Ticino7

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№3

del 18 gennaio 2013

con Teleradio 20–26 gennaio

Sette

I mInISTrI del plagIo

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04.01.13 10:08


Agorà Sette. I ministri del plagio

di

Mariella dal Farra

Arti Spettacoli. Il teatro del Pleistocene

Impressum Tiratura controllata 70’634 copie Chiusura redazionale venerdì 11 gennaio

di

deMis Quadri

Media Giornalismo e informazione. Tolstoj e la Siria Vitae Rosanna Pozzi Graf

di

Gaia GriMani

Reportage Cardada-Cimetta

di

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Marco alloni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

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a cura della

redazione; FotoGraFie di reza Khatir . . . . . . . . . . .

Editore Teleradio 7 SA, Muzzano

Tendenze Stampanti 3D. La contro-rivoluzione industriale

Redattore responsabile Fabio Martini

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Coredattore Giancarlo Fornasier Photo editor Reza Khatir Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55 Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs Stampa (carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona Pubblicità Publicitas Publimag AG Mürtschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich Tel. +41 44 250 31 31 Fax +41 44 250 31 32 service.zh@publimag.ch www.publimag.ch Annunci locali Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch In copertina I replicanti Illustrazione di Bruno Machado

6 8 10 12 37 44 46 47

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di

Mariella dal Farra . . . .

Cruciverba / Concorso a premi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Stato cerniera Prendo spunto dall’articolo di Marco Alloni (“Tolstoj e la Siria”, pag . 10) per riflettere con voi sulla guerra civile che sta devastando il paese mediorientale . La percezione che in Occidente si ha del conflitto è il frutto di una comunicazione che, come scrive giustamente Alloni, non permette di capire cosa effettivamente stia accadendo e quale sia la “normalità” di questo paese e del suo popolo in un momento così drammatico . Una situazione che sta mostrando i forti limiti del giornalismo contemporaneo, malato di sensazionalismo e sempre più orientato a diffondere “prodotti” da vendere nell’immediato piuttosto che a fornire analisi attendibili e un quadro realistico di un contesto di crisi . Le immagini o i filmati raccolti con i telefonini, gli interventi sul web sono materiali leggibili ma che trovano senso e una loro corretta collocazione solo se si ha la possibilità di capire cosa sta realmente accadendo . A questa diffusione di icone tragiche e strazianti di bambini uccisi e città distrutte e fumanti corrisponde infatti un atteggiamento omertoso e ambiguo da parte dei sistemi informativi e della politica globale . L’idea semplicistica e tutto sommato comoda che considera i ribelli

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come eroi impegnati contro il regime sanguinario e totalitario di Assad è un paliativo utile a intorpidire le coscienze (a meno che non si creda che sarà la magia degli scambi a far da collante e a risolvere in futuro i problemi dell’umanità) . Assad è certamente un dittatore criminale e omicida ma i suoi oppositori non sono da meno: le milizie formano infatti un fronte diviso (si parla di oltre duemila differenti sigle e gruppi) dominato da organizzazioni radicali islamiste e salafite, il cui obiettivo non è la creazione di un governo democratico ma l’edificazione nel sangue di uno stato teocratico . Nulla, dunque, che abbia a che fare con la democrazia, la promozione dei diritti umani e delle libertà individuali . E le stelle stanno a guardare . Perché la Siria è ancora (a prescindere da chi sostiene che la divisione in blocchi non esiste più e considera Putin un democratico) una nazione “cerniera”: il prodotto di una guerra fredda irrisolta e rispetto alla quale assumere posizioni risolute pare politicamente poco raccomandabile e non conveniente . Che poi esseri innocenti continuino a morire non sembra interessare un granché . Cordialmente, Fabio Martini HOFER BSW

Ticinosette n° 3 del 18 gennaio 2013


I ministri del plagio

L’esistenza di congregazioni di vocazione messianica o religiosa non è certo un fenomeno nuovo. Di fatto, tutte le religioni istituzionali sono nate come movimenti settari il cui credo era giudicato “eretico” rispetto alle confessioni preesistenti. Ma quali sono i meccanismi psicologici che sottendono l’attività di proselitismo nelle sette a orientamento totalitario? E quali le fasce sociali più esposte? di Mariella Dal Farra illustrazione di Bruno Machado

Agorà

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La differenza fra “setta” e “culto” è delineata nel Modello Stark-Bainbridge2 come segue: “Il movimento settario è una organizzazione religiosa di carattere deviante con credenze e pratiche di tipo tradizionale”. Generalmente la setta nasce quindi per scismogenesi, generalmente in ragione di dispute relative ad alcuni aspetti della confessione ufficiale (come accaduto, per esempio, fra protestantesimo e chiesa cattolica). “Il culto è una organizzazione religiosa di carattere deviante con credenze e pratiche di tipo innovativo”, prosegue la definizione, e può comparire per innovazione (di solito perché il membro fondatore asserisce di avere avuto una rivelazione) o per importazione da un diverso contesto culturale (per esempio, il buddismo nell’ambito delle società occidentali). Nella grande maggioranza dei casi, queste realtà rispondono semplicemente a un bisogno fondamentale degli esseri umani: quello che afferisce alla spiritualità, e che possiamo genericamente definire come il desiderio di sentirsi connessi a un insieme più vasto, che trascenda la finitezza della dimensione umana individuale. Vi sono però sette che strumentalizzano tale desiderio allo scopo di conferire potere (economico, psicologico o sociale) a una o più persone, che quasi sempre coincidono con la leadership del gruppo. Così, se è vero che le sette sono spesso state oggetto di pregiudizio ingiustificato, è altrettanto vero che come “alcuni nuovi movimenti religiosi si siano effettivamente resi colpevoli di attività criminali, che spaziano da semplici casi di frode agli orrori dell’Ordine del Tempio del Sole”3. Questa setta, conosciuta anche come l’Ordre du Temple Solaire (OTS), fu fondata a Ginevra nel 1984 da Luc Jouret, medico omeopata di origine belga, e Joseph Di Mambro, di nazionalità franco-canadese. Si trattava di una società segreta ispirata al mito dei Cavalieri Templari, che mescolava diverse tradizioni culturali fra cui gli insegnamenti dell’occultista Alister Crowley. Rigidamente gerarchizzata, la società era organizzata in “logge” e i membri accedevano ai diversi gradi di “conoscenza” durante “cerimonie che prevedevano costosi acquisti di gioielli, costumi, regalie e il pagamento di una tassa d’iniziazione”4. Nel 1994, i due leader guidarono 51 membri a un suicidio/


omicidio di massa che ebbe luogo in Svizzera e Canada; fra le vittime vi furono diversi bambini. Altre stragi legate alla setta si verificarono nel 1995 in Francia (Vercors, 16 vittime) e nel 1997 in Québec (5 vittime). La risonanza mediatica di tragedie di questa entità – per fortuna piuttosto rare, e che come tali non possono essere ritenute rappresentative dei movimenti settari, ma la cui efferatezza è suscettibile di innescare reazioni di vero e proprio panico sociale – ha spinto molti ricercatori a studiare le modalità di funzionamento di sette e culti reputati in varia misura distruttivi per coloro che aderiscono. A parere di molti, uno dei segnali che indicano un viraggio autoritario nell’organizzazione di un movimento settario è il passaggio dall’azione di proselitismo – compiuta nel rispetto della libertà di scelta dell’individuo – al reclutamento attivo degli adepti tramite manipolazione psicologica o il ricorso a tecniche di affiliazione preordinate.

vello più profondo, la propria identità. Il leader risponde in tal senso a un duplice bisogno: “salva l’adolescente dall’incertezza offrendo direzionalità e forti propositi, e fornisce un modello in cui identificarsi”8; (4) il bisogno di essere devoti a un causa: gli adolescenti sono tendenzialmente idealisti, molti desiderano genuinamente “fare la differenza”; alcune sette si fanno portatrici di questi slanci, soprattutto in relazione alle nozioni di giustizia, rispetto dell’ambiente, diritti umani ecc.; (5) famiglia surrogata: in una fase evolutiva durante la quale una moderata oppositività ai genitori è funzionale al processo di crescita, l’interruzione della comunicazione all’interno della famiglia o la sensazione di non essere amati/accettati è invece suscettibile di aumentare la vulnerabilità di un adolescente a seduzioni di tipo settario; non a caso, molte organizzazioni scelgono di incorporare nel proprio nome o nella propria comunicazione il termine “famiglia”.

Trappole sociali La più comune fra queste è il cosiddetto love bombardment o “bombardamento d’amore”: tipicamente, la persona viene invitata a un incontro dove i partecipanti si mostrano gentili e desiderosi di conoscerla; la sollecitudine e l’interesse dimostrati sono motivati sulla base di una qualche presunta affinità e procedono di pari passo all’azione di indottrinamento. La fase successiva è di solito costituita dal tentativo di isolare socialmente, e anche affettivamente, la persona dal proprio ambiente di origine (famiglia, amici, gruppo di appartenenza ecc.). Quando possibile, la “recluta” viene invitata a vivere insieme agli altri membri della comunità, per poi essere coinvolta in azioni di found raising o in attività funzionali al sostentamento della setta. Sebbene questo genere di organizzazioni tenda a cooptare chiunque vi si presti, è vero che la promessa di appartenenza e d’individuazione personale che solitamente le caratterizza trova una particolare risonanza presso i segmenti più giovani della popolazione, con particolare riferimento agli adolescenti. Nello specifico, sono state individuate cinque determinanti primarie che tendono a caratterizzare gli adolescenti in maniera trasversale, e che li renderebbero potenzialmente sensibili al richiamo di movimenti settari, volti o meno allo sfruttamento dei propri accoliti: (1) il bisogno di conformarsi: secondo Erikson5, nel costruire la propria identità, “l’adolescente ricerca persone e idee nelle quali avere fede, ovvero persone e idee al servizio delle quali possa dimostrare il proprio valore”6; (2) il bisogno di non conformarsi: “per loro natura, gli adolescenti sono dei puristi. […] L’esortazione Fai come dico, non come faccio può essere accettata da un bambino, ma verrà respinta con indignazione da un adolescente”7. Le numerose contraddizioni che caratterizzano la nostra società, e che spesso si manifestano all’interno del sistema familiare, possono esacerbare il desiderio di ribellarsi all’ordine costituito, e tale rifiuto può assumere la forma di un’adesione acritica nei confronti di quella che viene identificata come un’alternativa; (3) il bisogno di essere guidati: trattandosi di individui in formazione, gli adolescenti tendono a ricercare con particolare urgenza indicazioni su come orientare la propria condotta e, a un li-

Senza sfumature In generale, quindi, è possibile affermare che l’affiliazione a una setta offre agli adolescenti una risposta, spesso semplificata e talvolta disadattiva, al bisogno di trovare il proprio posto nel mondo: un’esigenza peraltro avvertita anche da molti adulti. Parimenti, per quanto riguarda i meccanismi che inducono le persone a permanere all’interno di una setta, adeguandosi a regole che magari in prima battuta vengono percepite come distoniche, la maggior parte degli autori concorda sulla centralità di costrutti sviluppati dalla psicologia sociale, quali la tendenza a uniformare il proprio giudizio a quello della Agorà maggioranza e il desiderio di appartenenza. Questi meccanismi, che normalmente, e in forma più o meno edulcorata, caratterizzano le interazioni sociali fra esseri umani, possono essere amplificate in maniera strumentale da procedure che indeboliscono la capacità di pensare criticamente. Senza ricorrere a concetti desueti come il “lavaggio del cervello”9, rivelatosi in larga parte privo di fondamenta scientifiche, è però innegabile che alcuni gruppi settari ricorrano, per rafforzare la coesione di gruppo, a quelle che Lifton10 definisce “tecniche di controllo del pensiero”. Tra queste figurano: isolamento dall’ambiente e censura delle informazioni provenienti dall’esterno (nonché di quelle che dall’interno procedono verso l’esterno); manipolazione dell’attenzione attraverso deprivazione del sonno, alterazioni della dieta, ripetuta attività fisica, condotte finalizzate a facilitare stati dissociativi (per esempio, ripetizione di sillabe, movimenti stereotipati della testa o del busto), inversione dei ritmi circadiani ecc., modifiche dell’aspetto esteriore (abbigliamento, postura, pettinatura), abolizione della privacy nell’ambito della vita comunitaria, manipolazione del senso di colpa e di vergogna attraverso l’istituzione della confessione pubblica, utilizzo di parole-chiave che diventano anche parole d’ordine atte a rafforzare la divaricazione fra mondo “esterno” e “interno”, la promessa di un “sapere superiore” a cui è possibile accedere conformandosi ai dettami della dottrina, una visione tenden- (...)

“Uno dei segnali che indicano un viraggio autoritario nell’organizzazione di un movimento settario è il passaggio dall’azione di proselitismo – compiuta nel rispetto della libertà di scelta dell’individuo – al reclutamento attivo degli adepti tramite manipolazione psicologica o il ricorso a tecniche di affiliazione preordinate”

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zialmente “manichea” della realtà e la conseguente incapacità di comprendere, o ammettere, contraddizioni e sfumature. Esperimenti di laboratorio hanno dimostrato come la sollecitazione di emozioni che comportano un aumento dell’attivazione fisiologica (rabbia, paura) tendano a inficiare la capacità di individuare le componenti persuasive contenute in un messaggio (per esempio, una comunicazione pubblicitaria). “In sintesi, i dati supportano l’ipotesi che l’intensificarsi dell’arousal psicofisiologico rafforzi la tendenza a processare le informazioni di tipo «sociale» in maniera stereotipata. […] Altre ricerche dimostrano come tecniche di compressione temporale, alterazione dei ritmi circadiani e sovraccarico informativo tendano a loro volta ad aumentare l’utilizzo di attribuzioni pregiudiziali. […] L’indebolimento della capacità attentiva determinata da questo genere di manipolazioni incrementa quindi il ricorso a schemi cognitivi semplificati, come gli stereotipi”11. Cogito ergo sum Oltre al depauperamento della capacità di giudizio, esperienze prolungate all’interno di sette a orientamento “totalitario” possono generare “sentimenti di colpa, dipendenza, bassa autostima, svalutazione personale, ansia e sfiducia”12 che, in alcuni casi, richiedono interventi riabilitativi di tipo psicoterapeutico, fra i quali la terapia di gruppo sembra costituire l’indicazione elettiva13. Per quanto riguarda la “prevenzione”, per sua natura preferibile alla cura, è opinione di chi scrive che l’unico metodo efficace di difendersi dal plagio psicologico – che sia di tipo religioso, ideologico, politico, commerciale o altro – risieda nell’educazione al pensiero critico. E cioè nell’abitudine a interrogarsi sulle esperienze, le motivazioni, le condotte, i pensieri, i sentimenti propri e altrui, e nella disponibilità a confrontarsi su questi temi. La capacità di discernimento che ne deriva costituisce la migliore garanzia della nostra autonomia di pensiero, e come tale andrebbe coltivata in maniera consapevole, a partire dall’istituzione scolastica.

per maggiori informazioni Per una panoramica esaustiva dei movimenti settari contemporanei si segnala il sito in lingua italiana del Centro Studi sulle Nuove Religioni - CESNUR (www.cesnur.org) fondato e diretto da Massimo Introvigne, coordinatore dell’Osservatorio della Libertà Religiosa costituito dal Ministero degli esteri italiano in collaborazione con Roma Capitale e autore di numerosi libri sull’argomento.

note Lee J. Richmond, “When Spirituality Goes Awry: Students in Cults”, Professional School Counseling, 10962409, giugno 2004, vol. 7, no. 5. 2 Chris Bader, Alfred Demaris, “A test of the Stark-Bainbridge Theory of Affiliation with Religious Cults and Sects”, Journal for the Scientific Study of Religion, 1996, 35 (3): pp. 285–303. 3 James T. Richardson, Massimo Introvigne, “Brainwashing Theories in European Parliamentary and Administrative Reports on Cults and Sects”, Journal for the Scientific Study of Religion, pag. 143. 4 http://en.wikipedia.org/wiki/Order_of_the_Solar_Temple 5 E. H. Erikson, Identity, youth and crisis. New York, Norton, 1994. 6 Lee J. Richmond, “When Spirituality Goes Awry: Students in Cults”, Professional School Counseling, 10962409, giugno 2004, vol. 7, no. 5. 7 Ibidem 8 Ibidem 9 Il cosiddetto brainwashing è un’espressione entrata in uso a partire dagli anni cinquanta negli Stati Uniti per riferirsi al trattamento subìto da alcuni soldati americani, caduti prigionieri durante la guerra in Corea e sottoposti a brutali forme di condizionamento per costringerli a firmare confessioni e petizioni. Il termine venne poi impropriamente applicata alle persone vittime di plagio da parte di sette, come nel famoso caso di Patty Hearst. Di fatto, “Appurato che all’interno dei culti si possano instaurare livelli estremamente elevati di controllo sociale, e che ciò non costituisce la manifestazione di un qualche bizzarro potere, sarebbe fuorviante e dannoso mitizzare questi meccanismi chiamandoli lavaggio del cervello.” Yvonne Walsh, “Deconstructing «brainwashing» within cults as an aid to counselling psychologists”, Counselling Psychology Quarterly, vol. 14, no. 2, 2001, pp. 119–128. 10 Robert J. Lifton, Thought Reform And The Study Of Totalitarism - A Study of ‘Brainwashing’ in China, New York, Norton and Co. 1961. 11 Robert S. Baron, “Arousal, Capacity, and Intense Indoctrination”, Personality and Social Psychology Review, 2000, vol. 4, no. 3, pp. 238–254. 12 Yvonne Walsh, op. cit. 13 Lorna Goldberg, William Goldberg, “Group work with former cultists”, National Association of Social Workers, Inc. 1982. 1


Anche noi potremmo ammaliarvi con un bel tramonto.

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Il teatro nel Pleistocene Per la sua nuova produzione teatrale – in scena al Foce di Lugano tra il 25 e il 27 gennaio prossimi – gli attori di CambusaTeatro hanno deciso di ispirarsi all’Homo neanderthalensis e ai primi Homo sapiens. Come hanno fatto? di Demis Quadri

Arti

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Al di là dell’effetto comico che un’operazione simile può generare, trasportare i problemi e i pensieri dell’umanità di oggi in un’altra epoca può essere utile soprattutto in due sensi. Prima di tutto ci può aiutare a sviluppare una sorta di distacco critico brechtiano verso la situazione attuale, spingendoci a capire che alcune cose non sono per forza scontate e immutabili come riteniamo. Secondariamente ci spinge a sfatare l’erronea sfiducia – additata anche da Viviano Domenici e Margherita Hack nel volume Notte di stelle (Sperling & Kupfer, 2010) – nelle capacità cognitive dei nostri antenati. Già solo questo basterebbe a fare del romanzo Il più grande uomo scimmia del Pleistocene scritto negli anni Sessanta dall’inglese Roy Lewis (Adelphi, 1992), una lettura degna di grande interesse. Ma la compagnia ticinese CambusaTeatro (www.cambusateatro. com) ha deciso di andare alla scoperta di un altro potenziale di questo capolavoro: la teatralità. Nella sua nuova produzione abbiamo quindi la possibilità di immergersi nel mondo dei nostri progenitori assistendo alle loro difficoltà quotidiane e alla scoperta di novità tecniche come il fuoco, la cottura della carne, l’arte figurativa e l’arco per la caccia. Ma i problemi degli antenati sono anche quelli dell’umanità di oggi: le relazioni interpersonali, i ruoli dei sessi, le inquietudini verso i grandi mutamenti scientifici, tecnologici e culturali.

uno sguardo sull’attività di preparazione che copre la maggior parte del tempo lavorativo di un attore professionista, abbiamo intervistato due protagonisti di questa impresa artistica. Marco Taddei, interprete della pièce e autore dell’adattamento teatrale del testo, racconta: “Leggendo più volte il libro di Lewis, mi sono accorto che era già teatrale. Ci sono molti dialoghi, per esempio, e i caratteri sono definiti in maniera chiara. I personaggi però sono molti, quindi per andare incontro alle esigenze della produzione ho dovuto riadattare la storia, riducendoli in modo che potessero essere interpretati da cinque attori. Per questo mi sono servito di un gioco metateatrale: da un lato ricorrendo a una narrazione molto vicina a quella del libro, e dall’altro sfruttando la possibilità di fare interpretare più personaggi a uno stesso attore. La cosa più difficile è stata capire cosa conservare dei fatti narrati nel libro, perché in teatro bisogna sintetizzare e capire cos’è essenziale nell’azione. Il regista comunque mi aveva detto di mantenere più spunti possibili, per avere molto materiale sul quale lavorare con gli attori. E infatti, è provando le scene che decidiamo cosa è meglio tenere e cosa no. Così mi trovo ad avere un ruolo strano: da una parte, come adattatore, mi dispiace tagliare le battute che ho scritto; ma dall’altra, da attore, so che nel teatro non bisogna affezionarsi alle parole, soprattutto quando sono solo letterarie...”

Indagare sull’evoluzione della specie Per scoprire come un testo letterario come quello di Roy Lewis possa trasformarsi in un allestimento teatrale e per proporre, invece della solita recensione di uno spettacolo,

L’attore e l’eterna “scoperta” Sul lavoro degli attori e del regista, in questo caso Matteo Alfonso, è quest’ultimo a esprimersi: “Per me ogni spettacolo è una creatura a sé stante, un universo che ha le sue regole. E allora noi siamo come ricercatori che devono trovare le leggi di quell’universo per farlo funzionare. Se alcune cose te le dice il testo, puoi scoprire il 90% di tali regole solo provando. Noi siamo partiti da un ibrido, cercando di fare di un romanzo uno spettacolo corale. In qualche modo è come se avessimo due protagonisti: Ernest, che ha la responsabilità narrativa di tutto lo spettacolo, ed Edward, suo padre, che è il vero protagonista e dà il titolo al romanzo. E allo stesso tempo abbiamo la contaminazione tra due generi: vi è infatti una favola, una storia di finzione, che però racconta un momento importante dell’evoluzione degli esseri umani, mostrando come progredire, andare avanti, implichi fatica e sacrifici. Per far convivere questi aspetti, abbiamo deciso di lavorare attraverso il gioco, che in fondo è un elemento fondamentale del teatro: utilizzando forme ludiche, in luogo di quelle naturalistiche, per risolvere i problemi che si presentavano. Per questo, se c’è un conflitto, è più facile che venga superato a colpi di arti marziali che attraverso i dialoghi. Questo ci aiuta anche a trovare una coerenza e una chiarezza nel linguaggio e nella


Arti

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struttura dello spettacolo, in modo da permettere allo spettatore di goderne senza troppa fatica. L’idea è che quando si va in scena vi sono due entità che devono essere felici: gli attori – che durante le prove hanno la possibilità di divertirsi, fare delle scoperte e crescere nel proprio mestiere – e il pubblico, che deve uscire dagli spettacoli contento e soddisfatto”. Forme teatrali “minime” Se si sceglie di portare attori e spettatori nel Pleistocene, si può immaginare la necessità di un grande investimento di mezzi in costumi, oggetti di scena e scenografia. Ma per questo spettacolo si è deciso di procedere diversamente, attraverso un teatro povero che riducesse al minimo i problemi di logistica, i costi di produzione e gli sprechi di materiali, favorendo invece la trasportabilità e il coinvolgimento imaginifico dello spettatore. “Quasi tutto quello che usiamo è frutto di riciclo,” spiega Matteo Alfonso. “L’idea è di usare un minimo di segni e di trasformarne il senso. Per creare un lago o un incendio utilizziamo della carta colorata. Un ramo può servire da lancia per la

guerra, da clava per la caccia, da bacchetta magica o da penna per scrivere. In questo modo gli attori non sono in una condizione di totale protezione offerta da oggetti e scenografie, ma hanno la responsabilità di disegnare un mondo da dentro. Per caratterizzare i personaggi abbiamo deciso che ovviamente non volevamo degli esseri umani del 2012, ma nemmeno degli scimmioni. Per questo abbiamo deciso di far evolvere i vari personaggi nel loro percorso: se il papà Edward, interpretato da Paolo Li Volsi, o lo zio Ian, una specie di Indiana Jones con lo zainetto impersonato da Marco Taddei, stanno già più eretti, i due figli, Ernest e Oswald, interpretati rispettivamente da Vito Saccinto e da Massimo Villucci, stanno a terra e sono più vicini alla condizione di scimmia. Per costruirli ci siamo mossi attraverso improvvisazioni che partivano da oggetti: per il personaggio di Elisa Conte, per esempio, era una pentola che bolle, mentre per quello di Ernest una trottola che gira. Abbiamo lavorato in gruppo, occupandoci tutti di ogni personaggio, in modo da non mettere al centro il singolo attore, dandogli tutta la responsabilità di trovare qualcosa. Così ognuno poteva prendere spunti anche da fuori e sentirsi un po’ più libero”.


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Tolstoj e la Siria In questi giorni ho trovato su internet una breve corrispondenza fra un lettore e il direttore della rivista “Internazionale”. Il lettore chiedeva ragguagli su come diventare giornalista. Domanda che ho sempre trovato bizzarra, almeno quanto interrogarsi su come diventare poeti o pittori di Marco Alloni

Media

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La risposta del direttore Giovanni De Mauro al giovane studente universitario che chiedeva consigli (“Internazionale” no. 979, 14/12/2012) è prevedibile quanto insufficiente: in buona sostanza, “impara l’inglese, leggi e scrivi”. Dei tre suggerimenti, almeno il primo ha però un sapore di sudditanza culturale alla storia. Dubito infatti che Montanelli conoscesse perfettamente l’inglese, ma se così fosse, non credo che tutti i grandi giornalisti del pianeta si siano avvalsi della conoscenza di quella lingua per ottenere una qualche rinomanza. È anzi del tutto evidente che i migliori giornalisti sono coloro che hanno soggiornato laddove la vera conoscenza della realtà non poteva prescindere dalla conoscenza della lingua del luogo. E con buona pace dei fautori dell’internazionalismo, almeno in quattro quinti del globo si parlano altre lingue. Quanto alla lettura e alla scrittura, sarebbe come consigliare a un falegname di conoscere il legno prima di intagliarlo. Lapalisse non avrebbe trovato di meglio. È vero invece che il giornalismo si impara molto di più al di fuori della scrittura e della lettura di quanto apparentemente si creda. Senza una basilare padronanza della lingua e della cultura in generale, è naturalmente vano pretendere di misurarsi con la carta stampata. Ma da qui a supporre che una realtà si possa capire e spiegare limitandosi a documentarsi sui testi che ne hanno parlato – siano essi saggi o reportage giornalistici, o la quotidiana lettura “kantiana” dei giornali – ne corre. Senza un debito rapporto diretto con la realtà, di cui si renderà poi conto nei cosiddetti “servizi” o “pezzi”, la descrizione del reale avrà sempre quella tinta un po’ sbiadita che appartiene alle corrispondenze via agenzia o agli articoli redazionali. Incontro alla realtà Sia dunque detto chiaramente: la realtà è molto più complessa della sua riduzione a notizia. L’evenemenzialità1 non la spiega se non in maniera generica. Affinché un mondo dischiuda i suoi significati – culturali, politici, sociali – è fondamentale che tale mondo sia osservato in presa diretta, per riconoscervi quella “vita” che spesso l’oggettività giornalistica sacrifica sull’altare della notizia. Da molti mesi si parla dell’eccidio in corso in Siria. Televisioni e giornali coprono la mattanza con puntigliosi resoconti giornalieri. Qualche coraggioso corrispondente raccoglie testimonianze sul terreno e ci spiega come la gente stia vivendo. Ma se potessimo compiere un sondaggio tra i lettori comuni, scopriremmo che alla quantità di informazioni ricavate dai media non corrisponde se non una limitatissima coscienza di che cosa

Ilya Efimovich Rapin, Ritratto di Lev Tolstoj, 1887, Tretyakov Gallery, Mosca

davvero significhi per i siriani quella guerra. Scopriremmo che della Siria la nostra cognizione è strettamente evenemenziale, e che da tale evenemenzialità ricaviamo soltanto la parte più raccapricciante. Della Siria come “normalità” non sapremmo dire alcunché, e della sua ordinarietà e quotidianità avremmo un’immagine del tutto sfumata. In questo senso credo quindi che suggerire a un aspirante giornalista di scrivere, leggere e imparare l’inglese sia per così dire un atto di complicità con il giornalismo più convenzionale. E che a un giovane che intenda intraprendere quella carriera sia forse più saggio consigliare di non dimenticare un semplice precetto: che la realtà è là dove si trova. E se di tale realtà intende rendere edotti i suoi ascoltatori o lettori è bene che le vada incontro, vi aderisca, la faccia propria e ne riconosca palmo a palmo la complessità, i dettagli e le contraddizioni. Solo allora si sentirà nelle condizioni e nel diritto di spiegarne ad altri il senso.


Veduta di Damasco (immagine tratta da www.meridianionline.org)

Letteratura e giornalismo Una volta di questa copertura del reale si occupava la letteratura, oggi i tempi della comunicazione le hanno sottratto lo scettro. Ma se ci pensiamo bene quello che faceva la letteratura il giornalismo non è riuscito a rimpiazzarlo. Che noi si conosca oggi la Siria attraverso i media meglio di come si sia conosciuta la Russia attraverso Tolstoj è infatti cosa che solo in pochi credo sarebbero disposti a sostenere. Ma se così stanno effettivamente le cose, la domanda diventa:

vuoi davvero diventare un bravo giornalista dedicandoti solo alla lettura, alla scrittura e all’inglese? Benissimo. Ma sappi che quello che racconterai, in questo modo, non sarà la realtà ma solo i suoi fatti. E, credimi, le due cose non sono affatto la stessa cosa. note 1 Tendenza storiografica che ha come oggetto di indagine i singoli avvenimenti anziché la ricostruzione di una fase storica attraverso un’articolata sintesi delle strutture e delle idee che la contraddistinsero.

La fallimentare revisione della Legge sulla pianificazione del territorio significa:

Berna vuole pianificare il Ticino! La pianificazione del territorio è sempre stata un compito dei comuni e dei cantoni. Le autorità comunali e cantonali conoscono al meglio i desideri della popolazione e delle aziende locali – a questo livello possono essere trovate le soluzioni più indicate. Ora tutto ciò dovrebbe finire: la revisione della LPT vuole centralizzare le competenze. Le decisioni importanti inerenti alla pianificazione del territorio saranno in futuro prese nella Berna federale. I cantoni e i comuni saranno messi sotto tutela – dovranno eseguire gli ordini da Berna. Comitato apartitico «NO alla fallimentare revisione della LPT», Casella postale 8166, 3001 Berna

www.revisione-lpt-no.ch

Perciò il 3 marzo

NO Revisione LPT


» testimonianza raccolta da Gaia Grimani; fotografia di Flavia Leuenberger

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Rosanna Pozzi Graf

Vitae

tuttora, di anno in anno: a Kikwit, una scuola che ospita una sessantina di ragazzi ipovedenti o ciechi, un centro nutrizionale e un foyer per adolescenti orfani; a Djuma, un orfanotrofio, dove vivono 130 bambini orfani di madre, un fondo di aiuto sanitario e la sartoria per donne vedove; a Kahemba, la lotta contro una terribile malattia: il konzo o paralisi spastica, dovuta a un uso improprio della manioca, causato dalla scarsità dell’acqua. Qui si attua un lavoro preventivo, portando acqua da una sorgente distante 10 km, e riabilitativo, sostenendo un centro di fisioterapia. È nata in ascensore, mostrando subito C’è poi il “progetto-scuola” una propensione per l’insolito. Oggi tra- che ha consentito la ricostruscorre gran parte del tempo in Congo per zione di una scuola fatiscente a Kikwit, il rifacimento e il dare aiuto e una prospettiva a bambini rinnovo dell’arredo di quella orfani e non vedenti di Kanzombi e, in settembre 2012, l’inaugurazione della una volta che non riteneva “Scuola di formazione continua per gli insené utile, né conveniente far gnanti” di Kikwit e dintorni. Tutto ciò è reso studiare le ragazze. Preso il possibile dalla creazione dell’associazione: diploma, il primo anno ho “Solidarietà con i bambini del Congo-Zaire” esercitato a Cabbio, con 17 e dalla collaborazione con l’associazione alunni di cinque classi di“Amici di padre Mantovani”. verse. È stata l’esperienza più Perché tanti progetti destinati ai bambini? bella della mia vita. Ho poi Perché se si vuol cambiare qualcosa laggiù, insegnato a Vacallo per tre lo si può fare solo attraverso i bambini che anni e poi, dopo il matrimorappresentano il futuro del paese. Se una nio e la nascita dei figli, ho persona desidera mettersi a disposizione può fatto una pausa di cinque venire con noi e lavorare sul campo, oppure anni. Dopo aver ripreso, sono può aiutare sia i bambini ciechi che gli orfani passata alla scuola maggiore tramite i padrinati, o partecipare ai mercatini e successivamente alle medie che organizziamo per recuperare un po’ di dove ho concluso la carriera. fondi. Abbiamo creato anche un sito (www. Ed è stato negli ultimi anni di solidarietabimbicongo.org). scuola che è iniziata, per caso, Ho ereditato la sensibilità per il prossimo da l’esperienza africana. mia madre. Lei mi ha insegnato la solidarietà e Avevo sempre desiderato anla generosità fino all’estremo. Quando c’è stata dare in Africa. Un giorno il l’alluvione nel Polesine, per esempio, ha dato mio vicino di casa mi ha chietutti i nostri vestiti agli alluvionati e noi siamo sto se ero interessata a partecirestate senza cambio. Ma lei non si è persa pare a un corso di formazione d’animo: dopo il bagno, che allora si faceva una per insegnanti di scuola privolta alla settimana, ci metteva a letto, lavava maria in Zaire, poiché lui, gli abiti che avevamo addosso, li metteva ad che era stato interpellato, non asciugare sulla stufa e si alzava alle cinque del poteva accettare. Era il 1989 e mattino per stirarceli. Quando ci svegliavamo, cominciava un’avventura che avevamo il cambio pulito da indossare. Se non non è ancora finita. Durante i avessi imparato la solidarietà da un esempio soggiorni laggiù sono emerse simile, sarei una figlia indegna. a poco a poco tante necessità, Spero di poter vivere abbastanza a lungo per ho preso atto concretamente poter andar in Congo per tanti e tanti anni dei bisogni di quelle persone ancora. Prima dicevo di volerci andare fino e sono nate molte iniziative agli ottanta anni, adesso penso che, se starò che durano e si sviluppano bene, potrò continuare un po’ di più.

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olte cose della mia vita sono state avventurose: per esempio, sono nata in ascensore. Si era durante la seconda guerra mondiale. La mia mamma, presa dalle doglie, aveva chiamato un taxi che arrivò con gran ritardo. Alla maternità, mentre ci portavano in ascensore in sala parto, ho pensato bene che ero stufa di aspettare e così sono nata. Sono cresciuta a Pizzamiglio (Vacallo) fino all’età di 5 anni e ho un ricordo della guerra che mi è rimasto impresso: mia nonna mi stava accompagnando all’asilo e, a un certo punto, sono suonate le sirene. Lei allora è tornata a casa, dicendomi di proseguire da sola. Mentre camminavo, ho visto dietro una siepe tanti soldati a terra col fucile spianato. Mi sono spaventata a morte e ho cominciato a piangere disperata: allora uno di loro mi ha preso in braccio e mi ha condotta all’asilo. Avevo forse quattro anni. Ho avuto un’infanzia molto felice, serena, con Natali bellissimi in cui eravamo più di venti a tavola, e giochi infiniti con i miei cugini che spesso venivano da noi. Ero un po’ spericolata e la mia mamma mi affidava mia sorella minore, convinta che, avendo quella responsabilità, avrei rigato diritto. Sennonché, non solo non ci badavo, ma me la portavo dietro: una volta sono addirittura scesa da una parete ripidissima per andare in una grotta con lei sulle spalle, raccomandandole di non mollare la presa. Quando siamo arrivate in fondo, avevo il segno delle sue unghiette sul collo: io avevo nove anni, lei uno. Ero abbastanza ribelle e volevo avere sempre l’ultima parola: sono però convinta che, pur dando alla mamma tanto filo da torcere, ero un po’ la sua prediletta, perché avevo realizzato, studiando, ciò che avrebbe voluto fare lei stessa. Ho scelto di diventare maestra e l’ho voluto con tutte le mie forze contro la mentalità di


C a r da da - C i m e t ta

La vista infinita a cura della Redazione; fotografie di Reza Khatir


sopra: un panorama imperdibile a due passi dal centro di Locarno; in apertura: il Lago Maggiore visto dalla piste di Cimetta (1671 metri)



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ino agli anni Cinquanta, Cardada e Cimetta erano conosciute quasi esclusivamente dagli appassionati di sport invernali. Nel 1952 iniziarono i lavori di costruzione del primo impianto, nel ’56 fu costruita la seggiovia e in seguito vennero realizzati anche gli impianti di skilift. Panorami suggestivi e mozzafiato fanno di Cardada una località unica in Ticino e una meta ideale per le vacanze e il

tempo libero durate tutto l’anno, un luogo in cui rigenerarsi, passeggiare e scoprire la natura immersi nella natura e nei boschi di faggi, larici, castagni e betulle. Con i suoi 1340 metri s.l.m. Cardada si innalza in una regione caratterizzata da un clima particolarmente favorevole e la sua esposizione a sud offre un soleggiamento costante, che assicura temperature miti anche in inverno.


Nella natura, a due passi dalla città Nella stagione invernale, quando la montagna si copre della coltre nevosa, Cardada si trasforma in un paesaggio incantato tutto da scoprire, ma comodamente servita da ben sei ristoranti e capanne di montagna, dove è possibile ristorarsi e deliziarsi con i tipici piatti ticinesi. Tre percorsi invitano a esplorare la zona con le racchette da neve e, nelle notti di luna

piena, vengono organizzate suggestive gite di gruppo con le racchette da neve (Per partecipare è necessario iscriversi, tramite info@cardada.ch, oppure chiamando lo 091 735 30 30). In tutte le stagioni è possibile percorrere la passerella che si inoltra nel bosco, una fuga architettonica che pare gettarsi nel Verbano e vi proietta nel panorama prealpino: da questo punto la vista sul Lago Maggiore e sulle valli circostanti è sorprendente. (...)


nelle pagine precedenti: Cardada-Cimetta è un luogo di svago ideale, per grandi e piccini in questa pagina: anche i ristoranti offrono punti di vista spettacolari (sopra); la seggiovia che conduce a Cimetta viaggia in parallelo all’asse di guida e permette di apprezzare la vista sia verso nord (mentre si sale) sia verso su sud (scendendo) nella pagina di destra: la passerella panoramica è accessibile in tutte le stagioni. Un pannello permette di riconoscere le numerose cime visibili, compresa la vetta più alta della Svizzera, la Punta Dufour (4634 metri) del massiccio del Monte Rosa

Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Locarno ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI e il CISA a Lugano. www.khatir.com


“Sul cuccuzzolo della montagna” A Cimetta, il punto più alto (1671 metri), è presente l’Osservatorio geologico dal quale si possono ammirare, contemporaneamente e soltanto da qui, il punto più basso della Svizzera (Ascona e lo specchio del Lago Maggiore, 194 metri) e il punto più alto (Punta Dufour nel massiccio del Monte Rosa, 4634 metri). Lo spazio circolare dell’Osservatorio si inserisce come una piattaforma tra le rocce. Qui viene sviluppato il tema “l’orizzonte delle rocce, la collisione tra due continenti”. La piazza è in effetti attraversata da una retta riferita alla Linea Insubrica, che separa la placca europea da quella africana, scontratesi milioni di anni fa. La linea è visibile dai satelliti ed è spiegata in questo osservatorio, che presenta e descrive rocce e minerali delle due diverse placche. Una cima, tante attività sportive Questa splendida montagna a pochi minuti di risalita da Piazza Grande accoglie anche d’inverno i più intrepidi, che si divertono a sorvolare il Locarnese. Da qui decollare è un gioco da ragazzi e di conseguenza questo punto è molto ricercato e apprezzato da istruttori e allievi di parapendio, ma anche da quei piloti che desiderano lanciarsi per voli di lunga durata. I club Volo libero Ticino e Mountaingliders propongono voli biposto adatti a tutti, accompagnati da piloti esperti. Le piste da sci di Cimetta – gestite da Nuove Sciovie Sci Club Cardada – sono perfette per gli sciatori che non amano compiere lunghi viaggi per arrivare a destinazione, ma vogliono

passare qualche magnifica giornata di sole all’insegna del divertimento sulla neve. Lungo le tre piste che si snodano attraverso l’incredibile panorama descritto in precedenza, è possibile praticare lo sci durante ogni sabato e domenica, durante le vacanze di Natale, di Capodanno e di Carnevale (temperature fuori stagione permettendo...), oltre alla settimana bianca delle scuole prevista l’ultima settimana di gennaio. Meta ideale per le famiglie, Cimetta è adata anche ai principianti: la Scuola Sci Cardada organizza ogni anno corsi di sci e snowboard per ogni fascia d’età, sotto la guida di maestri esperti e qualificati. Inoltre, è possibile noleggiare scarponi, sci e snowboard direttamente sul posto. Per qualsiasi informazioni inerente la pratica dello sci e le piste vi rimandiamo al sito internet www.sciclubcardada.ch oppure è possibile chiamare i numeri 091 743 03 34 (solo sabato e domenica) e 078 721 93 35.

per informazioni Cardada Impianti Turistici SA, via Santuario 5, 6644 Orselina Sci Club Cardada, casella postale 150, 6600 Locarno www.cardada.ch www.sciclubcardada.ch www.scuolascicardada.ch ringraziamenti Un sentito grazie aIla signora Ingrid Di Giulio, assistente direzione e responsabile marketing della Cardada Impianti Turistici SA, per la cortesia, la collaborazione e le preziose informazioni. Si ringrazia per la grande disponibilità anche il vice capo tecnico degli impianti, Jonathan Margaroli.


Stampare in 3D la contro-rivoluzione industriale Tendenze p. 44-45 | di Mariella Dal Farra

“Peter Schmitt, ricercatore al MIT, sta stampando qualcosa che somiglia a una vecchia pendola. Ha dovuto apportare qualche aggiustamento al file ma alla fine ha estratto la pendola di plastica dalla stampante tridimensionale; l’ha appesa al muro e ha tirato il contrappeso. La pendola ha iniziato a ticchettare” Tratto da “3D printing. The printed world”, The Economist, 10/2/2011

Nella visione materialistica di Karl Marx, “l’essenza dell’uomo non è riposta nel rapporto dell’uomo con se stesso, cioè nella sua interiorità o spiritualità: essa si forma e si sviluppa nel corso dei rapporti dell’uomo con gli altri uomini e con la natura: rapporti che non sono determinabili una volta per sempre, ma che variano col variare dei modi di produzione e delle forme dell’organizzazione sociale”.1 Se il “modo di produzione” è centrale nell’organizzarsi della collettività umana – pensiamo per esempio all’emergere di nuove classi sociali durante la prima rivoluzione industriale –, allora è possibile che si stia approssimando una nuova mutazione antropologica in quanto, fra poco, il processo di fabbricazione degli oggetti potrebbe modificarsi in maniera sostanziale. Parliamo della cosiddetta “produzione additiva” (o “a strati”) la quale, al contrario delle tradizionali metodologie “sottrattive”2, nasce dall’unione di materiali la cui modellazione è guidata dal file di un oggetto tridimensionale elaborato su computer.

Produrre oggetti “da sé” L’esempio più eclatante di questa tecnologia è la stampante 3D, che produce oggetti tramite “stratificazione” di materiali, omogenei o spuri (polimeri, metalli, malte di gesso, resine), e il cui costo si è negli ultimi anni talmente ridimensionato da potere, presumibilmente entro breve, essere acquistata per uso “domestico”. La categoria di oggetti realizzabili è alquanto eterogenea, e include: “protesi mediche o dentali, gioielli, scarpe da calcio disegnate per un singolo giocatore, paralumi, componenti meccaniche per auto da corsa, batterie e cellulari personalizzati”3. A titolo esemplificativo, se sto cucinando un piatto che richiede l’impiego di una particolare casseruola, non sarà più necessario che mi rechi al negozio di articoli casalinghi per acquistarla: con il file dell’oggetto (e una stampante 3D) potrò materializzarne una in casa nel giro di poche ore. Tornando a Karl Marx, secondo il quale chi possiede le macchine governa il capitale, potremmo dire che stiamo per diventare tutti “capitalisti”, nella misura in cui ciascuno potrà fabbricare quanto gli serve in proprio: un cambiamento suscettibile di ridimensionare sensibilmente la produzione su larga scala, forse fino a mettere in crisi il concetto stesso di fabbrica. Questo implicherebbe una completa trasformazione della natura del lavoro, che non verterebbe più sulla produzione di oggetti bensì sull’elaborazione di file: una vera e propria mutazione merceologica del bene di consumo, che diverrebbe ancora più immateriale di quanto non sia già. “Gli analisti di settore prevedono che milioni di consumatori si abitueranno a scaricare manufatti personalizzati, prodotti digitalmente, per stamparli a casa o in ufficio”4. E infatti, dall’inizio del 2012, The Pirate Bay, il più importante sito di condivisione di files peer-to-peer, ha aggiunto una categoria denominata Physibles5: “oggetti digitali concretizzabili”6 fra i quali attualmente figurano una pipa, una “forchetta di transizione”, “la mia prima auto” e il busto di Zuckerberg, inquietante complemento d’arredo da collocare, per esempio, sulla scrivania, fra il computer e la stampante (naturalmente 3D).


Vite personalizzate Storicamente, rivolgimenti di questa entità, con particolare riferimento alle rivoluzioni industriali, hanno avuto enormi ripercussioni, determinando per esempio i fenomeni di urbanizzazione e la nascita delle città. Le transizioni sono state accompagnate da tensioni, suscettibili di evolvere in lotta di classe. Non è difficile immaginare la possibilità di una nuova forma di “luddismo”, dove l’attacco alle “macchine” che distruggevano il lavoro artigianale venga sostituito dall’attacco agli script che renderanno desueta la produzione industriale. Paradossalmente, non sussistendo più la necessità di produrre “in serie”, la tecnologia additiva consentirà una sempre maggiore personalizzazione dei prodotti, riscoprendo in un certo senso l’artigianato in forma “digitale”. Questa tendenza potrebbe ridefinire la globalizzazione così come l’abbiamo conosciuta finora, e cioè come il progressivo uniformarsi del mercato, a favore di una sempre più diffusa “unicità” di ciascun pezzo in uso.

nelle immagini Due modelli di stampanti 3D: la “3Drag” prodotta dalla italiana Futura Elettronica (sotto) e il modello da autocostruirsi a casa “Fab@Home”, con componenti delle aziende Automated Creation Technologies e Koba Industries (a sinistra)

note 1 www.treccani.it/enciclopedia/karl-marx/ 2 Le produzioni sottrattive “ritagliano” l’oggetto da una quantità di materiale tendenzialmente maggiore di quella che costituisce il prodotto finito, e richiedono la preparazione preliminare di uno “prototipo”; per questo motivo, i costi di produzione tradizionale sono tali da potere essere ammortizzati solo su scala industriale. 3 www.economist.com/node/18114221 4 Jeremy Rifkin, La Terza Rivoluzione Industriale. Come il “potere laterale” sta trasformando l’energia, l’economia e il mondo, Mondadori, 2011. 5 Gioco di parole fra physical, “fisico” e feasible, “realizzabile”, “attuabile”. 6 www.gizmag.com/the-pirate-bay-physibles-3d-printing/21208/

NOVITÀ LIBRARIE

dodicisette

I FOTOGRAFI DI TICINOSETTE. CATALOGO DELLA MOSTRA

Questo volume offre l’opportunità di ammirare una selezione di fotografie pubblicate in anni recenti su «Ticinosette» e realizzate da dodici fotografi che provengono da diversi settori della fotografia professionale ticinese e svizzera. Un centinaio di affascinanti immagini, un volume di indubbio interesse e una testimonianza della vitalità della fotografia elvetica contemporanea. Alcuni dei servizi fotografici presenti in questo elegante volume sono stati premiati nelle ultime edizioni dello «Swiss Press Award», importante concorso al quale partecipano tutte le maggiori testate nazionali. Tra i fotografi presenti nel catalogo ricordiamo Reto Albertalli, Didier Ruef, Giosanna Crivelli, Katja Snozzi, Matteo Aroldi, Jacek Pulawski e Reza Khatir. Le immagini sono visibili sino al 27 gennaio 2013 nella mostra «12 x 7» presso Casa Cavalier Pellanda, Biasca.

FORMATO PAGINE FOTOGRAFIE AUTORI PREZZO

21 x 29.5 cm 116 117 12 fotografi Fr. 30.– (spese di spedizione incluse)

Vogliate inviarmi «dodicisette» al prezzo di Fr. 30.– al seguente indirizzo: NOME / COGNOME VIA / LOCALITÀ QUANTITÀ ESEMPLARI

SalvioniEdizioni

DA RITORNARE A SalvioniEdizioni . Via Ghiringhelli 9 . 6500 Bellinzona Telefono 091 821 11 11 . Fax 091 821 11 12 . libri@salvioni.ch . www.salvioni.ch Questo volume è anche reperibile nelle migliori librerie ticinesi.


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Astri toro

gemelli

cancro

Se aspettate notizie il 20 gennaio è la giornata che fa per voi. Sole e Mercurio entrano contemporaneamente nella vostra undicesima casa solare. Attività di gruppo rivolta alla realizzazione di un vostro progetto.

Dal 20 gennaio pianeti di transito nella decima casa solare. Dovete riuscire a coniugare il bisogno di controllo con il desiderio di indipendenza sia vostro sia del partner. Emotività tra il 20 e il 21.

Dal 20 in poi si apre un formidabile “stellium” nel segno dell’Acquario corrispondente ai valori della vostra nona casa solare. Incontri e colpi di fulmine. Allargamento dei vostri orizzonti. Opportunità professionali.

Numerosi pianeti fanno, o hanno fatto, il loro ingresso nella vostra ottava casa solare. Intuiti premonitori. Momento fortunato per i più creativi se liberi da ogni forma di condizionamento familiare e/o sociale.

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Mercurio e Sole in opposizione dal 20 gennaio in poi. Attenti a quello che dite e a come lo dite. Potrebbe sfuggirvi un sms o una email di troppo. Scelte inaspettate per i nati nella prima decade pungolati nel vivo.

Intensificazione delle relazioni di lavoro. Particolarmente fortunati i settori riconducibili all’informatica, alla comunicazione e alla progettazione. Avvaletevi di ogni possibilità lecita senza esitare.

Il 20 gennaio è segnato dall’arrivo di Mercurio. Si apre per i nati nella prima decade il mondo dei grandi affari e delle grandi opportunità. Il 22 e il 23 la Luna vi aiuta, l’opposto accade tra il 24 e il 26.

Con Mercurio e Saturno in quadratura non è il momento adatto per portare avanti una trattativa d’affari. Le parole potrebbero essere fraintese. Incontri sentimentali per i nati nella seconda decade favoriti da Venere.

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acquario

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Troverete facile risoluzione a una possibile vertenza grazie a una originale manovra di mediazione. Flirts con persone più giovani. Tra il 22 e il 23 provate a liberarvi dall’ansia scaricandovi attraverso uno sport.

Con l’arrivo il 20 gennaio di Mercurio e Sole nella vostra seconda casa solare si apre una nuova fase nella gestione delle risorse finanziarie. Favorito lo sviluppo di soluzioni tecnologiche. Cambio d’immagine.

Con Sole e Mercurio nel vostro segno si apre un periodo magico. Determinati procedete nella realizzazione dei vostri desideri. Risoluzione di un vecchio problema. Decisive le giornate tra il 22 e il 23 gennaio.

Grazie all’arrivo di Mercurio nella dodicesima casa si apre una nuova fase della vostra vita segnata da fatti, persone ed eventi inaspettati. Incontri con presone originali. Seducenti tra il 20 e il 21 gennaio.

» a cura di Elisabetta

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Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 24 gennaio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 22 gen. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Maialini • 10. Bel paese malcantonese • 11. Mare del Mediterraneo • 12. Tolto dal dentista • 14. Intestazioni • 15. Devote • 17. Reati senza pari • 18. Tipico cappotto austriaco • 20. Nanni, regista e attore • 21. Ispidi • 23. Abitavano l’Olimpo • 25. Finestre a due aperture • 27. Articolo maschile • 28. Hanno gli occhi a mandorla • 29. Il fiabesco Pan • 31. Il nome di Frassica • 33. Antenato • 34. Fine... inglese • 36. Consonanti in sedia • 37. Ortaggio insulso • 39. Pallidissimi • 41. Località grigionese • 42. Ha la voce fioca • 43. Freddo intenso • 44. Lo rode il cane • 45. Il nome della Occhini • 47. Precede la decima • 49. Cifra imprecisata • 51. Torna sempre indietro • 52. Radice commestibile. Verticali 1. Elemento di confronto • 2. Vale a dire • 3. Ofidi • 4. Complesso canoro • 5. Metallo alcalino • 6. Ebbe la moglie tramutata in statua di sale • 7. Inattivi • 8. Il Nichel del chimico • 9. Leggera imbarcazione • 13. Meravigliarsi, sbalordirsi • 16. Connaturato, peculiare • 19. Proteggersi, cautelarsi • 22. Dittongo in lieto • 24. Innalzare • 26. Preposizione semplice • 28. Mezza cena • 30. Un amico di Pluto • 32. Astio • 35. Consonanti in noce • 38. Occhiello • 40. Un vino né bianco, né rosso • 44. Impronta • 46. Un dato anagrafico • 48. Ohio e Cuba • 50. La fine della Turandot.

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Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Elisabetta Pesenti viale C. Olgiati 13a 6512 Giubiasco Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: tre carte giornaliere “Arcobaleno”

Più vicino a voi. Nuova Tariffa Integrata Arcobaleno www.arcobaleno.ch

Arcobaleno mette in palio una carta giornaliera di 2a classe (per tutte le zone) a tre lettori di Ticinosette che comunicheranno correttamente la soluzione. Il valore complessivo dei premi è di CHF 156.–

I biglietti Arcobaleno sono la grande novità della nuova Tariffa Integrata. Con la carta giornaliera si viaggia tutto il giorno all'interno delle zone prescelte, interrompendo e riprendendo il viaggio quante volte si desidera, fino alla chiusura dell'esercizio. La carta giornaliera offre 6 viaggi al prezzo di 5. Maggiori informazioni su www.arcobaleno.ch

Giochi

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La nuova Volvo V40 Cross Country è stata creata per voi. Questa cinque porte compatta colpisce per la sua robustezza e il design dinamico particolarmente espressivo. Unisce quotidianità e avventura come in un gioco. Un concessionario Volvo nella zona sarà lieto di mostrarvi la Volvo V40 Cross Country in occasione di un giro di prova, anche fuori strada.

La nuova Volvo V40 Cross Country

L’alpinista

volvocars.ch ZSAnz_Ticino7_CrossCountry_210x295_i.indd 1

21.12.12 16:56


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