Ticino7

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№ 6 del 7 febbraio 2014 · con Teleradio dal 9 al 15 febb.

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Ticinosette n. 6 del 7 febbraio 2014

Impressum Tiratura controllata 66’475 copie

Chiusura redazionale Venerdì 31 gennaio

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

4 Media Comunicazione. Nuovi media, stesso sport? di Marco Jeitziner ...................... 8 Società Sport e handicap. Neve per tutti di eliSabeth alli ....................................... 12 Vitae Giancarlo Dionisio di roberto roveda ............................................................ 14 Reportage Club Pattinaggio Lugano a cura di G. FornaSier; Foto di r. Khatir ......... 39 Luoghi Palestre. Spazi tonificanti di Marco Jeitziner................................................ 44 Mundus Sulle piste. Vita da punch di Giulio carretti ............................................. 46 Virtù Prudenza di Gaia GriMani .............................................................................. 47 Tendenze Tecniche e materiali. Ski evolution di Keri Gonzato ............................... 48 Svaghi .................................................................................................................... 50 Agorà Olimpiadi invernali. Le ragioni del rifiuto

di

Silvano de Pietro ........................

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Noa, 14 anni (Club Pattinaggio Lugano) Fotografia ©Reza Khatir

È tempo di medaglie Alla fine ci siamo. I tanto discussi Giochi olimpici di Sochi sono iniziati e la Svizzera, con il suo agguerrito squadrone composto da 163 atleti guidati da Simon Ammann, ha tutta l’intenzione di portarsi a casa un ricco medagliere. Ce lo auguriamo e siamo vicini ai nostri atleti che immaginiamo pronti e ben motivati. Il presente numero di Ticinosette non vuole d’altra parte offrire informazioni di carattere sportivo, quanto introdurre degli spunti di riflessione sui temi che alle Olimpiadi invernali – e ai grandi eventi sportivi in generale – sono legati. Il dato di fatto è che cresce il numero dei paesi che rinunciano alla possibilità di ospitare i giochi olimpici, fra questi proprio la Svizzera, per una serie di motivazioni peraltro comprensibili: per esempio, l’impatto ambientale che tali manifestazioni comportano, il pesante impegno finanziario, i seri dubbi riguardo al fatto che manifestazioni del genere rappresentino un concreto volano per la crescita turistica di una determinata area ecc. Un dibattito a cui Silvano De Pietro ha dato voce nell’articolo di apertura (“Le ragioni del rifiuto”, pag. 4), mettendo a confronto le posizioni di Jörg Schild, presidente di Swiss Olympic, il Comitato olimpico svizzero, e quelle di Silvia Semadeni, consigliera nazionale che si è opposta fermamente alla candidatura di St. Moritz e Davos per le Olimpiadi invernali del 2022. Un tema attuale al pari di quello affrontato da Marco Jeitziner nel suo articolo (pag. 10) in cui si scandagliano gli sviluppi che la comunicazione giornalistica in ambito sportivo ha subito con l’ingresso e la diffusione dei social network e dei nuovi media

legati a internet. Il fatto che lo sport sia ormai un’industria a tutti gli effetti è poi un dato di fatto incontrovertibile: si paga per assistere (dal vivo, in televisione o sul web che sia ha poca importanza) e chi lo sport lo pratica viene pagato; i team sportivi sono gestiti come vere e proprie aziende, sponsorizzate e sostenute da altre aziende; gli atleti sono stati trasformati in cartelloni pubblicitari viventi. Il merchandasing non è più solo uno strumento per manifestare l’appartenenza a una data tifoseria ma, come una matrioska, richiama l’attenzione su marchi e prodotti industriali altri, generando un meccanismo di consumo che si autoalimenta; social network e web hanno contribuito a espandere all’infinito la comunicazione pubblicitaria e mediatica. Infine, come sempre accade, la criminalità si è presa la propria fetta, nonostante i continui scandali e le ricorrenti inchieste giudiziarie. E lo sport, “quello vero”, dov’è finito? Nel mondo reale, certamente in secondo piano rispetto a diritti televisivi, sponsor e profitti. Ma al mondo reale apparteniamo anche noi, persone comuni, che desiderano appassionarsi e divertirsi davanti a una bella partita di calcio o a una combattuta gara di sci. In conclusione, vogliamo scusarci per un errore presente in una didascalia apparsa sul n. 4 del 24 gennaio (“OOMMM”, di Keri Gonzato; pag. 40): il personaggio raffigurato in compagnia dei Beatles non è naturalmente Osho, bensì il Maharishi Mahesh Yogi. Un errore, segnalatoci anche da un cortese lettore, nato dalla fretta della chiusura e da un mancato controllo delle fonti. Buona lettura, Fabio Martini


Le ragioni del rifiuto Olimpiadi invernali. Come tutte le manifestazioni sportive di richiamo mondiale, anche le Olimpiadi invernali di Sochi ripetono il cliché di investimenti miliardari, costruzioni grandiose, forte impatto ambientale e sovraesposizione mediatica. Tuttavia, proprio per queste ragioni, undici mesi fa gli elettori grigionesi respingevano il progetto di candidare il loro cantone a ospitare la manifestazione del 2022 a St. Moritz e a Davos, nonostante le sole due edizioni svoltesi in Svizzera risalgano al 1928 e al 1948

di Silvano De Pietro

Agorà 4

I

l nostro è un paese alpino in cui gli sport invernali sono molto popolari e dove non mancano le attrezzature, gli impianti, le piste e i pendii adatti. Anche le condizioni climatiche sono normalmente favorevoli. E la rappresentanza sportiva elvetica, nei giochi olimpici invernali come in tutte le altre gare internazionali di sport su neve o ghiaccio, è universalmente ritenuta di altissimo livello. Ma la Svizzera pare restia a ospitare le Olimpiadi invernali. Certo, dopo quell’ultima volta del 1948 a St. Moritz (un’olimpiade costata poco più di un milione di franchi), sono stati lanciati diversi progetti di candidatura. Tutti, però, sono falliti. La maggior parte per mancanza di sostegno o per opposizioni interne alla Confederazione. È accaduto alle candidature di Losanna (per le Olimpiadi invernali del 1952), di St. Moritz (1960), di Sion (1968 e 1976), di Berna (2010) e di Zurigo (2014). Altre due candidature di Sion per le Olimpadi invernali del 2002 e del 2006 avevano invece superato gli ostacoli nazionali ed erano arrivate al Comitato olimpico internazionale (CIO), ma senza successo. L’ultima candidatura, chiamata “Grigioni 2022”, era sostenuta da Swiss Olympic (il Comitato olimpico svizzero) e dalle autorità federali e cantonali, pronte a coprire il previsto disavanzo di 1,5 miliardi di franchi.

Fuori misura Probabilmente, le cifre gigantesche (oltre 40 miliardi di franchi) che già s’intuiva sarebbero costate le Olimpiadi invernali di Sochi 2014, hanno seminato anche da noi parecchi dubbi. I giochi sono apparsi subito troppo grandi per una regione alpina come quella del canton Grigioni. Invano i promotori hanno tentato di presentare la manifestazione come un’occasione unica per pubblicizzare il

turismo locale e rilanciare l’economia di questa regione che soffre molto la concorrenza delle località alpine dei paesi vicini. Le Olimpiadi, si è detto, avrebbero generato un fatturato globale per il cantone di circa tre miliardi di franchi, con la creazione di 10-15mila posti di lavoro e l’aumento annuo delle entrate fiscali per 70-100 milioni di franchi. Niente da fare. Forse la paura di non farcela, e anche una certa mancanza di solidarietà da parte dell’economia e delle altre regioni alpine svizzere, hanno avuto il sopravvento. Così al progetto è venuto a mancare il crisma popolare degli stessi grigionesi. La questione di fondo rimane però ancora in sospeso. Perché questa lunga serie di fallimenti? Perché tante difficoltà? Gli svizzeri hanno perso le loro proverbiali capacità organizzative? O si lasciano sopraffare dal timore di conseguenze “catastrofiche” per la natura, dal rifiuto del gigantismo, dal rischio finanziario, o da cos’altro? “Le ragioni si collocano su diversi piani”, ci spiega Jörg Schild, presidente di Swiss Olympic, il Comitato olimpico della Svizzera. “Da un lato, negli ultimi anni la credibilità dello sport ha sofferto molto. Violenza negli stadi e fuori, corruzione e doping non giustificano più, per il cittadino comune, stipendi e forti spese nello sport di punta. Scandali delle scommesse e politica degli appalti per i grandi eventi indetti dalle federazioni internazionali o dal CIO, hanno enormemente danneggiato la reputazione dello sport. La Svizzera non è l’unico caso. Anche la candidatura di Monaco/Garmisch/Oberstorf è naufragata per gli stessi motivi. Se i responsabili non fanno qualcosa, in futuro i grandi eventi si terranno solo dove non esistono le votazioni popolari. Dall’altro lato, poi, un grosso ruolo lo gioca quello che lei chiama gigantismo. Sorpassi di budget sempre più grandi, sempre più costosi, e regolarmente immensi, non rafforzano (...)


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“Le ricadute economiche prospettate dai promotori prima dei giochi vengono regolarmente sconfessate. I giochi olimpici portano un utile ridotto, mentre vi si oppone una montagna di debiti a carico dell’ente pubblico e un impatto ecologico non trascurabile” (Silvia Semadeni, Consigliera Nazionale)

certo la fiducia negli organizzatori. La frequente cementificazione di aree naturali precedentemente incontaminate, come il lasciarsi dietro impianti sportivi che restano quasi inutilizzati e perciò vanno in rovina, spiegano perché la società odierna si preoccupi sempre più dell’ambiente. Per tutte queste ragioni, è un peccato che gli organizzatori grigionesi non abbiano ottenuto almeno la chance di mostrare che, là dove l’inverno è di casa, i giochi olimpici invernali si possono organizzare anche in modo diverso e soprattutto in modo sostenibile”. Agorà 6

Chi rema contro? Ma di chi è la responsabilità del fallimento del progetto grigionese? Chi sono i “nemici” delle Olimpiadi in Svizzera? Secondo il presidente di Swiss Olympic, “un buon progetto da solo non basta. Bisognerebbe che tutti i soggetti coinvolti e tutti gli «opinion leader», trascurando i propri interessi o personali risentimenti, lavorassero allo stesso progetto comune sin dall’inizio, e non vi entrassero invece più tardi per poter poi predicare, populisticamente, come sarebbe stato meglio fare”. Schild auspica quindi che vi siano sempre chiare prese di posizione pubbliche dei politici responsabili finali (“non bastano quelle di un singolo consigliere federale o di un consigliere di stato”) e l’appoggio dell’economia locale: “Quando un imprenditore di spicco non vuole che gli si presenti il progetto con la scusa che lui sostiene già lo sci club locale, questo dice tutto”. Per non parlare poi delle “egoistiche e invidiose” interferenze dei responsabili turistici di altre regioni, “come purtroppo si è visto nel caso della candidatura grigionese”. O del fatto che membri svizzeri del CIO, in una situazione del genere, non si facciano coinvolgere dai contatti e dalle relazioni che hanno nel loro stesso paese. Tuttavia, aggiunge Schild, “non vorrei dare l’impressione di cercare solo gli errori degli altri”. Non ci si può nascondere, per esempio, che i promotori non sono riusciti a rendere “appetitoso” il progetto alla maggioranza degli elettori grigionesi. La comunicazione è stata carente, un po’ passiva (“avremmo dovuto agire invece di reagire, senza capire che avremmo dovuto prenderne la guida”), lasciando che la discussione ruotasse intorno al denaro e al cemento. E, con tanti avversari diversi, “il mio rispetto va a coloro che si confrontano con un progetto anche se non possono

votarlo, perché così le loro obiezioni pesano di più. Nessuna comprensione ho invece quando – come accaduto nei Grigioni – un responsabile del comitato degli oppositori il giorno dopo la votazione dichiara che il progetto non gli interessa affatto”. Realismo e tutela Diverse, ovviamente, le spiegazioni che ci ha fornito la consigliera nazionale socialista grigionese, Silva Semadeni, personalità di spicco tra quelle che hanno guidato l’opposizione alla candidatura di St. Moritz e Davos per il 2022: “Non è più possibile organizzare giochi olimpici di dimensioni ridotte come nel 1948, che si conformino alle possibilità delle nostre valli alpine. Oggi bisogna confrontarsi con mille prescrizioni del CIO, con più discipline, più atleti e i loro seguiti, più spettatori, più poliziotti, più soldati, più giornalisti, più sponsor, più commercio, più spettacolo, più danni ambientali… e la mano pubblica chiamata a pagare miliardi mentre il CIO incassa i lucrativi diritti televisivi. Traffico, sicurezza e masse di visitatori avrebbero portato i Grigioni a rasentare e, chissà, forse anche a superare, i limiti ragionevoli delle proprie possibilità. I mondiali di sci previsti a St. Moritz nel 2017 raggiungono già il massimo delle dimensioni accettabili da noi. Le promesse fatte per la realizzazione a St. Moritz nel 2022 di giochi olimpici invernali di dimensioni ridotte e dagli effetti economici duraturi, erano illusorie. E la maggioranza dei votanti grigionesi giustamente non si è fatta abbagliare, nemmeno da una campagna pubblicitaria a tappeto costata almeno 5 milioni di franchi”. Ma – insistiamo con la signora Semadeni – al di là delle impressioni generali, perché lei personalmente si è opposta alla candidatura grigionese? Quale idea s’è fatta nel merito? “Ho studiato il progetto e guardato in faccia la realtà delle ultime edizioni delle Olimpiadi invernali. Le ricadute economiche prospettate dai promotori prima dei giochi vengono regolarmente sconfessate. I giochi olimpici portano un utile ridotto, mentre vi si oppone una montagna di debiti a carico dell’ente pubblico e un impatto ecologico non trascurabile. Sono convinta che il turismo nel nostro cantone non si sviluppa grazie a manifestazioni di massa, ma – come continuano a ripetere gli esperti – attraverso investimenti nella qualità e nell’autenticità dell’offerta, nell’ospitalità e nella cura del vero capitale del turismo: la natura, il paesaggio e la nostra cultura”.


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Immagine tratta da discoveryalps.it

Visioni future I tentativi di organizzare le Olimpiadi invernali in Svizzera comunque non sono finiti. È quasi certo che ce ne saranno altri in futuro. E se uno prima o poi riesce, quali sarebbero le ricadute sui nostri sport invernali, sulle strutture e sulle competizioni? Il presidente di Swiss Olympic: “Innanzitutto si dovrebbero mettere a disposizione dello sport ben più sostanziose somme di denaro, da impiegare nei progetti e nella preparazione delle nuove generazioni di atleti, e non solo per stipendiare i quadri olimpici. A beneficiarne sarebbero sia gli sport competitivi sia quelli di massa. Inoltre, non occorrerebbe costruire nuovi impianti sportivi, poiché quelli già esistenti potrebbero essere portati ai più recenti standard. Ma nel nostro paese gli sport invernali sono anche strettamente connessi al turismo, che potrebbe approfittarne in ampia misura”. In definitiva, come guarda Jörg Schild al futuro? Ha qualche buon motivo per dirsi ottimista? “Le mie precedenti affermazioni sono consapevolmente critiche, poiché l’abbellimento e la mancanza di autocritica non ci portano lontano. Tuttavia, guardo con ottimismo al futuro”, risponde il massimo responsabile dello sport svizzero. “La preparazione della candidatura Grigioni 2022, con gli studi a essa collegati e i nuovi contatti che allo scopo sono stati stabiliti negli ambienti

dell’economia, dello sport e della politica, ha giovato molto allo sport in generale per l’immediato futuro. Ottimista lo sono anche dopo le prime apparizioni in pubblico del nuovo presidente del CIO, Thomas Bach, che vuole chiaramente indagare i retroscena della politica degli appalti per i giochi olimpici. E infine, nella sua funzione di organizzazione mantello di tutte le federazioni sportive svizzere, Swiss Olympic si è nel frattempo strutturato in modo da costituire sempre più un centro di servizi a disposizione delle federazioni e delle associazioni, come pure delle sportive e degli sportivi”. E Silva Semadeni come vede il futuro? Ritiene che la Svizzera possa, in condizioni eventualmente diverse, tornare a organizzare un’Olimpiade invernale? “Così come si presentano oggi, i giochi olimpici non hanno chances nelle regioni alpine, come dimostra del resto anche il recente chiaro no di Monaco/ Garmisch/Oberstorf. Il CIO deve cambiare le regole. Perché, per esempio, non svolgere i giochi olimpici in modo decentralizzato, sfruttando le strutture esistenti nelle varie regioni e nelle città? O addirittura in più paesi, come si è fatto e si farà ancora nel 2020 con i Campionati europei di calcio? Perché non creare un sistema di rotazione continentale fra le località che già dispongono delle infrastrutture olimpiche? Sono gli esperti del CIO che dovrebbero occuparsi delle possibili alternative”.


Nuovi media, stesso sport? La diffusione dei nuovi media e delle reti sociali, l’uso che di essi fanno gli stessi atleti, sta cambiando il modo di comunicare lo sport al pubblico. Ne discutiamo con due giornalisti sportivi dei due principali quotidiani ticinesi... di Marco Jeitziner

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Elaborazione grafica del simbolo di Twitter (huffingtonpost.co.uk)

Nel 2006 il famoso e controverso ciclista statunitense Lance Armstrong è stato il primo atleta professionista del mondo a usare Twitter1. E sempre lui nel 2009 si è rivolto direttamente ai suoi sostenitori invitandoli a una biciclettata2. Sembrano gesti insignificanti, ma secondo molti osservatori il fatto che un atleta si esprimesse pubblicamente senza la mediazione dei giornalisti, anticipando in sostanza opinioni e commenti, “sostituendo” il loro lavoro, ha rappresentato un fatto nuovo nella storia dello sport. Da allora moltissimi atleti dicono la loro su Facebook o Twitter, nella pausa, dallo spogliatoio, a fine incontro, e il fenomeno si è talmente diffuso che alle recenti Olimpiadi sono state imposte precise condizioni per l’uso delle reti sociali. Ci troviamo forse di fronte a una “rivoluzione” del giornalismo sportivo? La prudenza è d’obbligo.

Se è vero che l’accesso dei tifosi alle vite dei loro beniamini è senza precedenti, non tutto quanto twitta o posta un atleta, e i cronisti lo sanno bene, è una notizia o può essere usato come fonte. Tuttavia, il cosiddetto uso in quest’ambito del “web 2.0” (ossia i nuovi media quali YouTube e Google e le varie reti sociali), qualche domanda seria dovrebbe suscitarla. L’inarrestabile rete Partiamo da alcuni fatti. Nel 2012 Facebook aveva un miliardo di utenti nel mondo, Twitter 500 milioni, tra cui ovviamente molti atleti, tifosi e gli stessi giornalisti. Lo sport (inteso come gare di atleti rivolte a un pubblico interessato e finalizzate a un premio o alla vittoria) è un fenomeno sociale che, tenuto conto dell’enorme popolarità di cui gode e l’attenzione, talvolta anche discutibile3,


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accordata dai media globali, non poteva non invadere anche le reti sociali. Inoltre, il “web 2.0” ha trascinato con sé la maggior parte degli editori e con essi anche molti giornalisti: essere presenti nella rete è essenziale per qualsiasi media e utile al lavoro di molti cronisti. Di fronte a questi fatti, premettendo che nessuno conosce lo sviluppo futuro della comunicazione digitale, possiamo tuttavia elencare alcune ragionevoli previsioni. La prima è che gli utenti delle reti sociali tenderanno ad aumentare sempre di più; la seconda è che difficilmente non si informerà più (o anche solo di meno) delle gare sportive e dei loro protagonisti; la terza è che i media e i rispettivi editori continueranno a essere presenti nella rete. In questo contesto come si posiziona quindi il giornalismo sportivo, ticinese e non? Sfrutta le reti sociali, come e perché?

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Twitter o Facebook? Rispetto a paesi come Stati Uniti, Canada, Francia, Regno Unito, Spagna e Australia, dove Twitter è la rete sociale più utilizzata (anche dai giornalisti)4, in Svizzera primeggia nettamente Facebook5. Detto questo, ciò non indica nulla se non delle motivazioni personali e/o culturali del singolo cronista. In altre parole, ciò non significa che il “web 2.0” trovi sempre e ovunque una sua funzione chiara e definita nel lavoro quotidiano dei cronisti. Anzi. In Australia, per esempio, Twitter è sì usato quotidianamente da quasi tutti i giornalisti per “monitorare le notizie”, ma “in modi diversi” ed “è ancora una piattaforma nuova per i giornalisti sportivi e non ci sono regole concrete o migliori strategie su come dovrebbe essere usato”6. Facebook, invece, è usato da “una minoranza” perché è spesso ritenuto un “media privato”: i cronisti cioè “non userebbero qualcosa scritto in una pagina privata di Facebook” a mo’ di fonte. Questo significa che, se da un lato ogni giornalismo (ogni giornalista) è figlio di una specifica cultura – in Italia si scrive e si parla di sport differentemente da come lo si fa in Svizzera –, dall’altro la storia insegna che ogni nuova tecnologia, in qualsiasi settore professionale, non è mai stata accolta in modo univoco, ma almeno triplice e che potremmo generalizzare così: rifiuto, entusiasmo, indifferenza. Un altro aspetto può essere legato all’età dei cronisti: i più giovani sono tendenzialmente più competenti, ma se in Italia l’ottantenne Gian Paolo Ormezzano, per esempio, storico ex direttore di Tuttosport e primatista nazionale di cronache olimpioniche, non nasconde la sua passione per il “web 2.0”7, ciò non significa che anche i redattori nostrani siano della stessa partita. “Non sono i canali adatti” “Confesso di essere all’antica” ci dice Tarcisio Bullo, capo redattore sport al Corriere del Ticino. Personalmente, afferma, “sono iscritto a Twitter e Facebook, ogni tanto li consulto, ma distrattamente”. Per lavoro, continua, “mi pare che Twitter stia diffondendosi sempre di più, ma ritengo che non siano i canali adatti per fare un’informazione sportiva completa ed esauriente. Possono però servire come complemento, per attirare l’attenzione, per dare una notizia in anteprima, per portare sui canali tradizionali lettori o spettatori interessati ad andare oltre il fast-food mediatico”.

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Il suo collega Marzio Mellini de LaRegioneTicino addirittura non ha profili personali su Twitter o Facebook: “non ho ben capito se la mia presenza in chiave social sia poi così indispensabile”. E aggiunge: “Al momento ogni redazione lancia (su Twitter e Facebook, ndr.) i contenuti principali dell’edizione sulla quale lavoriamo giorno per giorno”. Per fare informazione, precisa Mellini, “solo in alcuni casi in ambito mediatico il profilo Twitter del redattore o del giornalista è già stato sdoganato come tale. Probabilmente il futuro è anche questo, ma il presente pone il redattore della carta stampata di fronte all’amletico dubbio: privilegiare l’immediatezza della notizia (a scapito poi della freschezza della stessa quando appare l’indomani sulla versione cartacea) o preservarne l’esclusiva fino alla pubblicazione del giornale? Un dilemma non da poco sul quale chi fa il nostro lavoro è giusto che si chini”.

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Tradizione vs modernità? Serissimi studi8 affermano che “le nuove tecnologie come Twitter hanno cambiato la natura della comunicazione tra gli atleti e i tifosi di sport”, offrendo “agli appassionati un accesso senza precedenti agli atleti professionisti e alle loro vite personali e sociali”. È chiaro che che non si tratta solo di gossip, dunque perché mai i giornalisti dei media tradizionali (stampa, TV, radio) non dovrebbero tenerne conto più seriamente? È solo una questione di tempo oppure c’è diffidenza? In Ticino, eccetto forse per la politica, si discute e si informa molto più di sport che di altro. Se consideriamo il nostro piccolo territorio, stupisce che lo sport professionale goda sempre di una certa vivacità, nonostante scandali e fallimenti societari. Ora, se questo sembra più dettato da altri fattori quali, innanzitutto, il diffuso benessere e lo storico campanilismo regionale, è alquanto sorprendente che il “web 2.0” risulti ancora così estraneo al giornalismo sportivo rispetto ad altre realtà a noi vicine. L’impressione è che nuovi e “vecchi” media siano ancora molto concorrenti, anziché complementari o che, addirittura, come prevedono alcuni, il “web 2.0” faccia nascere un nuovo linguaggio, un “nuovo giornalismo”. Persino negli Stati Uniti le cosiddette “redazioni multimediali” o “integrate” sembrano più un concetto che realtà: “ovunque le redazioni si sono di fatto sviluppate in «redazioni integrate», ma a un ulteriore approfondimento si è scoperto che la tradizionale divisione del lavoro è praticamente rimasta inalterata”9. Immediatezza vs accuratezza? Per il sociologo e giornalista italiano Francesco Pira ci troviamo già in una “nuova era per il giornalismo sportivo” e “i giornalisti (...) dovranno trovare nuovi modelli perché i protagonisti dello sport, in maniera diretta su Facebook, Twitter o YouTube, postano dichiarazioni o materiali che anticipano quanto Tv e radio diranno o quanto scriveranno i quotidiani l’indomani”10. Che ne pensa Bullo? “Sono abbastanza d’accordo, ma con alcuni distinguo. Il primo concerne i media online, per i quali sembra contare essenzialmente la velocità di reazione di fronte a una dichiarazione di un atleta. Io sono amante del buon giornalismo, quello che sa prendersi il tempo per riflettere e magari anche per spiegare al pubblico certi retroscena. Il secondo concerne il contenuto delle dichiarazioni del campione: costretto a stare dentro il centinaio e poco più di battute concesse da Twit-

ter, è inevitabile che il suo pensiero risulti incompleto e spesso anche superficiale. Al pubblico va bene lo stesso?”. Secondo Mellini “il giornalismo online privilegia l’immediatezza e non presuppone, quindi, l’approfondimento tipico invece di chi non potendo più pretendere di dare la notizia, deve profilarsi per come la commenta e la rende fruibile anche a chi già la conosce”. Ma, aggiunge, “chi scrive su un giornale ha il dovere di andare a fondo della questione e di riferirne in modo accurato”. L’alba di un nuovo linguaggio? Questo scetticismo, diciamo, sarebbe giustificato dalla tecnologia stessa che consente di pubblicare in pochi secondi. “I media online pubblicano in tempo reale e dunque diventano imbattibili quando c’è di mezzo una notizia” osserva Bullo. “Oggi chi ha in mano uno scoop nei giornali classici non può più permettersi di tenerlo per sé, perché il rischio di perdere l’esclusiva è troppo grande. Dunque passerà la notizia all’edizione online del suo giornale, riservandosi di svilupparla il giorno dopo sulla versione cartacea”. Per Mellini “l’immediatezza e una certa forma di sensazionalismo che spingono a ottenere i famigerati clic, non sempre sono garanzia di qualità, sia nel linguaggio scelto sia nell’approfondimento dei contenuti, che richiedono tempi che chi opera online non ha”. Pare di capire che la frattura tra cartaceo e digitale, almeno dalle nostre parti, sia ancora molto netta. Ma i nuovi media sono davvero poco adatti a un’informa-

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scritto sulla carta, dicono gli esperti, non può funzionare. Lo sosteneva già nel 2007 Jeff Jarvis, giornalista e docente statunitense: “cover what you do best, link to the rest” (copri quello che sai fare meglio, collega il resto). Serve cioè un linguaggio, spiega la Trotta, “più moderno”, con “molti più neologismi e la lettura deve essere più veloce e fruibile rispetto a quello dei giornali cartacei. Oltretutto è fondamentale l’interazione con video e audio”12.

Immagine tratta dal profilo Facebook di Lara Gut

zione curata? L’immediatezza dell’online è inconciliabile con l’approfondimento? In realtà gli esempi non mancano. In Italia calciomercato.it diretto da Eleonora Trotta è riconosciuto per la sua qualità e attendibilità. Lo stesso vale, per esempio, per quello brasiliano lancenet.com.br, tant’è che “nessun giornalista” di Lance! vorrebbe “lavorare per l’edizione cartacea (140mila copia al giorno) anziché per quella online (8 milioni di visite)”11. Questo implica non solo dei cronisti competenti e attenti, ma anche e soprattutto un nuovo linguaggio: trasporre semplicemente all’online quello che sarà

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Quale futuro? Già, l’interazione, ma quale e come? “In una prima fase” afferma Fabio Ciotti, italianista all’università di Torino, “ogni nuovo medium comunicativo cerca di utilizzare i linguaggi e i modelli comunicativi delle tecnologie che lo precedevano. Ma successivamente le caratteristiche tecniche del nuovo strumento influenzano tale linguaggio, fino a modificarlo profondamente o a produrne uno nuovo”13. Ancora oggi, sostiene Pasquale Mallozzi, docente di scritture giornalistiche online alla Sapienza di Roma e giornalista del Corriere dello Sport, “le forme della cultura digitale sono completamente sconosciute nelle redazioni tradizionali, che si vantano ancora di un giornalismo antico nelle forme e nella struttura mentale che c’è dietro. Non si fa altro” insiste, “che riportare pezzi di stampa, pezzi di tv, pezzi di radio sull’online, dimenticando che c’è bisogno invece di un nuovo modo di raccontare le cose e di tenere insieme i diversi linguaggi”14. In particolare con un occhio di riguardo ai giovani e alle loro esigenze di futuri lettori, anche perché se l’online sta acquisendo terreno, il cartaceo invece lo sta perdendo: l’erosione di lettori è una tendenza globale e non si vede perché non dovrebbe riguardare anche la Svizzera, benché vanti un tasso di lettori di giornali tra i più alti al mondo. Quale futuro dunque per il giornalismo sportivo? “Faccio già fatica a immaginarmi come sarà fra due anni!” risponde Bullo. “Di una cosa però sono certo, e citerò il titolo di un articolo di Gianni Mura: Coraggio, cari giornalisti, il meglio è passato!”. Per Mellini, semplicemente, “non si può fingere che nulla sia cambiato, né ci si può limitare a salire sul carro dell’online senza preservare i canoni che hanno fatto la forza del giornalismo sportivo e non solo”. note 1 “Sport non Stop”, La1, RSI, 25.3.2012. 2 “Fan–Athlete Interaction and Twitter Tweeting Through the Giro: A Case Study” in International Journal of Sport Communication (3/2010). 3 Si veda “La mistica dello sport”, ticinosette n. 32/2012. 4 “Perché i giornalisti twittano così tanto?”, Osservatorio europeo di giornalismo, Ejo, 25.11.2013. 5 “Defining Social Networks in Switzerland 1/2011”, slideshare.net. 6 http://jou.sagepub.com/content/14/7/942 7 “Evoluzione e fascino del giornalismo sportivo”, Ejo, 27.2.2012. 8 “Understanding Professional Athletes’ Use of Twitter: A Content Analysis of Athlete Tweets”, International Journal of Sport Communication (3/2010). 9 Neue Zürcher Zeitung, 7.3.2008. 10 malgradotuttoweb.it/, 1.6.2013. 11 “Ecco il decalogo del giornalismo online”, Ejo, 20.3.2010. 12 Ibid. 7. 13 “Le caratteristiche comunicative dei media”, mediamente.rai.it. 14 “Una nuova narrativa per il giornalismo digitale”, Ejo, 7.1.2013.

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Neve per tutti

Skibob, dualski, wheelchair curling, biathlon, ice sledge hockey: sono solo alcune specialità che le persone con handicap possono praticare, alcune delle quali saranno presenti alle Paralimpiadi di Elisabeth Alli

Società 12

L’atleta Maurizio Nicoli (per gentile concessione della Federazione Ticinese Integrazione Andicap)

Il

7 marzo prossimo avranno inizio le XI Paralimpiadi invernali in quel di Sochi. Una manifestazione olimpica che ha luogo sempre due settimane dopo i giochi olimpici ufficiali e che nel 2012, a Londra, ha fatto registrare in più occasioni il tutto esaurito in termini di biglietti venduti, segnando indici d’ascolto televisivi da record. Volendo andare oltre le polemiche che regolarmente accompagnano questi mega eventi sportivi, ci siamo interessati al dietro le quinte del circo invernale paralimpico che conta discipline come il wheelchair curling (curling su sedia a rotelle), il biathlon, lo sci di fondo, l’ice sledge hockey (hockey su ghiaccio in slitta) e lo sci alpino nelle sue forme più diverse. Davide Bogiani, già co-allenatore della squadra nazionale di sci paralimpico, oggi responsabile del servizio sport alla FTIA (Federazione Ticinese Integrazione Andicap; ftia.ch), si è reso disponibile, permettendoci di

circoscrivere una pratica sportiva in piena espansione e con un grosso margine di crescita. “È soprattutto sulle piste della Svizzera interna che si vedono le novità”, ci spiega Bogiani. “Lo skibob che si sta diffondendo un po’ ovunque ne è un esempio”. Il mezzo è composto da un seggiolino sopraelevato a un solo sci sul quale il discesista resta in equilibro bilanciandosi su due bastoni. Questi sono impugnati come stampelle e terminano con degli sci lunghi una ventina di centimetri. Presenza nel panorama invernale, lo skibob permette alle persone paraplegiche di riassaporare l’ebbrezza di una discesa sulla neve. Plusport, la Federazione svizzera dello sport andicap (plusport.ch), ne promuove e diffonde la pratica offrendo corsi e formando monitori che a loro volta inizieranno nuovi addetti allo skibob. “In questi anni abbiamo notato quanto l’espansione della pratica è funzionale al numero di monitori. In Ticino, Plusport è


presente attraverso la FTIA che ha come missione di proporre una formazione di alta qualità” riferisce Bogiani. “Stazioni sciistiche come quella di Sörenberg, preparate nell’accoglienza di clienti con handicap, sono una pietra miliare nell’incremento del movimento, che in passato ha contribuito alla costruzione di una squadra nazionale solida e competitiva”.

Formazione e sensibilità Plusport forma inoltre gli accompagnatori per gli sciatori con handicap sensoriali offrendo corsi di sci di fondo, snowboard e sci alpino. In questo ambito, per i monitori è fondamentale acquisire la gamma completa dei comandi per guidare al meglio lo sciatore ipovedente. Va inoltre curato il rapporto tra monitore e allievo affinché si istauri la necessaria fiducia per sciare in totale sicurezza. “Infatti, quando si lavora con la cecità la sicurezza è l’elemento principale per scongiurare incidenti” ricorda Davide Bogiani. Negli ultimi anni dunque la tecnologia ha compiuto passi da gigante offrendo attrezzi sempre più ergonomici e compatibili con i differenti tipi di handicap. In futuro, certamente ci saranno nuove evoluzioni tecniche, ma la svolta e l’aumento delle adesioni verrà soprattutto da una crescente sensibilità da parte dei responsabili delle stazioni sciistiche e dalla disponibilità di monitori adeguatamente formati.

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Nessuno escluso Tra le varie opzioni dello sci alpino, troviamo anche la modalità dualski, sulla quale Bogiani ci fornisce alcune spiegazioni. “Creata appositamente per chi ha una mobilità altamente compromessa, anche a livello degli arti superiori come per esempio i tetraplegici, le persone affette da paralisi spastica oppure coloro che soffrono di distrofia muscolare in fase avanzata, il dualski restituisce la possibilità di godersi la montagna o semplicemente farci ritorno, se in passato si frequentavano assiduamente le cime innevate”. Il dualski consiste in due sci sopra ai quali è collocato un seggiolino con due manici che vengono spinti a mo’ di passeggino dall’accompagnatore (monitore formato da Plusport). “Spesso quello che fanno i tetraplegici è oscillare lievemente la testa o i gomiti mentre l’accompagnatore munito di sci li sospinge lungo le piste”. Nella categoria delle persone prive di un arto, l’attrezzatura consiste in uno sci e due stampelle che fungono da bastoni lunghi 130 centimetri. “Appoggiando il peso sulle stampelle, lo sciatore evita di affaticare oltremodo la gamba su cui riposa tutto il peso del corpo”, puntualizza Davide Bogiani e continua: “Coloro

che beneficiano di protesi sciano invece con entrambi gli sci”. Tra le molteplici suddivisioni dello sci alpino paralimpico, troviamo la categoria di coloro che soffrono di emiplegie (ovvero un deficit motorio che interessa il lato destro o il lato sinistro del corpo). Questi sciatori possono affaticare fortemente la parte del corpo sana caricandola di tutto il peso. “Può dunque capitare un incidente per via della stanchezza che riflettendosi anche a livello psicologico inibisce la concentrazione necessaria allo sforzo”.

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S

ono nato a Chiasso il 24 agosto del 1954. Da piccolo sognavo di fare due cose: il maestro e il giornalista e oggi che ho quasi sessant’anni posso dire di aver realizzato i miei sogni. Ma procediamo con ordine. A cinque anni passavo il tempo nel negozio di mio padre, che era parrucchiere. Lì intrattenevo i clienti recitando le formazioni di calcio, cantando, facendo le mie prime radiocronache. Per me è stata una scuola, una palestra. Intanto frequentavo le elementari a Chiasso, poi sono andato al Ginnasio e ho seguito il liceo a Lugano. Dopo di che ho deciso di iscrivermi alla facoltà di Lettere a Friburgo. Terminati gli studi mi sono dedicato all’insegnamento. E ho proseguito con questa attività per diciotto anni. Insegnare è un mestiere difficile, soprattutto dal punto di vista relazionale ed emotivo, un’attività che mi ha segnato e fatto crescere. In quegli anni scrivevo anche di teatro, musica e cultura per il quotidiano LaRegioneTicino, solo occasionalmente di sport. Poi, nel 1994, la mia vita ha preso una svolta, decisiva. Allora la scuola per cui lavoravo era in crisi e le ore di insegnamento non erano garantite. Avevo bisogno di un altro lavoro per integrare, anche perché avevo messo su famiglia ed erano arrivati due figli. Così ho deciso di propormi come giornalista e ho chiamato Maurizio Canetta, che non conoscevo personalmente, e che era responsabile della redazione sportiva dell’allora RTSI. È stato un vero colpo di fortuna perché proprio il giorno prima un suo collaboratore aveva rassegnato le dimissioni per seguire a Tokio la fidanzata, una cantante rock giapponese. E così è iniziata la mia avventura giornalistica alla RSI. Dopo sei mesi Canetta mi propose di lasciare definitivamente l’insegnamento per dedicarmi solo alla redazione e io accettai. Lo sport l’ho sempre praticato, a titolo amatoriale, dal calcio, al ciclismo, allo sci di fondo, ma non mi sarei mai immaginato di diventare un giornalista sportivo. Trascorso un primo periodo, sono stato assegnato alla trasmissione “Quotidiano”, dove per sei mesi mi sono occupato di argomenti diversi. Avevo molto entusiasmo. Ogni giorno una storia nuova da raccontare. Poi Canetta mi chiese di tornare a occuparmi di sport. A dire il vero non ne avevo granché

voglia, ma la proposta fu troppo allettante per dire di no: dovevo seguire i Campionati europei di calcio a Londra come inviato. Ricordo un aneddoto legato a quell’esperienza: ero al vecchio stadio di Wembley per seguire l’incontro iniziale tra Svizzera e Inghilterra. A un certo punto Kübilay Türkyilmaz segnò la rete del pareggio, e allora Canetta, che era seduto accanto a me, mi toccò il gomito e mi disse: “Allora Giancà, sei pentito di essere tornato da noi...?”. Da allora ho sempre continuato con lo sport. In questi vent’anni di giornalismo posso dire che il mio lavoro è cambiato molto: certo, restano l’entusiasmo, la motivazione, ma tutto il resto si è trasformato e io ho un atteggiamento più distaccato. Storie di doping, truffe, scommesse illecite e quant’altro mi hanno reso più cauto nei miei entusiasmi. L’atleta, il giornalismo, il mondo sportivo in generale hanno regole dettate dal mercato, dal denaro; con lo sviluppo di internet il numero dei mezzi di comunicazione è aumentato, ma non sempre è cresciuta la qualità dell’informazione. Lo sport sempre più è diventato uno strumento di legittimazione del potere di uno stato o di un leader politico, e quindi può anche essere bersaglio del terrorismo, che genera paura. Proprio lo sport che dovrebbe rappresentare, invece, una sorta di terra di libertà. Anche se ora il clima non è dei più rilassati, sono convinto che ai giochi di Sochi andrà tutto liscio, ma il prezzo da pagare, sarà elevatissimo. Lo sport mi ha permesso di girare il mondo, di vivere grandi emozioni, mi spiace solo che mio padre se ne sia andato troppo presto e non mi abbia mai conosciuto in veste di giornalista, sarebbe stato il più assiduo e soddisfatto telespettatore! Oggi, salute e azienda permettendo, vorrei continuare a impegnarmi nella mia attività professionale e piano piano cominciare a pensare al dopo carriera: a me piace scrivere, storie e racconti suggeriti dai miei incontri professionali. Vorrei inoltre trascorrere più tempo con le persone a cui voglio bene. Ma prima ho ancora qualche emozione sportiva da vivere e far vivere. Spero di riuscirci!

GIAnCARLO DIOnISIO

Vitae 14

Aveva due grandi sogni: fare l’insegnante e diventare giornalista. E la sua grande passione per lo sport gli ha permesso di girare e conoscere il mondo

testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Flavia Leuenberger


Club Pattinaggio lugano

l’eQuilibrio della gRAzia a cura di Giancarlo Fornasier; fotografie ŠReza Khatir


sopra: Noemi, 15 anni; nella pagina precedente: Alissa, 13 anni

“È

Federica, 14 anni

sicuramente uno sport che richiede molto sacrificio, a livello familiare/finanziario ma soprattutto uno sport che impone alle atlete la massima dedizione, serietà e passione”. Sono parole di Franco Gubitosa, presidente del Club Pattinaggio di Lugano, uno dei cinque enti che con Ascona, Bellinzona, Biasca e Chiasso sono presenti nel nostro cantone. Passione, dedizione, serietà: accostamenti impegnativi, soprattutto per adolescenti con tanti stimoli e opportunità di svago... “Fortunatamente nel nostro club poche atlete rinunciano a questo difficile cammino” continua Gubitosa “perché nonostante il sacrificio richiesto sia tanto, le soddisfazioni al raggiungimento degli obiettivi sono impagabili e l’emozione quando si sale sui gradini del podio le ripaga di tutte le fatiche. L’obiettivo del nostro club è offrire a tutti gli iscritti un ambiente sano e stimolante, dove crescere e fare sport insieme, divertendosi e cercando di far combaciare il lato agonistico-sportivo con quello della crescita educativa”.

va (ca. 100), senza dimenticare gli iscritti alla sezione Adulti (ca. 40). Il tutto guidato da un team di insegnanti composto da cinque allenatori, due coreografi e un commissario tecnico, e dallo staff dirigenziale composto da sette membri di Comitato e una segretaria. Numeri importanti che oggi ci mettono in linea con la realtà attuale nel settore giovanile dell’Hockey Club Lugano. Riguardo alle specialità, a Lugano si pratica pattinaggio di «figura» e di «stile», ma uno dei prossimi obiettivi è poter creare una squadra di «sincronizzato». La stagione comincia a inizio agosto e termina verso la fine di aprile sul ghiaccio della Resega. Gli allenamenti si svolgono dal lunedì alla domenica, a dipendenza delle ore ghiaccio a nostra disposizione, mentre le gare vengono pubblicate dall’Unione Svizzera di Pattinaggio (USP) e si suddividono tra Campionati Nazionali, Regionali e Internazionali più le gare Swiss Cup, dove le atlete USP sono chiamate a dare il meglio per potersi aggiudicare a fine stagione il titolo nelle varie categorie, e a realizzare il Personal Best per poter partecipare ai Campionati Svizzeri”.

Presidente, iniziamo con qualche nota storica e alcune cifre: da quando esiste il vostro club, quanti sono gli allievi iscritti e i monitori/allenatori, quali specialità del pattinaggio artistico è possibile praticare a Lugano e come è orgnizzata una vostra stagione... “Il Club Pattinaggio Lugano nasce nel 1962, grazie al suo fondatore Fabio Genetelli. Oggi il nostro club vanta circa 400 soci, il più grande in Ticino e uno dei più grandi in Svizzera come numero di iscritti. Si suddivide nelle varie sezioni, a cominciare dai Pulcini (circa 50 ragazze e ragazzi), per poi passare agli Amatori (ca. 190) e alla sezione Artistica/Artistica competiti-

Nel confronto con altri sport praticati su ghiaccio (pensiamo naturalmente all’hockey), attorno al pattinaggio artistico vi è un interesse mediatico minore. Eventi come i Mondiali e le Olimpiadi – trasmessi in TV – sono effettivamente trampolini per l’intero movimento? “Sicuramente sì, anche se bisogna fare una netta distinzione tra pattinaggio a livello amatoriale e pattinaggio artistico/ agonistico. Le trasmissioni, così come gli spettacoli trasmessi in TV durante le festività natalizie, ci portano sì un maggior numero di iscrizioni, ma unicamente nelle sezioni amatoriali. Per quanto riguarda le competizioni come Europei o Mondiali (...)


Federica, 14 anni


Glenda, 17 anni


Sophie, 14 anni

Stella, 17 anni

e Olimpiadi, oltre a uno spettacolo di altissimo livello, danno alle nostre atlete già iscritte alla sezione artistica uno spunto al miglioramento e al maggior impegno”.

pionato Svizzero. Sono le famiglie a sobbarcarsi tutti i costi, sia a livello di allenamenti sia di iscrizione alle gare. Si è vero, le atlete insieme ad allenatore e coreografo sono sempre più alla ricerca di musiche coinvolgenti, dove poter esprimere al meglio sia la tecnica sia l’espressione coreografica dei movimenti”.

È indubbio che il vostro sia uno sport che richiede un grande impegno da parte dell’atleta, fisico ma anche mentale. Come avviene, per esempio, nella ginnastica artistica e attrezzistica le grandi manifestazioni mostrano atlete e atleti che presentano prove di pochi minuti ma che necessitano di una preparazione che dura molti mesi, a volte anni… “È vero, il pattinaggio artistico fa parte di quella categoria di sport dove ti giochi tutto in pochi minuti. L'atleta deve saper dimostrare e applicare quanto preparato durante gli allenamenti di una o più stagioni, in base agli obiettivi, in un brevissimo lasso di tempo. Questo, oltre all’aspetto atletico implica anche una preparazione a livello mentale sulla gestione delle emozioni non indifferente. Da quest’anno nel nostro club è stato dato molto peso all’aspetto e alla preparazione mentale, specialmente per le atlete USP. Un’atleta serena e consapevole su come gestire le proprie emozioni avrà meno difficoltà a focalizzare e a gestire al meglio la propria prestazione in gara”. Rispetto a qualche anno fa, il pattinaggio artistico sembra sempre meno un esercizio prettamente “tecnicoesecutivo” e sempre più una ricerca coreografica, a volte acrobatica. La legge dello show a tutti i costi, magari spinto dagli sponsor, ha colpito anche voi? “Diciamo subito che di sponsor ai nostri livelli non ne esistono, se non per l’organizzazione di un evento speciale come un Cam-

Se lei, come presidente del maggiore club del cantone, potesse vedere esaudito un desiderio, che cosa chiederebbe? Forse maggiori e migliori infrastrutture... “Sicuramente il primo che mi viene in mente, è quello di poter avere una pista tutta nostra, poter gestire ore/ghiaccio e allenamenti solo per noi, così da portare anche questo sport sul ghiaccio a livello del movimento hockestico”. Dopo i recenti Campionati Svizzeri 2014 Speranze e Mini appena svoltisi a Biasca, quali sono i prossimi importanti appuntamenti a livello cantonale e nazionale? “A livello cantonale i Campionati Ticinesi Breitensport organizzati dalla Federazione Ticinese (ftp-skating.ch) che si svolgeranno alla Resega il 22/23 febbraio, mentre a livello nazionale ricordo i prossimi Campionati Svizzeri 2015 Elite che saranno organizzati dal Club Pattinaggio Lugano e quindi sulla pista della Resega dal 11 al 13 dicembre 2014, dove speriamo possa prendere parte qualche atleta del movimento ticinese e perché no, magari qualcuno proprio del nostro club, noi ci speriamo...”.

Reza Khatir

Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Locarno ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI. khatir.com


Palestre. Spazi tonificanti di Marco Jeitziner; fotografie @Flavia Leuenberger

mesi, uno può modificare il proprio corpo. Diceva di essere contento e che così si sentiva più rispettato. Poi al corso di ginnastica giocammo a pallacanestro, non che lui fosse agile come una gazzella, anzi, tant’è che s’appese per errore al canestro che venne giù come un ramoscello. Col passare degli anni, passavano anche le infinite mode: ho sentito discussioni di signore al bar che scoprivano lo spinning, però non disdegnavano il running, anche se avrebbero preferito il body tone, ma sognavano, sotto sotto, il fatburner, perché erano rimaste deluse dallo step & sculpt...

Luoghi 44

Sgrassare la pancetta, spianare i rotolini, sfoltire la cellulite, tonificare i muscoli, rinvigorire le membra ecc. Qualunque sia il vostro obiettivo, dicono che la missione non è impossibile: serve “solo” costanza e rigore. In realtà dovremmo sentirci tutti un po’ in colpa: noi ticinesi, sostiene lo studio “Sport nel canton Ticino” del 2008, siamo i più sedentari del paese! Così, tanti anni fa anche il sottoscritto (ma per altri motivi?), si recò in una sala di muscolazione della capitale che oggi non esiste più. Ricordo bene il giocatore americano di pallacanestro: per me era “braccioni” (possenti) e “gambette” (agili). Tra la fauna dei frequentatori, c’era anche un massiccio piccoletto meridionale che cacciava certi urli quando sollevava cento chili di ferro! Ricordo le vene sui bicipiti del ventenne vanitoso, la pancia del quarantenne, padre e figlio col problema delle spalle che non si sviluppavano, quella che vogava e vogava e vogava... Il corpo di ciascuno Ho visto persone bazzicare le palestre con giudizio e, devo ammettere, anche con buoni risultati. Ho visto gli obesi in TV ottenere incredibili dimagrimenti. L’importante, credo, sia non eccedere troppo e cadere nella cosiddetta ipertrofia di certi incredibili culturisti, diciamo, un po’ troppo... massimalisti? Ovviamente ognuno faccia del proprio corpo quello che vuole. Io ricordo un compagno di liceo, alto e magretto, che aveva passato le vacanze estive in palestra, invece di godersi il sole e l’aria aperta. Ebbene, al rientro in settembre aveva “messo su” (non so come) trenta chili di muscoli: s’era dovuto rifare tutto il guardaroba! Rimanemmo tutti scioccati da come, in pochi

La prova costume La maggior parte di noi è vittima del cosiddetto “culto del corpo”, un corpo tonico, snello e un po’ abbronzato, una “religione” che giunge dagli Stati Uniti. Ora, senza per forza dover esibire la “tavoletta di cioccolato” sul ventre o costruirsi braccia che sembrano cosce, l’estate torna ogni anno, sadica stagione ci aspetta per metterci ancora una volta sotto esame: per la “prova costume”, da gennaio a giugno, per molti di noi la via crucis è in palestra. Se non siete tra quelli che vanno prima a casa a cambiarsi e arrivano alla sala con la tuta, anche in palestra ci spogliamo, prima della “cardio” o per fare la doccia, rivelandoci in tutta la nostra soggettiva bellezza (o in tutto il nostro inguardabile “orrore”). Sotto con il vogatore e la cyclette tecnologica che, tra un po’, vi dice anche quando avrete i primi acciacchi! Ecco che ci s’incastra tra quelle tipiche macchine anaerobiche, studiate apposta per fare attività “ad alto carico di sforzo e ad alta intensità che consuma più ossigeno di quanto ne solleciti l’assunzione” dice Wikipedia. E dai nomi in inglese alquanto spaventosi: abdominal crunch, abductor machine, arm curl e chest press. Ma in sostanza, come siamo messi noi in fatto di palestre? In fatto di guizzanti bicipiti, di pettorali e natiche scolpiti? In Ticino vi sarebbero tante palestre, una novantina! Secondo lo studio già citato, questi luoghi ci piacciono parecchio, ma nei fatti nel 2008 solo un ticinese su dieci vi era iscritto. Oggi forse di più? Piacciono soprattutto alle donne tra i 30 e i 60 anni (pare che gli uomini preferiscano fare attività solo tra uomini, per esempio presso le società sportive). I luganesi sarebbero i più sfegatati e attenti alla linea (forse perché in città si è più bombardati da certi messaggi?), nelle Tre Valli invece abiterebbero i più sedentari (ma forse solo perché ci sono meno palestre…?).


Luoghi 45


Vita da punch

Brevi e sconclusionate annotazioni di uno sciatore mancato con una smodata passione per le sdraio, il mare e il punch

di Giulio Carretti

Mundus 46

In fondo, ce l’avrei anche potuta fare. La prima volta con Grazie mille, pensai fra me, mentre me ne stavo fermo in gli sci non andò infatti così male e anche se il giorno dopo mezzo a tutto quel bianco, attento a non muovere troppo ero steso a letto con tutti i muscoli doloranti e due linee i piedi stretti negli scarponi onde evitare impreviste didi febbre devo ammettere che, a dispetto delle innumere- scese verso valle. Non ci fu verso: nonostante il maestro voli cadute, mi ero proprio divertito. Per un principiante teutonico e la pazienza della fidanzata nulla riemerse di il momento era perfetto: una famosa quel mitico giorno di quindici anni stazione sciistica sulle Alpi durante prima. “Non fa proprio per me” senun’anonima settimana di gennaio. tenziai, anelando alla terrazza del Due metri di neve e pochissima gente. rifugio sulle cui sdraio stavano alcune Naturalmente scelsi la pista baby, fasignore con il volto rivolto al sole. cile facile, ma sufficientemente lunga “È meglio lasciar stare altrimenti ti perdi per garantirmi un po’ di brividi. Alla la giornata” conclusi. Tu scia tranquilla e fine della giornata sapevo prendere io me ne starò lassù a prendere il sole”. tranquillamente lo skilift ed eseguire E così, libero da sci ma non da quela mia discesa senza particolari intopgli odiosissimi scarponi, ordinai un pi. Si racconta dei tempi in cui gli sci punch e preso posto fra un’algida erano aste lunghe e sottili e bisognava svizzera tedesca e due ragazzetti apandare a spazzaneve per imparare, non passionati di snowboard mi lasciai come oggi con quelle specie di padelle andare al tepore del mezzodì. Fino ad ai piedi che sembrano assicurare un assopirmi. Fu la voce dei due ragazzi equilibrio perfetto. a risvegliarmi… “Ehi guarda là, guarda A dire il vero, un piccolo incidente quella come scia”. E l’altro: “Cacchio, accadde: a seguito di una mia roviquella sì che è brava”. nosa caduta un arrogantello di 7 o Intorpidito, alzai la testa oltre la baforse 8 anni, un piccoletto che sciava laustra e seguendo l’indice di uno dei come un campione, si fermò a una due posai gli occhi su una ragazza che ventina di metri di distanza e dopo con stile impeccabile ma a gran veloavermi osservato per benino esordì cità scivolava elegantemente giù dal con un: “Certo che tu fai proprio schifo”. pendio… “Ma diamine” pensai fra me Incassai il colpo sennonché dopo un “quella è proprio la mia fidanzata”. E un po’ me lo ritrovai davanti di spalle a vago senso di inadeguatezza si imposImmagine tratta da pinterest.com una distanza ragionevole, e raccolta sessò di me. Meno male c’era il punch, una palla di neve gliela lanciai contro. ancora tiepido, a consolarmi. Miracolosamente, centrai il bersaglio. Poi, quindici anni di lontananza da tutto ciò che è freddo, bianco e terribil- Conclusioni mente scivoloso. Alla fine io e la bella sciatrice ci siamo sposati. Lei a sciare ci è sempre andata poco, credo soprattutto per colpa mia, Una nuova fidanzata che amando il mare preferisco le spiagge del Mediterraneo Lei era alta, bella, mora e… appassionata di sci. Anzi, in e le barche a vela. Sarà che amo poco il freddo, sarà che quel campo era proprio una mezza campionessa: il padre ho gli occhi sensibili e il riverbero del sole sulla neve mi l’aveva iniziata fin da piccolissima e non c’era pista dei stressa le pupille, sarà che quel senso di instabilità che si Grigioni che non conoscesse alla perfezione. Diamine, un ha con gli sci ai piedi mi inquieta o forse che, data l’età, bel problema. E così accadde di nuovo. non ci penso neanche lontanamente a riprovarci. Una meravigliosa giornata, piste immense e un sacco di A volte, però, in sogno, mi è capitato di scivolare giù da gente che sfrecciava da tutte le parti inclusi una serie di un pendio innevato, il suono degli sci che frusciano sulla rotanti e pericolosissimi individui su uno sci solo. “È lo neve, con un senso di libertà e di gioia che raramente ho snowboard” mi rassicurò lei, aggiungendo “roba per ragazzi”. provato. Sarà per un’altra vita…


Prudenza

Dante e Virgilio, sbucati sulla spiaggia del Purgatorio, vedono brillare, alte nel cielo australe, quattro stelle eccezionalmente luminose, la cui bellezza commuove Dante a tal punto da fargli considerare il cielo boreale “vedovo”, poiché gli è negato un tale splendore di Gaia Grimani

Le quattro stelle viste da Dante e Virgilio sulla spiaggia

dalla verità. Un primo modo di esercitare questa virtù, su del Purgatorio rappresentano le quattro virtù cardinali: cui la Bibbia insiste parecchio, è la prudenza nel linguaggio la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza, così e nell’uso della parola. L’uomo prudente è uno che usa la dette perché hanno funzione di cardine attorno alle quali parola tanto quanto basta, così come non abusa di nulla, tutte le altre virtù si raggruppano. usando tutto secondo quello che serve. Prudenza nel Gli uomini d’oggi non sembrano apprezzarle, anzi le han- parlare, evitando soprattutto le chiacchiere vane, i giudizi no quasi dimenticate perché spesso opposte al comune avventati, le mormorazioni, le calunnie. “C’è un tempo per sentire della società odierna, domiparlare e un tempo per tacere”, ci dice nata dalla fretta, dall’efficientismo, luminosamente il libro del Qoelet. dall’edonismo, dal materialismo, La vera scienza non è mai parolaia dalla religione del successo a ogni ed è sempre aperta al confronto costo. È una società con molti disereno della ricerca. ritti e pochi doveri, generalmente superficiale in cui sembra imporPre-vedere tante avere piuttosto che essere, in Un altro grande settore in cui la cui non ci si cura di danneggiare il prudenza si rivela come una virtù prossimo per raggiungere i propri guida è l’ambito delle decisioni, obiettivi, personali o di casta. mai prese in maniera sconsiderata In un mondo del genere, parlare e stolta, e la capacità di ascoltare di prudenza sembra anacronistico i consigli di uomini saggi, non e assurdo, come di qualcosa di cui disgiunta da quella di ascoltare non solo si è perso il significato il proprio cuore, ossia la propria più autentico, ma addirittura lo si coscienza. è travisato. L’uomo prudente è viChi è quindi il prudente? È l’uomo sto oggi come un timido, incapace che costruisce la sua casa sulla rocdi audacia e di coraggio: è quello cia, non basandosi solo sui periodi Baruch Spinoza (1632–1677) che guida con prudenza e mette di quiete, ma calcolando le possibili la maglia di lana per non prendere “Caute” (sii prudente) fu il motto del filosofo olandese crisi che si potranno verificare: è freddo, è quello che non sa prendechi edifica la vita di coppia non re posizione, che non osa decisioni coraggiose, un gretto, in vista di quando tutto va bene, ma di quando le cose un meschino, un vile. Nulla di più errato. diventeranno difficili; è colui che investe il proprio denaro con oculatezza, non facendosi abbagliare dalle sirene; è Tempo per tacere chi usa con parsimonia i mezzi di comunicazione sociale, La prudenza, rettamente intesa, è una virtù molto im- per non perdere inutilmente tempo e dare in pasto a tutti portante, che abbraccia quasi tutti i comportamenti delle la propria vita privata. Le mamme sono istintivamente persone. Essa, infatti, rappresenta la capacità di discernere prudenti per tutto ciò che concerne mariti e figli e stanno il bene dal male; o, se si preferisce, di discernere quale sia il sveglie ore e ore nella notte fino a che non ritornano. La vero bene, per noi innanzitutto, ma poi anche per coloro prudenza si esercita anche nei divertimenti, nella scelta che sono in relazione con noi, a cominciare dai nostri cari degli amici e persino in quella degli amori. Insomma il e finendo con la società, gli animali, le piante, e persino prudente è colui che guarda ciò che viene dopo, oltre le l’ambiente nel quale viviamo. cose, pre-vedendo. La prudenza, così intesa, è strettamente collegata con la La prudenza quindi è indispensabile per crescere nella sapienza, ne è la premessa logica: solo la persona pruden- vita spirituale e nelle relazioni con il prossimo, per essere te può avvicinarsi al vero sapere; senza la prudenza, esso uomini e donne con le iniziali maiuscole. Essa illumina la degenera e fuorvia chi lo coltiva; la persona imprudente, meta, evita gli eccessi, sia nel troppo che nel poco, non per invece, si lascia trasportare dall’orgoglio o dalla precipita- vivere con il freno a mano sempre tirato, ma per veleggiare zione e smarrisce il senso del conoscere, allontanandosi sicuri verso gli obiettivi che ci si è posti.

Virtù 47


SKI EVOLUTION Tendenze p. 48 – 49 | di Keri Gonzato

“ESTERIORMENTE, UN PAIO DI SCI NON PRESENTA PER SE STESSO NULLA DI STRAORDINARIO. NESSUNO POTREBBE IMMAGINARE, COSÌ A PRIMA VISTA, IL POTERE CHE IN ESSI SI OCCULTA” (Arthur Conan Doyle)

La prima volta che indossai gli sci dovevo avere pressappoco quattro anni. Fu sulle piste di Campo Blenio, con il mio babbo come guida, che intrapresi le prime discese. Ci presi gusto e, fino all’adolescenza, ho continuato a divertirmi… Allora, praticare lo sci alpino voleva dire indossare un paio di scarponi duri e scomodissimi e due lunghi sci, rigidi e dritti come spaghetti. Con l’adolescenza, nel mezzo degli anni novanta, arrivò a bomba la moda dello snowboard. Io, appassionata di surf e skate, non potevo non cedere alla tentazione e abbandonai gli sci in cantina. Circa cinque anni fa, mi ritrovai a fare l’insegnante di snowboard a Sankt Moritz e, presa da un impeto di curiosità, decisi di rimettere gli sci dopo un lungo periodo. Tutto era cambiato. Gli scarponi si erano trasformati, se non proprio in pantofole in qualcosa di molto più comodo, con gli interni morbidi e la struttura rigida resa flessibile da svariati accorgimenti tecnici. Ma il cambiamento più grande riguardava gli sci, ribattezzati carving, arrivati sul mercato nel 1997: erano molto più corti, leggeri e non più dritti ma stretti al centro e più larghi in punta e in coda.


Quest’evoluzione incredibile prese vita in me, curva dopo curva, dandomi un senso di esaltazione. Non solo sapevo ancora sciare ma, grazie all’agilità e alla facilità di utilizzo dei carving, avevo anche evitato l’effetto “Fantozzi”.

PER TUTTI I GUSTI

In cinquant’anni di discesa libera, lungo il cammino alpino dell’evoluzione, era stato compiuto un grande salto in alto! Agili e compatti, i carving sono anche molto più corti. Se prima, gli sci dovevano essere pari all’altezza della persona con il braccio alzato, ora sono addirittura inferiori alla statura dello sciatore. Oggi, in Svizzera, i giovani più cool spesso preferiscono lo sci allo snowboard. La tendenza si è nuovamente invertita. Sul mercato si trova un’amplia scelta di materiali per ogni tipo di sciatore. I più “ganzi” scelgono i twin tips: larghi, flessibili e con entrambe le punte rialzate, permettono di sciare in entrambe le direzioni e sono perfetti per i tricks del freestyle e le evoluzioni negli snowpark.

C’è poi chi preferisce quelli da freeride come i fat ski che, essendo molto larghi permettono di galleggiare sulla neve fresca, o semplicemente chi opta per un bel paio di carving da pista. Gli sci sono cambiati e con loro anche lo stile con cui si approccia il pendio innevato. Influenzato dallo snowboard, lo sci carving, ha introdotto la tecnica delle curve carvate. Grazie alla sciancratura infatti, permette allo sciatore di divertirsi inclinandosi maggiormente verso l’interno di ogni curva. In base poi alle “inclinazioni” personali, ognuno è libero di scegliere tra i carving da discesa libera, da supergigante, slalom gigante, slalom speciale o i race carving, amati dagli sciatori provetti che non ambiscono però alla competizione. E gli attacchi? Oggi, un sistema di molle regolabili secondo una scala DIN, fa sì che, in caso di caduta, la forza applicata alle giunture non superi determinati valori, oltre i quali gli attacchi sganciano gli sci dagli scarponi. Se inizialmente, gli sci erano fatti di legno ora, perlopiù, sono costituiti da sandwich di materiali come fibra di vetro, kevlar, alluminio, titanio, resine e altre composizioni. Nei modelli più economici, a questi materiali si combinano delle schiume sintetiche mentre, in quelli di alta gamma il legno è ancora presente.

AVANZAMENTI TECNOLOGICI

Per migliorare le performance e aumentare la godibilità dello sport sono state introdotte continue migliorie... Nascono così gli attacchi compatibili con differenti tipi di scarponi e, per il freeride, arrivano sci sempre più leggeri. Grazie all’introduzione di materiali elastici poi, alcuni nuovi sci assorbono le vibrazioni risultando molto più stabili. Gli scarponi sono diventati sempre più ergonomici, caldi e traspiranti. Si è lavorato molto anche sulla riduzione dell’attrito, eliminando le viti e introducendo il fondo in grafite, inciso con una serie di piccoli segni che drenano le goccioline d’acqua. In generale, gli sci che oggi si trovano sul mercato sono molto più facili da “comandare” e rigano diritto. La sciolina completa l’opera trasformandoci in veri e propri Flash Gordon delle nevi! Ma, attenzione, mai dimenticarsi dei propri limiti e della sicurezza, personale e quella degli altri!


La domanda della settimana

Ospitare le Olimpiadi invernali potrebbe rappresentare un’occasione per rilanciare il settore turistico svizzero?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 13 febbraio. I risultati appariranno sul numero 8 di Ticinosette.

Al quesito “Oggi ci si sposa ancora per amore? (oppure prevalgono i matrimoni d’interesse…)” avete risposto:

SI

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NO

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Astri ariete Turbamenti per la vita sentimentale. Con Marte e Venere le energie vanno convogliate nell’eros. San Valentino all’insegna del gioco amoroso.

toro È arrivato il momento di seguire il proprio intuito. Forte crescita dei desideri erotici per i nati nella seconda decade. Gelosie tra il 13 e il 15.

gemelli Colpi di fulmine. Con Mercurio e Nettuno potrebbero venir meno alcune vostre convinzioni. Guardatevi dentro. Occasioni inaspettate.

cancro Se tra il 10 e il 12 febbraio riuscirete a controllare la vostra irascibilità potrete godervi un San Valentino di fuoco. La determinazione non manca.

leone Problemi di comunicazione con il partner. Siate meno orgogliosi. Sempre alla grande i rivoluzionari della prima decade. Autorevolezza con i figli.

vergine Possibili abbagli nei rapporti con il partner. Ognuno sembra vivere all’interno di un proprio film. Scarsa resistenza nei confronti delle tentazioni.

bilancia Nuova lucidità mentale. Incontri sentimentali con persone dallo spirito giovanile e anticonformista. Di umore variabile tra il 10 e il 12 febbraio.

scorpione Il transito di Venere, unitamente all’arrivo del Nodo Lunare vi spingerà nelle braccia del destino. Cambiamenti professionali. Positività in famiglia.

sagittario Particolarmente seducenti i nati nella terza decade aiutati da Marte in sestile. Momento ideale per le collaborazioni rette da genio creativo.

capricorno Tra il 10 e il 12 Luna in Cancro. Questo passaggio può essere il detonatore di effetti imprevedibili. Date retta alla vostra coscienza.

acquario L’arrivo di Mercurio nel segno favorisce l’incontro con persone più giovani. Novità per i nati nella terza decade. Non siate permalosi tra il 13 e il 15.

pesci Grazie alla congiunzione fra Mercurio e Nettuno la vostra vita si arricchisce prepotentemente di fattori insoliti. Attrazione verso il mistero.


Gioca e vinci con Ticinosette 1

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 8

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 13 febbraio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 11 febbraio a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Incredibile, fenomenale • 9. Dentina • 10. Una pedina degli scacchi • 11. Mezza dozzina • 12. Nulla • 15. Le iniziali di Savoia • 16. Messo in quarantena • 17. Un dato anagrafico • 19. Thailandia e Svezia • 20. Un colpo all’uscio • 21. Firma l’invenzione • 24. Si rendono al merito • 26. Pena nel cuore • 27. I confini di Sonvico • 28. Gioca il derby con il Milan • 31. Emirato arabo • 33. Si contrappone a ipo • 34. Lumaca in gergo • 37. Pari in pianto • 38. Il Campeador • 39. Novantanove romani • 40. Si detrae dal lordo • 41. Elegante via luganese • 43. Altari pagani • 44. Regali • 45. La seconda nota • 46. Dittongo in guitto • 47. Componimenti • 49. Vantaggio • 50. Ha per capitale Teheran • 51. Tramare • 52. Vocali in foglio. Verticali 1. L’uccelletto leopardiano • 2. Occidente • 3. Re francese • 4. Turchia • 5. Il maestro della relatività • 6. Tediosa • 7. Abbellito, guarnito • 8. Sezione, spicchio • 13. Articolo spagnolo • 14. Periodo preistorico • 18. Precettore antico • 22. Fiume della penisola balcanica • 23. Ansiosi, smaniosi • 25. Eleggere • 29. Il nostro bel cantone • 30. La Silvia vestale • 32. Fa palpitare il cuore • 35. Conto Corrente • 36. Gradino • 39. La fine di Aramis • 42. Antidoto • 44. Noto stilista • 46. Cantone svizzero • 48. In nessun tempo • 49. Consonanti in podio.

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Questa settimana ci sono in palio 100.– franchi in contanti!

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La soluzione del Concorso apparso il 24 gennaio è: CUCCIOLO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Valentina Ballinari via Sorengo 6 6900 Lugano Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

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