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№ 12 del 21 marzo 2014 · con Teleradio dal 23 al 29 mar.

nuove famiglie

i nuclei omoparentali stanno acquisendo la parità dei diritti in occidente. Quali le conseguenze etiche e culturali?

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SPINAS CIVIL VOICES

Vediamo l’avvelenamento delle persone e della natura per la produzione di vestiti. E agiamo: vedere-e-agire.ch Per fabbricare vestiti si sfruttano e si avvelenano sistematicamente gli esseri umani e la terra. Noi facciamo in modo che ciò cambi. Anche per rispetto nei confronti delle prossime generazioni. ccp 46-7694-0


Ticinosette n. 12 del 21 marzo 2014

Impressum Tiratura controllata 66’475 copie

Chiusura redazionale Venerdì 14 marzo

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

4 Arti Musica. Ascolto sì, ma creativo di Giulio Carretti ............................................... 6 Società OASI. Ambiente, sotto la lente di MarCo Jeitziner ......................................... 8 Media Turné. Trilogia on the road di niColetta Barazzoni ....................................... 10 Concorso fotografico La foto del mese di PaSCal liCht ...................................... 11 Vitae Domenico Polerà di roBerto roveda .............................................................. 12 Reportage Ritratto di signora a Cura della redazione; fotoGrafie di reza Khatir ......... 37 Graphic Novel Quattro giorni ad Angoulême di aleSSia PaSSoni ............................ 42 Tendenze Arrivano i droni di Mariella dal farra .................................................... 44 Svaghi .................................................................................................................... 46 Agorà Adozioni. Nuove famiglie

di

Silvano de Pietro ...............................................

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

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In copertina

Famiglia arcobaleno illustrazione ©Danilo Sala

Mare nostrum La notizia potrebbe far sorridere molti fra voi, ormai avvezzi, dopo il memorabile servizio messo in onda qualche settimana fa dalla RSI sulla fantomatica cessione della Lombardia alla Svizzera, alle burle mediatiche (burle fino a un certo punto) della nostra televisione. Nella giornata di giovedì 13 marzo Rete Uno, nel corso del programma Millevoci, ha dato spazio alla proposta di un gruppo di sardi, profondamente delusi dalla condizione di trascuratezza in cui l’isola e suoi abitanti sono stati costretti dallo stato italiano a partire dal dopoguerra. Ebbene, l’idea è apparentemente semplice: annettere l’isola alla Confederazione, trasformandola nel ventisettesimo cantone. I vantaggi – a sentire Andrea Caruso ed Enrico Napoleone, promotori dell’iniziativa –, sarebbero numerosi e, aspetto non trascurabile, condivisibili da entrambe le parti: la Sardegna, in quanto nuovo cantone, conserverebbe la sua autonomia e la sua forte identità, ma all’interno di uno stato altamente efficiente sotto il profilo amministrativo e capace, in termini economici, di far fruttare l’immenso potenziale che l’isola raccoglie. Per indicare questo possibile processo di integrazione introducono un termine interessante, “tutoraggio”. Da questo matrimonio, sempre secondo i promotori, la Confederazione avrebbe grossi vantaggi, a partire dalla dote rappresentata dallo sbocco al mar Mediterraneo, con tutte le positive ricadute economiche e strategico-militari che ciò comporterebbe. Senza contare infine, che la componente italofona della Svizzera crescerebbe di oltre un milione e mezzo di persone, riportando

una certa equità nel rapporto fra le diverse componenti linguistiche nazionali. Fantapolitica? Forse. Certo è che sono molte le regioni europee percorse da fremiti di indipendenza che sarebbe sciocco e superficiale ignorare. Il 14 settembre prossimo, per esempio, gli scozzesi andranno alle urne per decidere se rimanere annessi al Regno Unito o diventare uno stato autonomo, un’ipotesi quest’ultima tutt’altro che remota alla luce del fatto che l’indipendentista Scottish National Party è il partito di maggioranza nella regione. Due mesi dopo, il 9 novembre, la Catalogna, nonostante il parere contrario del governo centrale di Madrid timoroso di perdere la regione economicamente più virtuosa, voterà per decidere se divenire o meno uno stato indipendente. Ma altri esempi potrebbero essere citati. Fenomeni che segnano il passaggio a una nuova fase nello sviluppo geopolitico del continente (senza dimenticare quanto sta accadendo in Ucraina). Ovviamente le motivazioni indipendentiste non sono sempre le stesse dato che riflettono le specificità culturali e sociali di aree molto diverse. Così come sono differenti le politiche e le posizioni che sostengono le autonomie regionali. Resta il fatto che sul banco degli accusati resta sempre lo “stato accentratore” (che sia l’Unione Europea o un governo nazionale, poco importa). E qui torniamo alla solita conclusione, e cioè che il modello svizzero (e aggiungerei, il modello federale) non solo regge ma rappresenta per molti (e con buona certezza) la soluzione migliore ai problemi che affliggono tanti stati europei. Buona lettura, Fabio Martini


Nuove famiglie Adozioni. In Svizzera le coppie omosessuali possono registrare la loro unione. Tuttavia il dibattito sull’introduzione del “matrimonio per tutti” e sui diritti ad esso connessi sta dilagando in occidente, a partire dal diritto di adozione da parte delle coppie gay. La Confederazione ha all’esame una soluzione in parte già sperimentata in altri paesi, ma il confronto culturale ed etico non può ignorare anche gli aspetti psicologici ed educativi di Silvano De Pietro

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Agorà 4

e due uomini o due donne decidono di vivere insieme e “fare famiglia”, hanno anche il diritto di adottare dei figli? E se così fosse, gay e lesbiche potrebbero solo per questo essere considerati dei veri genitori? E quanto è davvero determinante, per l’equilibrato sviluppo della personalità, che un bambino abbia sempre in famiglia ambedue le figure di riferimento della madre e del padre? Queste sono le domande intorno alle quali ruota un’ampia parte del dibattito sulle unioni omosessuali. Sono domande le cui risposte dipendono da altri quesiti e fanno sorgere a loro volta ulteriori interrogativi. Per esempio: è opportuno introdurre una certa ambiguità nel concetto di genitorialità? Oppure: gli orfani di padre o di madre, i figli di divorziati allevati da un solo genitore, hanno sempre una personalità squilibrata? È chiaro che una tale problematica è troppo complessa per essere affrontata esaurientemente in un servizio giornalistico. Ma se da un lato il riconoscimento delle unioni “arcobaleno” (dai colori che simboleggiano gli omosessuali) sembra destinato a imporsi prima o poi in molti paesi occidentali, sull’altro versante rimane ancora aperta la questione dell’adozione, sia per le coppie omosessuali, sia per i conviventi eterosessuali non sposati o partner reduci da precedenti matrimoni falliti. Perciò è su questo aspetto dell’adozione e delle sue conseguenze sui figli che abbiamo concentrato la nostra attenzione, con l’aiuto di uno specialista, il dottor Graziano Martignoni, medico, psichiatra e psicoanalista, professore alla SUPSI. “Una saggia società democratica”, afferma Martignoni, “scaccia come fosse un demone l’arroganza della verità e nello stesso tempo assume come guida nelle sue scelte la prudenza e la giusta misura, soprattutto nelle decisioni che toccano i suoi nodi psico-antropologici più profondi”. Dal punto di vista dello specialista, i problemi legati al matrimonio e alla filiazione sono il riflesso della lotta per l’uguaglianza tra i sessi. Una lotta che è “una delle più radicali”, perché da essa dipende “la concezione del mondo e dell’uomo” che caratterizza l’intera società.

Ciò spiega perché le questioni relative alla protezione della famiglia e alla filiazione siano diventate slogan, argomenti da contestare o da sostenere in piazza, come sta accadendo soprattutto in Francia, in Spagna e in Italia. “È un bene, anche se la deriva ideologica in queste occasioni è grande”, commenta Martignoni, secondo cui i rischi da evitare sono appunto quello della ideologizzazione del problema e quello della sua banalizzazione. Sta di fatto, comunque, che finora l’adozione congiunta e l’accesso alle tecniche di procreazione assistita per le coppie omosessuali sono garantiti dalla legge in numerosi paesi occidentali, più precisamente in Argentina, Belgio, Danimarca, Gran Bretagna, Islanda, Norvegia, Paesi Bassi, Spagna, Svezia e in diversi stati o province degli Stati Uniti, del Canada e dell’Australia. Il modello elvetico La soluzione che, a riguardo della filiazione, si vuole adottare in Svizzera per le coppie arcobaleno regolarmente registrate, è quella dell’adozione dei figliastri (i figli della o del partner). Questo tipo di adozione è già in vigore per i coniugi e, fuori dalla Svizzera, è autorizzata a determinate condizioni in Germania e in Islanda. È la stessa soluzione che ora il Consiglio federale vorrebbe estendere alle persone che vivono in unione domestica registrata, omo o eterosessuali. Secondo il governo, con questa proposta – che attualmente è in procedura di consultazione e presto verrà discussa in parlamento – sarà possibile eliminare disparità di trattamento e assicurare il vincolo giuridico tra il bambino adottato e il genitore acquisito. Come le coppie sposate, anche queste coppie di conviventi, registrate o di fatto, potranno integrare completamente il figliastro nella famiglia, e adottare i provvedimenti necessari in caso di morte del genitore naturale. Questa possibilità di adottare il figliastro indipendentemente dallo stato civile, tiene conto degli sviluppi della società. In base ai più recenti rilevamenti statistici del 2011, nel nostro paese sono oltre diecimila le economie


domestiche caratterizzate da una convivenza di fatto in cui crescono dei minorenni. Ma dal punto di vista dello sviluppo del bambino – chiediamo al professor Martignoni – quali problemi può rappresentare la sua adozione da parte di coppie di genitori omosessuali (opportunamente ribattezzate “coppie omoparentali”)? La questione centrale – risponde Martignoni – è quella relativa al rapporto tra differenza e uguaglianza: “Che cosa serve a un bambino per crescere, per affermare la propria identità: l’ordine della differenza, della diversità, che è anche a volte dolorosa, oppure quello dell’ugualitarismo?”. Tutti abbiamo il diritto/dovere di essere differenti. Ma “smarrire il senso della differenza sessuale in un ugualitarismo indifferenziato può paradossalmente voler dire, sul piano antropologico e psicologico, una lesione proprio del diritto e del dovere alla differenza”. E qui il professore precisa che essere differenti, essere maschio o femmina, non è soltanto un ruolo sociale che si apprende, ma è “una condizione di partenza” di cui si ha bisogno per crescere nel continuo confronto (o tensione) tra identità e differenza. Poi, per spiegare meglio il concetto, cita la famosa antropologa ed etnologa francese Françoise Héritier, che ha scritto: “La differenza dei sessi struttura il pensiero umano poiché ne comanda i due concetti primordiali: l’identico e il differente”. E Martignoni prosegue: “Queste sono dunque le questioni in gioco, e non sono da poco. Il problema non è legato solo alle famiglie omoparentali. Penso persino che queste famiglie possano anche essere migliori di tante famiglie eterosessuali.

La famiglia omoparentale non produrrà futuri figli malati o tristi, ma certamente farà uomini e donne psicologicamente e antropologicamente diversi”. La ricerca della “normalità” Allora – par di capire – avrebbero torto i giudici della Corte di cassazione italiana quando sentenziano che “non vi sono certezze scientifiche o dati di esperienza” per provare “che sia dannoso per l’equilibrato sviluppo del bambino il fatto di vivere in una famiglia incentrata su una coppia omosessuale”. Dunque, non ci troviamo di fronte a un “mero pregiudizio”. Ma altre domande già si affollano, e sono tante e diverse. Come essere certi che una coppia gay svolga in modo corretto il ruolo genitoriale, ovvero di primi responsabili dello sviluppo del bambino? Non si introduce così un concetto ambiguo della genitorialità che si ripercuote sui figli? Da dove nasce e quanto è giustificato il desiderio delle coppie omosessuali di avere figli? Con quali conseguenze psicosociali? A chi è più utile psicologicamente l’adozione, alla coppia omosessuale per sentirsi più “normale”, o ai figli che necessitano di punti di riferimento? Davanti tutte a queste domande, Martignoni risponde con un ragionamento complesso, partendo dalla constatazione che l’idea di famiglia cambia ancora una volta nella storia. E tuttavia, “riconoscere il cambiamento non vuole però dire misconoscere il fondamento che la famiglia nelle sue varie forme storiche contiene in sé”. Quale sarebbe questo fondamento? Qui Martignoni precisa di non pensare solo a “quelle tra- (...)

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“La causa principale della grave crisi della famiglia contemporanea non sta dunque nel diritto al matrimonio per chi ha una diversa inclinazione sessuale, ma nelle difficoltà che vivono soprattutto le coppie eterosessuali a pensarsi veramente e non solo formalmente come famiglia”

Agorà 6

sformazioni che la storia ci ha abituato a conoscere e che tante volte si sono presentate nel corso della nostra civilizzazione d’occidente”, quindi non alle famiglie monoparentali, a quelle divise e poi più volte ricomposte, e nemmeno alle nuove realtà sociologiche delle famiglie omoparentali. Afferma di pensare invece a “qualcosa che mi pare più estraniante e radicale. Penso alla mutazione, all’evanescenza sino alla sparizione del femminile e del maschile nella struttura portante della famiglia, alla cancellazione lenta ma insidiosa di categorie come quella di madre e di padre, sostituite dalla generica categoria di «genitorialità»”. È una cancellazione graduale e inesorabile che si rivela “nella quotidianità, nei ruoli, nei gesti, nelle parole, nelle rappresentazioni collettive e a volte anche individuali, quando nessuno ancora direbbe che le figure di padre e madre siano ormai pronte a essere esiliate dalla scena sociale e familiare. Non so se un giorno tutto questo sarà una catastrofe oppure un’apertura a nuovi mondi, ma certo la società e l’uomo non saranno più gli stessi”. Questo è il vero problema che abbiamo davanti. I matrimoni tra persone di altra scelta sessuale o le regole della filiazione adottiva non c’entrano. La realtà è che “dentro una famiglia sempre più dispersa e incerta, entrambi i ruoli di madre e di padre sono messi sotto pressione. E questo – è sempre bene ricordarlo – non solo per l’apparire di famiglie omoparentali”. La fine della famiglia? Attenzione, quindi, “ai falsi bersagli e alle sterili difese ideologiche”. Secondo il professor Martignoni, nell’attuale dibattito sono in gioco due temi principali: “quello del significato da dare alla parola e all’istituzione matrimonio, e più fondamentalmente quello che si confronta con la domanda di parentalità e di filiazione da parte degli omosessuali”. Si tratta di una questione di diritto e di una questione educativa che è anche una questione di natura. E proprio il ruolo del matrimonio, quale sede del collegamento tra funzioni diverse, oggi è in profonda crisi. Attraverso le sue tante modificazioni storiche, il matrimonio è sempre stato vincolo sociale, luogo della trasmissione generazionale, cioè del passaggio del nome paterno come un “testimone” da una generazione all’altra. Ma molti di questi vincoli si “sono ormai impoveriti”, constata Martignoni. “Rimane fragile, persino a volte effimero, il solo vincolo affettivo, quell’alone fugace di romanticismo, destinato per la sua natura aerea, a essere volatile. La causa principale della grave crisi della famiglia contemporanea non sta dunque nel diritto al matrimonio per

chi ha una diversa inclinazione sessuale, ma nelle difficoltà che vivono soprattutto le coppie eterosessuali a pensarsi veramente e non solo formalmente come famiglia”. A determinare questa crisi “è il mistero della filiazione, che non nasce nel mero diritto ad avere figli, e nemmeno solamente nella psicologia, ma anche e soprattutto nella diversità biologica tra uomo e donna. La minaccia per la famiglia non viene dunque solo da fuori, ma è in primo luogo interna”. Quindi – se capiamo bene – poiché il desiderio di avere figli nasce dalla diversità dei sessi, la “sparizione del femminile e del maschile” produce la crisi della filiazione naturale, cioè di una funzione fondamentale della famiglia. Di conseguenza – continua il ragionamento del professore – è l’omologazione ugualitaria dei sessi che è all’origine, e rende in qualche modo comprensibile, il desiderio della filiazione nelle coppie omosessuali. “Non è in gioco il sentimento dell’amore, che esiste pienamente nelle coppie omosessuali, a volte persino più duraturo e più autentico di quello che si ritrova presso quelle eterosessuali, ma la possibilità della filiazione. Una filiazione oggi certamente possibile tramite tecniche procreative specifiche. La natura si può certo modellare, piegare alle nostre esigenze, ma mai tradire e trasfigurare nei suoi mattoni fondamentali. La natura umana è vivente; e la vita, se cancellata, si ribella”. Come dire che essa si riafferma prepotentemente, anche attraverso le unioni omosessuali. Un nuovo senso Del resto, “le coppie gay non sono certo migliori o peggiori delle coppie eterosessuali”. E qui Martignoni ricorre a una seconda citazione, quella del medico, psichiatra e sociologo italiano Paolo Crepet, che ha scritto: “Possono educare socialmente bene un bambino come uno zio o una nonna, ma pretendere di avere figli, cosa che la natura omosessuale non concede, è altra cosa, a meno di snaturare la natura lungo l’asse che sta trasformando la paternità e la maternità in una generica genitorialità”. In altre parole, prosegue Martignoni, “il problema non è cosa sia più giusto, ma che cosa ci autorizziamo a fare nei confronti della natura in un momento della vita così fondativo. In questione è la nuova categoria di gender e di genitorialità”. E se ammettiamo che la domanda di adozione da parte di coppie omoparentali non appartiene “alla sfera delle scelte sessuali, ma a quella dell’amore e del dono verso l’altro”, allora – conclude un po’ provocatoriamente Martignoni – “siamo pronti a dare alle parole «famiglia», «madre» e «padre» un altro significato simbolico?”


Ascolto sì, ma creativo Il passaggio in Ticino del sassofonista Urs Leimgruber fornisce l’occasione per compiere qualche riflessione sulla musica improvvisata, il pubblico e la capacità di ascoltare di Giulio Carretti

Alla base di tutto vi è una sorta di patto tacitamente stipu-

nel cantone. Trasferitosi a Berlino dal 1991 al 2003, ha lato fra il musicista (o i musicisti) e il pubblico. Quest’ultimo partecipato come trombettista a quella che è stata la scena si assume tutti i rischi che l’attesa di qualcosa che potrà (o più vitale e stimolante in questo ambito, con progetti conon potrà) accadere comporta, mentre sul palco il musicista, me l’Echtzeitmusik, intersecando, con spirito di curiosità e improvvisando e mettendo in campo tutte le sue capacità apertura, musicisti, generi e approcci assai disparati. Tornato creative e tecniche, sfida il tempo con l’obiettivo di produrre in Ticino, ha tenuto come musicista e come organizzatore, della musica interessante e, se possibile, bella. È un po’ que- prima presso la Fabbrica di Losone e in seguito allo Spazio sta la linea di demarcazione oltre la quale è indispensabile Culturale Panelle 10, concerti e seminari con Joëlle Léandre, porsi se si desidera partecipare a un concerto di musica Paul Lovens, Alexander von Schlippenbach, Barre Phillips, improvvisata, una partecipazione che personalità storiche dell’improvvisaimplica un coinvolgimento attivo zione con cui ha spesso suonato nel e una capacità di ascolto aperta e corso della sua carriera. Ha inoltre creativa. A onor di storia, sotto la fondato l’ensemble d’improvvisaziodefinizione di musica improvvisata, ne Sous-sol da lui diretto che racconel corso degli ultimi quarant’anni, glie alcuni musicisti ticinesi. si sono raccolti in Europa migliaia di musicisti, desiderosi di sviluppare un Musica dell’istante codice espressivo personale ed estemÈ nella cornice dello Spazio Panelle poraneo in grado di superare norme, 10 sede dell’associazione CircoRu linguaggi e clichè. Direttamente deche, il 28 marzo, Urs Leimgruber, rivata dalle esperienze liberatorie del uno dei maggiori innovatori svizzeri jazz e del free jazz degli anni sessantadel linguaggio sassofonistico nonché settanta, la musica d’improvvisazione mirabile improvvisatore (ha collaboeuropea – che ha nelle figure di Evan rato a lungo con Barre Phillips, Joëlle Urs Leimgruber (clubw71.wordpress.com) Parker, Peter Kowald, Han Bennink, Léandre e Marilyn Crispell) si esibirà Alexander von Schlippenbach, Joëlle in concerto insieme a Natalie Peters Léandre i suoi padri fondatori – ha mantenuto un rapporto alla voce e a Guy Bettini alla tromba. Il giorno seguente stretto e vitale anche con le esperienze della musica contem- Leimgruber terrà una masterclass a cui parteciperà un poranea di cui metabolizza, attualizzandoli nell’istantaneità, gruppo di improvvisatori svizzeri e italiani. Un’occasione contenuti e processi. Sembra difficile? Non è poi così vero. per entrare nella sostanza di un’estetica musicale spesso ignorata dai media perché considerata difficile o destinata Impro Ticino a un pubblico di nicchia. In realtà, questi musicisti offrono Il nostro cantone ha avuto – e continua ad avere – un suo al pubblico la possibilità di compiere una scelta, di entrare ruolo in questo ambito, grazie in particolare a due musicisti, direttamente in rapporto con i materiali musicali proprio Ivano Torre, percussionista, e Guy Bettini, trombettista. Il mentre questi si determinano, cogliendone gli elementi e primo, coinvolto negli anni ottanta nell’esperienza del jazz le strutture costitutive, le energie più intime e profonde. e del free jazz, ha elaborato in seguito un linguaggio improv- Un’occasione quindi per superare insieme, pubblico e artivisativo personale abbinando alla sua ricerca la definizione sti, quel limite ideale – e spesso ingombrante – che separa di una propedeutica efficace e originale al suono e ai suoi l’improvvisazione dalla composizione, processi, al contrario, strumenti (si veda n. 36 del 2013 di Ticinosette). Collabora- indissolubilmente legati. tore abituale del clarinettista Markus Eichenberger, Torre, oltre all’intensa attività concertistica, è responsabile dello Per informazioni Spazio Culturale Temporaneo di Bellinzona dove organizza 28 marzo 2014, ore 20.30 ONE MORE Urs Leimbruger, con Guy Bettini e Natalie Peters concerti legati all’improvvisazione. Sul versante del locarnese, Bettini, nella seconda metà degli 29 marzo 2014, ore 20.30 anni ottanta, ha promosso una serie di eventi – da FAJAZZ in Concerto dei partecipanti alla masterclass Piazza Grande a Locarno nel 1986, al MIC l’anno seguente presso Spazio Culturale Panelle 10 (Musica Improvvisata Contemporanea) – che hanno con- 6600 Locarno tribuito a favorire la diffusione della musica improvvisata per info 079 441 86 37

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Ambiente, sotto la lente L’informazione in rete dell’Osservatorio ambientale della Svizzera italiana (OASI) compie dieci anni. Tempo di bilanci, riflessioni e novità, a partire dal nuovo sito di Marco Jeitziner

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Stazione di controllo ambientale a Bioggio

La necessità di un monitoraggio permanente dell’ambiente in Ticino si manifesta alla fine degli anni novanta, soprattutto a causa dell’inquinamento fonico nella Bassa Leventina e nella Riviera. Grazie a un atto parlamentare, l’idea viene subito appoggiata dal governo e dal parlamento. L’Osservatorio ambientale della Svizzera italiana (OaSi) nasce così nel 2002 sotto la gestione del Dipartimento del territorio (DT) e della Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana (SUPSi). Nel corso degli anni l’attendibilità scientifica del lavoro svolto è stata molto apprezzata, tant’è che i dati vengono consultati persino dall’italia per chiarire alcuni “misteri” atmosferici1. il 28 marzo prossimo verrà presentato il bilancio decennale dell’Osservatorio, e abbiamo quindi colto l’occasione per parlare coi diretti responsabili: Marco andretta, capo dell’Ufficio del monitoraggio ambientale (DT), Luca Colombo, direttore del Dipartimento ambiente costruzioni e design (SUPSi) e il direttore del DT, Claudio Zali.

Signor Andretta, se l’OASI è il “termometro” della salute ambientale del cantone, come sta allora il “malato”? Il termometro dà i numeri, ma non interpreta! Proprio come il termometro, l’OASI è uno strumento a disposizione di tecnici degli uffici competenti sui vari temi (aria, rumore, ecc.). Sono poi gli uffici stessi, che in base ai dati e alle loro conoscenze specifiche, interpretano la situazione. Una valutazione della situazione globale per l’ambiente in Ticino cerchiamo di darla ogni quattro anni con la Statistica ticinese dell’ambiente e delle risorse naturali2. I dati sembrerebbero più utili a dei tecnici che non al semplice cittadino... Speriamo di no. In verità facciamo uno sforzo costante per renderli più semplici e accessibili al pubblico e in questo veniamo aiutati anche dal Laboratorio di comunicazione visiva della SUPSI. Penso che la mappatura del potenziale solare di tutti i tetti del cantone sia buon esempio: l’interesse iniziale è


stato molto grande (il primo giorno quasi 20 mila richieste di informazioni!) e tuttora, a quasi due anni dalla pubblicazione, abbiamo un centinaio di richieste al giorno. Naturalmente si tratta di dati tecnici e scientifici che vanno rilevati e rappresentati rigorosamente. Con il nuovo sito internet pubblicato in questi giorni abbiamo cercato di rendere ancora più semplice il primo approccio per l’utente saltuario, mentre mettiamo a disposizione in un’area dedicata ai più esperti o interessati ulteriori possibilità di ricerca e confronto. Alla nascita dell’OASI si diceva che doveva evolvere nel tempo. È successo? Vi sono dei dati che si potrebbero aggiungere? Certo che è evoluto! In alcuni casi abbiamo anticipato i tempi (l’applicazione “La qualità dell’aria in Ticino” per Smartphone era una delle prime a livello internazionale, infatti, siamo poi stati incaricati dalla Conferenza intercantonale di ampliarla a tutta la Svizzera e il risultato si chiama “airCHeck”)3. In altri casi siamo forse leggermente in ritardo: il nuovo sito internet è pienamente fruibile anche da tablet e smartphone, ma sul sito attivo finora non tutto funzionava a dovere su questi nuovi supporti. L’evoluzione e l’adeguamento a nuove tecnologie e ai nuovi bisogni deve essere costante. Anche l’aggiunta di ulteriori dati ambientali è un tema su cui lavoriamo costantemente: se ne sono aggiunti quasi ogni anno al sito internet e anche quest’anno ci saranno delle novità. Bisogna però anche tenere presente che la pubblicazione online è solo la punta dell’iceberg: il grosso del lavoro è dato dall’integrazione e dalla gestione di questi dati all’interno del sistema, solo dopo si può iniziare a pensare di pubblicarli. Come ha inciso l’OASI sulla politica ambientale del cantone? Secondo me ha avuto il pregio di velocizzare l’introduzione di un cambio di mentalità, che comunque sarebbe avvenuto, riguardo alla trasparenza e alla diffusione dei dati. Inoltre, ha messo a disposizione in tempi molto brevi dati su cui basarsi per verificare gli effetti di misure prese, come nel caso delle misure d’urgenza applicate nei casi di smog acuto. Senza misure in continuo e sistemi di verifica ciò non sarebbe stato possibile. Avendo i dati online si è inoltre potuto verificarne gli effetti giorno per giorno e stilare un rapporto dettagliato sulle conseguenze nell’arco di poche settimane, questo ha permesso anche di rispondere alle critiche e far comprendere alla popolazione effetti e portata della misura presa. Inoltre permette sul medio periodo di verificare se la politica ambientale è efficace o se invece occorre prevedere e valutare nuovi provvedimenti. Come dicevo all’inizio, però, OASI è uno strumento e può aiutare a risolvere i problemi, ma non ne rappresenta la soluzione. Coi siti inquinati, per esempio, secondo un recente atto parlamentare4 quelli più pericolosi e da risanare non sono reperibili nel catasto. Corrisponde al vero? Senza entrare nel merito dell’interrogazione, alla quale il Consiglio di stato deve ancora rispondere, posso assicurare che i siti inquinati di competenza cantonale sono tutti reperibili nel catasto: i dati ci sono e sono pubblici da più di cinque anni. Purtroppo è vero che sono indicati per tipologia (siti aziendali, di deposito, di incidente) ma non sono visualizzabili per classificazione del sito (inquinato o contaminato). Solo una volta

selezionato un sito viene mostrato lo stadio della procedura in corso (questo è principalmente dovuto al programma di gestione di questi dati), da cui però non si risale facilmente alla classificazione. Cercheremo di migliorare questo aspetto. Direttore Luca Colombo (SUPSI), in che modo l’OASI è multidisciplinare? Il progetto OASI è piuttosto complesso e richiede la partecipazione di diverse figure con molteplici competenze, dal fisico o chimico, che si occupa della parte più scientifica dei problemi ambientali, dall’informatico che si occupa della gestione dei dati al comunicatore, che elabora la parte più comunicativa, ecc. Questa è sostanzialmente la realtà del giorno d’oggi dove non esistono più problemi che possono essere affrontati da una sola persona con le proprie competenze, ma la loro risoluzione richiede l’intervento di più attori con conoscenze e saperi complementari. Lei parla dell’OASI come di un’opportunità per i giovani. In che senso? Quanto detto prima implica appunto una multidisciplinarità che la SUPSI può offrire ai suoi studenti, e questa è per loro un’opportunità nel senso che da parte nostra li mettiamo a confronto con situazioni reali e complesse. Per risolvere questo genere di problematiche devono entrare in contatto e collaborare con diverse figure professionali e hanno modo di interagire con loro in modo costruttivo affrontando i problemi in modo multidisciplinare. Oltre ai vari mandati che i nostri ricercatori hanno ricevuto per portare avanti il progetto da parte del cantone, due studenti del Dipartimento tecnologie innovative hanno svolto i loro lavori di diploma proprio sul progetto OASI e sull’interfaccia GIS (Geographic Information Systems, ndr.). Nel loro lavoro di diploma hanno dunque potuto mettere in pratica alcuni dei principi che la nostra scuola professionalizzante cerca di mettere sempre in pratica, multidisciplinarità e territorialità. Grazie alla possibilità di sperimentare casi reali durante il corso del loro percorso formativo, i nostri studenti si preparano in modo efficace a una positiva entrata nel mondo del lavoro. Un’ultima domanda al Direttore del Dipartimento: avvocato Zali, quali le novità attuali e future? In questi giorni procederemo al rinnovo completo della pagina web dell’OASI: sarà di più facile utilizzo e sarà consultabile con qualsiasi “device” (tablet e smartphones compresi). Con il nuovo sito intendiamo fare un ulteriore passo nell’ottica della trasparenza, rendendo l’insieme dei dati pubblicati liberamente scaricabili dall’utente, ciò che non era precedentemente possibile. Nel corso dell’anno saranno introdotte diverse nuove funzionalità e verranno pubblicati ulteriori dati ambientali. La novità più importante sarà una nuova sezione chiamata “Energia” – prevista dal Piano energetico cantonale (PEC, ti.ch/pec) – in cui si potrà accedere online ai dati relativi alla produzione e ai consumi energetici in Ticino. Sono convinto che si tratta di un dato significativo che permetterà di dare avvio a valide riflessioni.

note 1 www.meteocomo.it, 2.6.2010. 2 www4.ti.ch/fileadmin/DT/temi/oasi/rapporti_studi/STAR_2013.pdf. 3 www.ti.ch/aircheck. 4 www.ti.ch/CAN/SegGC/comunicazioni/GC/interrogazioni/pdf/39.14.pdf.

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Trilogia on the road Con un pizzico di lode, parliamo di “Turné”, il nuovo inserto culturale e del tempo libero della RSI che va in onda il sabato sera, all’interno del Quotidiano di Nicoletta Barazzoni

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Evitiamo di trattare il tema degli indici d’ascolto, gergal- ferroviaria, il tetto di un edificio. Damiano Realini, conmente detti audience, perché sono in prevalenza risposte duttore della trasmissione, si affida alla bravura dei suoi aziendali utili ai dirigenti degli enti radiotelevisivi ma che collaboratori (Sonja Riva per fare soltanto un nome ma non dicono se realmente il telespettatore stia seguendo la ce ne sono molti altri) impegnati nell’acchiappare, per trasmissione oppure stia facendo altro. Esattamente come esempio, Stefano Bollani, un artista schivo e difficilmenabbiamo fatto noi che, mentre stavamo scrivendo, abbiamo te mediatizzabile. Realini si fa riprendere giocosamente sistemato l’audio sulla funzione mute. I giornalisti che si in posizioni supine, dall’alto al basso, in funamboliche occupano di Turné sono selepose, mettendo alla prova la zionati all’interno della RSI e sopportazione dello spettapescati nel vivaio anche per tore, il quale potrebbe anche contenere i costi. Musicalità e indignarsi di fronte a una ritmo, colpi di scena, frammisimile sfrontatezza. Invece è ste a dosi di stravaganza anproprio quel suo genere antiticonformista underground convenzionale a conferirgli ci accompagnano in uno stiil visto dell’originalità, nel le eclettico, concependo un folle intento di alleggerire la modo più disinvolto di fare vita. Con lo spirito eccentrico televisione, con un approcdei pittori impressionisti, che cio meno impostato e meno ruppero con le regole della assoggettato. Anche il nome tecnica, inserendo i colori della trasmissione Turné è della natura all’aria aperta, intrigante e allusivo perché Turné scivola sull’onda dei turné non vuol dire “girato” piaceri. Incastonato all’inin francese, che casomai si terno del Quotidiano, il mascrive tourné. Mentre tournée gazine capovolge a testa in significa “girata, giravolta, giù il nostro piccolo/grande giro”. L’ispirazione del titolo mondo. Pur sapendo che i potrebbe venire dal seicento, complimenti, deposti sull’alDamiano Realini, conduce Turné quando, soprattutto in Itatare altrui, a volte vengono lia, non si usava rispettare la interpretati come sviolinapronuncia della lingua originaria dei nomi stranieri, che ture pilotate, riteniamo che Turné porti una ventata di venivano adattati arbitrariamente alla fonetica della lin- freschezza al grigiore del cemento televisivo, imbrattato gua italiana (il nome del cardinale Richelieu, per esempio, da fatti di sangue e dalle solite notizie sensazionaliste. Soveniva pronunciato e scritto Riciliù). Infatti Turné (scritto prattutto non ci propina pagine barbose e soporifere della come lo si pronuncia) è anche il titolo del lungometrag- cultura. E nemmeno ha la pretesa di parlarne dall’alto di gio di Gabriele Salvatores, nonché secondo capitolo della un piedistallo come prerogativa esclusiva di una casta di “trilogia della fuga”. Un viaggio nella vita on the road, del intellettuali. Insomma Turné non tratta solo dell’aristoprotagonista Federico Lolli (un fascinoso Fabrizio Benti- cratico salmone ma anche del versatile maiale. Realini la voglio) un po’ ciancicato, un po’ fuori dal giro ma uno bravo. chiude lì, dicendola con Giovanni Palummo, voltandoci le Poi c’è anche Tournée (scritto correttamente) del regista spalle, ogni volta con un finale a sorpresa. Sfiorando con Mathieu Amalric. la mano la fronda di un albero, dall’alto della sua statura (quella in metri e in centimetri del sarto o del becchino) A testa in giù egli si congeda sulle note di Booty Swing di Parov Stelar. Coreografia, scenografia e sceneggiatura in Turné non sono Mentre noi, ancheggiando in un vago sentimento di riideate negli studi radiotelevisivi, architettate e studiate valità, ci chiediamo: che bisogno c’è di sottolineare, con nella loro grafica, con le sedie in tinta alle pareti. Sono quel gesto scanzonato, a fine trasmissione, la naturalezza puntualmente trasportate en plein air, nelle location più con cui i più alti riescono a cogliere un frutto dall’albero disparate: un’officina meccanica, una stalla, una stazione senza usare la scala?


Concorso. La foto del mese

Pubblichiamo la seconda immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane...

In movimento, di Pascal Licht

Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso dell’anno i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito sei grandi temi nei quali potete sbizzarrirvi: “se stessi”, “in movimento”, “la famiglia”, “il lavoro”,

“gli oggetti” e “l’invisibile”. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.

Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione (come quella qui presentata). Tra un mese verrà dunque pubblicata la terza immagine e alla fine del 2014 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.


I

Vitae 12

l mio nome è Domenico ma tutti da sempre mi chiamano Mimmo. Sono nato in Calabria, ma in Sud Italia ci ho vissuto ben poco perché allora mio padre lavorava a Civitavecchia dove ci siamo presto trasferiti. Lì ho trascorso i miei primi dieci anni di vita, poi siamo partiti per Genova, dove ho frequentato le scuole medie. Mio padre lavorava in dogana e per questa ragione ci spostavamo spesso. A 14 anni sono arrivato a Chiasso. Ero un ragazzino e non avevo la più pallida idea di dove fosse questo luogo. Era il dicembre del 1965, io frequentavo la prima liceo e mi sentivo un emigrato a tutti gli effetti. Non conoscevo nessuno e in realtà con la Svizzera inizialmente ho avuto pochi contatti perché le scuole le ho fatte tutte in Italia, a Como il liceo e l’università a Milano. Solo una volta terminata l’università ho cominciato a rimanere di più in Svizzera, dove ho iniziato a insegnare. Insegnare mi è sempre piaciuto, al liceo ero bravo in matematica e insieme a un mio compagno facevamo gli “insegnanti” a un amico che invece non ne capiva nulla. Da ragazzo ho trascorso una fase in cui mi sarebbe piaciuto molto insegnare e una fase di rifiuto per questa professione, ma alla fine ci sono “caduto” anch’io. Più per caso che per mia volontà e soprattutto grazie a mia madre. A quel tempo, infatti, era mio fratello che si era iscritto alle liste di supplenza. Un giorno, una scuola lo ha chiamato a casa per proporgli di lavorare, ma lui in quel periodo era in Italia a prestare il servizio militare. Mia madre ha avuto la prontezza di dire alla segretaria che aveva un altro figlio, che studiava matematica all’università e che poteva sostituire il fratello. Così è iniziata la mia carriera scolastica. Prima avevo collaborato con l’università per alcune ricerche, ma quella strada non mi interessava, ero stanco di studiare. Insegnare mi permetteva di lavorare ma anche di avere del tempo libero, allora la scuola era meno impegnativa di adesso, e poi in quel modo non ero costretto a tornare in Italia per il militare. E così ho insegnato a Morbio per diciotto anni, poi sono andato a Riva San Vitale e infine a Mendrisio. In tanti anni di insegnamento devo dire che la passione è rimasta. Stare coi ragazzi può essere

bello e affascinante, ma anche duro e faticoso. E questo non dipende dalla “bravura” degli studenti, un aspetto certamente importante: ciò che conta di più è riuscire a instaurare un rapporto con loro, stimolare il loro desiderio di imparare, anche se non sempre ci riescono. Studiare, applicarsi richiede fatica, sudore, tempo. Oggi si pensa che internet possa insegnare meglio e in modo più veloce. Ma non è così. È vero che la rete fornisce tantissime informazioni, ma una cosa è apprendere una notizia e un’altra è imparare. Tornando a me, in seguito ho messo su famiglia, ho sposato una collega e abbiamo avuto un bambino. Oggi sono divorziato e sto con la mia compagna. Inoltre non insegno più perché sono andato in pensione, una condizione di cui non mi rendo ancora bene conto. Per fortuna la scuola non è mai stata la mia unica ragione di vita, altrimenti adesso non saprei che cosa fare. Ho coltivato diversi interessi, come la pallavolo, che ho praticato per tanti anni e seguo ancora adesso in televisione o andando a vedere le partite. Mi piace andare in moto e in barca. Ho il pallino dell’informatica: i miei studi universitari, infatti, sono stati orientati in quel campo. In tutti questi anni ho continuato a interessarmene, anche se sempre più come utente finale; tant’è che a scuola ho sempre ricoperto il ruolo di “responsabile per l’informatica”. E poi sono sempre stato un appassionato di politica. Non l’ho mai “praticata”, ma l’ho sempre seguita. Posso definirmi un comunista, anche se questa parola assume oggi tantissimi significati. Diciamo che il comunismo mi ha dato una chiave di lettura fondamentale per leggere la realtà, per decifrare e smascherare gli interessi che si nascondevano e si nascondono dietro tutti gli avvenimenti politici, militari, economici. Adesso che sono in pensione prenderò, come si dice, quello che viene, le occasioni che si presenteranno. Non mi è mai pesato lavorare, quando non avevo molta libertà non ne soffrivo, certo ora che ce l’ho è senz’altro meglio.

DOMENICO POLERà

Dopo tanti spostamenti, seguendo il lavoro del padre, giunge in Ticino. Oggi, insegnante in pensione, coltiva le antiche e mai sopite passioni per l’informatica e, soprattutto, la politica

testimonianza raccolta da Roberto Roveda fotografia ©Flavia Leuenberger


Ritratto di signora a cura della Redazione; fotografie ©Reza Khatir

Sabrina, 2014

“Isabel Archer era una ragazza dalle molte teorie e dall’immaginazione abbastanza fervida. Il possedere un’intelligenza più viva di quella della gente in mezzo alla quale era stata allevata, l’avere una più larga percezione dei fatti e l’esser bramosa di acquistarsi una conoscenza non comune, era stato un suo privilegio”


Anahì, 2014

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ella cerchia delle sue conoscenze passava per una ragazza di straordinaria profondità, poiché quella brava gente non sapeva trattenersi dall’ammirare uno spirito del quale non arrivava a misurare l’ampiezza, e parlava di Isabel come di un prodigio di sapere, di una creatura che aveva letto i classici, in buone traduzioni. (…) Lo fosse o no, la gente in ogni modo non sbagliava ammirandola: poiché la sua mente correndo rapida più delle altre generava in lei un’irrequietudine che poteva benissimo venir confusa con una superiorità. Si poteva forse incolparla di troppa stima verso se medesima; si osservava spesso con compiacenza e nei casi dubbi ella riteneva sempre di esser dalla parte della ragione: trattava se stessa come un oggetto degno d’omaggio. Perciò i

suoi errori e le sue illusioni di frequente eran tali quali un biografo che volesse salvaguardare la dignità del suo personaggio deve rifuggire dallo specificare. I suoi pensieri erano una mescolanza di contorni vaghi che non erano mai stati fissati dal giudizio di qualcuno che sapesse esaminarli con cognizione di causa. In fatto di opinioni s’era sempre fatta da sé la sua strada, che poi l’aveva portata a una serie di ridicoli zig-zag. A volte s’accorgeva di essersi sbagliata di grosso e allora si condannava a settimane di umiltà. Dopo di che rialzava la testa più alta di prima poiché, era inutile, aveva un irresistibile bisogno di stimarsi. La sua teoria era che sotto quest’aspetto la vita valeva la pena di essere vissuta: che ciascuno deve essere tra i migliori, possedere una magnifica organizzazione vitale (e la sua


Alexia, 2014

propria era certamente bellissima) e muoversi in un regno di luce, di saggezza naturale, di impulsi felici, di ispirazioni deliziosamente abitudinarie. È sciocco dubitar di se stessi come sarebbe dubitare del proprio miglior amico: anzi si deve cercare di essere il proprio miglior amico e di vivere così in eletta compagnia. Aveva anche una certa nobiltà d’immaginazione che le rendeva dei buoni servigi ma che le giocava anche dei brutti tiri. Passava la metà del suo tempo pensando alla bellezza, al coraggio, alla magnanimità; era fermamente determinata a considerare il mondo come un luogo di splendore, di libera espansione, di azione irresistibile; era convinta che fosse cosa detestabile passare per timidi o vergognosi. Nutriva anche un’irresistibile speranza che non avrebbe mai fatto nulla di male. Si era

così fortemente indignata, dopo averli scoperti, per certi suoi semplici errori di pensiero (e il riconoscerli l’aveva sempre fatta tremare come quando ci par d’esser sfuggiti a una trappola che avrebbe potuto afferrarci e soffocarci) che soltanto l’idea d’infliggere un’offesa a un’altra persona la obbligava a trattenere il fiato: le pareva la peggior cosa che le potesse capitare. In complesso, idealmente parlando, non aveva incertezze intorno alle cose ch’erano male. Non amava il loro aspetto e se le fissava a viso aperto le riconosceva subito. Era male essere meschini, essere gelosi, essere falsi, essere crudeli. Poco sapeva del male del mondo, ma aveva visto donne che mentivano e che cercavano di tradirsi a vicenda, e questo aveva rinvigorito in lei il sentimento della nobiltà


Francesca, 2014

umana: le pareva vergognoso il non disprezzarle. Certo che anche la troppa dignità aveva il suo lato pericoloso: la fatuità, il tener alta la bandiera dopo che la piazza s’era arresa, contegno tanto disonesto che disonora la bandiera stessa. Ma Isabel che conosceva assai poco a che specie d’artiglierie le giovani donne siano esposte, si lusingava che simili contraddizioni non si sarebbero mai avvertite nella sua condotta. La sua vita sarebbe stata in armonia con la più piacevole impressione ch’essa poteva produrre: voleva essere quel che sembrava e sembrare quel che era. A volte andava tanto in là su questo punto da augurarsi di potersi trovare un giorno in una situazione difficile, così per aver il piacere di superarla eroicamente. Tutto sommato, con la sua poca esperienza, i suoi esagerati ideali, la

sua innocenza confidente a un tempo e dogmatica, il suo temperamento esigente insieme e corrivo, il suo miscuglio di curiosità e d’insoddisfazione, di vivacità e d’indifferenza, col suo desiderio di figurar bene e di esser possibilmente ancora meglio, col suo fermo proposito di vedere, di provare, di sapere, con quel suo misto di spirito sensibile, incostante, vivacissimo e di ansiosa e personale natura, sarebbe il facile soggetto di una dissezione scientifica se non fosse destinata a suscitare nel lettore un impulso di più tenera e di più pura simpatia umana. (…) Aveva poi parecchi punti di vista sul soggetto matrimoniale. Il primo, la volgarità di pensarci troppo. Si augurava ardentemente di non esser mai trascinata al desiderio di sposarsi. Sosteneva che una donna la quale non sia di una fragilità


Eva, 2013

eccezionale deve essere capace di vivere da sé e per sé, e ch’era possibile in modo assoluto di essere felice anche se priva della compagnia di una persona dell’altro sesso, dall’anima più o meno volgare. Il suo augurio era stato esaudito, poiché qualcosa di puro e di altero ch’era in lei – qualcosa di freddo e di arido come l’avrebbe chiamato un adoratore respinto – l’aveva fino allora tenuta lontana dalla vanità di pensare a un futuro marito. Tra gli uomini che conosceva ben pochi le sembravano degni di una spesa rovinosa, e la faceva semplicemente sorridere l’idea che uno di essi avrebbe potuto presentarsi a lei come incentivo alle sue speranze o ricompensa della lunga attesa. In fondo all’anima, però, ma molto in fondo, le ondeggiava una vaga idea che se

una certa luce fosse spuntata ella avrebbe potuto anche abbandonarsi completamente: ma quest’idea era troppo tremenda per essere attraente”. Il brano qui riportato a corredo delle immagini è tratto da Ritratto di signora, di Henry James. (Rizzoli, 2003) Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Locarno ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI. khatir.com Queste fotografie sono state realizzate con la pellicola Polaroid 665 neg/pos, fuori produzione già da diversi anni, acquistate sul portale eBay da NewYork e scadute nel 2005




ARRIVANO I DRONI! Tendenze p. 44 – 45 | di Mariella Dal Farra

SFILATE DI MODA, CONSEGNE A DOMICILIO, SPEDIZIONI: I DRONI NON TRASPORTANO SOLO ARMI MICIDIALI, MA PAIONO DESTINATI A ENTRARE NEL QUOTIDIANO DI CIASCUNO DI NOI

UN GIRO D’AFFARI

DESTINATO A SUPERARE I

130 MILIARDI DI DOLLARI NEL 2021

ENTRO IL 2020 CIRCA

30.000 DRONI NEI CIELI USA

IL TIMORE È CHE I GOVERNI DEI DIVERSI

PAESI USINO QUESTI STRUMENTI

PER SPIARE E RACCOGLIERE

(ULTERIORI) DATI SUI PROPRI CITTADINI


Il drone porta pacchi di Amazon

Drone pilotato dall’iPhone

Febbraio 2014, Milano Fashion Week: Fendi presenta la collezione donna autunno-inverno 2014-15. Mentre le modelle sfilano in passerella, tre droni volteggiano sopra le loro teste, riprendendole. Le immagini sono trasmesse in tempo reale sul sito della casa di moda dove chiunque sia connesso, compresi gli spettatori presenti in sala, può usufruire di una visione complementare, “dall’alto”, della sfilata. Qualche mese fa Jeff Bezos, CEO di Amazon.com ha annunciato l’intenzione di implementare un sistema di consegna rapida attraverso l’uso di droni: i pacchetti contenenti libri, CD o DVD verrebbero recapitati entro trenta minuti dall’ordine grazie a questi piccoli veicoli telecomandati, capaci di atterrare direttamente nel giardino o sul tetto della casa dell’acquirente. Ma l’uso “civile” di droni potrebbe coinvolgere svariati settori, dalla consegna della pizza a domicilio al controllo del traffico, fino alla possibilità di recapitare medicinali e vaccini in zone remote o comunque difficilmente raggiungibili del pianeta a quella di realizzare documentari inediti sulla vita degli animali.

pazione la suscitano. Soprattutto a fronte delle dimensioni che il fenomeno potrebbe assumere nei prossimi anni, visto che si tratta di un giro d’affari destinato a superare i 130 miliardi di dollari nel 2021: “In una sorta di road-map, nel 2012 la Commissione europea ha esortato le imprese a recuperare terreno sugli americani, tuffandosi in un mercato che genererà miliardi di utili. L’intento di Bruxelles è aprire lo spazio aereo civile ai droni entro il 2016, sulla scia di quanto già deciso da Barack Obama negli USA”.

GIÙ LE ARMI! I droni di cui stiamo parlando sono naturalmente molto diversi da quelli impiegati in ambito militare, a partire dalle dimensioni. Il Predator, per esempio, “aeromobile a pilotaggio remoto (APR) prodotto dalla General Atomics ed entrato per la prima volta in linea nel 1995 nella United States Air Force”, ha un’apertura alare di 14,84 metri contro i 40 centimetri del Qube, piccolo drone della AeroVironment che consente ricognizioni a breve raggio (autonomia di volo: quaranta minuti contro le diciassette ore del Predator), concepito come coadiuvante delle forze dell’ordine statunitensi. Inoltre, mentre il Qube raggiunge un’altitudine di 152,4 metri, consentendo un radio controllo entro un chilometro di distanza in linea d’aria, i droni militari volano a 18.000 metri dal suolo e sono pilotati da comandi via satellite. Infine, mentre i droni militari hanno una funzione sostanzialmente offensiva e di ricognizione, quelli civili hanno in dotazione unicamente delle telecamere. Un bel sollievo, verrebbe da dire, se non fosse per il fatto che, tutto sommato, anche le telecamere qualche preoccu-

CIELI INTASATI In Italia, per esempio, l’ENAC, l’Ente Nazionale per l’Aviazione Civile, ha appena pubblicato il “Regolamento sui mezzi aerei a pilotaggio remoto” (16/12/2013) che contiene le linee guida per la normativa sull’uso di questi velivoli. Nel Regno Unito, “dove la circolazione degli UAV (Unmanned aerial vehicle) civili è stata già sdoganata, gli ingegneri stimano di costruire droni affidabili e di buona durata per circa 25 mila euro”, ma i primi produttori rimangono per ora gli Stati Uniti, dove il numero di velivoli senza pilota è passato negli ultimo dieci anni da cinquanta a settemila: “Gli addetti ai lavori stimano, entro il 2020, circa 30 mila droni nei cieli affollati degli USA, per un indotto di oltre 23 mila posti di lavoro”. Secondo Mario Innocenti, docente all’università di Pisa, “è davvero solo questione di tempo, ormai siamo in una situazione di non ritorno. I droni verranno sempre più spesso usati per scopi civili, basti dire che tecnicamente è già possibile guidarli dagli iPhone e dagli iPad”. Tutto lascia dunque presumere che, nei prossimi anni, i droni per uso civile diverranno un elemento costitutivo del paesaggio urbano. In un’epoca caratterizzata dalla costante erosione della privacy, è facile comprendere come tale prospettiva metta in allarme una parte della popolazione: il timore è che i governi dei diversi paesi usino questi strumenti per spiare e raccogliere (ulteriori) dati sui propri cittadini. A tale proposito, e per tutti gli amanti della dietrologia, si ricorda come Amazon abbia da poco firmato un contratto di 600 milioni di dollari con la CIA per la costruzione di una cloud a uso interno dell’Agenzia; un mese dopo, l’annuncio del programma Amazon Air Prime...


La domanda della settimana

Siete soddisfatti delle attività di vigilanza esercitate dalle strutture di polizia sul territorio cantonale?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 27 marzo. I risultati appariranno sul numero 14 di Ticinosette.

Al quesito “Se i trasporti pubblici fossero gratuiti e capillari, in tutta la Svizzera, rinuncereste definitivamente al possesso di un autoveicolo privato?” avete risposto:

SI

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NO

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Astri ariete Colpi di fulmine o situazioni piacevoli durante un viaggio. Alleanze e nuove collaborazioni professionali per i nati nella seconda decade.

toro Grazie a Mercurio e ai buoni aspetti con Plutone potrete contare su di un intuito formidabile. Possibili contrasti in famiglia.

gemelli Incontri inaspettati e colpi di fulmine. Affinità intellettive e spirituali. Molto superstiziosi i nati nella prima decade. Maldicenze da un falso amico.

cancro Grandi cambiamenti per i nati tra la prima e la seconda decade. Tagliate il cordone ombelicale. Cruciali le giornate tra il 24 e il 25 marzo.

leone Si fa strada una storia sentimentale libera e trasgressiva. Rancorosi i nati nella terza decade colpiti nell’orgoglio. Speculazioni finanziarie.

vergine Sviluppo per chi opera in ambito tecnologico. Nascita di relazioni sentimentali all’interno dell’ambiente professionale. Periodo costruttivo.

bilancia Primavera ricca di cambiamenti Cavalcate la grande onda senza farvi prendere da inutili tentennamenti. Draconiani i nati nella terza decade.

scorpione Grazie a Mercurio e a Nettuno la vostra immaginazione vi rende sensibili agli influssi provenienti dalle realtà circostanti. Bene il 24 e il 25.

sagittario Improvvisa impennata della vostra vita sociale. Incontri d’amore per i nati nella seconda decade. Colpi di fulmine. Incontri fuori del comune.

capricorno Primavera ricca di sfide. Senza compromessi, siete in stato di guerra. Non sono ammesse politiche attendiste. Bene tra il 25 e il 26 marzo.

acquario Rischiate! Siate creativi! Pensate differente. Date una svolta alla vostra vita tornando a rubar con successo il fuoco ai falsi dei. Colpi di fulmine.

pesci Tra il 26 e il 28 momento d’oro per la vita sentimentale. Segreti e misteri. Saturno vi spinge a un progressivo rinnovamento di ogni attività.


Gioca e vinci con Ticinosette

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Orizzontali 1. La capitale del Gabon • 9. Ione di carica negativa • 10. Il nome di Pacino • 11. Ama fantasticare (f) • 14. Il verso della cornacchia • 15. Più che agiato • 16. Il noto Macario • 19. Cuor di cane • 20. Porto francese • 21. Norvegia e Malta • 23. Consonanti in tedio • 24. La candida spia! • 26. Spinta iniziale • 27. Preposizione semplice • 29. Dare senza pari • 30. Cinque anni • 33. Sfortuna • 35. Fa buon sangue • 37. Ama Radames • 39. Il club dell’alpinista • 40. Pari in borgo • 42. Una Loretta dello spettacolo • 44. Parti navali • 46. Sala centrale • 47. Grande porto tedesco • 50. Preposizione semplice • 51. Con quelli elettrici ci giocano i bimbi • 53. Razza • 54. Appunto.

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Verticali 1. Noto film del 1982 di A. J. Pakula con Meryl Streep • 2. Rabbrividire, atterrirsi • 3. Ha due mogli • 4. Il Cellamare • 5. Fu regina di Spagna • 6. Sono fragili • 7. Smalto, vernice • 8. Il nome della Brigliadori • 12. Quartieri cittadini • 13. Novantanove romani • 17. Hanno menti brillanti • 18. Piccolo difetto • 22. Stampi, clichés • 25. Replica • 28. Un colore • 31. Letto riarso di fiume • 32. Turchia • 34. Una nota e un articolo • 36. Taverna, cantina • 38. Pianta dell’America meridionale • 41. Fu generale e presidente USA • 43. Il Miller del jazz • 45. Articolo indeterminativo • 48. Adesso • 49. Fiumiciattolo • 52. Nuovo Testamento.

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La soluzione verrà pubblicata sul numero 14

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 27 marzo e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 25 mar. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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La soluzione del Concorso apparso il 7 marzo è: COMODINO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Elena Borra via Aosa 4c 6557 Cama Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: tre Ape card Arcobaleno Ape card è lo strumento ideale per caricare e pagare i biglietti Arcobaleno risparmiando, grazie al plusvalore di ricarica. Maggiori informazioni su www.arcobaleno.ch/apecard

Arcobaleno mette in palio una Ape card da CHF 50.– a tre fortunati lettori che comunicheranno correttamente la soluzione del Concorso.

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C A P S U L E C O M PAT I B I L I C O N L A M A G G I O R PA R T E D E L L E M A C C H I N E N E S P R E S S O ® *

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