Ticino7

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№ 42 del 18 ottobre 2013 · con Teleradio dal 20 al 26 ott.

piaceri condivisi

Lo scambismo di coppia è una pratica sessuale che coinvolge sempre più persone. L’ennesima trasgressione anti-noia?

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Ticinosette n. 42 del 18 ottobre 2013

Impressum Tiratura controllata 68’049 copie

Chiusura redazionale Venerdì 11 ottobre

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione

4 Media Telefonini. L’essere cellulare di Marco Jeitziner ............................................... 6 Letture I buoni modelli di roberto roveda ............................................................... 7 Kronos Pace di carlo baggi ..................................................................................... 8 Visioni Miele di Keri gonzato .................................................................................. 9 Società Federico Tesio. Macchine da corsa di alessandro tabacchi .......................... 10 Arredare Rinnovare. La casa dei colori a cura della redazione ................................ 11 Vitae Alan Marghitola di gabriele scanziani ............................................................ 12 Reportage Einsiedeln. Assalto all’abbazia di robert rüegger; Foto di reza Khatir...... 37 Luoghi Traffico. Vie d’attesa di Marco Jeitziner; Foto di Flavia leuenberger ................. 42 Tendenze Valentina Cortese. L’ultima diva di Marisa gorza................................... 44 Svaghi .................................................................................................................... 46 Agorà Sessualità. Trasgressione sotto controllo

di

Mariella dal Farra ........................

via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Un letto per tutti Illustrazione ©Bruno Machado

Valore svizzero Nel corso dell’intero mese di novembre, la SSR proporrà a livello nazionale un’artico-

lata programmazione dedicata alla storia del nostro paese e all’identità nazionale dal titolo “Gli Svizzeri” (“Die Schweizer”, “Les Suisses”, Ils Svizzers”). Si tratta di un’iniziativa di grande impatto che ci consentirà di riflettere in modo approfondito sul presente e sul futuro della Confederazione proprio a partire dai principi che ne hanno plasmato le vicende politiche, economiche e sociali. Giornalisti della televisione nazionale appartenenti alle quattro aree linguistiche affronteranno quindi, attraverso trasmissioni di vario taglio e formato e da molteplici punti di vista, il “metodo” svizzero, quell’originale approccio che nel corso dei secoli ha contribuito fare della nostra nazione un indiscusso modello di democrazia (si veda a riguardo la recensione di Roberto Roveda al recente libro di François Garçon, a pag. 7). Nucleo centrale del mese tematico della SSR saranno una serie di quattro docufiction dedicate ai “padri della patria” elvetici: Werner Stauffacher, landamano di Svitto e trionfatore contro gli imperiali a Morgarten, Nicolao della Flüe, pacificatore a Obvaldo, Hans Waldmann, condottiero e maestro di corporazione, Guillaume-Henri Dufour, ingegnere e generale ginevrino, Alfred Escher, pioniere nella costruzione del Gottardo e nella fondazione del Credit Suisse e infine,

Stefano Franscini, primo consigliere federale ticinese, ideatore con Escher del Politecnico di Zurigo. Parallelamente, saranno trasmessi una serie di contributi dedicati ai bambini dai tre ai sei anni di età con la serie di film di animazione “Helveticus” in cui gli importanti eventi storici verranno narrati in modo divertente sotto forma di fiaba. Ma non è tutto: il coinvolgimento delle reti radiofoniche di RSI, SRF, RTS e Radio Rumantsch consentirà di allargare il campo anche alla realtà familiare e quotidiana mentre da tutti i portali internet della SSR sarà possibile accedere ad approfondimenti e informazioni complementari – come, per esempio, il video book “Gli Svizzeri” compatibile con iPad e dispositivi Android – ma anche visionare interviste a storici e rispondere a sondaggi e inchieste. Insomma, un programma ambizioso e importante a cui aderisce già da questa settimana anche il nostro settimanale (si veda il reportage a pag. 37 a firma dello storico e docente Roberto Rüegger) con una serie di articoli riconoscibili proprio per la presenza del logo “Gli Svizzeri” e che proseguirà fino al n. 47 di Ticinosette del 22 novembre. Segnaliamo inoltre che nella sezione dedicata ai palinsesti televisivi i programmi legati a questa iniziativa saranno immediatamente riconoscibili per la presenza del logo della croce elvetica. Buona lettura, Fabio Martini


Trasgressione sotto controllo Scambismo. Un tempo prerogativa delle classi agiate e di culture specifiche – come per esempio quella degli inuit –, il fenomeno dello scambio di coppia ha assunto proporzioni più evidenti grazie ai media e all’ampliamento degli orizzonti legati alla sfera sessuale. Una condivisione dello spazio erotico della coppia che la diffusione di internet ha contribuito ad amplificare di Mariella Dal Farra; illustrazione ©Bruno Machado

“È Agorà 4

raro che nell’ambito della nostra esperienza non si abbia l’impressione, almeno una volta nella vita, di essere in qualche modo un po’ strani in fatto di sesso. È una sfera rispetto alla quale molti di noi nutrono, nel proprio intimo, la sensazione di essere diversi dagli altri. Nonostante costituisca una delle attività umane più private, la condotta sessuale è infatti recintata da una serie di parametri sociali fortemente radicati, parametri che sanciscono come le persone normali debbano sentire e agire in proposito. La verità, tuttavia, è che pochi fra noi possono definirsi anche solo remotamente normali sul piano sessuale. Siamo quasi tutti tormentati da sensi di colpa e nevrosi, fobie e desideri dirompenti, indifferenza e disgusto. Siamo universalmente devianti – ma solo in rapporto a un qualche deviato ideale di normalità”. L’incipit, tratto dall’ultimo libro di Alain De Botton1, pare una premessa opportuna per parlare di un fenomeno sempre esistito ma che, al pari di altri, è stato reso più visibile e “a portata di mano” dall’infittirsi della comunicazione via web. Parliamo dello scambio di coppia, o “scambismo”, espressione che indica “una classe piuttosto ampia di comportamenti sessuali” il cui “denominatore comune può essere considerato un’attenuazione più o meno forte della monogamia della coppia”2 . Questa pratica prevede infatti una condivisione dello spazio erotico della coppia, che può realizzarsi attraverso lo sguardo, il gesto o l’ascolto in situazioni strutturate (club, convention ecc.) oppure più “informali”. Fra queste ultime, una tendenza che sembrerebbe essere in crescita (difficile fornire dati certi sulla frequenza di un comportamento ritenuto trasgressivo, e quindi poco “comunicato”) è quella rappresentata dal cosiddetto carsex o car-parking-sex: in questo caso, le coppie si ritrovano in luoghi convenuti – esistono mappe dettagliate nei siti dedicati – e, dopo alcuni cenni di riconoscimento, uno dei due partner scambia il proprio posto con il corrispettivo nell’altra automobile.

Il fattore “gelosia” Le declinazioni dello scambismo, talvolta definito swinging o anche lifestyle, sono a loro volta molteplici: possono prevedere combinazioni di due o più coppie, di una

coppia con un individuo (maschio o femmina), di coppie a orientamento fisso o variabile (etero/omo), con accento sugli aspetti voyeuristico-esibizionistici della dinamica (esiste addirittura un termine, cuckold, per indicare la persona che trae piacere dal guardare il/la proprio/a partner avere intercorsi sessuali con altri/e), con intendimento più consapevole (gli swingers “utopisti”) o, al contrario, più “ricreativo”3. Per quanto riguarda la tipologia delle persone che traggono diletto dal mescolarsi fra coppie, la maggior parte della letteratura è concorde nell’affermare che gli “scambisti” differiscono dai “monogamici” solo nell’ambito del comportamento sessuale, essendo invece tendenzialmente trasversali su altri piani quali l’orientamento politico, l’estrazione socio-economica e la scolarità, anche se alcuni sostengono che tale pratica sia – o sia stata in passato – speciale appannaggio delle classi privilegiate. Se lo “scambismo” esiste in natura (vedi, per esempio, i primati bonobi, che non a caso sono stati eletti a mascotte del “movimento”) ed è verosimilmente stato spesso praticato nel contesto di alcuni periodi storici e/o culture (per esempio, presso gli inuit, popolazione indigena delle coste artiche dell’America), sono gli aspetti motivazionali di questa condotta che affascinano maggiormente, soprattutto in riferimento alla prerogativa di esclusività che, nella nostra società, tende a caratterizzare il rapporto amoroso. “La gelosia all’interno della coppia è una potente emozione associata all’effettiva o paventata minaccia di perdita della relazione a causa di un/una rivale, e alla relativa deflessione di auto-stima che ne deriva”4. Sorprende quindi scoprire che le tre principali ragioni addotte dalle persone che praticano questa attività sono: (a) la varietà di partner ed esperienze sessuali; (b) il piacere e l’eccitazione derivanti dal mettere in atto un comportamento trasgressivo; (c) l’eccitazione derivante dal guardare il/la propria partner fare sesso con qualcun altro5. Ora, poiché nella maggior parte delle società la gelosia è considerata una risposta accettabile e attesa a fronte di un’attività sessuale extra-diadica del partner, la domanda è: come fanno le coppie di scambisti a controllare questo sentimento?


Fissare i limiti Un interessante studio britannico del 20076 ha analizzato la modulazione del sentimento di gelosia in quattro coppie eterosessuali che praticano lo scambismo, rilevando come “tutte e quattro le coppie enfatizzino il bisogno di stabilire dei confini che consentono loro di godere di quest’attività senza ripercussioni negative sul piano emotivo. Queste coppie tracciano una netta demarcazione fra onestà/fedeltà e inganno/infedeltà, e considerano la fedeltà sentimentale, la sincerità e la lealtà più importanti dell’esclusività sessuale”7. Coerentemente, tutti i soggetti presi in esame sottolineano la centralità della comunicazione nella dinamica di coppia, lasciando intendere come l’inclusione di partner esterni non venga vissuta come tradimento fin tanto che è condivisa (indifferentemente attraverso l’atto o il racconto dello stesso). Così, in maniera forse solo apparentemente paradossale, una coppia afferma: “Amy: […] Se un giorno tornassi a casa e mi sorprendessi a letto con qualcuno che non è uno swinger, tu...; Adam: Lo ucciderei! […] Ma quando ne fantastichiamo insieme, allora è eccitante”8. In altri termini, l’intimità emotiva sembra sostituirsi, sul piano psicologico, a quella fisica; ed è la prima a causare gelosia, non la seconda.

In particolare, per le donne, l’importanza dell’identità di coppia è strategica nella gestione dei sentimenti di rivalità: “Lo stabilire regole e confini consente un grado di libertà maggiore. Come in ogni avventura o gioco creativo, le regole forniscono il supporto necessario al perseguimento del divertimento all’interno di esse”9. Presso gli uomini, questa stessa emozione sembra essere parzialmente disinnescata dalla constatazione che “la gelosia e la fantasia possono combinarsi per aumentare l’eccitazione sessuale”, tanto che “alcune intervistate hanno ammesso di giocare sull’associazione gelosia-eccitazione […] per stuzzicare i propri compagni”10. Entrambe queste modalità – l’orchestrazione delle regole e la trasformazione della gelosia in un’emozione sessualmente eccitante attraverso la sua condivisione – costituiscono strategie comunicative che possono rivelarsi utili anche presso le coppie “ortodosse”. “Ricerche nell’ambito delle coppie sposate indicano come la comunicazione sia predittiva della soddisfazione sessuale, e tanto la comunicazione quanto il soddisfacimento erotico determinano il grado di soddisfazione coniugale (Litzinger & Gordon, 2005). In questo studio [...], la soddisfazione relazionale si configura come un prodotto di soddisfacimento erotico e comunicazione interpersonale. È quindi probabile che alcune strategie di negoziazione usate dalle coppie scambiste possano essere proficuamente adattate e mutuate dalle coppie non scambiste”11. L’importante, a quanto pare, è poterne parlare…

note 1 Alain De Botton, Come pensare (di più) il sesso (How to Think More About Sex, 2012), Guanda, 2012 (traduzione libera). 2 http://it.wikipedia.org/wiki/Scambismo 3 Symonds (1971), cit. in “Swinging: in retrospect” di Betty Fang, The Journal of Sex Research, vol. 12. n. 3, pp. 220–237, agosto 1976, pag. 228. 4 Richard de Visser e Dee McDonald, “Swings and roundabouts: Management of jealousy in heterosexual “swinging” couples”, British Journal of Social Psychology (2007), n. 46, pag. 460. 5 Jenks, 1998, cit. in Ibidem 6 R. d. Visser, D. McDonald, art. cit. 7 Art. cit., pag. 467. 8 Ibidem 9 Art. cit., pag. 471. 10 Ibidem 11 Art. cit., pag. 472.

Agorà 5


L’essere cellulare

Dai fanatici dell’ultimo modello iPhone ai momenti della vita che si perdono perché filtrati sempre dal telefono cosiddetto “intelligente”. Possiamo veramente dire lo stesso di noi? di Marco Jeitziner

Svizzero, 25 anni, ha vissuto due giorni davanti al negozio Apple della Bahnhofstrasse in attesa di acquistare il nuovo iPhone. Giapponese, 44 anni, quando è stato messo in vendita il nuovo modello ha dichiarato che senza Apple la sua vita non ha senso. Australiano, 15 anni, ha bivaccato per 80 ore a Sydney per lo stesso motivo, affermando che tutto questo è fantastico e che è stata una delle sensazioni più belle che abbia mai provato. Sono casi veri, capitati gli anni scorsi, come ne sono sicuramente accaduti lo scorso settembre, con l’uscita mondiale del nuovo iPhone 5S (o 5C, poco importa). Mi chiedo: questa gente è pazza? Oppure c’è dell’altro?

Media 6

Rituali di solitudine L’ha detto di recente1 lo scrittore Roberto Ferrucci: quelli sono matti da legare. Concordo. L’efficacia del marketing Apple è palese, ma non voglio sapere cosa se ne faccia la casalinga di Voghera di uno scanner ottico delle impronte digitali. Piuttosto, cosa spinge migliaia di persone nel mondo, di ogni età e strato sociale, a bivaccare la notte davanti al negozio, con seggiole e bibite energetiche, per essere tra i primi ad acquistarlo? Follia (consumistica), ma non solo: propendo per la solitudine e la noia. Sembrerebbe, questo del nuovo iPhone, un rituale collettivo e condiviso per lo stesso oggetto del desiderio, e quindi inclusivo. In realtà mi pare l’espressione di una dipendenza, sapientemente orchestrata dal produttore. Il telefonino non è più soltanto un telefono come lo inventò Meucci il quale, poveraccio lui, morì in povertà, mica miliardario come Steve Jobs. Sono altri tempi, tempi di grande solitudine, di noia e di rassegnazione: il cellulare ci illude di sentirci meno soli di quanto lo siamo già. Un trucchetto psicologico: geniali e cinici inventori hanno sfruttato, arricchendosi a dismisura, il crescente senso di solitudine che dilaga nella società contemporanea. E hanno cambiato, per sempre, il nostro modo di vivere e di comunicare: indietro, credo, non si torna. Soli come non mai, quindi reperibili ovunque, veramente o virtualmente, poco importa, ma raggiungibili, contattabili, rintracciabili, presenti, esistenti, altrimenti detto, vivi! Anche a costo di lavare pubblicamente i panni sporchi nelle reti sociali, purché qualcuno ci ascolti e ci dia retta.

Protesi che distanzia Charlene deGuzman è una giovane autrice californiana. Consiglio la visione, come hanno già fatto 24 milioni di persone, del suo ironico ma intelligente filmato “I Forgot My Phone”2. Tutto si svolge in una giornata in cui lei, senza cellulare, si rende conto della dipendenza da telefonino degli altri. Riassumo i vari momenti. Svegliarsi il mattino, abbracciati al proprio partner, il tepore del sole, ma lui (o lei) sta già consultando il telefonino: relazione con chi? Una gita nei boschi, la bellezza della natura, l’aria buona, ma lui sta litigando al telefono con qualcuno. Tavolata di amiche, si parla, dici la tua, ma nessuna ti ascolta veramente, tutte già assorbite dal telefonino. Spiaggia, mare, la voglia di farsi un bagno, incroci una coppia che si fotografa mentre si sta baciando: chi, tra voi, se lo godrà di più? Una bambina dondola su un’altalena, un’altra invece vi è soltanto seduta sopra, immobile, intenta a consultare il telefonino: chi è la vera bambina? Al parco festeggi con un’amica, le versi da bere ma lei, invece di brindare con te, si fotografa col calice alzato: costa sta condividendo? L’umorista a teatro è molto bravo, fa ridere tutti, salvo il tizio tra il pubblico che lo sta filmando col cellulare. Al bowling con gli amici fai strike ed esulti di gioia verso di loro, ma nessuno partecipa, tutti stanno fissando il loro coso. Concerto dal vivo, il cantante è bravo, emoziona, tranne quelli che lo stanno filmando con la fotocamera: a cosa stanno assistendo? Compleanno di un amico con altri amici, nel buio gli porti la torta con le candeline da spegnere, ti inginocchi davanti a lui, gli fanno la foto, si fanno la foto, ma il festeggiato, invece di soffiare sulla torta, la fotografa e si fotografa. Arriva sera, sei a letto col tuo partner, spegni la luce e lo abbracci, ma una luce resta accesa: è quella del suo telefonino che lui sta consultando. Post scriptum: anch’io posseggo uno “smart phone”.

note 1 Corriere della Sera, 21.9.2013 2 youtube.com/watch?v=OINa46HeWg8


Letture I buoni modelli di Roberto Roveda

La Svizzera è una realtà nazionale e sociale spesso poco compresa all’estero. Si fatica, fuori dai suoi confini ad accettare la bontà del suo sistema politico e la solidità della sue strutture economiche, tanto che la Confederazione contemporanea viene spesso ridotta a un paradiso fiscale per gli evasori o a un rifugio per benestanti in cerca di “tranquillità”. Oppure a un isolotto xenofobo che si gode la sua prosperità mentre il resto dell’Europa arranca tra instabilità di governo e una crisi economica che non pare affatto attenuarsi. Preconcetti e posizioni che il più delle volte sono il prodotto di una conoscenza superficiale e del tutto approssimativa della realtà elvetica e dei suoi, se ci è permesso dirlo, notevoli primati. A questo riguardo, lo storico e polemista franco-svizzero François Garçon propone una lettura diversa, quella di una Svizzera intesa come esempio riuscito e di successo di stabilità politica, e conseguentemente di buona amministrazione e oculata gestione delle proprie risorse. Nei saggi raccolti nel recente Conoscere la Svizzera, infatti, Garçon pone l’attenzione su quello che è il vero e proprio segreto della buona riuscita e dell’ottima tenuta della Confederazione anche nei momenti storici più difficili (e l’attuale è uno di questi): il suo modello di democrazia. Il costante coinvolgimento del popolo svizzero nelle

decisioni politiche e la lunga tradizione di democrazia diretta hanno fatto sì che nelle fasi storiche più complicate la soluzione migliore e capace di mediare tra le diverse fazioni emergesse proprio dal risultato della chiamata alle urne. Certo, il modello svizzero è spesso tacciato di eccessiva prudenza, proprio perché alla costante ricerca di una “via media”, di una posizione di equilibrio troppo facilmente tradotta come mediocrità. Resta il fatto, peraltro indiscutibile, che secoli di questa costante partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica hanno allenato gli svizzeri a monitorare con attenzione il comportamento dei loro governanti e amministratori. Li hanno resi vigili contro ogni forma di deterioramento della democrazia, sia che si tratti di corruzione e malgoverno sia che riguardi i pericoli derivanti da posizioni demagogiche o populiste. Tutti fenomeni che viceversa affliggono le grandi democrazie europee, prima fra tutte quelle delle vicine Francia (il recente sondaggio che attribuisce al Front National di Marine Le Pen una posizione preminente lo conferma) e Italia. Per questo la Svizzera può essere, per François Garçon, a ragione veduta un modello di cui non solo andare assolutamente fieri in patria, ma che meriterebbe di essere studiato con attenzione e, perché no, imitato anche fuori dai nostri confini.

Esposizione speciale

Conoscere la Svizzera. Il segreto del suo successo di François Garçon Armando Dadò editore, 2013

dal 17.10 al7.12.2013

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Pace

Il pensiero biblico pone particolare rilievo sul concetto di pace, obiettivo preminente del genere umano che al contempo lo rinnega nei fatti e nelle azioni di Carlo Baggi

Kronos 8

Nel Libro dei Salmi è riportata un’affermazione singolare: quella guerra appaiono allora non più come la conseguenza “La benignità e la verità si sono incontrate la giustizia e la pace della mancanza di fede, ma come un monito “laico” diretto si sono baciate.”1. L’inesauribile esegesi ebraica del midrash2 a evidenziare che la libertà rappresenta non un punto di racconta, a questo proposito, che quando l’Eterno decise la arrivo definitivo, ma un crogiuolo in cui pace, benignità, creazione del primo uomo, gli angeli si divisero in gruppi: verità, giustizia devono interagire convivendo con istinti Chesed (Amore) affermava che dovesse essere creato, perché avversari. Il dubbio, che gli israeliti nutrirono nei confronti avrebbe compiuto opere di bene; Emet (Verità) sosteneva dell’Eterno, è quindi generalizzato come stato d’animo che che non dovesse essere creato, perché avrebbe mentito; lacera l’involucro protettivo dell’integrità delle aspirazioni Tzedaqà (Giustizia) era favorevole, perché avrebbe fatto e della convinzione dei propri ruoli. Lasciato prosperare opere di rettitudine per il prossimo; Shalom sviluppa debolezza e smarrimento, che im(Pace) non era favorevole perché sarebbe pediscono di affrontare in modo adeguato stato litigioso. le avversità. L’Eterno (Elohim), approfittando dell’animata discussione angelica, creò Adamo. Il germe del conflitto Interrogato sul perché di tale decisione riA questo punto, persa l’obiettività, la sispose, riferendosi alla creazione: “Una torre tuazione non appare più come risultato di piena di ogni bene e senza ospiti che vantaggio un deficit personale, ma come un evento procura ai proprietari dal fatto di averla riemcausato da un nemico esterno. Si apre così pita?”3. A questo punto la diatriba angelica quella fase conclusiva in cui il sospetto terminò nella letizia generale descritta dal si sostituisce al retto pensiero e alla retta passo del salmo citato. A dire il vero, con valutazione dei valori determinando la il senno di poi, non si potrebbe dar torto divisione e, quindi, il conflitto. Tutto queagli angeli restii; tuttavia il midrash, pur sto iter permette di comprendere che per nell’apparente leggerezza del racconto, conservare la pace è necessario riflettere vuole richiamare l’attenzione sulla necespreliminarmente e oggettivamente sulle Correggio, Ritratto di uomo sità di non esaltare separatamente i quattro vere cause che determinano il conflitto e che legge, 1517–23, Pinacoteca angelici aspetti, ma di collegarli sempre tra considerare comunque che il vero antadel Castello Sforzesco, Milano loro. In altre parole: amore, verità, giustizia gonista della pace si trova nella divisione, e pace non possono sussistere le une senza le altre; infatti, di cui la guerra è solo una conseguenza. Ai nostri giorni la verità e la pace sono solo pericolose illusioni, se l’uomo si parla molto di pace e ciò non è un buon segno, perché non è protetto dalla benignità e dalla giustizia. le guerre sono sovente precedute da entusiastici proclami di pace. Sarebbe più tranquillizzante sentir parlare di Un dubbio fatale giustizia, di benignità e di verità e, soprattutto, consideIl pensiero biblico presta particolare attenzione al con- rare che la pace interna presuppone la volontà di saper cetto di pace, massima aspirazione del genere umano e preventivamente edificare quella esterna. È proprio su nello stesso tempo massima vittima dello stesso, proprio questo punto che l’azione umana può manifestare la sua in relazione stretta con gli altri valori. In particolare, la vera grandezza e, come affermato da Henri Bergson,6 la riflessione ha origine dal racconto della prima guerra che fiducia in quest’azione può far scaturire una potenza che Israele, appena uscito dall’Egitto, fu costretto ad affrontare solleva le montagne. contro gli Amalekiti4. Si trattò di un attacco di sorpresa, particolarmente odioso note perché sferrato sulla retroguardia israelita composta dai più 1 Salmo 85:11 deboli e indifesi.5 La guerra è descritta come la conseguen- 2 Da darash, cercare, domandare, spiegare. Metodo rabbinico di za spirituale di uno stato di sfiducia che Israele, provato interpretare il Tenàkh (Bibbia ebraica). 3 G. Stemberger, Il Midrash, pagg. 124,125, EDB, 1992. dall’arsura del deserto e dalla mancanza d’acqua, aveva 4 Esodo 17:7-16. Tribù di nomadi del Sud di Canaan, che prese manifestato verso l’Eterno. Il racconto biblico, pur traendo il nome da Amalek, nipote di Esaù (Genesi 36:12). linfa da un aspetto religioso, trasmette un’indagine più 5 Deuteronomio 25:17-19 vasta nel momento in cui crea un parallelismo tra la libe- 6 Filosofo (1859–1941), Le due fonti della morale e della religione, pag. 164, Laterza, 1995. razione dalla schiavitù e la fragilità della pace. Le cause di


Gusto equilibrato

Visioni di Keri Gonzato

Miele di Valeria Golino Italia, 2013

Presentato a Cannes e appena passato al Festival del Film di Zurigo, Miele è il primo lungometraggio diretto da Valeria Golino. Ruvido, forte, è un film che parla di una tematica attuale, il suicidio assistito, che in Italia è proibito dalle leggi. Un salto nel buio della morte che compie chi, perché debilitato da una malattia o da una menomazione, non ce la fa più a vivere. La protagonista è interpretata da Jasmine Trinca. Classe 1981, sensibile e intensa, dopo il debutto a 19 anni con La stanza del figlio di Nanni Moretti ha intrapreso una carriera di notevole interesse. In Miele, con lo sguardo basso e irrequieto, opera in modo illegale l’eutanasia, letteralmente la dolce morte. La sua vita è divisa in due, sezionata da una doppia identità. Da un lato Irene, dall’altro Miele. In mezzo, finestre e vetrate che nel film ricorrono spesso, proprio a rappresentare fisicamente questa scissione. Miele è una comparsa invisibile, ma decisiva, nell’intimità delle persone che la contattano per morire. Irene pretende invece di vivere un’esistenza normale. Nella solitudine del suo segreto si apre tutto un mondo. Un universo intimo e selvaggio popolato da musica forte che si spara nelle orecchie, dalle onde dell’oceano dove nuota anche d’inverno nel tentativo di liberarsi dai demoni, dalle corse in bicicletta contro il vento, dal sesso furtivo con il suo amante e dal calore del sole sulla pelle. L’incontro con un ingegnere, interpretato in modo toccante dal grande Carlo Cecchi, rappresenta però una svolta. Si apre uno squarcio nella solitudine di entrambi. C’è molta poesia in questo film, tanto sentire. Le inquadrature sono ricercate, le immagini profonde, mai scontate. Valeria Golino rifugge dalla recitazione sopra le righe, di cui talvolta il cinema italiano pecca, e dirige il cast sulle linee dell’emozione nuda e cruda, impressa nei volti ripresi da vicino. Dietro si nasconde quella sensibilità tutta femminile di saper cogliere le molteplici sfaccettature di un soggetto delicato: il diritto di scegliere quando morire. Miele non offre risposte scontate ma induce a riflettere. E poi, si fa spazio anche un barlume di possibilità, di leggerezza, come un vortice ascensionale che ti libera.

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Macchine da corsa Federico Tesio è ancora oggi il più famoso allevatore di cavalli nella storia dell’ippica. Architetto e amante dell’arte, il suo nome è legato a purosangue imbattuti. Come il magico Ribot di Alessandro Tabacchi

Società 10

Nel 1898 un ricco trentenne torinese, assai colto e perdutamente appassionato di cavalli, decise di stabilirsi sulle sponde piemontesi del Lago Maggiore, vicino a Dormelletto, per fondare un allevamento di purosangue. Il suo nome era Federico Tesio (1869–1954). Nel corso degli anni il suo sogno divenne una portentosa realtà. Ai terreni di Villa Tesio vennero aggregati quelli di varie cascine dei dintorni, così da poter disporre di un grande complesso di scuderie su un terreno dalla conformazione favorevole. Tesio, figlio del positivismo e seguace di Mendel, era un vero cultore della sperimentazione genetica e, come un maestro d’alchimia, cercò per tutta la vita di creare la migliore razza di purosangue da corsa del mondo: già all’inizio del novecento le sue scuderie erano rinomate in tutta Europa.

niche e fu così che il grande Federico Tesio, morendo nel 1954, non poté vedere i successi della sua creatura più famosa: Ribot cominciò a vincere l’anno dopo la scomparsa del suo mitico allevatore. Dominando tutte le gare cui partecipò, in soli tre anni di attività agonistica divenne per tutti “il cavallo del secolo”. Il marchese Incisa proseguì il sogno di Tesio e altri grandi cavalli dal nome d’artista, come Ruysdael e Hogarth tennero alto il nome della razza Dormello-Olgiata nel mondo.

Dai cavalli al vitigni Tuttavia tutto stava cambiando: dopo gli anni settanta le gloriose scuderie, pur continuando a generare animali prestigiosi, entrarono in un cono d’ombra, decadendo al pari del mondo stesso dell’ippica. Sopraffatti dalla concorrenza estera, forte di capitali inimmaginabili in Ribot: il cavallo del secolo Italia, i marchesi Incisa decisero Laureato in architettura – capace quindi di mantenere le scudedi progettare il proprio mobilio rie di cavalli da competizione Ribot in allenamento a San Siro nel 1956 (ribot.biz) ispirandosi al gusto internazioa Bolgheri – il paese toscano i nale allora in voga –, Tesio era un amante dell’arte e ai cui cipressi furono cantati dal Carducci – e dedicarsi con propri cavalli diede sempre nomi d’artisti o personaggi maggior impegno alla ben più redditizia produzione del della letteratura o della mitologia: i suoi primi capolavori vino Sassicaia, un’altra delle creazioni di Mario Incisa di a quattro zampe, prima della grande guerra, furono Guido Rocchetta: e se un po’ di amarezza resta nel constatare la Reni e Rembrandt, cui seguirono negli anni venti cavalli decadenza di un nome mitico nella storia dell’equitazione, strepitosi come Apelle e Cavalier d’Arpino. Con quest’ul- non si può non avere che parole d’ammirazione per questo timo Federico Tesio raggiunse un livello di perfezione tale nobile d’altri tempi amante del bello e del buono, vero da potersi ormai considerare il più importante allevatore campione di quell’eccellenza, di cui oggi tutti si riempiono di purosangue d’Europa. la bocca, ma di cui ben pochi sono degni. La sua attività attirò l’interesse del marchese Mario Incisa Per chi volesse immergersi nel mondo di Federico Tesio è della Rocchetta (1899–1983), che decise di mettersi in consigliata la lettura del volume da lui scritto nel 1947 a società col mago di Dormelletto: nacque così nei primi fianco di elucubrazioni intrise di genetica e pignolerie da anni trenta l’allevamento Dormello-Olgiata, che da allora allevatore, si scopriranno meravigliosi passi espressione di e per vari decenni sarebbe stato sinonimo di eccellenza un amore vero per i cavalli, e uno spirito descrittivo degno nell’equitazione, con Tesio nella doppia veste di allevatore di un Marcel Proust in salsa piemontese. E poi non pensiate e di proprietario dei suoi amati purosangue. che siano scomparsi gli allevamenti da Dormelletto: sono Gli anni precedenti la seconda guerra mondiale furono ancora numerosi, e attorno a Villa Tesio e alle tenute del dominati da Nearco, vincitore di vari prix europei e uno parco dei Lagoni è possibile ancora godere dello spettacolo degli stalloni più importanti del secolo (da lui derivò una di meravigliosi cavalli allevati in libertà nello splendore progenie importantissima che fra i suoi bis-nipoti annovera delle colline moreniche di antica origine glaciale che coanche il mitico Secretariat, vera gloria nazionale americana, steggiano questo tratto del Lago Maggiore. tanto da essere stato protagonista di vari saggi e film). E poi arrivarono Bellini, Tenerani, Donatello II… e Ribot. note La vita riserva a volte delle sorprese amaramente iro- 1 F. Tesio, Purosangue. Animale da esperimento, Hoepli, 1984.


La casa dei colori

Il modo più semplice per trasformare una stanza? Dipingerla. Con una spesa minima, un po’ di pazienza e un pizzico di manualità anche un locale tetro si trasformerà nello spazio più accogliente a cura della Redazione

Colorare le pareti di casa? Una scelta importante; come

sappiamo i colori influenzano in modo rilevante il nostro umore e gli stati d’animo. Oltretutto, pennelli e rulli alla mano, l’operazione (benché dai costi contenuti) certo richiede un impegno maggiore che spostare dei mobili o rivoluzionare la disposizione degli stessi in una stanza. La scelta del pigmento è dunque fondamentale: il colore può rendere uno spazio apparentemente più grande o piccolo, più profondo o più alto, e creare energie insospettabili. Scegliere con gusto I più intraprendenti dipingono le pareti di questa o quella stanza in modo istintivo, anche se sarebbe molto meglio riflettere con una certa attenzione prima di dare inizio all’opera. La tavolozza infatti dovrebbe essere congeniale non solo ai nostri gusti ma, in particolare, a quello che “sta fuori” dalle quattro pareti. I colori del paesaggio circostante, infatti, si accendono e mutano con il passaggio del sole e i cambiamenti di stagione, da quelli freschi e vivi della primavera ai più dorati del primo autunno, a quelli spenti dell’inverno. Il verde, per esempio, è un pigmento che regala calma e serenità, ricorda i germogli delle piante e dell’erba; il blu riconduce agli spazi infiniti del cielo e del mare (magari in contrasto con venature di bianco, a ricordo dei paesi mediterranei); il giallo naturalmente riscalda e dà sicurezza. Queste scelte possono essere accentuate o smorzate da tende, federe, tovaglie e copriletti di colori diversi e opposti: in questo modo una stanza di colore azzurro – sereno e rappacificante – può diventare calda con l’introduzione di elementi di colore arancio o giallo. Ma oltre a quello che vediamo dalla finestra, è necessario considerare anche ciò che sta “in basso”: un vecchio pavimento di legno o in cotto è certamente più caldo di industriali piastrelle grigie che, essendo neutre, vanno abbinate a colori decisi per creare contrasti personali e stimolanti.

Accentuare la natura dei materiali Dipingere le pareti e i soffitti significa anche mettere in evidenza i materiali e le loro caratteristiche, per esempio, la loro porosità. Un aspetto che incide anche sul modo in cui la luce viene diffusa nella stanza: più sono lisce e lucide le superfici, di maggiore forza e intensità sembrerà il colore; più attenuato quando la granulometria è invece più evidente. Il senso di grandezza di una stanza può essere accentuato anche da un gioco di “contrappunto” dei colori delle pareti e del soffitto; se questo è più scuro il locale sembrerà più basso, al contrario pareti scure e un soffitto chiaro (dai bianchi più puri al color avorio pallido) daranno alla stanza un senso di maggiore altezza. La presenza di elementi strutturali come travi in legno o in metallo sono un ulteriore elemento da considerare... e colorare, magari evitando di creare in edifici moderni anacronistici effetti “châlet” poco originali. Il tempo dei colori Quello mostrato sul coperchio del barattolo di colore che acquistiamo in rari casi sarà il risultato che otterremo sulla parete. Questa è un regola da tenere sempre in considerazione, ed è dunque buona cosa fare delle piccole prove e lasciare asciugare per almeno 24 ore. Come detto, le variazioni di luce nell’arco della giornata (e dell’anno) daranno poi ulteriori sfumature al pigmento, che invecchiando tende perdere parte della sua intensità. Nonostante la scelta dei colori abbia implicazioni più emozionali che razionali, meglio evitare l’improvvisazione. In generale, “l’arte del colore” richiede un attento equilibrio nella scelta della tavolozza; meglio scegliere colori di uguale intensità, in modo che gli uni possano evidenziare gli altri e non soffocarli.

nell’immagine e per saperne di più Patricia Guild, La casa dipinta, Vallardi, 1995

Arredare 11


H

o avuto l’enorme fortuna di nascere e crescere nel periodo d’oro delle sale giochi e di assistere a tantissime sperimentazioni in questo ambito. Ovviamente i pochi cabinati disponibili erano spesso presi d’assalto e gli amici con l’Atari o il Commodore 64 non erano poi così tanti, quindi il mio incontro e amore per i videogiochi si è sviluppato più tardi, con l’arrivo di altre console, come il Sega Master System e il primo Game Boy. Ciò che invece si era palesato abbastanza presto era il lato creativo: fin da piccolo mi destreggiavo infatti fra montagne di disegni e di mattoncini LEGO. Passavo giornate intere con gli amici a costruire città, personaggi e a inventare storie assurde. In sostanza, quella è stata la mia prima vera palestra di game design. Dopo qualche anno di CSIA e una fugace apparizione nel mondo del web design ho scoperto la mia vera passione: la grafica 3D. Mi sono diplomato con gioia in Computer Animation a Lugano e di lì a poco è arrivata anche la prima esperienza lavorativa nel campo dell’animazione, sempre in Ticino. Dopo un breve periodo di rodaggio, la SUPSI e il Dipartimento Tecnologie Innovative mi hanno proposto di lavorare a un progetto interessante e inaspettato: un videogioco! Io un po’ incredulo parlo con il capo progetto e l’ingegnere responsabile, i quali mi spiegano che si tratta di un videogioco a scopo educativo e di prevenzione nato in collaborazione con diversi enti cantonali. Nonostante non conoscessi a pieno il mondo dei videogiochi educativi, mi sono rimboccato le maniche, ho lavorato, ho imparato moltissimo e mi sono anche divertito. È stato così che i videogiochi, inizialmente solo una fortissima passione, sono divenuti anche il mio mestiere. Terminata questa importante esperienza lavorativa, sentivo che quel bagaglio di conoscenze avrebbe potuto espandersi ulteriormente. Avevo una montagna di idee per la testa che volevo concretizzare e notavo che il mercato della telefonia mobile si stava aprendo moltissimo, permettendo anche ai comuni mortali di sviluppare e pubblicare giochi senza troppe complicazioni. Con queste premesse è nato SevenOnly e la sua prima creatura “AeroDrift”, gioco che ha avuto e ha tuttora un forte seguito.

Deciso a proseguire con nuovi progetti, ho quindi dato vita alla neonata SwissGameCompany, con cui intendo seriamente far conoscere la Svizzera nel settore videoludico. Oggi il panorama che riguarda lo sviluppo indipendente di videogiochi è una realtà molto affermata e altrettanto seguita, per questo ho deciso di investirvi risorse ed energie. Nella mia, seppur breve, carriera, il momento più bello è stato il giorno della pubblicazione del primo gioco. Vedere tutto quel lavoro, segregato e chiuso per mesi in un ufficio, finalmente pronto per essere mostrato al pubblico è stata un’enorme soddisfazione. Ne sono poi seguiti moltissime altre, una su tutte l’esperienza alla GDC di San Francisco come espositore. Si tratta della fiera degli sviluppatori di videogiochi, uno degli eventi più importanti al mondo in quest’ambito. È stato fantastico avere a che fare direttamente con la propria utenza, che fortunatamente si è dimostrata entusiasta anche di persona. Non solo, ho avuto modo di conoscere molti professionisti attivi in questo settore, persone di cui leggevo spesso sulla stampa specializzata e su internet. Finalmente erano tutti, o quasi, davanti a me! Il mio è un lavoro bellissimo, ma non privo di difficoltà. Senza dubbio un grande ostacolo nell’intraprenderlo è stato di tipo psicologico. Decidere di mollare strade più o meno sicure per iniziare qualcosa di più incerto, anche se con maggiori soddisfazioni personali, non è cosa facile. Superato questo scoglio, ero cosciente che non sarebbe stata una passeggiata produrre videogiochi e soprattutto farli conoscere al pubblico. Com’era prevedibile, vi sono stati diversi ostacoli durante lo sviluppo, il budget ridottissimo e l’inesperienza dovuta al primo progetto, per esempio. Tuttavia, nella vita, le difficoltà superate servono solo a renderci più forti. Mi auguro di avere sempre la possibilità di scegliere, perché al di là della natura delle scelte che compiamo, esse acquistano valore solo se ci fanno crescere sia professionalmente che personalmente.

ALAN MArGHITOLA

Vitae 12

Dai mattoncini LEGO al game design, dal Ticino a San Francisco. Un giovane sviluppatore di videogiochi si racconta, fra scelte coraggiose, esperienze importanti e crescita personale

testimonianza raccolta da Gabriele Scanziani fotografia ©Flavia Leuenberger


EinsiEdEln

Assalto all’abbazia

Come un conflitto locale diventa un casus belli internazionale proiettando la Confederazione tra i grandi d’Europa

di Robert Rüegger; fotografie ©Reza Khatir


È

la notte del 6 gennaio dell’anno 1314. I monaci dell’abbazia di Einsiedeln si sono da poco ritirati nelle loro celle dopo le celebrazioni dell’Epifania. D’un tratto il fragore vociante di uomini in armi sconvolge la quiete. Sono gli svittesi in pieno assetto di guerra che puntano decisi sul monastero. Le operazioni sono state pianificate con cura. I monaci non oppongono grande resistenza ai movimenti rapidi e precisi degli armati svittesi. In men che non si dica sono presi prigionieri e portati a Svitto sotto custodia. Ma il successo dell’operazione non è totale. L’abate, coperto

dalla confusione prodotta dai confratelli riesce a sgattaiolare dall’abbazia portando con sé carte e documenti e trova rifugio nella torre di Pfäffikon (Svitto). Il maestro della scuola abbaziale, Rudolf von Radegg, assiste all’assalto e lo descrive, non senza enfasi, nel suo Cappella heremitana, un poema nel quale definisce gli svittesi “uomini che non possono neppure essere definiti uomini” e addirittura “mostri”. Di fatto i devoti prigionieri non sono stati particolarmente maltrattati e grazie all’intercessione dei conti d’Asburgo e del Toggenburgo hanno ben presto ritrovato la libertà.


in apertura La facciata della chiesa nell’abbazia benedettina di Einsiedeln (canton Svitto). Fondata nel 934, il complesso in origine faceva parte della diocesi di Costanza. Nel 1819 passò in via provvisoria a quella di Coira, alla quale appartenne in modo definitivo dal 1824. I suoi patroni sono Maria Madre di Dio, san Maurizio e san Meinrado

in queste pagine Il complesso abbaziale ha subito numerosi incendi e conseguenti rifacimenti. Dopo un primo rogo (anteriore al 1031), l’abate Embrich costruì una basilica a tre navate munita di cripta. Nel 1226 un nuovo grande incendio distrusse gli edifici; i danni alla chiesa furono subito riparati e in seguito venne costruita una seconda basilica, la Chiesa Inferiore. Nel tardo Medioevo e nel XVI secolo il complesso fu devastato da altri tre incendi (l’ultimo nel 1577). Nel 1703 l’abate Maurus von Roll pose la prima pietra per il rinnovo dell’intero complesso. Su progetto di Caspar Moosbrugger furono costruiti gli edifici conventuali; nel 1719 venne avviata la costruzione dell’attuale chiesa, consacrata nel 1735. A metà del XVIII secolo l’abate Nikolaus Imfeld fece ristrutturare il coro e venne conferito un nuovo assetto alla piazza abbaziale. Nel XV secolo la Cappella delle Grazie tardogotica fu dotata di volta e circondata con un muro per garantire una migliore protezione proprio contro gli incendi

Correva l’anno 1291... Non è invece così semplice la soluzione del contenzioso che oppone da un secolo gli svittesi all‘abbazia. Ambedue le parti avanzano pretese sullo sfruttamento di alcuni alpeggi e terreni molto redditizi. Già all’inizio del XII secolo, Einsiedeln aveva ottenuto la concessione imperiale per lo sfruttamento dei territori contesi. Ma l’imperatore è lontano e il danno economico per gli svittesi è consistente. Le scaramucce e le rappresaglie quindi non cessano, anzi, si inaspriscono. Considerata l’insanabilità del conflitto, nel 1217 il conte Rodolfo d’Asburgo cancella ogni diritto prece-

dente e dirime la contesa ridisegnando i limiti territoriali in modo più equilibrato. L’imperatore Rodolfo I d’Asburgo (da non confondere con il conte appena menzionato) garantisce alle vallate alpine una relativa prosperità e una discreta tranquillità. Ma con la sua morte, il 15 luglio 1291, esse si trovano di colpo al centro della scena politica europea. Prevedendo una successione imperiale tormentata, le vallate di Uri, Svitto e Untervaldo stringono (ma sarebbe meglio dire riconfermano) un’alleanza per proteggersi dalle difficoltà derivanti dall’elezione di un imperatore che sentono lontano e che non ritengono in grado di amministrare direttamente


sopra La chiesa di Einsiedeln è un importante esempio di rococò. Gli stucchi della navata sono in gran parte di Egidio Quirino Asam; i dipinti della volta sono invece opera di suo fratello Cosma

pagina di destra Vista del complesso conventuale. Nella foto piccola il campo in cui si svolse la battaglia del Morgarten (15 novembre 1315), vinta dai Confederati ai danni del forte esercito austriaco


la giustizia e assicurare la pacifica convivenza nei territori delle tre vallate, come aveva fatto Rodolfo. Quell’alleanza è oggi unanimemente considerata l’atto di nascita della Confederazione, ma senza le peripezie legate al litigio fra Svitto e l’abbazia di Einsiedeln, probabilmente il patto del 1291 sarebbe rimasto solo un evento di secondaria importanza. Alberto I, figlio di Rodolfo, succede sul trono imperiale ad Adolfo di Nassau e regna in modo molto deciso, ma anche piuttosto maldestro, finendo assassinato nel 1308. Nel novembre del 1314 due sovrani si contendono la successione imperiale. Il primo è di nuovo un Asburgo, Federico che vuole affermare la propria autorità sui territori dell’impero e più ancora su quelli della neocostituita Confederazione, poiché naturalmente Uri, Svitto e Untervaldo sono schierate con il rivale di Federico, Ludovico di Baviera. È in questo contesto che il colpo di mano svittese dell’abbazia di Einsiedeln esce dalla cronaca locale divenendo una questione di rilevanza continentale. Il duca Leopoldo d’Asburgo si sente allora in dovere di punire gli svittesi e organizza una rappresaglia esemplare. Raduna un esercito di cavalieri ben armati e ben addestrati, che guida in una spedizione contro gli svittesi. In virtù dei patti del 1291, a questi ultimi si uniscono gli uomini di Uri e di Untervaldo. Lo scontro avviene il 15 novembre del 1315 al Morgarten. L’inaspettata vittoria dei Confederati e l’umiliante disastro

militare del prestigioso esercito austriaco, unitamente alla morte in battaglia del duca, infliggono un duro colpo alle aspirazioni imperiali di Federico e proiettano i Confederati sulla ribalta politica rendendoli interlocutori credibili di principi e sovrani. La vittoria del Morgarten dà di fatto avvio allo sviluppo della Confederazione, cui aderiscono le città di Lucerna e poi Zurigo, Zugo e una nuova vallata alpina, Glarona. Werner Stauffacher, il vero “padre della patria”? I miti di fondazione lo pongono tra i tre rappresentanti delle comunità di Uri, Svitto e Untervaldo che levano la mano destra prestando giuramento sul praticello del Grütli il primo d’agosto del 1291. La storia può attestare la sua carica di landamano di Svitto tra il 1313 e il 1316. Riveste un ruolo di primo piano nella contesa tra la sua comunità di valle e l’abbazia di Einsiedeln ed è ancora in carica nel 1315 quando i suoi affrontano gli austriaci nella battaglia del Morgarten. Se la leggenda non avesse già attribuito in modo ormai indelebile il ruolo di eroe iniziatore della patria alla figura certo emblematica, ma poco storica, di Guglielmo Tell, il titolo di “padre della patria” spetterebbe certamente a lui, che ha l’innegabile pregio di essere vissuto per davvero e di aver compiuto gesta che sono attestate da più fonti storiche. Perché è certamente Stauffacher la figura centrale nell’effettivo inizio dell’avventura confederata che dura tutt’oggi.


Traffico. Vie d’attesa di Marco Jeitziner; fotografie ©Flavia Leuenberger

Autostrada A2, direzione nord, all’altezza di Lugano sud. Luoghi 42

La via era libera, scorrevole, un piacere guidare. Do un’occhiata alla corsia opposta: là sotto, un impressionante fiume di lamiere colorate, su entrambe le corsie, velocità nulla. Motori tutti accesi ma auto praticamente ferme, per centinaia e centinaia di metri, forse chilometri. Chiedo all’altro passeggero: “Mio Dio, hai visto che roba?”. E lui: “Ma da dove arrivi? È così tutti i giorni! Ogni mattino, ogni sera!”. “Cosaaa?” faccio io stupito, ingenuamente meravigliato – in realtà, davvero sconvolto – “ma non è possibile! È roba da pazzi! Follia pura!”. Vie di scampo? Poche Non ci volevo credere, io che l’auto non la posseggo (davvero, non scherzo), ma mi è bastato vedere coi miei occhi una volta e, colmo del colmo, finirci dentro. Guidavo, libero, sereno, e poi paf!, dentro nella tela del ragno come una stupida mosca. Io odio imbottigliarmi: è talmente imbarazzante per la specie a cui appartengo, eppure… Allora ti dici: potevo uscire prima, prendere la statale e magari… Ma l’altra vocina risponde che no, è uguale, credi che nessuno ci abbia già pensato? Be’, in effetti… Quando sei incolonnato credi sempre di avere un’idea migliore di altri, perché sono soltanto gli altri i fessi e tu sei vittima di un complotto, ingannato a tua insaputa, vero? Ma le persone, di norma, sono come le pecore: vanno dove vanno gli altri, fanno le cose che fanno tutti. Se lasci l’autostrada e prendi la cantonale (o statale), oltre ai semafori, alle rotonde, alla velocità più ridotta, troverai soltanto altre pecore strippate e motorizzate. Quindi, caro imbottigliato, resta lì dove sei e porta tanta, tanta pazienza. Quello che, intasatosi, dà fuori di testa, abbandona l’auto nel traffico e dà inizio a una strage, era soltanto Michael Douglas nel film Falling Down del 1993.

In coda per la “messa” Dirsi “ma quanto son scemo/a?” credo sia normale. Lo sanno tutti che a quest’ora c’è l’esodo dei masochisti mobili. Perché questa società non concepisce ancora l’idea “meno lavoro, più lavoro per tutti”? Perché il lavoro da casa non decolla ancora nell’era digitale? Alcuni lo sanno il perché, ma lasciamo perdere e facciamoci una rima: “restia è la follia dell’economia”. E preghiamo: “oh, datore di lavoro, dacci oggi il nostro imbottigliamento quotidiano…”. Ogni “intasato” dovrebbe dirlo prima del grande supplizio stradale universale, mattinale e serale, due volte al giorno. E poi torna a casa, imbottigliato, per poche ore di pseudo libertà, prima di incolonnarsi ancora, e ancora, e ancora… giorno dopo giorno. Dall’ingorgo non sgorga nulla: se non è follia questa, cos’è? Dare ragione a intellettuali che nessuno si fila, come Serge Latouche, esponente della “teoria della decrescita”, è ormai deprimente. E pensando alle nuove generazioni, nate e cresciute già intasate, intossicate da smog, dipendenti dall’auto, indebitate dai leasing, allora chiedo coerenza: un numero di targa già alla nascita e patente già dal primo anno di scuola! Tutti in moto? Mentre si è imbottigliati, per esempio, si può ascoltare un po’ di musica alla radio e poi, che strano, accorgersi che il bollettino stradale, l’ingorgo, manco lo cita. Tutti i datori di lavoro dovrebbero premiare i dipendenti che non usano l’auto. Docenti e direttori di scuola potrebbero premiare quegli allievi le cui madri non li scorrazzano in auto. Politici e amministratori dovrebbero smettere di scrostare asfalto vecchio per mettercene del nuovo (anche se “fono-assorbente”, chi se ne frega…) creando soltanto altri ingorghi. Dovrebbero invece impedire il traffico in centro, creare pedaggi, dissuadere, chiudere tratte poco utilizzate, aumentare corse e coincidenze di treni, metro, bus, battelli, tram, bici e scooter a noleggio ecc. (io aggiungerei anche dorsi di mulo, cavalli e carrozze, scivoli e trampolini, e più in là anche navicelle e teletrasporti vari). Forse tutti in moto risolveremmo un bel po’ di cose, ma ce ne sono già abbastanza di arroganti che, invece di stare fermi, tagliano in due il fiume di lamiera. Maneggi, tocchi, sfogli, ti specchi, t’appisoli, chiacchieri, canti, ridi, piangi, telefoni, ma fai la cosa migliore, osserva le facce di altri “intasati” e chiediti: ma ne vale la pena?


Luoghi 43


L’ultima diva

Una mostra e un libro per celebrare l’eleganza e la forza espressiva di Valentina Cortese Tendenze p. 44 – 45 | di Marisa Gorza

“Raggomitolata in un fiocco di neve sono nata a Milano, il primo gennaio, nell’ora del tramonto…”. Queste parole così semplici, eppure così piene di una arcana poesia, sono l’incipit dell’autobiografia di Valentina Cortese. Il fatidico anno di nascita era il 1923, l’inizio di una vita fiabesca che l’ha fatta conoscere in tutto il mondo. Una delle poche attrici italiane chiamate a Hollywood, venerata dai registi, musa degli autori, amata da un pubblico di ogni età. Un personaggio che con la sua inafferrabile bellezza, l’aria sognante, la voce morbida, l’elegante gestualità, la forza espressiva, ha fatto di sé stessa un’icona del divismo di un tempo. Un personaggio in mostra Un’esposizione a Milano nello storico Palazzo Morando Valentina Cortese. Uno stile (aperta sino al prossimo 10 novembre) ne ripercorre l’iter artistico, e mostrando una ricca parte del suo guardaroba. Una selezione di oltre cinquanta mise, accessori, cappelli, gioielli, profumi, souvenir. Capucci, Dior, Ferré, Galante e Valentino sono alcuni degli stilisti che hanno offerto al suo indiscutibi-

le charme una “veste” per esprimersi e rivelarsi. Abiti poi arricchiti e animati dal suo temperamento, diventat i par t i v ive d i uno st ile personalissimo. Sì, perché l’attrice non ha mai rincorso le tendenze, bensì, con un piacere anticonformista, si è sempre proposta “dentro la moda” interpretandola e spesso anticipandola. Una rassegna che lascia una sensazione di lievità, ironia, preziosità, ammirazione per l’armonia di ogni dettaglio e per l’estroso gioco dell’abbigliarsi. Sui manichini splendidi vestiti dai tessuti pregiati: taffetas cangianti, chiffon dipinti a mano, organze croccanti con ricami in rilievo, incrostazioni di pizzo e macramé, corolle quasi vere tra le quali gigli ricadenti (Galante), voli di rondini (Valentino) e di farfalle (Capucci). E poi scialli, kaftani, tuniche esotiche precedenti il gusto per l’etnico, abbinamenti e colori arditi che,con un ampio sfoggio di viola, sfidano le superstizioni della gente di teatro. Nelle bacheche ecco gli oggetti, in particolare le preziose scarpe-pantofole, cioè le sue calzature preferite. Caratteristico di Valentina è il vezzo

di portare il foulard intorno al capo, calato fin quasi sugli occhi magnetici. Una consuetudine copiata dalle contadine lombarde che un tempo, prima di recarsi a lavorare nei campi, si avvolgevano la testa con un fazzoletto chiamato “el riòtt”. Per difendersi dai raggi del sole, trattenere il sudore… i ricordi, le malinconie e i sogni. Valentina è fiera di aver trascorso l’infanzia in campagna, tenuta a balia da una famiglia del contado cremonese. Da qui la sua concretezza, i suoi solidi principi, il suo essere autentica, in apparente contraddizione con l’aspetto aulico e aristocratico. immagini e parole Molti degli abiti esposti a Palazzo Morando appaiono indossati dall’attrice, immortalata nel libro edito da Skira Valentina Cortese 100 ritratti. Da Cinecittà a Hollywood, al Piccolo Teatro di Milano, dallo schermo alla vita privata, la star ha davvero lasciato una traccia inconfondibile del suo carisma. Attraverso quei cento ritratti offre all’obiettivo il proprio profilo di artista e di donna, soprattutto offre la sua anima segreta. Cento scatti per


scorrere un’esistenza che ha conosciuto povertà e ricchezza, successo e delusioni, grandi amori e anche grandi dolori. Ad accompagnare i ritratti, scattati dai più quotati fotografi di ieri e di oggi, ci sono dei testi scritti da Franco Zeffirelli, Antonio Calbi, Giulia Lazzarini, Piera Degli Esposti, Carla Fracci, Paolo Grassi, Flavio Caroli. Più lettere inedite di Giorgio Strehler e Paola Borboni. Parole sincere, espressioni di affetto, di complicità, di ammirazione e di stima che a loro volta compongono nell’insieme un altro ritratto. Quello morale di una grande donna con un grande cuore. Che emozione incontrarla di persona a Palazzo Morando. Il suo fascino va oltre le aspettative: volto di alabastro, zigomi rimasti perfetti, occhi di un

cangiante color verde che a novant’anni non smettono di brillare di entusiasmo e curiosità intellettuale. Valentina ha una parola, una carezza, un buffetto, un complimento mirato per chiunque l’avvicini (anche per me!). L’ultima divina è rimasta semplice e diretta, si schermisce del tanto affetto che la circonda, ma ne è visibilmente grata. Oggi Valentina, vedova dell’industriale Carlo de Angeli, conduce una vita appartata e serena. Tuttavia è sempre pronta a sfidare il domani, a infiammarsi per un progetto, se è conforme ai suoi principi. “Ho perseguito ideali nei quali dominavano la grazia e la bellezza, ad essi, come a me stessa, voglio restare fedele” si legge su un pannello che apre la rassegna di cui sopra.

Tra TeaTro, cinema e TV Da giovanissima la futura attrice frequenta la scuola di recitazione di Scalera Film e debutta nel cinema con L’orizzonte dipinto (1941) di Guido Salvini. Trova la sua grande occasione ne La cena delle beffe, scelta da Alessandro Blasetti per il fascino misterioso che si discosta da quello più esplicito delle attrici dell’epoca. Nel 1948 si trasferisce a Hollywood e l’apice di tale esperienza è raggiunto con il film La contessa scalza di Mankiewicz a fianco di Ava Gardner. Nel 1955, ritornata in Italia, rivela il proprio talento drammatico nella pellicola Le amiche di Michelangelo Antonioni con la forte caratterizzazione della pittrice Nené che le vale un Nastro d’argento. Tra i numerosi film non si può non citare Giulietta degli spiriti di Federico Fellini (1964) e Fratello Sole, Sorella Luna (1971) di Franco Zeffirelli. Nel 1973 sfiora l’Oscar con il personaggio di Séverine cucitole addosso da François Truffaut, premio però vinto da Ingrid Bergman la quale dichiarò dal palco che Valentina lo meritava più di lei. Attrice sensibile ed eclettica, eterea eppure sensuale, nonostante le importanti presenze nel cinema è l’incontro con il teatro, soprattutto con il genio di Giorgio Strehler, a segnare una svolta decisiva nella sua vita e carriera. Ciò avviene a metà degli anni cinquanta, quando naufraga il matrimonio con Richard Basehart dal quale ha avuto il figlio Jackie. Con Strehler arriva l’amore folle e creativo ed anche l’indimenticabile Ljuba ne Il giardino dei ciliegi. Tra le mille interpretazioni comprendenti la TV, basti citare la sua tenera-tenace Josephine Beauharnais ne I grandi Camaleonti. Nel 2009 ritorna a teatro con Magnificat di Alda Merini e nel 2012 pubblica la sua autobiografia Quanti sono i domani passati. Un racconto intenso, a tratti commovente, a tratti ironico, malizioso e vivace. Scritto “con l’esperienza e la saggezza della tarda età”.


La domanda della settimana

Paesi della Comunità Europea come Italia, Francia o Spagna, sarebbero in grado di applicare un sistema politico-amministrativo come quello elvetico?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 24 ottobre. I risultati appariranno sul numero 44 di Ticinosette.

Al quesito “Il Ticino si sta preparando adeguatamente ai grandi cambiamenti che l’apertura di AlpTransit porterà?” avete risposto:

SI

33%

NO

67%

Svaghi 46

Astri ariete Giove vi spinge a fare leva sulle vostre ambizioni personali. Decisioni di una certa importanza e incremento degli appetiti erotici.

toro Saturno e l’asse dei Nodi Lunari spinge ad adottare decisioni di carattere sentimentale. Ritorni di fiamma per i nati nella seconda decade.

gemelli Una situazione finora lasciata in sospeso verrà risolta. Andate dritti verso i vostri obiettivi senza disperdervi. Incontri tra il 22 e il 24 ottobre.

cancro Tra il 20 e il 26 un affare che sembrava sfumato ritorna a galla. Incontri per i nati nella prima decade. Frequentate un club sportivo.

leone Ragione e sentimento sono inconciliabili. Attenti a non soffocare uno slancio amoroso con antiche recriminazioni. Critici il 20 e il 21.

vergine Impavidi e pronti a entrare a viso aperto in qualunque battaglia. Facile soluzione di una vertenza legale per i nati nella seconda decade.

bilancia Fase critica per i nati tra la prima e la seconda decade. Con Urano in retrogradazione può crearsi un blocco delle vostre capacità decisionali.

scorpione Momento fondamentale per intraprendere un salto evolutivo. Opportunità professionali. Prendete questo treno senza tentennamenti.

sagittario Migliore aspetto fisico e gradevolezza nei rapporti interpersonali. Colpi di fulmine per i nati tra le prime due decadi. Novità tra il 22 e il 24.

capricorno Riaffiorano tematiche abbandonate in passato. Momento utile per confrontarsi con vecchi amici. Sbalzi umorali tra il 24 e il 26.

acquario Vita sentimentale brillante: Mercurio offre buone opportunità. Per raggiungere la vetta dovete agire in segreto. Bene tra il 22 e il 23.

pesci Transiti fantastici per quanto riguarda la passione. Attrazione alle relazioni trasgressive favorite da Venere. Conflitti con la famiglia di origine.


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Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 24 ottobre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 22 ottobre a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna! Orizzontali 1. Fra Paradiso e Inferno • 10. Il nome di Salgari • 11. Fiume engadinese • 12. Il fratello di Romolo • 13. Le funi di Tarzan • 15. Inamovibili, fissi • 17. Breve esempio • 18. La fine della Turandot • 19. Carme lirico • 20. Oriente • 21. Il nome di King Cole • 23. Arrosto di maiale • 25. Oscura • 27. Curva fluviale • 28. Lo è la chioma molto folta • 30. Thailandia e Malta • 32. Compagnia militare dell’antica Roma • 34. Adesso • 36. Fiaccole • 37. Scuole dell’obbligo • 38. Delfini di fiume • 40. Devote • 41. Osservare, rilevare • 43. Introito, ricavo • 45. Coppe, medaglie • 47. Uno detto a Londra • 49. I confini di Essen • 50. La memoria del PC • 51. Pronome personale • 52. Lo è Walker • 53. Capo etiope. Verticali 1. Elaboratore elettronico • 2. Inumidite • 3. La cerca il poeta • 4. Mappamondo • 5. Assicurazione Invalidità • 6. Accondiscendente, magnanimo • 7. Cattiva • 8. Inseriti... dal giardiniere • 9. Leale e sincera • 14. Due romani • 16. Monte greco • 20. Nel clou della messa • 22. Fortezza spagnola • 24. Incredibili, inverosimili • 26. Dispari in arnie • 29. Capire, afferrare • 31. Sono alte o basse • 33. Zero, cantante • 35. Pagano il fio • 39. Sarcasmo • 42. Detestar • 44. Pari in beffe • 46. Una sigla del biologo • 48. La dea greca dell’aurora.

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Questa settimana ci sono in palio 100.– franchi in contanti!

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La soluzione del Concorso apparso il 4 ottobre è: CASOLARE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stato sorteggiato: Luigi Panscera 6634 Brione (Verzasca) Al vincitore facciamo i nostri complimenti!

Svaghi 47


Per ogni situazione e ogni stile di vita. Gli innovativi elettrodomestici da incasso di Siemens. siemens-home.ch

Se prima la cucina era un semplice luogo di lavoro, oggi è considerata uno spazio abitativo sempre più importante all’interno della casa. Di conseguenza anche le esigenze di arredamento sono particolarmente elevate. Sia che per voi l’efficienza o la sicurezza dei bambini siano al primo posto, sia che diate invece la priorità al design o al comfort, sia che viviate in coppia o in famiglia, Siemens non solo vi offre una vasta gamma di elettrodomestici da incasso, ma vi propone numerose innovazioni

che vi aiutano nella vita quotidiana quando si tratta di cucinare, refrigerare gli alimenti e lavare: perfezione tecnica, forme moderne, impiego ultraefficiente delle risorse e design straordinario. E la sofisticata ergonomia degli apparecchi di Siemens rende il loro utilizzo piacevole e divertente. Un parere condiviso anche da numerose giurie di design.

Siemens. Il domani è qui.


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