevisana Patrizia Polese il Premio Montrouge e il racconta un Presente raregiapponese Naoe Okamoto con A weed ha vinto il Premio An- fatto con materiali squisitamente tessili. Nel teatrino di Villa tonio Ratti. Poi ci sono Earthghosts della zurighese Katharina Olmo si incontra poi la complessa installazione Medea, dalla Della Chiesa e Agorafobia della ticinese Gerda Ritzmann. Bella Donna alla Donna Ultima della francese Mahè Boissel. Si tratta di un insieme di cinque opere sul ruolo della donna Intrecci internazionali nella società incentrate su uno dei personaggi più celebri e Nei magnifici saloni della storica dimora affacciata sul lago di controversi della mitologia greca. Como si incontrano anche le grandi installazioni site-specific Alla fine del percorso espositivo non sfugge allo sguardo Il realizzate da artisti provenienti da tutto il mondo. All’ingresso, rovescio del volume di Yasuaki Onishi che ha appeso al sofnell’atrio, alzando lo sguardo verso la cupola si incrocia Plexus fitto con numerosi fili di colla una monumentale struttura n.19 del texano Gabriel Dawe che nei fili tesi fra i balconi elastica e trasparente. Altre sedi completano l’agorà di Misoprastanti fa risplendere intriganti riflessi di colori simili niartextil che idealmente si estende sul lago, nel parco di a proiezioni di luce. Segue un crescendo di opere di grande Villa Carlotta a Tremezzo con l’installazione di Irene Anton impatto come Agorà Como, la futuristica stampa fotografica su posizionata fra i tronchi e gli alberi secolari, e alla città di tessuto di Francesco Corbetta dedicata alla piazza principale Como, in Camera di Commercio, dove c’è Gaia di Natalie della città del Lario, la Soffice stanza di gomma del vicentino Boutte, una dea madre rappresentata nel bassorilievo di carta Federico Errante che realizza una sorta di camera della memoria con l’Africa, culla dell’umanità. Il dibattito è proseguito negli e Division del giapponese Kiyonori Shymada che, sul filo del incontri proposti a Villa Olmo nel corso della mostra: appunricordo dell’esistenza nello scorrere perenne delle cose, vi con- tamenti con il cinema, a cura di Alberto Cano; didattica per duce in un imponente corridoio ricavato tra muri di nylon. bambini e ragazzi; conferenze, come quella sull’architettura Tra le installazioni più originali si distingue Here is The End of tenutasi il 26 ottobre, con Vittorio Gregotti, Angelo Monti All Things, dell’irlandese Claire Morgan, che per l’occasione e Marco De Michelis.
www.volkswagen.ch
Golf. Das Auto. A partire dal
novembre 2[ 2.
Silhouette appiattita, linee grintose, passo allungato – elegante e dinamica, la nuova Golf non manca certo di attirare gli sguardi. E nonostante il suo equipaggiamento e i suoi sistemi di assistenza alla guida siano stati ulteriormente arricchiti, ad esempio con il sistema proattivo di protezione degli occupanti, il suo prezzo è rimasto ai livelli del modello precedente. Senza contare che la nuova Golf è dotata di serie della BlueMotion Technology. Per voi tutto ciò significa: più Golf allo stesso prezzo. Maggiori informazioni da noi o al sito www.new-golf.ch
Golf 2.0 TDI, 150 CV (110 kW), BlueMotion Technology, cambio manuale a 6 marce, 1’968 cm3. Consumo energetico: 4.1 l/100 km, emissioni di CO2: 106 g/km (media di tutte le vetture nuove vendute: 159 g/km), categoria di efficienza energetica: A.
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Derive digitali
Quanto sta rivoluzionando le nostre vite l’avvento della digitalizzazione? Molto, forse più di quello che crediamo. Un tema di grande attualità rilanciato anche nell’ultima agenda del Percento culturale Migros Ticino
di Laura Di Corcia illustrazione di Antonio Bertossi
Società
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Non lo definirei “mare magnum” perché le definizioni trite e ritrite alla lunga si opacizzano. Ma in ogni caso è vero che internet subito riporta alla mente immagini di libertà, di grandi galoppate a cavallo in pianure immense e infinite dove la rotta è decisa da chi cavalca, dove le possibilità sono molteplici e dove esistono migliaia e migliaia di percorsi non tracciati. Ma fermiamoci un attimo: l’immaginario comune ha ragione? Non è forse viziato da una sorta di miopia, che porta a sopravvalutare e soppesare con eccessiva faciloneria le questioni? Recentemente il Percento culturale Migros Ticino ha risollevato la questione proponendo, all’interno dell’agenda annuale, un agile inserto con interventi vari nel quale si riflette sul rapporto fra cultura e mondo digitale. Per approfondire l’argomento, abbiamo incontrato la responsabile Yvonne Pesenti Salazar, che ogni anno si impegna a proporre temi di discussione e riflessione. Chiediamo a lei come mai abbia deciso di affrontare questa questione e quali siano state le risposte ottenute sino a oggi. Signora Pesenti, quest’anno l’agendina del Percento culturale Migros Ticino tratta i temi della digitalizzazione; mi può tracciare brevemente il cammino che l’ha portata a scegliere questa tematica, fra le tante? Dal 1957 Migros Ticino è tenuta per statuto a devolvere lo 0,5% del fatturato alla cultura e alla formazione: si tratta di circa due milioni e mezzo di franchi all’anno. Queste cifre fanno capire che, oltre alla promozione, cerchiamo di essere parte attiva all’interno del dibattito culturale. Migros Ticino promuove la cultura da 53 anni, durante i quali abbiamo sostenuto migliaia di progetti e manifestazioni, per esempio, 2500 concerti. Mi sono chiesta se in oltre mezzo secolo il contesto in cui ci troviamo a operare sia rimasto lo stesso, e la risposta è stata ovviamente no. Il digitale è una vera e propria rivoluzione di cui bisogna tenere conto. La prima pagina dell’agenda riporta una stupenda frase di Ludwig Wittgenstein. “Gli ultimi ad accorgersi dell’acqua furono i pesci”. Cosa vuol dire veramente? E che c’entra con la storia della cultura e della rete? Wittgenstein alludeva al linguaggio: proprio perché ci è così familiare, non ci rendiamo conto del suo potere né delle sue potenzialità. La stessa cosa, a mio avviso, accade oggi col digitale. Ancora non siamo consapevoli della sua portata rivoluzionaria, di quanto profondi siano i cambiamenti in atto. Per questo motivo abbiamo chiesto ad alcuni specialisti del web, come Paolo Attivissimo, e ad alcuni operatori culturali, come il direttore del Museo cantonale e del Museo d’arte di Lugano, Marco Franciolli, di dirci la loro su questo argomento. Ho letto tutti gli interventi. Sono rimasta molto colpita da quello di Paolo Attivissimo, che spiegava come sia facile far credere agli utenti di trovare in rete consigli e proposte libere e disinteressate, quando invece non è così. Quindi internet può rappresentare un pericolo per la cultura? Pericolo è una parola grossa. Ma come per tutte le cose occorre tenere ben presente che ci sono vantaggi e svantaggi.
mezzi finanziari solo nel Percento culturale, ma opera anche come sponsor: lo sponsoring è un settore distinto e interviene laddove una manifestazione culturale è sostenuta con l’intento di avere un ritorno di immagine per l’azienda. In questo modo cerchiamo di essere trasparenti e di non tradire quella che sentiamo come una vera e propria missione. Ritorniamo alle insidie della rete. Mi può citare qualche esempio? Certamente. Tempo fa si scoprì che un autore inglese, un giallista che ha venduto moltissime copie tramite Amazon, aveva sì molti followers, ma truffaldinamente aveva anche scritto di proprio pugno i “consigli” dei presunti lettori. Una delle derive della rete è proprio questa, ossia che la gente si può nascondere dietro l’anonimato. Su un quotidiano, bene o male, uno che scrive deve mettere la propria faccia… Da questa discussione mi pare di capire (e sono perfettamente d’accordo con lei) che il giornale sia ancora un’auctoritas, nonostante tutto. Certamente. Le persone che vengono assunte per occuparsi di critica letteraria, teatrale, musicale ecc. possono, è vero, essere prezzolate, ma in generale posseggono delle competenze, hanno alle spalle una formazione seria.
I vantaggi sono noti: la possibilità per tutti di accedere ai contenuti. Mi parli invece degli svantaggi. Faccio solo un esempio. Per accedere a quei contenuti noi usiamo dei filtri. Gliene cito alcuni: Facebook, Google, Amazon, Apple. Ma queste non sono entità neutrali. Sono aziende, e hanno come scopo il profitto. Quindi non illudiamoci di scoprire nuove cose: arriviamo dove sono già arrivati altri. Altro che “mare magnum”! Internet non è così “magnum”, mi pare di capire. È senz’altro un mare, ma i percorsi sono già tracciati. Io dico sempre che internet è un’enorme biblioteca dove però i libri non sono ordinati, ma giacciono a casaccio sul pavimento. Bisogna essere davvero molto attrezzati per sapersi orientare in questo universo, ma anche per sfuggire al pericolo dell’omologazione e sottrarsi all’illusione di una libertà illimitata. Prima mi faceva notare che Google e gli altri filtri sono delle aziende. Ora, mi permetta di farle una domanda un po’ provocatoria. Anche Migros Ticino è un’azienda. Ci sono delle strategie che vi permettono di evitare il prevalere degli interessi commerciali nell’opera di sostegno alla cultura? Dico sempre che Migros Ticino agisce secondo un criterio di mecenatismo aziendale. Ovviamente operiamo delle scelte. Parliamoci francamente: ci arrivano molte richieste di sussidio e siamo costretti a dire più no che sì. Ma comunichiamo sempre al pubblico quali sono i campi che sosteniamo. Ci interessa molto la cultura giovanile, per esempio, e abbiamo a cuore il dialetto. Migros non investe
Il panorama non è rassicurante: come faremo a difenderci dalle squallide manovre che cercano di controllare l’offerta culturale? Come potremo capire quali sono le opere valide, gli artisti seri, quelli che veramente offrono al pubblico una ricerca di verità disinteressata? Tenendo allenato lo spirito critico. Per questo è importante la formazione; e per questo noi teniamo molto ai giovani. Bisogna insegnar loro a osare, osare il pensiero critico, anzi “eretico”, a non accomodarsi sui gusti e le opinioni che vanno per la maggiore. Il problema del pensiero unico, però, è vecchio come il mondo. Non possiamo attribuire la colpa a internet. Sì, è vero. Il mainstream è sempre esistito. Ma oggi questa omologazione appare in tutta la sua prosaicità. Chi attualmente controlla i motori di ricerca, domani controllerà la cultura. Per reagire, per difenderci da queste insidie, bisogna maturare una maggiore consapevolezza. Altrimenti faremo la fine dei pesci di Wittgenstein, immersi nell’acqua e inconsapevoli, quindi non più capaci di tenere accesa la fiammella della cultura. C’è chi dice che con la cultura non si mangia. Ebbene, sbagliano, e noi l’abbiamo dimostrato con la ricerca che accompagnava la nostra agenda dell’anno scorso. Ma lo sa che l’industria culturale in Svizzera ha un giro d’affari superiore a quello dell’industria orologiera? Forse è proprio per questo che va tutelata. Prendiamo spunto dal passato: mi saprebbe indicare, invece, un’epoca d’oro per le scienze dello spirito? Io porto nel cuore l’Illuminismo: nel Settecento si è sviluppata un’incredibile capacità critica, di apertura verso il nuovo, di messa in discussione dei valori e delle conoscenze della tradizione. E durante il secolo scorso? Probabilmente gli anni a cavallo del Sessantotto.
Società
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Melassa esotica Perfettini, pulitini, carini carini… sono i viaggi e i reportage dai paesi lontani di Licia Colò. L’ennesima fatina senza età della TV che da un quindicennio ci propina un esotismo finto quanto patinato di Eugenio Klueser illustrazione di Micha Dalcol
Media
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Come dice il proverbio: “Già il titolo è tutto un programma”. Se chiami la tua trasmissione Alle falde del Kilimangiaro, infatti, vuol dire che hai scelto di fare outing prima ancora di cominciare. Vuoi far sapere al mondo che per raccontare luoghi insoliti e mete esotiche non ti ispiri al National Geographic e neppure a Bruce Chatwin. Punti a ben altro, punti su... Edoardo Vianello, il canterino anni Sessanta che con pinne, fucile e occhiali intonava dal bagnasciuga “Nel continente nero, paraponzi ponzi pò, alle falde del Kilimangiaro, paraponzi ponzi pò... Siamo i watussi, siamo i watussi…”. Con tale nobile padre tutto trova una sua giustificazione, compreso il fatto che per parlare di mondi lontani e insoliti ci si rinchiuda nello studio televisivo più patinato e artificiale della storia e l’esotico abbia il sapore di un surgelato finito sotto i denti a 32 °C sotto zero. Siamo in linea con tanta TV premasticata e prêt-àporter di oggi, con il surplus di Licia Colò, lei inossidabile, membro ad honorem del club dei personaggi che infestano il piccolo schermo senza mai invecchiare, senza mai sudare, senza mai un capello fuori posto. Nell’attesa di diventare grande, Licia, nome da pomata e modi allo zucchero filato, ci racconta quello che succede fuori dalle mura di casa. Ci fa da guida – tempi proprio mesti sono i nostri – e ci porta a spasso in mercati immancabilmente animati e variopinti, incontra persone sempre simpatiche e sorprendenti per il loro carico di umanità, passeggia al tramonto con i piedi in acque incontaminate e su sabbie finissime. Ma quando servono, dove sono gli squali o almeno i granchi? Intanto l’esotico si trasforma inesorabilmente in una brochure da agenzia viaggi e tutto ha il gusto del villaggio vacanze. Che è, fondamentalmente, quello che vogliamo tutti sulla poltrona di casa: essere rassicurati, avere la coscienza a posto che anche fuori dal nostro bel mondo tutto procede via liscio e tutti si vogliono bene. A completare il quadro manca giusto che gli indigeni dicano buana o sahib, come nei film hollywoodiani dei tempi andati. Ospiti illustri Certo, si sa, l’Africa ha i suoi problemi e li ha anche l’Asia, per non dire dell’America latina. E viene da chiedersi che cosa
pensi la gente di quelle terre vedendosi arrivare torme di turisti in calzoni corti, fotocamera digitale e borraccia al collo modello Indiana Jones. Però, perché scuotere lo spettatore e fargli sorgere dei dubbi, rovinandogli la digestione? Ci pensa Licia ad ammorbidire il tutto, a riempire lo schermo di cartoline illustrate e sottovuoto spinto. A trasformare l’arte del viaggio e della scoperta del diverso in gossip, in aneddoto buono per il pranzo domenicale. Coi consigli di Licia vai sul sicuro e sai già dove trascorrere le prossime vacanze. E se non basta quello che ti racconta la fatina itinerante, col suo abbigliamento mix “sfilate di moda milanesi” e mercatino etnico, non ti preoccupare. Licia ha già pensato a invitare in studio i testimonial giusti. Siamo allora al clou della trasmissione, “Gli incontri ravvicinati di Licia”, quando accolti da applausi scroscianti si siedono sul divano assieme alla padrona di casa vere e proprie eminenze geografiche del calibro di Alba Parietti e Lando Buzzanca1. Alba, gonfia come un canotto, che “ama viaggiare ma solo se trova grandi motivazioni. Adora le Mauritius e l’Africa ma sogna anche di andare in India”, come ci racconta il sito di Alle falde del Kilimangiaro presentando l’ospitata. Insomma, l’intervista preannuncia cose mai sentite prima, non vi pare? Oppure il mitico Lando, il maschio siculo-italico perennemente arrapato dei film di “chiappa e spada” anni Settanta con il quale “ripercorriamo l’intensa attività artistica che l’ha reso celebre in Italia e all’estero, ma soprattutto andiamo a conoscere il suo mondo, in un viaggio intimista nella storia del costume degli ultimi cinquant’anni”. Buzzanca che ci racconta il mondo ci fa quasi sperare che tutto finisca il prossimo 21 dicembre come previsto dai Maya. Licia però accoglie tutto con serena nonchalance, interrompe l’ospite mentre ancora parla – tanto, per quello che dice... – ci saluta col suo sorriso sbiancato mentre già ci cala la palpebra. E sogniamo luoghi veramente esotici e insoliti, dove i watussi si sono stancati una buona volta di ballare l’hully gully a comando e hanno deciso che a Licia ci pensano loro, una volta per tutte. Paraponzi, ponzi, pò! note 1 Per chi si fosse perso questi imperdibili momenti televisivi è possibile rivederli su www.allefaldedelkilimangiaro.rai.it/.
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Nelle carte e nelle spade Soldato, precettore, matematico, filosofo, Cartesio è stato uno dei grandi padri del pensiero razionale e della scienza moderna di Francesca Rigotti
Faceva “chic”, nei tempi passati, latinizzare il proprio no- Nel discorso introduttivo, nel quale applicava al pensiero me o cognome. Il latino era la lingua universale, la lingua umano il ragionamento matematico, Descartes andava a cacdella comunità scientifica come lo è oggi l’inglese. E come cia di certezze e di evidenze, dopo tante incertezze e fumosità oggi molti bambini vengono chiamati, invece che Michele propinategli dai suoi precettori gesuiti, e procedette, per cero Simone, Michael (pronuncia Màicol) o Simon (pron. Sài- carle, in base al principio di esclusione, mettendo metodicamon), a simili piccole vanità non si sfuggiva nemmeno nei mente in dubbio tutte le sue credenze: l’unica certezza che gli secoli trascorsi. Così, per esempio, il rimaneva dopo questa sistematica compositore tedesco Heinrich Schütz demolizione era la sua propria esisi faceva chiamare, latinizzando il stenza, il suo proprio pensiero, il suo nome, Henricus Sagittarius e il preesistere egli stesso in quanto mente dicatore svizzero Johannes Heynlin pensante: poiché penso esisto, cogito aus Stein amava definirsi de lapide; ergo sum. È nel pensiero che colgo allo stesso modo il filosofo francese l’evidenza della mia esistenza, così René Descartes latinizzò il suo nome che io non sono altro che una cosa in Renatus Cartesius, delle carte. che pensa, sono cosa pensante, sum E nelle carte visse infatti Cartesio res cogitans. (questo è invece il nome italianizzato a partire dalla forma latina) la sua esiLa morale cartesiana stenza, trascorsa tra il 1596 e il 1650 Nel 1649 Descartes si recò a Stocin un’Europa devastata dalla terribile colma, preceduto dalla propria faguerra dei Trent’anni (1618–1648). ma, per diventare precettore privato Nelle carte e anche nelle spade giacdella regina Cristina di Svezia, con ché in gioventù Cartesio fu soldato, la quale corrispondeva e alla quale avendo intrapreso, dopo l’educazione aveva indirizzato un testo di morale, presso i Gesuiti, la carriera delle armi, le Lettere sulla morale. Era infatti pasche lo portò in Olanda con l’esercito sato a interessarsi, negli anni della comandato dal principe di Nassau piena maturità, di questa disciplina, Cartesio (imm. tratta da www.schenectady.k12.ny.us) proprio agli inizi di quella guerra. affrontandola in maniera meccaniBen presto però il nostro decise di ca, come se si trattasse di un capitolo ritornare ai libri, alla scienza e alla filosofia, che egli vedeva della fisica, in piena corrispondenza con la conformazione del come “un albero, le cui radici sono la metafisica, il tronco è la suo albero del sapere. Separando rigorosamente l’anima dal fisica, i rami che spuntano dal tronco sono tutte le altre scienze, e corpo, Cartesio assimilava i corpi alle macchine, paragonandoli cioè la medicina, la meccanica e la morale”. a “orologi, fontane artificiali, mulini e altre macchine del genere”, le cui funzioni biologiche non sarebbero che movimenti: la Cogito ergo sum digestione, per esempio, è un movimento di separazione, Si deve a Descartes una delle più celebri frasi filosofiche di agitazione e riscaldamento di certe parti dei cibi. L’anima è tutti i tempi: penso, dunque sono (in latino, cogito ergo sum). per parte sua soggetta a passioni, esaminate, nel trattato Le L’asserzione è contenuta nel Discorso sul metodo, del 1637, passioni dell’anima, nella loro concatenazione logica, partendo che noi oggi leggiamo e studiamo come un’opera a sé ma che dalle più semplici per giungere alle più complesse. in realtà era stato pensato come introduzione a tre opere di Di tali o simili questioni, morali, fisiche e metafisiche, Descarcarattere scientifico: la Driottica che si occupa di ottica e del tes avrebbe dovuto discutere con la giovane e regale allieva, modo di tagliare le lenti; le Meteore, che studia i fenomeni della quale nel famoso film del 1933, interpretato da Greta sub-lunari, ovvero, in linguaggio aristotelico, gli eventi me- Garbo (Queen Christine), si racconta che andasse in giro in abiti teorologici (ecco da dove viene il termine!) che si svolgono maschili a cercare un fidanzato migliore di quelli propostole nella fascia tra la Luna e la Terra quali i venti, le nuvole, la dall’etichetta di corte. Fiction. Vero era invece che la regina era neve e la pioggia, il fulmine e l’arcobaleno; e la Geometria, in un’allodola, nel senso che si alzava molto presto al mattino. cui il filosofo-matematico introdusse quella che diventerà la Non abituato all’inverno svedese e alle levatacce all’alba nel notazione algebrica standard nonché le coordinate, nomen gelido palazzo di corte, il filosofo si ammalò di polmonite e omen, “cartesiane”. poco dopo il suo arrivo, morì.
Pensieri
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» testimonianza raccolta da Keri Gonzato; fotografia di Igor Ponti
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Markus Zohner
Vitae
in movimento, per esempio, in questo periodo fotografo poco e scrivo molto, i miei articoli vengono pubblicati e mi hanno anche proposto di scrivere un libro. Il piacere del viaggiare è una conseguenza diretta della mia personalità… Recentemente ho fatto un lungo viaggio a piedi che mi ha trasformato. Percorrendo l’antica via dell’Ambra, mi sono distaccato dal quotidiano e dalla cadenza rapida della vita in società. Quei nove mesi mi hanno dato un certo ritmo e una chiarezza nel pensare: sei tutto il giorno da solo e vai, hai tanto tempo per riflettere e davanti hai solo una meta lontana. Ho dovuto svilupAttore, regista, docente, ama essere sti- pare una forza interiore di molato da ambiti diversi. Un sostenitore lunga scadenza, adeguarmi a della leggerezza che pone al centro della quel ritmo lento e conservare le energie per i gesti essenziali. propria vita la relazione umana Qualcosa in me è cambiato, ora guardo le cose con più nei paesi baltici e da lì è nata decisione e intensità. Prima riuscivo a volare una lunga e bellissima colladal Kazakistan alla Sicilia e poi subito verso borazione. New York, e giù fino al Texas, nel giro di Dopo il crollo dell’Unione pochi giorni. Sono cose belle per un certo Sovietica portammo Palpitaperiodo ma consumano anche molta energia, tion a un festival a Vilnius, quindi ho messo il freno alle tournée enormi in Lituania, e fin da subito e ho deciso di concentrare le energie sull’atto si aprirono opportunità. Tra creativo. Collaborare con la mia compagnia, queste quella di insegnare; a ormai composta da ben dieci membri, e far Vilnius mi proposero infatti nascere nuove cose assieme è quello che mi di dare la mia prima master sta più a cuore. Quest’anno, dopo 25 anni class per attori professionisti. di attività artistica, cerchiamo di uscire dai Un’esperienza bellissima poiprogetti isolati e vogliamo dar luce a un ché, in fondo, quello di vivere concetto artistico più grande, un progetto il teatro in tutti i suoi ruoli teatrale che sotto il tema CUT, il taglio, è l’aspetto che più mi piace. sviluppa un fil rouge per i progetti teatrali e Recitare, insegnare e dirigeartistici dei prossimi tre anni. Abbiamo una re: ho bisogno di tutti questi nuova produzione con quattro attori che aspetti. Se sali unicamente sul parte in autunno, Apocalisse 2072 | end.begin, palco dopo un po’ hai i nervi poi c’è un progetto di teatro uditivo tramite stanchi e la passione diviene internet con il podcasting, PETRUSHKA - The un lavoro. Fare l’attore è dura, Sense of Life, e un lavoro sulla simbologia di passi molto del tuo tempo a Cappucetto Rosso, Blood.Red.Riding.Hood. A viaggiare, mangiare male e dicembre inizieremo anche un radiodramdormire in alberghi con letti ma, Radio Scatenata, con la partecipazione troppo corti. Io invece faccio di detenuti del penitenziario “La Stampa” un po’ di regia, poi torno sul di Lugano. palco e dopo insegno, portanMi piace tantissimo vivere, in questo flusso do agli studenti il mio vissuto creativo, e lavorare per il territorio. Mentre ancora sanguinante. prima schizzavo di più qua e là, oggi ho una Di attività ne ho tante e variaconcentrazione molto alta. Nella vita mi re mi fa sentire vivo. Mi piace piace viaggiare leggero e stare con le porte molto anche fotografare, una aperte, anche per questo non possiedo una passione antica e importante casa e non me ne frega niente di avere delle che ricollego a mio padre e cose. Perché dovrei? Quello a cui invece non alla sua camera oscura. Nelrinuncio – e che, al contrario, pongo al centro la mia vita tutto è sempre della mia vita – è la relazione umana.
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ono nato e cresciuto a Monaco di Baviera e, dopo il liceo scientifico, la mia idea era di studiare medicina ma… facendo il servizio civile all’ospedale pediatrico dell’Università di Monaco, scoprii che quello che più mi interessava era il contatto con le persone. Notai che i dottori non avevano tempo per i bambini mentre io, come ultimo arrivato, potevo giocare, inventare storie e regalargli un pochino di leggerezza. Mi resi conto che questo era l’approccio che mi stava a cuore e riaffiorò il sogno di imparare la pantomima. A sei anni mia mamma mi aveva portato a vedere Marcel Marceau e quel tipo con la faccia dipinta di bianco, che raccontava storie senza parole, mi aveva toccato profondamente. Tredici anni dopo, il desiderio di fare la pantomima mi ha portato alla scuola Dimitri in Ticino dove mi sono innamorato di una donna e del paesaggio fatto di palme e montagne che è tutt’ora la mia casa. Di tanto in tanto, le grandi dimensioni delle città tedesche – Berlino, Amburgo, Colonia…– mi attiravano ma non c’è mai stata una ragione sufficiente per trasferirmi. Con il tempo poi la grandezza umana del Ticino, intesa come tessuto sociale e possibilità di interazione, mi è piaciuta sempre di più: dopo un po’ conosci tutti e ti crei una bella rete di contatti umani. Uscito dalla scuola non pensavo che avrei subito creato la mia compagnia, ma con un’amica volevamo ideare lo spettacolo Palpitation e scoprimmo che l’unica possibilità sarebbe stata farlo da noi. Allora misi in piedi l’infrastruttura, coinvolsi il regista Alessandro Marchetti e mi assunsi il rischio totale di chiedere un credito di trentamila franchi. Dato che non eravamo ancora conosciuti nessuno ci avrebbe sostenuti finanziariamente ed è stato questo gesto di coraggio a darci una possibilità… Fin dall’inizio abbiamo lavorato moltissimo
Madonne palestinesi di Aglaia Haritz
Un’operazione apparentemente concettuale ma che in realtà rivela una relazione tangibile fra l’agire artistico e la consapevolezza storica e sociale dell’artista ticinese e performer Aglaia Haritz. Una serie di Madonne e figure femminili Tamara de Lempika, Madonna, 1937
coperte da una kefiah palestinese a sottolineare un complesso intreccio di tematiche e riflessioni, fra storia, religione ed esperienze personali
Qual’è stata l’idea iniziale che ha portato allo sviluppo di queste immagini? L’idea del lavoro “Madonne Palestinesi” è nata dopo il secondo dei miei tre viaggi nei territori palestinesi occupati, terra macchiata da conflitti, morte e iniqui rapporti di forza imposti in nome di Dio. Generalmente le religioni impongono il loro credo e constato che Dio (se proprio ce ne fosse uno) protegge chi è vendicativo o martire e dove la soluzione si chiama distruzione piuttosto che edificazione. Quella situazione, mi ha sempre fatto riflettere. La storia ci dice che la Madonna è nata in un luogo ben preciso: la Palestina. Semplifico al massimo, rimuovo inutili decorazioni religiose e attraverso questo lavoro artistico dichiaro che nel passato la Madonna è esistita, era una donna, era nata in Palestina e non era di certo vergine. Perché la scelta della kefiah rossa come elemento unificante e ricorrente e perché hai utilizzato immagini già esistenti? Il tema del femminile e della maternità talvolta è esplicitato, altre volte le allusioni vanno in senso diverso, come nel caso del quadro di Delacroix o della pop star Madonna… La kefiah è diventata il simbolo della Palestina e l’utilizzo di questo accessorio per coprire il capo alle Madonne, nella storia dell’arte in differenti secoli e correnti, ha un evidente intento provocatorio. Attraverso l’arte voglio porre domande sulla storia, sui suoi differenti punti di vista, sul senso della religione (come istituzione e come credo), sulla sua necessità e sul suo motivo. Voglio porre domande sul senso di appartenenza, sull’ “occhio per occhio”, sul “porgi l’altra guancia”, su “in nome di Dio”, contrapponendo ciò che è sacro a ciò che è mondano. Ho visto la situazione in Palestina con i miei occhi e non posso evitare di prendere posizione seguendo la sola logica del rispetto dei diritti umani, non una posizione politica o religiosa. Ho elaborato “Madonne” di artisti come Filippo Lippi, Giotto, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Tiziano, ma anche di artisti più moderni come Dalì, Gauguin, Klimt, Much, o contemporanei quali David La Chapelle, Pierre&Gilles, Daniele Buetti, Vanessa Beecroft. Riguardo a queste ultime, che proprio per ragioni di copyright non sono presenti in questo reportage, cerco di avviare una riflessione sul problema del diritto d’autore, un tema che m’interessa e su cui lavoro da anni. L’immagine
Eugène Delacroix, La libertà che guida il popolo, 1830
Aglaia Haritz È nata nel 1978 in Ticino. Ha ottenuto la maturità artistica presso il CSIA e il diploma alla scuola di arti plastiche all’ENSA di Limoges, in Francia. Dal 2006 al 2010 ha vissuto e lavorato a Berlino ed è stata selezionata per la Cité Internationale des Arts a Parigi. Dal 2004 partecipa a mostre collettive in importanti spazi d’arte contemporanea in Svizzera e in Europa. Attualmente vive e lavora a Zurigo. www.aglaiaharitz.blogspot.com
Otto Müller, Madonna gitana, 1926
Jan Van Eyck, Madonna del cancelliere Rolin, 1437
Sandro Botticelli, Madonna del libro, 1480 – 81
Marc Chagall, Madonna del villaggio, 1938 – 42
di Delacroix in effetti non è una Madonna bensì la rappresentazione della libertà che guida il popolo. Suggerisco con ciò un mio punto di vista, un po’ come con la Madonna popstar, la regina delle mode e del mainstream, perché la kefiah la si trova anche all’H&M, e ciò rimanda alla domanda del senso. Ho disegnato la kefiah in rosso perché non parlo d’immaginazione o di fantasia, come se avessi disegnato io delle donne: il lavoro si basa su riflessioni scaturite da fatti reali della storia contemporanea, cosciente che la storia racconta (ma chi la racconta?), come rivelano le Madonne nel corso della storia dell’arte.
Io credo profondamente nel potenziale culturale dell’arte. Trovo molto interessante e fondamentale la presenza di differenze, ma personalmente aspiro ad attuare una ricerca che riguardi il presente collettivo, non solo quello individuale. In questo percorso una presa di coscienza rappresenta dunque un momento necessario e l’arte è il mezzo ideale. Perché spegnere il proprio cervello e seguire la massa significa l’inizio del declino: è per tale motivo che l’arte, a mio avviso, non deve fornire risposte ma piuttosto porre domande, interrogativi. Solo in questo modo è possibile stimolare le persone alla riflessione e alla critica.
Nella tua attività artistica appare evidente la relazione l’elaborazione estetica e l’impegno sociale. In una realtà che si differenzia e moltiplica sempre di più come intendi oggi il lavoro dell’artista e del performer?
per informazioni La serie “Madonne Palestinesi” è stata presentata all’esposizione “Terra Santa”, una mostra in collaborazione con il fotografo Reto Albertalli a Officinaarte nel 2010, curata da Flavia Zanetti. www.officina-arte.ch/artisti/Haritz_Albertalli/haritz_albertalli.html
Ascensori. Saliscendi metallici di Marco Jeitziner; fotografie di Flavia Leuenberger
lamierosi scatoloni viaggianti, l’angoscia viva che scende e che sale, che entra ed esce. Fobie che fanno dell’ascensore, nostro malgrado, contenuto e contenente della paura, un simbolo dell’eccitazione e della vergogna.
Luoghi
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Storicamente pare che il primo prototipo sia comparso nelle miniere, per trasportare in superficie operai o materiale. Poi via via, nel corso dell’Ottocento, si sono sbizzarriti con argani e motori elettrici di ogni sorta, lift panoramici e di lusso, all’interno o all’esterno dei primi grattacieli americani e dei grandi hotel. Si saliva fino al trentesimo piano ma poi, per scendere, toccava fare le scale! Nel secolo scorso l’entusiastica apoteosi di pigri e di anziani, ma anche la giustizia per i disabili e l’avvento delle fobie ne hanno contrassegnato lo sviluppo. Ricordo molto bene almeno due di questi cosi, ultra veloci: a New York, in pochi secondi in cima all’Empire State Building, oppure nella cupola panoramica del Fernsehturm a Berlino. Anche noi svizzeri non scherziamo. All’Hammetschwand sul Lago dei quattro cantoni c’è quello aperto più alto d’Europa: 152 metri. E lo stomaco, pare, non si accorge di nulla. Pigia quel bottone Trent’anni fa il film olandese De lift, poi replicato nel 2001 con Down - Discesa all’inferno, ha contribuito in gran parte a scatenare, nell’immaginario collettivo, l’idea spaventosa che ‘sto coso potesse avere vita propria, che si mettesse in moto o si fermasse a suo piacimento, per il terrore e l’angoscia di noi pigri passeggeri. O che, semplicemente, si bloccasse o, peggio, precipitasse giù nella tromba in un fragore di metallo e carne. Macchine “intelligenti” e cattive, capaci di sterminarci. Ascenori vetrati, esterni e interni, come nel film L’inferno di cristallo, che hanno alimentato miti e generato fobie. Come non citare Ascensore per l’inferno, il diavolo che sale in città dagli inferi schiacciando un bottone? O il fiume di sangue che sprizza dall’Overlook Hotel in Shining? L’indicatore dei piani impazzito, cadaveri che sbucano dal tettuccio, calate mozzafiato appesi come topi ai cordoni d’acciaio. Angusti
Fobici del chiuso Per gli esperti, il terrore dell’ascensore è una forma di claustrofobia. Leggera. Fa paura mischiarsi con altre persone in una mobile bara verticale, scoprire altre ansie, come quella dell’igiene per i bottoni da schiacciare, digitati da tante persone. Tachicardia, sudorazione, manca l’aria, si può svenire o parte l’attacco di panico, isteria di gruppo. C’è chi ci è rimasto chiuso dentro per ore e per giorni, dimenticato. Come ci comporteremmo? C’è chi scrive in un nostrano portale online: “ho le mie fobie e sono rivolte ai luoghi chiusi, in particolare gli ascensori. Quindi cosa faccio? Semplice, le scale…”. Ecco, appunto. Scrive un’altra: “ho paura della porta dell’ascensore che si chiude, quindi balzo dentro!”. La sola idea che, all’apertura delle porte, non ci sia il pianerottolo fa venire la pelle d’oca, vero? Il problema sarebbe talmente diffuso che persino l’esercito svizzero ci ha pensato: i corsi per superare la paura di indossare la maschera a gas sono molto utili anche per altre “situazioni critiche”, ossia negli ascensori. A ogni modo per gli esperti il dramma è superabile con specifici esercizi. Se così non fosse, cavoli loro: i fobici forse diventerebbero anche più tonici. Oppure prenderebbero le scale mobili, ma ho già scritto che anche queste causano ansie (Ticinosette nr. 6/2012). Quel piano un po’… Il tema di ‘sti cosi è talmente sensibile che, pensate, in moltissimi hotel e palazzi degli Stati Uniti manca il bottone col numero 13! Cosa non si farebbe per i clienti superstiziosi? Il divieto di usarlo in caso di incendio è invece tassativo. Oddio, dipende dov’è il rogo, se l’ascensore è nuovo, ma è ovvio che potrebbe bloccarsi e intrappolare la gente in fuga. Oggi li costruiscono resistenti al fuoco e al fumo, dicono, ma c’è da fidarsi? Esiste persino un blog in italiano dedicato a questi amati e odiati apparecchi, dove si possono leggere gli avvertimenti e i cartelli più angoscianti da parte dell’ascensorista di turno, mestiere tutt’altro che scontato. E non potevamo non essere in Italia. Cartello numero uno: “se restate bloccati siete obbligati a restare immobili” (!) ed è meglio “non saltare mentre funziona, i freni non vanno tanto bene, rischiate di fare un botto!”. Chiaro bambini? E gli odori, certi odori, mai capitato? Cartello numero due: “i signori condomini sono gentilmente pregati di limitare l’emissione di gas intestinali in ascensore”. Sempre che non si debba aspettare il centoventottesimo piano.
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La città doppia La storia di Kaliningrad/Königsberg è emblematica delle vicende storiche che hanno contrassegnato il secolo appena trascorso: una città dai tanti volti e dall’identità incerta di Fabiana Testori
Vladimir Voronov, fotografo russo, nel suo ultimo album sulla
zoo, che prima della guerra era considerato il terzo più bello al città di Kaliningrad Königsberg, zwei Blicke in die Geschichte, ha mondo, ma che oggi versa in condizioni fatiscenti, moltissimi tentato con successo un esperimento interessante: associare edifici che costeggiano le vie centrali come Leninsky Prospekt due fotografie, scattate esattamente nello stesso punto della cit- un tempo Vorstadtische Langgasse o Uliza Frunse, al secolo tà in due momenti storici differenti. Per ogni pagina, la prima Königstrasse, senza dimenticare le fortificazioni e le porte della rappresenta sempre un’immagine risalente alla belle époque, città, alcune murate, altre trasformate in ristoranti o musei, le quando Kaliningrad era ancora Königsberg, città tedesca, più sfortunate in discoteche. Esistono però anche degli esempi capoluogo della Prussia orientale, mentre la seconda a dopo positivi, uno di questi è la bellissima cattedrale gotica (1333), il 1946, quando Königsberg era ormai diventata la sovietica dichiarata patrimonio dell’umanità dall’UNESCO. Lasciata in Kaliningrad, oggi centro prinrovina per anni dopo la guerra, cipale dell’Oblast (regione) di all’apertura del blocco sovietico Kaliningrad, exclave russa fra nel Novanta, la cattedrale ha Polonia e Lituania, con accesso potuto beneficiare degli aiuti al Mar Baltico. La raccolta di della Germania ed essere quasi Voronov suscita i sentimenti completamente restaurata. più vari, da un lato si percepisce fin troppo bene come il Un’identità schizofrenica secondo conflitto mondiale Il secondo conflitto mondiale abbia distrutto il benessere ragha avuto su Königsberg un giunto in Occidente negli anni effetto devastante, non solo Trenta, dall’altro non fa che in termini di vite umane (si testimoniare come gli equilibri calcola che nel giugno del 1945 Veduta settecentesca di Kaliningrad (da www.mapandmaps.com) geopolitici, ristabiliti prima a la popolazione tedesca fosse Jalta e poi a Postdam, abbiano ridotta a 73.000 persone, la imposto un nuovo corso, una nuova situazione, un nuovo maggioranza fu deportata nella futura DDR, Repubblica Demopopolo, una nuova lingua e soprattutto un nuovo regime cratica Tedesca e il numero rimpolpato con una totale russificaanche a Königsberg – Kaliningrad, fissando la fine di un’epoca zione della città) e di distruzione (Königsberg fu pesantemente e l’inizio di un’altra. bombardata prima dagli inglesi nell’agosto del 1944, e poi nuovamente mutilata dall’Armata rossa nel 1946) ma anche in Tracce urbane termini di identità. Un’identità, che per molti resta a tutt’oggi L’odierna Kaliningrad, il nome le è stato attribuito in onore di “schizofrenica”. Da un lato Kaliningrad non fa che proclamarsi Michail Ivanovich Kalinin, Presidente del Presidio del Soviet russa, fiore all’occhiello anche del presidente Vladimir Putin in Supremo dal 1919 al 1946 e poi sempre all’ombra di Stalin, è quanto città natale della moglie Liudmila e quindi beneficiaria una città di 430.000 abitanti, capoluogo e centro principale di diversi fondi durante la prima presidenza, dall’altra europea dell’exclave della Federazione russa sul Mar Baltico. Dal 2004 e aperta, anche se forse “soffocata” economicamente da Polonia confina interamente con l’Unione Europea. Russa, ma su terra e Lituania (ormai membri a tutti gli effetti dell’UE), nonostante europea, Kaliningrad è nata dalle ceneri della tedesca König- l’importante porto (utilizzato oggi solo al 25%), l’estrazione sberg, fondata dall’ordine teutonico nel 1225, che ha dato i dell’ambra e i resort turistici sulle rive del Baltico. natali a uomini illustri come il filosofo illuminista Immanuel Kaliningrad ha tanti volti, quello duro della Russia più autoKant e per anni è stata uno dei centri politici, economici e ritaria, dove il presidentissimo Putin minacciava di istallare i culturali più importanti della Germania. Si dice infatti, che la missili Iskander in risposta allo scudo antimissile della NATO bellezza di Königsberg fosse paragonabile a quella di Praga e di e quello mansueto della cittadina provinciale, dalle radici Cracovia, un piccolo gioiello di architettura mitteleuropea svi- tedesche e lontana da Mosca. Il futuro dimostrerà le sue luppatosi sulle rive del Baltico. Le testimonianze di quel periodo reali capacità, perché se riuscisse davvero a valorizzare la sua si trovano disseminate quasi a ogni angolo della città, anche se strategica posizione geografica, privilegiando il turismo e rarefatte e molto spesso abbandonate a loro stesse. Esempi ben l’accoglienza delle imprese straniere potrebbe tornare a essere visibili sono la strada maestra Prospekt Mira, una volta Haufe- quello snodo economico e culturale tanto determinante già nallee che ha conservato l’acciottolato e la linea del tram, lo all’inizio del Novecento.
Kronos
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come messsucher Tendenze p. 48 – 49 di Luca Martini
Oskar Barnack
La Leica m è, ed è sempre stata, La bandiera di Leitz camera. una vicenda che ricaLca, se non traccia, La storia deLLa fotografia moderna
Tutto iniziò con il responsabile dello sviluppo della Leitz Camera, tale Oskar Barnack, che doveva compiere dei rilevamenti esposimetrici sul set di riprese cinematografiche. Si trattava, in altre parole, nei giorni precedenti alle riprese, di individuare la corretta esposizione nelle diverse condizioni di luce. A tal scopo, nel 1913 decise di costruirsi uno strumento di misura e progettò una piccola camera in grado di caricare uno spezzone di pellicola cinematografica con cui fosse possibile realizzare delle pose con diversi diaframmi. L’idea di base consisteva nel passare dal formato cinematografico 18 x 24 a uno doppio, 24 x 36. Non a caso un tradizionale rullo di 36 pose ha la stessa lunghezza delle braccia aperte
di un uomo di media statura, quale era Oskar Barnack. Fin qui niente di “eccezionale”. Sennonché un giorno del 1920 Wetzlar, la località a nord di Francoforte in cui viveva, venne colpita da un alluvione e le strade si trasformarono in canali, come fosse stata Venezia. Barnack fu tratto in salvo dalla sua casa su di una barca, ma portò con sé il suo strumento di misura e con quello scattò una serie di fotografie che nessuno con una tradizionale macchina a lastre avrebbe mai potuto realizzare. Il fatto sorprendente è che, grazie a un’ottica di altissima qualità, nonostante le dimensioni molto ridotte del negativo, le immagini risultavano straordinariamente nitide e ricche di dettagli. Quel giorno nacque il fotogiornalismo moderno.
Uno strumento iconico Il passo successivo avvenne nel 1925, quando Ernst Leitz, nonostante i tempi molto difficili per la Germania, decise di fare di quella scatoletta un prodotto da vendere sul mercato. È questa l’origine della prima Leica, la Leica 1. Anche Weegee a New York faceva fotogiornalismo con una macchina a lastre. Ma teneva sempre un’attrezzatura pronta su di una giardinetta e soprattutto intercettava il segnale radio della polizia per riuscire a recarsi sul luogo del misfatto ancora prima che gli agenti avessero il tempo di arrivare. All’inizio i fotografi non compresero l’enorme potenziale della piccola Leica, ma presto nacque una corrente di fotografi, tra cui Endre Friedmann (noto come Robert Capa)
Una delle fotografie scattate da Barnack durante l’alluvione a Wetzlar nel 1920
e Henri Cartier Bresson, che ne sfruttò a pieno la capacita di cogliere istanti memorabili grazie alla sua maneggevolezza e alla sua scarsa appariscenza. Le immagini iconiche del Novecento sono state per lo più riprese con una Leica M. Il cuore della M è il telemetro, in tedesco Messsucher, che permette messe a fuoco rapide e accuratissime, un mirino incomparabilmente luminoso e una visione che va oltre il campo di ripresa. Inoltre, lo scatto è estremamente rapido, date le minime masse in movimento, e silenziosissimo. La macchina è in sostanza priva di ogni assistenza computerizzata. Il massimo concesso ancora oggi è il calcolo della durata di posa in base al diaframma e alla sensibilità impostata, la cosiddetta
esposizione a priorità di diaframmi. La M è “pedagogica” in quanto induce a
seguire un workflow elementare che sta alla base della fotografia: inquadratura, scelta del punto di messa a fuoco, scelta della profondità di campo desiderata, valutazione del tempo di posa ed eventuale correzione del compromesso diaframma / tempo di esposizione. È il fotografo che fa la foto e questo comporta molti più errori e fotografie sbagliate rispetto a quanto consentito dalle moderne macchine integralmente computerizzate. L’altro elemento fondamentale del sistema M sono le ottiche. Dal 1954 sono costruite con la baionetta M e hanno sempre mostrato una qualità inarrivabile nei confronti della concorrenza. Paragonando le misurazioni di laboratorio come le
curve MTF, le ottiche M risultano spesso al top della concorrenza. Quello che però maggiormente concedono è qualcosa di non misurabile: la gamma tonale, la plasticità dell’immagine e la bellezza dello sfocato. Altri riescono a produrre ottiche tecnicamente tanto elevate, ma poi le immagini non hanno quel quid in più che le rende uniche e insuperabili. Leica è rimasta sempre fedele al concetto M, attraversando anche periodi estremamente cupi come la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila. Anni in cui il risultato operativo si misurava in milioni di marchi, ma con il segno meno. Oggi, sotto la guida di una nuova proprietà, le cose sono radicalmente cambiate, come vedremo in un prossimo articolo.
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Astri toro
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cancro
Tra il 11 e il 12 novembre Luna e Venere in opposizione. Il rapporto di coppia potrebbe esser vissuto in maniera superficiale. Alimentazione esageratamente zuccherina per i nati nella seconda decade.
Disturbi nelle comunicazioni a partire dal 15 novembre. Momento critico per i rapporti matrimoniali. Non riuscite a dialogare senza punzecchiarvi a vicenda. Ogni scelta degli ultimi 14 anni va rivista e verificata.
L’energia va canalizzata verso il raggiungimento di un obiettivo preciso. Mettetela al servizio della vostra unione. Possibili fraintendimenti con il partner. Evitate comunicazioni via sms o telematiche.
Opportunità professionali a partire dal 15 novembre. Vita affettiva disturbata dalla quadratura con Venere. Una nuova fase di vita per i nati nella prima decade beneficiati dall’azione di Saturno in trigono.
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Tra l’11 e il 12 potrete realizzare un importante affare. Grazie a Mercurio e a Marte il vostro cervello lavora sodo. I problemi non vi spaventano e per ogni cosa riuscite a trovare la giusta soluzione.
Le ambizioni tendono a crescere e così inesorabilmente anche i concorrenti. Cercate di mantenere la mente salda sugli obiettivi senza perdere il controllo. Discussioni in ordine alla gestione del patrimonio familiare.
Nuova fase relazionale: persone nuove, esterne alla vostra cerchia. Successo nei discorsi in pubblico. Tensioni tra il 16 e il 17. Possibile storia d’amore. Cambiamenti di vita per i nati nelle prime due decadi.
Idee geniali per i nati nella terza decade favoriti dalla retrogradazione di Mercurio a partire dal 15 novembre. Fortemente malinconici i nati delle prime due decadi. La Luna stimola i ricordi e i rimpianti.
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Momento ideale per gli incontri di affari. Possibilità di partecipare a una competizione. Giove spinge i nati nella seconda decade verso la realizzazione di un progetto ambizioso. Aiuti da parte del partner.
Vita sentimentale animata. Momento difficile per i nati nella prima decade a causa di Plutone. Cercate di mantenere la vostra personalità senza farvi manipolare dai partner. Cautela tra l’11 e il 12 novembre.
Riceverete notizie riguardo a una collaborazione con una località straniera, o comunque con una città diversa dalla vostra. Una vecchia questione va affrontata e risolta. Stanchezza tra il 15 e il 16 novembre.
Calo energetico provocato dalla quadratura con Marte. I vostri competitors si fanno sempre più agguerriti. Per trovare la mossa vincente potete sfruttare la retrogradazione del 15 novembre di Mercurio.
» a cura di Elisabetta
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Verticali 1. Noto film del ’97 di Ivan Reitman • 2. Intimo, intrinseco • 3. Ho Chi Minh • 4. Si contrappone a off • 5. Chiaro, limpido • 6. Nel centro di Como • 7. Indietreggiare • 8. Copricapo papale • 9. Tracce, impronte • 14. Conseguimento, conquista • 16. La fine di Belfagor • 20. Etica professionale • 22. Alligatori americani • 25. Turchia • 27. Eaco, ne era il re • 28. Mezza sala • 33. Azzardare • 35. Il giorno trascorso • 39. È simile al finocchietto • 43. Nominativo in breve • 44. Cantone svizzero • 46. Lo zio della capanna • 48. Nel centro di Tebe.
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Orizzontali 1. Svergognato, diffamato • 10. Lo è il consenso di tutti • 11. Tiro centrale • 12. Un libretto dell’autista • 13. Veicolo pubblico • 15. Aggravarsi • 17. Gigaro • 18. Crea dipendenza • 19. Tacchino in gergo • 21. Console Generale • 23. I confini di Rovio • 24. Colpevolezza • 26. Giaggiolo • 29. Sodi, compatti • 30. Meritevole, decorosa • 31. Pena nel cuore • 32. Istituto Tecnico • 33. Baccanale • 34. Il noto Buazzelli • 36. Mezza dozzina • 37. La fugge il sognatore • 38. In nessun tempo • 40. In mezzo al coro • 41. Il niente del croupier • 42. Obeso, paffuto • 45. Una voce del tennista • 47. Nel centro di Coira • 48. Parte di chilo • 49. Lo dice il rassegnato • 50. Incredibile crescita finanziaria.
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La soluzione del Concorso apparso il 26 ottobre è: BETULLA Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono state sorteggiate: Cristina Cattaneo 6979 Brè s. Lugano Annamaria Lüscher 6900 Lugano Alle vincitrici facciamo i nostri complimenti!
Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “Cardada” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta RailAway FFS “Cardada” da scontare presso una stazione FFS in Svizzera. Ulteriori informazioni su ffs.ch/railaway-ticino.
Cardada. Una montagna da scoprire anche d’inverno. Con la funicolare da Locarno a Orselina e di seguito con la funivia fino alla passerella di Cardada (1340 m s.l.m.). Da qui Cimetta (1670 m s.l.m.) è raggiungibile tutti giorni a piedi oppure da venerdì a domenica anche con la seggiovia. Bellissime passeggiate e attività sportive anche durante l’inverno; quindi perché non restare in Ticino per le escursioni con le racchette da neve? Il mite clima mediterraneo invernale di Cardada/ Cimetta e la vista mozzafiato sul Lago Maggiore e le Valli circostanti vi conquisteranno!
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