№ 14 del 4 aprile 2014 · con Teleradio dal 6 al 12 apr.
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Il giornalismo investigativo può davvero contrastare le attività di spionaggio e violazione della privacy? C T · RT · T Z · .–
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Ticinosette n. 14 del 4 aprile 2014
Impressum Tiratura controllata 66’475 copie
Chiusura redazionale Venerdì 28 marzo
Editore
Teleradio 7 SA Muzzano
Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
4 Società Giovanni XXIII. Santo, non “santino” di roberto roveda ............................... 7 Arti Cinema. Grottesco italiano di Mariella dal Farra ............................................... 8 Kronos Diario cretese (seconda parte) di FraNcesca rigotti .................................... 10 Letture Identità romanda di eugeNio Klueser .......................................................... 11 Vitae Mimi (Mjelma) Shehu di Keri goNzato.......................................................... 12 Reportage La perla del Lario di steFaNia briccola; Foto di siMoNe MeNgaNi .............. 37 Fiabe Il serpente dispettoso di chiara Piccaluga ...................................................... 42 Tendenze Cibo, cibo e ancora cibo di Patrizia MezzaNzaNica .................................. 44 Svaghi .................................................................................................................... 46 Agorà Giornalismo investigativo. Una vecchia storia
di
Natascha Fioretti .................
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs
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In copertina
I’m watching you illustrazione di Bruno Machado
Il valore della differenza Pubblichiamo l’intervento di un lettore a commento dell’articolo “Nuove famiglie”, uscito sul numero 12 del 21 marzo scorso, in cui Silvano De Pietro affrontava il tema del diritto di famiglia in relazione alla questione delle adozioni da parte di coppie omosessuali. Il nostro collaboratore intervistava in quell’occasione Graziano Martignoni, psichiatra e psicoanalista, docente alla SUPSI. Egregi signori, ho deciso di scrivere questa lettera dopo aver letto con interesse l’articolo sulla questione delle coppie gay e della loro possibilità di adottare bambini. Premetto di non essere uno specialista né in campo giuridico né in campo psicologico dato che la mia attività professionale si è svolta interamente (oggi sono un pensionato) in ambito commerciale e nelle relazioni con il pubblico. Dal mio punto di vista, di omosessuale dichiarato, vedo l’ipotesi di adozioni di bambini da parte di coppie gay con un certo sospetto se non addirittura con contrarietà. Questo a molti potrà apparire stravagante o in netta controtendenza, ma in realtà non è affatto così. Vivo da oltre dieci anni insieme a un compagno che condivide queste posizioni così come altri amici omosessuali. Personalmente ritengo che per dei bambini sia soprattutto importante avere intorno a sé un nucleo familiare capace di esprimere affetto e attenzione oltre che di assumersi pienamente tutte le responsabilità che essere genitori comporta. E, come si diceva anche nell’articolo, questo tipo di condizione non dipende certo dal genere sessuale dei genitori (basti vedere le tragedie che quasi ogni giorno si consumano nelle famiglie eterosessuali). Ma la questione
non è questa. Ciò che mi interessa nasce dalle domande, davvero acute, che il vostro giornalista pone nel suo articolo: “da dove nasce e quanto è giustificato il desiderio delle coppie omosessuali di avere figli? A chi è più utile psicologicamente l’adozione, alla coppia omosessuale per sentirsi più normale, o ai figli che necessitano di punti di riferimento?”. Il problema, a mio parere sta tutto qui, nel bisogno di “normalità” che tante coppie di omosessuali vogliono ottenere quasi a voler compensare il loro sentirsi (secondo me con profondo disagio e incapacità di accettare ciò che si è) “diversi”. Ecco che allora nasce questo desiderio di essere legittimati sotto il profilo sociale che il diventare genitori e famiglia può in apparenza soddisfare. Il fatto poi di “essere” e “diventare” davvero una famiglia è altra questione. Essere omosessuali implica a mio vedere l’accettare una condizione di “differenza” esattamente come sono diversi fra loro il maschio e la donna. L’ordine biologico, che secondo me include a pieno anche l’omosessualità, va sempre rispettato e non credo che questo crescente bisogno di ibridazione dei sessi e dei generi sia di per se un fattore positivo. La questione dei diritti è sacrosanta, e in questo sono stati fatti molti passi avanti negli ultimi due decenni, così come intendere questi temi in un’ottica ideologica porta sicuramente fuori strada, ma ciò non toglie che il valore della “differenza” sia centrale per tutti, eterosessuali come omosessuali, e tale debba restare. La sfida è casomai imparare a capirla e ad accettarla. Con molti saluti e complimenti per il vostro lavoro. S.B., Lugano
Una vecchia storia Media. Lo scandalo NSA, nel mettere in luce le attività di spionaggio USA nei confronti dei paesi alleati, ha provocato indignazione e sorpresa. In realtà, come hanno evidenziato tre reporter investigativi svizzeri, si tratta di una cattiva e inveterata prassi di cui la stessa Confederazione è stata in passato oggetto. Un’occasione per fare il punto sulle attività e le novità nell’ambito del giornalismo investigativo nel nostro paese di Natascha Fioretti
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Agorà 4
o scandalo NSA e i file rivelati da Edward Snowden ci hanno aperto gli occhi e dato una certezza: gli Stati Uniti spiano il mondo, dai governi ai privati cittadini, nessuno escluso. Grande indignazione in Europa a partire dalla cancelliera tedesca Angela Merkel fino alla commissaria europea per la giustizia, i diritti fondamentali e la cittadinanza, Viviane Reding, che l’anno scorso aveva promesso una stretta sulla legge sulla protezione dei dati e sulle sanzioni da applicare alle aziende, anche straniere, attive sul suolo europeo che non le rispettano. Così il 12 marzo scorso, in prima lettura, il parlamento europeo ha approvato la riforma delle leggi europee sulla protezione dei dati, volta ad aggiornare la legislazione in vigore, adottata 19 anni fa, per far fronte alle nuove sfide tecnologiche e affrontare la questione della sicurezza dei dati personali e della privacy. Ma che cosa sappiamo invece della Svizzera all’interno dello scandalo NSA? Il governo americano ha decifrato anche le conversazioni telefoniche dei nostri politici? Secondo quanto scoperto dai tre reporter investigativi dei domenicali svizzeri Sonntagszeitung e Le Matin Dimanche, Martin Stoll, Julian Schmidli e Titus Plattner, è stato così nel secolo scorso. Prove alla mano, cinquemila documenti ottenuti dalle autorità americane facendo appello al Freedom of Information Act (Atto per la libertà di informazione) hanno documentato come nel 1942 “una fonte americana molto fidata sia stata in grado di fotografare documenti sensibili per decifrare i codici di importanti messaggi diplomatici svizzeri. Il materiale contiene codici, tabelle e cifre così come istruzioni per l’uso corretto”. Significa che fino al 1950, anno in cui gli svizzeri si dotarono di un più sofisticato apparecchio NeMa per la trasmissione di messaggi in codice, gli americani furono in grado di decifrare comunicazioni riservate del nostro governo. Secondo Martin Stoll se era così allora si può partire dal presupposto che lo stesso avvenga anche oggi “come abbiamo potuto rilevare dalla scandalo NSA si tratta di un programma che ha via via raggiunto proporzioni sempre più ampie e anche se dai file di Snowden abbiamo saputo ben poco del nostro paese, penso sia plausibile pensare che la Svizzera venga spiata oggi come allora”.
Room 6527 Room 6527 è la stanza in cui venivano nascosti i file più scottanti, raccolti a partire dal 1948 dal Federal Bureau of Investigation (FBI) e dal suo potente e temuto direttore: Edgar Hoover. Quattro anni fa Martin Stoll ne è venuto a conoscenza: “a quei tempi quello delle intercettazioni da parte del governo americano non era un tema caldo e Snowden era un anonimo collaboratore dell’azienda Booz Allen Hamilton e collaboratore della NSA negli uffici alle Hawaii”. Non è stato poi neanche difficile ottenerli, racconta Stoll, “l’organizzazione americana Govermentattic (governmentattic.org) possiede un indice molto dettagliato di tutti i documenti contenuti nella stanza segreta 6527. Tramite il FOIA (Freedom of Information Act) ho fatto richiesta di cinquemila file. Me li hanno inviati parte su cd, parte cartacei nel giro di quattro anni”. Una volta ottenuti, il giornalista della Sonntagszeitung si è concentrato sui documenti relativi alla Svizzera, in particolare quelli risalenti al 1942: “ho avuto fortuna perché proprio in quell’anno gli americani sono riusciti a craccare il codice per decifrare le nostre comunicazioni diplomatiche. Bisogna dire che il contenuto delle conversazioni non era così interessante, riguardava normalissime questioni consolari e diplomatiche. Ciò che invece è pazzesco è la minuzia con la quale le autorità americane già ai tempi decifravano e raccoglievano le informazioni. E con quale impegno e sforzi erano impegnati a intrufolarsi e ad accedere ai canali di comunicazione svizzeri”. Poi naturalmente le cronache di attualità eplose lo scorso anno sull’affare datagate hanno dato al reporter della Sonntagszeitung la dimensione e il peso delle sue scoperte “ho capito che avevo in mano documenti importanti che bisognava rendere pubblici”. Così è nata la collaborazione con Julian Schmidli e Titus Plattner che si sono occupati della parte tecnica e dunque di allestire e mettere in rete la piattaforma Room 6527, che prende il nome dalla stanza segreta, coinvolgendo altre testate internazionali nel progetto. Una rete internazionale “Allestire il sito non è stato difficile ci sono voluti circa tre giorni. E anche le risorse investite sono state davvero contenute,
nell’ordine delle centinaia di franchi. Si è trattato di scansionare i documenti, renderli leggibili e organizzarli in modo da essere chiari e reperibili sul web, per questo abbiamo utilizzato il programma DocumentCloud”. Si tratta di una piattaforma software web creata per permettere ai giornalisti la ricerca, l’analisi, l’annotazione e la pubblicazione di documenti usati nei rapporti. DocumentCloud è costruito interamente con software open source. L’altro aspetto fondamentale dell’operazione è stato quello di creare una rete, coinvolgendo altri giornalisti e altre testate nel progetto, anche perché dai documenti in possesso sono emerse informazioni interessanti relative all’Italia, Germania, Francia e Svezia. “Appena ci siamo accorti che dai documenti trapelavano notizie di rilievo su altri paesi abbiamo deciso di coinvolgere altri giornalisti europei. È stato come un effetto valanga e da pochi improvvisamente siamo diventati tanti”. Così a collaborare al progetto condiviso Sonntagszeitung/Le Matin Dimanche sono stati Le Monde, Süddeutsche Zeitung, l’Espresso, Aftenposten (Norvegia) e Sveriges Radio (Svezia). Nel caso Snowden siamo stati abituati a un giornalismo crossborder che unisce le sinergie di più testate e giornalisti provenienti da paesi diversi ma nel caso della Svizzera una collaborazione internazionale rappresenta un fatto eccezionale “in realtà non eravamo obbligati a creare una piattaforma accessibile a tutti e a coinvolgere altri nel progetto”, dice Schmidli, “avevamo la storia, potevamo limitarci a pubblicarla sulle nostre testate stampando un po’ di documenti e scrivendo uno o più articoli. Ma poi ci siamo detti che il materiale era
tantissimo ed era giusto che il mondo sapesse”. Stoll, Schmidli e Plattner avevano anche già avuto modo di fare esperienza lo scorso anno collaborando al progetto Offshore leaks un enorme database sulla finanza offshore promosso dal Consorzio Internazionale del giornalismo investigativo (The International Consortium of Investigative journalists) in collaborazione con 86 giornalisti investigativi di 46 paesi, appartenenti a 38 testate: dal Washington Post al Guardian, da Le Monde a El Pais. Ma al di là del diffondere il più possibile le informazioni Schmidli aggiunge “abbiamo imparato una cosa importante: lavorando insieme si fa di più e meglio. Non bisogna sempre ragionare in termini di concorrenza ma anche in termini di cooperazione. Credo che in futuro noi giornalisti penseremo sempre di più in questo modo”. Certo in Svizzera l’attenzione da parte di altri media è stata modesta, a parte i diretti protagonisti quasi nessuno ne ha parlato. Stoll e Schmidli concordano a riguardo “si tratta anche di un argomento di nicchia molto particolare. Il fatto che la Svizzera sia stata spiata dagli americani nel 1942 è rilevante ma non è certo una breaking news”. Il giornalismo investigativo in Svizzera Martin Stoll è convinto che se “i media stampati vogliono sopravvivere devono sapere offrire di più, dare più valore aggiunto ai lettori. Si può fare con storie originali e ben documentate”. Per questo nel 2010 alla Sonntagszeitung è stato istituito il Recherche Desk per il giornalismo investigativo. Oggi questo (...)
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Nel nostro paese gli editori e i media hanno ancora a cuore un certo tipo di giornalismo: “negli ultimi anni il giornalismo investigativo in Svizzera si è notevolmente sviluppato. Anche il Tagesanzeiger, per esempio, ha una redazione dedicata. C’è una piattaforma sul web che va molto bene: investigativ.ch”
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progetto che intende porre maggiore attenzione e investire maggiori risorse nel giornalismo investigativo è condiviso dal settimanale della Svizzera francese Le Matin Dimanche. Significa che le redazioni dei due giornali hanno unito dieci dei loro giornalisti a Berna mettendo loro a disposizione le risorse necessarie per seguire storie interessanti e di servizio pubblico. Oggi a dirigere il progetto è Oliver Zihlman, nel 2010 era Martin Stoll “ai miei tempi i giornalisti impiegati erano solo due e le risorse messe a loro disposizione molto esigue. Poi grazie a un articolo scambiato con la redazione del Le Matin Dimanche è nata l’idea di unire le forze”. Un bel progetto che sembra sottolineare come in Svizzera gli editori e i giornalisti abbiamo ancora a cuore un certo tipo di giornalismo “negli ultimi anni il giornalismo investigativo in Svizzera si è notevolmente sviluppato. Anche il Tagesanzeiger, per fare un esempio, ha una redazione dedicata. C’è una piattaforma sul web che va molto bene: investigativ.ch”. Un forte impulso è stato generato dalla Conferenza internazionale del giornalismo investigativo tenutasi a Ginevra nel 2010 che Stoll ha organizzato con altri colleghi: “dai tanti contenuti emersi e dai tanti incontri ci siamo detti che era importante coltivare e portare avanti le idee che circolavano in quel momento”. Non solo, quello che giornalisti come lui hanno cuore, è salvare “l’essenza del giornalismo, qualcosa di fondamentale per la sua esistenza”. In quest’ottica la Sonntagszeitung in collaborazione con il MAZ-Medienausbildungszentrum Luzern ha istiuito un premio per il giornalismo investigativo. Ogni anno un giovane giornalista di talento ha la possibilità di imparare l’arte della ricerca e dell’investigazione collaborando con il Recherche Desk della Sonntagszeitung e Le Matin Dimanche a Berna. Lo stesso premio viene promosso da Le Matin Dimanche nella Svizzera francese. La questione privacy in Europa “Basta chiacchiere, data protection subito” aveva detto Viviane Reding, Commissaria UE alla Giustizia agli inizi di marzo 2014 “è ora di passare dalle parole ai fatti: la riforma deve essere una priorità dei politici europei nei prossimi sei mesi”. Così è stato, lo scorso 12 marzo infatti il parlamento europeo ha approvato in prima lettura la riforma delle leggi europee sulla protezione dei dati, volta ad aggiornare la legislazione in vigore, adottata 19 anni fa, per far fronte alle nuove sfide tecnologiche e al crescente utilizzo dei dati personali per la sicurezza. Il pacchetto della riforma della data protection europea consistei in un regolamento generale che copre la maggior parte delle norme sul trattamento dei dati personali, tanto nel settore pubblico quanto nel privato, e di una direttiva con le regole per prevenire, indagare e perseguire i reati penali o per applicare sanzioni penali.
E se questa è una buona notizia, c’è n’è purtroppo anche una negativa: causa resistenze di alcuni paesi come il Regno Unito di fatto la riforma UE slitta e sarà il prossimo parlamento, non quello attuale, a decidere in via definitiva. Grande il disappunto di Jan Philipp Albrecht, relatore per il regolamento generale “ogni ulteriore rinvio sarebbe irresponsabile, i cittadini europei si aspettano da noi di procedere all’adozione di una forte regolamentazione sulla protezione dei dati in tutta la UE. Se ci sono alcuni stati membri che non vogliono concludere dopo due anni di negoziati, la maggioranza dovrebbe andare avanti senza di loro”. Tra le norme rafforzate dal parlamento anche l’obbligo per i fornitori di servizi (come motori di ricerca, social network o servizi cloud) di chiedere un’autorizzazione preventiva all’autorità nazionale di protezione dei dati prima di poter divulgare i dati personali di un cittadino dell’Unione in un paese non membro. Scure dell’Europarlamento, poi, sulle violazioni della privacy in internet. Il petrolio di internet Per un rafforzamento delle leggi in materia di privacy e la formulazione di linee direttive chiare per le multinazionali che vogliono lavorare nel continente si era espresso qualche mese fa anche Hanspeter Thür, responsabile svizzero della protezione dei dati, in una intervista a Swissinfo.ch. Ricordando che sebbene la Svizzera non sia parte dell’UE essa dipende però “dai negoziati che avvengono nel contesto europeo” e se “l’UE decidesse di rafforzare le sue norme per la protezione dei dati, vi saranno conseguenze anche per la Svizzera. Dovremo verificare se le nostre sono conformi”. Come dice uno dei guru più discussi di internet, Andrew Keen “i dati personali rappresentano il petrolio di internet e la valuta del mondo del digitale”. E il pericolo maggiore, ricorda Thür in una intervista dello scorso otto marzo sulla Neue Zürcher Zeitung, “è la combinazione di attività private e governative. È quanto ci ha mostrato l’affare NSA. Gli attori privati raccolgono dati in grande quantità per poi consegnarli ai servizi segreti”. Per questo, sempre secondo Thür “la privacy sarà sempre più un privilegio di pochi”, di coloro che non forniscono i propri dati in rete e di coloro che li proteggono fornendoli a servizi a pagamento e non gratuiti come Facebook, WhatsApp ecc. Per i politici e i governi invece chissà se c’è soluzione o se gli Stati Uniti invece saranno sempre un passo avanti nel craccare anche i più sofisticati sistemi di protezione dei dati sensibili… Per questo abbiamo bisogno di un quarto potere sempre vigile e attento che in un mondo globalizzato sia orientato anche a un giornalismo investigativo crossborder.
Santo, non “santino” Il prossimo 27 aprile verrà canonizzato, Giovanni XXIII, che con la grande intuizione del Concilio Vaticano II seppe aprire la Chiesa alla modernità. Un profeta capace di leggere le sfide del futuro, troppo spesso ridotto alla consolante immagine di “papa buono” di Roberto Roveda
Troppo spesso Angelo Roncalli è stato sottovalutato. Un po’
per la sua apparente bonomia da curato di campagna, un po’ per quell’aria “paciosa” che si era accentuata con l’età e la pinguedine. Forse per questo, i cardinali riuniti in quel conclave del 1958 per eleggere il successore di Pio XII, non considerarono fino in fondo la tenacia e la sagacia di quel figlio di contadini bergamaschi, abituato da bambino a tirare avanti e faticar duro con una fetta di polenta al mattino e una alla sera. Dimenticavano le qualità di un uomo che era stato nunzio in mezza Europa e patriarca di Venezia, pur provenendo da una famiglia umile. Volevano un papa di transizione, che durasse qualche anno – e Giovanni XXIII saliva al soglio di Pietro con i suoi settantasette anni e con qualche acciacco di troppo – e recasse il minor disturbo possibile.
ze e lo strumento per realizzarle era la grande assemblea di tutta la cattolicità, dove ritrovarsi, confrontarsi, riconoscersi fratelli. Un’assemblea dove non nascondere i problemi dietro le ipocrisie della forma e del quieto vivere.
Occasioni perdute Roncalli morì nel giugno 1963, solo sei mesi dopo l’apertura del Concilio, e la sua sfida venne raccolta negli anni immediatamente successivi in un clima di generale euforia e sospinta dai venti di rinnovamento del sessantotto. Poi, piano piano, è cominciato una sorta di reflusso, prima sotterraneo, poi sempre più evidente. Giovanni è diventato il “papa buono” per antonomasia, ma di un buono che faceva spesso rima negli ambienti ecclesiastici con “ingenuo”, “sempliciotto”. Non a caso, nell’epoca dei “santi subito” a Errori di valutazione Roncalli c’è voluto più di un cinquantennio Ma il Vaticano aveva “fatto male i conti”: per essere canonizzato. Roncalli era stato più un pastore di anime Immagine tratta da holyart.it Nel frattempo, in ambito ecclesiastico, si che un principe della chiesa, ma non per è provveduto a depotenziare il messaggio questo aveva intenzione di fare il figurante sul soglio di innovativo del Vaticano II, a riportarlo nel placido alveo Pietro. Così, intuendo probabilmente di avere poco tempo del conformismo. La chiesa, almeno fino all’elezione di davanti a sé e di dover prendere alla sprovvista i cultori papa Francesco, ha ridotto il suo confronto con il mondo dello status quo, tre mesi dopo la sua elezione sconvolse la moderno ed è tornata a essere severa magistra, autoritaria, curia annunciando un nuovo concilio ecumenico, in cui più che autorevole, nel voler dettare norme di vita non solo gli uomini di chiesa si sarebbero ritrovati dai cinque angoli ai fedeli, ma a tutta la società. del mondo per confrontarsi sul presente e, soprattutto, sul Il risultato è quello a cui si è assistito negli ultimi decenni e futuro, del cattolicesimo. che solo ora si prova, con molta fatica, a sanare: all’esterno, Giovanni XXIII pensava al Concilio come a un’occasione un ritorno alla contrapposizione con il laicismo e il moderirripetibile per la chiesa di aprirsi al mondo e alla modernità nismo, al posto del dialogo e del confronto. All’interno, e di superare le chiusure di quelli che lui chiamava “profeti una chiesa in cui le gerarchie sono spesso lontane dalla di sventura”, prelati che sapevano solo rimpiangere i bei base dei fedeli. Una chiesa quindi disunita e disarmonica, tempi andati: “Nelle attuali condizioni della società umana disinnamorata e distaccata che è tutta il contrario di quella essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai; vanno immaginata e avviata da Giovanni XXIII. dicendo che i nostri tempi, se si confrontano con i secoli passati, risultano del tutto peggiori; e arrivano fino al punto di compor- invito alla lettura tarsi come se non avessero nulla da imparare dalla storia, che Philippe Chenaux, Il Concilio Vaticano II, Carocci, 2012. Alberto Melloni, Papa Giovanni. Un cristiano e il suo concilio, è maestra di vita”1. Einaudi, 2009. Il papa vedeva nel Concilio anche la possibilità di scegliere Alberto Melloni, Chiesa madre, chiesa matrigna, Einaudi, 2004. uno stile di misericordia in luogo della severità, e un impegno nella ricerca dell’unità dei cristiani, rinunciando a qual- note 1 Discorso di Giovanni XXIII per l’apertura del Concilio Vaticano siasi colpevolizzazione di chi non si riconosceva nella chiesa II, l’11 ottobre 1962. Il testo completo del discorso è disponibile di Roma. Misericordia, unione, apertura e amore erano le su vatican.va/holy_father/john_xxiii/speeches/1962/documents/ hf_j-xxiii_spe_19621011_opening-council_it.html parole profetiche a cui Giovanni XXIII affidava le sue speran-
Società 7
Grottesco italiano
Quando i migliori registi italiani raccontano la propria realtà contemporanea, il registro che prevale è spesso quello del grottesco: come se solo attraverso il paradosso fosse possibile mettere a fuoco le inquietudini più profonde del paese di Mariella Dal Farra
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Una scena dal film La grande bellezza di Paolo Sorrentino (labalenabianca.com)
Il riferimento immediato va ovviamente a La grande bellezza, vincitore 2014 del premio Oscar come “Miglior film straniero”. Ma c’è un altro film che, quarantatré anni fa, si aggiudicò l’ambìto premio e che, pur essendo completamente diverso per stile, tematiche e sensibilità, fa ricorso a un registro simile: parliamo di Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970), di Elio Petri. Considerato il tipo di risonanza che queste opere hanno ottenuto presso il pubblico italiano – eclatante nel caso di Indagine, le cui code ai botteghini causarono addirittura ingorghi stradali; più “ordinato” ma non meno significativo quello di La grande bellezza – verrebbe da pensare che siano entrambi riusciti a intercettare il sentimento nazionale dei rispettivi momenti storici, fornendo al paese uno specchio – naturalmente “scuro” – in cui riflettersi. Tuttavia, se nel caso di Petri questo sentimento, o “complesso” nazionale, era la colpa, per Sorrentino sembra invece essere la vergogna: l’imbarazzo per un
tempo dissipato e dissoluto, perso nei mille rivoli di una mondanità priva di costrutto. A dispetto del suo essere “un servo della legge”1, il protagonista di Indagine – indicato sempre e solo come “il dottore” – è di fatto un eroe. Negativo, certo, ma con tutta l’intensità dell’eroe che, in preda alla hýbris, sfida l’ordine costituito (non gli dei ma ciò che ne ha preso il posto, e cioè il sistema) proclamandosi superiore a esso: “Alle ore sedici di domenica ventiquattro agosto, io ho ucciso la signora Augusta Terzi con fredda determinazione. [...] Ho lasciato indizi dappertutto, non per fuorviare le indagini, ma per provare, per provare... per provare la mia insospettabilità”, ripete ossessivamente il personaggio interpretato da Gian Maria Volonté con chiari accenti dostoevskijani. Così, anche quando viene umiliato (dalla donna che finirà o, meglio, che inizierà con l’assassinare) o sogna di umiliarsi (di fronte ai suoi collaboratori, invocando una punizione che gli viene negata), anche quando il suo asservimento
al potere e quindi la sua impotenza vengono più crudelmente esposti (“Qui ci sei e qui ci rimani,” gli grida lo studente, “un criminale a dirigere la repressione è PER-FET-TO!”), pure allora, forse soprattutto in quei momenti, “il dottore” è agente attivo della propria ascesa e rovina. Schiacciato dal peso di una colpa che gli fa desiderare l’espiazione, il protagonista del film di Petri è una potente personificazione dei fantasmi del paese di quegli anni: uscito nelle sale a ridosso della strage di Piazza Fontana, della morte dell’anarchico Pinelli e dell’arresto di Valpreda, Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto è (anche) una diretta espressione di quell’Italia in cui per venticinque anni la polizia aveva, per dirla con le parole del regista, “[...] perpetrato per le strade decine e decine di condanne sommarie contro masse indifese di operai e contadini [...] senza che nessuno avesse [...] mai pagato per tutti questi morti”2 .
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Senza rumore Jep Gambardella, al contrario, non ha alcuna colpa da espiare: il suo girone non è quello degli assassini ma degli ignavi; il sentimento che lo domina non è il rimorso, è piuttosto il rimpianto. E la morte ne La grande bellezza non è inflitta né agognata, bensì quieta, immanente, statuaria come la Roma che le fa da teatro. La straordinaria bellezza della capitale, a tratti oppressiva, acuisce il senso di mortificazione trasmesso dalle vicissitudini umane: mortificazione per la piccolezza e la vacuità che caratterizzano gli esseri attuali, per la dissipatezza che, in questo particolare momento storico, sembra governare le azioni, gli intendimenti e i pensieri dei suoi abitanti. Si tratta di una vergogna esiziale, senza alcuna prospettiva di redenzione. I morti si accumulano nel corso della narrazione, a partire da quello che ne segna l’apertura (il turista giapponese), per proseguire con il primo amore (una morte che ci viene raccontata per interposta persona), fino a un possibile “ultimo” amore e al suicidio del figlio “pazzo” di una ricca signora borghese. Nessuno di loro fa rumore. Poche speranze Questo passaggio insensibile e fatale dalla colpa alla vergogna trova un parallelismo in ambito psicologico, laddove la “nevrosi isterica” si trasforma (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders) in “disturbo istrionico di personalità”. Segno dei tempi? Dalla stagione delle stragi a quella dei reality, il paesaggio umano descritto da Sorrentino non lascia margini alla speranza, eccetto, forse, nelle ironiche “epifanie” che occasionalmente ne scompaginano la rassegnata compostezza. Per esempio, nel lampo di riconoscimento che attraversa Jep Gambardella e l’attrice Fanny Ardant, che interpreta se stessa, durante un fugace e imprevisto incontro notturno: “Ci siamo già incontrati da qualche parte?”, sembra chiedere con lo sguardo la Ardant; “Si, in un’altra vita”, rispondono gli occhi di Servillo, con evidente riferimento al film Il divo (2008). O nella comparsa/ scomparsa della giraffa, una “grande bellezza” nel senso più letterale dell’espressione. Per il resto, l’immagine riflessa dallo specchio appare piuttosto impietosa.
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note 1 “Qualunque impressione faccia su di noi, egli è un servo della legge, quindi appartiene alla legge e sfugge al giudizio umano.” Franz Kafka. La citazione compare al termine del film. 2 Citato in: http://it.wikipedia.org/wiki/Indagine_su_un_cittadino_al_di_sopra_di_ogni_sospetto.
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Gli animali, per chi cammina a piedi a Creta, rappresentano una gradevole compagnia. Cani e gatti randagi ti accompagnano per un po’ come se cercassero un padrone, anche solo per pochi metri di Francesca Rigotti
Kronos 10
Il randagismo rappresenta un problema per l’isola di Creta La terra di Creta ha inglobato con la sua forza tante culture anche se questi animali, cani e gatti, non si mostrano per (non a caso si parla di sincretismo per indicare un insienulla aggressivi o insistenti, piuttosto fin troppo umili e ras- me di diversi elementi “alla maniera di Creta”); culture segnati. Ben altri ostacoli, umani, incontra l’escursionista, inghiottite come le vittime del toro divino, e poi rispudi cui due temibili: le recinzioni tate fuori una accanto all’altra: private e soprattutto le strade cola civiltà egeo-minoica, quella struite e in costruzione. I recinti dorico-greca, le civiltà romana, per contenere le pecore, grate di bizantina e cristiana; la fioritura metallo intrecciato alte un metro veneta, i minareti e i giardini e mezzo e legate tra di loro da fil turchi. Tutto compresente, tutto di ferro, sbarrano continuamente lì armoniosamente insieme, in i sentieri che vediamo tracciati piedi o a pochi metri dal suolo, sulle carte: cerchi allora i punti in o appena emergente tra l’erba e cui il filo di ferro è debole oppure gli alberi, ulivi, aranci, eucalipti, la grata è chiusa con un gancio cipressi, e i prati dove fioriscono che le pecore non possono aprire milioni di anemoni, rosa, viola ma gli umani sì, passi, chiudi e o rossi come papaveri: tutto si è prosegui, a rischio di trovarti di sopportato per centinaia di anfronte a una delle infinite gole ni, pur confrontatosi con guerre (faranghi) tracciate dai torrenti di cruente e con cataclismi naturali, quest’isola così ricca di acque, che quali i terremoti che distrussero i non ti permettono di proseguire. palazzi antichi di Knosso, Festo, Ma la barriera più grande è data Agia Triada... Ma la cementificadalle strade asfaltate, costruite o in zione e l’asfaltizzazione che forse costruzione, che hanno distrutto (forse) nemmeno i turisti più l’antica rete dei sentieri tracciati beceri apprezzano (forse), come Creta, le gole di Samaria (da wikipedia.org) dai pastori e dagli abitanti dell’isoimmaginare che possa andare la in migliaia e migliaia di anni. d’accordo con tutto quello che Una “stradificazione” forsennata continua a trasformare il nei millenni ha trovato posto nell’isola senza mai alterare paesaggio aprendo con ruspe e dinamite varchi in luoghi i suoi panorami fantastici, alcuni davvero favolosi, straorimpervi, per costruire villaggi a colata, come cascate di ce- dinari, unici? mento sul fianco delle colline. Una megalomania stradale Possibile che la distruzione delle coste spagnole mediterha preso possesso dell’isola, e ci si chiede se non potrebbe ranee non insegni a edificare sì, favorendo l’ingresso degli essere portata avanti con maggiore rispetto per la natura e abitanti nella modernità e nel benessere, ma rispettando la cultura dei luoghi, tanto più che molte strade vengono l’ambiente? Il paesaggio cretese è caratterizzato oggi dalla costruite coi contributi della Comunità Europea. presenza di aranceti e uliveti a coltivazione intensiva, di pale e pannelli eolici, di serre per la coltivazione tutto l’anLe invasioni barbariche no di ortaggi e fiori, tutti elementi bene o male integrabili Tanti tratti, soprattutto della costa settentrionale dell’isola, e soprattutto accettabili, anche in nome della diffusione sono edificati anzi hollywoodizzati con file e file di residen- del benessere. Più difficile benedire le colate di cemento ze, camere, alberghi per turisti che insistono su un pezzetto e asfalto disseminate di cartelloni turistici di enormi didi spiaggia sporca e piena di alghe. Come sopravviverà mensioni, orrori di rumore e calore in cui non si riesce a Creta all’ultima delle invasioni, la più barbarica di tutte, immaginare quale tipo di turista amerà essere rinchiuso, l’invasione dei turisti? come Minotauro nel labirinto.
Identità romanda di Eugenio Klueser
Tra Rousseau, protagonista dell’Illumini-
– ma allo stesso tempo non farne parte. E quali conseguenze abbia partecipare e sentire vicini gli eventi francesi sapendo però che questi avvenimenti riguardano un mondo “altro”. L’identità romanda quindi si viene a formare per apporto di tutto ciò che è arrivato e giunge ancora dalla Francia oppure in contrapposizione a queste influenze? Un quesito fondamentale, così vicino a quello spesso riproposto sull’identità ticinese oppure svizzero-italiana: figlia della cultura italica o alternativa e contrapposta a essa? Un dilemma profondo che, per l’identità romanda, non trova volutamente una risposta definitiva nel libro di Francillon. I dogmi, infatti, non hanno per l’autore spazio nella letteratura. Anzi, scrittori e letterati restituiscono con le proprie idee e le proprie opere un po’ di bellezza e di speranza, ma anche quell’inquietudine e quel dubbio che aiutano l’uomo a interrogarsi e a non dare mai nulla per scontato e definito per sempre. Tantomeno la propria identità.
Da Rousseau a Starobinski Roger Francillon Armando Dadò Editore, 2013
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smo, e Starobinsky, critico letterario del novecento, corrono circa trecento anni. Tre secoli di vicende storiche e culturali, di evoluzioni delle idee che Roger Francillon, autorità nel campo della letteratura francese e romanda, ripercorre in una sorta di “romanzo di formazione” dell’identità romanda, cioè di quella consapevolezza che gli svizzeri di lingua francese oggi posseggono in quanto popolo distinto da altri, con proprie peculiarità culturali e di tradizioni. Questa evoluzione secolare ci viene descritta partendo da un punto di vista originale: la percezione che scrittori e letterati svizzero-francesi o francesi residenti in Svizzera hanno avuto e hanno tuttora di questa identità. Il risultato è un racconto sorprendentemente affascinante e coinvolgente, in cui si entra pienamente in contatto con i letterati descritti da Francillon, con il loro costante interrogarsi su cosa significhi condividere una lingua e una cultura letteraria con un paese – la Francia
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Una soluzione si trova sempre
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ono arrivata in Svizzera che ero ancora nel grembo di mia madre. Era il 1987; allora, nel mio paese di origine, il Kosovo, la situazione stava peggiorando e c’era chi iniziava a stilare liste nere di persone che potevano rappresentare una minaccia al sistema. Mio padre, venendo da una importante famiglia religiosa della corrente dei Sufi e mia madre dal milieu aristocratico, rientravano in questi elenchi. Quindi, grazie al contatto con un architetto, collega di mio padre, decisero di trasferirsi. I primi anni in Svizzera furono movimentati, cambiammo casa una ventina di volte… Ogni estate, però, passavo due mesi in Kosovo. Ho moltissimi ricordi speciali di quelle stagioni, che mi hanno forgiata come persona. Ricordo la casa della famiglia di mio padre che, ancora oggi, funge da luogo di culto e ogni giorno accoglie tra le sue mura persone bisognose che ricevono un pasto caldo e ascolto. In quel luogo la solidarietà è un principio cardinale. Credo che, il vivere intensamente quella dimensione e le dure lezioni che il vissuto a volte impone, abbiano alimentato la mia scelta di dedicarmi al sociale e sia nata così in me la volontà di aiutare il prossimo. Il nonno dalla parte materna, un illustre professore di economia, infuse in me altri valori come l’importanza della cultura e la propensione alla riflessione. Ricordo quella volta in cui diede a me e a mia sorella una banconota. Stavamo per correre a comperare della cioccolata quando lui ci fermò e ci insegnò i principi del risparmio: se l’avessimo conservata, un giorno avremmo potuto acquistare qualcosa di molto più interessante. Dato che mia sorella aveva deciso di spendere la sua somma comunque, io tagliai in due la banconota e decisi di tenere la mia parte. Io e mia sorella siamo gemelle, ci lega un rapporto viscerale che è stato fondamentale nel definire il mio modo di affrontare la vita. Ci completiamo: lei ha sviluppato le qualità dell’istinto e dell’azione mentre io quelle della riflessione e della ponderatezza. Va da sé che, per me, è difficile passare all’azione, mentre potrei stare tutta la vita a filosofeggiare… Ciononostante, essendomi resa conto di questa mia tendenza, mi sono sempre messa in gioco e nei miei 26 anni di vita ho fatto moltissime cose: il nuoto, il basket, in entrambi i casi sono diventata allenatrice, l’attivismo per Amnesty International e le esperienze di volontariato in svariati
ambiti del sociale. Oggi faccio parte di DAISI (gruppo di Donne di Amnesty International della Svizzera Italiana), inoltre sono allenatrice di basket delle ragazze del Lugano e aiutoistruttrice del corso per i bambini dell’Accademia Wing Chun di Viganello. La guerra in Kosovo mi aveva mostrato come una situazione di questo tipo possa cambiare ogni essere umano in peggio. Il paese ne era uscito a pezzi… Sono cose dolorose e laceranti che solo chi le sperimenta in prima persona può capire. Io, con questa visione incisa nel cuore, volevo essere un motore positivo di cambiamento. Partii con il sogno di cambiare il mondo intero per poi giungere alla consapevolezza che avrei dedicato la mia vita a cambiare il cambiabile e ad accettare quanto non poteva essere mutato. Al centro di questa mia linea di azione sta la convinzione che il fulcro di questo percorso di miglioramento passi proprio da me stessa, dal mio cammino intimo come persona. Questo mio approccio si esprime in molte scelte, dal fatto che seguo una dieta che oscilla tra il vegetariano e il vegano fino alla volontà di lavorare nel settore sociale, con particolare premura verso la dignità umana. Al liceo, durante la settimana verde, vidi dei ragazzi che giocavano a calcetto. Erano i ragazzi della classe speciale. Mi avvicinai e, dato che gli mancava un giocatore, chiesi “posso giocare con voi?” e una di loro rispose “ciao amica!”. Rammento, come se fosse oggi, l’accoglienza che ricevetti quel giorno; il loro modo spontaneo e diretto di essere mi toccò profondamente. Da lì iniziò il mio percorso nel volontariato sociale. Ogni volta che tornavo a casa, dopo una colonia, ero così piena di bellezza e di regali interiori che mi ci volevano settimane per metabolizzare il tutto… Per me, ora, si tratta di conseguire il mio diploma alla SUPSI come educatrice sociale. Nel quadro degli studi, sto facendo lo stage preformativo al CARL di Mendrisio. Grazie all’impronta all’avanguardia che contraddistingue l’istituto, come pure i suoi operatori, quest’esperienza mi sta arricchendo moltissimo. Più in là, il mio sogno è di creare personalmente un servizio di aiuto e di assistenza concepito secondo le modalità pro-educative, alimentando questa rivoluzionaria corrente che porta all’autonomia delle persone in difficoltà.
MIMI (MjELMA) SHEHU
Vitae 12
Fuggita con la famiglia da una terra devastata da conflitti etnici e sociali, ha trovato nell’ambito sociale la strada per dedicarsi agli altri (e ritrovare se stessa)
testimonianza raccolta da Keri Gonzato fotografia ©Flavia Leuenberger
La perla del Lario testo di Stefania Briccola; fotografie di Simone Mengani
Il duomo di Como è un tempio incastonato nel centro cittadino. Una cattedrale sul lago che domina il paesaggio e con la cupola di Filippo Juvara, sovrastante le tre absidi, contrassegna il profilo del capoluogo lariano
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ondata nel 1396, ma compiuta del tutto solo nel settecento, la cattedrale di Como riflette i momenti di splendore e di crisi che hanno segnato la città lariana. In suo luogo fu abbattuta la fatiscente e romanica Santa Maria Maggiore per dare spazio al nuovo edificio che nasce con forme gotiche, cresce nel quattrocento e nei secoli successivi fino a compiersi nel settecento, prima secondo linee rinascimentali e poi barocche. La grande facciata, che si allinea nel 1455 all’antico Broletto, appare dritta, slanciata, intarsiata come un avorio e rivolta a occidente verso l’ampia piazza. Per farla breve è un tripudio di edicole e sculture. La decorazione è scandita dalle lunette dei tre portali, dalle nicchie al di sopra di quello principale e dalle edicole alla sommità della facciata. La parte bassa appartiene alla prima fase della realizzazione tra il 1457 e il 1463 circa. Nelle lunette dei tre portali sono collocati alcuni episodi della vita di Cristo: l’Adorazione dei pastori, l’Adorazione dei magi e la Presentazione al tempio che hanno i caratteri tipici del linguaggio rinascimentale che si andava delineando nella seconda metà del quattrocento nei principali cantieri lombardi, dal Duomo di Milano alla Certosa di Pavia. Al posto d’onore della facciata si trovano cinque statue, realizzate da Tommaso Rodari nel 1484-85, che raffigurano la Vergine Maria cui è dedicata la cattedrale, affiancata da san Giovanni Battista e da sant’Abbondio, patrono della città, e dai santi Proto e Giacinto. Le edicole di Plinio il Vecchio e Plinio il Giovane, in basso ai lati del portale principale, hanno forme rinascimentali e sui basamenti sfoggiano bassorilievi con episodi salienti della vita dei due eruditi e illustri comacini. La collocazione di queste statue sulla facciata della cattedrale avrebbe destato scandalo all’epoca della Controriforma, epoca in cui sembrava inconcepibile che il posto d’onore di un tempio sacro fosse occupato da due pagani. Questo splendido frutto del clima rinascimentale che univa la devozione religiosa allo studio dell’antichità ebbe la meglio sulla richiesta di rimozione delle statue di Plinio il Vecchio e di Plinio il Giovane avanzata dal visitatore apostolico nel 1579. Annuncio evangelico Sulla bianca facciata, simile a un’icona di pietra e a un polittico a scala urbana, spicca il rosone maestoso, realizzato sotto la direzione prima di Amizio da Lurago poi di Luchino Scarabota e terminato nel 1486 con la benedizione della rosa centrale. Il duomo di Como all’esterno dialoga con l’antico palazzo
sopra: il duomo di Como, situato a un centinaio di metri dal lago, si colloca al limite del centro storico, proprio al di sotto del colle di Brunate. in apertura: lâ&#x20AC;&#x2122;imponente navata principale. Lâ&#x20AC;&#x2122;interno è un mirabile ed elegante esempio di sovrapposizione di elementi rinascimentali e barocchi
sopra: particolare della splendida Deposizione di Tommaso Rodari (1460-1525). Originario di Maroggia, fu attivo come scultore anche nella Certosa di Pavia. sotto: la Pala Raimondi, di Bernardino Luini
del Broletto, il Teatro Sociale e la Casa del Fascio di Terragni, e all’interno con le navate gotiche, le absidi rinascimentali e la cupola barocca. Varcare la soglia della cattedrale significa inoltrarsi in un’atmosfera solenne che avvolge, in un percorso in cui si giunge per visibilia ad invisibilia (per mezzo delle realtà visibili a quelle invisibili). È tutto un alternarsi di luce e ombre e di tesori d’arte da scoprire nelle varie campate. Ci sono lo Sposalizio della Vergine di Gaudenzio Ferrari e la pala Raimondi di Bernardino Luini, dipinta intorno al 1521. Al centro della scena domina il canonico Gerolamo Raimondi in ginocchio davanti alla Vergine che ha ai piedi un angelo musicante e altri che la sovrastano in una polifonia di simboli sparsi come il giglio e l’uovo. Poi c’è l’altare con la Deposizione di Tommaso Rodari eseguito nel 1493 circa, un’opera di intensa drammaticità, sullo sfondo appare il Golgota con le tre croci, mentre Maria, simbolo della pietà, stringe il corpo di Gesù, accovacciato, come dormiente. Qui la gloria della Resurrezione è ancora lontana, ma Cristo già prepara il suo trionfo sulla morte. Degno di nota è il monumentale altare ligneo dedicato a Sant’Abbondio, patrono di Como, con la raffigurazione dei fatti principali della vita del santo, realizzato fra il 1509 e il 1514 dalla bottega di Giovan Angelo Del Majno. Nelle formelle della predella si riconoscono gli Apostoli e sopra i quattro Evangelisti e nelle nicchie Maria tra le sante Caterina e Lucia. Un’opera di grande intensità
è La gloria della Vergine (1611-12), l’affresco del Morazzone sul soffitto della cappella dei Mansionari, con gli angeli musicanti che suonano violini, viole, arpe, trombe e altri strumenti. Tra i pilastri cruciformi spiccano gli splendidi arazzi del XVI secolo che seguono una tradizione consolidata nelle ricche chiese padane. La luce, che traspare nelle navate e filtra con parsimonia dalle finestre, nell’abside si traduce in autentico trionfo. Il duomo di Como non è solo uno scrigno di opere d’arte e un capolavoro di architettura, ma un annuncio evangelico. Periodi di identificazione con il divino e di distacco si alternano nelle sue forme a seconda del significato che la chiesa ha assunto via via nei secoli agli occhi degli uomini.
Simone Mengani Nato a Perugia, classe 1978, si trasferisce all’età di cinque anni a Vacallo, dove inizia a coltivare la passione per il territorio. Dopo gli studi liceali si iscrive all’Accademia di Architettura di Mendrisio, dove si diploma nel 2004. Dopo alcune esperienze di lavoro, nel 2006 inizia l’attività come fotografo indipendente, prediligendo la fotografia di architettura. Collabora con diverse riviste e settimanali, operando anche nell’ambito della fotografia panoramica. Per ulteriori informazioni: www.fotomengani.ch
sopra: il portale rinascimentale di matrice rodariana dedicato al Trionfo della Vergine, situato sul lato sinistro dell’edificio. Viene anche definita la “Porta della rana” per la presenza di una rana sullo stipite sinistro è da ricondurre alle frequenti esondazioni del lago sotto: la parte inferiore della facciata, ricca di decorazioni ed elementi architettonici
Il serpente dispettoso (da un racconto indù) trascrizione di Chiara Piccaluga; illustrazione di Giovanni Occhiuzzi
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i bordi di un villaggio aveva dimora un serpente che viveva nascosto sotto le fronde. cauto e silenzioso, osservava, con i suoi occhi rosso fuoco, l’andirivieni degli abitanti lungo la strada che giungeva in paese. ogni mattina, di lì passavano le mandrie di bestiame e i carri carichi di merci destinati al grande mercato della vicina capitale. il serpente aveva un carattere piuttosto dispettoso e si divertiva a terrorizzare uomini e bestie a tal punto che gli abitanti decisero di non passare più da quella strada costringendosi a compiere un lungo giro per evitare l’incontro con il rettile. Questo percorso richiedeva però molto più sforzo e quasi un’ora in più di cammino. un giorno un saggio passò di li e come di consueto il serpente scivolò fuori da un cespuglio con l’intenzione di terrorizzarlo. L’uomo non solo non parve affatto spaventato ma, rivolgendosi all’animale con benevolenza, chiese: “Perché mi vuoi fare del male? io sto solo camminando e non ti minaccio in alcun modo”.
il serpente, sorpreso molto dall’infinita dolcezza della sua voce e dalla forza che proveniva dall’uomo, si scusò: “non volevo farti del male ma prenderti un po’ in giro… spaventarti un pochino”. il saggio sorrise e sempre con voce pacata aggiunse: “Vedo che in fondo sei buono e vorrei che mi promettessi di non attaccare più nessuno” e gli parlò a lungo di pace, di bontà e solidarietà tra gli esseri sulla terra, tanto che il serpente, colpito da quelle parole, giurò di non aggredire più nessuno.
Ben presto gli abitanti del villaggio si accorsero della positiva trasformazione nel carattere del serpente e ripresero a utilizzare quella via per recarsi al mercato, ma alcune persone malvagie vedendolo così inoffensivo iniziarono a tirargli sassi e pietre. Il povero rettile le ignorava e allora presero a colpirlo con dei bastoni. Il serpente si lamentò debolmente e a un certo punto un uomo lo afferrò, lo fece roteare nell’aria e lo gettò contro un albero. Insomma, ogni giorno il povero animale subiva le angherie di gente cattiva e spietata che gli gettava addosso tutte le proprie frustrazioni e insoddisfazioni sfogandosi su di lui con comportamenti violenti. Ma il serpente, volendo mantenere la promessa fatta al saggio, non reagì, non attaccò e non morse nessuno. Qualche settimana più tardi il saggio passò di nuovo da quelle parti e chiamò il serpente per chiedergli come andava. L’uomo si rattristò nel vedere in che stato si trovava il povero rettile, nascosto tra le foglie e tutto dolorante. “Ma che ti è successo?” gli chiese il saggio prendendosi cura di lui. “Maestro, mi avete detto di non mordere, ma guardate che cosa mi hanno fatto gli abitanti del villaggio!” “E perché li hai lasciati fare? Ti avevo detto di non mordere più, ma non ti ho mai detto
di non difenderti sibilando!”. Il giorno successivo il serpente, ricordandosi delle parole del saggio, affrontò i suoi aggressori sibilando e da allora non ebbe più bisogno di mordere, né di sibilare e non venne più maltrattato. Imparò anche una grande lezione e cioè che non reagire non è sinonimo di subire, ma non solo, comprese infatti che è indispensabile trovare una via di mezzo tra l’essere vittima o aggressore e questo lo poteva fare rispettando gli altri, conquistando una posizione di neutralità e comunicando con tutti in modo pacifico.
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Cibo, cibo e ancora cibo Dallâ&#x20AC;&#x2122;invasione dei canali televisivi al tema di Expo Milano 2015: assicurare al pianeta unâ&#x20AC;&#x2122;alimentazione sana, buona e sostenibile Tendenze p. 44 â&#x20AC;&#x201C; 45 | di Patrizia Mezzanzanica
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lencarli tutti basterebbe a riempire lo spazio di questo articolo. Parliamo dei format televisivi dedicati al cibo, ormai veri e propri reality, che da anni riempiono i palinsesti televisivi e non solo: anche il web offre una vasta scelta di opzioni. Riprodotte all’infinito e in ogni salsa, le trasmissioni dedicate all’argomento che si ritrovano a ogni ora del giorno e della notte, con un picco molto alto in quelle centrali della giornata, sono diventate protagoniste assolute di una rivoluzione che sta ubriacando il pubblico di ogni paese. Qualche mese fa ho letto il libro d’esordio di Timur Vermes, Lui è tornato, che racconta l’improbabile, esilarante e irriverente ritorno di Hitler in una Berlino attuale e decisamente diversa da quella del 1945, e dove il protagonista impara presto a destreggiarsi con la nuova tecnologia, prima di tutti quella strana scatola che è la televisione. Fra le scoperte che lo colpiscono maggiormente c’è proprio la quantità di ore e di trasmissioni dedicate alla cucina, quasi che il popolo tedesco, (che non è certo il solo), abbia letteralmente peso la testa per la questione. Nel suo zapping frenetico si ritrova sempre a guardare qualcuno che cucina o parla di cibo. Non che il fenomeno sia recentissimo, e di certo non era sfuggito neppure a me che i patiti del genere sono tanti, anzi tantissimi, ma vederlo trasposto letterariamente sulle pagine di un romanzo mi ha fatto riflettere.
Nuovi semi-dei
Impressiona la considerazione di cui godono oggi gli chef stellati, spesso invitati a esprimere la loro opinione su tutto, dalla politica all’attualità: nuovi guru del presenzialismo televisivo che ne ha fatto degli eroi alla stessa stregua dei grandi sportivi o degli attori più amati. Per non parlare dei cuochi giudici e sadici che perseguitano, schiavizzano, flagellano e insultano chi si sfida nelle loro trasmissioni, trattandoli come vere e proprie nullità. Invece di risultare antipatici e insopportabili, sono amati, ammirati ed emulati da milioni di spettatori sempre più desiderosi (e vittime) di mediatiche crudeltà.
Per assurdo, la crisi economica, che ha costretto le famiglie a ridimensionare parecchio le uscite al ristorante, ha amplificato la richiesta di questo genere di esibizioni contagiando non solo gli adulti, ma anche i più giovani con competizioni loro dedicate. Ritrovarsi a casa a sperimentare ricette per mettere alla prova le proprie capacità organizzando banchetti per gli amici e i parenti è un trend in ascesa. Così come i ragazzi di “buona famiglia” che si dedicano all’arte culinaria come prima si dedicavano all’avvocatura o alla medicina. Non che questo sia un demerito – ben vengano i cambiamenti sociali – soprattutto se nobilitano arti e mestieri antichi e per troppo tempo trascurati, ma tutto questo pontificare di torte e risotti in ogni salotto, francamente mi pare un’esagerazione. Anche l’editoria è ebbra di pubblicazioni che riguardano il cibo. Sia quella tradizionale della carta stampata, che quella degli eBook. Su iTunes, fra i primi cinquanta libri gratuiti, ce ne sono ben sei di cucina e su Amazon, digitando il nome di uno dei tanti chef che ormai il pubblico conosce esattamente come negli anni novanta conosceva gli stilisti di moda più famosi, ci si rende conto di quanto siano anche prolifici scrittori. Ma a parte la moda e le mode, il pericolo che deriva da questa indigestione di cibo mediatico è che, via via, si perda il suo vero significato e quello delle sue proprietà: l’alimentazione non solo come processo necessario alla sopravvivenza del corpo, ma anche come valenza sociale e psicologica. “L’uomo è ciò che mangia” sosteneva il filosofo tedesco Feuerbach . “Viviamo nella natura, con la natura, della natura e dovremmo tuttavia non essere derivati da essa?”. Ora, il punto è proprio questo. Fino a che punto la natura ci supporterà e sopporterà?
Tutto in un’esposizione
Quello della sostenibilità è uno dei temi che Expo Milano 2015 si propone di affrontare in termini reali, concreti e profondi: il problema della nutrizione per l’uomo, nel rispetto del pianeta sul quale vive e dal quale attinge le sue risorse vitali, ma esauribili. Una tematica su cui i partecipanti, i visitatori e
l’opinione pubblica saranno invitati a dialogare e riflettere. Lo scopo è quello di trovare soluzioni innovative e alternative al problema attraverso cinque itinerari tematici: la storia dell’uomo e del cibo, che indagherà sulle tecniche di coltivazione, di allevamento e di trasformazione e mutazione degli alimenti; il paradosso fra abbondanza e privazione che vede da un lato la sotto-nutrizione di una parte della popolazione mondiale e, dall’altra, la super-nutrizione (con relative malattie fisiche e psicologiche connesse); il futuro del cibo, cosa mangeremo domani e come si muovono la ricerca e la tecnologia per assicurare produzione e qualità; il cibo sostenibile, un focus sullo sviluppo equilibrato fra la produzione del cibo e lo sfruttamento delle risorse, e infine gusto e conoscenza, perché se nutrirsi è un atto necessario alla sopravvivenza, è anche vero che può, e deve essere, uno strumento di gioia e di piacere. Nei padiglioni a disposizione i visitatori potranno vivere esperienze diverse e ugualmente fondamentali allo sviluppo dello studio: dall’incontro scenografico con la natura primordiale e del suo rapporto millenario con l’uomo nel paesaggio agricolo globale, al Children Park, un bosco che ospiterà natura e artificio, realtà e immaginazione, dove ascoltare musica, giocare, saltare, passeggiare, mangiare e incontrare altre culture. Le aree tematiche prevedono anche il Parco della Biodiversità, il Future Food Distict, per esplorare i modi in cui la produzione e l’informazione digitale possono ridisegnare la nostra quotidianità e le relazioni tra persone e cibo, e l’Art&Food, al museo della Triennale, una panoramica su arte e cibo in tutti i linguaggi, dalla pittura alla scultura, dal video all’installazione, dalla fotografia alla pubblicità, dal design al cinema. Ci si aspetta molto da Expo 2015, molto di serio che possa valorizzazione il nostro rapporto con l’ambiente, noi stessi e gli altri. Non ci libererà dal chiassoso business televisivo culinario ma chissà che non sia un modo per restituire dignità al cibo e voce anche a chi, da sempre, con competenza e sobrietà, lo prepara.
La domanda della settimana
Ritenete plausibile la presenza di vita extraterrestre su altri pianeti della nostra galassia?
Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 10 aprile. I risultati appariranno sul numero 16 di Ticinosette.
Al quesito “Siete soddisfatti delle attività di vigilanza esercitate dalle strutture di polizia sul territorio cantonale?” avete risposto:
SI
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NO
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Svaghi 46
Astri ariete Con l’ingresso di Mercurio dall’8 aprile nel vostro segno si apre un nuovo scenario. Novità inaspettate. Attenti agli andamenti bi-polari dell’umore.
toro Dal 6 aprile, Venere in Pesci. Romanticismo. Scappate verso una località marina. Opportunità e incontri inaspettati tra il 6 e l’8 di aprile.
gemelli Metamorfosi sentimentale. Attenti a non esagerare con le fantasie. Forte predisposizione per un’avventura proibita. Spese tra il 10 e il 12.
cancro Possibile viaggio all’estero. Cambiamenti rivoluzionari per i nati intorno al 4 luglio. Procedete senza guardarvi indietro. Cautela tra il 6 e l’8.
leone Grazie alla congiuntura di Urano con la Luna riuscirete a realizzare qualcosa di particolare. Non fatevi prendere dall’ansia. Svolte professionali.
vergine Attenti a quello che dite e a non prender lucciole per lanterne. Fatevi consigliare da un amico. Novità per i nati nella seconda decade.
bilancia Gelosie e nervosismo per i nati in ottobre tra il 6 e l’8 a causa della quadratura lunare. Svolte radicali per i nati tra la fine di settembre e ottobre.
scorpione Sentite più forte l’esigenza di rinnovarvi. Romanticismo alle stelle. Riconoscimenti e promozioni sul lavoro per i nati nella seconda decade.
sagittario Questioni sentimentali investono la gestione del patrimonio familiare. Golosità a soddisfacimento di uno stato d’ansia. Bene tra il 9 e il 10.
capricorno Con Marte, Giove, Urano e Plutone in reciproca quadratura non riuscite più a controllare le vostre emozioni. Tutti i nodi vengono al pettine.
acquario Tra il 7 e l’8 potranno profilarsi nuove opportunità professionali. Associazionismo e vita politica in fermento. Stress tra il 9 e il 10 aprile.
pesci Il transito di Nettuno stimola il romanticismo. Con Marte nell’ottava casa solare continua a profilarsi un periodo ricco di attività finanziarie.
Gioca e vinci con Ticinosette
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Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 10 aprile e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 8 apr. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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Verticali 1. Richiede un prelievo • 2. Fu ucciso nel bagno • 3. Messaggio, lettera • 4. Fiore lilla • 5. I confini di Roveredo • 6. Diego, attore • 7. Il Ticino sulle targhe • 8. Ossequioso • 9. Si detto a Londra (Y=I) • 13. Saluto a Cesare • 15. Perspicaci • 16. Monte greco • 21. Lavora senza stipendio • 23. Ladri, saccheggiatori • 24. Grossa arteria • 26. Sogno senza pari • 28. Lo consulta chi parte • 32. Impronte • 34. I confini di Comano • 35. John, cantautore • 37. Incontri di vocali • 40. Saggi • 41. Il noto Ramazzotti • 43. La sigla del tritolo • 47. Pena nel cuore.
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Soluzioni n. 12
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Orizzontali 1. Li colleziona la vamp • 10. La capitale del Kenya • 11. Dittongo in pietra • 12. Usti • 13. Un’assicurazione sociale • 14. Purgative • 17. Andati per il poeta • 18. Un verbo di figaro • 19. La cura il viticoltore • 20. La nota Zanicchi • 22. Pari in tutto • 23. Una sigla del biologo • 25. La prima nota • 26. Una leccornia del cuoco • 27. Encomio • 29. Fra due fattori • 30. Essi • 31. Il pronome che ci riguarda • 33. Santa senza pari • 34. Membrana oculare • 36. Vasto ingresso • 38. Quel comune è mezzo gaudio • 39. Rettile velenoso • 40. Tanti sono gli amici di Biancaneve • 42. Caverna, antro • 44. Pari in Gomorra • 45. Dittongo in guitto • 46. Una stagione • 48. La dea greca dell’aurora • 49. Botti.
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La soluzione del Concorso apparso il 21 marzo è: DELICATO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta sono stati sorteggiati: A. Taborelli, Bellinzona C. Fedele, Morcote V. Rusconi, Neuchâtel
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Ai vincitori facciamo i nostri complimenti!
Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “Zoo di Zurigo” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta RailAway FFS “Zoo di Zurigo” da scontare presso una stazione FFS in Svizzera. Ulteriori informazioni su ffs.ch/animali
Zoo di Zurigo. Animali per tutti i gusti. Lo Zoo di Zurigo ospita circa 360 specie animali in spazi pressoché fedeli all’habitat naturale. Dal prossimo giugno sarà inoltre possibile visitare il nuovo parco dedicato agli elefanti, dove si potranno ammirare questi meravigliosi animali anche mentre nuotano grazie a una spettacolare finestra sott’acqua.
Svaghi 47
UN E S PR E S S O COSÌ <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2NbAwMAAAtUAceA8AAAA=</wm>
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C A P S U L E C O M PAT I B I L I C O N L A M A G G I O R PA R T E D E L L E M A C C H I N E N E S P R E S S O ® *
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