Ticino7

Page 1

C  T · RT · T Z ·  .–

№ 29 del 19 luglio 2013 · con Teleradio dal 21 al 27 luglio

Alfredo Gysi

Tecnico ma con una spiccata vocazione culturale, è uno dei banchieri più influenti della finanza elvetica


www.renault.ch

MAI UNA

RIVOLUZIONE È STATA COSÌ

SILENZIOSA.

ZERO EMISSIONI 1 FINO A 210 KM DI AUTONOMIA 2 DA FR. 24 100.– 3

ORA DAL VOSTRO RAPPRESENTANTE RENAULT: NUOVA RENAULT ZOE. 100% ELETTRICA. SEMPLICEMENTE RIVOLUZIONARIA.

In fase di utilizzo non produce emissioni di CO 2. 2 Adottando uno stile di guida medio secondo il ciclo NEDC (New European Driving Cycle), il veicolo, con batteria completamente carica, ha un’autonomia di 210 km (195 km con cerchi da 17"). L’autonomia varia in funzione della velocità, della temperatura esterna, della topografia e dello stile di guida. 3 Renault ZOE LIFE, 88 CV (65 kW), prezzo di catalogo fr. 24 100.– incl. Wallbox (fr. 1 300.–). Consumo di energia 16,3 kWh/100 km (equivalente benzina 1,8 l/100 km), emissioni di CO 2 legate alla produzione di elettricità 18 g/km (media di tutti i veicoli nuovi venduti 153 g/km), categoria di efficienza energetica A. Prezzo modello illustrato (incl. equipaggiamenti supplementari) fr. 26 700.– 1


Ticinosette n. 29 del 19 luglio 2013

Impressum Tiratura controllata 68’049 copie

Chiusura redazionale Venerdì 12 luglio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

4 Società Sharing. La fine del possesso? di Mariella dal Farra ..................................... 8 Kronos Schizotopie. Oltre il confine di FranceSca rigotti .......................................... 9 Mundus Primitivi col trucco di duccio caneStrini ................................................... 10 Letture Isola pianeta di alba Minadeo.................................................................... 11 Vitae Ariel Salati di gabriele Scanziani ..................................................................... 12 Reportage Lotta svizzera di Paolo galli; FotograFie di gabriele Putzu ....................... 37 Luoghi La Filanda di Mendrisio di andrea raMani ................................................... 42 Tendenze Make up da spiaggia di MariSa gorza ................................................... 44 Svaghi .................................................................................................................... 46 Agorà Alfredo Gysi. Il banchiere umanista

di

Silvano de Pietro.................................

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

Pubblicità

Publicitas Publimag AG Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich tel. 044 250 36 65 tel. 079 635 72 22 fax 044 250 31 32 daniel.siegenthaler@publicitas.com dati per la stampa a: service@publimag.ch www.publimag.ch

Annunci locali

Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch

In copertina Alfredo Gysi Fotografia ©Reza Khatir

Speranze mancate Pubblichiamo di seguito l’email di un lettore con una serie di riflessioni relative all’attuale politica e sociale in Egitto, un paese di cui abbiamo spesso parlato grazie agli articoli del nostro collaboratore Marco Alloni. Egregi signori, forse questa lettera vi sembrerà uno sfogo o una riflessione inutile ma i fatti che stanno accadendo da due anni a questa parte in Egitto, che è il mio paese d’origine, mi intristiscono profondamente. Non sono più giovane e benché io viva in Svizzera da tanto tempo – di professione faccio il medico –, e mi senta ormai parte di questa nazione che considero civile e molto avanzata, provo una grande angoscia nel vedere i telegiornali e nel ricevere le notizie che mi arrivano da amici e parenti egiziani. Ho notato che spesso la vostra rivista pubblica notizie sul Medio Oriente e in particolare sull’Egitto, una cosa che apprezzo molto anche se non sempre sono d’accordo con quanto scrivete. Come molti egiziani, benché io sia di religione musulmana, ho sperato e continuo a sperare che nel mio paese e nei paesi del nord Africa e del Medio Oriente si affermino dei normali regimi democratici come quelli europei in cui la politica venga separata da qualsiasi ragione di natura religiosa. Una speranza difficile perché come si è visto in Egitto nelle elezioni del 2012 la maggioranza dei voti è andata ai partiti che considerano come inseparabile la politica dalla religione e le iniziative prese da Morsi, che hanno portato alle rivolte e alle stragi compiute dall’esercito e dalla polizia, sono un esempio. C’è poi la questione che contrappone le città, in cui esiste un ampio ceto borghese, alle campagne, in cui la situazione sociale

Muhammad al-Barade’i

è davvero arretrata e il fondamentalismo trova grande consenso. Ma parlare di Egitto in termini semplicistici è impossibile. È un paese diviso, con tante componenti diverse, un esercito potente e profondamente condizionato non solo dalle grandi nazioni e dalla vicinanza con Israele e i territori della Palestina, ma anche dall’Arabia Saudita e dagli Emirati che stanno sostenendo i militari in questa fase e stanno inviando cospicui finanziamenti. Senza dimenticare l’importanza strategica che l’Egitto ha nel Mediterraneo e il fatto che questi due anni di caos politico hanno aggravato la situazione economica del paese in una fase di crisi internazionale. La mia sensazione è che purtroppo, ancora una volta, si andrà verso un potere forte in grado di soddisfare esigenze “superiori” (la scelta di dare ad al-Barade’i un ruolo cruciale in questa fase è un esempio in questo senso) ma che alla fine non modificherà la situazione del popolo egiziano in termini di libertà di espressione e di diritti. Un peccato e ancora una volta un’occasione persa perché l’Egitto potrebbe rappresentare un modello positivo per l’intera regione. Con i miei saluti, M.S., Bellinzona


Il banchiere umanista Alfredo Gysi. “Ciò che mi infastidisce, è l’ipocrisia che attualmente vi è intorno a questo dibattito”. Così, uno dei banchieri svizzeri più in vista, giudica la discussione sul comportamento delle banche, strette tra l’obbligo del segreto e la lotta internazionale all’evasione fiscale. Un tecnico con un’opinione molto chiara sul futuro della piazza finanziaria elvetica, ma anche una personalità complessa e interessante, da svizzero all’estero, tedesco e al contempo “italiano” di Silvano De Pietro; fotografia di Reza Khatir

M

Agorà 4

atematico e informatico, colto e appassionato di arte e di musica, Alfredo Gysi presenta a tratti quasi un profilo rinascimentale, da umanista. Lo si percepisce quando lo si incontra nel suo ufficio di presidente della BSI (Banca della Svizzera italiana), dove, tra gli arazzi e i dipinti di arte barocca che accolgono il visitatore, non sembra affatto di stare in una banca. A 64 anni, dopo un’intera carriera nella BSI, in gran parte quale presidente, prima della direzione generale e adesso del consiglio di amministrazione, Gysi dà subito l’impressione di non pensare per niente a ritirarsi, ma di proseguire volentieri nello svolgimento dei suoi numerosi incarichi, sia nell’ambiente bancario, sia nel mondo della cultura. È infatti membro del consiglio di banca della Banca nazionale svizzera, presidente dell’Associazione delle banche estere in Svizzera, membro del consiglio di amministrazione dell’Associazione svizzera dei banchieri, presidente della B-Source (azienda leader in Svizzera nell’outsourcing bancario), membro del consiglio della fondazione AGIRE (Agenzia per l’innovazione in Ticino). Ma è anche vicepresidente della fondazione Orchestra della Svizzera italiana, membro del consiglio dell’Università della Svizzera italiana (USI), presidente della fondazione per le facoltà di Lugano dell’USI, membro del consiglio di fondazione di Lugano Festival, membro dell’Advisory Board della Peggy Guggenheim Collection e membro del consiglio di fondazione dell’Istituto svizzero di Roma. Un percorso inusuale “La mia famiglia viene da Suhr, nel canton Argovia”, racconta Gysi. All’inizio del novecento suo nonno, “attivo nel campo della seta”, emigrò a Milano. Una seconda patria per suo padre, che nacque e trascorse tutta la vita nel capoluogo lombardo e parlava milanese. Per lui, Alfredo, c’è stata però una terza patria, il Ticino. È nato infatti a Sorengo “perché nel dopoguerra non era chiarissimo se, nascendo sul suolo italiano, si potesse mantenere o meno la cittadinanza

svizzera”. Ma dopo pochi giorni lo portarono a Milano, dove è cresciuto e dove ha frequentato la Scuola svizzera fino alle medie. Il liceo, invece, l’ha fatto ad Aarau, “come voleva la tradizione di famiglia”. E dopo il liceo è tornato a Milano per studiare matematica e insegnare al liceo della Scuola svizzera di Milano. Dal 1954 la famiglia aveva anche una casa di vacanza a Comano, “dove si veniva tutte le vacanze e tutti i weekend”. Per diventare banchiere Gysi ha seguito un percorso “piuttosto inusuale all’epoca”. Non aveva un progetto specifico in mente. “Ho sempre vissuto la mia vita mantenendo fissi i valori in cui credevo e facendo le cose che mi piaceva fare, possibilmente nel migliore dei modi”. Così, tutto è successo in maniera anche un po’ casuale. Aveva studiato matematica e coltivato un interesse per la tecnologia, tant’è vero che, nel periodo in cui studiava, aveva anche la rappresentanza di un’azienda americana di computer in Italia. “Finiti gli studi”, continua a raccontare, “mi sono trovato senza sapere veramente che cosa fare. Le opzioni erano di lavorare nella ricerca, nell’insegnamento, o nell’informatica. Avevo a quell’epoca due offerte: una nel campo della ricerca, da parte dell’Istituto Battelle di Ginevra; l’altra nel campo dell’informatica, casualmente quella bancaria”. A offrirgli questa seconda possibilità era la Banca Commerciale Italiana (la Comit), che aveva programmato uno stage per giovani neolaureati, i quali potevano girare nelle sedi della Comit in tutta Italia per capire come funzionasse una banca. Allora la Comit “era a livello mondiale la banca più avanzata nel campo dell’informatica”, sottolinea Gysi. E spiega che all’inizio degli anni settanta un sistema basato su una banca centralizzata che collegasse in tempo reale tutte le filiali era cosa assolutamente unica. Tutto il software e l’hardware necessario doveva essere realizzato in casa, utilizzando come terminali le apparecchiature telex: “una scuola interessantissima, perché era un centro sperimentale di informatica bancaria”. Gysi parla volentieri di quegli anni, di cui ha evidente


Vocazione culturale Fare il banchiere, evidentemente, gli piace. Ma gli piace farlo con passione e stile. Della BSI, che è la più antica banca ticinese, ha saputo mettere in risalto il profilo culturale italiano, orientandone le sponsorizzazioni verso il mondo dell’arte. “Sì, credo che nel mio ruolo, negli anni da presidente della direzione generale, un’influenza l’ho avuta”, riconosce con legittimo orgoglio. “Dato che la BSI è la più latina delle grandi banche svizzere, si è deciso di mettere in risalto il tema della passione sviluppandone la comunicazione su due indirizzi: quello dell’arte contemporanea e quello della musica classica. Che, guarda caso, sono anche le mie due grandi passioni personali”. Dentro le norme Ma fare il banchiere oggi in Svizzera significa anche affrontare temi molto spinosi. Occorre avere non solo competenza tecnica, ma anche sensibilità politica, capacità di percepire i mutamenti della società, senso di responsabilità verso il paese e una visione sul futuro della piazza finanziaria. Alfredo Gysi non si sottrae a questo esercizio e, con l’eloquio brillante che possiede, si lancia nella sua analisi. La domanda è se condivide la strategia del Governo di aiutare le banche, con il denaro pubblico e modificando le leggi, a superare molti problemi da esse stesse creati, e non solo quelli sorti con gli Stati Uniti. Insomma, le banche devono essere salvate dallo stato? La risposta di Gysi rileva anzitutto che ci sarebbe una certa ipocrisia. “Il sistema bancario ha operato all’interno di quelle che erano le regole, gli indirizzi che sono stati fissati dalla politica, dal Governo, dal Parlamento, dall’autorità di vigilanza. Sono le regole (riflesse per esempio nella legge sulle banche del 1934 che introduceva il segreto bancario) che costituiscono la speci- (...)

NOVITÀ IN ASSORTIMENTO. LA NATURA SA COSA FA BENE.

NOVITÀ Choco Sablé, bio biscotti di pastafrolla al burro con pezzetti di cioccolato, 130 g

NOVITÀ Cranberries, bio secchi, 150 g

NOVITÀ Caramelle, bio all’aroma di lampone, arancia e limone, 200 g

In vendita nelle maggiori filiali Migros.

MGB www.migros.ch W

nostalgia. “Terminato lo stage lasciai presto la Comit, dopo due anni scarsi, e nel ’75 venni a Lugano, nel settore informatico della BSI, che voleva cominciare a installare i primi terminali, per collegare in tempo reale gli sportelli. Nessuno sapeva in realtà come fare. E io, grazie alla straordinaria esperienza maturata alla Comit, mi sono occupato dei primi progetti di teleinformatica”. Dopo di che, a Gysi venne affidato l’intero settore informatico, con la possibilità di sviluppare alcuni progetti assolutamente innovativi per la Svizzera. “Eravamo all’inizio degli anni ottanta e BSI realizzò un sistema di dieci anni più avanzato rispetto a tutta l’industria di allora. Sistema che venne poi adottato da un gran numero di banche sia in Svizzera sia in Europa”. Questi progetti di successo hanno portato Gysi a conoscere molto bene il funzionamento della banca e a ridisegnarne completamente il modo di operare. Passando attraverso gli incarichi di responsabile dell’organizzazione, prima, e poi della rete di filiali, si è quindi occupato della parte più prettamente bancaria. Fino ad avere “la fortuna”, come dice lui, di diventare presidente della direzione generale. Era il 1993. Gysi non aveva ancora 45 anni: un’età che a quell’epoca era considerata molto giovane. A dirigere la BSI c’è rimasto per 18 anni. “Poi l’anagrafe mi ha costretto a lasciare l’operatività e sono diventato presidente del consiglio d’amministrazione”, aggiunge quasi con rassegnazione.


Agorà 6


“Come Associazione delle banche svizzere ci stiamo battendo per muoverci in direzione della conformità fiscale. Però abbiamo un passato da risolvere: dobbiamo trovare una soluzione per i miliardi che sono giunti in Svizzera nel corso degli anni e permettere ai clienti di avere una via d’uscita accettabile” ficità svizzera. Una specificità che è quella di fare una distinzione tra evasione fiscale e frode fiscale. Questo non riguarda solo le banche ma anche i cittadini svizzeri. E questo ha fatto sì che la Svizzera, grazie anche alla sicurezza che come sistema paese è sempre stata in grado di offrire, è diventata una meta ambita per capitali che volevano mettersi al sicuro”. Qui Gysi si riferisce all’insicurezza dominante nel periodo tra le due guerre mondiali, quando venne promulgata la legge. Ma anche alla “insicurezza di tipo politico o quella legata alle divise (pensiamo a quando la vecchia lira italiana si svalutava massicciamente ogni anno e quindi perdeva potere d’acquisto). E poi c’è stato anche il periodo delle Brigate Rosse e le paure legate alla sicurezza personale”. Nel frattempo è caduto il muro di Berlino, si è creata l’Unione Europea, molte paure sono svanite, e con l’euro anche il tema dei rischi legati ai tassi di cambio è venuto meno. Un sistema solido È rimasta l’evasione fiscale. La crisi del 2008 ha obbligato la maggioranza dei paesi occidentali ad aumentare la pressione fiscale e a intraprendere una lotta all’evasione molto più efficace e seria che in passato. Da allora, “come Associazione delle banche svizzere ci stiamo battendo per muoverci in direzione della conformità fiscale. Però abbiamo un passato da risolvere: dobbiamo trovare una soluzione per i miliardi che sono venuti in Svizzera nel corso degli anni e permettere ai clienti di avere una via d’uscita accettabile”. Per Alfredo Gysi “il problema riguarda non solo le banche, ma la Svizzera nel suo complesso. E l’intera economia”. Gysi ricorda che la Svizzera è oggi “l’unico paese in Europa dove l’erogazione del credito rispetto al 2008 è aumentata in maniera significativa. Un paese che non conosce il credit crunch, e questo grazie al fatto che possiede un sistema bancario solido che ha retto bene anche alla crisi”. Quindi, nel riorientamento del sistema bancario in Svizzera, bisogna tenere conto anche dei riflessi sul resto dell’economia. “Le banche che sul suolo svizzero hanno rispettato le leggi svizzere devono essere difese. Poi ci sono banche che hanno infranto le regole”, ammette Gysi, “e questo è un altro paio di maniche. Oggi occorre valutare se le leggi svizzere siano compatibili con gli sforzi della comunità internazionale per combattere l’evasione. Laddove non fosse così, interveniamo sulle nostre leggi ma non criminalizziamo chi si è mosso all’interno delle regole a oggi stabilite” . Quali soluzioni? Dunque, se c’è la volontà di collaborare alla ricerca di soluzioni, come farlo? Con lo scambio automatico di informazioni? “Lo scambio automatico di informazioni non può

essere la soluzione per il futuro, ma non risolve nulla per il passato. Per risolvere il passato, sono possibili tre soluzioni: un’imposta alla fonte, una tantum, liberatoria per i clienti, che permetta di regolarizzare questi patrimoni; oppure un’amnistia; o un programma di autodichiarazioni. Per il futuro, invece, gli strumenti possibili sono lo scambio automatico di informazioni o l’imposta alla fonte. Con l’Inghilterra e con l’Austria abbiamo già l’imposta alla fonte, con gli altri paesi europei probabilmente avremo lo scambio automatico di informazioni. Dobbiamo trovare un modo per uscire, come paese e come sistema bancario, dall’attuale situazione”, afferma ancora Gysi, secondo cui oggi si apre per i paesi europei “una finestra di opportunità unica con la Svizzera, che ha dichiarato di essere disposta a collaborare per trovare una soluzione. Perché se questi patrimoni lasceranno la Svizzera diventeranno irraggiungibili per tutti: ci perderà la Svizzera ma soprattutto ci perderanno tutti in Europa. Quindi, bisogna uscirne il più in fretta possibile, come paese e come sistema bancario. Non abbiamo interesse a guadagnar tempo in questa fase: sarebbe molto miope”. Valore aggiunto Come vede il futuro della piazza finanziaria svizzera senza più il segreto bancario? “È evidente che assisteremo a un ridimensionamento iniziale dei patrimoni amministrati, dovuto alla tassazione per regolarizzare il passato. E vi sarà anche clientela che non riterrà più attrattivo restare in Svizzera. D’altra parte, è anche vero che la clientela europea con capitali dichiarati in Svizzera continua a crescere. Ciò dimostra che oggi più che mai la Svizzera è percepita come il luogo più sicuro e più stabile per depositarvi una parte del proprio patrimonio, e spesso anche per sviluppare attività imprenditoriali. E lo sarà ancora di più una volta eliminato il tema dell’evasione fiscale dalle nostre relazioni internazionali e ottenuto un accesso facilitato ai mercati esteri, poiché per i clienti dichiarati la trasparenza è percepita come valore e non come problema”. “Sono perciò convinto”, conclude Gysi, “che dopo il ridimensionamento iniziale potremo ambire a una crescita che sarà anche più solida di quella vissuta in passato. Ogni banca dovrà però riposizionarsi, ripensando il proprio modello di business e soprattutto il modo di interagire con il cliente. Sono convinto che l’informatica giocherà un ruolo fondamentale in questa interazione, e questo mi riporta un po’ alle mie origini. Avremo però in mano delle carte uniche da giocare: il sistema paese con la sua stabilità, affidabilità e certezza del diritto, e la qualità del sistema bancario con la sua competenza nella gestione internazionale, nell’orientamento al cliente, nella formazione del personale. Credo che le premesse in Svizzera per avere successo in futuro ci siano tutte”.

Agorà 7


La fine del possesso? Il diffondersi di modalità di fruizione di beni e servizi in regime di condivisione sta modificando il significato di proprietà, che sempre più spesso viene definito sulla base dell’uso, piuttosto che del possesso di Mariella Dal Farra

Società 8

Mentre inizio a scrivere questo articolo, dedicato alla pratica tradizionalmente considerati “rivali”, come per esempio dello sharing nelle sue diverse accezioni, il mio computer l’automobile o l’abitazione, in prodotti suscettibili di essere sta condividendo con un certo numero di utenti (sei, al condivisi. Il co-housing rappresenta il paradigma di questo momento), frammenti di un file video che, ricomposti approccio: inserito in conglomerati di venti-quaranta unità, automaticamente dall’apposito programma, consentiranno lo spazio abitativo privato è integrato da luoghi/servizi in la visione di un film non più coperto da copyright. Questa comune che ne ampliano le prerogative, sia in senso matemattina, per raggiungere lo studio in cui svolgo parte della riale (lavanderia, orto, aree per il fai-da-te e per il gioco) che mia attività professionale, ho preso una bicicletta dalla ra- funzionale (car-sharing, banca del tempo, gruppi di acquisto strelliera situata nel piazzale della stazione e l’ho lasciata in solidale, riscaldamento fotovoltaico integrato ecc.). Il valore una postazione di bike sharing a circa 100 metri di distanza aggiunto del co-housing risiede nella costituzione di un “vidalla destinazione. Anche lo spazio dello studio è condiviso cinato elettivo” che riproduce la dimensione del quartiere insieme a colleghi che lo utilizzano in non più in forma spontanea ma, per così orari diversi dai miei. Le grandi trasfordire, programmatica. mazioni procedono, com’è noto, da piccoli cambiamenti che modificano in Tempo da ultracorpi maniera il più delle volte impercettibile A prescindere dalle implicazioni psicole nostre prassi quotidiane. L’idea di prosociali sottese a questa nuova modalità prietà sta dunque virando dal possesso abitativa, è il livello organizzativo dello all’utilizzo, per lo più condiviso con sharing nel suo complesso ad apparire altre persone: “La condivisione sociale e inedito e, per certi versi, rivoluzionario: lo scambio si configurano come un modo un livello che si situa in una posizione Immagine tratta da palib.com sempre più comune di produrre beni essenintermedia fra pubblico e privato, indiziali nel cuore delle economie avanzate nei viduale e collettivo; fra lo stato e il libero settori dell’informazione, della cultura, dell’educazione, dell’uso mercato. Secondo il già citato Benkler, “La rilevanza acquisita del computer e della comunicazione”1. dallo sharing come fenomeno economico è tecno-dipendente”4, Un esempio eclatante è costituito dalla recente acquisizione oltre che, potremmo aggiungere, particolarmente sostenibile da parte di Google – a un prezzo che si aggirerebbe intorno nell’ambito della congiuntura socio-economica che stiamo al miliardo di dollari – dell’applicazione di navigazione GPS attraversando. Coerentemente, ci si chiede se la vertiginosa israeliana Waze2. Imperniata sulla condivisione in tempo rea- accelerazione dei sistemi di comunicazione che ha interesle di informazioni relative al traffico (code, incidenti, lavori sato le ultime due decadi non ci stia traghettando verso stradali, etc.), Waze si basa sul concetto di crowdsourcing (da nuove forme di produzione (e “riproduzione”) umana: un crowd, “folla”, e outsourcing, “esternalizzazione di una parte cambiamento che, portato alle sue estreme conseguenze, delle proprie attività”3), un modello imprenditoriale nel potrebbe modificare il concetto stesso di identità personale... quale la progettazione, la realizzazione o lo sviluppo di un Ricordate l’identità “diffusa” dell’agente Smith nei film della progetto sono affidate a un insieme di persone preceden- serie Matrix? E sarà un caso che, negli Stati Uniti, gli autisti temente non organizzate (in questo caso, gli automobilisti aderenti al car-pooling (un sistema di autostop organizzato) che forniscono le indicazioni in itinere). siano chiamati body snatchers, ovvero gli “ultracorpi”?! Dicotomia al palo Le discipline economiche distinguono i beni in “rivali” e “non rivali”: il consumo dei primi è mutualmente esclusivo, nel senso che previene quello di altri consumatori (un televisore, una volta acquistato, non può essere riacquistato da qualcun altro); i secondi ammettono invece una fruizione multipla e contemporanea, come nel caso di una trasmissione televisiva. La pratica dello sharing sembra scompaginare questa dicotomia, trasformando beni

note 1 Yochai Benkler, “Sharing nicely: on shareable goods and the emergence of sharing as a modality of economic production”, The Yale Law Journal, Vol. 114:273, 15/03/2005, pag. 278. 2 “Google acquista Waze, mappe più social”, LaStampa.it Tecnologia, 11/06/2013 3 “Crowdsourcing: quando la rete… trova la soluzione” di Marialuisa Pezzali, ilsole24ore.com, 2009. 4 Yochai Benkler, Op. cit., pag. 358.


Oltre il confine

Come si trasforma il tempo, come muta lo spazio, come cambia la vita ora che il nostro equipaggiamento tecnologico ci incolla addosso il flusso ininterrotto della comunicazione, esponendoci a interferenze permanenti e collocandoci in uno spazio incerto ed espropriato di cui non siamo mai pienamente padroni? di Francesca Rigotti

Affronta

l’argomento, in un suo recentissimo lavoro1, Fabio Merlini, filosofo, direttore dell’antenna regionale per la Svizzera italiana dell’Istituto universitario federale per la Formazione professionale, professore di Etica all’Università dell’Insubria (Varese) e presidente dal 2010 della Fondazione Eranos, ente di antichi splendori (cui nuovi futuri splendori auguriamo). Affinando alcune tematiche affrontate in un testo già da me discusso in queste pagine (L’efficienza insignificante. Saggio sul disorientamento, Bari, Dedalo, 2009), Merlini porta in scena due nuovi suggestivi concetti interpretativi di tempo e spazio, le coordinate dell’esistenza di ogni persona e cosa: mobilitazione e schizotopia.

accoglie ed esclude, “forza generatrice che ridefinisce il valore dei contenuti e dei profili, con una tale pienezza del senso da far perdere terreno ad altre figure dell’esistenza e dell’essere” (p.82). Il mercato che sta fagocitando sempre più il modo di vivere e di pensare delle persone, il mercato che domina persino nel linguaggio, per esempio in quello dell’educazione, dove sono entrate metafore come “crediti” e “debiti” – possiamo divertirci a cercarne altre – come se le conoscenze fossero monete da scambiare. Il mercato che ci induce a credere che il valore di una cosa equivalga al suo prezzo, e che tutto sia spendibile e acquistabile.

Schizotopia Il termine e il concetto di “schizoMobilitazione totale topia” – che al plurale dà il titolo al Quello di mobilitazione è un conlibro – sono invece presi in prestito cetto bellico, non a caso ripreso da da parte di Merlini a un altro penErnst Jünger, pensatore tedesco del Fabbrica cinese; immagine tratta da daggerwebz.com satore tedesco, anche egli anticipanovecento che con grande anticipo tore, qualche decennnio più tardi, aveva intuito gli effetti sull’agire umano della famiglia di negli anni sessanta, della vita all’epoca del web. Lo strano strumenti che intervengono nella mediatizzazione del mon- termine significa all’incirca “spazio diviso”, dal greco schído. La “mobilitazione totale” si riferisce alla prima guerra zein, tagliare, dividere e tópos, luogo, spazio, ed è coniato sia mondiale ’– l’analisi di Jünger è degli anni Trenta – e stava su “schizofrenia” (mente divisa) sia su “utopia” (luogo che a significare che il mondo intero veniva iscritto in una rete non esiste). Anche lo spazio della rete è mutato. Soprattutto a maglie strette formata da strade, rotaie, cavi, onde radio, non è più lo spazio ordinato e suddiviso, dai confini ben linee aeree e navali, in una accelerazione senza precedenti delimitati e regolato da un principio d’ordine all’interno, del ritmo della vita: non è difficile riconoscere in queste che riconosce all’esterno lo stesso diritto autoregolatore, parole una preconizzazione del nostro tempo dinamico, in- come nello stato nazionale che non a caso attualmente quieto, accelerato, mobile e tuttavia strettamente connesso. perde consistenza acquistando porosità. È infatti proprio Non è difficile perché si tratta di fenomeni che esperiamo quel modello in declino a essere sostituito oggi dalla globaogni giorno: constatiamo infatti che la mobilitazione totale lizzazione senza dimensione spaziale, in cui viene meno, a ha acquisito lo statuto di fattore centrale nella corsa attuale livello politico, la sovranità territoriale, a livello personale delle nostre vite, mirate principalmente alla crescita econo- la separazione tra spazio pubblico e spazio privato. Merlini mica, dove il lavoro tuttavia non è più pagato a tempo (fino ci mette di fronte alla schizotopia, l’utopia negativa dello a ieri era il tempo ad articolare la giornata di lavoro) quan- spazio diviso, del mondo frammentato nel quale abitiamo to retribuito a prestazione; dove la quantità di tempo per come nei quadri (“tabs”) che apriamo e chiudiamo sullo giungere al risultato richiesto non è più assegnata dal datore schermo del computer, i nuovi spazi e i nuovi luoghi della di lavoro ma ricade interamente sulle spalle del lavoratore nostra schizotopica giornata. costringendolo a un attivismo frenetico e stressante. Mercato Il nuovo tempo del reale si dipana nell’ambito del mercato, forma e struttura dominante che ricompensa e condanna,

note 1 Fabio Merlini, Schizotopies. Essai sur l’espace de la mobilisation, Paris, Les èditions du cerf, 2013.

Kronos 9


Primitivi col trucco La primitività resta una categoria malintesa, dubbia, strumentale. Di solito si accusa di primitivismo chi vorrebbe “tornare indietro”, come se il progresso fosse unico e sacro, e ogni nostalgia o retrospezione un tabù di Duccio Canestrini

Mundus 10

Nell’episodio di debutto di Naked and Afraid, il nuovo sacro, e ogni nostalgia o retrospezione fosse un tabù. Siamo reality estremo di Discovery Channel, andato in onda il orgogliosi delle nostre conquiste in campo sanitario e della 23 giugno scorso, una donna e un uomo vengono lasciati nostra tecnologia che ci assicura standard di vita evoluti, per ventuno giorni nella giungla del Costa Rica senza ve- rispetto a un passato in cui vivevamo nudi e spaventati tra stiti, né cibo. Unica dotazione un coltello e un accendino. serpenti velenosi e mille altri pericoli. Salvo poi accorgerci Una specie di Eden alla rovescia, sotto rovesci di pioggia che grazie a questo nostro stile di vita, in occidente muore tropicale. Nessun premio in palio, solo la soddisfazione di di cancro una persona su quattro. L’ultima edizione del sopravvivere. Mentre lei Festival Futuro Presente, rincorre nuda pesci nel in Trentino, intitolata “Il fango, l’eroe di turno paesaggio in movimenschiaccia teste di serpento”, ha ospitato il regista ti velenosi a bastonate, Michelangelo Frammarpronunciando per la tetino che ha proposto un lecamera frasi gloriose lavoro intitolato Alberi, come: “È solo una quegià presentato nella sestione di velocità e di zione sperimentale del quanto grandi sono le Museum of Modern Art tue palle”. Se questi tufdi New York. Si tratta fi mediatici nel passato della documentazione, hanno sempre successo, realizzata in Basilicata, di un motivo però ci sarà. una mascherata vegetale: Per quanto distanti ci si uomini che si coprono senta dalla natura, scocompletamente il corpriamo di avere con essa po di foglie di edera. Il ancora parecchi conti in filmato è decisamente sospeso. Il retaggio è milbello. Dal punto di vista Jean-Pierre Cargol e il regista François Truffaut durante le riprese del film lenario e non basta qualdella tecnica di ripresa e L’enfant sauvage, del 1969; immagine tratta da toutlecine.com che decennio di storia delle elaborazioni eletrecente per modificare troniche delle immagini un’attitudine atavica. Per esempio, nessuno sulle Alpi addirittura spettacolare. Peccato che sia un falso antrorischia di vedersi invadere lo spazio vitale da orsi, lepri o pologico, perché è del tutto ricostruito fuori calendario e cinghiali; eppure quando un lembo di bosco riconquista fuori contesto, con molti accorgimenti per far sembrare una radura, quando un capriolo osa mangiare il cavolo di autentico ciò che non è. Beninteso, potrebbe anche non un campetto a mezza montagna, ci sembra un obbrobrio, essere un problema. Se la natura artistica del progetto non un’ingiustizia, uno scandalo. Questo perché abbiamo inte- prendesse come spunto un soggetto etnografico, forzando riorizzato l’idea che lo spazio faticosamente coltivato debba la tradizione, o meglio contrabbandando la performance essere giustamente strappato allo spazio selvatico, e che per come tradizione. Va da sé che in America siano rimasti ensopravvivere si debba necessariamente competere con le tusiasti dei primitivi lucani vestiti di foglie, buoni selvaggi altre specie animali. Questa mentalità primitiva è ancora senza orologi né macchine fotografiche, della loro armonia molto diffusa, nonostante i supermercati, la viabilità, la con la natura. È l’ennesimo primitivismo, ora condannato modernità, mille altre risorse e, in generale, il formidabile ora agognato, in una affascinante dialettica di cui forse impatto che l’uomo ha sull’ambiente. siamo più vittime che attori consapevoli. “Stupenda la figura dell’uomo selvatico espressione di un antico culto Fuori contesto arboreo, ciak si gira”. Al MoMa di New York non sapranno La primitività rimane una categoria malintesa, dubbia, mai che quegli alberi umani, mentre aspettavano i ritocchi strumentale. Di solito si accusa di primitivismo chi vorreb- della costumista, mettevano fuori un braccio dalle fronde be “tornare indietro”, come se il progresso fosse unico e e parlavano al telefono cellulare.


Isola pianeta di Alba Minadeo

Come-distrarre-i-piùpiccoli-per-continuarea-chiacchierare-insanta-pace

Luce d’estate, ed è subito notte di Jón Kalman Stefánsson Iperborea, 2013

Il libro in oggetto è stato presentato dall’autore Jón Kalman Stefánsson, il 28 giugno scorso nel corso della manifestazione “Letteraltura” che da anni si tiene a Verbania. Fin dal titolo, rimanda a un senso quasimodiano dell’effimero e al pessimismo cosmico di Giacomo Leopardi del Dialogo della natura e di un islandese, opera che trae spunto dalla Storia di Jenni di Voltaire, in cui si trattava delle terribili condizioni di vita degli islandesi. Per capire l’“isola pianeta”, come la chiamava Manganelli, bisogna sondare la sua natura, e in questo romanzo di racconti – scritto nel 2001 e da poco uscito per Iperborea – la parola “notte” ricorre sessanta volte. La narrazione è una storia orale, in prima persona plurale: gli abitanti del piccolo paese dell’Islanda dell’ovest si raccontano, l’io diventa noi. Una sorta di Antologia di Spoon River di esseri viventi, “poveri ma epici”, un romanzo ad alta voce, senza una trama tradizionale, dove le vicende dei personaggi s’intrecciano l’una con l’altra. “Perché viviamo?” è la domanda che si pongono i protagonisti. In “Chiarori” di Göran Tunström – un romanzo del 1996, ambientato in Islanda – in cui lo scrittore svedese scrive che “ogni persona racchiude in sé tante altre persone”. Anche in questo libro, tutti sono un po’ parenti e la vita è piena di episodi grotteschi. “In primavera abbiamo il canto degli uccelli ma dobbiamo rinunciare alla luce delle stelle, in autunno è l’esatto contrario”. E allora, ecco che il direttore del maglificio diventa astronomo e un orfano passa le sue giornate a osservare gli uccelli: si chiama Jónas come Hallgrímsson, l’autore islandese dei versi “Suddenly summer is over, the swans are all leaving...”. Nel villaggio si scrivono ancora lettere e cartoline: “le parole al computer possono anche sparire, svanire nel nulla, rimanere chiuse dentro programmi obsoleti, cancellarsi quando la macchina si rompe, e i nostri pensieri e le nostre reazioni diventano aria, tra cent’anni, figuriamoci mille, nessuno saprà che siamo esistiti”. Forse è il caso di riprendere la narrazione orale. E di tornare a guardare il cielo (per inciso, anche la parola “luce” ricorre sessanta volte).

Un tocco di ispirazione per le giornate estive. Con i gelati Crème d’or è facilissimo preparare dessert sempre riusciti. Le tante varietà in vaschetta e in barattolo e i cornetti sanno infatti come esaudire ogni dolce desiderio. Creazioni perfette per i mesi estivi: www.creme-d-or.ch


H

o sempre adorato il cinema. Amo tutto ciò che riguarda l’immagine, la possibilità di esprimersi e suscitare sensazioni attraverso l’arte mi attrae da sempre. Finito il liceo ho fatto un anno sabbatico, mi sono buttato a capofitto in questa mia passione frequentando una scuola di cinema e cominciando immediatamente a lavorare come cameraman per la televisione svizzera. La voglia di fare e l’amore per questo mestiere mi hanno portato subito a partecipare a progetti interessanti e stimolanti, che hanno implicato lunghi viaggi legati sia alla documentaristica, sia ai film di finzione. Nel mondo cinematografico non sono molti gli operatori steadicam, quindi ho deciso di specializzarmi in questo ambito anche per “bruciare le tappe” e partecipare da subito a progetti importanti. La steadicam è un supporto meccanico su cui si monta la macchina da presa, il tutto è agganciato a un corpetto che viene indossato dall’operatore. La differenza rispetto a una macchina da presa fissa consiste nell’enorme libertà d’azione: con questo sistema, la telecamera non è vincolata nel movimento, e dunque l’operatore che la usa può superare ostacoli altrimenti insormontabili. Ciò permette di rendere la ripresa più mobile e versatile, mantenendo al contempo stabilità e fornendo la possibilità di avere un’inquadratura accurata. Con essa si supera il muro concettuale dello spazio e ci si muove direttamente all’interno della scena, a stretto contatto con gli attori, conferendo al movimento della telecamera un effetto tridimensionale. È come se lo spettatore si muovesse libero sul set e questo aggiunge un notevole impatto emotivo alla scena o alla situazione che si riprende. Nel corso della mia carriera, come detto, ho lavorato sia in ambito documentaristico sia per il cinema di finzione. La documentaristica richiede un grande dispendio di energia e un notevole stress mentale perché è indispensabile mantenere un elevato livello di attenzione, si deve riuscire a cogliere il momento ed è necessario connettersi totalmente con l’argomento e con le persone che si stanno seguendo, rimanendo comunque discreti. Per questo amo anche i progetti di fiction pura, dove si può lavorare a fondo all’immagine, curandone ogni dettaglio,

dalla luce alla posizione degli attori, ai movimenti di camera. Nel cinema di finzione si ha la libertà di ripetere più volte la scena in modo da ottenere l’effetto migliore. Amo viaggiare e il mio lavoro mi consente di muovermi ed entrare in contatto con realtà diverse e culture differenti dalla mia. In questi ultimi anni sto lavorando prevalentemente in Europa dell’est, particolarmente in Lituania e Lettonia. Cinque anni fa ho girato un film, una produzione tedesca, proprio in queste zone e mi aveva molto colpito la conoscenza professionale degli operatori del settore: sul set si respirava una grande energia positiva, tutti i partecipanti volevano fare qualcosa di interessante, qualcosa che li soddisfacesse fino in fondo. L’energia che ho sentito mi ha spinto a stabilire una seconda base operativa a Vilnius, capitale della Lituania. A differenza di molti set in cui ho lavorato, sento che questa popolazione ha una grande voglia di emergere, di costruire qualcosa di positivo e farsi conoscere. Qui invece, complice anche la crisi, c’è stata una forte riduzione dei salari e sento che molti hanno perso la spinta verso questo lavoro e, con essa, anche la speranza in una via d’uscita o in una soluzione positiva. Il mio non è un mestiere regolare, spesso arrivo sui set per poche ore, faccio quello che devo fare in mezzo a persone che hanno lavorato per mesi. Cerco di capire le varie dinamiche in modo da lavorare al meglio delle mie capacità, seguendo le indicazioni che mi vengono fornite. Una volta terminato parto di nuovo e spesso viaggio per diverse ore per raggiungere su un altro set. In futuro mi auguro di poter lavorare soprattutto come direttore della fotografia all’interno di progetti internazionali. Sono anche molto affascinato dal mondo della regia e spero di riuscire a fare il regista per piccole produzioni. Ma la cosa che più conta per me è continuare a conoscere persone vitali e creative che abbiano voglia di esprimersi e trasmettere emozioni attraverso il proprio lavoro.

ArIEL SALAtI

Vitae 12

Lavora da tempo nel mondo del cinema e della televisione. La storia di un ragazzo che si nutre di creatività e traduce le immagini che riprende in storie emozionanti, grazie a un’insanabile passione

testimonianza raccolta da Gabriele Scanziani fotografia di Flavia Leuenberger


RitoRno dalla SvizzeRa che non c’è di Paolo Galli; fotografie ©Ti-Press/Gabriele Putzu


Il cielo oggi minaccia pioggia. Mi piace lottare sotto l’acqua, sentire la camicia assorbire una goccia e poi la successiva, sino al momento in cui si incolla alla pelle. La pioggia nasconde il sudore – non mi piace mostrare al pubblico il mio sudore, perché mi fa sentire più debole –, e culla la mia fatica. E poi la segatura, sotto i miei piedi, si fa più consistente. Spero inizi a piovere ora, e che non smetta per tutto il giorno.

P

iove. O meglio, piove di tanto in tanto. Come gira al cielo. “È il tempo”. Nessuno se ne lamenta. Non lo fanno i lottatori, non lo fanno neppure gli spettatori – neppure quelli d’onore, anch’essi alla mercè dei capricci del cielo – coperti da giacche a vento militari. Nessuno, qui, in riva a un laghetto friborghese, si lamenta di nulla. Cultura contadina. Sventola una bandiera svizzera al ritmo degli jodel, mentre già di prima mattina girano bratwurst e birre da mezzo. Tra il pubblico passano due ragazze, in costumi tipici, senza imbarazzi, e propongono l’eventuale menu

del mezzogiorno (il bratwurst va bene per la colazione): spezzatino e puré. Così è se vi pare. Il primo passaggio della giornata, il primo incontro. Poi ne avrò altri cinque, forse sei. La strada oggi è lunga. Hanno già chiamato il mio nome: sono il primo. E il mio nome ora è come se riecheggiasse, sfruttando i sussurri della gente in tribuna. Sussurrano il mio nome. Questo ragazzo l’ho già battuto altre volte. È pesante, ma nel contempo agile; non sembra, ma lo è. Io comunque sono più forte di lui. Lui lo sa, io lo so. Tutti lo sanno qui, e tutti vogliono che io vinca, che io arrivi il più


lontano possibile. Ha uno strano odore: la pioggia lo cancellerà. Intanto la camicia già si sta incollando alla mia pelle. È un buon segnale. Kilian Wenger ha la faccia da attore. In un’altra epoca avrebbe potuto essere uno di quegli sportivi prestati al cinema, moderno Johnny Weissmuller. Ma Kilian ha studiato da macellaio, e poi da carpentiere… altro che il cinema. Il pubblico lo reclama, e poi lo acclama. Kilian è il re di una Svizzera che non esiste più, ma che si illude di poter sopravvivere in uno spicchio di paradiso, per poche ore. Kilian è vestito come

tutti gli altri, ha una camicia azzurra infilata in pantaloni troppo alti, calzettoni, scarponcini da ginnastica. Ma ha qualcosa di speciale, qualcosa che sa di carisma. E quando affronta il suo avversario sa di doverlo battere. Pareggio. Non mi piacciono i pareggi, perché mi danno la sensazione di non aver neppure lottato. Come se ci fossimo fermati, lui e io, nel mezzo di un momento in cui tutti, attorno a noi, vivevano e aspettavano. Aspettavano accadesse qualcosa, o forse aspettavano semplicemente qualcuno. Noi fermi nel mezzo, noiosi. Ogni volta, dopo un pareggio, mi sembra di aver vissuto (...)


un attimo che avrebbe potuto essere eterno. Il pareggio mi ricorda quegli scontri tra cervi che si vedono nei documentari: c’è un particolare momento in cui le loro corna si incastrano e i due animali restano allora fermi, sbuffando. Pausa. L’insostenibile sospensione di un attimo.

Gabriele Putzu Gabriele Putzu classe 1977 pratica la professione di fotografo da quasi vent’anni, dopo l’apprendistato svolto presso il Giornale del Popolo, sotto la guida di Jo Locatelli e Donato Morello, quotidiano per il quale lavora fino al 2000. All’inizio dell’anno seguente approda all’Agenzia Ti-Press con la quale continua a coprire eventi per la stampa locale. La passione per la fotografia sportiva lo porta spesso a seguire atleti o squadre svizzere impegnate in competizioni internazionali.

Tutto, nella lotta svizzera, si gioca sulla sottomissione dell’altro. La violenza non è propriamente espressa nell’atto della lotta, ma è ugualmente presente. Non esistono pugni, e neppure calci. La lotta svizzera è quanto di più lontano ci si possa immaginare rispetto alla rissa. È piuttosto una danza che richiede di essere controllata, una partita a scacchi giocata con il proprio corpo. La violenza c’è, ma è più sottile. Qui vince chi schiena l’avversario, rendendolo inerme. Qui vince chi sottomette l’uomo che gli sta di fronte, sfregiandone l’orgoglio. Il vincitore, poi, spazza via la segatura dalla schiena dello sconfitto. Il dominatore che si prende cura del dominato, del sottomesso. Al secondo passaggio mi sono rifatto. Ho vinto anche al terzo, e al quarto, e poi al quinto, e infine anche al sesto. Ora mi gioco tutto in finale. Aspetto che chiamino un’ultima volta il mio nome. Non sono stanco. Non sento la fatica. Non sento nulla nell’intervallo tra pioggia e segatura.


Oggi ha vinto Kilian, quello con la faccia da attore, il macellaio-carpentiere che fa da testimonial a una nota catena di supermercati. Domani, in prima pagina, la maggior parte dei quotidiani della Svizzera tedesca utilizzerà il più banale dei titoli: “Il ritorno del re”. Kilian re, già. Il tutto in attesa di una festa federale che raduna, ogni tre anni, fino a duecentomila persone. “Duecentomila persone, senza addetti alla sicurezza. Se c’è una rissa, be’, si risolve da sola. E se rompono un tavolo, il tavolo viene sostituito”. La bandiera svizzera, lassù, continua a sventolare, mentre noi, tra altre macchine, cerchiamo l’autostrada e il ritorno a casa. Abbandonando la Svizzera che non c’è.

Le immagini di questo reportage sono state realizzate nel corso dell’incontro di lotta svizzera tenutosi nel giugno 2013 a Schwartzsee


La Filanda di Mendrisio di Andrea Ramani; fotografie di Flavia Leuenberger

realtà sotterranea, in una grotta di calcestruzzo rischiarata dal riverbero intermittente e violaceo di gas che negli anni hanno perso la loro nobiltà. L’aria è calda, ma non soffocante. Anche i fumi degli idrocarburi si fanno meno grevi come reagendo all’ambiguità del luogo. I soffitti e le rampe presentano dimensioni inusuali: il sotterraneo sembra voler negare il passaggio alla moda dei SUV, questi giganti della strada che offrono l’apparente sicurezza di lasciare inviolato un abitacolo. La Filanda d’oggi è figlia di un altro tempo. I cilindrici portacenere rossi, anneriti dai residui della combustione, sospesi al fianco di un lento ascensore d’acciaio, attestano un passato dove anche la sigaretta appariva meno minacciosa.

Luoghi 42

Esistono luoghi in cui l’esperienza sensibile dello svolgersi di spazio e tempo si deforma. Delle parentesi in cui le coordinate dimensionali subiscono un repentino cambiamento. In questi luoghi si ha la sensazione di aver perso i riferimenti normali che permettono di orientarsi. Lo smarrimento è però puramente apparente: mutando il proprio punto di vista e spostandolo sul momento hic et nunc dell’esperienza e del suo svolgersi, è possibile reinserirsi in un quadro spazio-temporale coerente. In genere, queste anomalie sono percepite da chi le osserva da un punto di vista distaccato, al di fuori delle proprie abitudini. Basti pensare alle Scale folli di Escher, in cui i soggetti ritratti, seppur senza un volto, vivono il quotidiano ignari dell’anomalia fisica in cui si trovano. Questo perché solo l’osservatore esterno coglie la costruzione impossibile delle scale, mentre i soggetti in esso non percepiscono la frattura nelle regole dello spazio. Anomalie segrete Distanti dall’imbroglio prospettico permesso dal supporto utilizzato dall’artista, esistono luoghi vicini che, se esplorati senza il paraocchi della routine, hanno la capacità di risucchiare il curioso in queste anomalie. La Filanda di Mendrisio è uno di questi. Malgrado il nome possa evocare un passato legato alla rivoluzione industriale e alla fabbricazione dei filati, è la storia più recente del fabbricone e del suo intorno che si offre ai nostri occhi. Sono i segnali di modernità, di funzionalità propria degli ultimi decenni dell’ormai secolo scorso, ora in attesa di una riqualificazione culturale. L’anomalo si avverte nel passaggio dalla luce del sole al bagliore freddo e artificiale dei tubi fluorescenti del posteggio. Un piano, due piani, tre piani. Si discende in una

Labirinti di luce L’ascensore tarda e s’imboccano le scale. Corrimano e gradini neri s’accompagnano a un muro color crema. La combinazione è piacevole ma ridondante. Un piano, due piani, tre, quattro, cinque. Scendendo pareva d’aver compiuto meno strada. Ci si è realmente mossi? È consolante imboccare l’uscita che però ferisce lo sguardo. Le scale bicromatiche interrotte qua e là dal segnale verde della via di fuga lasciano il posto ad altre rampe contrassegnate da una forte sfumatura di giallo. Il colore disorienta, ma a lasciare più perplessi è il trovarsi improvvisamente più in alto rispetto al livello del suolo. La normalità preannunciata dalle volte a crociera si trova in basso, ma è un’altra stanza che cattura l’occhio: il binomio bianco/crema si ripropone alle pareti e un suolo verde puro fissa il soffitto percorso da un fascio ordinato di tubature. La visita appaga, eppure ci si sposta rapidamente al livello superiore dove lo scenario muta ancora. Da un lato il fianco rosso e giallo del fabbricone e il riflesso del mondo esterno dato dalle scure finestre disposte in ranghi ordinati, dall’altro uno scorcio verso il palazzo a fianco che richiama un passato rinascimentale. Si percorre il corridoio fra due epoche diverse e svoltato l’angolo si cade in trappola: esiste uno spiraglio di fuga ma il muro in cotto e la sua porta nera oscurano il cielo, vale la pena tornare indietro. Pochi passi e lo scenario cambia ancora. Sulla parete in cemento è proiettata la luce del sole che filtra da un cerchio nel soffitto. Uno sguardo in alto. Si scorge il cielo fra le alte mura grigie, la normalità non è lontana. Superfici, riflessi metallici e ancora le finestre ordinate. I colori svaniscono. Non lontano rumoreggia chiaramente il fiume, costretto dallo scavare dell’uomo. L’ultima rampa di scale e d’un tratto ci si ritrova nel mondo. “Un espresso per favore, faccia presto che sono di fretta!”.


Luoghi 43


Make up sì ma fra le onde… Tendenze p. 44 – 45 | di Marisa Gorza

E

state. Stagione svestita per via del caldo che solletica abiti striminziti, esibizionismi ed eccitanti libertà. Stagione in cui il corpo va alla grande, per fortuna già plasmato, coccolato e infine glorificato dal costumino ad hoc. Stagione di bagni, di tuffi, di splash che irradiano spruzzi scintillanti di allegria. Eccoci pronte lungo i litorali marini o fluviali o sul bordo delle piscine... Sì, ma il viso come si presenta in spiaggia, o comunque, sotto il solleone? All’acqua e sapone o truccato? Con non poca sorpresa gli esperti dicono… sì, truccato! Ebbene il make up per l’evenienza è stato sdoganato e ha ottenuto l’approvazione perfino da parte dei dermatologi. Anzi, sarebbe addirittura consigliato in virtù del suo effetto protettivo che va ad aggiungersi ai classici prodotti solari e alle creme idratanti. Viene comunque spontaneo chiedersi se lettino e abbronzatura vadano d’accordo con rossetto e fondotinta e come sia meglio procedere se si desidera una tintarella doc, senza per questo trascurare l’estetica.

È finalMente giunta l’estate. teMpo di sManie e Manie, di frenesie bizzarre e notti folli e, nel conteMpo, di vita sana e il più possibile all’aria aperta. si tratta pur seMpre della stagione in cui ognuno anela al suo “posto al sole”, al suo MoMento di gratificazione. insieMe alle speranze di chissà quali incontri, chissà quali avveniMenti da affrontare naturalMente con il Make up giusto


la produzione di melanina. Ottima anche alla sera per evitare il viso lucido e attenuare i rossori”. Morena, sempre felice di dispensare preziose lezioni beauté, informa che la nostra “Terre” fa parte della nuova collezione-trucco di T. Le Clerc, un maquillage ispirato alle grandi crociere del ventesimo secolo, momenti gaudenti in cui eleganza e spensieratezza erano alla base della riuscita del viaggio-evasione. L’occhio vuoLe La sua parTe “Per assicurarsi uno sguardo ammaliante da sirena” prosegue Morena, “bisogna avvolgere le ciglia e conferire loro corposità con un prodotto dal texture cremoso come il Mascara Volume Waterproof nel colore Noir, oppure Marine. Perfettamente testato e con una speciale formula ricca di vitamine, adatta agli occhi più sensibili e ai portatori di lenti a contatto, separa e dà volume alle ciglia rendendo le occhiate più intense che mai. Effetto duplicato con un tratto di Eyeliner Marine, oppure Azur, sempre rigorosamente waterproof e di lunga durata. Si può usare anche infracigliare a piccoli tratti a mo’ di tatoo, perché un tocco di personale creatività non guasta mai... Alle perfezioniste suggerisco l’uso del Mascara Transparent, ideale per fissare e disciplinare le sopracciglia e da consigliare anche al nostro lui”. a prova di bacio e… di geLaTo E le labbra? “Anche per le labbra ci sono buone notizie perché i nuovi rossetti offrono un’alta protezione UVA, capace di scongiurare l’herpes labiale. Sorriso sofisticato e vitaminizzato con il Rouge à Lèvres Goyave (arancio-corallo) o Acapulco (arancio infuocato) dall’esito opaco e vellutato. Il texture cremoso assicura morbidezza e comfort a prova di bacio, ma anche di gelato. Si abbina allo smalto per unghie oppure con quello a contrasto e complementare in tinta Marine. Tuttavia alle più estrose suggerisco l’inedita French manicure con lo smalto Marine di base e Goyave sulla punta dell’unghia, poi il contrario alternando la combinazione a ogni dito. Il risultato sarà di una eleganza allegra e imprevedibile, come vi auguro siano le vostre vacanze”.

Terra, Terra! “Non c’è nessun divieto a truccarsi sotto il sole – conferma Morena Musi, l’aggiornata make up artist di Olfattorio – ma è opportuno utilizzare prodotti resistenti all’acqua, alla sudorazione, al vento e alla salsedine. Soprattutto nelle prime giornate di esposizione, quando apparire pallide nei confronti di chi è già in azione da una settimana, può generare invidia (peccatuccio che abbruttisce!) nei confronti dell’abbronzatissima vicina di ombrellone. Si può dunque passare alla controffensiva spennellandosi sul volto e sul décolleté la magica Poudre Compact Terre Ocrée. Si tratta di una terra abbronzante con un finish mat e un indice di protezione solare 20, che non cola e non si altera nemmeno immergendosi in acqua. Al limite l’applicazione si rinnova in pochi secondi. Da porre sopra la crema solare specifica, la terra non impedirà ai raggi solari di stimolare


La domanda della settimana

Siete favorevoli all’aumento del costo della vignetta autostradale a 100 franchi?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 25 luglio. I risultati appariranno sul numero 31 di Ticinosette.

Al quesito “Il Consiglio federale vuole aumentare la tassa sugli oli minerali (e dunque anche sulla benzina) per alimentare un fondo per le infrastrutture stradali. Siete d’accordo?” avete risposto:

SI

7%

NO

93%

Svaghi 46

Astri ariete Momento magico tra il 21 e il 22 luglio. Fase ricca di energia vitale. Iperattivi i nati nella prima decade. Meno chiacchiere per i nati nella seconda.

toro Possibile incontro con persona in grado di scuotervi nel profondo. Spese voluttuarie, per la casa per i nati nella terza decade.

gemelli Il mese si chiude bene. Vita sociale in fermento. Scarsa attrazione alle questioni familiari. Se riuscirete a starne lontani tutto procederà al meglio.

cancro Sfruttate al massimo l’energia indotta dai transiti planetari. Date vita alla vostra rivoluzione copernicana. Siate liberi da ogni condizionamento.

leone Tra il 23 e il 24 luglio Luna in opposizione. Restate centrati senza farvi prendere da ansie inutili. Vicende segrete per i nati nella prima decade.

vergine Grazie a Venere e Giove vi sentite allegri. Svogliati per quanto riguarda le questioni professionali. Sbalzi umorali tra il 25 e il 26 luglio.

bilancia Mantenete il distacco ma agite senza riserve. Tra il 21 e il 22 luglio dovrete risolvere alcune questioni di carattere familiare. Piedi per terra!!!

scorpione Il calo energetico di fine luglio colpisce duro. Guadagni grazie agli ottimi aspetti con Giove. Favoriti i rapporti professionali con il partner.

sagittario Energia grazie all’arrivo del Sole nel Leone. Crescita spirituale incoraggiata dai valori nei segni d’acqua. Bene tra il 27 e il 29 luglio.

capricorno Momento decisivo per effetto di una importante azione astrale. Svolte di vita. Metamorfosi. Rotture nelle situazioni di incompatibilità.

acquario Scarso interesse per le questioni professionali. Nuove amicizie all’interno del proprio ambiente di lavoro. Liberate i vostri cassetti dall’inutile.

pesci Vita sentimentale disordinata per l’arrivo di Venere angolare. Potrete vivere momenti di eros indimenticabile. Nuovi incontri.


Gioca e vinci con Ticinosette 1

2

3

4

5

6

7

La soluzione verrà pubblicata sul numero 31

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 25 luglio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 23 luglio a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

8

5

9 10

12

11

13 2

14

15

16

18

17 8

19 21

20

22

25

27

26

Verticali 1. Il materiale maggiormente usato nei cantieri edili • 2. Impegno, responsabilità • 3. Grosso pipistrello • 4. Rimorchiare • 5. Le iniziali di Montanelli • 6. Li coccolano i nonni • 7. Dio greco della guerra • 8. Altrimenti detto • 12. C’è anche quella che non c’è • 13. Vocabolari • 17. Stuzzica l’appetito • 20. Pari in clima • 22. Istituto d’insegnamento • 24. Società Anonima • 27. Gigaro • 30. Oriente • 32. Il Vecellio • 34. I tesori degli stati • 36. Il dio dei venti • 38. Il nome della Fallaci • 41. Il nome di Morricone • 42. Ispide • 44. La dea greca dell’aurora • 46. Scocca quella ics • 48. Mioglobina • 49. I confini di Essen.

24

23 28

1

29

30

31

33

32 35

34

37

36

38

39

41

40 4

7

42 3

43

44

45

47

46

48

49 6

50

51

52

La parola chiave è: 1

1

2

2

C

3

4

3

5

6

R

I

S

T

I

D

I

O

O

10

O 12

R

A

R 15

R 18

E

A N

N

O

T

A

R

E

N

22

E D

34

E

38

L

O

48

L

51

F

53

O

G

A

L

R

I

C

O

M A

V R

R

39

E

S

41

M

45

D

R

N

E

E

S

A

T

N

O

A 36

A

O

S

8

Soluzioni n. 27

O S S

A

T

I

G

I

A

La soluzione del Concorso apparso il 5 luglio è:

R

SALSICCIA

17

L I

E

I

D

C H

S

T

A

U

I 54

O

S

T

42 46

49

S 31

A

I

7

T U

29

E 35

L

6

9

O

26

A

28

G 44

S

23

T

5

14

25

27 30

M G

24

T

16

8

4

20

21

N

M

19

I

13

A

7

F 11

I E

R

37

E

40

O G A

50

I

I 32

47

E

33

S

C A

43

E

L

N

D

D

E

A

L

E

A

R

A

N

52

M

O

E

Orizzontali 1. Proseguita, prolungata • 9. Colossali • 10. Traguardo • 11. C’è chi lavora con essi! • 14. Ripidi • 15. Vale a dire • 16. Poppante • 18. Zambia e Svezia • 19. I frammenti vulcanici • 21. Azzardare • 23. Un Profeta • 25. Novantanove romani • 26. Epoca • 28. Il Sodio del chimico • 29. Numero pari • 31. Furiosa • 33. Un arbusto spinoso • 35. Son funeste quelle di Achille • 37. Né questi, né quelli • 38. Piace al pigro • 39. Dittongo in guanto • 40. I beni personali • 42. Sarcasmo • 43. Il giorno trascorso • 45. Un grande... piccolo uomo • 47. Dispari in crosta • 48. Si contrappone al maggiore • 50. Lo spinto del sarto • 51. Un grosso serpente • 52. Cuor di cane.

Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Doriana Celio via Pioda 87 6710 Biasca Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Questa settimana ci sono in palio 100.– franchi in contanti!

Svaghi 47


Avviso

Perfettamente equipaggiati

con NATEL® infinity.

© 2013 KEYSTONE

A che ora parte il treno? Come si chiama questa montagna? E che tempo fa domani? A meno di non disporre di un pratico smartphone polivalente. Ma di tutti questi vantaggi beneficia chi può usarlo a volontà, sapendo inoltre esattamente quanto spende: grazie agli abbonamenti NATEL® infinity di Swisscom. Sulla cima si gode la vista più bella. Ma come si chiama la montagna in faccia a noi? Per chi possiede uno smartphone dotato di piccoli programmini chiamati app, rispondere alla domanda è un gioco da ragazzi. Ma gli smartphone – cellulari che consentono la navigazione mobile in internet – sono polivalenti e si rivelano utili non solo quando si è in montagna. Grazie al collegamento dati mobile a internet, nella vita quotidiana gli smartphone fungono da utili opere di consultazione, centrali di messaggi o punti di incontro virtuali con amici e familiari.

Tirare il freno a mano? Non è indispensabile. Una parte degli utenti smartphone rinuncia oggi volutamente agli innumerevoli vantaggi di internet mobile, poiché ha a disposizione un volume di dati limitato oppure perché teme elevati costi aggiuntivi. Pertanto alcuni clienti smartphone si trattengono e lo utilizzano per così dire con il freno a mano tirato. Grazie a Swisscom non è necessario. Perché Swisscom ha lanciato gli abbonamenti NATEL® infinity: per una comunicazione mobile spensierata, abbinata a un perfetto controllo dei costi. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2sjQxNQQAmO5etA8AAAA=</wm>

<wm>10CFWMqw5CMRAFv2ibc_bVlkpy3Q2C4NcQNP-voDjEuJk5zxUNP67H7XHcF0F3MZ0eXDGjaU_kGpZNFbCFDlfQLjR3ZhB_jXytDqC2I-gCL1LcxKMyBsaMou1L7QPY3s_XB4Web5uIAAAA</wm>

Il cellulare adatto. Samsung Galaxy S4 mini 8 GB bianco

da 1.–*

con gli abbonamenti NATEL® infinity. Come il Samsung Galaxy S4 – semplicemente più maneggevole e compatto. > Comandi senza contatto tramite voce, gesti e sguardi > Dual Shot: foto e video in contemporanea con fotocamera anteriore e posteriore

Vincitore del test sulla rete 3G (UMTS/HSPA) * Vale per l’acquisto dell’apparecchio e contemporanea stipulazione di un nuovo abbonamento Swisscom NATEL® infinity L (CHF 129.–/mese). Durata minima di contratto di 24 mesi. Prezzo dell’apparecchio senza abbonamento CHF 609.–. Scheda SIM CHF 40.– escl. Le offerte senza limiti sono valevoli in tutta la Svizzera. Altre informazioni e condizioni d’utilizzo su www.swisscom.ch/infinity

Di tutto, a volontà – con NATEL® infinity. Gli abbonamenti NATEL® infinity di Swisscom possono essere confrontati con un buffet a volontà: chi opta per uno di questi abbonamenti, utilizza il proprio smartphone a piacimento e conosce sin dall’ inizio l’importo della fattura mensile.

NATEL® infinity Di tutto, a volontà

Telefonia su tutte le reti svizzere SMS/MMS su tutte le reti svizzere e verso l’estero Navigare in internet mobile in Svizzera L’unica domanda che occorre porsi per la scelta di un simile abbonamento: quali applicazioni internet vengono utilizzate? Per questo Swisscom differenzia gli abbonamenti NATEL® infinity secondo la velocità e li propone nelle varianti da XS a XL (da 59.–/mese). Fatevi consigliare personalmente negli Swisscom Shop o visitate il sito internet www.swisscom.ch/infinity.

App utili in viaggio. La app LANDI per la meteo vi offre dati meteo affidabili. PeakFinder vi indica il nome di tutte le cime: in tal modo trovate subito quella giusta. Il modo più semplice di condividere foto di escursioni con amici e familiari. Con Pictu è possibile.


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.