№ 20 del 17 maggio 2013 · con Teleradio dal 19 al 25 mag.
Grecia - Svizzera
Due paesi molto diversi ma legati da un patto di sangue dai risvolti economici inaspettati
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Ticinosette n. 20 del 17 maggio 2013
Impressum Tiratura controllata 68’049 copie
Chiusura redazionale Venerdì 10 maggio
Editore
Teleradio 7 SA Muzzano
Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
Photo editor Reza Khatir
4 Sfide Mamma... li turchi! di Giancarlo Fornasier ....................................................... 7 Arti Vinicio Capossela. Sogno greco di irina zucca alessandrelli ................................ 8 Kronos Oltre la paura di Francesca riGotti ............................................................. 10 Letture Un testo criptico di Marco alloni ............................................................. 11 Vitae Markus Felber di Gaia GriMani....................................................................... 12 Reportage Parco del Cemento di GiorGia reclari; Foto di Flavia leuenberGer ............ 37 Fiabe Il chicco di caffè di chiara PiccaluGa; illustrazione di rachele Masetti ................ 42 Tendenze Cravatte. La classe non è acqua di Giulio carretti ................................. 44 Astri ....................................................................................................................... 46 Giochi .................................................................................................................... 47 Agorà Grecia-Svizzera. Debito di sangue
di
Marco Jeitziner ......................................
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs
Stampa
(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona
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In copertina
Legame di sangue Elaborazione grafica di Antonio Bertossi
I limiti esistono (per essere superati) La contraddizione sollevata dal cortese Spettabile Redazione, leggo di solito Ticinosette e quindi Roberto lettore (il limite come confine in costante Roveda, che nel recente n. 8/2013 affronta movimento) ricorda il famoso Paradosso di il “capitalismo tecno-nichilista” secondo la Achille e la Tartaruga del filosofo presocratico visione di Mauro Magatti. Non conosco il testo Zenone di Elea, creato a difesa delle tesi del citato, che per curiosità metto in lista di attesa. suo maestro Parmenide (convinto che il moRilevo una contraddizione nell’ultima frase vimento non fosse altro che un’illusione). dell’intervista, dove si dice che va abbandonato Il paradosso sostiene che se Achille venisse il concetto che “l’espansione sia illimitata”, e sfidato in una corsa da una tartaruga – ed poco dopo si dice che si deve tornare al concetto egli le concedesse un piede di vantaggio –, “che la crescita sta in piedi solo se si misura Achille non riuscirebbe mai a raggiungerla con dei limiti”. Ora, se la crescita in quanto perché dovrebbe innanzitutto agguantare tale continua spostando, per quanto misurata- prima la posizione occupata in precedenza mente, i limiti, lo stesso spostamento dei limiti dalla tartaruga che, nel frattempo, sarà avanzata... raggiungendo una nuova posizione non è forse illimitato? Ho il sentore che la tesi sia: il nichilismo che che la porterà ad avere un ulteriore vantagsi osserva è infine un guasto reparabile di un gio. Quando poi Achille raggiungerà quella sistema che sta in piedi. Di questa infinità della posizione, la tartaruga sarà avanzata ancora, crescita del capitalismo e dell’apparato tecno- precedendolo anche se di poco. E così all’inlogico ne parla andando alla radice Emanuele finito. Povero Achille, poveri noi... Buona lettura, Giancarlo Fornasier Severino, per il quale il nichilismo è sotteso al concetto di creazione: “Dio e la tecnica moderna sono le due fondamentali espressioni del nichilismo metafisico” (Essenza del nichilismo, La Bautro AG è un’azienda leader a livello nazionale nel settore dell’essicazione di isolazioni e risanamento di danni provocati dall’acqua. Per l’ampliamento del nostro team per il Canton Ticino, ricerchiamo Adelphi, 1982). Altrettanto un affidabile chiaro sul tema è Umberto Galimberti, che non slega mai Descrizione dell’impiego: – Direzione della filiale Ticino. il nichilismo insito nella filo– Accettazione e supervisione di tutti gli ordini. – Montaggio e smontaggio di impianti di essicazione. sofia giudaico-cristiana dalla – Acquisizione di nuovi clienti e cura dei rapporti con i clienti esistenti. – Mansioni amministrative generali. nostra essenziale e costitutiva Richiediamo: – Buona conoscenza della lingua tedesca e italiana (orale e scritta) volontà di potenza (Psiche – Attestato di tirocinio concluso nel settore edilizio con esperienza di direzione e gestione. e techne, Feltrinelli, 1999). – Piacere a lavorare in maniera affidabile e autonoma. – Buone competenze comportamentali. La crescita dell’umanità, nel – Licenza di condurre cat. B senso più lato, è un problema Offriamo: Condizioni d’impiego moderne. E’interessato? Inoltri il suo dossier di candidatura con foto a: BAUTRO AG, Frau Flavia Steiner, Altikofenoppure non lo è. strasse 62, 3048 Worblaufen R. K. (Torre)
Direttore di filiale
Debito di sangue Grecia. La riduzione delle forniture di sangue agli ospedali del paese ellenico da parte della Croce Rossa Svizzera pone importanti questioni etiche e di opportunità. Perché proprio ora? Quali le implicazioni umanitarie e finanziarie? E quali i retroscena internazionali? di Marco Jeitziner
“Q Agorà 4
uando la Croce Rossa afferma che non vende il sangue mi fa diventare matto. È come se un centro commerciale dicesse che ti fa pagare solo il contenitore e non il latte”1. Questa dichiarazione dell’ex direttore della Central Illinois Blood Bank, Richard D. Crowley, riassume bene il nodo della questione che ha fatto il giro del mondo a fine febbraio. La Croce Rossa Svizzera (CRS), assieme al servizio trasfusionale di cui porta il nome (Trasfusione CRS Svizzera SA) e all’azionista Blutspendedienst SRK Bern AG (il servizio regionale del canton Berna) hanno infatti deciso di ridurre progressivamente, dal 2015 al 2020, le forniture di sacche di globuli rossi (i cosiddetti concentrati eritrocitari) alle strutture sanitarie della Grecia, paese in cui, fra l’altro, è elevato il numero di persone affette da talassemia, una forma di anemia ereditaria. Una decisione presa un mese dopo l’allarme lanciato dalla Federazione Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (di cui la CRS è membro) sulla crescente povertà in Europa a causa della crisi finanziaria, di cui la Grecia è – com’è noto – uno degli esempi più drammatici. Dalle circa 30mila sacche fornite attualmente, attraverso una riduzione di 2500 sacche all’anno, si giungerà al dimezzamento previsto nel 2020. Poi, si vedrà… Nell’interesse dei due paesi Il sangue della CRS fornito alla Grecia proviene unicamente dal canton Berna: è quello che per prassi viene raccolto in eccesso (in caso di incidenti gravi, ecc.) e di cui gli ospedali – per fortuna – non necessitano. Essendo il sangue deperibile (si può conservare al massimo per 42-49 giorni), piuttosto che eliminarlo lo si invia a scopo umanitario. Dove? “All’Ospedale Agia Sofia di Atene, che segue con trasfusioni regolari più di mille giovani pazienti talassemici”, spiega a Ticinosette Damiano Castelli, direttore medico del Centro trasfusionale CRS di Lugano, nonché delegato della CRS nelle recenti trattative col governo ellenico. Il progetto umanitario risale agli anni settanta: perché modificarlo proprio ora? Non siamo i soli a domandarcelo. L’ha fatto in marzo anche Pierre-Alain Fridez, parlamen-
tare socialista a Berna. Questa la risposta del Consiglio Federale: “se il programma di riduzione dell’invio dei prodotti sanguigni alla Grecia è dovuto a ragioni finanziarie ed economiche, non riflette la mancanza di solidarietà, come mostra la volontà della CRS di sostenere dei progetti per migliorare l’autoapprovvigionamento della Grecia”. Nel suo comunicato2, infatti, Trasfusione CRS Svizzera afferma che la misura è stata presa “nell’interesse dei due paesi”: la Svizzera “potrà salvaguardare la riserva d’emergenza anche in caso di forniture alla Grecia ridotte della metà”; la CRS continuerebbe la sua missione umanitaria finanziando dei progetti atti a “ridurre la dipendenza” della Grecia con la Svizzera. L’uso del condizionale, come vedremo, non è casuale. Rischi finanziari Il fatto che la decisione sia di natura finanziaria ha fatto storcere il naso a molti. A Ticinosette il direttore di Trasfusione CRS Svizzera, Rudolf Schwabe, dichiara: “in certe fasi la Grecia ha avuto dei ritardi nei pagamenti superiori a 2 milioni di franchi, ma queste somme nel frattempo sono state saldate”. La fattura, di circa 5 milioni di franchi, riguarda la raccolta, l’analisi, la “lavorazione”, la conservazione, la spedizione e la vendita a prezzo di costo del sangue. Una somma minima rispetto ai problemi economici del paese ellenico, e ridicola per la ricca Svizzera. Ancora Schwabe: “questi rischi finanziari hanno indotto le nostre autorità di sorveglianza (consiglio di amministrazione, CRS, Confederazione, ndr.) a ripensare il programma di assistenza esistente e a ridurlo a medio termine”. Schwabe va oltre: “ciò che è innegabile è che nulla ci garantisce che le future forniture di prodotti sanguigni potranno effettivamente essere pagate”. Se è vero che nessuno ha la sfera di cristallo, a quali rischi reali si sarebbe esposto, a medio termine, l’ente trasfusionale elvetico? “Non riceviamo nessun indennizzo finanziario dai poteri pubblici” afferma Schwabe, quindi “se un ente no-profit non è in grado di coprire le entrate corrispondenti, può anch’esso venir minacciato di fallimento”. La crisi che ha messo in ginocchio la Grecia è però la stessa che ha rischiato di far fallire i colossi bancari elvetici, eppure nel 2008 la Confederazione non ha esitato un attimo
Agorà 5 Peter McIntyre, Blood transfusion in desert dressing station, ca. 1941-1943 (immagine tratta da warart.archives.govt.nz)
a salvarli. Dovremmo forse credere che lascerebbe fallire un ente umanitario che salva delle vite umane? Un monopolio ingombrante Perché mai la CRS, azionista di maggioranza dell’ente di trasfusione, non si limita a raccogliere il prezioso liquido donato gratis e ad affidare il resto all’industria? Se infatti in altri paesi intervengono anche degli enti privati o dei sistemi misti (privato-pubblico), nel nostro la CRS, tramite i 13 centri regionali di trasfusione (anch’essi azionisti di Trasfusione CRS Svizzera), detiene il monopolio. Il sistema è ovviamente no-profit, ma viene gestito secondo criteri aziendali: basta leggere i resoconti annuali e i termini usati per rendersene conto. La “macchina” è ben oliata: mentre la centrale di Berna coordina la fornitura di sangue e gli aspetti finanziari, ogni filiale autofinanzia il proprio personale e i propri costosi macchinari cercando il maggior numero di donatori possibile. Come? Vendendo i componenti del sangue prioritariamente agli ospedali svizzeri (concentrati di globuli rossi) e all’industria farmaceutica (plasma fresco congelato). Commenta Castelli: “il plasma che abbiamo in eccesso e non viene utilizzato dai nostri ospedali dobbiamo pur piazzarlo da qualche parte, ma ne faremmo volentieri a meno. I 130 franchi al litro non ci coprono i costi e le energie che dobbiamo dedicare a questo esercizio”. Le esigenze di sicurezza imposte dalle autorità e dall’industria (vedi lo scandalo delle trasfusioni infette
da HIV negli anni novanta) generano sempre più costi, ma se il servizio non viene pagato (o pagato in ritardo) alla filiale, si crea un problema di bilancio che si ripercuote su tutto il sistema. Ed è esattamente quello che è successo con la Grecia. Scorte sì, scorte no Avere riserve di sangue vuol dire non dipendere da nessuno e poter coprire i casi di emergenza nazionali. Ma se gli ospedali ne hanno (per fortuna) meno bisogno, il suo rapido deperimento diventa un problema per Trasfusione CRS Svizzera. Si dice cioè che sono importanti, però è meglio sbarazzarsene. Eduard Belser è stato il presidente del consiglio di amministrazione di Trasfusione CRS Svizzera dal 2005 al 2012. Andando a leggere le sue parole3 del 2009 si capisce meglio: “il tasso di scadenza dei nostri prodotti principali, i concentrati eritrocitari, è rimasto inferiore all’1% (...). A confronto, i tassi di scadenza registrati all’estero variano tra il 5 e il 7%”. E ancora: “il debole tasso di scadenza, unitamente all’aumento del prezzo dei concentrati eritrocitari (...) e alla gestione dei costi efficace, hanno contribuito alla buona salute finanziaria dei Servizi regionali di trasfusione sanguigna e di Trasfusione CRS Svizzera”. Nel 2011 la traduzione in italiano è forse infelice ma molto esplicita: “la crisi finanziaria in Grecia è un’occasione affinché le parti in causa verifichino come si possono soddisfare le esigenze reciproche con il minor numero di rischi”. Le autorità (...)
e l’industria impongono sempre maggiori criteri di qualità e di sicurezza del sangue a carico delle filiali: per questo il prezzo di vendita agli ospedali aumenta, ma allo stesso tempo fa quadrare i bilanci delle filiali. Il rincaro l’ha deciso nel 2005 il Dipartimento federale dell’interno, tramite l’Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp) allora diretto da Thomas Zeltner. Zeltner oggi è il nuovo presidente di Trasfusione CRs svizzera.
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Relazioni pericolose fino al 2000 la CRs era direttamente coinvolta nel business dei farmaci a causa di un suo laboratorio a Berna, una grossa azienda con oltre 700 dipendenti, una cifra d’affari di 260 milioni di franchi4 e fitti rapporti con le grande case farmaceutiche, sempre più potenti e competitive. Troppo imbarazzante. La CRs la vende al colosso farmaceutico australiano CsL Behring, oggi numero uno al mondo nella produzione di farmaci vitali per molti pazienti, forniti ovviamente anche agli ospedali indebitati della Grecia5. CsL fece del laboratorio la sua filiale svizzera, mentre dal 2011 a dirigere il Blutspendedienst sRK Bern AG è stato incaricato un ex manager delle vendite globali di CsL , Daniel Albrecht. Il plasma raccolto da questo servizio no-profit contribuisce ai profitti miliardari di CsL , ma Trasfusione CRs svizzera non vede il problema. A Ticinosette l’ente dice che i profitti di CsL in Grecia sono minimi e loda Albrecht come manager che viene dall’industria. Come tutte le multinazionali, anche CsL si è dotata di un codice di responsabilità, eppure ha licenziato centinaia di impiegati6, è stata sospettata di accordi cartellari coi prezzi dei medicinali (accusa che ha sempre respinto)7 e nel 2012, mentre la Grecia sprofondava nella morsa dei prestiti, i suoi azionisti vedevano crescere i loro profitti.8 Ma che fine hanno fatto i 700 milioni di franchi che la CRs ha incassato da CsL? sono finiti nella “fondazione Umanitaria CRs” di cui colpisce un particolare: il capitale è stato convertito in un fondo istituzionale da far fruttare sui mercati finanziari9. Nel 2008, per ironia della sorte, la crisi che piega in due la Grecia arreca una perdita di 117 milioni di franchi anche al fondo della CRs. Ma l’etica in tutto questo? Risponde a Ticinosette il presidente della fondazione Dieter Weber: “gli investimenti rispondono a criteri etici e sociali, così come a stretti criteri di sicurezza”, mentre “non c’è nessuna contraddizione etica tra il carattere dell’organizzazione a scopo umanitario e no-profit della Fondazione e l’investimento del suo capitale”. L’ombra della “troika” Le scadenze imposte dai creditori internazionali (“troika”) alla Grecia, in cambio degli aiuti miliardari, hanno comportato pesanti tagli alla spesa sanitaria e farmaceutica, con conseguenze anche drammatiche. Tra i servizi sanitari colpiti, afferma la stampa locale, ci sono anche i centri di trasfusione: “molte unità ospedaliere di donazione del sangue sono chiuse nei pomeriggi e nei fine settimana a causa dei tagli al personale e ai fondi, come parte dei risparmi maggiori imposti dai creditori internazionali”.10 Altre fonti locali raccontano: “a causa di problemi finanziari, in Grecia i centri del sangue hanno ridotto i loro servizi e il cibo fornito
ai donatori volontari. Questa è una delle ragioni per cui la gente non dona il sangue”11. Trasfusione CRs svizzera ai media ha sempre ribadito la bontà della decisione a medio termine e che non ci saranno conseguenze umanitarie. C’è solo da credergli. Ma è stata tagliata anche la spesa farmaceutica degli ospedali e qui il dubbio da sciogliere è uno solo: le sacche di globuli rossi della CRs rientrano o no tra questi risparmi? se così fosse, la Grecia avrebbe soltanto obbedito alla troika, inducendo così l’ente elvetico a rivedere l’accordo. schwabe a Ticinosette afferma: “non disponiamo di informazioni” in merito, ma “supponiamo che le consegne di prodotti sanguigni non figurino nella lista della troika”. Tuttavia, diversamente da quella europea, la legge svizzera considera i globuli rossi (in gergo “emoderivati labili”) come dei “medicamenti”, cioè dei farmaci. Il dubbio rimane: l’ente elvetico venderebbe dei farmaci alla Grecia? Le sfide della Grecia secondo varie fonti i motivi per cui la Grecia non è mai riuscita a raggiungere l’autosufficienza di sangue, sarebbero culturali, finanziari e politici. Chi lavora nelle “banche del sangue” elleniche parla di freni socioculturali importanti tra i donatori12. Zoe Boutsioli, esperta di politica sanitaria greca, afferma13 che da trent’anni ormai “il finanziamento dei servizi di assistenza sanitaria in Grecia è una questione ambigua”. Christos protopappas, presidente della federazione panellenica dei donatori di sangue, denuncia lo spreco ogni anno di oltre 12 milioni di euro di sacche di sangue perché conservate male14. Intanto i nuovi aiuti finanziari promessi dalla svizzera non sono ancora realtà. A Ticinosette schwabe parla solo di “dichiarazioni” che “sono già iniziate”. Castelli conferma: “il «progetto Grecia» è ancora in fase di studio e di definizione anche per quanto concerne gli aspetti finanziari”. I soldi proverrebbero o dai tre enti svizzeri coinvolti dall’accordo o dalla fondazione Umanitaria CRs. Ma per ora Weber frena: “non c’è nessun legame tra questo progetto e le attività della Fondazione”. forse è soltanto presto, ma le sfide della Grecia sono tutte in salita. Tra queste: è possibile “importare” la rigida efficienza elvetica nel caotico paese mediterraneo? Come si fa a uscire da decenni di dipendenza dalla CRs in soli cinque anni? Come trovare nuovi donatori in uno dei paesi europei con più anziani e meno giovani?
note 1 In Black Markets: The Supply and Demand of Body Parts, Michele Goodwin, Cambridge press (2006). 2 Trasfusione CRs svizzera sA , 27.2.2013. 3 Trasfusione CRs svizzera sA , rapporti annuali (2009, 2011). 4 Le Temps (online), 2.5.2001. 5 The Australian (online), 23.2.2012 6 “Biotecnologia, un successo di nicchia”, Credit suisse, 10.1.2005. 7 The Sydney Morning Herald (online), 11.1.2010. 8 Reuters, 27.11.12. 9 Rapporto reperibile su www.hs-srk.ch. 10 Kathimerini (online), 28.9.2012. 11 Greek Reporter (online), 21.2.2013. 12 In Transfusion Medicine (dic. 2007, 17-6). 13 In Review of European Studies (2-2010). 14 Kathimerini (online), 26.2.2013.
Mamma... li turchi! Povera Europa, poveri greci. Nel paese delle vacanze e del mare cristallino il 21,4% della popolazione è a rischio povertà. Colpa dei tedeschi e della loro cocciutaggine contabile? Forse, anche se i turchi restano lo storico capro espiatorio ellenico di Giancarlo Fornasier
50% delle famiglie greche, nel 2013, non riuscirà più a pagare tasse e bollette. Nelle piazze del paese periodicamente avvengono distribuzioni gratuite di cibo. Oltre il 50% dei cittadini greci sotto i 25 anni non ha un lavoro. Il 90% della popolazione non spende più in vestiti e in calzature”.1 Le coste greche sono per molti una meta imperdibile, ma con le vacanze alle porte qualcuno si starà chiedendo che cosa mai potrà trovare nella culla della cultura occidentale. La Grecia non vive i suoi migliori anni, lo sappiamo: in meno di 24 mesi (inizio 2011–2013) la disoccupazione è quasi raddoppiata, con percentuali oggi vicine al 30%. È un “paese alla fame”, così viene definito, e le prospettive continuano a essere negative. Il 3 dicembre scorso l’Eurostat ha diffuso le ultime drammatiche proiezioni sulla situazione sociale in Europa (EU27): il 16,9% della popolazione è a rischio povertà (malgrado gli aiuti sociali) e quasi il 9% vive in condizioni di gravi privazioni. In questa graduatoria della disperazione per una volta gli ellenici non sono ultimi, battuti dai bulgari, dai romeni e dagli spagnoli, ma preceduti dai croati e dai lituani. La Svizzera è leggermente sotto la media (15%), i primi delle classe sono invece gli islandesi (9,2%). Sull’origine della “situazione greca”, prima economica e poi sociale, si è scritto molto. Ma quelli greci sono tipici mali mediterranei, un paese poco incline alla disciplina fiscale, alla coesione nazionale, al rispetto della legge. E non da ultimo, dalla storia assai travagliata, punteggiata da domini stranieri, diaspore e rivendicazioni territoriali.
Ecco perché i rapporti conflittuali con la vicina Turchia sono una delle chiavi di lettura più illuminanti, per complessità e le continue sovrapposizioni di interessi nazionali e internazionali. Come bene spiega lo storico Vincenzo Greco in Greci e turchi tra convivenza e scontro (Franco Angeli, 2007): dalla caduta di Costantinopoli alla convivenza nell’Impero ottomano, all’affermazione “su scala europea dell’idea di indipendenza nazionale” che “portò alla formazione del Regno di Grecia (1832, ndr.)”, la storia ellenica moderna verte sul confronto con i turchi, verso i quali Atene tentò di “affermare la propria sovranità sui territori storicamente greci rimasti sotto dominio turco”. Prendeva così corpo il sogno nazionalista della Megali Idea (la Grande Idea): annettere allo stato tutti i territori abitati da popolazione di etnia greca (con Costantinopoli capitale). Ma il recupero delle terre perdute del vecchio Impero bizantino cadde dopo la disfatta militare nella guerra greco-turca, con il conseguente esodo delle popolazioni greche dell’Anatolia (1922) e gli scambi di popolazioni, un drammatico corollario determinato dai nuovi confini tra i due stati (“Trattato di Losanna”, 1923). Senza dimenticare l’annosa “questione Cipro”, isola/emblema dei rapporti conflittuali tra i due vicini, internamente divisa da profonde lacerazioni etniche. Si sussurra che ancora oggi, in Grecia, se scoppia un incendio i primi a essere sospettati siano sempre loro... i turchi. note 1 da ilfattoquotidiano.it/2013/02/13
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Sogno greco
Un disco, un libro e un film con Andrea Segre. Tre lavori che Vinicio Capossela ha dedicato alla Grecia e alla sua cultura in uno dei momenti più difficili e travagliati nella storia del paese mediterraneo di Irina Zucca Alessandrelli
Arti 8
Vinicio Capossela anticipa le sue ultime fatiche, dopo aver per parlare del dolore e per esorcizzarlo. A quel punto, mi sono concluso la tournée di Rebetiko Gymnastas dell’estate del chiesto come il rebetiko si potesse connettere alla crisi attuale. 2012 che lo ha visto alla testa di una band italo-greca. Il E così è nata l’idea di realizzare un film insieme ad Andrea Segre disco del 2012, basato sull’omonimo genere musicale, nato e per riflettere sui possibili significati del rebetiko nella Grecia nelle taverne come espressione del popolo greco-turco che contemporanea, ora che tutto si sfalda di nuovo. nel 1922 si trovò sradicato e infine emarginato nell’antica terra d’origine, è seguito dalla pubblicazione di un libro e Il rebetiko è dunque il filo rosso che conduce al tuo terzo da un film che sarà presentato dopo l’estate. libro, Tefteri, il libro dei conti in sospeso (Il Saggiatore) Dopo i concerti a Zurigo e a Mendrisio in aprile, Capossela in uscita il 16 maggio. Che ruolo ha il testo, presentato ha presentato un breve estratal recente Salone di Torino to del suo film il suo Tefteri al in rapporto alla pellicola di Festival “Chiasso/Letteraria” prossima uscita? lo scorso 3 maggio. Il prossimo Io e Andrea Segre, regista del appuntamento con la Svizzera film, abbiamo pensato di reè con la trasmissione radiofocarci nelle taverne di Salonicco, nica in cinque puntate “Anime Atene e Creta per conoscere il Salve” durante la quale Caposrebetiko, e per appuntare tutte sela farà ascoltare i suoi brani le testimonianze dei musicisti e quelli che hanno segnato e le suggestioni in modo da svila sua formazione musicale, lupparle attraverso la scrittura raccontandosi da solo in cindel film. Il tefteri, letteralmente que puntate (in onda il sabato il taccuino dove si annotano alle 15 su Rete Due della RSI). i conti aperti, è nato, dunque, Ticinosette ha incontrato il come una serie di informazioni Vinicio Capossela (fotografia ©Valerio Spada) cantautore di origine irpina registrate, da sviluppare succes(nato nel 1965) per parlare sivamente nel documentario, delle sue ricerche musicali, e del significato dei suoi ultimi come un modo di scrivere il film. Il libro comincia proprio con lavori centrati sulla cultura, la musica e la difficile situazio- quest’idea di separazione (da krisis, da krino=separo), mentre ne economica del paese mediterraneo. l’Europa si sta separando dalla Grecia, ed è in forma di racconti e annotazioni più brevi. Si tratta di una scrittura polifonica Come sei arrivato al rebetiko e cosa ti ha colpito di che ha acquisito informazioni man mano che le reperivo sul questa musica? cammino, in questo senso i conti sono in sospeso. Ho riportato La scoperta del rebetiko risale al 1998. Stavo andando in Ma- come un sismografo le voci degli altri e le impressioni, le uniche cedonia e mi interessava molto la musica dei Balcani. Sono esperienze possibili quando ci si muove all’inizio in un paese capitato a Salonicco, cercavo qualcosa da mangiare e sono finito straniero. in una taverna dove stavano suonando il rebetiko. Per amore di questa musica, abbiamo registrato il disco Rebetiko Gymnastas Di recente, hai affermato: “Siamo originali, torniamo ad Atene. Al momento di pubblicarlo, le cose erano già molto alle origini”… cambiate, non si sentiva che parlare di Grecia in senso negativo, Esatto, torniamo alle origini e a noi stessi. La crisi non è solo “non faremo la fine della Grecia” era sulla bocca di tutti. Pub- un fatto economico, ma anche culturale e d’identità. In questo blicare un disco registrato in Grecia, a quel punto, non poteva senso, il rebetiko più che una musica è un modo di affrontare prescindere dall’attualità. Il rebetiko nasce da una crisi profon- la vita, un codice di comportamento, un insieme di regole che da perché nel 1922 la sconfitta greca nella guerra greco-turca stabilisce a chi appartieni e cosa ti appartiene. L’origine è comportò il rientro dei greci dell’Asia Minore come profughi e da qualcosa che non ti può essere tolto, che fa parte di te. Parlare questa massa di persone e dalla conseguente emarginazione che dell’uomo e della crisi della Grecia non è un’infatuazione per ne derivò nacque questa musica. Il lamento è una componente questo paese, ma coincide col desiderio di portare la riflessione importante di questo genere musicale e anche un modo attivo su un piano più universale, in una dimensione mitica, tornando
appunto alle origini dell’uomo. Questi temi legati alla musica di un paese, per esteso, riguardano tutti, sono esemplari, direi paradigmatici per usare un termine greco. Quello che accade in Grecia è più universale che altrove, a partire dallo stesso linguaggio e da termini come “Europa” e “crisi”. Che cosa vedremo nel tuo film sulla Grecia? Per la prima volta ti occupi di proporre una tua visione in forma di documentario... Il documentario, sorta di paradigma in forma di immagini, tratta della Grecia contemporanea ed è stato girato durante le elezioni del giugno 2012 dal cui risultato sembravano dipendere i destini del mondo. Si respirava un’aria inquinata, ogni piccolo avvenimento era sotto i riflettori della stampa internazionale. Girare il film nelle taverne, luoghi di ancoraggio alla vita, ha dato la possibilità di ascoltare musica e, allo stesso tempo di offrire come immagini le testimonianze dei suonatori di rebetiko, raccolte con il sistema del simposio. Si mangiava, si beveva, si suonava, poi alla fine ognuno parlava in camera in tutta libertà. Sono partito dalla convinzione che la situazione greca era interessante perché faceva riflettere sui destini del sistema neoliberista. La Grecia era più avanti con il disagio, lì era tutto più estremo. Ci tengo a dire che sono un musicista, per cui il film e il libro erano propedeutici all’uscita del disco Rebetiko. Volevo anche portare dei musicisti greci in tournée in Italia e nelle città europee, nello spirito del rebetiko, nella tradizione delle serate al chiuso, nei locali, nei club, nei centri sociali, in spazi dall’atmosfera raccolta.
L’Odissea ricorre spesso nel tuo immaginario. Dal 5 all’8 giugno presenterai un concerto al Piccolo Teatro di Milano intitolato “Marinaio, profeta e balena. L’ombra di Ulisse da Omero all’inferno”. Partirei dal tempo del sacro contro il tempo dell’utile della società contemporanea. Nell’antica Grecia tutto era in rapporto con il sacro, con la Natura originante la vita. Il sacro riguarda l’uomo, la dimensione universale, il mito. L’accesso al sacro è quindi una sottrazione al tempo dell’utile. La musica, la festa, il rito erano i punti di accesso alla dimensione del sacro e con questo alle pulsioni più vere, al dionisiaco. Io ho sempre legato l’Odissea alla civiltà contadina che ho conosciuto nella mia infanzia. La società contadina e la sua epica si esprimono con il senso dell’onore, il proprio codice di comportamenti, i propri riti. Itaca si può ritrovare sparsa in molte situazioni della vita. Il concerto di giugno sarà una traversata in solitaria, a scena spoglia. Voglio citare lo scrittore poeta Nikos Kazantzakis, autore di Zorba il greco che, riguardo alla tentazione delle sirene, invita ad accoglierle e a mettersi in viaggio con loro per una nuova ascesi. Il canto delle sirene non uccide di per sé ma porta alla morte perché impedisce di procedere nel flusso della vita e quindi, ascoltandolo si finisce con lo smettere di vivere. Il canto, le canzoni riportano in qualche modo alla morte, nel senso che fermano e mantengono intatte delle parti di noi, per me Hotel California degli Eagles è il mio io a sedici anni. Il rebetiko è la musica che contiene anche il dolore e la morte. È giusto che cantino le sirene, l’importante è che, portandocele dietro nel viaggio, si continui a vivere.
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Oltre la paura
Siamo forse circondati da ladri e assassini, pirati e terroristi che attentano alle nostre vite, a quelle dei nostri cari e alle nostre proprietà? In verità non è mai esistita una società tanto sicura quanto la nostra di Francesca Rigotti
Lotta all’immigrazione, tolleranza zero, certezza della pena: sono queste le espressioni intorno alle quali ruota, in Europa, negli USA e altrove, il dibattito politico. Si tratta tuttavia, sostengono gli autori di un libro appena uscito1, di “soluzioni preconfezionate in un dibattito pubblico sclerotizzato”. Invece di ostinarsi in queste pratiche negative occorre invece, secondo i criminologi Adolfo Ceretti e Roberto Cornelli, orientare le attuali politiche di sicurezza in senso democratico, in funzione di un progetto di società civile che sappia andare, come dice il titolo, “oltre la paura”.
Kronos 10
come passione collettiva negativa che finisce per legittimare restrizioni illiberali e politiche discriminatorie. La paura però non rappresenta sempre e soltanto un sentimento negativo da sopprimere a ogni costo; la paura è anche una passione creativa ed esplorativa, importante per la sopravvivenza e lo sviluppo umano, che stimola a dar vita a istituzioni garanti dell’ordine. Come spiega il filosofo Hans Jonas, la paura ha valore euristico, muove alla riflessione e soprattutto non produce necessariamente sentimenti di odio. Se non controllata può tuttavia portare a reazioni esagitate e irrazionali, Le qualità della paura nonché condurre all’introduzione Ho già scritto alcune pagine sulla difdi pratiche istituzionali liberticide fusione della paura come cifra della e lesive dei diritti di molte altre nostra esistenza (“Coraggio”, Ticipersone. nosette n. 37/2010) nonché sull’ideIl massiccio movimento di esseri ologia apocalittica che caratterizza umani sulla terra, insieme allo svila nostra percezione del mondo, luppo della comunicazione massmefacendoci credere di essere circondati diatica, fa sì che più gente che mai da ladri, assassini e terroristi che atsi immagini di vivere e lavorare in tentano da tutti gli angoli alla nostre posti diversi da quelli in cui è nata, vite e alle nostre proprietà, quando e di fatto lo faccia. Questo provoca le società non sono mai state così un generale rimescolamento con gli Tratta da tarahlmendez.wordpress.com sicure come oggi. Immersi in questa altri, nei confronti del quale alcune atmosfera chiediamo alla politica di dare soluzioni rapide persone avvertono sentimenti di avversione o “mixofobia” ed efficaci, elaborando provvedimenti legislativi contro il (paura di mischiarsi), spiegano gli autori, che impediscono dilagare del crimine, spinti dall’odio razziale che nasce per loro di capire e accettare le vite degli altri. Si assiste così protesta contro la violenza, il degrado e le inciviltà urbane, a una razzializzazione della società che promuove il vaveri o presunti che siano. lore del localismo (vedi movimenti leghisti). Un riflesso Gli autori del libro, propongono innanzitutto alcuni dati clamoroso di questa condizione sono le gated communities relativi alla “quantità di paura percepita” nei confronti della americane, quartieri residenziali chiusi e sorvegliati da criminalità nelle città del mondo: si va dai massimi di San guardie armate. Paolo e Buenos Aires ai minimi di Hong Kong, Reykjavic e Ceretti e Cornelli propongono in conclusione di superare Oslo. Ci spiegano poi che si tratta di una soglia di sensazio- le immagini stereotipate e di conferire significati inediti ne di paura rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi alle nostre paure. Come? Riconoscendo, per esempio, che venti anni, nonostante l’invasione stessa della paura della tutti gli uomini hanno paura, sono accomunati cioè dalla criminalità nel discorso pubblico dello stesso periodo. percezione della comune vulnerabilità e debolezza. Solo la Eppure, in Europa e negli Stati Uniti il numero dei reati salvezza dell’altro può garantire anche la mia, se si riuscirà registrati si è abbassato e i livelli di criminalità sono in a compiere il passaggio, non facile anzi quasi acrobatico, costante calo: un esempio lampante è quello della diminu- dalla paura alla fraternità sforzandosi di ancorare le politizione dei furti dei veicoli a motore. Omicidi, furti e rapine che di sicurezza a progetti autenticamente democratici. sono dunque sempre meno frequenti, mentre si segnala un alto incremento delle truffe. note Viviamo insomma in una società tutto sommato sicura (o 1 A. Ceretti e R. Cornelli, Oltre la paura. Cinque riflessioni su criminalità, società e politica, Feltrinelli, 2013. meno insicura che nel passato), eppure la paura vi emerge
Letture Un testo criptico di Marco Alloni
Ci sono libri scritti per non essere capiti. Resistere non serve a niente di Walter Siti è uno di questi. Intendiamoci, Siti è un grande scrittore: probabilmente una delle perle rare della letteratura italiana. Ma questo romanzo paga di un’elitarietà che a mio avviso contrasta con gli scopi della letteratura. In che senso parlo di un romanzo elitario? Perché ritengo che il tema trattato – e per come è trattato – incontri una piena comprensione solo in quella porzione minoritaria di lettori che ha una peculiare conoscenza di che cosa sia la finanza. Resistere non serve a niente racconta infatti della strepitosa ascesa nel mondo della finanza del protagonista, Tommaso, i cui incontri, le cui elucubrazioni, le cui vicissitudini sono però letteralmente infarcite di una terminologia tecnica che può risultare familiare forse solo a un 5% dei lettori. Il restante 95%, semplicemente, la sorvola in attesa della narrazione pura, generica, quella che cattura senza disorientare e senza estraniare: senza disturbare, direi. Fuori dai tecnicismi – per quanto nutriti
di una parlata che alterna il registro aulico con quello popolare (romanesco) con rara sapienza – il romanzo denuncia la presenza di un autore autentico, insolito nel panorama italiano, prezioso nella formulazione e di grandissimo acume (intellettuale come narrativo). Peccato che tale partecipazione emotiva alle pagine sia continuamente alterata da quegli innesti, lunghi, prolungati anche per interi paragrafi, che estraniano il lettore da un’adesione piena alle vicende e da una piena comprensione. Detto questo, meglio la fatica di un romanzo arduo, spigoloso e affascinante delle comodità asettiche della paccottiglia di mercato. Insomma, siamo di fronte a uno scrittore di primo livello, non lasciamoci scoraggiare e assumiamo su di noi la responsabilità di non capirlo fino in fondo: la colpa in definitiva è della nostra insipienza. Anche se – lo ripeto – forse dovrebbe essere pertinenza della letteratura smussare certi angoli e non dare per scontato che, come lo scrittore, anche il lettore sia onnisciente.
Resistere non serve a niente di Walter Siti Rizzoli, 2012
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S
ono nato il 21 ottobre del 1953 nel Magnifico Borgo, magnifico perché tale è, incastonato com’è fra il Monte Generoso e il Monte San Giorgio, due eccezionali punti di riferimento per la geologia delle Alpi. Conservo bellissimi ricordi della mia infanzia fra amici di scuola, scoutismo, scorribande in bicicletta alla ricerca di fossili e minerali sul Monte San Giorgio (fino al 1973 era permesso….), avventure memorabili nelle grotte del Mendrisiotto. Nella mia giovinezza un ruolo predominante (forse il più importante accanto ai genitori) lo ha avuto lo scoutismo, sia a livello di condivisione del gioco, della scoperta, del volontariato e del lavoro nella natura, sia, negli anni successivi, nelle vesti di animatore impegnato a trasmettere ai giovani un’educazione basata sul “saper dare agli altri”, sull’onestà e il rispetto e l’amicizia. Fin da giovane studente liceale mi sono posto come obiettivo uno studio universitario e, in seguito, un lavoro legati alla natura, meglio ancora alla terra. E, da allora, gli impegni professionali che sono seguiti sono sempre stati improntati a una grande gioia e piacere nei confronti del mio lavoro, dapprima come insegnante al Ginnasio di Morbio inferiore e di Mendrisio, e, in parallelo, come conservatore presso il Museo di Lugano e, più avanti, come titolare di uno studio di consulenze geologiche e ambientali a Morbio Inferiore. Pur dirigendo questo studio, fino a pochi anni fa mi sono dedicato maggiormente a progetti di sviluppo che trasmettessero la conoscenza del territorio alla popolazione locale, coinvolgendola didatticamente in una condivisione del patrimonio geologico della regione. Successivamente, in un’altalena fra impegno professionale e volontariato, ho avuto la grande opportunità di dare forma alla candidatura, poi diventata nomina, sia svizzera sia italiana, del sito UNESCO Monte San Giorgio. Questo sito rientra, come del resto le Gole della Breggia, in quei progetti permeati da una buona dose d’idealismo, ma anche da molto coraggio. Quando nel 2000 proposi di candidare il San Giorgio nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO, vi furono solo reazioni negative. Si può quindi facilmente immaginare la soddisfazione, nel momento in cui, solo tre anni dopo,
l’ UNESCO ha iscritto il Monte San Giorgio come sito geo-paleontologico di valenza universale! Sono contento che la maggior parte delle persone contrarie o scettiche ai tempi, oggi siano i paladini della valorizzazione di tale luogo. Ciò di cui mi occupo, come ben si capisce, mi appassiona ma non mi esaurisce, lasciando spazio anche ad altri interessi: la lettura, per esempio, che mi consente di divorare romanzi, di sera, ascoltando musica classica; leggo comunque di tutto, anche se spesso in modo superficiale, dato che dedico durante il giorno molto tempo all’esame di documenti di lavoro che richiedono invece maggior attenzione e concentrazione. La montagna rimane, però, per me l’ambiente di svago per eccellenza, qui, in Engadina o altrove nel mondo. La patente nautica, invece, l’ho “ormeggiata” in attesa di dedicare maggior tempo e attenzione a uno sport che non si può improvvisare solo due settimane all’anno. La vacanza, infine, costituisce una necessità per tentare di chiudere per qualche giorno con il lavoro e le sollecitazioni professionali. Risulta comunque difficile staccare il piacere del lavoro dalle medesime passioni del tempo libero, riuscendo quasi sempre a coinvolgere mia moglie a visite a monumenti geologici, a qualche museo di geologia, ad aree e scavi minerari. La famiglia mi ha insegnato che senza fatica, sacrifici e duro lavoro non raggiungi nulla nella vita. Oggi più che mai. D’altro canto, soprattutto lo scoutismo mi ha trasmesso valori importantissimi: l’amicizia, la condivisione, la fatica e lo sforzo, l’essere disponibile, ma anche l’onestà e il rispetto, che per me restano prioritari riguardo a qualsiasi altro aspetto interpersonale. Il mio futuro è ancora pieno di sogni e progetti e non potrebbe essere altrimenti. Gli scopi sono a diversi livelli: familiare e professionale con un miglioramento, nel primo caso, della qualità di vita (da me troppo spesso trascurata), dando maggior spazio all’esplorazione del mondo e, nel secondo, con la crescita soprattutto qualitativa delle prestazioni professionali.
MARkUS FELBER
Vitae 12
Promotore coraggioso dell’inserimento del Monte San Giorgio fra i siti UNESCO non riesce, neppure durante le vacanze, a evitare scavi e visite a musei e monumenti geologici
testimonianza raccolta da Gaia Grimani fotografia ©Flavia Leuenberger
Appare quasi all’improvviso a una svolta del sentiero. Immerso nel verde ritrovato della valle, è il “fossile” meno antico di tutto il Parco delle Gole della Breggia. Niente Giurassico o Terziario ma autentici anni sessanta. E una storia unica tutta da scoprire…
OrO grigiO nel verde
di Giorgia Reclari; fotografie ©Flavia Leuenberger
S
i vede già da lontano la torre dei forni dell’ex cementificio Saceba a Morbio Inferiore, uno dei pochi elementi del complesso industriale mantenuti (il 90% è stato demolito) secondo il progetto di riqualifica della valle che ha portato alla creazione, esattamente un anno fa, del Percorso del Cemento nel Parco delle Gole della Breggia. Ma prima di raggiungerla, arrivando dall’ingresso del parco, si incontrano le cave a cielo aperto di quelle preziose materie prime che dagli anni sessanta e per circa un ventennio sono state sfruttate per far fronte alla fame insaziabile dell’edilizia ticinese in pieno boom economico: la scaglia prima e poi, sullo sfondo, l’impressionante parete bianca calcarea della maiolica lombarda o biancone, scavata quasi fin sotto la celebre Chiesa rossa di Castel San Pietro. Si costeggia il fiume, camminando su un ampio prato. Qui, fino a pochi anni fa (il cementificio è stato chiuso nel 2003 dalla Holcim, che lo aveva acquistato l’anno prima), era un susseguirsi di capannoni, edifici, macchinari. Ora si percorre un sentiero nel verde, interrotto solo da qualche elemento architettonico, lasciato a scopo didattico, come i tre ampi cerchi o basamenti in muratura (antichi altari...? No, ex silos per il cemento!). Gli strati del tempo Non è stato semplice decidere che cosa farne, di quel complesso industriale ormai abbandonato. Ecomostro che ha deturpato una valle unica al mondo o testimonianza di un passato (il cemento, lì, lo si produceva già da 150 anni) e di un lavoro che ha portato il progresso in un’intera regione? Natura o storia? Senza dubbio entrambe le cose e il progetto di riqualifica – curato dal cantone, dalla Fondazione Parco delle Gole della Breggia e dalla Holcim – ne ha tenuto conto, restituendo valore a un’area pregiata dal punto di vista naturalistico e geologico, senza dimenticarne il passato più recente e le trasformazioni apportate dall’uomo, a partire dalla cultura rurale – sono ancora visibili mulini e altri opifici, gruppi di case e vigneti – fino al dirompente arrivo dell’era industriale. È un progetto unico nel suo genere in Svizzera, che ha richiesto anni di pianificazione. Ora, a un anno dall’inaugurazione del Percorso, il bilancio è positivo: scuole, turisti e abitanti della regione incuriositi (ri)scoprono un passato recente e si riappropriano di una parte del parco prima inaccessibile.
(...)
Intanto, camminando, siamo giunti alla torre dei forni, che svetta in mezzo al prato come le rovine di un’enorme cattedrale. Ma prima di visitarla occorre scoprire da dove arriva quell’oro grigio prodotto a tonnellate fino a qualche decennio fa. Per farlo, caschetto in testa, ci si inoltra con la guida del parco (la visita è possibile solo accompagnata) nelle gallerie di estrazione del biancone, un buio labirinto che si sviluppa per 4,5 chilometri di cui uno percorribile. Nel silenzio, rotto solo dal magico concerto delle gocce d’acqua che cadendo dal soffitto formano bellissimi laghetti (in parte artificiali), si compie un incredibile viaggio al centro della terra, alla scoperta di scorci suggestivi, colorazioni e disegni creati dalle conformazioni rocciose, illuminati da lampade accese e subito spente in un gioco di luce e buio, che fa quasi dimenticare il rumore e la polvere che un tempo regnavano in questi luoghi. Solo una Santa Barbara, rimasta a vegliare alla luce di una candela ricorda il lavoro degli uomini impegnati a scavare e a maneggiare esplosivi, che a lei chiedevano protezione. Nel silenzio ritrovato oggi vivono i pipistrelli, una colonia che si è appropriata degli spazi abbandonati dall’uomo. Una diversa idea di sviluppo Seguiamo la strada percorsa dal biancone e usciamo dalle gallerie, dove si incontra il frantoio, in cui i minerali venivano sbriciolati, per poi essere trasferiti alla torre dei forni tramite un nastro trasportatore sopra il fiume Breggia, oggi sostituito da una passerella pedonale. Il cuore del cementificio, la torre dove il materiale veniva cotto ad altissime temperature, è oggi un museo che si percorre in verticale inerpicandosi su per una suggestiva scala rossa, fra tubi e macchinari ormai immobili, in uno scenario da Tempi moderni di Charlie Chaplin. Lungo la salita interessanti video proiettati sui muri presentano immagini del cementificio in funzione e testimonianze dei protagonisti dell’epoca: le speranze degli operai, i dubbi degli ambientalisti, il dibattito dei politici, l’insofferenza crescente della popolazione verso il complesso industriale. Poi all’improvviso si arriva in cima e lo sguardo abbraccia tutta l’area: il verde che lentamente rimargina le ferite, le rovine lasciate come testimonianza ma anche come monito. Storia, architettura e un pizzico di avventura: il Percorso del Cemento è tutto questo; ma soprattutto, è una possibilità unica per rendersi conto che un’altra idea di sviluppo, più sostenibile, è possibile. È a questo che pensiamo mentre, allontanandoci, scorgiamo una coppia intenta a fare pic-nic su un prato, là dove fino a pochi anni fa c’era solo una discarica.
informazioni pratiche: L’area riqualificata è accessibile liberamente, a parte il Percorso del Cemento vero e proprio, che è visitabile in piccoli gruppi a pagamento, con l’accompagnamento delle guide del Parco. Sono in programma visite la domenica dal 5 maggio al 31 ottobre 2013. Per ulteriori informazioni e prenotazioni: parcobreggia.ch oppure percorsodelcemento.ch.
Flavia Leuenberger Classe 1985, ha frequentato il Centro scolastico per le industrie artistiche (CSIA) ottenendo nel 2004 il diploma di grafica. Dopo alcuni anni di esperienza anche in ambito fotografico svolge ora entrambe le attività come professionista indipendente. flavialeuenberger.daportfolio.com
Il chicco di caffè di Chiara Piccaluga; illustrazione ©Rachele Masetti
Fiabe 42
na giovane donna, invitata a cena dai suoi genitori, si lamentava con il padre riguardo alla propria vita. Non era felice di come le cose stavano andando per lei e, non sapendo cosa fare, pensò di darsi per vinta perché stanca di lottare. Le sembrava che ogni volta che risolveva un problema ne sorgesse un altro più grande e la fatica di affrontare ciò che non andava bene era diventata troppa. Il padre la invitò a seguirlo in cucina. In silenzio e con fare pacato, marcando quasi la sacralità del momento privilegiato con la figlia, come se stesse per trasmetterle tutto il suo sapere, riempì tre pentole con acqua e le posò sul fuoco. Quando l’acqua fu sul punto di bollire, in una pentola mise delle carote, in un’altra collocò un uovo e nell’ultima gettò alcuni chicchi di caffè. Sempre in silenzio lasciò bollire l’acqua e rimase seduto accanto alla figlia un po’ perplessa per quanto stava avvenendo. Dopo una ventina di minuti, si alzò dal tavolo, spense i fornelli, prese un pentolino, tirò fuori le carote e le mise in un piatto che appoggiò accuratamente sul tavolo davanti alla figlia. Prese l’uovo, che mise in una ciotola e infine versò il caffé in una tazza e servì tutto sul tavolo, poi disse: “Cosa scegli: carote, uova o caffè?” La ragazza ammutolita e sempre più confusa dalla richiesta del padre non sapeva cosa scegliere. Allora il padre la invitò a toccare le
pietanze. Le carote erano soffici e si disgregavano al tatto, l’uovo era diventato sodo, il caffè si era sciolto nell’acqua ed emanava un aroma profumato. La figlia si rivolse di nuovo al padre e gli chiese: “Che cosa significa tutto questo, babbo? Perché vuoi che io scelga tra queste tre pietanze?” Così iniziò a spiegare quanto era successo e quanto voleva che lei comprendesse. “Vedi cara, questi tre elementi, carote, uova e caffé, hanno affrontato la medesima avversità, vale dire l’acqua bollente, ma hanno reagito in maniera piuttosto differente. La carota, dura e fresca, dopo essere passata per l’acqua bollente è diventata debole e facile da schiacciare e disfare. L’uovo fragile all’interno del suo guscio bollendo è diventato solido, duro, mentre i chicchi di caffé, dopo il contatto con l’acqua bollente, hanno iniziato a fondersi con essa trasformandola e regalando il buon aroma che possiamo sentire”.
Fiabe 43
“Quale elemento sei tu, figlia?”, le chiese; “Quando l’avversità suona alla tua porta, come rispondi? Sei una carota che sembra forte, ma quando si presenta il problema e il dolore diventa debole e perde la sua forza lasciandosi sopraffare dalla situazione? Oppure sei un uovo, che si presenta con un cuore malleabile e buono di spirito, ma che dopo tante preoccupazioni e avversità diventa duro e rigido come una pietra? Così ti riduci ad affrontare la vita soffocando le emozioni senza ascoltare quanto la tua sensibilità e il tuo animo hanno da dirti. Esternamente ti vedi uguale, ma interiormente sei amareggiata e rigida, con uno spirito e un cuore indurito?”. La ragazza lo ascoltava pensierosa e sorpresa per la saggezza di quelle parole che cominciavano ad aprire un varco nella sua mente. “Ed eccoci al chicco di caffè… Il caffè modifica l’acqua, l’elemento che gli causa dolore. Quando essa arriva al punto di ebollizione, il caffè raggiunge il suo miglior sapore. Se
sei come il grano di caffè, quando le cose si mettono al peggio, tu reagisci in forma positiva, senza lasciarti vincere, senza rassegnarti o compiacerti per l’accaduto. Ma al contrario reagisci, da sola o facendoti aiutare, affronti la situazione e fai sì che le cose che ti accadono migliorino e anzi, permetti alla vita di insegnarti qualcosa e di aiutarti a migliorare anche te stessa. Esiste sempre una luce che illumina la strada, a volte ti potrà sembrare di non scorgerla più, ma di fronte alle avversità la sentirai nel tuo cuore. Una piccola luce di speranza e coraggio che ti saprà dare la spinta per affrontare giorno per giorno i problemi della vita con equilibrio e positività”. Quella sera, tornando verso casa, la ragazza avvertì che qualcosa era mutato in lei, da qualche parte nel profondo del suo animo esisteva una forza e delle capacità che ignorava. E pensando alla saggezza e all’amore che le parole di suo padre le avevano trasmesso un lacrima di gioia le scese sul viso.
Cravatte LA CLASSE NON È ACQUA Tendenze p. 44 – 45 | di Giulio Carretti
BELLA E INTRAMONTABILE, MA SNOBBATA DALLE GENERAZIONI PIÙ GIOVANI, LA CRAVATTA RESTA UN ACCESSORIO DELL’ABBIGLIAMENTO MASCHILE IN GRADO DI FARE LA DIFFERENZA. MA SONO IN MOLTI QUELLI CHE LA EVITANO SOLO PER SCARSA DIMESTICHEZZA O PUDORE. UNA PICCOLA GUIDA ALL’USO E ALLA SUA CONSERVAZIONE
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embra proprio che oggi non vada un granché. E siamo in molti ad averne ancora una bella scorta nell’armadio di casa da cui peraltro pare difficile separarsi. Del resto la cravatta, con avversari come l’ineffabile Sergio Marchionne, nel suo algido maglione blu, il mondano Flavio Briatore o l’ex ministro della sanità pubblica, Ferruccio Fazio – che qualche anno fa la definì come la maggior fonte di infezione delle vie aeree superiori –, oggi ha vita dura. Considerata troppo formale e comunque fastidiosa per quel senso di oppressione che provoca intorno al collo dei neofiti, è stata del tutto abbandonata dall’attuale generazione dei quarantenni che, anche nelle aziende, le preferiscono il classico magione girocollo o, come nella City londinese, il completo grigio ma con la camicia rigorosamente sbottonata. Un altro duro colpo per il comparto della seta della vicina Como, da sempre patria della classica cravatta italiana. Ma non tutto è perduto. A tenere alta l’importanza di questo accessorio storico della moda e della vanità maschile vale per tutti un testimonial: Luca Cordero di Montezemolo che, pur non disdegnando lo stile casual, riserva a questo capo il rilievo che le si deve. Resta il fatto che, se ben scelta e soprattutto ben abbinata a camicia, giacca o completo, la cravatta è davvero in grado di imprimere all’uomo un fattore di eleganza in più con cui lo stile sportivo, anche nelle sue forme più ricercate, non può davvero competere. Non entriamo in merito alla sua storia, lunga e articolata nonché facilmente reperibile su uno dei tanti siti ad essa dedicati. Restiamo sul pratico. Come sceglierne una e, soprattutto, come trattarla?
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La larghezza, dopo vario oscillare, si è oggi stabilizzata intorno agli 8/9 cm (ci riferiamo all’ampiezza massima prima della punta) mentre la lunghezza può variare e deve essere considerata in base all’altezza di chi la indossa. La regola vuole infatti che, restando in piedi la punta arrivi a sovrapporsi o a sfiorare la cintura. Molto chic le cravatte tagliate (prive di punta e spesso di maglia) che risultano più strette.
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Altro elemento da tenere bene in considerazione è la qualità sartoriale. Solitamente una buona cravatta è il risultato dell’assemblaggio di tre diverse parti: la pala, la parte anteriore visibile; il tassello, la parte centrale; il codino, quella più stretta. Le cravatte economiche di solito sono composte di sole due parti. Importanti, per individuare una cravatta di qualità, sono poi il “punto occhiello”, il ricamo che unisce in fondo le due parti della cravatta (spesso non presente sulle cravatte di bassa qualità), e la cucitura centrale che, a norma, dovrebbe essere fatta a mano e per tale motivo risultare un po’ lasca.
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Per quanto concerne il tessuto, varia dalla classica seta, alla lana (elegantissime e molto calde d’inverno) e infine il lino o il lino misto a seta, freschi e adatti alla stagione estiva. Le cravatte di maggior costo e qualità superiore sono quelle realizzate interamente in seta (un esempio è la classica “sette pieghe”) oppure quelle con rivestimento (la cosiddetta “anima”) in pura lana. Come scegliere il tessuto? Semplice, fidatevi del vostro tatto che in questo senso è di certo il miglior giudice. Resta la questione dei colori e del motivo. E qui la faccenda si fa davvero personale. Chi scrive, per esempio, detesta le cravatte a tinta unita, in particolare se gialle, grigie, celesti o rosa, e preferisce la classica cravatta a piccoli disegni o a motivi seriali. Ma la scelta è pressoché infinita…
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Il nodo è un problema? La rete offre tutte le istruzioni su come realizzarlo al meglio e comunque con 10 minuti di pratica e uno specchio il risultato è assicurato (ci riusciva anche Fantozzi). Qualche consiglio infine su come trattare la vostra nuova amica: quando la togliete sciogliete con delicatezza il nodo evitando di sfilarla dalla testa con il nodo ancora stretto a meno che non desideriate rovinarla e spiegazzarla. Una volta tolta, appendetela bene o riponetela stesa su un piano. Per riportarla in condizioni ottimali può essere sufficiente lasciarla stesa nel bagno mentre fate la doccia o per qualche minuto sopra una pentola in ebollizione. Il ferro da stiro va se possibile evitato e se proprio non potete farne a meno interponete sempre un panno di cotone fra la piastra di ferro e il tessuto. Ah, dimenticavo, non indossate mai la stessa cravatta per due giorni di seguito: lasciatela riposare in modo da restituirle la forma corretta.
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ariete Incremento della vita sociale. Con Mercurio, Giove e Venere, favorevoli, state attraversando un periodo molto positivo. Se affronterete le difficoltà con audacia la fortuna vi aiuterà. Colpi di fulmine.
toro Cercate di colpire dove siete più ferrati. Con grande soddisfazione vi gratificherete per il livello superlativo dei risultati. Iperattivi i nati tra la seconda e la terza decade. Agitazione tra il 23 e il 24 maggio.
gemelli Con Venere e Giove congiunti al Sole non sarà utopico cercare l’amore per i nati nella seconda decade. Vivete senza riserve le emozioni. Favorite le relazioni con l’Acquario e la Bilancia. Fase di scontro con le Vergini.
cancro Opportunità professionali tra il 20 e il 24 maggio. Momento ottimo per fare acquisti. Il calore e la confidenza che mettete nelle comunicazioni fa sì che gli altri credano in voi e rispettino la vostra sincerità.
leone Grazie a Giove, Mercurio e a Venere si apre un periodo favorevole per la vita sociale, scambi culturali, viaggi e vita mondana. Favoriti architetti, giornalisti e addetti alle relazioni esterne. Incontri sentimentali.
vergine Mercurio e Venere in quadratura per i nati nella seconda decade. Predisposizione alle relazioni sentimentali con scarso impegno emotivo. Tra il 19 e il 25 maggio vita sociale animata. Amplificazione delle ambizioni.
bilancia Incontri tra il 21 e il 22 maggio. Giove e Venere in trigono perfetto. Matrimoni e fidanzamenti per i nati nella seconda decade. Il 25 maggio si presenta come data ideale per l’inizio di una attività professionale.
scorpione Incontro karmico per le nate nella seconda decade, mentre per i maschietti si fa vivo un antico avversario. Marte e Nodi Lunari in forte aspetto invitano a un’evoluzione interiore. Non seguite scopi egoistici.
sagittario Incremento delle comunicazioni tra il 19 e il 25 maggio. Con Mercurio in opposizione è però necessario che gli obiettivi mentali siano in sincronia con le istanze del cuore. Altrimenti rischio di conflitti interiori.
capricorno Fortuna e successi professionali. Date spazio alla vostra voglia di riscossa. Se però siete della prima decade evitate di perder tempo adottando una politica attendista, altrimenti l’inerzia prenderà il sopravvento.
acquario Momento favorevole per i nati nella terza decade. Esperienze tantriche incoraggiate dai forti passaggi planetari. Favorito l’incontro con i Gemelli, i Sagittari o i Leoni per le giornate tra il 21 e il 22 maggio.
pesci Grazie al sestile con Marte di transito nella terza casa solare riuscite a dare forza alle vostre idee. Favoriti i militari e gli sportivi. Momento decisivo per i nati nella terza decade. Stanchezza tra il 19 e il 20.
Gioca e vinci con Ticinosette
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Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 23 maggio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 21 mag. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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Orizzontali 1. Permaloso, stizzoso • 10. In coppia con lei • 11. Metallo radioattivo •12. Un malessere influenzale • 14. Consonanti in ruota • 15. Parte di chilo • 17. Pagano il fio • 19. Battere il chiodo • 22. Si affianca spesso al dilettevole • 23. È vicino a Berna • 24. Gag pubblicitaria televisiva • 27. Turchia • 28. Andata in poesia • 29. Un reparto ospedaliero • 31. Simile alla cetra • 33. Serpenti in genere • 34. Il re di Shakespeare • 35. Mezza tanica • 36. Parte dell’occhio • 38. Né tue, né sue • 40. Romania e Thailandia • 41. Ente Turistico • 42. Reliquia, oggetto di valore • 45. Congiunto, unito • 47. Escursionisti Esteri • 48. Il ritiro dell’asceta • 49. Grande stato asiatico. Verticali 1. Noto film del 1980 di C. Pinoteau con Sophie Marceau • 2. C’è anche quella della fortuna • 3. Restaurare, rinnovare • 4. Né mie, né sue • 5. In mezzo al mare • 6. Ritrovo pubblico • 7. È vicino a Pallanza • 8. Avverbio di luogo • 9. Le Lipari • 13. Interrare, seppellire • 16. Palla al centro! • 18. Ripido • 20. Uno a Zurigo • 21. Imbroglione, truffatore • 25. Chi la volta... cambia • 26. Rimorchiato • 28. Schiavi spartani • 30. Italia e Germania • 32. Dittongo in pietra • 37. Sminuzzato • 39. Procedura • 40. Il niente del croupier • 42. Un figlio di Noè • 43. I confini di Mogno • 44. In coppia con lui • 46. Ginevra sulle targhe.
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La soluzione del Concorso apparso il 3 maggio è: TUBATURA
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Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono stati sorteggiati: Heinz Leuenberger 6746 Lavorgo Benito Di Campli 6500 Bellinzona Complimenti ai vincitori!
Premio in palio: due carte per più corse “Arcobaleno”
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Arcobaleno mette in palio una carta per più corse di 2a classe (per tutte le zone) del valore complessivo di CHF 260.– a due fortunati lettori che comunicheranno correttamente la soluzione del Concorso.
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Giochi 47
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