Ticino7

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№ 15 dell,11 aprile 2014 · con Teleradio dal 13 al 19 apr.

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I DIRITTI DELL’ORCO

Tema di una prossima votazione popolare, il reintegro dei pedofili pone questioni di prevenzione e di tutela


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Ticinosette n. 15 dell’11 aprile 2014

Impressum Tiratura controllata 66’475 copie

Chiusura redazionale Venerdì 4 aprile

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

4 Visioni Furto verde di nicoletta Barazzoni ............................................................... 7 Arti Steps. A passo lesto di Keri Gonzato .................................................................. 8 Letture E fu l’apocalisse di roBerto roveda .............................................................. 9 Kronos Diario cretese, terza parte di FranceSca riGotti ........................................... 10 Vitae Luisa Jane Rusconi di Gaia Grimani ................................................................ 12 Reportage Londra. Cancelli del cielo FotoGraFie di reza Khatir ............................... 41 Luoghi Sale da tè. Atmosfere perdute di Keri Gonzato; Foto di reza Khatir ............. 46 Tendenze Moda e T-shirt. Niente più pesci nel mare? di mariSa Gorza.................. 48 Svaghi .................................................................................................................... 50 Agorà Pedofilia e democrazia. I diritti dell’orco

di

Silvano de Pietro .........................

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs

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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Rami spezzati Illustrazione ©Bruno Machado

Il carosello finirà (...) Mi pare che in questo cantone gli allarmi stiano suonando da un pezzo, ma di orecchie che vogliono ascoltare ce ne siano ben poche. Ancora meno sono quelle che negli “anni buoni” hanno pensato fosse opportuno pianificare lo sviluppo economico della nostra regione, accecati, soddisfatti e appagati dal gettito fiscale garantito da banche e fiduciarie, hanno creduto che la festa sarebbe durata nei secoli a venire. Tanti soldoni e un territorio da mungere, dove costruire qualsiasi cosa in qualsiasi posto: da qualche anno siamo diventati il cantone dove le aziende di mezza Italia stanno delocalizzando logistica, gestione e amministrazione. E i nostri comuni pur di non perdere nessuna opportunità e abbagliati dalla possibilità di fare entrare qualche grosso bigliettone nelle loro casse, hanno accettato anche questa “nuova sfida”. Non esiste un terreno pianeggiante che non abbia qualche capannone: tutti uguali, tutti orrendi, tutti quadrati, una tipologia di costruzioni che trent’anni fa nemmeno esisteva in Ticino. L’avevamo lasciata agli altri, e avremmo fatto bene a continuare a fare lo stesso: perché i capannoni prima si costruiscono (molto velocemente), poi si riempiono... ma prima o poi si svuotano. E quando sono tanti, troppi, è piuttosto difficile riuscire a riutilizzarli tutti. Nella vicina Brianza ne sanno qualcosa, in Veneto e Piemonte pure, regioni dove gli unici a fare affari oggi sono quelli che vengono i cartelli a caratteri cubitali “VENDESI” e “AFFITTASI” che si appendono all’esterno e che rimangono a consumarsi al sole negli anni a venire. La maggior parte di chi lavora nei “nostri capannoni” percepisce una retribuzione che non gli permetterebbe di sopravvivere in questo cantone, dove già viviamo con paghe inferiori del 15/20% rispetto al resto della Confederazione.

La colpa non è certo di chi cerca lavoro, semmai dovremmo capire perché un’azienda che si impianta in un paese estero trovi opportuno importare anche magazzinieri, autisti e personale amministrativo. Non sono un imprenditore, ma la risposta mi pare sia evidente, e fa rima con “costi del personale” e “risparmio. Ci sono zone del Sottoceneri con infrastrutture stradali vecchie di mezzo secolo: una volta collegavano piccoli paesini di 500 abitanti ciascuno, oggi le stesse strade sono battute da enormi camion che portano e prendono merce, dalle 6 del mattino alle 18. Escono dalla nostra povera autostradina tutta curve e saliscendi, perennemente in fase di rifacimento, e si infilano nelle uscite di Chiasso, Mendrisio, Bellinzona Sud e Lugano Nord. Basta farsi un giro dalle parti di Manno-Bioggio per ammirare lo spettacolo dell’ingorgo perenne, che coinvolge tutto e tutti, da chi porta i bimbi all’asilo a chi si reca a fare la spesa, a chi ancora attraversa la frontiera per un reddito decente (...). Ma il movimento è vita, e dove c’è vita c’è speranza: poco importa se un piccolo tamponamento a Melide garantisca la paralisi viaria tra Bellinzona e Chiasso. L’ingorgo oggi fa parte del grande gioco dell’economia, e con lui le polveri fini, le malattie respiratorie, la qualità di vita in caduta libera. Ma come è avvenuto non lontano da noi, un giorno le aziende se ne andranno dove converrà loro, i capannoni si svuoteranno, le erbacce invaderanno i posteggi privati. E ci renderemo conto che sulla nostra più grande ricchezza, il suolo, abbiamo costruito scatoloni vuoti che nessuno mai più smatellerà. Speriamo almeno ci possano tornare utili in vista di prossimi e mirabolanti bagordi economici. Un saluto, F. L. (email)


I diritti dell’orco Pedofilia. Al contrario di quanto si ritiene, l’insegnante, l’educatore, l’istruttore o il monitore che sia stato condannato per pedofilia può, dopo avere scontato la pena, tornare alla sua professione o a un’analoga attività volontaria. Questo paradosso è all’origine dell’iniziativa popolare “Affinché i pedofili non lavorino più con fanciulli”, ampiamente condivisa e che verrà sottoposta il 18 maggio prossimo a votazione popolare. Ma c’è un prezzo da pagare… di Silvano De Pietro; illustrazione ©Bruno Machado

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Agorà 4

olti pedofili sono criminali recidivi. L’ultimo caso sottoposto a giudizio è quello di Hansjörg S., un 57enne socioterapeuta di Interlaken, condannato il 21 marzo scorso a 13 anni dal tribunale di Berna per aver abusato, tra il 2000 e il 2010, di 33 bambini e giovani handicappati, persone incapaci di discernimento e inette a resistere. In realtà, gli abusi sono stati molto più numerosi – con 124 vittime in quasi 30 anni, in diversi istituti in Svizzera e in Germania – ma sono caduti quasi tutti in prescrizione prima che potessero diventare oggetto del processo. Il giudice ha parlato di una “colpa immensa” e si è chiesto come l’uomo avesse potuto agire impunemente per decenni; e tuttavia ha rinunciato a condannarlo all’internamento, poiché non vi sarebbero state “tutte le condizioni per una tale pena”. L’unica misura precauzionale aggiunta alla condanna è quella del trattamento psichiatrico stazionario (in prigione) per cinque anni, rinnovabili. Ovviamente, negli ambienti che rappresentano le vittime o si curano di esse, la reazione è stata di totale frustrazione. Fatti come questo giustificano ampiamente la richiesta di impedire a pedofili riconosciuti di svolgere attività che li mettano a contatto con bambini o handicappati. Le loro azioni sono definite “reati dello schifo” dall’ex consigliere di stato ticinese Alex Pedrazzini, a cui l’argomento “sta particolarmente a cuore”. Dodici anni fa fu infatti promotore della prima sfilata silenziosa a Bellinzona di Marche Blanche (associazione nata a Bruxelles quale reazione all’“affaire Dutroux”), alla quale parteciparono anche parecchi politici “di peso”, quali Dick Marty, Filippo Lombardi, Gabriele Gendotti, Luigi Pedrazzini, Attilio Bignasca (allora presidente del gran consiglio) e ventitré deputati di ogni area politica. Da allora, le manifestazioni di Marche Blanche sono state numerose e si sono tenute in tutta la Svizzera. Esse hanno rappresentato la base di lancio dell’iniziativa popolare che vuole introdurre per i pedofili riconosciuti la proibizione a vita di svolgere attività lavorative o di volontariato a contatto con minorenni o con persone bisognose di cure. Certo, la società contemporanea è particolarmente sensi-

bile al fenomeno degli abusi sessuali, anche perché questo tipo di crimini odiosi, che un tempo venivano semplicemente nascosti e rimossi, oggi sono portati alla luce con sempre meno remore, anzi diventano “casi” sensazionali di cronaca e sono oggetto di studi approfonditi e di analisi statistiche. Nel 2012 in Svizzera sono stati denunciati 1203 reati relativi ad abusi su fanciulli e 141 con persone incapaci di discernimento (nel 2011 le stesse denunce furono, rispettivamente, 1403 e 218). E tuttavia le obiezioni all’iniziativa di Marche Blanche non sono state né poche né facili da controbattere. Questione di diritti L’acceso dibattito di un anno fa in parlamento ha visto l’iniziativa sostenuta dall’UDC (Unione democratica di centro) e dal PPD (Partito popolare democratico), ma quasi senza opposizione da parte degli altri partiti borghesi e della sinistra, dal momento che nessuno vuole passare per difensore dei pedofili. L’anima da giurista di molti parlamentari li ha tuttavia indotti a condividere nella sostanza le complesse ma ben argomentate obiezioni tecniche del consiglio federale di recente ribadite da Simonetta Sommaruga. Sintetizzando al massimo, l’argomento centrale è così riassumibile: interdire l’esercizio di determinate attività è una decisione che tocca il diritto privato (del lavoro o delle persone), il diritto amministrativo e il diritto penale. E invece il dibattito parlamentare (ma anche quello extraparlamentare) suscitato dall’iniziativa si è concentrato quasi esclusivamente sugli aspetti legati al diritto penale. Secondo il governo, l’interdizione obbligatoria e illimitata prevista dall’iniziativa sarebbe “incompatibile con i principi fondamentali del diritto svizzero”, e neppure in linea con il diritto internazionale perché manca di flessibilità e di proporzionalità (principio, quest’ultimo, indispensabile quando si tratta di limitare un diritto fondamentale). Pertanto il consiglio federale, “in veste di garante di un ordinamento giuridico coerente, efficace, giusto e conforme agli impegni internazionali della Svizzera”, ha proposto in alternativa all’iniziativa (che introduce un nuovo articolo nella co-


Agorà 5 stituzione federale) un controprogetto indiretto, cioè una modifica legislativa che istituisce due forme di interdizione più restrittive, le estende alle attività extraprofessionali (volontariato) e prevede il divieto ai pedofili condannati di avere contatti con potenziali vittime e di accedere a determinati luoghi. La legge proposta è stata approvata, per cui l’iniziativa non sarebbe più stata necessaria. Il consiglio federale, pur condividendo “pienamente” l’obiettivo dei promotori, aveva giustificato la sua strategia col fatto che “l’iniziativa è poco precisa, incompleta e viola alcuni principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico”. Crimine contro l’umanità Cosa ne pensa Alex Pedrazzini? “Devo riconoscere che le critiche espresse dal consiglio federale circa il testo dell’articolo costituzionale non sono balzane”, risponde l’ex consigliere di stato, “in particolare quelle relative alla violazione del principio di proporzionalità, poiché nessun margine di manovra sarà lasciato ai giudici. Il giurista Alex Pedrazzini intravede quindi nel testo dell’iniziativa diversi problemi che ne renderanno complessa l’applicazione. Il cittadino Alex Pedrazzini rileva però che si tratta di «un classico»: è una rarità trovare iniziative popolari con una formulazione giuridica perfetta, prive di punti che creino «pretesi apparenti conflitti» con il diritto vigente. Ma questo non ci deve condurre a gettare la spugna. Non dimentichiamo che le vittime di questo genere di reati sono assassinate nell’anima e quindi, dovendo scegliere, preferisco privare a vita uno di questi criminali della possibilità di ritornare a contatto diretto coi bambini (anche se magari non

ci sarebbero state ricadute), piuttosto che lasciarlo «riscendere in campo» per dover poi spiegare ai genitori della prossima vittima perché gli avevamo tolto le redini. Preferisco cioè (e mi scuso con gli animalisti per questo paragone inelegante) tenere un lupo in gabbia che non reinserirlo nel gregge, sperando che abbia imparato la lezione e gli siano passati gli istinti devastanti che hanno caratterizzato il suo passato”. Ma un pedofilo – è l’ovvia obiezione – dopo la sua scarcerazione potrebbe volere reintegrarsi nella società, magari grazie anche a lodevoli opere di volontariato. “Benissimo, vada a fornire il suo aiuto in una casa per anziani”, reagisce Pedrazzini. “E visto che si parla di costituzione federale, non è forse male ricordare che l’articolo 11 recita: «I fanciulli e gli adolescenti hanno diritto a particolare protezione della loro incolumità e del loro sviluppo». Rimetterli sotto l’ala d’un pedofilo solo perché sono trascorsi parecchi anni costituirebbe una crassa violazione di detta norma”. Il parlamento però si è diviso e ha dato prova di notevole indecisione su come affrontare sia il problema dell’imprescrittibilità (nel frattempo approvata dal popolo), sia l’interdizione dell’esercizio di una professione. Nel diritto penale svizzero erano finora considerati imprescrittibili (ossia che non cadono in prescrizione, quindi perseguibili e punibili a vita) soltanto il genocidio, i crimini contro l’umanità e gli atti di terrorismo. Nella discussione hanno però prevalso due argomenti: che l’abuso sessuale su un bambino o su un minorato equivale a un crimine contro l’umanità; e che le vittime dovrebbero poter vedere giudicati e condannati i responsabili anche trent’anni dopo (...)


“Il popolo, a torto o a ragione, è raramente disposto a compromessi e difficilmente lo si potrà convincere con ragionamenti giuridici o di opportunità politica. Lo abbiamo visto di recente con la questione della libera circolazione”

i fatti, se questo può aiutarle a superare il trauma psicologico. Quanto a proibire l’esercizio di determinate attività è possibile, ma in modo proporzionale alla gravità del reato e anche in caso di violenza non sessuale sui bambini. Il rischio è che si calchi troppo la mano con i pedofili rispetto al trattamento riservato a chi, per esempio, viene condannato per assassinio di bambini o di disabili.

Agorà 6

Politica inattiva La questione è stata affrontata negli ultimi anni da cinque iniziative parlamentari e da due mozioni, tutte respinte tranne la “mozione Carlo Sommaruga”, in base alla quale il consiglio federale ha elaborato, ancor prima che l’iniziativa di Marche Blanche arrivasse all’esame del parlamento, le modifiche di legge proposte poi come controprogetto indiretto. Tali modifiche prevedono un divieto professionale di dieci anni, prorogabile e comunque applicabile solo dopo una pena minima di sei mesi. Ma ai promotori dell’iniziativa non piace affatto l’idea che l’interdizione di una professione o di un’attività di volontariato a contatto con i bambini sia lasciata alla discrezionalità dei giudici. “Parecchi pedofili non sarebbero toccati da questo divieto di esercitare, oppure potrebbero lavorare con fanciulli già dopo dieci anni”, scrivono gli iniziativisti nel loro sito web, mostrando così di ritenere che il sistema giudiziario non sia in grado di proteggere i bambini. Nel corso del dibattito parlamentare, c’è stato chi, come la consigliera nazionale Natalie Rikli, dell’UDC, ha posto l’accento sulla sicurezza: “È triste che i cittadini debbano attivarsi e lanciare simili iniziative perché la politica non si attiva autonomamente. Eppure la sicurezza è uno dei compiti principali dello stato”, ha detto. Altri parlamentari, come la consigliera agli stati turgoviese Brigitte Häberli-Koller, del PPD, o come il consigliere nazionale vallesano dell’UDC, Oskar Freysinger, hanno sostenuto che la pedofilia non è curabile, quindi è giustificata l’interdizione perpetua proposta da Marche Blanche. Questo dissenso di fondo spiega perché il parlamento ha sì approvato le modifiche di legge proposte dal consiglio federale, senza però autorizzarle quale controprogetto all’iniziativa. La quale, anzi, dopo anni di lunghe discussioni viene ora sottoposta a votazione popolare (il 18 maggio prossimo) addirittura priva della usuale raccomandazione di voto da parte del parlamento.

Rimedi estremi a mali estremi? Il risultato è che probabilmente l’iniziativa popolare sarà approvata, ma con tutti i limiti e le imperfezioni paventati dal governo. Alex Pedrazzini condivide: “Il non aver presentato un controprogetto esplicito potrebbe rivelarsi un’autorete per chi si oppone all’iniziativa. Mi spiego: mia mamma – che è per me il punto di riferimento del buon senso della democrazia – non dovrà scegliere tra il provvedimento A o il provvedimento B per neutralizzare i pedofili, ma sarà confrontata a una scheda nella quale le si chiede di scegliere se votare in favore della proibizione definitiva per i pedofili di lavorare o svolgere attività di volontariato con i fanciulli (come voluto dall’iniziativa) oppure votare il contrario ossia il «no, non devono essere privati per sempre». Penso che non ci sia bisogno di avere un master in psicologia per sapere dove apporrà la sua crocetta. E così farà la maggioranza dei cittadini svizzeri e dei cantoni”. Non sarebbe meglio, allora, che la tutela dei minori venisse regolamentata in modo più completo e proporzionato, come proposto dal consiglio federale, invece che con una misura draconiana che lascia aperti diversi altri aspetti giuridici? “Nella costituzione ci sarà il testo di Marche Blanche; e poi funzionari federali e politici bernesi dovranno sciogliere i nodi giuridici, ma sono certo che ce la faranno (come già è capitato in passato). Il popolo, a torto o a ragione, è raramente disposto a compromessi e difficilmente lo si potrà convincere con ragionamenti giuridici o di opportunità politica. Lo abbiamo visto di recente con la questione della libera circolazione. Per la pedofilia varrà il principio «a male estremo, estremo rimedio»”. Ma in definitiva, le modifiche di legge proposte dal consiglio federale e approvate il 13 dicembre scorso, possono bastare? O non bastano? “Il giurista Alex Pedrazzini risponde: «Sì, potrebbero bastare». Il cittadino e padre di famiglia Alex Pedrazzini (che sogna di diventar nonno e quindi di vedersi correre attorno dei nipotini-pulcini) risponde: «Voglio comunque che il principio sia inserito nella costituzione; e siccome l’unica via proposta è il sì a Marche Blanche, voterò di sì». Il giurista cederà allora il passo al cittadino. Dobbiamo essere in chiaro: le modifiche apportate con la legge federale entreranno in vigore il 1. gennaio prossimo e in vigore resteranno anche se il popolo dovesse dire di sì all’iniziativa di Marche Blanche. Mica saranno cestinate. L’unica a dover essere cambiata sarà quella dell’interdizione a vita!”.


Visioni Furto verde di Nicoletta Barazzoni

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film Oro Verde di Mohammed Soudani prende spunto dalle dinamiche sociali conseguenti al licenziamento e alla perdita del lavoro. I protagonisti della pellicola per 200mila (miseri) franchi, capeggiati dall’ingegnere Mario (Fausto Sciarappa), mettono a segno un furto, scambiando con del fieno un carico di cannabis sequestrata (l’oro verde), custodita in un magazzino militare. Sin dall’inizio il regista punta sulle difficoltà di trovare un posto di lavoro, mettendo a fuoco chi mostra attitudini ma è anche disposto a improvvisarsi ladro. Sono infatti le scene di un call center, organizzazione per eccellenza che sfrutta i lavoratori, a rappresentare l’ambiente del precariato. All’inizio Mario, impiegato nei quadri alti, non ha intenzione di fare qualsiasi tipo di lavoro perché vuole salvare la sua dignità ma quando viene licenziato anche dal call center, sceglie la strada dell’illegalità. L’importante è salvare la villa con piscina, garantendosi un futuro prospero, con l’intento di continuare a mantenere una vita agiata anche se si tratta

di rubare un quantitativo di cannabis come se fosse fieno. Per Luca (Yari Copt), impiegato al call center di scelte non ce ne sono: o vai a rubare o ti “smocchi” l’origano. Con la complicità di un esperto in pompe funebri, Leo Morfeo (Ignazio Oliva), la banda trasporta la refurtiva, celandola nelle bare. Anche la maestra di ballo Monica (Simona Bernasconi), il professore e scassinatore professionista (Diego Gaffuri), e Clara (Giorgia Würth) spalleggiano il colpo. Inizialmente Ivan (Leonardo Nigro), informatico disoccupato, pare riluttante perché lui preferisce l’odore della benzina all’erba medica. Ma dopo il licenziamento e dopo essersi ubriacato dal dolore perché la moglie lo ha lasciato, anche lui partecipa al colpo. Il tenore morale del film è piuttosto incentrato sul vivere d’espedienti, in cui il tema dell’onestà non entra nemmeno in discussione. Anche le guardie del magazzino si lasciano ammaliare con faciloneria. I ladri non finiscono in manette perché fatalità e ingenuità trasformano l’affare in un finale da commedia.

Oro verde di Mohammed Soudani Svizzera, 2013

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A passo lesto

“Steps” ha iniziato a muovere i suoi primi passi quattordici anni fa. Oggi, si tratta del maggiore evento di danza contemporanea della Svizzera di Keri Gonzato

Arti 8

Il Festival della danza “Steps” (steps.ch) finanziato dal l’Europa, tramite la musica del compositore e musicista Percento Culturale Migros, è una manifestazione decen- francese Roland Auzet. L’hip hop invece, è messo in scena tralizzata che, ogni primavera, coinvolge l’intero paese. con intensità dal progetto di scambio culturale Koukansuru, Gottlieb Duttweiler, il fondatore della famosa catena di formato da artisti francesi e giapponesi. grandi magazzini, ha sempre avuto a cuore la cultura. Oggi, “Il coraggio, la curiosità e l’apertura all’incontro sono meravigliosi la tradizione continua, alimentata dal desiderio di promuo- elisir di vita e questo vale anche per il dinamico mondo della vere gli artisti emergenti e di rendere il mondo della cultura danza”, dice la direttrice artistica di “Steps” Isabella Spirig, accessibile a tutta la popolazione. “la danza non abita solo i palchi dei Quest’anno, dal 24 aprile al 17 magteatri, ma vive anche nei laboratori di gio “dodici compagnie visiteranno 35 ricerca artistica, nelle scuole di ballo, città, dove presenteranno su 39 palchi nelle aule e nello spazio pubblico”. Per ben 86 spettacoli”, ci confermano partecipare in modo più diretto a gli organizzatori che si aspettano, questo turbinio di passi di danza è “circa 30mila spettatori appassionati possibile anche iscriversi a dei wordi danza”. Questa forma nomadikshop, indirizzati principalmente ca del festival, ben rappresenta il a due categorie: gli studenti delle modus vivendi delle compagnie di scuole superiori e i ballerini profesballo che, per loro natura, vivono sionisti. Questi laboratori però, per in un flusso costante di movimento ora, non toccheranno il Ticino, e e trasformazione, tra sale di prova si terranno solo nei cantoni Argoe palcoscenici. È bello quindi che, via, Berna, Grigioni, Zugo, Zurigo. all’interno di una sola manifestaL’evento va inteso anche come un zione, i ballerini possano girare un mezzo per avvicinare i giovani a intero paese all’insegna dello scamquesto mondo: “Da dieci anni il nobio. Le tematiche dell’edizione 2014 stro festival continua ad appassionare si fondono nella parola exchange, alla danza bambini e ragazzi. Diamo che significa appunto scambio. Un ai giovani la possibilità di sperimentare orientamento che guarda alle inla gioia del movimento sul proprio corfluenze e alle forme culturali diverse po e infine di assistere allo spettacolo che, nel ballo come nella vita, inte- Ballerini della compagnia di danza Helena Waldmann dei professionisti, che portano in scena ragiscono contaminandosi. Per tale i passi appena scoperti”. motivo, le compagnie nazionali e internazionali coinvolte sono state scelte perché, spaziando dal tradizionale allo spe- Nessuno escluso rimentale, rappresentano forme espressive assai diverse tra Dal 2 al 4 maggio “Steps” si allarga e coinvolge altri due loro. Insomma, tre settimane di viaggio attraverso continenti, eventi, Zürich tanzt e la Festa danzante. Da questi tre festipaesi e città dalle movenze sempre diverse. val nascono performances urbane, lezioni di prova e party danzanti per un totale di 1000 eventi sparsi in ventuno città Un ricco programma svizzere. In Ticino le città ballerine sono Bellinzona e LugaUn assaggio di alcuni spettacoli… Con un racconto epico no. “Tutti sono invitati a partecipare. Vogliamo accompagnare e fiabesco Akram Khan, ballerino e coreografo britannico, passo dopo passo il pubblico a sviluppare e accrescere la propria ripercorre il rapporto con la sua terra di origine, il Bangladesh. curiosità e apertura verso la danza. Questa primavera fatevi inDada Masilo, regina della danza sudafricana, reinterpreta con vitare a ballare”, conclude con una giravolta Isabella Spirig. humour i balletti più celebri mentre l’ex prima ballerina della La danza è un’esperienza da vivere sulla propria pelle, inizia Batsheva Dance Company, Sharon Eyal, assieme a Gai Behar, laddove le parole si arrestano. È un mondo da esplorare ricco musicista e artista, ci trasportano nel loro universo tecno- di mistero… Invita a lasciarsi trasportare dal suo ritmo, alla undergound. Folgorato dal mondo della moda di Taiwan, scoperta dei territori sconosciuti che si estendono tra il visiMourad Merzouki mette in scena una danza organica in cui bile e l’invisibile, tra il corpo, l’emozione e la magia. Secondo i corpi percorrono stupefacenti opere tessili. I passi di danza Friedrich Nietzsche “conta per perduto il giorno senza danza”, Odissi della ballerina indiana Arushi Mudgal incontrano quindi non esitate: lasciatevi travolgere!


Letture E fu l’apocalisse di Roberto Roveda

Negli ultimi anni gli storici, soprattutto di scuola anglosassone, si sono molto interessati alle vicende della Germania durante il periodo nazista. Un’attenzione che ha avuto tra i suoi protagonisti lo storico inglese Ian Kershaw, considerato uno dei massimi esperti di Hitler e del nazionalsocialismo. Questa fama esce confermata dal recente La fine del Terzo Reich in cui Kershaw narra, come in una panoramica a 360 gradi, le vicende del biennio 1944-45 in terra tedesca. Punto di partenza del saggio è individuare le ragioni che spinsero i tedeschi – gente comune, militari, leader nazisti – a resistere a oltranza in una guerra ormai evidentemente perduta e che si stava trasformando in una vera e propria apocalisse. Per Kershaw, la decisione di preferire “una fine con orrore” alla resa trova spiegazioni immediate, ma non esaustive, nel ricordo dell’umiliazione subita con la sconfitta nel primo conflitto mondiale e l’angoscia per le possibili vendette dei nemici, in primis i sovietici. Allo stesso tempo, contribuiva

il terrore imposto dall’apparato repressivo nazista, i cui membri si mostrarono sempre fedeli all’idea hitleriana di perire piuttosto che arrendersi. Per Kershaw, proprio in questo aspetto, ossia nella compatta e fideistica adesione dei leader nazisti – anche dei potentissimi come Himmler, Bormann e Goering –, ai progetti del Führer è possibile trovare la cifra per spiegare il rifiuto tedesco a ogni tipo di trattativa con il nemico. Per lo storico inglese, infatti, la Germania hitleriana si era conformata completamente ad Adolf Hitler e non esisteva nel paese nessun tipo di autorità alternativa in cui riconoscersi. Il Führer era la guida politica e militare per i tedeschi e di fatto risultò impossibile per generali e gerarchi sfuggire in qualche modo a una leadership tanto carismatica da apparire ieratica. Solo il suicidio di Hitler, non a caso, spezzò questo legame e consentì ai tedeschi di ritrovare quel senso della realtà che avevano perduto consegnandosi pienamente e coscientemente nella mani del Führer.

La fine del Terzo Reich di Ian Kershaw Bompiani, 2013

Quasi una persona su sei soffre di problemi allo stomaco Spesso le persone colpite si sentono a disagio, quando si tratta della loro digestione, in particolare se si manifestano disturbi come flatulenza, senso di sazietà o mal di stomaco. Oggigiorno i disturbi nella digestione sono tra le cosiddette malattie del benessere più frequenti, che si verificano prevalentemente nei paesi industrializzati. In Svizzera quasi una persona su sei soffre di disturbi all’apparato digerente. Di frequente sono gli anziani i più colpiti.

Problemi digestivi come reazione del corpo Gli organi coinvolti nella digestione sono molto sensibili e perciò anche soggetti a disturbi e a frequenti irritazioni. In molti casi non è possibile identificare le cause dei problemi digestivi mediante esami diagnostici come l’ecografia, la gastroscopia, la colonscopia e l’esame delle feci. Questo dipende dal fatto che i problemi digestivi sono provocati con grande frequenza da stress, irrequietezza, pressione psicologica sul rendimento e scorrette abitudini alimentari e di vita. Spesso l’apparato digerente può anche reagire in modo ipersensibile ai pasti abbondanti o ai cibi particolarmente piccanti, acidi o dolci, al consumo di nicotina, caffeina e alcol o ai medicinali che possono causare disturbi acuti. I primi sintomi fisici di un sovraccarico dell’apparato digerente si manifestano spesso sotto forma di flatulenza, senso di sazietà o dispepsia.

La strada naturale verso una digestione sana Una digestione insufficiente sovraccarica l’organismo di sostanze non digerite o assorbite male. Una digestione sana è quindi il punto di partenza fondamentale per un corpo sano. Per mantenersi sani, si raccomanda di fare sufficiente attività motoria, avere un’alimentazione bilanciata e facilmente digeribile, bere molta acqua o tè senza zucchero ed eseguire degli esercizi di rilassamento. Un supporto efficace alla digestione è rappresentato dai preparati vegetali.

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Diario cretese Terza parte

Con questo terzo e ultimo contributo, si conclude il resoconto del viaggio compiuto nella suggestiva isola di Creta dalla filosofa Francesca Rigotti di Francesca Rigotti

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Creta: il palazzo di Knosso. L’affresco raffigura la lotta con il Minotauro

Eccoci giunti al Palazzo di Festo, del quale in una mattina di febbraio siamo gli unici visitatori. Giriamo tra le rovine di questa amabile reggia, che non ha nulla di maestoso e austero. Festo sembra la residenza estiva di un sovrano illuminato. Ci sediamo sul gradino più alto, il dodicesimo, della scala che conduceva all’ingresso del palazzo antico (1900–1700 a.C.). I gradini sono dolci, alti appena una quindicina di centimetri, leggermente inclinati verso il basso perché l’acqua non ristagni. Stanze piccole ma un cortile grande, magazzini con orci di terracotta e sullo sfondo il massiccio del monte Ida, dove nacque Zeus. La neve ci impedisce di andare a visitare la grotta della

nascita che si trova in questa zona, già che due luoghi rivendicano il privilegio di aver dato i natali al bambino divino. Il mito racconta che il padre di Zeus, Kronos (da non confondere col dio del tempo, Chronos), aveva divorato i figli avuti fino a quel momento. Solo Zeus si salvò perché la madre avvolse nelle fasce una pietra che il marito ingurgitò al posto del bambino. I coreuti picchiavano sui loro tamburi perché il padre non sentisse i vagiti del neonato; una capra, Amaltea, lo allevò col suo latte, in quella grotta, finché il dio, cresciuto, non si trasferì con la corte divina sul monte Olimpo, nella Grecia settentrionale, abbandonando l’isola delle origini.


Filo del pensiero Il codice delle leggi di Gortina Gortina invece è una città romana. Le sue rovine sono Solo negli ultimi giorni ci spingiamo, coi nuovi, puntuaestesissime; pare che la città contasse centomila abitanti. li e smaglianti autobus cretesi di produzione Mercedes Cerchiamo di arrivarci a piedi da Agii Galini ma il sentiero, (?), fino a Knosso. Dove continua la favola iniziata sulla pur segnato sulle carte, non esiste più. Ci inoltriamo nei favolosa spiaggia di Kommos. A Knosso infatti uno dei figli di Europa e Zeus, il saggio campi dove veniamo notati da un Minosse, fece costruire un palazzo contadino che ci vuol caricare a dalle mille stanze per rinchiudervi tutti costi sul suo pick-up, e così Minotauro. Corpo umano e testa viaggiamo per un tratto di strada taurina, Minotauro era il figliastro in mezzo a cassette di spinaci, di Minosse, partorito dalla moglie cicorino selvatico, barbabietole Pasifae accoppiatasi con un toro e arance, e poi ancora in autograzie a un marchingegno costruito bus fino al sito archeologico di dall’architetto-ingegnere-tuttofare Gortina. Dedalo. E proprio a Dedalo tocLe rovine della città romana sono cherà progettare e far costruire il interessanti, ma ciò che lascia labirintico palazzo nel quale venne senza fiato, e che persino i romani poi rinchiuso egli stesso, insieme al rispettavano nella sua antichità, è figlio Icaro, perché non rivelasse i l’iscrizione sulle pietre del muro segreti di corte. interno di un edificio a volta: è il Dedalo però non era sciocco – non cosiddetto Codice di Gortina, del esiste un cretese sciocco – e con ali 600 a.C., scolpito in maniera perdi piume e cera da lui stesso costrufettamente ordinata. Riusciamo a ite riuscì a volar fuori dal palazzo decifrare qualche parola, Kremata, con Icaro. Ma il ragazzo, accecato ricchezze, beni. Ma ci accorgiamo dall’ebbrezza del volo, salì così in presto che le frasi non scorrono L’epigrafe di Gortina con le leggi alto che il calore del sole sciolse nel modo a noi abituale ma si arrotolano all’indietro come serpenti: una riga comincia la cera e Icaro precipitò. Minotauro, rinchiuso nel palazzo, da destra a sinistra e riprende da sinistra a destra con le si pasceva di carne umana, finché l’eroe venuto dal mare, lettere invertite. Certo, è l’antica scrittura bustrofedica, Téseo, riuscì a entrare nel labirinto, a uccidere il mostro, e soche si comporta come un bue (bus) che gira (strefo) dopo prattutto a uscire da quei meandri grazie al filo fornitogli da Arianna. Quel filo è il filo del pensiero e del ragionamento, aver arato la prima fila di zolle. Mi torna alla mente una poesia di Seamus Heaney, premio il filo della ragione e della logica che da allora continuiamo Nobel per la Letteratura 1995, da poco scomparso. Nei a srotolare e a intrecciare con altri fili formando discorsi e versi di Digging (“Zappatura”) il poeta si rivede bambino, ragionamenti logici e filati. Filati nel tempo del mito che non in Irlanda, mentre osserva il padre contadino che vanga è mai esistito e sempre esiste, in quelle regioni del Sud delle la terra. Il poeta invece della vanga ha tra le dita la penna, quali siamo noi debitori, come già scrissi in queste pagine in zapperà con quella. La scrittura del codice di Gortina è “Chi paga cosa e a chi” (Ticinosette n. 12/2012), molto più di quanto esse non siano debitrici dei ricchi paesi del Nord. così, arata nella pietra, di qui a là e di là a qui.

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PHOTO BY BORIS KAČAN

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Seestr. 160, 8002 Zürich Tel. 043-336 20 30 Fax 043-336 20 39 info@visitkroatien.ch www.croazia.hr


F

ra i ricordi d’infanzia ritornano alla memoria la libertà dei giochi all’aperto, nei boschi e nella piazzetta di Obino, con le mie amiche, d’estate in giro con la bicicletta, d’inverno con il bob o un padellino di plastica. Ero sempre fuori casa e ci divertivamo con niente. Mio padre era spesso assente per lavoro, ma non ho mai vissuto questo come una mancanza. Ricordo i suoi rientri a casa con dei regali, piccoli pettini dalla Cina, un anello in argento dall’India. Per anni ho creduto di dover vivere percorrendo una linea dritta, influenzata dalla mia educazione e da una forma mentale che può essere anche rigida. La persona più importante della mia vita, il mio ex marito, mi ha insegnato a staccarmi dai condizionamenti e a fidarmi dei miei istinti, non preoccupandomi troppo di quello che possono pensare gli altri. Ho frequentato il liceo artistico sperimentale a Varese, scegliendo l’indirizzo in beni culturali e restauro, attratta dalla prospettiva di approfondire la storia dell’arte e dei manufatti. Dopo il liceo, mi sono iscritta a una scuola d’arte famosa per i suoi corsi d’oreficeria: il Pietro Selvatico, senza riuscire a concluderla per vari disguidi. Ho deciso allora di seguire un corso universitario di moda e oreficeria a Firenze, laureandomi tre anni dopo. Sono uscita dall’università con un’ottima formazione culturale, ma senza alcuna esperienza pratica che facilitasse l’ingresso nel mondo del lavoro e, in un momento di crisi e ricerca di cambiamento, ho tentato, senza frutto, perfino di entrare alla scuola del Teatro Stabile di Genova. Tornata in Ticino, ho iniziato l’apprendistato di oreficeria, concluso tre anni fa. Ho scelto la professione di orafa a causa di un regalo che mia madre mi fece a otto anni: un piccolo kit per fare bigiotteria che si trasformò in un’infatuazione e in una vocazione. Attualmente, lavoro part time presso un’orafa indipendente a Lugano, dove mi occupo di creare nuovi gioielli ed eseguire riparazioni. Però, recentemente, è nato qualcosa d’inedito che ha a che fare con l’alimento base della nostra alimentazione: il pane. La cucina mi appassiona da sempre, il pane mi ha folgorata a 16 anni, complice un libro inglese sulla panificazione.

Da quel momento è stato parte integrante della mia vita, ma solo negli ultimi 3-4 anni è diventata una passione irrinunciabile che mi ha permesso di migliorare notevolmente la qualità del mio prodotto e mi ha portata a sperimentare e studiare i segreti di quest’arte. Lavorando part time, spendo gran parte del tempo libero a sviluppare ricette per il mio blog, soprattutto ricette di pane e dolci. Naturalmente questa, in un certo senso, sfrenata creatività, se da un lato mi arricchisce la vita, dall’altro impone dei sacrifici: primo fra tutti, ovviamente, la sicurezza economica che avevo quando ero impiegata a tempo pieno, ma faccio volentieri delle rinunce per potermi dedicare a quello che amo di più. Condividere, per esempio, con le persone cui voglio bene i prodotti che sforno, è una gioia che non ha prezzo: per me la cucina è la forma più alta di comunicazione. La mia giornata è assai impegnata: alla mattina mi piace svegliarmi presto, tra le 6.30 e le 7; prendo un abbondante tè nero e lavoro al blog e sui social network. M’informo, cerco ricette, butto giù idee. Una volta alla settimana, poi, frequento una palestra dove pratico il Wing Chun Kung Si tratta di una disciplina dinamica che affonda le sue radici nelle tradizioni del taoismo, del buddismo e confucianesimo. Il principio base è quello di essere come l’acqua, che si adatta alle circostanze cambiando forma. Cerco, a volte faticando, di applicare questo principio anche al mio quotidiano. Mi considero più una persona urbana, anche se mi piace passeggiare per boschi, cosa che in genere faccio con mio padre e il suo cane. Per il mare provo un amore folle e viscerale, non per nulla considero Genova l’unico posto dove io mi sia davvero sentita a casa. Però in fondo a me alberga una mamma del sud Italia: fosse per me sfamerei tutti. La vita mi ha insegnato a scacciare i chiodi fissi, a non rimanere ferma sulle mie posizioni, cercando di lasciare uno spiraglio aperto all’imprevisto, senza precludermi nulla. Mi ha insegnato molto, ma sto ancora imparando.

LUISA JANE RUSCONI

Orafa di professione, scopre a 16 anni la passione per il pane che è per lei una via alla ricerca dell’essenzialità. Nel pane e nella cucina sta ritrovando se stessa, puntando l’obiettivo sulle cose che contano veramente

testimonianza raccolta da Gaia Grimani fotografia ©Flavia Leuenberger

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CanCelli del Cielo

The Shard (La Scheggia) testo e fotografie ŠReza Khatir


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ondra non è solo una metropoli in permanente fermento, ma è anche è uno dei luoghi in cui si concentra la più grande ricchezza del mondo. Ciò nonostante, la crisi continua a colpire il Regno Unito dove in molte città di provincia regnano abbandono e desolazione con attività commerciali chiuse e strutture industriali e produttive abbandonate. Ma nella capitale tutto pare andare per il verso giusto. In una sorta di illusione alimentata dalle bolle e dalle speculazioni finanziarie, qui regna il motto del business as usual e il flusso di denaro proveniente da ogni angolo del mondo scorre indisturbato alimentando le attività della City e l’incredibile mercato immobiliare. Malgrado la crisi, nei quartieri come Mayfair, Knight’s Bridge o Kensington negozi e ristoranti di lusso sono quadruplicati rispetto agli anni passati. In questi ristoranti si può arrivare facilmente a pagare anche duecento sterline per una normale bottiglia di vino e per un tavolo a volte è necessario prenotare con settimane di anticipo. Il contrasto si fa oltremodo stridente se si visitano quartieri come Mile End o Hackney, luoghi disseminati di un enorme quantità di case popolari in cui gli abitanti spesso sopravvivono con paghe che potrebbero coprire a malapena il conto in uno dei locali trendy di Londra. Un contrasto che rende l’idea di un paese in cui la sperequazione fra i pochi ricchi e privilegiati e la maggior parte della popolazione si è fatta nel corso degli ultimi dieci anni sempre più acuta.

Reame celeste Tutto ciò, una volta in cima alla London Bridge Tower – The Shard, la scheggia, per gli inglesi –, lo si può raccogliere in uno sguardo. Con i suoi 310 metri di altezza, questo enorme e futuristico grattacielo, progettato da Renzo Piano e finanziato dallo sceicco Hamad Bin Jassim Bin Jabor, pare quasi il paradigma di una società scaturita dalle pagine di un romanzo di fantascienza (ma quale fantascienza?) di Philip K. Dick o Clifford Simak. E il paradosso sta tutto nelle cifre di questo nuovo e decisamente appariscente edificio: a differenza dei grattacieli circostanti, illuminati giorno e notte al loro interno, la maggior parte dei 72 piani dell’ambiziosa “scheggia” appaiono infatti bui e vuoti. Solo il 32esimo piano è occupato da un ristorante mentre dalla parte superiore della struttura, dove è presente una galleria panoramica su più piani, il visitatore può godere,

in apertura: la vista sulla torre da London Bridge a sinistra: la vista dal 72esimo piano sulla Tower Bridge



sopra: The Shard vista da Tooley street; a destra: l’atrio della torre aperta al pubblico

ovviamente a caro prezzo, la vista mozzafiato sulla capitale britannica, la città del Bengodi. Il resto dell’edificio è invece quasi del tutto disabitato. Nei ventisei piani destinati a uso aziendale pochi sono gli uffici ad oggi affittati e quasi tutti gli appartamenti di lusso, collocati tra il cinquantatreesimo e il sessantacinquesimo piano, proposti alla cifra stellare di 50 milioni di sterline cadauno, non hanno ancora trovato acquirenti. Sono infatti molti a criticare la collocazione dell’edificio troppo lontano dalla City e in una zona, quella a sud del Tamigi, che non giustifica prezzi e affitti così alti. Dalla cima di questa piramide adamantina, visibile da ogni quartiere di Londra (è il grattacielo più alto d’Europa e il 45° al mondo), si domina l’immensa città, con il suo brulichio ininterrotto di vite umane, di quotidianità scandite

da frenetiche attività lavorative, dalla ricerca compulsiva di un’ascesa di status sociale che domina tanta parte della nuova e spietata società londinese. Creature sconosciute che si muovono ai piedi di questa sorta di fiabesco cancello d’ingresso che separa il reame celeste (quello dei pochi che davvero possono) dal mondo terreno (in cui si agitano come formiche milioni di persone). Nuova torre di Babele, la metropolis verticale ideata da Renzo Piano, pur nella sua avveniristica bellezza, lascia perplessi e dubbiosi: costata quasi 600 milioni di euro allo sceicco del Qatar, questa algida guglia vuota pare destinata a diventare uno dei tanti monumenti innalzati da una civiltà incapace di percepire il proprio limite oltre che un inno allo spreco e all’inutilità.



Sale da tè. Atmosfere perdute di Keri Gonzato; fotografie ©Reza Khatir

“L’amore e lo scandalo sono i migliori dolcificanti del tè” (Henry Fielding, Love in Several Masques, 1728) Luoghi 46

Il suono piacevole dei cucchiaini che sfiorano le tazze di porcellana pervade lo spazio. Concave e accomodanti, le poltrone sono ricoperte da velluto rosa. All’acqua bollente si miscelano le foglie aromatiche raccolte in paesi esotici e lontani… L’atmosfera, verso la fine del pomeriggio, nella sala da tè, è intima e invitante. Questo luogo speciale, dove ci si trova per condividere un momento di complicità rilassata, ha un animo femminile. Versando il tè nelle tazzine, tra i fumi fragranti dell’infusione, le amiche si godono il dolce chiacchierare. I piccoli tavoli, le luci soffuse, le linee smussate creano un’armonia di insieme che invita alla distensione. Qui le preoccupazioni perdono peso poiché, come disse BernardPaul Heroux, “non v’è problema così grande o grave che non possa essere diminuito da una buona tazza di tè”. L’ora del tè, sacro e profano In Inghilterra, l’appuntamento alla tearoom è alle five o’clock, per il consueto high tea. Assieme al tè arrivano gli scones, accompagnati da marmellata e da un ricciolo goloso di clotted cream. Questa combinazione viene definita dai britannici con il termine cream tea, una tradizione “servita” da oltre tre secoli. I nostalgici possono visitare una tra le prime sale da tè londinesi... Aperta nel 1706, niente meno che da Thomas Twining, il fondatore della celebre marca, si trova tutt’oggi allo Strand 216. Peccato solo che ora non ci sia più la possibilità di sbirciare nel futuro, attraverso gli occhi delle cartomanti, che nel novecento offrivano la loro magia alle clienti dei tearoom. Rimanendo nella vecchia Europa, ci si potrebbe dare

appuntamento a un petit salon de té parisien… Assieme ai cafés, sono stati a lungo e in qualche modo continuano a essere, dei luoghi di scambio culturale dove parlare di teatro, poesia e opinioni politiche. Da sempre, non a caso, il tè è stato decantato dagli artisti per la sua capacità di portare ispirazione, grazie al profumo inebriante. Come in Francia e Inghilterra, così in Italia e in Svizzera, nelle sale da tè la magica bevanda viene spesso accompagnata da una peccaminosa gourmandise a forma di pasticcino. In Asia, la tradizione del tè invece è infusa di sacralità… “L’arte di bere il tè è un poema ritmato da movimenti armoniosi”, spiega Nitobe Inazō con la grazia di un haiku. Durante il rituale del Cha no yu, che significa letteralmente acqua calda per il tè, mentre si porta l’acqua a ebollizione sul carbone, si decora la sala con dei fiori. Tradizionalmente, si usa poi la polvere di tè verde, matcha, oggi molto di tendenza anche in occidente per le sue qualità antiossidanti e corroboranti. All’arrivo degli ospiti, tutto è pronto per poterli accogliere con tutta l’attenzione necessaria. Passando dalla piccola porticina della sala del tè, gli invitati si piegano in segno di umiltà. Lo spazio è tradizionalmente piccolo e l’arredamento minimal, per riflettere appieno l’estetica zen. I gesti, curati fin nei dettagli, portano i presenti in uno spazio di presenza meditativa. Tale rituale, codificato dal monaco TetchŪ Sōshitsu, oltre a essere sociale è considerato un momento di comunione spirituale. Il momento dello scambio In tutte le culture, una tazza di tè fumante, è il simbolo dell’incontro tra due persone. Nell’era della comunicazione virtuale, tale invito si fa ancora più gradito e speciale. Lo conferma Richard Branson scrivendo che “le conversazioni faccia a faccia sono molto più efficaci, e le videoconferenze sono sempre un ripiego rispetto a una tazza di tè bevuta insieme”. Kakura Kazuko, autore del Il libro del tè, un’opera divenuta celebre, descrisse meglio di tutti i pregi di questa bevanda esplicando i motivi del suo successo: “Il tè non ha nulla dell’inebriante arroganza del vino e dell’individualismo del caffè o dell’affettata innocenza del cacao, ma un gusto sottile, particolarmente adatto a essere idealizzato”. Oggi, molto spesso, si preferisce il rapido e intenso caffè espresso che ben rappresenta una società dal passo veloce. Forse, anche per questo, una tazza di tè da sorseggiare con calma assume un senso ancora maggiore. Non ci resta che concludere citando una battuta mitica del film Working Girl: “Can I get ya anything? Coffee? Tea? Me...?”.


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NiENtE più pEsci NEl MarE? Tendenze p. 48 – 49 | di Marisa Gorza

ironiche o trasgressive, con slogan o con il volto di una star, firmate dai big della moda o comprate all’iper... le magliette se le mettono proprio tutti, giovani e attempati, comuni mortali e vip. perché la t-shirt, oltre a essere il capo d’abbigliamento più semplice e diffuso, può aiutarci a esprimere le nostre idee e la nostra personalità, superando barriere linguistiche e culturali

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pensare che ai suoi esordi, nel 1913, la Tshirt faceva parte del severo guardaroba d’ordinanza dei soldati della marina degli Stati Uniti! Bianca e immacolata, in puro cotone americano, fu battezzata camicia a T in quanto, una volta distesa su un piano, formava una grafia analoga alla lettera dell’alfabeto. Nasce forse da qui la sua indole chiacchierona? La T-shirt ha avuto il suo momento magico negli anni cinquanta indossata sullo schermo da sex symbol maschili a cominciare da Marlon Brando, indimenticabile in maglietta a mezza manica nel film Un tram che si chiama desiderio (1951). Per continuare con James Dean che in Gioventù bruciata (1955) la consacrava, unita ai jeans, a divisa dei giovani ribelli. Intanto si diffondevano in tutto il mondo gli esemplari basic e confortevoli del marchio Fruit of the Loom. Con la guerra del Vietnam arriveranno le scritte con gli slogan dei pacifisti: peace, love, happiness... in fondo mai dimenticate. Nei decenni successivi le magliette furono apprezzate anche dal pubblico femminile, decorate con strass, traforate


Campagna di sensibilizzazione “Project Ocean” lanciata nel 2011 dall’azienda inglese Selfridge

e ricamate, ma soprattutto stampate con scritte e messaggi di ogni genere. Uno dei primi a farne un business fu Elio Fiorucci, immortalandovi innocenti angioletti e procaci pin up. Poi arrivarono il modello di Guru, stampato con la maxi margherita e il simpatico Smiley, dal sorriso stilizzato sulla faccina gialla. Comunicavano amabile positività.

STRUMENTI DI DIVULGAZIONE Però con la maglietta si può divulgare molto di più di un sentimento, per quanto lodevole. Negli anni novanta fa il suo ingresso in libreria, evento lanciato dal marchio Parole di cotone che vi imprimeva da “L’infinito” di Leopardi a citazioni da Shakespeare e da Goethe, a pillole di saggezza, a suggestioni musicali e da film. Arriviamo ai nostri giorni con molte T-shirt popolate da frasi che hanno la funzione di stupire, scandalizzare, divertire o semplicemente “fare tendenza”. Basta scendere in strada per ”leggere” un po’ di tutto: dalla barzelletta all’esplicito invito, dall’orgoglio rionale all’inneggio alla squadra del cuore.

QUANDO L’ABITO RACCONTA La lettering mania è comunque entrata nelle collezioni degli stilisti più famosi che, oltre a “scrivere” su felpe e T-shirt, inviano messaggi, fervori e passioni tramite bijoux, scarpe, borsette e indumenti vari, perfino nelle fodere interne. Moda e vocaboli, parole come segni grafici al posto del logo. Motti nuovi, più quelli noti e ribaditi. La parola sentenzia e regala forza e forma al pensiero. In un mondo di esagerata immagine ritorna l’esigenza di scrivere e di raccontare... anche sui vestiti. La rock star Beyoncé ondeggia sensuale e ammiccante nel suo ultimo video “Blow”. Indossa un golfino rosa bubble siglato Moschino, ma ecco che tra lampi e bagliori al neon, vi appare una scritta a lettere cubitali: “CA$HMIRE”, un messaggio di sfarzo, tenerezza e voluttà in una sola parola, lì ben piazzata sul capo disegnato da Jeremy Scott. Il nuovo direttore creativo della maison ha saputo riaccendere in pieno lo spiritaccio irriverente di Franco Moschino, scomparso nel 1994. Impossibile non ricordare quegli abiti parlanti e “pensanti” che recavano espressioni come “Ready to Where?” o “La Classe non è Acqua”. Si trattava di una moda “semantica” riapparsa piena di nuova grinta sulla recente passerella milanese di febbraio. Show sfavillante di riferimenti al pop di Andy Warhol e al mondo dei consumi con modelli ispirati a McDonald’s, ma pure al lettering per cui le T-shirt diventano abiti percorsi da scritte fitte-fitte e il vaporoso abito da sposa sembra composto da pagine di giornale, mentre il Tee-dress si camuffa da personaggio dei cartoon, un Mr Funtastik amante di snack e patatine. Ispirata alla metafora fast-food/fast-fashion, la capsule collection, lanciata subito dopo la sfilata di Jeremy Scott, è stata immediatamente messa in vendita sul web e nelle boutique di tutto il mondo. Rivoluzionando così il solito iter.


La domanda della settimana

Ritenete che i problemi legati all’ambiente siano tenuti nella giusta considerazione dalla classe politica ticinese?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 17 aprile. I risultati appariranno sul numero 17 di Ticinosette.

Al quesito “Il minimo salariale generalizzato è uno strumento efficace contro il dumping salariale e la sostituzione di manopodera locale con lavoratori d’oltre confine?” avete risposto:

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Astri ariete Svolte radicali. Particolarmente forte la Luna del 15 aprile. Fate la scelta giusta. Controllate l’emotività. Irascibili i nati intorno al 6/7 aprile.

toro Tra il 13 e il 19 il vostro aspetto tenderà a modificarsi anche in ordine agli effetti dell’opposizione saturnina. Possessivi e gelosi tra il 16 e il 17.

gemelli Momento buono per far partire un nuovo piano di battaglia. Fantasie e trasgressioni provocate dagli aspetti con Venere e Nettuno. Qualche ansia.

cancro Particolarmente favoriti i progetti più rivoluzionari. Scegliete i vostri soci sulla base delle affinità elettive. Piuttosto irascibili intorno al 14/15.

leone Colpi di genio. Cambiamenti di marcia e nuove amicizie. Viaggi improvvisi. Saturno in quadratura: l’orgoglio tende a prendere il sopravvento.

vergine Particolarmente svogliati e poco predisposti ad affrontare gli aspetti più duri della quotidianità. Attenzione ai dolci e alle calorie in eccesso.

bilancia Liberatevi da ogni condizionamento. Particolari le giornate comprese tra il 14 e il 15 aprile. Emotività alle stelle. Seguite il cuore.

scorpione Venere contribuirà a far crescere il vostro charme. Intense le giornate comprese tra il 16 e il 17. Scelte di vita per i nati nella terza decade.

sagittario Convogliate ogni energia verso tutto ciò che vi sta veramente a cuore. Possibilità di successo. Numerosi incontri tra il 18 e il 19. Riposatevi di più.

capricorno Fortuna sentimentale a partire dal 14 aprile. Cambiamenti comunque radicali promossi da Plutone con Urano in quadratura. Fidatevi dell’intuito.

acquario Soluzioni originali favorite dalla congiunzione di Mercurio con Urano. Avanzamenti professionali. Favoriti i rapporti con Ariete e Bilancia.

pesci Venere favorisce una nuova fase di incontri. Ritrovata bellezza per molti di voi. Favoriti gli addetti alle relazioni esterne. Bene tra il 16 e il 17.


Gioca e vinci con Ticinosette

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Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 17 aprile e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 15 apr. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. Tra il decimo e il dodicesimo • 9. La bella Campbell • 10. Consonanti in tedio • 11. Strada di montagna • 13. Pari in mastro • 14. Quella bianca è affilata • 15. Fa buon sangue • 17. Dittongo in reato • 18. Concorso Internazionale • 19. Schiavo spartano • 21. Il niente del croupier • 23. Pronome personale • 24. Città friulana • 26. Cimiteri di guerra • 28. Articolo romanesco • 29. Periodi storici • 30. Si affianca al rouge • 32. Un tipo d’insalata • 33. Ossigeno e Iodio • 34. Vocali in guaste • 35. L’eroe svizzero • 37. Il musqué del pellicciaio • 39. I rimborsi del rappresentante • 40. Si contrappone a entro • 41. Devoto • 42. La nota Power • 46. Più che agiata • 48. Cero centrale • 49. Predica papale • 50. Né tue, né sue. Verticali 1. Noto film del 2008 di G. Dunne con Uma Thurman • 2. Il sommergibile di Verne • 3. Lo è l’incendio provocato intenzionalmente • 4. Profonda, intima • 5. La scimmia di Tarzan • 6. Valutare i danni • 7. Frulla in testa • 8. Piccoli strumenti a fiato • 12. Il numero perfetto • 16. Il nome della Piccolo • 18. Simili ai cocomeri • 20. Un saluto non definitivo • 22. Bel paesino malcantonese • 25. Due romani • 27. Colleziona cuori femminili • 30. Venuta al mondo • 31. Notare, evidenziare • 36. Ripidi • 38. Arti pennuti • 43. Starnazza • 44. Dubitativa • 45. Puntini vezzosi • 47. Articolo maschile.

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La soluzione del Concorso apparso il 28 marzo è: RAPINARE Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Martina Meyer via Ronchetto 4 6814 Cadempino Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!

Premio in palio: buono RailAway FFS per l’offerta “Parco naturale e faunistico di Goldau” RailAway FFS offre 1 buono del valore di 100.– CHF per 2 persone in 2a classe per l’offerta RailAway FFS “Parco naturale e faunistico di Goldau” da scontare presso una stazione FFS in Svizzera. Ulteriori informazioni su ffs.ch/animali

Parco naturale e faunistico Goldau. Alla scoperta degli animali. Su 34 ettari di natura pura i visitatori possono ammirare da vicino oltre cento specie di animali selvatici europei. Accarezzate e date da mangiare ai mufloni, daini e cervi del Giappone nella grande area dove possono muoversi in assoluta libertà.

Svaghi 51


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Iniziare bene il mattino e la giornata è mia. Le tue articolazioni si fanno sentire al risveglio o hai le dita dolenti per colpa di dolori articolari e artrosici acuti? Inizia la tua giornata con Voltaren Dolo forte Emulgel. Il doppio dosaggio del suo principio attivo ha un’azione anti-infiammatoria, allevia il dolore e può essere applicato due volte al giorno, al mattino e alla sera.

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Abbiate cura delle vostre articolazioni e scoprite utili mezzi ausiliari visitando www.rheumaliga-shop.ch. Voltaren Dolo forte Emulgel supporta l’impegno contro l’artrosi della Lega Svizzera contro il reumatismo.


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