Ticino7

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№ 38 del 20 settembre 2013 · con Teleradio dal 22 al 28 sett.

Parla con me!

molti considerano le piante poco più che degli utili oggetti darredo urbano. In realtà la loro sensibilità è sorprendente C  T · RT · T Z ·  .–


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... i nostri imballaggi sono composti per il 92 % da materie prime rinnovabili. Con circa 290’000 ospiti al giorno, anche noi ci sentiamo ospiti ogni giorno. Ospiti su questo pianeta. Per questo ci preoccupiamo dell’ambiente. Un esempio: i nostri imballaggi, che garantiscono la massima sicurezza alimentare e allo stesso tempo sono costituiti per il 92% di carta e cartone. Per saperne di più: www.mcdonalds.ch/ambiente

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Ticinosette n. 38 del 20 settembre 2013

Arti Teatro. Accade in lavanderia Kronos AAA Scrittori cercasi

Impressum

Mariella dal Farra .......................

4

deMis Quadri .....................................................

6

Marco Jeitziner .........................................................

7

Agorà Economia. Dal baratto alle nuove valute

di

di

Media Cinema e telefilm. Il segreto delle serie

12

Vitae Daniele Tattarletti

Editore

Reportage Barbengo. Casa Sciaredo

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

8

Gaia GriMani .................................................................

Chiusura redazionale

di

Mariella dal Farra .........................

10

Società Uomini e natura. I sensi delle piante

Venerdì 13 settembre

di

alba Minadeo ................................

Tiratura controllata 68’049 copie

di

di

Giancarlo Fornasier; Foto di Peter Keller .....

37

Keri Gonzato .....................................

44

Svaghi ....................................................................................................................

46

di

Tendenze Co-working. Insieme è meglio

di

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Il parco della Venaria Reale presso Torino Fotografia ©Reza Khatir

La nuova frontiera In un editoriale pubblicato sul Corriere del Ticino di mercoledì 11 settembre, Fabio Pontiggia tracciava una lucida analisi del fenomeno del frontalierato, la cui costante crescita ha quasi raggiunto la cifra record di sessantamila unità, un valore corrispondente a circa un terzo dei posti di lavoro attualmente presenti nel cantone. Una situazione che, dato l’aumento del tasso di disoccupazione interna e i suoi effetti sull’intero corpo sociale, rischia di dar fuoco a tensioni peraltro presenti da tempo e ben sfruttate a fini elettorali da alcune componenti del panorama politico. Le proposte avanzate da Pontiggia venivano sintetizzate in tre punti: 1) rafforzamento della formazione; 2) maggiore responsabilità sociale da parte delle imprese; 3) incremento degli incentivi cantonali per l’assunzione di personale ticinese. Riguardo al primo punto, su Ticinosette abbiamo più e più volte ribadito con articoli e interventi che un sistema scolastico in parte carente sotto il profilo della formazione (e dell’orientamento) non può che favorire l’acquisizione di professionalità più mirate e specifiche dall’estero (i bacini di Como e Varese, fortemente colpiti dalla crisi economica hanno visto nel Ticino uno sbocco essenziale e non è un caso che un paio d’anni fa la Camera di commercio di Como abbia espresso un pubblico ringraziamento al cantone). Ma il grosso del problema va individuato altrove. Se è vero che, come afferma Pontiggia, i bilaterali hanno favorito l’ingresso di

personale dall’estero è altrettanto vero che, sul piano della crescita economica, il Ticino ha goduto di notevoli vantaggi dagli accordi del 2002, vantaggi che sono però ricaduti solo in parte sulla popolazione ticinese. Del resto il cantone è divenuto in questi anni un territorio interessante per lo sviluppo delle imprese già esistenti e l’insediamento di nuove attività, stimolate da una burocrazia alleggerita, da una fiscalità “umana”, da una posizione strategicamente ottimale lungo l’asse nord-sud ma soprattutto dalla disponibilità di manodopera (italiana e non) impiegabile a costi inferiori rispetto agli standard svizzeri. Tutto sommato, una vera manna per chi ci sa fare e infatti, secondo il Dipartimento dell’economia e delle finanze, dal 1997 al 2012, grazie al programma “Copernico” si sono insediate in Ticino 241 aziende, di cui 113 di nazionalità italiana. Ma “Copernico”, con i suoi finanziamenti agevolati, rappresenta solo una delle possibilità d’ingresso, poiché numerose altre aziende hanno optato per studi legali o società di consulenza a loro volta nate per fornire questo tipo di servizi. La palla ora è nelle mani dei politici, che però appaiono titubanti e poco inclini a individuare soluzioni efficaci in grado di ristabilire un maggiore equilibrio sul piano occupazionale, forse perché preoccupati di andare ad alterare un percorso di crescita positiva ma senza dubbio disomogenea sotto il profilo della ricaduta sociale. Buona lettura, Fabio Martini


Dal baratto alle nuove valute Economia. Il principio è antico e, al contempo estremamente moderno. Parliamo del “baratto 2.0”, altrimenti detto “baratto asincrono”: una modalità di scambio di merci e servizi che, da alcuni anni a questa parte, si sta diffondendo. Complice, una crisi che è anche occasione per individuare nuove forme di interazione economica di Mariella Dal Farra

L’

Agorà 4

idea del “baratto 2.0”, com’è stato denominato da Wired1, nasce dalla constatazione dell’eccesso di oggetti che, in misura variabile, tende a caratterizzare i nostri ambienti domestici: abbigliamento, accessori, elettrodomestici, complementi d’arredo, PC, dispositivi di comunicazione… Se fino a qualche anno fa le eccedenze venivano serenamente gettate in discarica o tuttalpiù regalate ad amici e parenti, l’incidere della crisi economica ha portato a capitalizzarne il valore. Ed è così che allo shopping, drasticamente ridimensionato dalla congiuntura che stiamo attraversando, subentra lo swapping: “Do ut des, ti do affinché tu mi dia. Sempre più numerosi sono i negozi, così come i siti, che negli ultimi anni propongono lo scambio di beni come nuova forma commerciale. […] Barattare sta diventando di moda anche perché favorisce un riciclo eco-sostenibile dei capi senza spendere denaro”2. Compaiono quindi siti che implementano lo scambio di merci in rete attraverso un sistema di crediti analogo a quello della “banca del tempo”: la cessione gratuita di un oggetto o servizio viene convertita in una sorta di moneta virtuale (“credito”) che l’associato potrà “spendere” per acquisire un bene messo a disposizione da qualcun altro. Di qui la qualifica di baratto “asincrono”, che prescinde cioè dalla contingenza del momento poiché il credito accumulato consente di dilazionare lo scambio nel tempo. Fra i referenti più conosciuti, tutti promotori del consumo critico e responsabile, ci sono ZeroRelativo (che dall’inizio di quest’anno ha istituito una quota d’iscrizione annua in valuta… corrente), Reoose ed e-Barty (un social network).

iscritti”4. Il dichiarato intento di modifica delle normative vigenti in direzione di una legalizzazione del peer-to-peer costituisce un esempio eclatante di come prassi collettive, nate spontaneamente in risposta al mutamento delle circostanze ambientali, generino nel tempo cambiamenti su scala più ampia e programmatica. Coerentemente, in riferimento all’esplosione dello “scambio” in formato digitale, l’aspetto potenzialmente rivoluzionario del fenomeno risiede non tanto nella riedizione di una modalità commerciale che affonda le proprie radici nelle prime transazioni fra esseri umani, quanto nell’istituzione del “credito”: vera e proprio valuta complementare che, all’interno di un particolare circuito, si sostituisce alla moneta ufficiale. Se “denaro” è tutto ciò che consente operazioni di compravendita, allora il “credito”, sviluppato all’interno di una comunità che ne riconosce il valore, è a tutti gli effetti moneta sonante. A titolo esemplificativo, Rick Falckvinge – fondatore e attuale leader del Partito Pirata svedese – cita il caso di Marco Polo che, di ritorno dalla Cina con banconote emesse dal governo centrale di quello stato, non riuscì a convincere i propri concittadini del fatto che si trattasse di denaro: abituati a una valuta il cui valore era dato dalle caratteristiche fisiche della moneta (materiale, peso ecc.), i veneziani del duecento non comprendevano come un pezzo di carta potesse assumere “per convenzione” potere d’acquisto5. L’esempio è riportato in un articolo che tratta del bitcoin, una valuta elettronica nata nel 2009 che sta suscitando grande interesse (non scevro da preoccupazione) negli ambienti economici.

Valuta complementare Un discorso a parte è invece quello avanzato da ScambioEtico, portale specializzato in beni immateriali come film e telefilm, musica, software, libri (audio e digitali), dispense, riviste, giochi ecc. Diversamente dalle migliaia di siti “pirata” che praticano in maniera acritica l’infrazione del copyright, ScambioEtico si propone di compiere un “primo passo verso il dialogo costruttivo fra le controparti”3 permettendo agli iscritti di mettere in condivisione opere d’ingegno a dodici mesi dalla data di prima pubblicazione dell’opera. ScambioEtico si inserisce all’interno di un movimento – TNT Village – attivo a livello politico internazionale; nato formalmente nel 2005, conta al momento “oltre 470.000

Il virus del bitcoin Escogitato da un gruppo di ricercatori che si cela sotto lo pseudonimo di Satoshi Sakamoto, bitcoin è un algoritmo – rigorosamente open-source, quindi visibile a tutti – per implementare un protocollo di comunicazione che consiste nella creazione e circolazione di un numero predefinito di “monete” – i bitcoin, appunto – consentendone l’utilizzo nell’ambito di transazioni commerciali fra chiunque ne riconosca la validità. A differenza dei “crediti” maturati all’interno di un circuito di scambio, i bitcoin vengono acquisiti attraverso un’operazione detta mining (letteralmente, “estrazione”) che consiste nello scaricare un programma di elaborazione


Agorà 5 Immagine tratta da bitcoinmagazine.com

dati e farlo “girare” sul proprio computer, per contribuire al funzionamento del protocollo stesso. In alternativa, i bitcoin possono essere acquistati con denaro “ufficiale” attraverso cambiavalute facilmente reperibili in rete. Senza scendere in dettagli tecnici, per i quali rimandiamo direttamente alle fonti, bitcoin rappresenta “la prima moneta digitale al mondo, distribuita e anonima”6. Il suo potenziale d’impatto risiede nell’orizzontalità che la caratterizza – nasce e cresce all’interno di una rete peerto-peer – istituendo un sistema economico che infrange il monopolio degli stati e delle banche nella, rispettivamente, creazione e gestione della valuta. Questo implica: (a) che il bitcoin non può essere inflazionato (operazione effettuata dai governi stampando denaro aggiuntivo); (b) che le transazioni effettuate suo tramite, passando dall’acquirente al venditore senza il coinvolgimento di una terza parte (PayPal, Mastercard ecc.) che ne certifichi l’identità, sono anonime, irreversibili ed “esentasse”. La libertà che ne deriva è come sempre in chiaroscuro: volete contribuire a WikiLeaks o a qualche altra organizzazione politicamente scomoda? Nessun problema. Vivete sotto un regime oppressivo e volete comprare un libro o un documentario censurati? Ecco come. Non c’è da stupirsi che la Electronic Frontier Foundation definisca bitcoin come “una

moneta digitale a prova di censura”7. Al contempo, bitcoin potrebbe “facilitare operazioni illegali, comprese la vendita di materiale contraffatto, numeri di carte di credito rubate”8, riciclo di denaro e altro. Ad aprile 2013, il valore totale dei bitcoin in circolazione era pari a più di 1,3 bilioni di dollari9, dato che ci riporta alla mente le parole di un film di qualche anno fa: “Un’idea è come un virus: persistente, altamente contagiosa, e il più piccolo seme di un’idea può crescere… può crescere fino a definirti o a distruggerti”.10

note 1 wired.it 2 vogue.it/encyclo/manie/s/swapping 3 tntvillage.scambioetico.org 4 it.wikipedia.org/wiki/Scambio_etico 5 falkvinge.net/2013/04/03/why-bitcoin-is-poised-to-change-societymuch-more-than-the-internet-did/ 6 Jerry Brito, “Online cash Bitcoin could challenge governments, banks”, Time Tech, 16/04/2011. techland.time.com/2011/04/16/ online-cash-bitcoin-could-challenge-governments/ 7 Ibidem 8 Ibidem 9 bitcoin.org/en/about 10 Inception, 2010, regia di Christopher Nolan.


Accade in lavanderia Un’esperienza nota a tutti, quella del bucato, che diventa spunto teatrale per una riflessione sull’esistenza. E per un incontro tra culture svizzere che a volte, a causa degli ostacoli linguistici, faticano a comunicare di Demis Quadri

Arti 6

Cosa hanno da spartire il mondo del teatro e quello delle Losanna e il Ticino. Adesso vorremmo portare qui delle esperienlavatrici? Forse più di quanto si possa pensare a prima ze già consolidate in Svizzera francese. Per esempio, lavoriamo vista, a giudicare da quanto è successo negli ultimi anni da diversi anni con il Bureau pour l’intégration, con l’idea di sulle scene della Svizzera italiana. Si pensi per esempio allo promuovere l’integrazione delle persone migranti attraverso spettacolo 30° 60° 90° del Progetto Brockenhaus (progetto- l’espressione corporea, attraverso quindi attività diverse da quelle brockenhaus.com) o, più recentemente, a Matrimonio del legate all’apprendimento di una lingua. Poi proponiamo stage Collettivo Spettatori (spettatori.net). O ancora si pensi a Per di teatro per bambini, adolescenti e adulti. In Ticino per l’anno il tempo di un bucato, una pièce presentata lo scorso anno prossimo abbiamo previsto due progetti legati alle scuole”. Tornei teatri ticinesi dalla companando allo spettacolo teatrale gnia Autonyme (autonyme.ch) che l’ha vista co-protagonista, e interpretata da Maika Bruni Martine afferma: “Per me quee Martine Eichenberger. sto progetto non è stato solo una “Per me quella del bucato è questione di creazione teatrale e una bella metafora”, afferma di recitazione, ma mi ha permesMartine, formatrice e attrice so anche di avvicinare una parte romanda a suo agio anche con del mio paese che non conoscevo, la lingua italiana “A volte c’è per esempio la Valle di Blenio. bisogno di fare un po’ di bucato Si è trattato di un’esperienza di sé, della propria vita, delle totale”. domande che ci si pone. Inoltre, è un tema del tutto quotidiano, A ogni pièce la sua lingua che può parlare a tutti”. E se il Riguardo agli aspetti linguiteatro è un’arte molto legastici dello spettacolo, Marta alla sfera dei sensi, Maika tine Eichenberger aggiunge: – attrice ticinese diplomata “Adesso stiamo lavorando alla in pedagogia curativa e in traduzione del testo dall’italiano educazione interculturale – al francese, ma già leggendo la aggiunge: “Il bucato è anche Martine Eichenberger e Maika Bruni della compagnia Autonyme prima versione letterale in questa qualcosa di molto sensoriale seconda lingua mi rendo conto perché coinvolge odori, rumori… Ha in sé una componente molto che non posso esprimere certe cose in francese. Non suona bene... poetica. Trovo che la macchina da lavare sia un bell’oggetto, Non si tratterà quindi di fare una semplice traduzione, ma di un che è rimasto abbastanza invariato negli anni pur trovandosi vero e proprio adattamento culturale. Del resto quando abbiamo in un mondo dove tutto si muove molto velocemente e tende a recitato in Valle di Blenio, a Locarno o a Lugano, ho avvertito una certa uniformità”. delle reazioni diverse da parte del pubblico. Non si tratta solo di una questione di singole persone, ma della mentalità che già Solitudine per riflettere solo nelle diverse parti del Ticino cambia un po’. Per questo Per il tempo di un bucato è la storia di una donna, Monica, non vedo l’ora di portare in scena Per il tempo di un bucato che nella solitudine della lavanderia trova l’occasione per in francese. In futuro ci piacerebbe anche provare a presentare riflettere su sé stessa e più in generale sulla vita. Ma è anche lo spettacolo in francese in Ticino e in italiano in Romandia. l’occasione per una feconda collaborazione tra Svizzera Potremmo così creare un ponte con la comunità italofona della italiana e romanda, e una sfida alle barriere linguistiche Svizzera francese, che per esempio in Vallese è piuttosto condi cui arti come il teatro o il cinema spesso soffrono mag- sistente. Così vedremo come può svilupparsi questa esperienza giormente rispetto ad altre realtà. “La compagnia Autonyme sulle lingue e sulle culture”. è nata proprio con l’idea di creare un ponte tra Romandia e Secondo Maika la sfida è anche a livello teatrale: “Da una Ticino”, spiega Maika. “Nella sua attività si muove su due assi, parte per noi attrici c’è stato o ci sarà il fatto di recitare in una uno più propriamente legato alla produzione artistica, l’altro lingua che non è la propria, e dall’altro anche i personaggi della consacrato a un ambito più pedagogico e sociale. Lavoriamo tra pièce cambieranno, perché la lingua ha una sua corporalità”.


AAA Scrittori cercasi “Se si estinguono gli scrittori (...), chi mai scriverà del dolore, della bellezza, della paura della vita e della morte? I bloggers? Gli stessi pirati che scaricano i libri che vogliono leggere ma senza pagare?” (Leonardo Padura) di Marco Jeitziner

Parto

dal recente contributo del collega Marco Alloni (Ticinosette n. 33/2013), incentrato sui meccanismi prevalentemente commerciali che oggi dominano il mondo dell’editoria, per arrivare a un’altra emergenza della produzione culturale: la logica del “tutto gratuito” di internet. Non si può parlare di libri e di editori senza accennare a chi i libri (o qualsiasi opera autorale) li scrive, ossia gli autori e gli scrittori. Non c’è, in questo caso, contenente senza contenuto: non soltanto copertine curate e grafiche accattivanti, poiché senza l’inventore delle storie da stampare, l’artista delle parole da impaginare, cosa resterebbe? “Cultura in saldo” Chi ha figli giovani, o chi i giovani li frequenta, potrà facilmente osservare questo nuovo sviluppo storico dell’umanità. L’abusatissima “rivoluzione digitale” non è altro, in realtà, che un’evoluzione culturale, non essendoci in società vere e proprie rotture. Ogni fenomeno è figlio di una stessa cultura. Lo straordinario progresso tecnologico che internet rappresenta – ma lungi da me ogni determinismo – ne è forse il prodotto più influente e, ahinoi, maledettamente pernicioso. Internet (e con esso il suo amato/odiato supporto, il computer prima e aggeggi sempre più piccoli oggi) non è soltanto un mezzo, come lo era la falce nel campo o il tornio in fabbrica, ma è diventato il fine, lo scopo stesso dell’agire. Non facciamo più una cosa grazie a internet: internet è quella cosa. Le giovani generazioni non ne discutono, l’hanno acquisito: tutto si scarica, si duplica, si copia, si riproduce clandestinamente all’infinito, nell’ombra di leggi nate vecchie, perché è “a gratis” (o quasi). I proprietari artistici e commerciali, in cambio, non ricevono nulla o quasi più nulla per queste riproduzioni abusive. Internet ha potenziato persino le idee dei filosofi tedeschi degli anni cinquanta sulla “industria culturale”: ieri il consumo della cultura come inerzia intellettuale, minimo sforzo, oggi persino la gratuità. C’è chi vi legge svalutazione, peggioramento, impoverimento. Non stupiamoci dunque: la gratuità dei contenuti, sempre e ovunque, non poteva non contribuire alla diffusione dell’idea implicita, e quindi alla modifica della domanda

che oggi, e forse anche domani, è appannaggio prevalentemente delle fasce giovanili. Chi scriverà i libri? “Beneficenza”, “mecenatismo” culturale, o “assistenzialismo” per cinici e pigri approfittatori, una grande “svendita” per avari pirati ignoranti: quello che volete, ma a quale scopo? La “cultura in saldo” è figlia di una generazione precedente che, invece, la cultura l’ha difesa, valorizzata e, talvolta, pagata anche cara. Ma su questo pare nessuno, al momento, abbia voglia di innescare nuovi conflitti tra generazioni. Intanto il libro, fino a poco tempo fa sopravvissuto all’abbuffata digitale, è stato divorato: e-book, Kindle ecc., sono tutte diavolerie alternative perfettamente legali. Riprendo l’anziano scrittore e giornalista cubano, Leonardo Padura, intervenuto di recente nel dibattito1. Alla fiera del libro di Buenos Aires, discute con uno studente universitario e scrive: “(il giovane, ndr.) mi spiegò con veemenza la sua filosofia generazionale, fondata sul fatto che non si può e non si deve avere introiti con la conoscenza o con la fruizione della cultura. Che non era etico. E che pertanto si sentiva nel diritto di prendere quello che aveva bisogno da dove avrebbe voluto (e si riferiva, chiaramente, a internet…)”. Ma questi giovani “rubano” solo da internet o ruberebbero anche un libro in una libreria? Osserva Padura: “questa maniera di pensare e agire della generazione nata o cresciuta con internet, e i suoi concetti sulla diffusione della cultura artistica e del sapere, è pericolosa e drammaticamente estesa. Ma non nella marginalità sociale, piuttosto nel settore che consuma arte e conoscenza, ossia negli intellettuali di oggi e di domani”. Chiede Padura al giovane: e se lo scrittore smette di scrivere perché non guadagna più e deve cambiare lavoro? Al ragazzo parve... una buona cosa! “Ma quando gli ho chiesto chi si occuperebbe allora di scrivere questi libri che oggi si piratano, lui rimase senza risposta”. Un silenzio non di una generazione, ma di tutta una società. note 1 El Paìs, 27.7.2013, p. 19.

Kronos 7


Il segreto delle serie Da alcuni anni a questa parte, la produzione dei telefilm provenienti da oltre oceano ha raggiunto livelli qualitativi tali da renderla spesso più interessante di quella cinematografica di Mariella Dal Farra

Media 8

Jon Hamm (Don Draper) e January Jones (Betty Draper), interpreti principali della serie Mad Men (immagine tratta da hipsterwave.com)

Se il cinema, con particolare riferimento al mainstream,

sembra vivere una fase di esasperazione tecnologica che tende a fare passare in secondo piano le caratteristiche narrative del film, le serie televisive all’opposto ci sorprendono con soggetti inediti (Dexter, 2006; Mad Men, 2007; Breaking bad, 2008), sceneggiature complesse corredate da montaggi innovativi (Lost, 2004; Flash forward, 2009) e performance attoriali che valgono agli interpreti Emmy Awards a ripetizione (James Gandolfini per I Soprano nel 2000, 2001 e 2003; Glenn Close per Damages nel 2008 e 2009) e altri prestigiosi riconoscimenti. Difficile determinare le causali sottostanti questa felice congiuntura, ma l’affermarsi della TV via cavo come prima forma di fruizione dei programmi televisivi negli Stati Uniti sembra giocare un ruolo fondamentale in questa partita. Così, a proposito di HBO, una delle emittenti più note e popolari, Wikipedia riporta: “La migliore qualità di questi spettacoli è riconducibile al fatto che, essendo un servizio a pagamento, HBO non trasmette «normali» pubblicità […], il che le consente di ignorare almeno in parte la pressione atta a livellare gli aspetti più controversi della sua programmazione.”1 In altri termini, poiché le pay-TV come HBO, ABC, Showti-

me ecc. guadagnano sugli abbonamenti, l’emancipazione economica dagli sponsor tradizionali (i commercials) consente un maggiore margine di libertà e quindi, potenzialmente, di “autorialità”. Per contro, le grandi produzioni cinematografiche, vincolate da budget che hanno ormai raggiunto valori stratosferici, risultano di fatto appiattite sul profitto: la tendenza, in questo caso, è di minimizzare i rischi, confezionando prodotti altamente standardizzati i cui soli aspetti “sperimentali” risiedono nella tecnologia (3D, grafica computerizzata, motion capture ecc.). Nessuno escluso Più agili e proporzionalmente più audaci appaiono invece, in questo particolare momento storico, le serie televisive, a partire dai “generi” praticati. Convenzionalmente suddivise in “drammi” e “commedie”, le serie contemporanee attraversano in realtà l’intera “tassonomia” narrativa: dalla black comedy (Six feet under, 2001; Weeds, 2005) al thriller (Dexter), dall’epica storica (I Tudors, 2007; I Borgia, 2011) a quella criminale (I Soprano, 1999; Boardwalk Empire, 2010), dall’investigazione legale (Damages, 2007) a quella psicologica (Lie to me, 2009; In treatment, 2008) e dalla


fantascienza (Flash forwardı, 2009) all’horror (True blood, 2008; American horror story, 2011). Alcune serie hanno avuto un tale successo da venire riprese e adattate in diversi paesi, come nel caso di In treatment, che verte sulle sedute di uno psicoterapeuta con i propri pazienti e con il suo supervisore: il soggetto originale è israeliano (BeTipul, 2005-08), ma è stato successivamente “adottato” negli Stati Uniti (2008), in Serbia (2009), in Romania (2009), nei Paesi Bassi (2010) e di recente anche in Italia (2013). Stessa cosa per Shameless, tipico esempio di comedy-drama che narra le “avventure” domestiche di una famiglia monoparentale altamente disfunzionale (i Gallagher), il cui unico genitore “presente” è un alcolista e dove la figlia maggiore è costretta a prendersi cura dei numerosi fratelli e sorelle. La serie originale, ideata da Paul Abbott su base, sembra, semi-autobiografica, è britannica (2004), ma dal 2011 l’adattamento americano è trasmesso da Showtime con grande riscontro di critica e di pubblico. Tempo di vita Tutti questi titoli, appartenenti a generi così diversi, sono contraddistinti da quella caratteristica precipua del telefilm che è appunto la strutturazione “seriale” del racconto. Tale “serialità” comporta la possibilità di un maggiore approfondimento psicologico dei personaggi (quanto meno di quelli ricorrenti), il cui “tempo di vita” è significativamente più esteso rispetto a quello assegnato a un ruolo cinematografico. La stessa prerogativa si riflette poi sull’articolazione delle trame, più estese e complesse, anche perché la

tendenza è quella di sviluppare un solo tema per stagione, interpolato da linee narrative accessorie che riconducono al plot principale. Il graduale districarsi della trama, puntata dopo puntata, determina quella ritualità nelle abitudini dello spettatore tipica, anch’essa, della visione del telefilm. E anche se adesso non è più necessario attendere la messa in onda, in quel particolare giorno della settimana, del nuovo episodio (è sufficiente comprare e/o scaricare l’intera serie per averla a disposizione tutta in una volta), il senso di “familiarità” indotta permane. Stimolo incondizionato in questo senso sono le sigle: eleganti e stilizzate (Mad Men), sexy (True blood) o semplicemente accattivanti (Damages; The Sopranos), i titoli d’apertura dei telefilm stimolano l’aspettativa, riportando automaticamente lo spettatore al microcosmo di cui sono premessa. E, come tali, richiederebbero una riflessione a se stante…

per saperne di più Oltre a suggerire la visione delle serie televisive, con particolare riferimento a quelle menzionate, si segnalano un paio di interessanti saggi sull’argomento: Arredo di serie. I mondi possibili della serialità televisiva americana, a cura di Aldo Grasso e Massimo Scaglioni (Vita e Pensiero, 2009) e Mondi seriali. Percorsi semiotici nella fiction, a cura di Maria Pia Pozzato e Giorgio Grignaffini (RTITeri Televisive, 2008). note 1 en.wikipedia.org/wiki/HBO

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I sensi delle piante In una cornice di generale sottostima delle piante, la maggior parte degli uomini considera questi organismi viventi alla stregua di affascinanti “oggetti”. Ma c’è anche chi, al contrario, sostiene che esiste una forma d’intelligenza vegetale di Alba Minadeo

Società 10

Esemplari di Acer negundo; immagine tratta da commons.wikimedia.org

A lcune settimane fa, nella fiaba “L’albero libro” (Ticinosette n. 28/2013) scrivevo che l’abete, protagonista della storia, avrebbe dovuto leggere tra le righe del suo tronco per sapere quanti anni aveva. Un mio saggio amico mi ha fatto osservare che gli alberi conoscono benissimo la loro età e sentono molto più di quanto noi crediamo. Questo appunto mi ha dato modo di riflettere: avevo inventato una storia, dunque non era esattamente un errore ma, qualche giorno dopo, su Radio3 (RAI), ho ascoltato un’intervista a Stefano Mancuso, autore, insieme con Alessandra Viola, del libro Verde brillante. Sensibilità e intelligenza del mondo vegetale (Giunti, 2013). Il caso dunque mi riportava alla necessità di andare a fondo di questa faccenda, per le varie implicazioni scientifiche, di natura etica ed ecologica che portava con sé l’argomento. Lo scrittore, direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale presso l’università di Firenze (e già il fatto che sia stata creata una sorta di facoltà sulle prerogative delle piante dice molto), sostiene che esiste una mente vegetale,

cioè le piante sono in grado di essere coscienti, come del resto tutti gli organismi viventi. “Per motivi evoluzionistici, le piante hanno una mente straordinaria: la vita, a un certo punto della storia, si è divisa tra piante e animali e le piante hanno preso la decisione evolutiva di rimanere ferme e utilizzare l’energia del sole come fonte energetica, mentre invece gli animali quella di andare in giro e di predare quelli che avevano mangiato le piante o le piante stesse”. Le forme vegetali sono sottoposte di continuo a predazione ed essendo sessili, ovvero non muovendosi, devono essere in grado di sopravvivere ai cambiamenti. L’unica maniera è quella di capire e di avvertire con molto anticipo che qualcosa sta succedendo, in modo da mettere in atto le modifiche morfologiche e fisiologiche che permettono loro di sopravvivere. Paradossalmente, il fatto di essere ferme le rende molto più sensibili rispetto agli animali e agli uomini, che possono sempre fuggire davanti al pericolo. Il fatto che gli alberi non camminino ha colpito sempre molto l’immaginazione dell’uomo: nel Vangelo secondo


L’insalata soffre? Noi siamo obbligati a nutrirci di esseri viventi: solo le piante non lo fanno in quanto autotrofe. Sono “costruite” in modo che, se anche un animale ne preda il 95%, esse continuano a vivere, anzi i frutti vengono prodotti proprio per essere mangiati. Difendere le piante non vuol dire non cibarsene più, ma significa dotarle di dignità, dar loro dei diritti, per proteggerle, per esempio, dagli scempi vegetali in nome dell’eugenetica del paesaggio, della purezza arborea per la quale se una pianta non è del posto deve essere estirpata. Oppure dalle potature drastiche che influiscono sulla vita della pianta, facendola diventare instabile e pericolosa. La Svizzera è stato il primo paese che, nel 2008, ha sentito il dovere di legiferare in materia. “Le piante hanno una dignità e un valore morale” ha sancito la Commissione federale di etica per l’ingegneria genetica: una vera svolta nel rapporto tra l’uomo e il mondo vegetale. La relazione condanna le violenze gratuite (come, per esempio, la “decapitazione di un fiore di campo senza un valido motivo”) e le “violazioni della dignità” che derivano dalla manipolazione dei geni, sia attraverso le tecniche dell’ingegneria genetica sia mediante incroci mirati che non permettono alle piante di riprodursi, e quindi ne violano il principio di vita.

www.legge-sul-lavoro-si.ch

Parlare alle piante In Verde brillante sono elencati i sensi delle piante: i soliti cinque... e altri quindici. Prendiamo l’udito, continua il professore. “Le piante si sono evolute, come gli animali, in un ambiente sonoro (...) e sarebbe stato quasi impossibile che (...) non avessero evoluto (...) qualsiasi tipo di possibilità di risposta a questi suoni. I suoni sono una grande forma di informazione, tanto più per degli organismi fermi: di sicuro le piante (...) non possono fare a meno di percepire il percepibile”. Ognuno di noi ha fatto l’esperimento di mettere a germinare un seme di fagiolo e di immergerne poi la radichetta in un bicchiere d’acqua. Se vicino si pone una fonte sonora continua, dopo qualche giorno le radici cambiano direzione e si orientano verso il suono. Qualche tempo fa la Royal Society di Londra, per rispondere a chi affermava di parlare con le proprie piante, ha diffuso attraverso alcuni registratori per 24 ore al giorno le voci di persone che leggevano dei libri: le piante hanno avuto una reazione contraria a quella che ci si aspettava ovvero sono cresciute meno, tranne nel caso della bis-bisnipote di Charles Darwin che ha letto un pezzo di un libro del suo avo e, incredibilmente, le piante hanno mostrato segni di crescita.

Chiedere scusa alle piante “Chiedo scusa all’albero abbattuto per le quattro gambe del tavolo” recita il verso di una poesia della mirabile poetessa polacca Wislawa Szymborska. E nel suo libro Le voci del bosco (Mondadori, 2009), Mauro Corona scrive: “Mio nonno parlava con gli alberi, e li rispettava per l’uso che ne faceva. Mi chiedeva di tenere le mani attorno alla corteccia quando la incideva per fare gli innesti. Era convinto, e lo sono anch’io, che in quel momento l’albero provava paura, tremava e veniva assalito dalla febbre. Le mie mani strette a lui servivano a rassicurarlo, proteggerlo, aiutarlo a sopportare il dolore che il taglio gli procurava. (...) Dopo cinquant’anni di lavoro, l’amico boscaiolo Carlo De Furlan, una selva di saggezza anch’egli, chiede umilmente scusa a ogni pianta che deve tagliare”. Così prosegue il famoso alpinista e scultore del legno friulano: “Gli alberi non si spostano, ma possiedono un loro carattere che comunicano in vari modi: con la bellezza, con l’oscillazione delle fronde, con la consistenza delle fibre. E anche con la diversa reazione che hanno nei confronti di chi le tocca. (...) Bisognerà che incominciamo ad ascoltare e studiare il bosco, a leggere le sue pagine”. Come ha fatto Gabriele D’Annunzio ne “La pioggia nel pineto”: “La pioggia cade / (...) con un crepitio che dura / e varia nell’aria secondo le fronde / più rade, men rade.(...) E il pino / ha un suono, e il mirto / altro suono, e il ginepro / altro ancora, stromenti / diversi sotto innumerevoli dita. / E immensi / noi siam nello spirito / silvestre, / d’arborea vita viventi”.

Comitato apartitico SÌ alla legge sul lavoro Laupenstrasse 2, 3008 Berna

Marco (Mc 8, 22-26) quando Gesù guarisce il cieco di Betsaida, questi dice: “Vedo gli uomini come alberi che camminano”. Anche ne Il signore degli anelli o in Trono di sangue di Kurosawa gli alberi si muovono. In effetti, durante varie generazioni, le piante si spostano moltissimo (da una ghianda nasce una quercia) tanto che il 99,8% della biomassa è composto da piante. Solo che il nostro cervello percepisce i movimenti rapidi e non quelli lenti, e a riguardo Stefano Mancuso cita un film di fantascienza in cui gli alieni scendono sulla terra e siccome sono velocissimi pensano che gli esseri umani siano fermi come alberi.

Fabio Regazzi, Consigliere nazionale PPD/TI:

«Meno burocrazia grazie alla revisione parziale della legge sul lavoro!» Il 22 settembre

LEGGE SUL LAVORO


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Vitae 12

ono nato il 30 dicembre 1963 a Sorengo e ho trascorso la mia infanzia a Chiasso nel quartiere di via Soldini, in un momento particolarmente ricco di movimento, occasioni e speranze. Ovunque un prodigare di giovani lavoratori, studenti e apprendisti che si mescolavano nelle piazze, nelle vie, nei bar, insomma un fermento generazionale che dava spazio a ognuno di sperimentare nel gioco, nella musica, nello sport, nella pittura un senso di appartenenza a un “gruppo”, a una famiglia molto allargata. L’impressione era forse, anche se allora non ne comprendevamo il vero significato, che il territorio in cui vivevamo non avesse confini invalicabili, che lo spazio comune fosse illimitato, ovunque percorribile, come fossimo in una vasta prateria sconosciuta. Un luogo a disposizione della nostra immaginazione. Il cortile del palazzo in cui abitavo sin dall’infanzia è stato teatro d’incontri con compagni di gioco di varie età. La strada diventava all’occorrenza pista di ciclismo, pista di ghiaccio, il vicino bosco del Penz un luogo fantastico. Ho conosciuto tanta gente e ritengo difficile dover attribuire a una sola persona l’importanza delle scelte che hanno caratterizzato la mia vita. Professionalmente posso però affermare che Mario Cappelletti ha rappresentato sicuramente la svolta decisiva che mi ha permesso di intraprendere la mia attuale professione di restauratore. È avvenuto che al liceo, all’improvviso, ho sentito la mancanza di chiari obiettivi professionali minare alle fondamenta il senso stesso di ciò che stavo facendo e ho dovuto affrontare, per la prima volta, e in modo improcrastinabile, cosa fare della mia vita. L’immaginazione mi è venuta in soccorso e nella mia confusa testa di studente liceale ho iniziato a visualizzarmi in vari ruoli professionali, cercando di sentire vibrare l’emozione che mi avrebbe fatto provare una determinata attività. Ha vinto il vedermi abbarbicato su di un alto ponteggio intento a restaurare opere d’arte. Ma in quale settore specifico? Il legno indubbiamente, per cui mi sono detto: farò il restauratore di opere lignee. Abbandonato il liceo, ho inizialmente intrapreso un apprendistato quale falegname di mobili: come avrei potuto

restaurarne uno senza conoscere in quale modo era stato costruito? Al termine del tirocinio ho casualmente incontrato Mario Cappelletti. Ero alla ricerca di uno spazio per iniziare a sperimentare più da vicino il restauro e la madre di un caro amico mi disse che lo zio se ne occupava e me lo fece incontrare il pomeriggio stesso. È stato il giorno che ha cambiato la mia vita. Me lo sono trovato davanti, piccolo con gli occhi vispi, un camice bianco da farmacista, le mani appoggiate ai fianchi. Egli mi ha trasmesso la caparbietà, il non avere paura nell’affrontare le sfide e le difficoltà con passione e tenacia: “Sei tu che devi far paura al lavoro e non viceversa!”, soleva aggiungere con simpatica ironia quando mi vedeva in difficoltà. L’aspetto che prediligo di più nella professione di restauratore è la mancanza di monotonia: ogni intervento, ogni oggetto da restaurare è sempre diverso, nuovo. Quando da un vecchio mobile riesco a tirar fuori il bello, nascosto dall’usura del tempo, è come se si svelasse una parte del nostro passato, l’oggetto restaurato manifesta la sua vera identità, sia da un punto di vista costruttivo sia da un punto di vista stilistico ed estetico. Inoltre, nel caso di un mobile, l’usura non necessariamente rappresenta un fattore negativo, ma rivela il suo vissuto e ci fa immaginare innumerevoli vite trascorse accanto a quell’oggetto. Tutto ciò è estremamente emozionante. La professione assorbe la maggior parte del mio tempo. Il resto è dedicato alla famiglia. La giornata, infatti, inizia presto, alle 6.45, e rientro a casa alle 20 da ormai ventotto anni. Fra questi due orari il mio lavoro si divide fra organizzare, preventivare, restaurare e inoltre, lavori di amministrazione, contabilità, sopralluoghi, appuntamenti, studi e ricerche. Indubbiamente, però, ritengo gli affetti l’aspetto più importante della mia esistenza. La vita è vita, solo se diamo spazio ai sentimenti e alle emozioni senza paure, liberi da condizionamenti, in un continuo ascolto di ciò che essa ci offre.

DAnIELE TATTArLETTI

Restauratore, deve la sua scelta professionale a un incontro speciale. Ama tirar fuori il bello da un mobile segnato dal tempo entrando in comunicazione con innumerevoli vite passate

testimonianza raccolta da Gaia Grimani fotografia ©Flavia Leuenberger


SCIAREDO

lA CASA DEl DEl fARE

“Tutti noi architetti, scultori, pittori dobbiamo rivolgerci al mestiere. L’arte non è una professione, non v’è differenza essenziale tra l’artista e l’artigiano. In rari momenti l’ispirazione e la grazia dal cielo, che sfuggono al controllo della volontà, possono far sì che il lavoro possa sbocciare nell’arte, ma la perfezione nel mestiere è essenziale per ogni artista. Essa è una fonte di immaginazione creativa” Walter Gropius Manifesto pogrammatico della Bauhaus, 1919

di Giancarlo Fornasier; fotografie ©Peter Keller


I

lavori di costruzione della casa dell’artista Georgette Klein a Barbengo presero avvio nel luglio del 1932. Nello stesso anno il consiglio comunale nazionalsocialista del comune tedesco di Dessau imponeva la chiusura della Bauhaus, l’Istituto superiore di istruzione artistica fondato a Weimar nel 1919 dall’architetto e designer tedesco Walter Gropius (1883–1969). A guidare gli ultimi anni di vita della scuola era stato Ludwig Mies van der Rohe, che con Gropius, Le Corbusier, Frank Lloyd Wright e Alvar Aalto rappresentano le fondamenta del Movimento Moderno. Una filosofia architettonica dalla quale nacquero il Razionalismo e il Funzionalismo, e la cui influenza e attualità rimangono ancora oggi di estrema attualità, anche se superate nella loro carica più politica e progressista.

in apertura La facciata rivolta a sud di Casa Sciaredo a Barbengo (1932). L’edificio presenta ampie superfici terrazzate, che enfatizzano il rapporto pieno/vuoto delle sua architettura razionale, quasi “primitiva”. Particolare anche la doppia entrata – una conduce all’atelier dell’artistaprogettista, Georgette Klein – e l’impostazione della facciata dal sapore quasi neoclassico (accentuato dal colore ocra)

in queste pagine Sotto, la scala che dal tettoterrazzo scende al primo piano (dove sono presenti le stanze da letto). A destra, l’edificio visto da est con, al primo piano le finestre dell’atelier della Klein, scomparsa nel 1963. In origine le ringhiere erano di colore giallo; nell’intervento di conservazione gli è stato invece preferito il bianco, già presente nelle finestre dei lati sud, est e ovest della casa


Una casa personale Casa Sciaredo è uno dei pochi e primi esempi ticinesi di edifici che riprendono i fondamenti del Moderno e delle esperienze di architetti quali Adolf Loos (case Müller e Winternitz a Praga, 1928–1932). Progettata dalla stessa proprietaria – giunta in Ticino con la famiglia nel 1930 –, la costruzione fu seguita dal marito di Georgette, Luigi Tentori, un elettricista sposato (forse un po’ a sorpresa) pochi mesi prima, il quale aveva a sua volta ricevuto in eredità quel terreno boschivo a pochi metri dalla chiesa di Sant’Ambrogio. Nata a Winterthur e figlia di Rodolfo Klein (ingegnere e membro del consiglio di direzione della Sulzer), Georgette ha già 37 anni quando giunge a Barbengo. Nel 1919 (l’anno del Manifesto programmatico di Walter Gropius) si era

diplomata in germanistica con un dottorato su Ferdinand Freiligrath, poeta tedesco che frequentò anche la Svizzera e che conobbe e collaborò attivamente con Karl Marx tra il 1845 e il 1848. Per la Klein l’arrivo in Ticino rappresenta un netto stacco dalla “mondanità” di Zurigo e delle capitali europee (la madre Louise Châtelain era parigina) e per sua stessa ammissione l’inizio di una nuova esistenza. La casa è un “edificio per abitare e lavorare”, costruito attorno alle sue esigenze spirituali e artistiche, e che traggono ispirazione dagli elementi naturali che la circondano: alberi, piante da frutta, l’orto e le verdure (che lei stessa cura e di cui si nutre), un paesaggio al tempo quasi incontaminato e una società ancora ampiamente rurale. In questo senso, Casa Sciaredo ben sintetizza la necessità di aprirsi ed entra-



re in sintonia con gli elementi, anche attraverso una luce diretta garantita dalle ampie finestre con profili di metallo dal sapore industriale e, in particolare, dai tetti piatti che diventano enormi terrazzi dove riflettere, creare, suonare, mangiare... e anche dormire all’aperto. La dimensione “personale” non si è però fermata alla progettazione su misura, tanto che gli stessi volumi contenuti di Sciaredo (la base è di 8 x 10 m) e le stanze insolitamente minute mostrano la volontà di vivere in un luogo facilmente “gestibile”, in un contesto in cui l’architettura enfatizza le funzioni strutturali ed è libera da eccessi di ornamenti. Lo stesso atelier (rivolto verso est e con un accesso diretto al giardino) è una sorta di corridoio dominato dalla luce, a cui si contrappongono comodi e ordinati armadi in legno. Un “edificio funzionale” pensato e costruito da un “artistaprogettista” consapevole delle proprie qualità creative ed espressive, e capace di “riappropriarsi” di capacità manualiartigianali, in piena adesione a ciò che teorizzava Gropius. E le molteplici attività di Georgette (lavorazione del legno, tessitura, disegno, senza dimenticare il grande amore per il violino, oltre alla scrittura) non fanno che confermarlo. D’altronde, l’interesse della Klein per la Bauhaus e la Nuova architettura di Le Corbusier sono attestate sia dalla visita di esposizioni in Germania sia dalla vicinanza con architetti confederati che già si dedicavano alla costruzione di edifici moderni, come Hermann Siegrist (Siedlung Leimenegg a Winterthur, 1932). Uno stile architettonico razionale che in Ticino giunse proprio tra gli anni venti e trenta del novecento (Teatro San Materno, 1928; Monte Verità, 1929; e più tardi la notevole casa d’appartamenti di Augusto Guidini jr. alla Salita C. Bossoli a Lugano, 1934). Naturalmente la novità era indigesta a molti, come attestano le note controversie e la mancata costruzione ad Ascona della casa di vacanza Caterina (1928), un progetto del bernese Edouard Keller.

sopra: scorcio dell’atelier di Georgette Klein, un lungo corridoio vetrato la cui uscita conduce al giardino/orto a sinistra: il soggiorno al piano terra dove è presente anche un camino; sulla destra si intravvede la seconda uscita del lato sud



nelle immagini Nella colonna di sinistra, alcuni particolari delle originali porte e finestre di Casa Sciaredo. Il recupero conservativo dell’importante edificio (1997–2000) ha salvaguardato questi elementi, fondamentali per una corretta lettura del manufatto e riproposti nel loro originale colore bianco. Nella colonna di destra, gli arredi della cucina, del bagno al primo piano e del sottoscala al piano terra. Tutte le finestre del lato nord sono in legno e dipinte di giallo, come in origine

bibliografia - AA.VV, La tutela del Moderno nel Cantone Ticino, Dipartimento del territorio - Ufficio dei beni culturali, 2012 - Giulio C. Argan, Walter Gropius e la Bauhaus, Einaudi, 2010 - Walter Gropius, La nuova architettura e il Bauhaus, Abscondita, 2004 - Stefania Hubmann “Una casa per gli artisti”, in Azione n. 21, 21/5/2013 - Simona Martinoli, L’architettura nel Ticino del primo novecento. Tradizione e modernità, Casagrande, 2008

Il recupero di un bene culturale Georgette Klein visse nella sua casa di Barbengo sino alla morte, avvenuta nel 1963. Il marito Luigi Tentori si era spento otto anni prima per una meningite. Già assidua frequentatrice, dopo la metà degli anni cinquanta la sorella più giovane di Georgette, Marcelle (residente a Zurigo), iniziò a trascorrere soggiorni prolungati nella Casa Sciaredo. Diplomata in storia e in seguito anche insegnante di lingue presso il carcere di Regensdorf, con la morte della sorella Marcelle ereditò la casa, che in modo regolare continuò ad abitare negli anni seguenti. Era questo un modo per evitare l’abbandono dell’intera proprietà – che comprendeva anche un grotto e una piccola darsena – e tenere in vita la memoria di Georgette. In questi anni Sciaredo venne conservata in uno stato prevalentemente originario, con solo piccole riparazioni che si rendevano strettamente necessarie. Quando nel 1986 Marcelle Klein si spense, in un testamento le due sorelle avevano già chiarito quello che sarebbe stato il futuro della casa di Barbengo: un luogo dove giovani artisti potevano soggiornare e lavorare. Divenuta proprietà del cantone Zurigo, attorno alla proprietà nacque in seguito una Fondazione (1996) che si affiancava alla già esistente Associazione Sciaredo (1988). Se oggi è ancora possibile apprezzare in tutta la sua straordinaria razionalità questo edificio lo si deve proprio all’interesse maturato da alcuni privati: come l’allora studente di architettura al Politecnico di Zurigo Lukas Meyer, che nel 1984 fece uno studio su Casa Sciaredo, documentandone anche il suo problematico stato di conservazione dopo anni di manutenzione inesistente. Risultava evidente come la casa progettata da Georgette Klein rappresentasse un “pezzo unico” nel panorama architettonico quantomeno cantonale – vi sono edifici che sono

CO 01 Contesto architettura Casa Sciaredo progetto di restauro 1999 Con contributi di Lukas Meyer, Kenneth Frampton, Thomas Rutherfoord, Willie E. Christen e Ira Piattini. Fotografie di Lukas Meyer, Donato di Blasi e Lorenzo Mussi

ringraziamenti Si ringraziano il signor Bernd Zocher della Fondazione Sciaredo (fondazione-sciaredo.ch) per la disponibilità e la cortesia, e i fotografi Res e Regula Eichenberger (Sciaffusa) che da luglio 2013 risiedono nella casa di Georgette Klein

SalvioniEdizioni, 2007

stati meno fortunati; per esempio Casa Ambrosoli realizzata ad Ascona dai fratelli Bernasconi negli anni trenta, e in seguito demolita – e ulteriori pubblicazioni in lingua tedesca confermarono l’estrema importanza storico-culturale della casa di Barbengo (e di quello che la circonda). A questo punto era necessario però intervenire, prima che i danni dell’incuria segnassero definitivamente il manufatto. Fu un lascito (sempre di privati) di 200mila franchi a permettere alla fine degli anni novanta l’inizio dei lavori di recupero (in buona parte conservativo) e di risanamento dell’edificio, diretti dallo stesso Lukas Meyer e da Ira Piattini del noto studio di architettura luganese (meyerpiattini.ch). Un progetto di intervento che, tra l’altro, ha permesso di ritrovare il colore che originariamente era stato scelto da Georgette (un pigmento ocra) steso su un intonaco di granulometria fine, che ancora è naturalmente possibile apprezzare, malgrado la comparsa puntuale di nuovi segni di degrado. Dal 2000 Casa Sciaredo continua a ospitare gruppi di lavoro, fotografi, registi, architetti ecc., donne e uomini che possono approfittare dell’apertura mentale e della lungimiranza delle sorelle Klein. Il ricco archivio cartaceo di Georgette è oggi depositato a tempo indeterminato presso l’Associazione Archivi Riuniti delle Donne Ticino (AARDT). Peter Keller Classe 1950, ha dapprima seguito una formazione nell’ambito della tipografia e della fotografia, in seguito si è diplomato in Ingegneria della stampa e dei media presso l’Università di Stoccarda. Dopo una carriera dirigenziale per diversi quotidiani, da luglio 2012 lavora come fotografo e autore indipendente. Ha collaborato con i fotografi Adriano Heitmann e Reza Khatir. Nel 2010 è stato pubblicato il volume fotografico Barocco (Edizioni Casagrande) e alcuni suoi lavori sono presenti in Dodicisette (EdizioniSalvioni, 2012), il catalogo della mostra “12 x 7” (Casa Cavalier Pellanda, Biasca).


Co-working

InsIeme è meglIo

Tutto avviene nel 2005, quando Brand Neuberg, un programmatore della Silicon Valley, lascia la sua società per buttarsi nell’avventura della libera professione. Stufo della solitudine in cui era confinato come freelance, trova uno spazio di lavoro ampio, ci sistema otto scrivanie rendendo il tutto ancora più gagliardo con una cucina e una stanza per la meditazione e i massaggi. Nasceva il co-working…

Tendenze p. 44 – 45 | di Keri Gonzato

“Non ti chiedo di rinunciare ai tuoi sogni, ma adoperati affinché si intreccino con i miei” L’ha scritto la poetessa Maria Mollica Nardo e devono pensarlo anche coloro che abbandonano i cubicoli solitari dove usavano lavorare – uffici e atelier – per imbarcarsi nell’avventura di uno spazio professionale condiviso. La spinta può venire dalla crisi (condividere significa anche risparmiare) così come da un allegro moto anti-individualistico, perché diciamocela tutta: stare troppo da soli stufa e intristisce. Un fatto è certo, questa scelta comunitaria è una tendenza vivacemente attuale. Sempre di più, l’ambiente lavorativo viene plasmato dalle esigenze dell’uomo contemporaneo. Un uomo che la sociologia definisce come fluido, meno strutturato dagli schemi e dalle “pareti” di comportamento che delimitavano la vita fino a mezzo secolo fa. Di conseguenza, anche nell’ambito professionale, oggi si preferiscono spazi lavorativi flessibili e aperti alle contaminazioni. Da qui torniamo al seme piantato a inizio articolo: la condivisione. Quando la condivisione incontra l’ambito lavorativo sboccia il coworking. Un termine nato nel 2005, quando Brand Neuberg, un program-

matore della Silicon Valley, lascia la sua società per buttarsi nell’avventura della libera professione. Non sopportando la solitudine a cui sono condannati i freelance, affitta uno spazio di lavoro ampio, ci sistema otto scrivanie rendendo il tutto ancora più gagliardo con una cucina e una stanza per la meditazione e i massaggi. Insomma, non si trattava più di un luogo di lavoro duro e puro, era nato un nuovo concetto… Brand Neuberg, con la casa-ufficio aperta all’intreccio dei sogni, aveva dato il via alla filosofia del co-working! Un esempio nostrano Una tendenza che, poco a poco, ha contagiato tutto il mondo. Nelle città svizzere tedesche viene praticato da anni e, recentemente, anche in Italia, è nato coworkingfor. it, un motore di ricerca che aiuta gli utenti a trovare lo spazio lavorativo condiviso perfetto. “La piattaforma è pensata per permettere ai professionisti di interagire fra loro e creare un network di professionalità diverse e sinergiche, che danno vita a nuove opportunità di lavoro”, spiegano gli ideatori del sito. La scelta di questa filosofia viene abbracciata soprattutto dai freelance, che essendo per definizione “liberi” possono scegliere di lavorare come e dove vogliono. È il caso di Niccolò

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Uno studio di co-working a Berlino; immagine tratta da t3n.de

Castelli, Laura Pennisi, Erik Bernasconi, Assunta Ranieri Bernasconi, Carlotta Zarattini, Michela Pini, Amel Soudani e Nicola Bernasconi… accomunati, oltre che da un’affinità elettiva e da un’attività indy, dal bisogno di un ufficio e dalla voglia di condividerlo. Da questo desiderio è germogliato lo Spazio 1929 che ha aperto le porte al pubblico il 19 settembre (facebook.com/Spazio1929). Protagonisti: una di quelle magnifiche vecchie ville nel centro di Lugano e il gruppo di freelance creativi, amanti della sperimentazione, sopra citati. Faccio un giro in questa casa da sogno, in via Ciseri 3, a due passi

da Villa Saroli. Le stanze sono ampie e poi “c’è un grande giardino per stare insieme e organizzare mostre e altri eventi condivisibili”, spiega la truccatrice e creatrice di catering vegano Assunta Ranieri Bernasconi, “da soli non ce lo saremmo mai potuti permettere ma insieme si fanno grandi cose!”. All’ultimo piano, c’è un grande open space mansardato con un mega tavolone che sarà a disposizione di lavoratori in cerca di una scrivania, per un giorno, una settimana o più mesi. Nell’angolo scorgo un sacco da boxe, utile per distendere i nervi tanto quanto meditazione e massaggi. “Lavorando da casa ho troppe

distrazioni e mi manca il confronto con altre persone”, racconta Luciano Marx, un giovane grafico che vi ha preso in affitto una scrivania, “in uno spazio condiviso invece, anche se ognuno lavora per se stesso, le proprie specifiche competenze entrano in maniera naturale in relazione con gli altri inquilini e possono nascere idee, scambi e collaborazioni”. Dopo questo viaggio a ruota libera negli spazi del co-working sorge un pensiero a colori: è bello vedere come l’uomo sia in grado di inventare soluzioni sempre nuove ai problemi che, ciclicamente, bussano alla porta della sua esistenza…

Legge sul lavoro – di cosa si tratta realmente il 22 settembre:

Importante: non si tratta né di orari d‘apertura prolungati (competenza cantonale), né di orari di lavoro più lunghi. Queste affermazioni dei sindacati sono inventate di sana pianta.

Basta con le assurdità burocratiche - SÌ alla legge sul lavoro

N E M I C E SP SÌ

Comitato apartitico SÌ alla legge sul lavoro, Laupenstrasse 2, 3008 Berna www.legge-sul-lavoro-si.ch

• negozi comunque aperti, non dovranno in futuro più mettere sotto chiave una parte dei loro articoli dalla 1.00 alle 5.00 • dell‘abolizione di assurde limitazioni dell‘assortimento. • per quanto riguarda gli orari di lavoro non cambia niente il personale è comunque al lavoro.


La domanda della settimana

Ritenete che la presenza di personale frontaliere nelle aziende ticinesi sia una risorsa per l’economia cantonale?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 26 settembre. I risultati appariranno sul numero 40 di Ticinosette.

Al quesito “Se scoprite che il partner/ coniuge di una persona a voi vicina ha un’altra relazione, glielo direste?” avete risposto:

SI

7%

NO

93%

Svaghi 46

Astri ariete Tra il 24 e il 26 la Luna riparerà i rapporti danneggiati dall’opposizione del Sole con Mercurio. Cautela sia nel parlare che nello scrivere.

toro Tempesta tra ragione e sentimento. Tra il 22 e il 23 scoprirete quanto siete vulnerabili se colpiti nell’orgoglio e nell’innato istinto di possesso.

gemelli Importante opportunità. L’aspetto si presenta positivo per studi, concorsi, colloqui di lavoro ed esami. Energici i nati nella seconda decade.

cancro Luna e pianeti in una importante configurazione. Non potete più rimandare la vostra emancipazione. Liberatevi dai condizionamenti.

leone Possibili gelosie tra il 22 e il 23 settembre. Attenti agli scatti di rabbia. Canalizzate le energie verso un obiettivo preciso.

vergine Fidanzamenti o matrimoni in vista. Luna favorevole dal 22 al 23. Tra il 24 e il 26, potrebbero invece emergere atteggiamenti umorali.

bilancia Tra il 24 e il 26 la Luna favorirà il sorgere di interessi o conoscenze. Momento ideale per iniziare un progetto. Cautela tra il 27 e il 28.

scorpione Scorpioni furiosi, invaghiti e innamorati. Siete attraversati da transiti eccezionali. Incontri karmici. Maggior controllo tra il 22 e il 23.

sagittario Vi sentirete portati ad affrontare nuove avventure. Controllate il vostro umore, tradizionalmente ballerino, tra il 24 e il 26 settembre.

capricorno Sentimenti in crescita e nuova fase evolutiva. Aprite le porte al nuovo e fate la vostra scelta tra le qualità dell’essere e le quantità dell’avere.

acquario Grazie alla Luna del 25 e del 26 settembre potrete realizzare qualcosa di importante. Opportunità per i nati nella terza decade.

pesci Fase d’oro per i nati tra la prima e la seconda decade. Molto fortunati artisti e creativi. Significative le giornate del 22 e del 27 settembre.


Gioca e vinci con Ticinosette

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 40

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 26 settembre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 24 sett. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Rilevanti, considerevoli • 10. Piccolo cervide •11. Il re di Shakespeare • 12. Arte latina • 13. Talvolta • 15. Il dio del mare • 17. Associazione Sportiva • 18. Bordare • 19. Associato, confederato • 21. Francia e Italia • 22. Squadra inglese • 23. Indossa la muta • 24. Dittongo in giada • 25. Molto amati • 28. Carboni ardenti • 29. Articolo maschile • 30. Allegre, giulive • 32. Fan dolere i piedi • 34. Precede Vegas • 35. Gare per cowboys • 36. Lo stato con Teheran • 39. Sosta nell’oasi • 43. In coppia con Gian • 45. Il nome di Sorrenti • 46. La cura l’otorino • 47. Gli indirizzi in rete • 48. Andata in poesia • 49. Pronome personale • 50. I confini di Osogna. Verticali 1. Noto film del 1960 di John Ford con Jeffrey Hunter • 2. Divide il dire e il fare • 3. Rivoltella • 4. Cono centrale • 5. Osso del ginocchio • 6. Cinge il capo degli eroi • 7. Piccolo difetto • 8. Si detrae dal lordo • 9. Prendono facilmente rabbia • 14. Il pulcino dell’anatra • 16. Fremere • 20. Il nome della Massari • 21. Superficiali, puerili • 23. Mezza sala • 26. Preposizione semplice • 27. La capitale dell’Arabia Saudita • 28. Tascapane, sacca • 31. Attraversa Berna • 33. Mortali • 37. Il Sodio del chimico • 38. Fobia • 40. Il niente del croupier • 41. Contenitori per fiori • 42. Venuto al mondo • 44. Nel centro città.

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La soluzione del Concorso apparso il 6 settembre è: RELAZIONE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Martha Guglielmetti 6716 Leontica Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “Pilatus” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta RailAway FFS “Pilatus” da scontare presso una stazione FFS in Svizzera. Ulteriori informazioni su ffs.ch/montagne.

Pilatus. Un’indimenticabile giornata in alta quota. Da Kriens la telecabina panoramica e la funivia vi porteranno al Pilatus Kulm, da cui potrete godere di un panorama mozzafiato sui laghi della Svizzera centrale e sulle Alpi. Assaporate le prelibatezze culinarie dei ristoranti del Pilatus Kulm prima di intraprendere la spettacolare discesa per Alpnachstad a bordo della ferrovia a cremagliera più ripida del mondo.

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Ripiegare A su B.

Solo un annuncio può essere letto in tutta calma. Quando, dove e come si vuole. Questo annuncio fa pubblicità alla pubblicità su giornali e riviste. Ogni anno l’associazione STAMPA SVIZZERA indice un concorso per giovani creativi. Anche questo lavoro ha vinto: è opera di Dominic Beyeler, Maxomedia. www.Questo-può-farlo-solo-un-annuncio.ch

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