Ticino7

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№4

del 25 gennaio 2013

con Teleradio 27 gen. – 2 feb.

Cure mediche

MAgiA e sAluTe


Corsi per pazienti e incontri per pazienti e familiari Prendono avvio le attività… “Si unisca al gruppo!” Sopraceneri Arteterapia, Bellinzona Feldenkrais®, Bellinzona e Locarno Acquagym, Gerra Piano Movimento e sport - ginnastica all’aperto, Tenero Cibo e salute, Bellinzona

Sottoceneri Arteterapia, Lugano Feldenkrais®, Lugano Acquagym, Savosa Spazio accoglienza conviviale, Lugano Cibo e salute, Lugano

I “Gruppi di parola” per pazienti e familiari hanno luogo ogni quindici giorni dalle 16:00 alle 17:30 nelle sedi della Lega ticinese contro il cancro di Bellinzona, Locarno e Lugano.

Informazioni e iscrizioni:  091 820 64 20

 info@legacancro-ti.ch

 www.legacancro-ti.ch


Impressum Tiratura controllata 70’634 copie Chiusura redazionale venerdì 18 gennaio Editore Teleradio 7 SA, Muzzano Redattore responsabile Fabio Martini Coredattore Giancarlo Fornasier Photo editor Reza Khatir Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55 Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs Stampa (carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona Pubblicità Publicitas Publimag AG Mürtschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich Tel. +41 44 250 31 31 Fax +41 44 250 31 32 service.zh@publimag.ch www.publimag.ch Annunci locali Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch In copertina Con la forza delle mani... Illustrazione di Alessia Passoni

Agorà Magia e salute. Il caso svizzero Arti Philip Roth. La scommessa

di

Laura di CorCia

di

MarCo aLLoni

Società Industria dell’auto. Togliattigrad Incontri Il postino

di

di

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Fabiana TesTori. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Gaia GriMani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Pensieri Una sera d’inverno Vitae Sandra Sain

di

di

aLessandro TabaCChi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

niCoLeTTa barazzoni

Reportage Social portrait

di

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Fabio MarTini; FoTo di siMone MenGani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Tendenze Miele. Cibo degli dei

di

4 6 8 10 11 12 37 44 46 47

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Marisa Gorza . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Cruciverba / Concorso a premi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .

(Para)venti di guerra Nel momento in cui scriviamo, le agenzie di stampa battono il bilancio dell’intervento delle forze speciali algerine nell’impianto di In Amenas, teso a liberare il personale tenuto in ostaggio da milizie radicali jihadiste . Si parla di 30 morti fra il personale dell’impianto, oltre a 15 terroristi, ma si tratta di stime . L’azione islamista va intesa come rappresaglia in risposta al recente intervento militare francese in Mali, che vede il sostegno di gran parte della popolazione francese e che è stato presentato ai media come risposta a un’improvvisa emergenza democratica . Intendiamoci, il fatto che nel corso degli ultimi anni si sia verificato nel Sahel un rafforzamento dei gruppi islamisti armati – filiazione in parte del GIA (Groupe islamique armé) e di una miriadi di altre organizzazioni riconducibili al gruppo salafita Ansar Dine e ad Al Qaeda – è fuori discussione . Così come è indubbia la situazione di debolezza e profonda corruzione dei regimi presenti nell’area, in ragione delle pressioni francesi e occidentali legate a evidenti motivi di approvvigionamento energetico . Qualche dato, per capire meglio . Il Mali è una delle regioni al mondo più ricche di uranio (senza contare l’oro, il gas e gli idrocarburi): il giacimento di Falea,

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la cui esplorazione è affidata alla compagnia canadese Rock Gate, viene stimato intorno alle 5000 tonnellate . Nel nord-est del paese, nella zona di Gao e di Kidal sono presenti altri importanti giacimenti di uranio rispettivamente scoperti dalla canadese Bayswater Uranium Corporation e dalla compagnia australiana Oklo Uranium Limited . Ma non è tutto, nell’area settentrionale del Niger, al confine con il Mali, la società Areva (ex Cogéma, multinazionale francese attiva nel campo del nucleare) estrae da 40 anni uranio indispensabile al paese europeo . Con le sue 19 centrali, i suoi 58 reattori, a cui si aggiungono i propulsori nucleari di portaerei e sottomarini, non sorprende quindi che la Francia abbia dato il via all’iniziativa militare al fine di mantenere saldo il controllo sulla regione . Paradosso dei paradossi, sempre da notizie odierne di agenzia, durante i bombardamenti di questi giorni sarebbero stati utilizzati dai francesi ordigni a uranio impoverito . La situazione, ovviamente si complica . Siamo tutti “liberali”, Hollande compreso, ma iniziamo allora a dire le cose come stanno, anziché nasconderci dietro il debole e alquanto sottile paravento dell’emergenza democratica . Cordialmente, Fabio Martini HOFER BSW

Ticinosette n° 4 del 25 gennaio 2013


Magia e salute. Il caso svizzero

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Agorà

Può una pratica sui generis come la preghiera a distanza entrare nel tempio della scienza? Nella Svizzera francese questo accade in molti ospedali e cliniche private, per esempio allo Chuv e a La Source di Losanna. Un fenomeno che trova sostenitori e detrattori anche fra la classe medica di Laura Di Corcia

D

i certo potrà sorprendere, ma nei reparti d’urgenza di alcuni importanti centri ospedalieri svizzeri vengono utilizzate liste magiche e segrete, con nomi di guaritori che sostengono di avere un collegamento diretto coi mondi invisibili e di facilitare, tramite la loro opera di intermediari, la guarigione. “Le secret” – così viene comunemente chiamata questa pratica – funzionerebbe soprattutto sulle ustioni, ma vi si ricorre anche per altre patologie, dalle malattie della pelle, all’herpes fino ai casi più gravi. L’aspetto interessante, al di là del successo che vanta fra i malati delle regioni francofone, è la grande apertura che si riscontra nei centri ospedalieri verso queste terapie al confine fra religione e magia, nei confronti delle quali la scienza nutre da sempre (e spesso a ragione) una certa diffidenza. Ma iniziamo dalla sbalorditiva testimonianza di un’oncologa (di cui non sveliamo il nome per motivi di privacy) attiva professionalmente in un istituto privato losannese. “Non consiglierei mai ai miei pazienti una cura prima di averla sperimentata su di me o prima di essere certa che funzioni davvero” ha specificato per telefono, dopo essere stata da noi contattata. “Anni fa, quando ancora lavoravo all’Ospedale universitario Chuv, mi capitò di bruciarmi il braccio con dell’acqua bollente. Era un’ustione abbastanza grave, di terzo grado. Il chirurgo che prese in esame il mio caso voleva addirittura ospedalizzarmi, ma io dovevo tornare in servizio. A questo punto il personale paramedico mi consigliò di chiamare un guaritore. Mi chiesi, perché no? Chiamai alle nove del mattino e due ore dopo il dolore era praticamente scomparso. E sottolineo che con le terapie tradizionali occorre molto più tempo. Cinque giorni dopo la pelle si era completamente cicatrizzata! Un miracolo”. Dopo quell’episodio la dottoressa, positivamente scossa, decise che avrebbe consigliato il “segreto” anche ai suoi pazienti. “Se funziona con le ustioni non vedo perché non dovrebbe dare buoni esiti nel contesto di una radioterapia, che spesso come effetto collaterale provoca problemi alla pelle come scottature e irritazioni, mi sono detta. Da allora ne parlo con i miei pazienti. Non tutti accettano di buon grado; c’è chi mostra qualche resistenza, soprattutto persone molto credenti, come i musulmani o i testimoni di Geova o anche alcuni cattolici: ritengono infatti che queste pratiche siano pericolose e che abbiano un’origine satanica e non divina. Io so che non è vero, ma ovviamente lascio la scelta a loro. Per mia esperienza diretta posso assicurare che quando un paziente si affida a un guaritore, il


rischio di subire ustioni durante la terapia si riduce sensibilmente. Constatiamo invece che, quasi sempre, i pazienti che decidono per svariati motivi di non accettare la preghiera a distanza patiscono di più gli effetti collaterali della cura. Per funzionare, funziona davvero”. Dopo una testimonianza del genere si rimane un po’ esterrefatti. Il segreto Tutto inizia con una telefonata. Le liste che recano i numeri dei guaritori si trovano, come già abbiamo spiegato, nelle corsie ospedaliere, custodite dalle infermiere, ma giungono ai pazienti anche attraverso il passaparola di amici e parenti. Non sempre è l’ammalato ad alzare la cornetta e a contattare il guaritore: “Il mio ex marito non lo sa, ma io ho telefonato a un guaritore per le verruche che aveva sulle mani. E magicamente sono scomparse”, racconta la segretaria di un fisioterapista ticinese, che è venuta a conoscenza della pratica tramite sua sorella, residente in Svizzera francese. Quindi non è necessario che il malato sappia: la terapia funzionerebbe lo stesso, e questo già di per sé farebbe a pezzi l’effetto placebo. Ma andiamo avanti: spesso al paziente vengono richiesti i dati anagrafici e una fotografia e sovente capita che la persona in questione (o un familiare, o un amico) debba telefonare a distanza di qualche settimana per dare notizie del suo stato di salute. Normalmente la pratica è totalmente gratuita e i pazienti che riscontrano un risultato spontaneamente ripagano il guaritore attraverso dei regali (bottiglie di vino e affini) o con un versamento pecuniario. Il guaritore recita una formula sacra molto simile a una preghiera che avrebbe il dono di facilitare la guarigione del paziente. Solitamente si rivolge a un santo oppure direttamente allo Spirito Santo. O addirittura alla Trinità. “Già da bambino mi sono reso conto di avere dei poteri nelle mani e di vedere cose che agli altri non erano accessibili; spesso facevo delle divinazioni”, racconta Dominique Croset, che ci ha offerto la sua testimonianza (cosa non facile da ottenere, dal momento che molti guaritori preferiscono rimanere nell’ombra). Il guaritore, che si definisce medium e terapista energetico, all’età di diciannove anni ebbe un incidente che rese ancora più lucida, stando a quanto da lui raccontato, la sua capacità di “vedere”. Ma per ottenere la formula magica – sulla quale vige il più assoluto riserbo, e che secondo alcuni sarebbe stata tramandata, per via orale, dai Druidi1 – ha dovuto aspettare l’incontro con una guaritrice. Il segreto è quindi un potere che ci si trasmette di persona in persona (e col contagocce): non è dato sapere come si faccia a diventare gli eletti, i depositari delle paroline magiche in grado, così dicono, di guarire malattie che anche la medicina tradizionale fatica a trattare, come per esempio la psoriasi.

iter hanno costi proibitivi, ma ci sono le testimonianze dei pazienti e anche di alcuni medici, come quella da noi riportata. “In una società caratterizzata dall’individualismo, i pazienti sono alla ricerca di una soluzione globale ai loro mali. Vogliono un’efficacia terapeutica, ma aspirano anche a trovare un senso alla loro malattia” spiega Ilario Rossi, professore di antropologia all’università di Losanna. Già Ernesto De Martino in un caposaldo della letteratura antropologica del Novecento, Il mondo magico (Bollati Boringhieri, 1997) aveva sollevato il problema del dogmatismo delle posizioni contrarie alle pratiche magiche, puntando il dito contro la presunzione di chi separa con una linea netta la realtà visibile e misurabile dalle dimensioni spirituali e invisibili. Chi voglia essere davvero critico, spiegava lo studioso, deve affrontare il problema dei poteri magici fino in fondo, mettendo da parte ogni pregiudizio e prendendo in seria considerazione le testimonianze riportate da etnologi e viaggiatori sui “miracoli” degli sciamani e dei santoni delle tribù. Ora, in piena epoca New Age, forse un po’ delusi dalla medicina tradizionale, sembra che l’apertura mentale auspicata dallo studioso ci sia, e proprio nel cuore della Svizzera. Prese di posizione coraggiose, come quella del reparto urgenze dello Chuv, che spiega quanto siano importanti la tolleranza e la collaborazione tra pratiche diverse, nel rispetto delle esigenze del paziente, rappresentano uno schiaffo allo scetticismo, dato proprio da cattedratici da cui, francamente, non ce lo si aspetterebbe.

“Il fenomeno è talmente diffuso e conosciuto nella Svizzera francese che ha destato perfino l’attenzione di alcuni sociologi e studiosi dell’università di Ginevra, che hanno iniziato a interrogarsi in modo serio su questi casi. Non esistono esperimenti scientifici che garantiscano alcunché, perché questi iter hanno costi proibitivi, ma ci sono le testimonianze dei pazienti e anche di alcuni medici”

Poteri e pregiudizi Il fenomeno è talmente diffuso e conosciuto nella Svizzera francese che ha destato perfino l’attenzione di alcuni sociologi e studiosi dell’università di Ginevra, che hanno iniziato a interrogarsi in modo serio su questi casi. Non esistono esperimenti scientifici che garantiscano alcunché, perché questi

Liste al bando C’è anche chi batte il pugno sul tavolo e si rifiuta. All’ospedale di Pourrentruy, nel Giura, Marc Worreth, chirurgo, ha chiesto che dal suo reparto venissero fatte sparire le liste. “Quando sono arrivato all’ospedale e mi hanno affidato il reparto urgenze dove la pratica del «segreto» veniva ampiamente utilizzata” racconta, “grazie alla mediazione delle infermiere che fornivano la lista ai pazienti. Io mi sono subito opposto. Ognuno può fare quello che vuole, intendiamoci, ma in questo reparto la responsabilità è mia. Questi guaritori dicono di operare per il bene, ma secondo me non sono ispirati da Dio. Le Sacre Scritture non ne parlano”. A ben vedere le sue non sono argomentazioni propriamente scientifiche: anzi, si addentrano in un territorio scivolosissimo. In ogni caso, aggiunge: “Non voglio fare polemiche, ma Cristo è stato tentato nel deserto dal diavolo che gli ha proposto il cibo, la ricchezza, il potere; proposte apparentemente benigne, ma che avevano come ultimo fine quello di deviare il suo percorso”. Infine, espone chiaramente la sua posizione, che non è scettica – tutt’altro – ma sicuramente di chiusura. “Io so che questa pratica può funzionare, ma non sono certo che derivi da Dio”. Che derivi da Dio, che funzioni sul serio, questo non possiamo saperlo: possiamo solo dire che nei cantoni francesi molti ci credono e si affidano alle mani di queste persone, traendone – a quanto pare – qualche vantaggio.

note 1 Confrontare con Guérisseurs, una pubblicazione di Magali Jenny ricca di testimonianze e spiegazioni. Il bestseller è giù giunto alla sesta edizione. La RTS (www.rts.ch) inoltre ha realizzato un documentario intitolato “Mon docteur a le «secret»”, anch’esso ricco di dettagli e interviste.

Agorà

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La scommessa Philip Roth è il più grande scrittore vivente a cui non sia ancora stato conferito il Nobel. E c’è da scommettere che, se la natura non giocherà brutti scherzi e il Premio cesserà di ossequiare la cosiddetta “letteratura impegnata”, prima o poi la palma spetterà a lui

di Marco Alloni

Arti

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In Philip Roth si condensano tutti gli elementi che fanno di un romanziere un autore di primo livello. Accanto a una fortissima cifra “ebraica”, che lo pone nel solco dei grandi autori americani di tale filone, egli dispone infatti di caratteristiche proprie e di uno stile assolutamente inconfondibili. Come in tutti i grandi narratori, i suoi libri ospitano una pluralità di livelli di lettura. Lo si può leggere a un primissimo grado di comprensione, che fa di lui un paladino dell’ironia e della letteratura “erotica”. Ma anche a un livello molto più profondo, che in un certo senso lo pone sulla scia di quel “finto” realismo che scardina la realtà più ovvia per dischiudere, agli occhi del lettore, la grande questione dell’identità e delle sue implicazioni nella vita quotidiana. Roth è uno scrittore intellettuale, un erudito. E non ha mai cercato di camuffare la sua caratura culturale sotto le false spoglie del semplice affabulatore. Nei suoi romanzi la letteratura come tema entra prepotentemente, e l’influenza che le opere altrui hanno esercitato sulla sua produzione è onestamente esplicitata. La grande invenzione narrativa di Roth è d’altronde un personaggio, il suo alter ego Nathan Zuckerman, che in una certa misura percorre in filigrana il medesimo percorso esistenziale, caricandolo di tutte le suggestioni e provocazioni che spettano, appunto, ai personaggi e non alle persone. Zuckerman è il protagonista della “quadrilogia” omonima che rappresenta, probabilmente, il più alto risultato dell’opera di Roth. E, come un qualsiasi coerente alter ego, non solo rispecchia i connotati “archetipici” della figura morale e intellettuale dello stesso Roth, ma ne accompagna l’esistenza dal principio alla fine, quasi a tessere sulla pagina un biografismo dell’anima che è la sostanza ultima della sua opera. La parola vivificante Nello Scrittore fantasma – probabilmente il romanzo breve più riuscito dell’autore di Pastorale americana – le grandi questioni che Roth affronterà nel corso del suo lavoro sono già tutte presenti. Non solo la “questione ebraica” – e il suo rapporto con l’identitarismo americano sia a livello sociale che storico-morale – ma anche quella che resterà una connotazione decisiva in tutti gli altri suoi libri: il rapporto fra scrittore e letteratura. Un rapporto che non ha nulla di scontato. E che, nella rappresentazione che ne dà Roth in quelle pagine, propone al lettore tutta la complessità di cui è intriso. Che cosa rende, infatti, uno scrittore scrittore? E affrontare tale argomento non equivale forse a ragionare sulla grande questione del rapporto dell’uomo con la sua mente, i suoi fantasmi, le sue aspirazioni, le sue debolezze e i suoi inganni, in una parola con la sua identità? Roth risponde attraverso quella che potremmo definire la relazione “dicotomica” fra immaginazione e realtà. Il celebre scrittore Lanoff, a cui il giovane Zuckerman fa riferimento, vive infatti, o per meglio dire sussiste, in quella indefinita dimensione in cui la realtà sembra più che altro un sostrato pretestuale alla creazione delle opere – al “girare e rigirare frasi” di cui è sostanzialmente costituito il rapporto di uno scrittore con l’esistenza. Ma è forse questo un libro sulla specificità del lavoro di un creativo? Nient’affatto. Attraverso quella figura noi scopriamo che più assurda della fantasia onnivora di un autore è la vita stessa, che senza il contributo e il tributo della parola, proba-


Philip Roth (immagine tratta da www.rable.it)

bilmente, ricadrebbe inesorabilmente nel grigiore dell’indistinto: in una sorta di infondatezza che solo la scrittura riesce a riscattare da sé. Ecco dunque che l’esistenzialismo prende forma proprio attraverso l’apparente distacco dall’esistenza che è la vita di uno scrittore. Un esistenzialismo che si precisa ancor meglio nella figura di una giovane ragazza che, identificandosi nella persona di Anna Frank, cerca in quel modo di vivere una “seconda vita”, o meglio ancora – per restare al nostro ragionamento – di sostituire una vita con un’altra, con tale proditoria determinazione da credere a quello che non c’è. Finzione nella finzione, questo libro-simbolo di Roth ci insegna dunque che la vita non può prescindere dalla parola e dalla sua finzione, e che pertanto la letteratura non può sussistere senza assumere se stessa, la letteratura, a tema e a principio filosofico di interpretazione del reale. La spietata legge della carne Abbiamo però detto in apertura dell’erotismo. Anch’esso è una chiave essenziale di lettura dell’opera rothiana. Non già l’erotismo come spunto di rappresentazione “orgiastica” della realtà, bensì l’erotismo come essenza di una vita rimpolpata di emozione e vissuto. Roth pone letteratura ed erotismo, specularmente e speculativamente, sullo stesso piano. La prima educa alla comprensione del mondo e alla sua lettura critica e morale, la seconda alla sospensione della comprensione e all’immedesimazione con le sue suggestioni primarie. Non c’è scarto fra l’una e l’altra. Poiché entrambe procedono secondo quel principio essenziale che è l’adesione all’esistenza in tutte le sue componenti. La differenza, semmai, è che l’erotismo non chiede e non cerca alibi alla sua emersione dal profondo, esso

rappresenta la nostra “animalità” e non pretende che di conservarla e presentarla coerentemente sulla scena dell’esistenza. L’animale morente è il libro dell’erotismo per antonomasia. Un erotismo che spezza le distanze fra le età, ma contemporaneamente – la storia narra di un vecchio professore infatuatosi di una giovane studentessa di origini cubane – esprime la tragica evidenza che nulla come le età della vita esplicitano la crudeltà dell’esistente e la sua caducità. Alla fine, la ragazza si ammala gravemente di cancro e il vecchio – che pensava di sopravanzarla in precarietà – si trova a fare le veci del suo unico e ultimo appiglio alla vita e alle sue risorse. Un romanzo tragico, in cui la sapiente penna di Roth traccia il ritratto della fuggevolezza mostrandoci, ancora una volta, come le risorse della mente siano limitate, e il corpo, la natura, le spietate leggi della carne, siano condizioni ineluttabili contro le quali nemmeno il pensiero e l’immaginazione possono nulla. Dopo la lunga parabola della sua prodigiosa carriera di scrittore di successo, Zuckerman scopre così che il tempo può solo essere ingannato “ingannevolmente”, attraverso gli espedienti della scrittura, ma che la sua forza inesorabile non tarderà, prima o poi, a presentare il conto all’illusione. Si chiude così un itinerario che dalla giovinezza alla vecchiaia ci illustra la “commedia umana” in tutte le sue passioni e pulsioni di vita, contro le pulsioni di morte e precarietà che perentoriamente, e incessantemente, riemergono. Un autore di questa levatura merita dunque quello che la sua opera ha seminato: un albero degno dei frutti che ha disseminato nei cuori e nelle menti dei lettori. Un albero che potrebbe chiamarsi Nobel, perché, se è vero che la massima celebrazione va ai massimi scrittori, Philip Roth rientra certamente nel novero dei giganti.

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Togliattigrad Un destino incrociato al sogno di sviluppo industriale sovietico ha fatto di una città il polo automobilistico della Russia. Un nome tutto italiano per rendere omaggio alla FIAT che cambiò radicalmente il volto di una regione di Fabiana Testori

Società

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A sud della Russia europea, a circa mille chilometri da Mosca e in prossimità della grande città di Samara, sorgono lungo le rive del fiume Volga i monti Žiguli, una catena montuosa spesso paragonata per bellezza, almeno secondo le guide turistiche, alla barriera corallina australiana. Si tratta in effetti di un luogo particolare, caratterizzato da un singolare microclima e da una vegetazione rigogliosa, oltre a essere un’importante risorsa di petrolio e zona di attrazione per ufologi provenienti da tutto il mondo. Poco lontano, lungo il fiume e più precisamente nella città di Tolyatti, l’Italia grazie alla FIaT è stata protagonista. Risale infatti al 1966 (siamo in piena guerra fredda) la costruzione da parte del gruppo industriale italiano degli stabilimenti per assemblare le automobili che avrebbero motorizzato l’Unione sovietica, prima fra tutte, appunto, l’indimenticabile Lada Zhiguli, la versione russa della FIaT 124. Fondata come città fortezza nel 1737 dall’etnografo e statista Vasily Nikitich Tatishchev, per ordine dell’imperatrice anna Ivanovna Romanova (anna I di Russia, 1693–1740) con il nome di Stavropol’-na-Volge, Stavropol sul Volga ha perso due secoli dopo (e mai ripreso) il nome originario, passando nel 1964 all’esotico Tolyatti, o Togliattigrad come è conosciuta in Occidente, in onore del segretario del Partito comunista italiano Palmiro Togliatti (1893–1964). Un omaggio che Krusciov desiderava fare sia all’Italia, primo paese dell’Europa continentale con cui l’URSS strinse rapporti

Sognare. diplomatici (1924), sia agli agnelli, artefici delle officine autoVaZ, dove, anche grazie all’acquisto della licenza per produrre le 124 (berlina e station wagon), fu creato un polo specializzato nella fabbricazione di veicoli “popolari”. Fino a quel momento esistevano in Unione sovietica solo dei prodotti assolutamente sorpassati, come la Moskvitch, la ZaZ e la GaZ. Il grande impianto FIaT invece, era in grado di sfornare quasi un milione di vetture all’anno. Inaugurato nel 1970, alla presenza del ministro dei trasporti sovietico Tasarov, lo stabilimento ha cambiato radicalmente il volto della città. Quartieri e modelli Sebbene fosse già stata scelta nel 1951, per volontà del governo sovietico come sede della centrale idroelettrica del Volga, che nel ’55 aveva ormai prodotto il suo primo milione di kW/h di energia elettrica, Togliattigrad acquisì lo statuto di città industriale per eccellenza proprio grazie all’autoVaZ. Infatti, la struttura urbana della città, divisa in tre agglomerati quasi indipendenti (avtozavodosky, Tsentralny e Komsomolosky), riflette ancora oggi le diverse tappe che hanno contraddistinto la sua storia più recente. Il quartiere Komsomolosky ha ospitato,

fin dalla costruzione della centrale idroelettrica, gli operai che ci lavoravano e le loro famiglie; il Tsentralny (detto anche città vecchia - Staryj Gorod) è cresciuto nello stesso periodo con l’edificazione di palazzi amministrativi e del polo industriale; mentre l’avtozavodosky (conosciuto come città nuova - Novyj Gorod) si rifà appunto all’autoVaZ, in quanto ospitava i dipendenti della fabbrica di automobili. Una fabbrica che ha reso Togliattigrad famosa in tutta l’Unione sovietica e che durante il suo periodo d’oro ha attirato fiumi di manodopera da ogni parte del paese. Si cominciò appunto con la Lada-Vaz 2101, cioè una FIaT 124 con motore di 1.2 litri da 60 cavalli, derivato dalla FIaT 1300, completamente identica a

Passare in filiale. quella prodotta in Italia tranne per il motore e le sospensioni rinforzate per adattare il veicolo alle sconnesse strade dell’Unione sovietica. Un modello che ha dato il via alla motorizzazione di massa della grande Russia, così come era stato per la FIaT 600 in Italia, la 2CV di Citroën in Francia, la Volkswagen Maggiolino in Germania e la Trabant nella Repubblica democratica tedesca (DDR). Negli stabilimenti di Togliattigrad hanno


Togliatti/Tolyatti/Togliattigrad: ovvero quando una città dell’URSS incontrò l’Italia e cambiò nome

visto la luce anche i modelli successivi, come la famosa Niva, il fuoristrada preferito da Putin e prodotto nel 1976 e la Lada-Vaz Samara (1984), elaborata in collaborazione con Porsche.

Acquistare. La fine di un’era La caduta del blocco comunista però ha scombinato diversi equilibri anche a Togliattigrad e all’AutoVAZ . Sebbene abbia mantenuto il monopolio per qualche anno anche dopo la dissoluzione del sistema, AutoVAZ è rimasta arretrata sotto il profilo tecnico ed estetico. Dal 1992 al ’94 la produzione è calata del 20%, attestandosi a 500mila vetture l’anno, ma i dati del 2000 confermano che all’inizio del terzo millennio le fabbriche AutoVAZ a Tolyatti avevano fra le mani ancora il 70% del mercato automobilistico russo. La vera depressione

è avvenuta qualche anno dopo, quando l’apertura dei mercati si è fatta più ampia e la concorrenza straniera è giunta fino alle rive del Volga. Legata a doppio filo agli stabilimenti, l’intera Tolyatti ne ha subito le conseguenze. Mafia e disoccupazione, soprattutto giovanile, hanno fatto la loro comparsa anche nel polo del progresso industriale di Krusciov. Per uscire dall’impasse AutoVAZ ha cercato di aprirsi alle imprese occidentali. Nel 2008 il gigante francese Renault ha manifestato interesse, rilevando il 25% per un miliardo di dollari. Nel maggio scorso Renault-Nissan ha concluso altre trattative che gli permetteranno di detenere nel 2014 il 74,5% di AutoVAZ . Il prodotto però non sarà stravolto, ma semplicemente rimodernato. Da quest’estate è in commercio la nuova Lada Largus proposta alla clientela russa e delle ex repubbliche, mentre la storica Lada è andata definitivamente in pensione. Anche la città si adatta e con le sue fabbriche di auto, le sue industrie chimiche, elettriche e navali spera davvero di risorgere dalle ceneri rappresentando quella Russia in cui molte imprese internazionali vedono una nuova mecca del capitalismo.

Società

fonti bibliografiche Bianca Corretto, Renault La campagna di Russia parte dalla ex Togliattigrad, “Corriere della Sera”, 14.5.2012. Verdevoye Alain-Gabriel; Le russe AutoVAZ enterre définitivement la… Fiat 124, www.latribune.fr, 16.4.2012. Sergio Romano, Italia e Urss: alti e bassi tra fascismo e comunismo, “Corriere della Sera”, 22.2.2006. Ettore Mo, Sul Volga il sogno dell’Urss a motore, “Corriere della Sera”, 3.1.2000. “Tolyatti History”, www.travelgrove.com “History of Togliatti”, www.city-on-volga.ru

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Il postino In un tessuto sociale sempre meno propenso al contatto umano, anche la figura del postino risulta profondamente cambiata. Perché la fretta ha da tempo contagiato anche lui… di Gaia Grimani

Incontri

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C’era una volta un postino che a una cert’ora consegnava la posta a una casa distanze mezz’ora dal paesino sede dell’ufficio postale. Mezz’ora ad andare e mezz’ora a tornare. Quasi sempre il postino si fermava un quarto d’ora a prendere il caffé e scambiava due parole con gli anziani coniugi che vivevano al limite del bosco. Era praticamente il loro unico contatto con la vita cosiddetta civile, riportava i fatti del paese, comunicava le nascite e le morti, chi si sposava e ciò che succedeva. Quell’uomo apparteneva a un tempo in cui i valori umani erano superiori a quelli monetari, in cui la relazione con l’altro era essenziale e la posta era un’istituzione importante della Confederazione, verso la quale si nutriva una totale fiducia a tal punto da coniare l’espressione “sicuro come una lettera alla posta” per definire qualcosa di affidabile e veloce.

Nella stessa maniera molte relazioni professionali, dalle fatture ai contratti, ci sembrano più sicure, se giungono in maniera tradizionale tramite la posta. Per non parlare del gusto di sfogliare un giornale e di sentirne le pagine sotto le dita, un’esperienza che personalmente ritengo unica e non paragonabile alla lettura a video.

Il corriere dei sentimenti Lo sappiamo, il mestiere del postino è molto cambiato con l’andare degli anni: mi ricordo quello della mia infanzia con il borsone di cuoio a tracolla, carico di corrispondenza da consegnare. Andava a piedi, nella città ancora piena delle macerie dei bombardamenti. Si sapeva l’ora in cui passava e le ragazze giovani che lavoravano in casa attendevano che portasse loro la missiva dell’innamorato Un punto fermo lontano. L’ufficio postale era presente Era il tempo in cui ci si scriveva anche nel più piccolo villaggio le lettere; niente computer e e restava aperto in orari accestelefonini; ci si amava con tante sibili a tutti con un servizio parole, contenute in buste di eccellente, a volte con doppia vari colori che costituivano il Jacques Tati esilarante postino in un fotogramma tratto dal suo cortometraggio L’école des facteurs (La scuola dei distribuzione della corrisponpilastro importante di una stoportalettere) del 1947. Immagine tratta da www.dvdbeaver.com denza. Poi arrivarono la “posta ria. Oggi si twitta, si chatta e si A” e la “posta B”: prima d’allora ogni lettera o pacco era “posta inviano messaggini: ci si prende e ci si lascia con una manciata A”, dopo – se si voleva la stessa efficienza – bisognava pagare di caratteri: della vicenda d’amore resta poco e nulla. un supplemento. Da quel momento la qualità dell’offerta è un Tuttavia, anche in questi nostri tempi così condizionati dal po’ declinata: agli uffici postali sono stati imposti orari più denaro e dal profitto, dalla fretta e dalla mancanza di tempo per stretti in relazione al numero di utenti che ne usufruiscono. gli altri v’è stata, qualche anno fa, una straordinaria iniziativa Il postino è stato costretto ad aggiornarsi sulle nuove tecno- della posta svizzera di cui non ho saputo più nulla. Si trattava di logie e non ha più il tempo di raggiungere la casa al limite un servizio di “vigilanza” destinato ad anziani e handicappati. del bosco, né tanto meno di prendere il caffé. Il portalettere, la mattina, anche senza missive o giornali, Oggi addirittura si parla di lui come di una specie in via di suonava al campanello per verificare se l’utente si era alzato e estinzione. Ci auguriamo vivamente che ciò non accada, per- se aveva bisogno di qualcosa. Dopodiché informava i parenti ché la funzione che adempie è straordinaria, lo è sempre stata, con un sms sulle condizioni in cui aveva trovato la persona che ispirando addirittura film famosi come Il postino suona sempre aveva visitato. Il servizio, attuato solo sperimentalmente in aldue volte e Il postino di Neruda, nonché il celebre La scuola dei cuni piccoli comuni, costava 4.90 franchi al giorno. Il “postinoportalettere di Jacques Tati. Egli è il tramite tra noi e un altro, badante” poteva essere ingaggiato per tutti i giorni dell’anno o ci porta la voce di chi è lontano, ci consegna i giornali, i per brevi periodi a seconda dei bisogni dell’utente. pacchi e, talvolta, ahimé le fatture e le raccomandate. È vero, Chissà, forse la crisi può avere congelato questa bellissima e molte delle nostre relazioni umane e professionali avvengono originale iniziativa, che aveva il difetto di essere a pagamento via posta elettronica, sms e social network, ma nulla ancora e, quindi, non a disposizione di tutti, come il postino della eguaglia il piacere di ricevere una lettera, di tenerla fra le mani, storia iniziale, ma che ci avrebbe fatto rivedere la Posta e i porta di respirare l’odore dell’inchiostro, della carta e talvolta della lettere sotto un’altra luce, ricchi di quell’umanità che una volta persona che l’ha scritta. possedevano gratis e che sembra ora smarrita.


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Una sera d’inverno di Alessandro Tabacchi

La neve non ha creato problemi. Salire non è stato difficile.

precipizio dell’essere. E dalla lontananza di ieri giungono a Un sentiero erto, ma breve, alcune rocce da superare con le me i volti di coloro che hanno edificato la mia vita. Volti che mani, ed eccomi sul poggio da cui amo dominare la vallata credevo perduti per sempre, ora danzano con me, mi parlano sottostante. Come unica compagnia i miei pensieri, e come e mi confortano. Volti i cui tratti ormai stavano svanendo nei unica vera fatica la tentazione di tenerli a bada. recessi oscuri della dimenticanza, riacquistano definizione e Non ci si inerpica sui monti per spirito agonistico, ma per cer- forza. E i volti degli estinti rinsaldano l’affetto che provo per care se stessi, per affrontare i propri demoni, magari anche per coloro che ancora sono, e attendono, e sperano. Quest’onda danzare con essi. Demoni in forma di domande. Domande che luminosa di lontananze perdute quasi mi rallegra, nel suo non attendono risposta, ma solo il piacere rinvigorirmi la vita. di venire alla luce. Domande che da sole In questa sera d’inverno, la sera di tutte le giustificano l’esistenza. E non attendono sere, sospeso sull’abisso di un monte, parlo rivelazioni. con la mia anima, e pian piano comincio Come un Vangelo gentile senza Apocaa trovare le risposte a quelle domande che lissi finale. Non un tormento che ti serra mi spinsero a salire. Risposte che risposte l’anima, ma un continuo fluire di vita. non sono. Sensazioni, piuttosto. Nuovi Incessante. Come onda e risucchio, onda e demoni gentili che mi invitano a vivere. risucchio, e sulla battigia la sabbia resa luMalinconie senza tristezza. Ricordi senza cida e liscia dall’eterno sciabordio. O come dolore. Serenità senza allegria. Diamanti i sassi resi lucidi dall’acqua dei torrenti che incastonati negli occhi. spesso accompagnano le salite più liete. Ma è ora di tornare, il buio avanza e dovrò Domande come demoni. I miei cari decorrere. Non ho con me la torcia. In questo moni cui non voglio offrire risposta. Ha tramonto d’inverno, in discesa veloce fra senso non voler dimostrare alcunché a rocce e roveti innevati, quasi all’improvvinessuno, null’altro volere che esserci? Ha so mi sovvengono alla mente le parole di senso cercare di non cadere tremando soun vecchio abitatore di questi monti, che, pra una cengia, piuttosto che salire veloce ormai tanti anni fa, spinto da non so quali Fritz Pauli, Notte di San Silvestro, 1923, Graphische Sammlung der ETH, Zurigo sul sentiero maestro? Demoni. Amabili nostalgie, mi parlò dello spirito vivente demoni, resi vitali dalla luce del tramonto. nelle lanterne, quella luce interiore che E così, nella solitudine di questa sera d’inverno, mi chiedo: conduce gli animali alla stalla e consola il cuore solitario del chi sono? Chi sono stato? In questa sera, nella sera di tutte le pastore. Parlava poco, il vecchio pastore, solo questo ricordo. sere, sospeso sull’abisso bianco di un monte, mi vedo parte E parlava col volto ora rabbuiato ora illuminato dai chiaroscuri della storia e avverto il canto lontano dei miei ricordi, che via di un lume antico. Parlava un parlare lento, inavvertitamente via più impetuosi giungono a me, e mi perdo nell’orizzonte sorridendo fra le rughe. infinito della memoria. E così, d’improvviso, tenuta per mano dal ricordo di un vecQuasi seduto ai confini del tempo, mi chiedo: chi sono? E mi chio saggio, in una sera d’inverno, mi sovviene la rivelazione specchio nell’onda montante dei pensieri, radunatisi da lonta- serena e appagante di una felicità possibile, di un senso perduto nanze che mai pensavo sarebbero state raggiunte, e giunti qui, dell’esistenza. Eccomi! Scendo a passo spedito assieme alle omai piedi del tempo e dell’essere, a consolare il mio spirito. bre di un vecchio saggio e della sua lanterna. La neve mi guida Sono solo. Oppure no? Oppure con me vive l’intera mia vita risplendendo al buio e il sentiero corre come una striscia nera e mi sorreggono i ricordi e gli affetti? Impalpabile immensità nel bosco. Nell’oscurità amica ascolto il mio respiro. di memorie riempie questa sera d’inverno, resa eterna sul Eccomi! Sto tornando a casa.

Pensieri

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Enorme confusione nella revisione della legge sulla pianificazione del territorio:

Nemmeno l’amministrazione è esattamente informata Con la revisione della LPT potranno essere azzonati dei terreni edificabili solo per il fabbisogno teorico di 15 anni. La Confederazione vuole obbligare i comuni e i cantoni a declassare di nuovo determinati terreni. La penuria provocata artificialmente di aree edificabili surriscalderà i prezzi dei terreni e spingerà gli affitti al rialzo A rimetterci saranno le aziende, le famiglie e il ceto medio. A quanto ammonti il fabbisogno di terreni edificabili per 15 anni non lo sa nessuno. L’amministrazione non vuole assolutamente indicare delle cifre. L’Ufficio federale per lo sviluppo territoriale (ARE) si distanzia addirittura da uno studio in merito, che lui stesso ha ordinato un paio d’anni fa! Il caos è totale: votiamo su una nuova legge, e nemmeno l’amministrazione federale sa di che cosa si tratta! A tutto ciò c’è una sola risposta: NO a questa confusione della Berna federale. Comitato apartitico «NO alla fallimentare revisione della LPT» Casella postale 8166, 3001 Berna

www.revisione-lpt-no.ch

Perciò il 3 marzo

NO Revisione LPT


» testimonianza raccolta da Nicoletta Barazzoni; fotografia di Flavia Leuenberger

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Sandra Sain

Vitae

so vantare lunghi soggiorni all’estero… Non so, forse ha a che fare con un orecchio musicale. Chi non mi conosce bene forse potrebbe sorprendersi sapendo che amici cari, ridendo, mi hanno definito “prussiana”. È una definizione nata per gioco ma che riconosco definisca parte del mio carattere. Per esempio, da ragazzina, di fronte a un divieto raramente disobbedivo, ma quasi sempre ingaggiavo un’estenuante diatriba con mio papà cercando di convincerlo che fosse giusto e doveroso (!) che mi facesse fare quello che invece intendeva vietarmi. Se so essere ferma, al contempo credo Sprigiona un fascino spontaneo, ama gli nella gentilezza, che è una ambienti genuini e originali, si occupa di forma di rispetto per sé e per giornalismo culturale senza mai perde- gli altri, e credo si possa essere gentilmente fermi. È vero che re di vista il nucleo vitale dell’esistenza solo gli stolti non cambiano mai opinione e credo che proattraverso gli incontri amniprio qui risieda la sfida: ci devono essere dei stiani, la radio. Dopo gli esordi principi nei quali riconoscersi perché divena Radio Popolare ho lavorato tino i pilastri sui quali edificare la nostra vita. a Radio2 Rai e per Radio 24. Ma perché l’edificio resti vivo c’è bisogno del Da otto anni lavoro alla Rete coraggio di rimetterlo frequentemente in Due (RSI). La mia esperienza discussione. La relazione con l’altro in fondo televisiva di conduzione della ci insegna proprio questo: non puoi uscire trasmissione “Storie” (RSI) è immutato da alcuno scambio. nata per caso. Invitata a fare Oggi ringrazio i miei genitori perché attorno un provino, per la tensione mi a me vedo tante famiglie anaffettive, in cui i sono presentata irrigidita dal problemi giacciono sotto una coltre di placida torcicollo! Ma fortunatamente e terribile indifferenza. In uno scontro, per qualcosa deve essere ugualquanto aspro, ti vedi riconosciuta nello sguarmente passato. E poi, siccome do dell’altro, e se quello che vedi non ti piace gli esami non finiscono mai, lo puoi contestare. Il silenzio è comodo per lo scorso anno ho riaffrontato chi tace e si sottrae al dovere di essere genitore un provino che mi ha messa ma è assordante quando si è ragazzi e si cercanon poco in agitazione, quelno risposte e confronti. Se uso il mio fascino lo per diventare la presentae la mia bellezza? Da ragazzina temevo il pretrice del Festival del Film di giudizio che mi voleva bidimensionale: alta, Locarno. Sul palco di un teabionda, con gli occhi azzurri e senza spessore. tro, illuminata da un occhio Troverei mortificante e umiliante approfittare di bue, alle mie spalle Gérard del mio aspetto per ottenere qualcosa. Se inDepardieu troneggiante in un vece devo pensare a qualcosa che mi irrita… fermo immagine e di fronte a beh, penso a chi si prende troppo sul serio. me la sala buia. Dal fondo a Mi piace alzare le tapparelle al mattino, un tratto mi giunge la voce di guardare da un lato le montagne, la valle, le Olivier Père che mi chiede di pecore che pascolano e il ruscello, dall’altro il tradurre in inglese un Gérard nucleo del paese e gustare l’odore della legna. Depardieu che a quel punto E poi ho la fortuna di fare un lavoro che amo: comincia a parlare… Spesso raccontare di libri, di cinema, occuparmi di ricevo complimenti per la mia temi sociali… Con il mio compagno Daniele padronanza dell’inglese e mi condivido la passione per il modernariato. Ci chiedono da dove mi venga: piace recuperare vecchi oggetti ridando loro la cosa mi lusinga non poco. vita. E goderci la sorpresa di chi nel nostro Certo, l’ho studiato tanto e soggiorno scopre un autoclave dei primi del ho viaggiato ma non possecolo trasformato in vaso!

»

S

ono cresciuta in una città di provincia. Con l’adolescenza ho sentito il desiderio di aprire lo sguardo sul mondo e, capito che tante cose del suo funzionamento non mi piacevano, mi sono attivata e a diciotto anni ho cominciato a collaborare con Amnesty International. Ho fondato un gruppo di studio sulla pena di morte, sono stata responsabile del settore Educazione ai diritti Umani Lombardia (tenendo incontri nelle scuole sui temi delle campagne amnistiane) e infine ho dato vita, con amici-colleghi, a un progetto pilota per l’educazione ai diritti umani nei penitenziari. Il carcere è luogo chiuso per eccellenza, istituzione totale che spesso occulta alla vista dei cittadini violazioni dei diritti umani fondamentali come da anni i rapporti europei attestano in merito alla realtà penitenziaria, non solo italiana. È un luogo di conflitti in cui soffre chi è rinchiuso e soffre chi lavora: il nostro intento era coinvolgere gli agenti di sicurezza dimostrando come dal reciproco rispetto tutti i soggetti costretti a condividere quello spazio e quel tempo non potessero che trarre beneficio. Ma il carcere lo frequentavo anche per Radio Popolare di Milano, per cui curavo una trasmissione radiofonica che invece mi portava a contatto con i detenuti, per dare voce alle loro storie. Per anni sono entrata e uscita dai cancelli di San Vittore, di Opera, del carcere minorile Beccaria. In quel periodo studiavo lingue e letterature straniere a Milano. Una delle cose che mi ha sempre spaventata è l’impossibilità e l’incapacità di comunicare, l’incomunicabilità. Alla luce della persona che sono diventata oggi mi rendo conto che molte delle scelte importanti della mia vita hanno preso le mosse dalla volontà di lavorare sulla parola e con le parole per costruire ponti di senso e relazione: ecco spiegate le lingue, la letteratura, il confronto dialettico


Social portrait testo di Fabio Martini; fotografie di Simone Mengani

Ritratto di gruppo, 34 salumieri


Ritratto di gruppo, 19 aspiranti attrici di teatro


Ritratto di gruppo, 41 mamme


Ritratto di gruppo, 19 calciatori


Otto volti, espressioni non di singoli soggetti, come accade nel ritratto tradizionale, ma di gruppi sociali precisi: insegnanti, salumieri, calciatori, mamme, attrici, operai, soccorritori, cuochi. Un esempio di come la tecnologia digitale e la ricerca in campo fotografico e artistico possono contribuire a dare senso e valore a ciò che ci unisce piuttosto che a ciò che ci differenzia

I

l ritratto è da sempre una delle forme più interessanti di rappresentazione della figura umana; lo è stato nell’antichità – si pensi ai seicento ritratti funebri rinvenuti da Pietro Della Valle nel 1615 nell’oasi egiziana del Fayoum – così come nella produzione pittorica europea che a partire dal Rinascimento ha individuato nella ritrattistica una delle sue forme di maggiore pregnanza e diffusione. Tale sviluppo è dovuto alla molteplicità di aspetti che connettono l’arte del ritratto alla fisionomica e allo scavo psicologico oltre che alla celebrazione dell’individuo. Ripercorrendo la storia della pittura occidentale, è infatti possibile compiere una ricognizione sul significato del ritratto inteso come superficie su cui riportare frammenti di inconscio resi manifesti dai tratti fisionomici. E non c’è ambito pittorico che possa essere considerato più adatto a mettere alla prova la capacità dell’artista di scandagliare l’anima e l’inconscio del suo modello, sia che si tratti di se stesso o di altra persona. Con l’avvento della fotografia il ritratto non solo ha mantenuto la sua forza ma ha trovato nel nuovo mezzo quegli elementi di immediatezza e di imprevedibilità che, proprio in virtù della velocità che ne contrassegna il compimento, favoriscono l’emergere del contenuto nascosto e inconsapevole. Ma in un caso – la pittura – come nell’altro – la fotografia – il ritratto resta un’espressione cruciale dell’individualità, del singolo soggetto. Gli sviluppi nel settore della tecnologia digitale e dei software di elaborazione dell’immagine hanno reso disponibili nuovi strumenti che, se utilizzati in modo intelligente e creativo, offrono la possibilità di allargare i limiti tradizionali del ritratto trasformandolo da manifestazione specifica della soggettività a espressione della collettività. Proprio in questa direzione si è mosso Simone Mengani, architetto e fotografo che ha realizzato una serie di ritratti “collettivi”. A essere rappresentati, infatti, non sono dei singoli individui ma dei gruppi, delle collettività, espressione di professioni e attività diverse. Ne parliamo con l’autore che già in passato ha presentato i suoi lavori sul nostro settimanale.

Simone, come è nata l’idea di questo progetto fotografico? Come architetto e fotografo tu hai lavorato molto sulla fotografia di edifici. Come mai questa svolta sociologica? Avevo la possibilità di presentare la mia attività di fotografo durante una festa di paese. Il momento era particolare, da li a poco si sarebbe votato sull’aggregazione del nostro comune con Mendrisio. Ho voluto quindi fare un ritratto della popolazione. Ho fotografato individualmente tutti i cittadini presenti e successivamente ho separato le fotografie in sei categorie: giovani, adulti, anziani di ambo i sessi e le ho sovrapposte al computer ricavando cosi sei ritratti che rappresentano buona parte dei miei concittadini. Ho creato quindi un ritratto di paese. Questo primo lavoro mi ha dato lo spunto per indagare, tramite lo stesso “modus operandi”, il mondo del lavoro, per mettere in evidenza lo spirito di gruppo e di appartenenza a realtà ben precise. Lavorando come fotografo nel mondo dell’architettura mi trovo a operare spesso da solo. Ogni tanto sento quindi il bisogno di confrontarmi (a livello umano e fotografico) con le persone per trovare un equilibrio, come è avvenuto con questo progetto. Da un punto di vista fotografico ti muovi quindi in netta controtendenza rispetto all’idea tradizionale del ritratto, almeno così come ce l’ha trasmettono la storia dell’arte e la fotografia… In altre parole, qui non si tratta di scavo psicologico o di celebrazione del singolo individuo ma piuttosto di rappresentare una comunità, una collettività… Si, questi ritratti sono effettivamente rappresentazioni di comunità di persone che lavorano a stretto contatto tra di loro, che condividono obiettivi, spazi e buona parte del loro tempo. Ho voluto mostrare in un unico scatto lo spirito di appartenenza, valorizzando le somiglianze anziché le differenze. Interessante notare come la divisa da lavoro aiuti in molti casi a sentirsi parte di qualcosa. Che tipo di problemi tecnici e organizzativi hai incontrato nel corso della realizzazione del concetto?


Ritratto di gruppo, 33 docenti


I figli di Adamo sono dalle origini gli uni con gli altri, come parti di una sola anima, di una stessa gemma. Qualora un uomo sia colpito dal dolore non vi sarà pace per nessun altro. Se la sofferenza del tuo prossimo ti lascia indifferente allora è impensabile che tu possa definirti uomo. Saadi Shirazi, poeta persiano (1184–1283)

Ritratto di gruppo, 43 operai

Ritratto di gruppo, 43 soccorritori

La difficoltà maggiore è stata quella di riuscire a fotografare tutte le persone della categoria scelta. Per me è stato fondamentale avere la disponibilità di tutti per poter fare un ritratto di (del) gruppo che fosse realmente tale. Ne fosse mancato uno/a non sarebbe più stato lo stesso. È stato essenziale trovare quindi dei responsabili/dirigenti in grado di comprendere e condividere il progetto. In questi ritratti multipli tutto pare centrato sugli occhi, sulla pupilla. Il resto sembra sfumare nell’indefinito. È stata una scelta di tipo tecnico o ha un senso preciso? Per rispondere alla domanda devo prima spiegare come viene eseguito il lavoro. Le persone vengono fotografate singolarmente su sfondo neutro. In seguito le fotografie vengono sovrapposte tramite un software che consente di mantenere un certo grado di trasparenza. È importante che di ogni persona/fotografia sia presente la stessa “quantità” nel risultato finale. Trattandosi di ritratti ho poi scelto di creare un legame tra lo spettatore e le persone ritratte tramite lo sguardo diretto, sovrapponendo i volti e adattandoli (scalandoli, mantenendo intatte comunque tutte le proporzioni dei volti) in maniera tale che gli occhi di tutte le fotografie fossero perfettamente sovrapposti, dando l’impressione di appartenere a una persona unica. Il risultato è un ritratto in cui gli occhi sono molto nitidi (perfettamente sovrapposti), mentre tutto il resto risulta più sfumato, a causa delle differenze individuali. Emergono cosi i tratti

Ritratto di gruppo, 16 cuochi

somatici più comuni, praticamente una media matematica di volti in cui vengono valorizzate le somiglianze anziché le differenze. Le mamme rappresentano l’unico gruppo formato da persone che non lavorano insieme ma che svolgono la loro essenziale funzione sociale e affettiva in parallelo. Come mai le hai inserite? Le mamme, pur lavorando individualmente, hanno una incredibile capacità nel creare una rete di conoscenze con la quale confrontarsi, scambiandosi opinioni e consigli, aiutandosi reciprocamente, aggiornandosi di continuo. Sono a tutti gli effetti una collettività. Forse ancor di più di qualsiasi realtà lavorativa classica, perché individuali ma con un forte spirito di squadra, per il bene dei figli. In conclusione, se possibile, vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutte le persone che hanno accettato di farsi fotografare e le aziende che hanno aderito con interesse al progetto. Simone Mengani Nato a Perugia, classe 1978, si trasferisce all’età di cinque anni a Vacallo, dove inizia a coltivare la passione per il territorio. Dopo gli studi liceali si iscrive all’Accademia di Architettura di Mendrisio, dove si diploma nel 2004. Dopo alcune esperienze di lavoro, nel 2006 inizia l’attività come fotografo indipendente, prediligendo la fotografia di architettura. Collabora con diverse riviste e settimanali, operando anche nell’ambito della fotografia panoramica. Per ulteriori informazioni: www.fotomengani.ch


Miele

Cibo degli dei Tendenze p. 44 – 45 | di Marisa Gorza

Albrecht Dürer (1471–1528), Cupido ladro di miele, 1514, Kunsthistorisches Museum, Vienna

D

alla primavera all’autunno, le api, insetti operosi (e tuttavia gaudenti), volano di fiore in fiore, per bottinare il nettare e altre linfe delle piante che trasformeranno poi in miele. Esse mutano il cibo fresco dell’estate in un meraviglioso e ricco alimento adatto a tutti, grandi e piccini. Come va considerato il miele, un prodotto delle api o delle piante? Di sicuro è un generoso dono della natura. Un elisir di cui si conoscono le proprietà benefiche fin da tempi remoti. Addirittura, nell’antichità, al miele e alle api veniva attribuito un valore sacro. Così raccontano diversi miti a cominciare da quello di Zeus, nutrito dalle figlie di Melisseo con latte di capra e abbondante miele, per continuare

con Dioniso, allevato da una ninfa a scorpacciate dell’addotto delle api. Finché Aristeo, figlio di Apollo e di Cirene, non decise di rendere partecipi i mortali a cotanta dolcezza, insegnando loro l’arte dell’apicoltura. Fatto sta che quest’arte si diffuse nell’area del Mediterraneo, mentre nel Nord d’Europa si sviluppò come “apicoltura forestale”, coordinata al mestiere di “cacciatore di miele”. Il versatile bene conoscerà poi nel Medioevo un uso costante, ma il suo momento di massimo splendore è stato senza dubbio il Rinascimento. In questo periodo i maestri delle cucine cessarono di considerarlo solo un semplice dolcificante, trasformandolo in un ingrediente di rilievo per farcire portate di carne e pesce ed esaltare il sapore di ogni pietanza che appariva sulle ricche tavole dei nobili. Cibo ca-

lorico e di facile digeribilità, nei secoli successivi verrà valorizzato soprattutto nell’area centro-settentrionale d’Europa, contrassegnata da lunghi inverni e da scarse alternative zuccherine. Ma solo nella seconda metà del Novecento si riserverà una maggior attenzione alla provenienza botanica dei vari tipi di miele, grazie alle prime analisi per l’esplorazione e la quantificazione dei grani pollinici rimasti come residuo. Un prodotto locale Manco a dirlo, oggi, sulla scia delle pulsioni ecologiche, si assiste a un rinnovato entusiasmo per questo alimento tutto naturale. Quindi il miele ritorna nell’ambito di una cucina tradizionale e, proprio per questo, molto moderna. Ottimo per glorificare il sapore di antipasti, primi e secondi


piatti, si abbina ai formaggi, alla frutta secca e a quella esotica e rimane la base essenziale di svariati dolci e dessert. Ne parliamo con Davide Conconi, Presidente della Società Ticinese di Apicoltura (STA) che raccoglie ben 500 associati con colonie stimate intorno alle ottomila unità: “Quale concentrato di vitamine, enzimi e principi, le prestazioni del miele vanno oltre la gastronomia, dove ha comunque riguadagnato interesse. È sempre più accreditato il suo uso nel campo terapeutico-farmacologico: ne è un esempio il prototipo derivato dal fiore della pianta di manuka, dalle molte proprietà curative, sia riguardo i disturbi della pelle che dell’apparato gastro-intestinale, facoltà dimostrate scientificamente da una ricerca condotta nel 2006 all’università di Dresda. In generale, il nostro prodotto ha capacità antibatteriche e antinfiammatorie. E qui si apre un importante discorso sull’apiterapia, infatti le api forniscono un vero e proprio arsenale per mantenerci in salute: polline, pappa reale, cera, propoli e veleno d’api, oltre al miele, naturalmente. Armi efficaci per combattere svariate affezioni

e disfunzioni. Tra l’altro in Svizzera esiste una società di apiterapia che annovera medici e specialisti all’avanguardia”. Di fatto il clima insubrico e temperato del cantone permette la pacifica convivenza di specie vegetali molto diverse tra loro. Si va dalla flora alpina alla selva di castani, dai boschi di tigli a quelli di acacie, fino a fioriture eccezionali, sconosciute nella Svizzera interna. Questo consente la produzione di mieli particolari. Chiediamo dunque al Presidente Conconi, egli stesso apicoltore, giornalista scientifico e appassionato biologo, quali sono i più tipici: “C’è quello di rododendro, prodotto nelle valli più alte del Ticino che può contenere anche nettare di genziana, mirtillo, miosotis, timo, trifoglio alpino… virando così verso il miele millefiori, tipologia in cui l’origine botanica è molto ampia e dipende dalle annate… proprio come il buon vino. Ed è piacevolmente delicato quello di acacia, raccolto sulla fioritura primaverile della robinia. Tuttavia il più ticinese in assoluto è il miele di castagno dal colore scuro e dall’aroma corposo. Viene spesso sposato al nettare di tiglio in

un misto di grande attualità denominato miele di castiglio, una vera leccornia da tavola. Ma a proposito di ghiottonerie, suggerisco una degustazione davvero saporita: provate a intingere nel miele di castagno il Zincarlin, formaggio alle erbe, tipico della valle di Muggio… l’esplosione di gusto e aroma richiamerà l’incanto dei pascoli e dei boschi locali…”. Il lavoro degli instancabili e “dolci” insetti è solo al servizio dell’apicoltore? “Per la verità le api, con il loro frenetico visitare le inflorescenze, sono soprattutto al servizio della biodiversità. Favorendo l’impollinazione incrociata permettono alle specie vegetali di perpetuarsi nel tempo. Se abbiamo valli e prati riccamente fioriti lo dobbiamo alle nostre api, coadiuvate dalle api selvatiche e dai bombi, che trasportano il seme della vita. Devo però aggiungere che i preziosi insetti volanti sono minacciati da pesticidi e insetticidi di ogni genere, come del resto è dannoso usare sementi non adatte al clima locale. Preservare l’ambiente vitale dell’ape significa preservare la biodiversità del nostro paese!”. Un appello che merita senz’altro di essere accolto.

NOVITÀ LIBRARIE

dodicisette

I FOTOGRAFI DI TICINOSETTE. CATALOGO DELLA MOSTRA

Questo volume offre l’opportunità di ammirare una selezione di fotografie pubblicate in anni recenti su «Ticinosette» e realizzate da dodici fotografi che provengono da diversi settori della fotografia professionale ticinese e svizzera. Un centinaio di affascinanti immagini, un volume di indubbio interesse e una testimonianza della vitalità della fotografia elvetica contemporanea. Alcuni dei servizi fotografici presenti in questo elegante volume sono stati premiati nelle ultime edizioni dello «Swiss Press Award», importante concorso al quale partecipano tutte le maggiori testate nazionali. Tra i fotografi presenti nel catalogo ricordiamo Reto Albertalli, Didier Ruef, Giosanna Crivelli, Katja Snozzi, Matteo Aroldi, Jacek Pulawski e Reza Khatir. Le immagini sono visibili sino al 27 gennaio 2013 nella mostra «12 x 7» presso Casa Cavalier Pellanda, Biasca.

FORMATO PAGINE FOTOGRAFIE AUTORI PREZZO

21 x 29.5 cm 116 117 12 fotografi Fr. 30.– (spese di spedizione incluse)

Vogliate inviarmi «dodicisette» al prezzo di Fr. 30.– al seguente indirizzo: NOME / COGNOME VIA / LOCALITÀ QUANTITÀ ESEMPLARI

SalvioniEdizioni

DA RITORNARE A SalvioniEdizioni . Via Ghiringhelli 9 . 6500 Bellinzona Telefono 091 821 11 11 . Fax 091 821 11 12 . libri@salvioni.ch . www.salvioni.ch Questo volume è anche reperibile nelle migliori librerie ticinesi.


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Astri toro

gemelli

cancro

Opportunità professionali per i nati nella prima decade. Probabilmente si tratterà dell’inaspettata resurrezione di un progetto in passato abbandonato. Positiva la Luna tra il 27 e il 28 gennaio. Atmosfere romantiche.

Irascibili tra il 27 e il 28 gennaio. La quadratura di Luna e Marte con il Sole vi rende suscettibili. Rapporti difficili sia con il partner sia con il proprio capo. Siate meno spigolosi, ma reagite se necessario.

Mercurio e Marte favorevoli. Questo è un ottimo transito per lavori mentali, negoziati, trattative commerciali e di affari. Grazie a una mente acuta riuscite a esprimere le vostre idee in maniera chiara e coincisa.

Bene tra il 29 e il 30 con Luna favorevole. Il transito venusiano può apportare cose piacevoli attraverso le relazioni o improvvise attrazioni. Non è però un periodo favorevole per impegnarsi in situazioni troppo serie.

leone

vergine

bilancia

scorpione

Tra il 27 e il 28 la Luna nel vostro segno si metterà di traverso rispetto ai numerosi transiti in Acquario. L’aspetto potrebbe scatenare in voi delle tensioni qualora non siate riusciti a raggiungere gli obiettivi.

Passaggio lunare tra il 29 e il 30 gennaio. Improvvisa stanchezza. Momento ideale per restarsene a casa in compagnia del partner. Fortunati nei sentimenti i nati della terza decade favoriti da Venere.

Negoziati e affari conclusi con abilità per i nati nella terza decade. Riuscite a esprimervi senza ambiguità, non lasciando mai nulla in sospeso. Avanzamenti professionali e successo in studi, concorsi o esami.

Tra il 27 e il 28 è meglio che restiate chiusi tra quattro mura, o ancor meglio, che andiate a scaricarvi in palestra. Siete troppo tesi e troppo suscettibili. Momento inadatto per compiere una scelta importante.

sagittario

capricorno

acquario

pesci

Tra il 27 e il 28 gennaio la Luna si troverà in Leone. La configurazione mette in risalto atmosfere languide e suggestive soprattutto quando vi trovate in luoghi lontani. Approfittatene per incantare il vostro partner.

Grazie alla congiunzione di Venere con il Sole siete molto seducenti. La Luna del 29 e del 30 gennaio rende magica ogni atmosfera e ogni luogo. L’importante è trovare un partner con cui condividere le emozioni.

Marte e Mercurio congiunti al Sole: siete pronti a entrare in qualunque tipo di disputa. La vostra mente in questo periodo è in grado di compiere sforzi notevoli. Maggior calma tra il 27 e il 28. Irascibilità.

Con Giove e Nettuno in quadratura vi seniterete disponibili ad andare contro a qualunque convenzione pur di accontentare il desiderio viscerale di nuove emozioni. La Luna consiglia cautela tra il 29 e il 30.

» a cura di Elisabetta

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Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 6

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 31 gennaio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 29 gen. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Un contorno per lo zampone • 10. Un segno zodiacale • 11. Oriente • 12. Rispondono all’appello • 14. Parti di pagamento • 15. La casa dell’ape • 16. Italia e Belgio • 17. Conto... pari - 19. Dittongo in lieto • 20. Rete! • 22. Il fiume di Bottego • 24. Il pronome dell’egoista • 25. Indifeso • 27. Preposizione semplice • 28. Astio • 29. Folla • 31. Negazione • 32. Cassa Malati • 34. Sette senza pari • 35. Lo boicotta il crumiro • 37. Dare a metà • 39. Lisa nel cuore • 40. Pari in piano • 41. Incassate, incamerate • 45. Piccolo difetto • 46. Si rendono al merito • 48. John, noto cantante • 51. Nel cuore della sera • 52. Consonanti in viola • 53. Circolari • 56. Periodo preistorico • 57. Replica. Verticali 1. Noto romanzo di J. E. Watson • 2. Vaga senza meta • 3. Il niente del moscovita • 4. Fu aiutato da Arianna • 5. Andate in poesia • 6. Pasto serale • 7. Heinrich, poeta e drammaturgo tedesco • 8. La fine di Aramis • 9. Misura di superficie agraria • 13. Complessino musicale • 18. Lo zio della capanna • 21. Fa coppia con lui • 23. Una delle Piccole donne • 24. L’antagonista del Milan • 26. È anche friabile • 27. Scopo, obiettivo • 30. Asportazione di un organo • 33. Reginetta di bellezza • 36. In mezzo al coro • 38. Un monile circolare • 42. Cifra imprecisata • 43. I confini di Comano • 44. Beneficiano del lascito • 47. Fiore lilla • 49. Le segnano le lancette • 50. Negazione bifronte • 54. La bevanda che si filtra • 55. Nota Bene.

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La soluzione del Concorso apparso l’11 gennaio è: PARTENZA Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono state sorteggiate: Milena Gendotti 6772 Rodi-Fiesso Betty Rudaz 6616 Losone Alle vincitrici facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: due abbonamenti settimanali “Arcobaleno” per adulti

Più vicino a voi. Nuova Tariffa Integrata Arcobaleno www.arcobaleno.ch

Arcobaleno mette in palio un abbonamento settimanale per adulti di 2a classe (per tutte le zone) a due tra i lettori di Ticinosette che comunicheranno correttamente la soluzione del Cruciverba. Valore complessivo dei premi: CHF 194.–

L’abbonamento Arcobaleno settimanale è l'opzione ideale per avvicinarsi al trasporto pubblico, toccando con mano i vantaggi che ne derivano. L’abbonamento Arcobaleno è anche mensile e annuale. Potete trovate tutte le informazioni, i vantaggi e le migliori soluzioni per voi e la vostra famiglia nel sito www.arcobaleno.ch

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© Matteo Fieni

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I fotografi di Ticinosette

Museo Casa Cavalier Pellanda Biasca Fotografie di Reto Albertalli, Matteo Aroldi, Giosanna Crivelli, Ivana De Maria, Matteo Fieni, Peter Keller, Reza Khatir, Flavia Leuenberger, Igor Ponti, Jacek Pulawski, Didier Ruef, Katja Snozzi Esposizione curata da Marco Gurtner e Reza Khatir La mostra è visitabile ancora oggi, venerdì 25 gennaio (dalle ore 16 alle 19), sabato 26 e domenica 27 (dalle 14 alle 18)

Il catalogo Dodicisette con tutte le fotografie è disponibile nelle migliori librerie oppure presso EdizioniSalvioni, Bellinzona (tagliando di ordinazione a pag. 45)


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