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del 1. febbraio 2013
con Teleradio 3 – 9 febbraio
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Ticinosette n° 5 del 1. febbraio 2013
Impressum Tiratura controllata 70’634 copie Chiusura redazionale venerdì 25 gennaio Editore Teleradio 7 SA, Muzzano Redattore responsabile Fabio Martini Coredattore Giancarlo Fornasier
Agorà Politiche sociali. Quale famiglia?
Silvano de Pietro
Società Coppia e sessualità. Le parole per dirlo
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Kronos Genitorialità. Una smisurata famiglia
roberto roveda. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Vitae Tina Marie Bautista
deMiS Quadri
di
Reportage Ritratto di famiglia Graphic Novel Family life Fiabe Il gallo tenace
di
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Mariella dal Farra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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a cura della
Mundus Babysitter. Pericolose presenze
di
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redazione; Foto di reza Khatir . . . . . . . . . . . . . . . . duccio caneStrini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
cordeliuS & rachele
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Fabio Martini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
Astri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
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Una questione privata? Pubblichiamo uno scritto giunto in Redazione a commento del reportage fotografico inserito nel numero di Ticinosette apparso alcuni giorni prima di Natale (n . 51/2012) . Gli argomenti sollevati dalla lettrice sono in qualche modo ripresi nel numero speciale che state sfogliando; temi che le recenti cronache da Berna dedicate alle politiche familiari (votazione del 3 marzo prossimo) mostrano essere ancora fonte di profonde divisioni e polemiche, ideologiche, partitiche e lobbistiche per i risvolti economici che inevitabilmente implicano . Gentile direttore, mi ha fatto molto piacere vedere pubblicata sulla vostra rivista una persona a me cara e che è occupata in una delle strutture della Fondazione La Fonte. Per ragioni di età non ho mai potuto rendere visita al laboratorio dove lavora ed è dunque stata una emozione forte vedere il suo viso. Chi ha la fortuna di non avere dei conoscenti con dei problemi fisici o mentali (o diversamente abili come oggi si preferisce scrivere) non può immaginare l’impegno e la grande sofferenza che pesa sulla famiglia di una persona adulta non autonoma e che deve essere seguita costantemente, anche di
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Photo editor Reza Khatir
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs
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notte a volte. Il grande impegno di cui si devono naturalmente caricare i genitori trasforma la giornata in una continua corsa e rincorsa. Servono tante energie e aiuti esterni senza i quali tutto diventa ancora più difficile. (...) Quando le mie gambe me lo permettono, la più grande gioia è recarmi in un parco giochi qui vicino: osservo questi bambini e mi auguro che il loro futuro non sia mai toccato dalla povertà e dalle malattie (e che i loro genitori possano essere sempre vicini e presenti). Sembreranno le solite parole di una vecchia nonna, ma lo dico con il cuore. Per me non c’è di peggio che vedere dei bambini che soffrono, perché i loro genitori vivono nell’indigenza o perché la loro famiglia è divisa. E pensare che queste situazioni ci siano anche in un paese ritenuto benestante e anzi modello per tutte le democrazie del mondo fa ancora più riflettere. (...) Solo uno dei miei due figli mi ha regalato un nipotino, uno solo che oggi è un adolescente. A volte succede che gli chieda ancora perché non hanno voluto una famiglia più numerosa. Mio figlio alza lo sguardo, e poi mi ripete in dialetto: “Lo sai già mamma, è andata così. I figli costano...”. Come se non fosse sempre stato così. F. S. (Castagnola)
Svizzera. Quale famiglia?
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di Silvano De Pietro fotografia di Reza Khatir
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Agorà
Se con la votazione popolare del prossimo 3 marzo verrà approvato il decreto che introduce un nuovo articolo nella Costituzione federale, per la prima volta la Svizzera potrà disporre di una politica organica di sostegno alla famiglia. Questo tipo di intervento pubblico in un ambito sociale considerato – a torto – privato, è stato finora riservato ai cantoni, con tutte le differenze normative e le disparità di trattamento che ciò comporta
l di là dalla sua opportuna unificazione, la materia relativa alla politica familiare si sta facendo sempre più complessa a causa della crescente apertura della società, in cui si sta verificando un ampliamento del concetto di famiglia che va estendendosi alle diverse forme di comunità composte da genitori e figli, indipendentemente dalla natura dei vincoli (di sangue, affettivi o soltanto giuridici) che li legano. Neppure la diversità sessuale rappresenterebbe una discriminante assoluta per considerare i “genitori” di una famiglia (nel senso di titolari dell’autorità parentale verso i figli) coniugi o soltanto partner. Oggetto della politica familiare è, in sostanza, sempre più la semplice condizione di convivenza tra adulti e minorenni, con tutte le implicazioni di responsabilità reciproche e di esigenze economiche ed educative ad essa riferibili. Ne consegue che attuare una politica a sostegno della famiglia significa tener conto di situazioni molto diverse, rispetto alle quali sembra opportuno parlare non più di una politica, ma di politiche familiari. I problemi sollevati da questa evoluzione culturale sono in effetti numerosi, e ciò implica la definizione di risposte diversificate: una politica familiare per realizzare la parità fra uomo e donna, una per garantire un’equa imposizione fiscale, una per tutelare la maternità e la cura dei figli, una per promuovere le pari opportunità nella formazione e nel mercato del lavoro, e così via.
Differenze culturali Di questi temi abbiamo parlato con Chiara SimoneschiCortesi, ex deputata ticinese del Partito Popolare Democratico (PPD) al Gran Consiglio e al Consiglio nazionale (organi di cui è stata anche presidente), che ha dedicato gran parte della propria carriera politica, in Ticino come a Berna, ai temi della famiglia, della donna, della solidarietà, dell’educazione. “La politica familiare in Svizzera sul piano federale è stata sempre negletta fino agli inizi degli anni 2000. Tra i cantoni c’erano però enormi differenze. Il Ticino, il Vallese e in genere i cantoni romandi, erano in questa materia molto aperti, dinamici, progressiti. È una questione culturale. Gli svizzero-tedeschi tendono tuttora, negli ambienti più conservatori, a considerare la famiglia una Privatsache, una questione privata. Fortunatamente, all’inizio del 2001, nella sessione parlamentare tenutasi a Lugano, sono passate alcune proposte, in parte del PPD e in parte della sinistra, che hanno dato avvio alle grandi riforme degli ultimi 12 anni”. Per capire l’importanza di quanto finora è stato fatto, vanno considerati alcuni aspetti. Anzitutto, quelle “grandi riforme” erano in realtà interventi puntuali, per realizzare, sia pure con grande ritardo, quanto era previsto nella Costituzione federale, in particolare gli assegni familiari e (sin dal 1945) l’indennità per perdita di guadagno in caso di maternità. Questi e altri interventi erano tuttavia inseriti in un ampio disegno di politica della famiglia che è tuttora in via di realizzazione e ancora incompleto. In secondo luogo, la politica familiare è servita (e continuerà a servire) anche da strumento o veicolo per concretizzare le pari opportunità tra donna e uomo; e questo spiega in parte le resistenze e i ritardi nell’attuazione di quell’ampio disegno politico a sostegno della famiglia. Se ne ricava il terzo aspetto che caratterizza questa politica, e cioè l’impressione che finora si sia proceduto a scatti, in modo quasi episodico. “Già all’inizio degli anni Ottanta c’erano state delle iniziative parlamentari e cantonali per introdurre il congedo maternità e per generalizzare in tutta la Svizzera gli assegni di famiglia per i figli”, precisa Simoneschi-Cortesi. Queste iniziative sfociarono poi nell’adozione delle rispettive leggi. Nel caso degli assegni familiari, è stato fissato uno standard minimo per tutti i cantoni, che però, volendo, possono dare anche di più. Altre riforme significative sono state la riduzione dei premi dell’assicurazione malattie a favore delle famiglie con più figli; e l’istituzione e la prosecuzione del programma federale di incentivazione dei posti di custodia extra-familiare (asili nido, mense, doposcuola ecc.) per permettere ai genitori di conciliare al meglio il lavoro o la propria formazione con i compiti familiari.
Politica familiare e pari opportunità Quanto alla realizzazione delle pari opportunità, si è trattato principalmente di attuare l’articolo costituzionale, approvato nel 1981, sull’uguaglianza dei diritti tra uomo e donna. La relativa legge è stata adottata nel 1996. Ma proprio in quest’ambito rimane ancora molto da fare, soprattutto per quanto attiene alla conciliabilità tra famiglia e lavoro, oltre che alla parità di salario. Vanno inoltre segnalati i programmi federali d’incentivazione delle carriere femminili nella formazione di base e continua (università, politecnici, SUP e ricerca). Sono programmi rivolti soprattutto a favore della donna, “che sempre di più è costretta o vuole lavorare, ma che a causa della maternità incontra enormi difficoltà a rientrare nel mondo del lavoro”. La ex presidente del Consiglio nazionale tiene inoltre a sottolineare che le riforme fin qui realizzate sono state pensate per “la famiglia, intesa non solo in senso tradizionale ma quale luogo dove ci sono genitori e figli, senza andare a specificare il tipo di vincolo tra i genitori (matrimonio o concubinato) o la condizione giuridica dei figli. Dunque, una politica familiare aperta”, puntualizza Simoneschi-Cortesi, “che non ha impedito, però, di prendere di petto la questione annosa della discriminazione fiscale tra coppie sposate e coppie di concubini”. Il sì alla riforma dell’imposizione fiscale per le coppie (abolizione del cumulo dei redditi), per esempio, costituisce solo “una prima parziale revisione, che va nel senso della sentenza del Tribunale federale del 1984, tant’è vero che adesso il Consiglio federale manda in consultazione una ulteriore modifica, affinché venga veramente rispettato quanto deciso in quella sentenza”. Il riferimento di Simoneschi-Cortesi è alla causa “Hegetschweiler contro il governo cantonale di Zurigo”, dove i giudici federali stabilirono che la legge è incostituzionale se “nell’imposizione di redditi elevati pregiudica senza un motivo sostenibile i coniugi rispetto ai concubini”. È vero che la deduzione delle spese di custodia dei bambini, entrata in vigore all’inizio del 2011 (“è passata, ci abbiamo messo una vita ma è passata”, commenta Simoneschi-Cortesi), migliora l’equità fiscale tra le persone con figli e quelle senza figli, e sostiene il reddito delle donne, soprattutto per le famiglie monoparentali. Ma secondo il diritto vigente le coppie di concubini con figli sono tassate in misura ancora troppo vantaggiosa rispetto alle coppie sposate. Pertanto, il Consiglio federale ha elaborato delle proposte, attualmente in consultazione, per eliminare completamente queste disparità fiscali.
“Gli svizzero-tedeschi tendono tuttora, negli ambienti piuttosto conservatori, a considerare la famiglia una Privatsache, una questione privata. Fortunatamente, all’inizio del 2001, nella sessione parlamentare tenuta a Lugano, sono passate alcune proposte, in parte del PPD e in parte della sinistra, che hanno dato avvio alle grandi riforme degli ultimi 12 anni”
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La parità salariale Fin qui, tutto quello che è stato fatto. La lista, che con competenza e memoria ne fa Simoneschi-Cortesi, è però lunga (...)
anche per tutto quello che rimane da fare. Procedendo nel solco della promozione delle pari opportunità, al primo posto ci sono gli aiuti mirati alle famiglie con figli in difficoltà. L’obiettivo è quello di applicare, a livello svizzero, il modello ticinese di lotta alle nuove povertà. Il progetto è però ancora fermo in parlamento. Il sindacato Transfair, di cui Chiara Simoneschi-Cortesi è presidente, e la federazione dei sindacati di ispirazione cristiana Travail.Suisse, chiedono che vengano aumentati gli assegni per i figli, perché la politica familiare deve tener conto anche dei costi dei bambini, che in Svizzera sono molto alti (inclusa la perdita di guadagno se la donna non trova un lavoro adeguato). Un’altra forma di sostegno alla famiglia, se realmente applicata, riguarda la parità salariale. “Non è giusto ed è anticostituzionale che vi sia ancora il 20-21% in media di differenza nei compensi tra uomini e donne”, si appassiona Chiara Simoneschi-Cortesi, che su questo tema ha presentato una mozione per chiedere che si facciano dei controlli nelle aziende: “Controlliamo tutto, il lavoro nero, il dumping salariale. Perché non controllare anche la parità salariale?”. Per quanto riguarda il congedo maternità, manca ancora il congedo nel caso di adozione, non meno importante di quello per la maternità naturale. E c’è poi la “nuova frontiera” da raggiungere dei congedi parentali pagati e non pagati. Quello di maternità è un minimo: 14 settimane (“noi ne volevamo 16”, puntualizza la esponente del PPD) pagate al 10%. Ci vuole però qualcosa in più: il congedo per il padre, per esempio; ma anche congedi parentali, pagati e non pagati, per consentire ad ambedue i genitori di prendersi cura dei bambini nei primi 3 anni di vita, riducendo il tempo di lavoro a tutto vantaggio degli equilibri familiari. E poi ci sono i congedi parentali per curare i figli quando si ammalano; il tempo parziale, anche in funzioni elevate di lavoro qualificato, che tenga conto, per uomini e donne, delle esigenze familiari (cosa difficile da ottenere, particolarmente in Ticino); le strutture di accoglimento dei bambini, che sono ancora insufficienti malgrado i programmi d’incentivazione. Ma non è tutto: bisognerebbe prestare maggiore attenzione alle famiglie monoparentali (un solo genitore con figli), con un passaggio progressivo dal sussidio delle strutture al sussidio dei genitori; armonizzare tempi e ritmi della scuola con i bisogni delle famiglie; sostenere le organizzazioni che forniscono consulenze specifiche alle imprese sulla conciliabilità lavoro-famiglia.
l’1,3%. Per esempio gli assegni per i bambini, precisa Simoneschi-Cortesi, “non è come da noi che sono solo i datori di lavoro a doverli pagare; negli altri paesi anche lo Stato paga qualcosa”. Da noi il finanziamento della politica per la famiglia è insomma rimasto ancorato a vecchi modelli paternalistici, senza che venisse aggiornato e adeguato ai cambiamenti. In alcuni paesi nordici, poi, non solo sono stati introdotti i congedi parentali per uomini e donne ma, come avviene per esempio in Svezia, gli uomini sono obbligati a prendere una quota di almeno il 30% di tali congedi per non lasciare le cure della famiglia interamente sulle spalle delle donne. Ma l’ampiezza e il numero delle misure di politica della famiglia che sono necessarie, unita alla complessità del federalismo elvetico, spiegano perché l’adozione del nuovo articolo costituzionale può davvero aprire in Svizzera una nuova fase politica in questo campo. Al momento, però, l’impressione è che prevalga – soprattutto nella Svizzera tedesca e specialmente tra le persone di una certa età – l’idea che tutto quanto concerne la famiglia sia una questione privata (“e l’economia la sposa, facendo un autogol”, commenta Simoneschi-Cortesi). In generale, latita la convinzione che ogni misura favorevole alla nascita e alla crescita armoniosa della famiglia, dove tutti e due i coniugi possano liberamente scegliere di occuparsi in parte dei compiti familiari e in parte del lavoro fuori casa (o della politica, o del volontariato), è importantissima per la crescita sociale ed economica del nostro paese. Le resistenze sono più forti tra i politici che non nella popolazione, tant’è che il referendum sugli assegni di famiglia è passato: la gente ha detto di sì. Questa è la ragione per cui Chiara Simoneschi-Cortesi si dice ottimista: “Ci abbiamo messo trent’anni a realizzare alcune cose importanti, come il congedo maternità e gli assegni per i figli. Per fare il resto forse ce ne vorranno altri trenta. Però, se si portano avanti sistematicamente, sia a livello federale sia cantonale, queste idee di politica della famiglia, sono convinta che ci riusciremo. In fondo, come Svizzera dobbiamo fare una scelta per l’economia e per lo sviluppo: vogliamo sì o no valorizzare tutte le teste e tutti i saperi di cui disponiamo? Se sì, allora vuol dire che dobbiamo saper valorizzare, molto di più di quanto facciamo adesso, il saper essere e il saper fare delle donne”, e non penalizzarle quando diventano madri. E questo va fatto con le coppie, quindi coinvolgendo gli uomini. “Se non facciamo questo ci tiriamo la zappa sui piedi, perché dobbiamo andare a reperire all’estero personale molto qualificato”. E cita un rapporto dell’OCSE e i rapporti periodici dell’ONU (secondo la convenzione sulla famiglia CEDAF) che criticano la Svizzera perché fa troppo poco per valorizzare il sapere femminile e promuovere la conciliabilità tra famiglia e lavoro. E perché la sua politica delle pari opportunità manca del supporto di un’adeguata politica familiare.
“Non è giusto ed è anticostituzionale che vi sia ancora il 20-21% in media di differenza nei compensi tra uomini e donne (...) Controlliamo tutto, il lavoro nero, il dumping salariale. Perché non controllare anche la parità salariale?”
L’esempio Un modello, in questo particolare settore della politica sociale, è quanto viene attuato in Germania, dove per il sostegno alla famiglia si spende il 2,8% del PIL. In Danimarca e nei Paesi nordici l’apporto è ancora maggiore. La Svizzera spende solo
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Le parole per dirlo Sesso e comunicazione nella coppia sono strettamente legati. Parlare in modo esplicito di sessualità permette infatti ai partner di comprendere meglio le esigenze dell’altro. Un aspetto fondamentale per una sana ed equilibrata relazione sentimentale e per una piena e soddisfacente intesa. Dentro e fuori il letto di Mariella Dal Farra
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In tutte le società occidentali la coppia rappresenta la principale configurazione attorno alla quale il comportamento sessuale si estrinseca e si organizza. Più in generale, “la sessualità è parte integrante della maggior parte delle relazioni sentimentali, lì dove la società «sponsorizza» il matrimonio come forma paradigmatica della diade sessuale”.1 Non è perciò sorprendente scoprire che, in molte delle ricerche tese a individuare i fattori che sottendono un’unione matrimoniale felice, la soddisfazione sessuale dei partner risulti avere un ruolo fondamentale2. Questo dato appare tendenzialmente trasversale rispetto a diverse variabili prese in esame, ivi compresa l’età dei soggetti, e anche se alcuni studi3 registrano una lieve deflessione dell’interesse sessuale a partire dai sessant’anni, tale dato sembra corroborare il fatto che esso, nella maggioranza della popolazione, persista in maniera significativa.4 Il connubio sesso-matrimonio non deve però essere inteso in maniera rigida: infatti, secondo uno studio condotto nel 1993, “la qualità del rapporto coniugale è correlata a criteri del tutto soggettivi concernenti l’attività sessuale con il partner, a prescindere dall’oggettività della performance”.5 Così, “[...] la coppia felice trae piacere dalla propria attività sessuale indipendentemente dalla frequenza di rapporti e orgasmi”6, nella misura in cui tali frequenze siano sintoniche alle esigenze delle parti in gioco. Soddisfazioni, coniugali e sessuali Ora, fatto salvo l’assunto di base, secondo il quale il grado di soddisfazione coniugale è strettamente associato a quello della gratificazione sessuale, resta
Buongiorno. da capire come tale equazione si declini in termini di causa-effetto, e quali fattori ne modulino il rapporto: faccenda assai complessa, rispetto alla quale i contributi esplicativi sono molti e importanti, senza che però nessuno risulti di per sé esaustivo. Così, per esempio, una ricerca condotta nel 2007 su un campione di 787 adulti eterosessuali residenti nella regione delle Fiandre, in Belgio, di cui 424 sposati in prime nozze e 363 alla seconda esperienza matrimoniale, ha preso in considerazione alcune variabili demografiche quali età, scolarità, stato occupazionale, numero di figli e durata del matrimonio. I risultati mostrano “una suggestiva ma non comprovata evidenza del fatto che le persone sposate in prime nozze hanno maggiori problemi di adattamento in tutte e tre le scale considerate [sintonia coniugale, sessuale e nella vita in generale]: elemento indicativo di un più basso livello di soddisfazione coniugale rispetto alle coppie di secondo letto”.7 Il fattore figli e quello del lavoro Nello stesso studio, viene evidenziato un minore grado di soddisfazione coniugale nella fase intermedia di un’unione, in confronto a quando i partner sono o più giovani o più anziani. Per quanto riguarda la scolarità, un alto livello di istruzione è correlato a un migliore adattamento reciproco; viene inoltre
confermato il dato in base al quale le mogli che lavorano tendono a esprimere valutazioni più positive sul proprio matrimonio rispetto a quanto facciano le mogli casalinghe. Infine, si evidenzia una correlazione negativa fra il numero dei figli e il grado di soddisfazione coniugale, mediato soprattutto dalla misura di adattamento sessuale presso le donne. Per contro, se numero dei figli e durata “media” del matrimonio sembrano influire negativamente su gratificazione sessuale e coniugale, entrambe queste variabili risultano positivamente correlate alla qualità dell’adattamento esistenziale. Un altro importante capitolo è costituito dallo stress esperito dalla coppia, sia sotto forma di eventi maggiori (perdita del posto di lavoro, malattie, lutti) che in riferimento ai più comuni stress quotidiani, dove i secondi sembrano esercitare un’influenza decisamente più deteriore dei primi sul funzionamento del rapporto8.
Sogno avverato. Per una comunicazione… Un criterio rivelatosi “buon predittore” d’intesa sessuale, e coniugale, è invece costituito dalla capacità di comunicare sull’argomento. Uno studio del 20129 mostra come l’utilizzo da parte dei coniugi di una terminologia sessuale condivisa sia associato a una migliore qualità relazionale. Una possibile interpretazio-
Meg Ryan simula un orgasmo tra i tavoli del “Katz’s Delicatessen” nel classico Harry ti presento Sally, pellicola del 1989 diretta da Rob Reiner
ne a tale riscontro è fornita da un altro studio (Cameron & Kulik, 2003), condotto presso un college nel quale era stato introdotto un regolamento “anti-abuso” che prevedeva la richiesta esplicita del consenso, nell’ambito della coppia, per ogni singolo atto sessuale che i partner volessero praticare.
Arrivederci. Abbastanza sorprendentemente, i ricercatori trovarono che, in seguito all’implementazione del suddetto regolamento, gli studenti riferivano “un miglioramento generale dell’attività sessuale” definita come “più eccitante, variata e piacevole” (pag. 37); in particolare, le donne riportarono come la nuova politica le avesse spinte a “sviluppare un linguaggio per rappresentare i propri desideri, sia a se stesse che al partner”. … chiara ed esplicita La ricerca sulla comunicazione sessuale nella coppia si conchiude sulla tipologia del linguaggio usato: “I messaggi risultano tanto più efficaci quanto più sono articolati. In certe occasioni, i coniugi
possono accorgersi che un linguaggio chiaro ed esplicito permette di comunicare meglio i propri desideri, laddove, in altri contesti, la preferenza va a messaggi più sfumati […]. In determinate situazioni, il ricorso a una terminologia gergale può aumentare il piacere di un incontro sessuale, mentre in altre i partner possono trovare più gratificante usare un linguaggio che esprima passione e vicinanza emotiva”.10 In tutti i casi, “Adoperare una maggiore varietà di termini sessuali consente alla persona di calibrare i propri messaggi a seconda degli obiettivi che si propone, il che potrebbe spiegare la positiva relazione fra verbalizzazione sessuale e grado di soddisfazione”11. La felicità coniugale è dunque, con buona probabilità, una questione di natura lessicale.
note 1 B. Butzer, L. Campell, “Adult attachment, sexual satisfaction, and relationship satisfaction: A study of married couples”, Personal Relationships, nr. 15: 141–154, 2008, pag. 141. 2 Una delle rappresentazioni più divertenti dell’universo sessuale all’interno della coppia (e non solo) è data dal musical The Rocky Horror Picture Show (1973), diventato nel 1975 anche un film. 3 G. Trudel, “Sexuality and marital life: Results of a survey”, Journal of Sex and Marital Therapy, nr. 28: 229–249, 2002. 4 G. Trudel, op. cit., pag. 242. Nella ricerca menzionata, l’interesse espresso nei confronti dell’attività sessuale scende dal 97,5% presso i soggetti fino a trent’anni di età al 73,4% presso gli ultrasessantenni.
P.J. Morokoff, R. Gillilland, “Stress, sexual functionig and marital satisfaction”, The Journal of Sex Research, Vol. 30, nr. 1: 43–53, 1993, pag. 51. 6 Ibidem 7 J. Orathinkal, A. Vansteenwegen, “Do demographics affect marital satisfaction?”, Journal of Sex & Marital Therapy, nr. 33: 73–85, 2007, pag. 81. 8 G. Bodenmann, T. Ledermann, T.N. Bradbury, “Stress, sex and satisfaction in marriage”, Personal Relationshios, nr. 14: 551–569, 2007. 9 J.J. Hess, T.A. Coffelt, “Verbal communication about sex in marriage: Patterns of language use and its connection with relational outcomes”, Journal of Sex Research, nr. 49(6), 2012, pp. 603–612. 10 J.J. Hess, T.A. Coffelt, op. cit., pag. 611. 11 Ibidem 5
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Una smisurata famiglia Partner con matrimoni, convivenze e relative separazioni alle spalle. Figli consanguinei, acquisiti, fratelli e fratellastri, patrigni e matrigne. Nonni biologici e no. Ecco le famiglie allargate, sempre più diffuse e dalle dinamiche ancora tutte da scoprire… di Roberto Roveda
Mi infastidisce profondamente il desiderio della società odierna
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di rendere sempre tutto facile, “rose e fiori”, digeribile senza alcuna fatica. Così come trovo irritante il costante eludere le complessità e difficoltà della vita, e l’enfasi su quanto sia semplice realizzare i propri desideri. Queste considerazioni mi sono venute in mente nel momento in cui ho deciso di parlare di famiglia allargata, cioè di un modello di legame familiare nuovo e sempre più diffuso. Una famiglia che è spesso il risultato di un vero e proprio patchwork di persone e che si forma quando a unirsi sono due partner con alle spalle relazioni sentimentali o matrimoni da cui sono nati figli. Ho provato a immaginare la vita all’interno di una famiglia di questo tipo: accanto a tanta gioia, sicuramente la fatica e la complessità delle cose sono elevate a potenza rispetto a quanto accade in un nucleo tradizionale. Un’intuizione che mi ha fatto crescere l’irritazione per le tante banalità che ho ritrovato su internet o nei libri dedicati all’argomento. Banalità che traspaiono in serie televisive del vicino Belpaese, come “I Cesaroni” o “Un medico in famiglia”, che di fatto enfatizzano il mito della famiglia allargata ridotta a macchietta. Il principio dell’autorealizzazione Eppure la complessità del vivere in un nucleo che ha alle spalle dei legami finiti male, magari dopo anni di delusioni e lotte tra coniugi, non può essere ridotto a faciloneria da fiction o a rappresentazioni felici del tutto politically correct. Una famiglia allargata nasce con un carico di pesi e difficoltà sicuramente maggiori rispetto a una famiglia tradizionale. È un luogo dove un uomo e una donna scelgono di incontrarsi, vivere insieme realizzando il loro legittimo desiderio di essere felici, pensando al futuro, alla felicità dell’oggi e del domani. Ma anche dove spesso altre persone, in primis i figli nati da precedenti relazioni, subiscono le scelte degli adulti: la nuova casa, il nuovo compagno/a di mamma e papà, nuovi fratelli e/o sorelle. Quindi prima di tutto la famiglia allargata è un luogo dalle dinamiche delicate, dove emozioni, sentimenti, relazioni si stratificano e si connettono in maniera spesso inaspettata. So quanto sia complesso mettere d’accordo i bisogni di tutti – genitori, figli, nonni, parenti – a Natale o per le vacanze e immediatamente mi pare impossibile riuscire a farlo in un nucleo familiare allargato che comprenda anche ex mariti ed ex mogli, fratellastri, nonni acquisiti e magari risposati a loro volta. Per questo rifuggo dalle spiegazioni semplicistiche, da chi riesce solo a cantare la famiglia allargata come istituzione
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moderna, flessibile, comunitaria in fondo, nella quale la presenza di tante persone garantisce più risorse e quindi più chance in caso di bisogno. Credo che questo possa accadere, ma solo quando la famiglia multipla riesce a risolvere il paradosso che sta alle sue fondamenta. Questo tipo di nucleo familiare è un’espressione tipica della nostra società che pone come valore sommo l’autorealizzazione dell’individuo, l’autenticità dei sentimenti del singolo. Nel momento in cui un legame non risponde a queste caratteristiche facilmente si può rompere e si va a cercare un nuova relazione in grado di soddisfare il nostro bisogno di felicità. In fondo, da sempre ci viene detto: “se non sei felice tu, non sono felici neppure gli altri”. Non è vero, naturalmente, anzi talvolta la nostra infelicità di adulti regala la felicità ai nostri figli che non vogliono assolutamente che papà e mamma si separino. Oppure che, una volta separati, si leghino ad altre persone. Responsabilità crescenti Però il clima odierno è restio al dovere e alla responsabilità e incline alla affermazione di sé e quindi spesso si sceglie solo
in funzione dei nostri desideri. Proprio allora, però, la famiglia allargata, per paradosso, facilmente imporrà forti limiti alla nostra autorealizzazione, proprio perché il singolo, l’adulto che ha scelto la nuova famiglia, dovrà tener conto del nuovo partner, dei propri e degli altrui figli e di tutte le persone gravitanti attorno al nuovo nucleo. La famiglia allargata, per funzionare, può solo diventare il luogo della responsabilità, dei doveri, della rinuncia a fette della propria individualità e realizzazione, in vista della realizzazione del bene del legame familiare e delle persone che lo compongono. Solo in questo modo può trasformarsi in virtuoso esperimento sociale, un laboratorio per riscoprire il piacere ma anche la fatica di vivere assieme.
per saperne di più Vittorino Andreoli, Lettera alla tua famiglia, Rizzoli, 2006 ringraziamenti Un sentito ringraziamento alla dottoressa Raffaella Carchio – psicologa esperta in counseling psicologico (individuale, di coppia e di sostegno alla genitorialità) – per i preziosi contributi che hanno permesso all’autore di focalizzare problematiche e dinamiche delle famiglie allargate moderne.
» testimonianza raccolta da Demis Quadri; fotografia di Reza Khatir
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Tina Marie Bautista
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go quasi subito, sempre con anziani. Mi piace quell’ambiente, anche se occuparsi di una nuova persona all’inizio non è facile. Spesso gli anziani non sono abituati a essere seguiti in questo modo e preferirebbero rimanere da soli. Bisogna anche riuscire a conquistarsi la loro fiducia, perché spesso hanno paura di essere derubati. Ma con tutte le persone con cui ho lavorato si è creato un buon rapporto. Del resto questo per me è importantissimo. Per un certo periodo sono stata in disoccupazione, ma ne ho approfittato per seguire a Chiasso un corso della Croce Rossa per assistenti di cura. Assistente familiare, è consapevole che Ci dicevano sempre che bisonel suo mestiere è necessario essere dei gna saper staccare dal lavoro, buoni osservatori e saper lavorare con il perché se ci si affeziona troppo non è positivo. Ma io non ce cuore. Per non danneggiare gli altri, ma la faccio: è più forte di me... nemmeno se stessi... Dopo altre esperienze con persone anziane, attraverso facile. All’inizio ho avuto dei Pro Infirmis sono arrivata al mio lavoro dubbi, perché non sapevo se attuale, che mi impegna da un paio d’anni: ero in grado di affrontarlo. ogni mattina, per mezza giornata, mi ocOltretutto l’orario era impecupo di una giovane disabile. È una donna gnativo in quanto bisognava intelligente, che ammiro molto. È il tipo di garantire una presenza di 8 o persona piena di voglia di vivere, che non si 9 ore al giorno: pochi lo accetlascia andare. Io la aiuto a vestirsi, a lavarsi, terebbero. Ma la signora mi ha a cucinare, a recarsi in stazione per prendere incoraggiato, dicendo che lei il treno e andare a lavorare, a fare ciò che era sempre presente e che tutti richiede movimenti che lei non riesce a i giorni, la mattina e la sera, compiere. È bello, e in casa si è creata una arrivava anche un infermiere. grande armonia. Anche se è stato strano per Ho fatto un periodo di prova me cominciare a darle del tu: nel mio paese ed è andata bene. Da parte non lo si fa mai, per cui mi sono meravigliata mia avevo spiegato loro che molto quando in Svizzera ho visto i bambini dovevano essere contenti del chiamare per nome le loro nonne o le loro mio lavoro, ma che anch’io zie. È un’altra mentalità... Il pomeriggio indovevo essere soddisfatta. Nei vece lavoro per una signora anziana. rapporti di lavoro, come nella Tutti questi impegni, purtroppo, mi lasciano vita, ci vuole reciprocità e perpoco tempo per me stessa. Per esempio, non sonalmente non posso operaposso tornare nelle Filippine ogni anno, re in un ambiente nel quale perché devo trovare una sostituta. E questo non mi sento a mio agio. Ho è difficile: in particolare con gli anziani non lavorato lì per due anni, fino è facile proporre una persona che non coa quando, essendo mancato il noscono, in quanto crea in loro incertezza marito, la signora non poteva e confusione. In futuro comunque vorrei più tenermi. Però mi ha aiutornare a casa, vicino a Manila, dalla mia fatato molto: potrei quasi dire miglia, per trascorrere lì la vecchiaia. Quando che nei miei confronti è stata vivi e lavori in casa di una persona, con la come una mamma. Ha fatto quale devi stare 24 ore al giorno, se non riesci dei colloqui, informandosi e ad abituarti, rischi di andare in depressione. È aiutandomi nella ricerca di un molto triste quando tutti i giorni ti sembrano altro lavoro. Purtroppo in seuguali: lavoro, lavoro, lavoro... Adesso però, guito è mancata anche lei, ma per fortuna, assistendo persone diverse in so di doverle moltissimo. luoghi diversi, mi sposto e la mia vita è più Ho trovato un altro impievariata. Ma le Filippine mi mancano...
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engo dalle Filippine, un paese molto povero dove purtroppo non c’è abbastanza lavoro per tutti e gli stipendi sono molto bassi. Spesso le persone, terminati gli studi, sono costrette a partire per l’estero e, per poter guadagnare e mantenere la famiglia, non di rado accettano di svolgere professioni differenti da quelle a cui aspiravano. Non è cosa di cui ci si debba vergognare, ma a volte poi la gente pensa che da noi si formino tutti come personale domestico, quando spesso invece abbiamo studiato e siamo laureati. Sono arrivata in Svizzera tempo fa, nel 1993. Inizialmente sono venuta qui come turista, anche se non è stato facile ottenere il visto perché, nelle Filippine, all’ambasciata svizzera sono molto rigorosi. Avevo appena concluso l’università, nell’ambito della quale avevo studiato quello che da noi si chiama Medical Technology, e come regalo per festeggiare sono venuta qui, dove vivevano già mio papà e mio fratello. Dopo i tre mesi concessi dal visto, però, ho deciso di restare in Europa. Su suggerimento di alcuni amici, mi sono trasferita a Milano dove ho vissuto per cinque anni. Come lavoro assistevo un anziano. Era molto impegnativo: dovevo essere presente 24 ore al giorno a casa sua, in cui alloggiavo. Avevo un solo giorno libero alla settimana. Quando ci spostiamo, noi filippini in generale abbiamo la fortuna di parlare, oltre al nostro dialetto, anche l’inglese. Ma all’inizio a Milano è stato difficile, perché questo signore non capiva me e io non capivo lui, per cui a volte nascevano malintesi. Quando lui è mancato, sono tornata in Svizzera, dove nel frattempo si era trasferita anche mia madre. Qui ho saputo che una signora di Comano cercava una persona che potesse assistere il marito malato. Allora sono andata a vedere com’era la situazione e mi sono subito accorta che non si trattava di un lavoro
Ritratto di famiglia a cura della Redazione; fotografie di Reza Khatir
Mattia, Emma, Delia, RÊmy ed Elisabeth. Una giovane famiglia ticinese con alle spalle vicende e culture tra loro apparentemente lontane che hanno trovato, come sempre piÚ spesso accade in una nazione a forte impronta multiculturale come la Svizzera, un punto di sintesi forte e una loro piena realizzazione. La storia di un paravento e di un incontro in una normalissima giornata di festa‌
Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Locarno ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI e il CISA a Lugano. www.khatir.com
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La Redazione e il fotografo ringraziano la famiglia Alli-Piffaretti per la disponibilitĂ e la collaborazione nella realizzazione del presente reportage.
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a famiglia è da sempre l’entità fondamentale della società umana, il luogo e lo spazio in cui si cresce e ci si forma come individui sotto il profilo fisico, affettivo e relazionale. Ma la famiglia non è affatto un’entità statica ma una struttura sociale in rapido e costante mutamento, oggi più che mai. In essa, in misura maggiore rispetto a ogni altro consesso sociale, si manifestano ed esperiscono direttamente i cambiamenti che avvengono nel mondo e nella società, in positivo come in negativo. L’accelerazione, per esempio, che i processi di globalizzazione hanno determinato nel trasferimento delle persone da un continente all’altro ha prodotto, nel corso degli ultimi tre decenni, una serie di importanti ripercussioni sulla struttura della famiglia e le storie individuali. Il caso di Elisabeth Alli – giornalista, scrittrice e regista svizzera, da tempo collaboratrice di Ticinosette – che ha accettato di farsi ritrarre insieme al marito Mattia Piffaretti psicologo dello sport, e ai loro tre figli, Emma, Rémy e Delia, nel corso di un weekend, è in tal senso emblematico. E la fotografia che abbiamo scelto per la copertina di questo numero ha dunque una valenza specifica. Vi si scorgono infatti due piani distinti: sullo sfondo, il paravento a tre ante che Elisabeth ha commissionato in occasione del suo quarantesimo compleanno all’artista argentino-svizzera Gabriela Spector in cui sono narrati per immagini gli eventi salienti della vita di Elisabeth e della storia della sua famiglia di origine: “Non mi stanco mai di guardarlo” ci dice, “perché mi tocca profondamente. Proprio in questo momento, con un documentario per la RSI, esploro il tema dell’attaccamento alla famiglia biologica. Poi, mi riempie di grande gioia sapere che i miei figli, con una nonna materna Igbo (Biafra, Nigeria) e una nonna paterna a metà norvegese, sono davvero dei cittadini del mondo”. In primo piano, abbiamo il
presente: Elisabeth con Delia ed Emma (Rémy lo si vede nelle fotografie del servizio di Reza Khatir) in un momento di lettura e intimità familiare. Si stabilisce così un percorso di continuità fra luoghi, culture, lingue e mondi certamente lontani ma capaci di fondersi e dar vita a esperienze straordinarie e a nuove generazioni contrassegnate da una visione alta e nobile del mondo e dell’umanità. Valori e principi La Svizzera – multiculturale per definizione e crocevia d’Europa – è certamente una delle nazioni in cui il processo di integrazione di altre popolazioni è stato intenso. Una caratteristica certamente positiva e apprezzabile del nostro paese ma la cui evoluzione continua ad alimentare, soprattutto negli ambienti più conservatori, timori di un infiacchimento dell’identità nazionale con la conseguente perdita dei “valori” tradizionali. Negare le differenze è sempre sbagliato, perché ognuno di noi rappresenta un unicum, al di là della propria provenienza o dei propri tratti etnici o culturali. Ma, al contempo, le differenze rappresentano un’opportunità sensazionale di crescita e di sviluppo sociale e culturale, un’opportunità che in nessun modo una società deve perdere. Neanche in nome dei tanto acclamati “valori” tradizionali. Perché i valori sono sempre espressione di un contesto, e per tale ragione possono e debbono anche mutare. I principi, al contrario, rappresentano il punto di riferimento costante e inalienabile dell’agire umano, nonché l’espressione più autentica e profonda del nostro essere. Uguaglianza, fratellanza e libertà sono concetti astratti e forse difficili per Emma, Rémy e Delia, ma i loro genitori non smettono di tradurli pure nella tranquilla normalità di un sabato pomeriggio.
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Pericolose presenze Profilo ideale per sceneggiature cinematografiche, drammi familiari e avventure erotiche, la babysitter è la naturale evoluzione delle balie, protettive, educate, accoglienti, fonti di cibo per i piccini e dalla infinita pazienza di Duccio Canestrini
“Cosa dovrei fare secondo voi? Mi sono innamorato della baby
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sitter dei miei fratelli. Lei viene a casa ogni sabato pomeriggio, è una tipa strana, fa yoga, pugilato e divora libri a tempesta… è perspicace, simpatica, intelligente e matura, ha 16 anni. Dovrei cercare di farmela passare, anche se sono cotto a puntino?”. Caro ragazzo, verrebbe da rispondere, difficile giudicare a distanza. Certo che se a 16 anni ‘sta tipa ha già tutte le qualità che elenchi, è meglio tenerla d’occhio piuttosto che perderla! Infatti, più o meno di questo tenore sono le numerose risposte che si trovano nella rete al dilemma passionale esposto dal giovane innamorato.
Robert Stevenson del 1964. Mary Poppins fa inopinatamente irruzione nella famiglia di George Banks, integerrimo bancario di Londra. Costui gestisce i rapporti affettivi come rapporti di lavoro e la propria casa come se fosse una banca, pretendendo, da bravo capo, che le cose funzionino perfettamente. Ma la ragazza quello stile di vita glielo rovescia immediatamente. Tanto per cominciare si presenta rispondendo a una lettera scritta dai bambini. E il gioco dell’inversione dei ruoli e delle gerarchie poi continua, perché sarà lei a esaminare il signor Banks e non viceversa, annunciando che resterà in prova una settimana, per poi decidere se accettare o meno il posto.
Dalla balia alla seduttrice Ma la babysitter seducente è soltanto Figure rivoluzionarie uno degli stereotipi pennellati su La mitica Mary Poppins, che si aggira questa figura di donna (solitamente volando appesa al suo ombrello, come giovane), che un tempo aveva nomi babysitter rompe ogni cliché perché è un po’ più popolari come bambinaia, magica, rivoluzionaria e contagiosa. o balia: detta “asciutta” se si limitava Al punto che il ligio bancario alla ad accudire la prole altrui, senza alfine deciderà di mandare in malora lattarla. Certo, oggi un’inserzione che la carriera, per vivere più in armonia suonasse così, “cercasi balia asciutta”, con la propria famiglia. suonerebbe un po’ anacronistica, se Annie Braddock, neolaureata in annon del tutto enigmatica. tropologia, deve scegliere quale straSecondo l’uso invalso nelle classi da prendere per il futuro: donna in agiate, la balia doveva essere sopratcarriera come vorrebbe sua madre, o tutto sana e robusta per sollevare la studiosa di diverse culture? Mentre The Babysitter, “B-movie” americano del 1969 madre dalle molte incombenze quotici pensa – siamo a New York – si imdiane. Naturalmente poi si venivano batte in una mamma stressata che le a creare forti legami affettivi tra l’infante e la nutrice, che propone un lavoro a tempo pieno da babysitter. Detto fatto. in certi casi potevano dare adito a dissapori e a gelosie. Per Il film s’intitola Il diario di una tata, dove la tata (Scarlett non dire delle prevedibili ripercussioni sugli equilibri della Johansson) si rivela del tutto inadeguata, non tanto perché coppia, con l’introduzione di una sorta di “piccola moglie” manchi di esperienza, quanto perché la confusione di certe tra le mura domestiche. A tutt’oggi, in quel longseller inglese vite frenetiche generano nevrosi sia negli adulti sia nei bamche si intitola The Au Pair and Nanny’s Guide (la guida per bini. I quali, nella fattispecie, risulteranno essere assai più le ragazze alla pari e per le babysitter) si trova un paragrafo impegnativi dei cosiddetti “selvaggi”. intitolato “Flirtatious Fathers”, cioè padri galanti, o forse mandrilli, diciamo flirtacchioni. Cioè, istruzioni su come difendersi da costoro. Post scriptum Alla posta del cuore della rivista “Marie Claire” è da poco Un salto nel cinema “di genere” giunto questo appello: “Aiuto, mio marito si è innamorato della Più unica che rara è la figura di Mary Poppins, non per nulla babysitter ventenne! L’ho piantato, ho fatto bene?”. A ridaje, come entrata nell’immaginaro del mondo intero, dopo il film di dicono a Roma...
» C’era una volta un vecchio contadino che
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aveva per vicina una vecchina. La donna possedeva una gallina e l’uomo un bel gallo. La gallina, precisa come un orologio, tutti i giorni faceva due uova. La vecchina aveva così sempre del cibo ma al contadino non dava mai nulla. L’uomo, che pativa la fame, con le poche forze riusciva a malapena a coltivare il suo campo. Stremato, un giorno bussò alla porta della sua vicina: “Vecchia mia, tu che hai sempre da mangiare potresti dare anche a me ogni tanto qualche uovo che ho tanta fame”. La donna, che era molto avara, gli rispose: “Ma che sei matto! Se hai tanta voglia di uova sgrida il tuo gallo come ho fatto io con la mia gallina. Io le urlo dietro tutte le mattine e lei non mi fa mai mancare le uova”. L’uomo, che non era un granché furbo, acchiappò il gallo e lo sgridò per bene: “Tu che mangi a sbafo… o ti decidi a fare le uova oppure ti mando via da casa”. Il povero gallo, che di uova non se ne intendeva, impaurito per quella sfuriata, scappò via. Iniziò a vagare intontito per le strade del villaggio… fino a che vide davanti a se, proprio in mezzo alla strada, un sacchetto con due monete d’oro che si affrettò ad afferrare. Proprio in quel momento passava sulla stessa via la carrozza di un gran conte accompagnato da un gruppo di signore imbellettate. Il conte, vista quella strana scena, chiese al cocchiere di andare a vedere di cosa si trattasse. Il cocchiere sceso dalla carrozza riuscì a portare via il sacchetto al gallo. Il signore, preso il sacchetto, se lo mise in tasca e
Il gallo tenace trascrizione di Fabio Martini illustrazione di Céline Meisser
ordinò al suo servitore di partire. Il gallo infuriato iniziò allora a inseguire la carrozza gridando come un matto: “Coocoricò, coocoricò! Signor briccone, restituitemi il sacchetto con i miei soldi!”. Il conte parecchio infastidito, disse allora al cocchiere: “Ma che impudente quel gallinaccio… Prendi quello sfacciato e gettalo nello stagno”. Il cocchiere, preso il gallo lo buttò nello stagno. Il povero animale, che non sapeva nuotare, cominciò a bere acqua finché in quella pozza non ne rimase più. Gonfio come un pallone, ricominciò a gridare: “Coocoricò, coocoricò! Signor briccone, restituitemi il sacchetto con i miei soldi!” Il conte, indispettito, giunto davanti al suo palazzo ordinò a una cameriera di prendere il gallo e farci un bell’arrosto. La cameriera esegui l’ordine del suo padrone ma il gallo, appena viste le fiamme del forno, sputò fuori tutta l’acqua che aveva bevuto, spegnendo la carbonella ardente. Quindi, uscito dal forno, cominciò a bussare alle finestre del palazzo gridando come un ossesso: “Coocoricò, coocoricò! Signor briccone, restituitemi il sacchetto con i miei soldi!” Il conte ordinò allora di buttare il gallo in mezzo alle sue mandrie che popolavano i pascoli del contado perché lo schiacciassero coi loro zoccoli. Ma il gallo si mise a saltare di qua e di là, strepitando e spaventando mucche e buoi, vitelli e cavalli che cominciarono a scappare da tutte le parti: “Coocoricò, coocoricò! Signor briccone, restituitemi il sacchetto con i miei soldi!”. Il conte, rosso verde e giallo per la rabbia, ordinò allora di gettare il gallo nella stanza
del tesoro: forse qualche moneta gli sarebbe andata di traverso. Ma il gallo, dopo aver ingoiato tutte le monete una dopo l’altra, ricominciò a strillare: “Coocoricò, coocoricò! Signor briccone, restituitemi il sacchetto con i miei soldi!” Esasperato, il conte decise di liberare il gallo che tutto contento imboccò la strada di casa. Tutti i volatili dei poderi del conte, visto quanto era stato bravo il gallo, cominciarono a seguirlo. Giunto di fronte al portone della casa del suo padrone il gallo cominciò a cantare: “Coocoricò… Coocoricò… Coocoricò!”. Udito quel canto, il vecchio contadino, pentito per aver sgridato il suo gallo, uscì felice fuori dalla casa. Il gallo aveva però un aspetto davvero impressionante: grande come un elefante era seguito da migliaia di oche, galline, anatre e tacchini... Il gallo disse all’uomo di stendere un tappeto in mezzo al cortile, poi muovendo le ali sputò un enorme mucchio di monete d’oro. A quella vista anche la vecchina uscì di casa, verde d’invidia, per chiedere qualche moneta al vecchio che le ricordò del giorno in cui aveva bussato affamato alla sua porta. La vecchina, indispettita, cacciò la sua gallina e così rimase senza uova e senza nulla da mangiare. Il vecchio impietosito la nominò allora guardiana delle galline che avrebbe comprato con tutte quelle monete. Quanto al gallo iniziò ad andare in giro insieme al suo padrone donando monete d’oro a chi ne aveva più bisogno. Divennero presto così famosi che il re di quelle terre li nominò baroni... con buona pace del conte che, fuggito nei boschi per la vergogna, si fece eremita.
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Astri toro
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Stellium di pianeti. Con l’arrivo di Venere in Acquario si apre una fase in cui progetti, amori e collaborazioni divengono o possono divenire tutt’uno Irascibili tra il 7 e l’8 febbraio.
Il 3 febbraio Venere entra nel segno dell’Acquario. Il transito coadiuvato da Sole e Saturno vi spinge ad attuare una rivoluzione copernicana della vostra vita sentimentale. Evitate polemiche pesanti.
Amore, guadagni e successo. Puntate dritto verso tutto ciò che è originale e creativo. Andate a colpo sicuro. Soprattutto se siete della prima decade. Non fatevi condizionare da ansie fuori luogo. Tenete a bada Marte.
Pianeti favorevoli soprattutto per i nati nella prima decade. Se credete in quello che dite potete raggiungere qualunque obiettivo. Con l’opposizione di Plutone è difficile porre un limite alle ambizioni.
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Calo della concentrazione indotto dall’arrivo di Venere nell’Acquario. L’amore dirige le vostre giornate facendovi tralasciare ogni altra incombenza. Mercurio in opposizione per i nati nella terza decade.
Transiti in opposizione di Marte, Nettuno e Mercurio dal 6 febbraio in poi… Non fatevi prendere da dubbi o da ansie immotivate. Affrontate una cosa alla volta. Aiuti da parte dei fratelli o di amici di vecchia data.
Venere è con voi. A partire dal 3 febbraio entrerà nell’amico segno dell’Acquario esaltando e valorizzando gli aspetti esistenziali. Colpi di fulmine e improvvise attrazioni fisiche. Creatività alle stelle. Promozioni.
Marte prima, Mercurio poi… favorevoli. È il momento adatto per impegnarsi in qualcosa di più profondo… che possa arricchire la vostra spiritualità. Amori trasgressivi favoriti dalla Venere in Acquario.
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Febbraio inizia bene. Grazie ai transiti planetari si apre una fase importante per la vita sentimentale. Alcuni incontri sembrano mettere in discussione la relazione ufficiale. Novità per i nati nella prima decade.
Mercurio e Marte stanno per iniziare un transito che durerà diversi giorni. È l’ora di cambiare soprattutto per quanto riguarda il giro di amicizie. Emozioni tra il 7 e l’8 febbraio. Possibili disturbi di stagione.
Tra il 2 e il 3 febbraio, Venere entra nel vostro segno. Amori e colpi di fulmine. Situazioni inaspettate favorite da Urano. Successi professionali grazie al transito di Giove. Novità per i nati nella terza decade.
Il 3 febbraio è segnato dall’arrivo di Marte nel segno. Improvviso interesse per tutto ciò che può arricchire il vostro spirito. Transito accompagnato da strane sensazioni. Irritabili se vi trovate a svolgere azioni sgradite.
» a cura di Elisabetta
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Orizzontali 1. Si trasforma in lupo, suo malgrado • 10. La pigna tropicale • 11. Il Cellamare • 12. Colpevoli • 13. Celere, svelto • 15. Ognuno porta la propria • 17. Ungheria e Svezia • 18. Le iniziali di Montanelli • 19. Procedura, trafila • 21. Ente Turistico • 22. Il maestro della relatività • 25. Cresce con gli anni • 26. Puntino vezzoso • 28. Casco militare • 30. Una pietra e un nome di donna • 32. Lo paga il reo • 33. Spalancati • 34. Antico Testamento • 35. Profondi, intimi • 36. Questa cosa • 37. Il nome della Pizzi • 38. Lo zio della capanna • 39. I confini del Ticino • 40. Motivetti orecchiabili • 42. Dittongo in giada • 44. Elevati, alti • 46. Pari in esito • 48. Adorano i totem • 50. Il nome della Martini • 52. Né mia, né sua • 53. In mezzo al nido • 54. Un condimento • 55. Gracida. Verticali 1. Noto romanzo di Edgar Wallace • 2. Indifesi • 3. Con Tizio e Sempronio • 4. Cuor di cane • 5. Fa la spola • 6. Tra Mao e Tung • 7. Il vil metallo • 8. Scarse • 9. Leali, sinceri • 14. Comprende le corde vocali • 16. Arbusto sempreverde • 20. Escursionisti Esteri • 23. Il capitano di Verne • 24. L’ammiraglio di Alessandro Magno • 27. Più che buoni • 29. Metallo alcalino • 30. Producono miele • 31. Antico precettore • 33. Una gradazione di rosso • 35. Felici, allegri • 38. Annoiar • 41. Popolo indiano • 43. Ingorda • 45. Italia e Austria • 47. Vezzo nervoso • 49. La Anaïs scrittrice • 51. Dittongo in paese.
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 7
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 7 febbraio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 5 feb. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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