Ticino7

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№ 17 del 24 aprile 2015 · con Teleradio dal 26 apr. al 2 mag.

MAGICO ABBRACCIO

Uno sguardo d,intesa, il contatto fisico, i primi passi... il fascino del tango attira un numero crescente di appassionati anche in Ticino

Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–


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Ticinosette allegato settimanale N° 17 del 24.04.2015

Impressum Tiratura controllata 67’470 copie

Chiusura redazionale Venerdì 17 aprile

Editore

Teleradio 7 SA Muzzano

Redattore responsabile Fabio Martini

Coredattore

Giancarlo Fornasier

Agorà Generazioni. Lettera a una ventenne

di

Marco Jeitziner .................................

4

Arti Gordon Mc Couch. L’amico americano

di

elena BoroMeo ..................................

6

Francesca rigotti .........................................................

8

FaBiana testori ......................................................

9

Memorie Cibo. Pisa 1975

di

Mundus Rasputin. Il visionario Vitae Diego Schütz

di

di

Keri gonzato .......................................................................

Reportage Milonga a Lugano

di

Keri gonzato; FotograFie di reza Khatir .................

10 35

aBBa; ill. di ursula Bucher......

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Marisa gorza ....................................

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Svaghi ....................................................................................................................

42

Fiaba La leggenda del bambù

a cura dell’associazione

Tendenze Estetica. Una faccenda di naso

di

Photo editor Reza Khatir

Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55

Il migliore ritratto svizzero

Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook

Stampa

(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona

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In copertina

Ballerini di tango, Lugano Fotografia ©Reza Khatir

È stata una grande e positiva sorpresa anche per la Redazione il riconoscimento ricevuto dalla nostra collaboratrice e giovane fotografa Flavia Leuenberger (classe 1985; flavia-leuenberger.ch). Come molti di voi avranno letto nei quotidiani apparsi lo scorso giovedì, 16 aprile, nel corso del “Swiss Press Award 2015” svoltosi a Berna, il suggestivo ritratto di Giovanni Vassalli, apparso nella rubrica “Vitae” di Ticinosette n. 27 del 4 luglio 2014 (nell’immagine), è stato giudicato il più bello tra le centinaia di lavori sottoposti alla valutazione della giuria internazionale nella categoria Swiss Press Photo (sezione “Ritratti”). Come già anticipavamo nel numero uscito venerdì scorso, Ticinosette già da alcuni anni

è regolarmente presente alla premiazione della Stampa svizzera, in particolare con Reza Khatir che, anche nel corso di quest’ultima edizione, è giunto terzo nella sezione “Vita quotidiana” (reportage apparso in Ticinosette n. 3/2015). Inoltre, sempre a firma di Khatir, sono stati selezionati alcuni ritratti pubblicati nel numero speciale uscito in concomitanza con il Film Festival Locarno (n. 32/2014), ritratti che saranno inseriti nel catalogo dedicato all’edizione del premio appena svoltasi. Come già ricordato in un contributo del Corriere del Ticino (16 aprile), il giornalista Carlo Silini ha ricevuto il primo premio nella sezione “Swiss Press Print” con un pregnante articolo di approfondimento dedicato alla nota tragedia di Davesco del 16 novembre (apparso sul Corriere del Ticino del 3 dicembre 2014). Ancora in ambito fotografico, Gabriele Putzu, dell’agenzia TiPress di Stabio, ha ricevuto il terzo premio nella categoria “Attualità” con un’immagine scattata sempre lo scorso novembre sul Piano di Magadino. Facciamo infine notare come Ticinosette sia tra le poche pubblicazioni che ha visto nella stessa edizione del prestigioso premio ben due lavori premiati. Un chiaro segno della qualità (almeno fotografica) proposta settimanalmente su queste pagine. Ci auguriamo che ciò rappresenti uno stimolo anche per i numerosi amatori di fotografia che già a partire dallo scorso anno partecipano al concorso indetto dal nostro settimanale. Complimenti, quindi, a tutti i ticinesi premiati e i cui lavori sono stati riconosciuti. Buona lettura, la Redazione


Lettera a una ventenne Generazioni. Giovani con idee troppo vecchie? Una breve riflessione a partire dalle opinioni di una ragazza ticinese tra sogni e realtà, tra desideri e reali possibilità di Marco Jeitziner; fotografia ©Reza Khatir

C

ara O.P., ti scrivo dopo aver letto il tuo pensiero su un settimanale1. Non ho potuto trattenermi dal farlo e mi rivolgo anche ai coetanei che la pensano come te. Non intendo di sicuro far cambiare idea a nessuno, ma soltanto sollevare delle perplessità riguardo a un diffuso modo di pensare da parte di alcuni giovani. Il motivo è che, francamente, io che ho il doppio della tua età, pensavo che in vent’anni – il tempo di una generazione più o meno – un certo tipo di convinzioni potesse cambiare. Purtroppo non è il tuo caso. Appartieni a quelli che lo storico Andrea Ghiringhelli definisce giovani “magari competenti, bravi, ma con idee molto vecchie”.2

Agorà 4

Tutto sotto casa Ti sei iscritta a psicologia in Italia perché “purtroppo” l’offerta universitaria del cantone è “piuttosto limitata” e, potendo scegliere, avresti preferito restare qui, coi tuoi amici, con mamma e papà, presumo. Speri che tra dieci o quindici anni altri giovani che faranno una scelta di studio “importante” come la tua possano “avere più chance” onde “evitare di andarsene via da casa”. Ecco, la tua idea è vecchia perché riflette l’ingenua pretesa di chi aspira ad avere tutto a portata di mano, di chi vuole il paradiso sotto casa (scuola migliore, lavoro dei sogni, spazi fantastici, negozi fichissimi, l’amore come nei film ecc.), nel proprio comune o comprensorio. Cara, quando ti decidi di scendere dal mirtillo? Non ti rendi nemmeno conto di quanto tu sia privilegiata, non tanto per il luogo o la materia di studio, ma semplicemente per il fatto che, mentre molti giovani nel mondo non hanno mai ricevuto un’educazione e mai la riceveranno, tu invece puoi studiare. Il liceo dovrebbe formare degli adulti consapevoli, ma mi chiedo che cosa sia successo nel tuo caso. Pensaci, anche se non l’ho mai reputata necessaria, è già bello che ci sia un’università in questo piccolo cantone, e forse avrai ragione un giorno, quando si potrà studiare psicologia a Lugano e, già che ci siamo, biologia marina a Capolago e fisica quantistica a Biasca... Scelta o consiglio? Credi veramente di aver potuto scegliere liberamente di studiare? Solo in parte. La nostra società, quella costruita dai nostri genitori, è basata sulla concorrenza tra persone, merci, servizi ecc., soprattutto in termini di lavoro e di competenze. Il messaggio monotematico a cui anche tu hai creduto è quello che recita “studia, così sarai più rispettato e

troverai più facilmente un lavoro”! Ce lo fanno credere da un pezzo. In realtà non sei veramente libera di studiare o di non studiare, ma ti viene consigliato vivamente di farlo, ti spingono a laurearti, e poi magari a fare anche un master e un dottorato, come fosse l’unica via per l’autoaffermazione, indispensabile e senza la quale non sei niente, senza la quale il tuo profilo di Facebook o di Linkedin risulta un po’ scarno. Se fosse davvero necessario e utile a tutti, perché con tutti i laureati che ci sono il mondo non va meglio di prima? Non è solo colpa vostra, ma finite le scuole medie spesso non sapete che fare, così non vi resta che il liceo e poi l’università, per chi ce la fa. Chi ce la fa ottiene un diploma uguale a mille altri, ma i posti di lavoro, oltre che pochi e quindi causa di ancora maggiore concorrenza, non li danno se non si ha esperienza, ma come si fa l’esperienza se non si lavora? Lo so, è tutto un po’ folle. Non tutti svolgeranno il lavoro per cui hanno studiato, non tutti troveranno un lavoro. In merito a un sondaggio3 tra i 18-24enni, la collega Sara Bracchetti scrive che a colpire le aziende sarebbe “la (vostra, ndr.) fedeltà testarda all’immagine che ci si fa di sé, magari non proprio coincidente con gli spazi concessi dal mer-


cato”, perché “fin troppo idealisti, senza necessità di adattarsi alla realtà, con una famiglia alle spalle che si prende cura”, e “convinti di poter ottenere ciò per cui hanno studiato e disposti a rimanere nel limbo per qualche anno”. Nel limbo fino a quando? Dirai che questa società avrà sempre più bisogno di “strizzacervelli” e forse è vero, ma allora non sei anche un po’ opportunista e cinica? Be’, ti assicuro che il crescente malessere non si risolve con più psicologi, come non si ottiene la pace producendo più armi. Spero che la psicologia ti serva soprattutto per capire te stessa prima che gli altri, altrimenti come puoi pretendere di aiutarli? Sbagli, a mio avviso, quando dici che sarebbe meglio studiare qui, tantissimi tuoi coetanei te lo potrebbero confermare. Comprenderai te stessa soltanto aprendoti ad altre persone e realtà, mica mangiando la solita minestra. Per crescere bisogna staccarsi da mamma e papà: lo imparerai ai corsi di psicologia. Sollevi il problema dei costi: far studiare un/a figlio/a è caro e se non c’è qui la facoltà, l’impegno delle famiglie è ancora maggiore: “non tutte se lo possono permettere” dici. È vero ma, come dicevo all’inizio, chi te lo fa fare? Inoltre, qui siamo abituati a chiedere i soldi per studiare o ai genitori o allo stato, altrove pochissimi studenti hanno il lusso di un appartamento (o una stanza), tutto pagato dai genitori: c’è chi gli studi se li paga lavorando sodo. Il canton Ticino ha tuttavia un sistema di prestiti e borse di studio generoso (oltre 20 i milioni di franchi erogati nel 2013). Contrariamente a quanto dici, c’è una “equità sociale” nel sistema che “funziona bene”4, ma se i tuoi non ne hanno avuto diritto perché il loro reddito è alto, allora quello che dici forse è un po’ ipocrita. Non trovi? Coronare un sogno Non viviamo nel paese dei balocchi, d’accordo, quindi sostieni che il Ticino offre pochi o nessuno sbocco per certe

professioni. Citi una tua amica che vuole fare la stilista e magari sfondare nel mondo della moda. La sua formazione, dici, “è minima” ed è “difficile che diventi una candidata valida” per le aziende di moda importanti. Per questo le servirà “un colpo di fortuna” per “coronare il suo sogno, oppure dovrà pigliare armi e bagagli e andarsene via”. Vorrei capire se sognate veramente, e mi rallegrerebbe, o se invece è un modo per piangersi addosso. Se volessi sfondare nel cinema, pensi che ci riusciresti lo stesso senza mai andare, per esempio, a Hollywood o a Cinecittà? In realtà, in Ticino il settore del tessile e dell’abbigliamento si è sviluppato, ma che aspettative ha la tua amica? Per coronare un sogno non serve solo la fortuna (da saper anche cogliere) ma impegno, costanza, sacrificio ecc., e quella cosina chiamata talento, ti dice niente? La Bracchetti scrive: “troppo schizzinosi o persone di carattere? A ciascuno il suo. A volte, invece, è solo paura di osare: di non essere all’altezza. Altre è indolenza oppure disinformazione”. Già, potremmo discutere a lungo se servano o meno, a noi e alla società, nuovi psicologi o nuovi stilisti, ma sulla disinformazione qualcosa fa cilecca con voi della cosiddetta “generazione Y”, figlia del digitale e della globalizzazione, che non avete voluto ma in cui siete dentro in pieno. Forse è colpa anche della scuola, chissà, ma non può che sorprenderci tanta ingenuità e idealismo con tutta l’informazione (o disinformazione?) di cui disponete. Arrangiarsi serve Critichi lo svago vostro perché “purtroppo strutture e aree adatte non ne vedo”. Il problema, secondo me, è che aspettate sempre il piatto pronto dagli altri, mentre ancora non ho capito che spazi e svaghi intendete: parchi, locali o discoteche? Sport, shopping o birra? Boh. Certo, nel nostro cantone voi giovani non siete molto ascoltati, ma l’ho già scritto: farsi gestire non è autonomia, copiarsi non è libertà, complicare non è democratico5. E mi chiedo ancora: altrove si indignano, si ribellano, agiscono e spesso ottengono; perché invece voi spesso tacete, ubbidite, non reagite e poi avete l’arroganza di lamentarvi? Forse il mio pensiero cadrà nel vuoto, nel nulla e nella passività che tormenta alcuni di voi, ma non conviene a nessuno l’autocommiserazione, il vittimismo, l’arrendevolezza, tanto meno a chi il futuro lo dovrebbe, se non cambiare, almeno progettare. Affermi che dovremmo metterci nei vostri panni, per “aiutarvi” a creare un paese come voi intendete, “senza per forza invidiare gli amici che abitano fuori cantone”. Be’, ti saluto così: nei tuoi panni non mi posso mettere, questo è il mio unico modo di aiutarvi e non c’è frustrazione più sciocca dell’invidia, soprattutto se ciò che si invidia è possibile. Cara O.P., un saluto dal tuo amato Ticino e un consiglio spassionato: non tornare a casa ogni fine di settimana; approfitta al massimo dell’energia che una metropoli come Milano può trasmettere.

note 1 Il Caffè, 11 gennaio 2015. 2 Ibid 1. 3 “Schizzinosi, idealisti o disinformati: ecco perché i diciottenni non trovano lavoro”, tio.ch, 23 febbraio 2015. 4 Dall’opuscolo “Borse di studio 2014-2015”, DECS, aprile 2014. 5 “La politica e gli invisibili”, Ticinosette n. 4/2015.

Agorà 5


L’amico americano Nato a Philadelphia nel 1885, Gordon Mc Couch visse ad Ascona per quasi quarant’anni. Nelle sue tele ritrasse una Svizzera inedita, permeata dai drammi che l’Europa attraversò nel corso del secolo scorso di Elena Boromeo

Arti 6

Paesaggi dai contorni spigolosi, villaggi a tinte accese, case contatto con il gruppo di artisti tedeschi del Blaue Reiter (Il deformate, strade e locali immersi nell’oscurità. È una Sviz- cavaliere azzurro). Ma lo scoppio della prima guerra mondiazera insolita, che per un momento abbandona la sua bellezza le lo sorprese durante un soggiorno a Venezia in compagnia ordinata e si tinge di inquietudine, quella rappresentata dal della futura moglie, la russa Xenia Slutskaia, e fu costretto pittore americano Gordon Mallet Mc Couch. Riparato in ter- a rifugiarsi a Zurigo. Dopo un’esperienza nell’esercito stara elvetica come tanti altri artisti durante il primo conflitto tunitense ai confini col Messico, nel 1917 tornò in Svizzera mondiale, nel 1917 si stabilì ad Ascona, dove costruì una e si trasferì con la moglie e la figlia Lilian Xenia prima a Zugo, poi ad Ascona. Sempre casa per la sua famiglia e dove sulle rive del Lago Maggiore, visse fino alla morte, avvenuta a Porto Ronco, progettò e conel 1956. Alla sua produzione struì una casa, dove nascerà la Pinacoteca Züst di Rancate la figlia Eliette. Appassionato ha dedicato una interessante di vela e di moto, Mc Couch monografia (Gordon Mc Couch. contribuì anche alla nascita Un americano ad Ascona, a cura del Tennis Club di Ascona. Nel di Claudio Guarda, visibile 1924 fondò il gruppo artistico sino al 30 agosto) che condell’Orsa Maggiore, insieme alla tribuisce a portare alla luce russa Marianne Werefkin, i un pittore ancora poco conotedeschi Walter Helbig e Otto sciuto, malgrado l’indiscussa Niemeyer, gli svizzeri Albert qualità artistica. Kohler e Ernst Frick, e l’olanLe ragioni della sua mancata dese Otto van Rees. Gordon Mc Couch, Paesaggio, olio su tela, 1920 fama andrebbero ricercate proprio tra le maglie delle complicate vicende storiche dell’epoca, quando l’Europa, che pure L’evoluzione artistica brulicava di avanguardie artistiche, divenne teatro di due Il primo sguardo di Mc Couch sul canton Ticino è intriso guerre mondiali, costringendo numerosi intellettuali e artisti di elementi espressionistici. Le pennellate sono nervose, all’isolamento. Nonostante ciò, il giovane Mc Couch ebbe il scuotono la realtà e ne deformano i volumi attraverso colori tempo di immergersi nel fervore di quegli anni e di assorbire accesi, senza sfumature, e contorni scuri. La sua Strada del i nuovi linguaggi, dall’espressionismo al cubismo, fino al 1918, è un intenso scorcio di Ascona, dove le case appaiono realismo. E così, proprio negli anni in cui l’acutizzarsi dei animate nella loro irregolarità, mentre si affacciano su un conflitti portava a un maggiore isolazionismo della Svizzera, cammino senza persone. Come osservò lo scrittore francese il pittore americano ebbe l’occasione unica di rappresentare François Orsini, mentre altri linguaggi artistici si fermavano la realtà ticinese con occhi pienamente europei, da perfet- alla pelle, “l’espressionismo frugava nel sangue, nell’anima”. to interprete di quello che i filosofi tedeschi chiamavano E così la soggettività di Mc Couch, testimone del dramma che si stava consumando fuori dai confini elvetici, permeò Zeitgeist, lo spirito del tempo. anche l’apparente quiete dei paesaggi ticinesi. Lo scoppio della seconda guerra mondiale aggravò la situazione e per La storia Nato a Philadelphia nel 1885, Mc Couch disattese le aspetta- l’artista americano iniziò un periodo difficile, caratterizzato tive del padre che desiderava per lui una carriera di medico o da una pittura più introversa e intimistica. Ne è un esemavvocato, e decise di seguire la sua vocazione per l’arte. Dopo pio Ritorno a casa del 1940 (acquaforte e tecnica mista), un aver studiato alla scuola di disegno di Howard Pyle (fondata bozzetto notturno dove una figura solitaria avanza sotto la dal celebre illustratore di Robin Hood) lavorò per giornali e luce fioca dei lampioni, avvolta in un alone nostalgico. Per riviste in Pennsylvania e a New York. A 23 anni si imbarcò vedere nuovamente riaffiorare la vitalità sulle tele dell’artista su una nave in direzione del Vecchio Continente, deciso a americano bisognerà attendere la fine della guerra, quando diventare un artista indipendente. Destinazione: Monaco di Mc Couch tornerà a viaggiare e a catturare scenari di vita Baviera. Qui Mc Couch frequentò l’Accademia di Belle Arti attraverso colori brillanti, senza mai smettere di sperimene in seguito, grazie al connazionale Albert Bloch entrò in tare nuove forme e tecniche espressive.


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17.04.15 10:33


Pisa 1975

Il cibo è “memorabile”, rende un’esperienza sensoriale meritevole di essere ricordata. Sollecita la nostra memoria e la catalizza: storia di un incontro e di un riso in brodo di Francesca Rigotti

Memorie 8

Avevo 23 anni e nessuno mi dica, tanto per ripeterlo anch’io, Un memorabile riso che è la più bella età della vita. È invece un’età di tormenti La mattina dopo, all’università, tenni la lezione, terrorizzae disagi, che cercavo di superare dedicandomi con impegno ta dal trovarmi davanti al professore e a un pubblico di miei al mio lavoro di studentessa, già che quello almeno funzio- coetanei. Parlai della diffusione e dell’influenza dell’opera nava. Mi ero laureata “nel luglio del quart’anno”, nel gergo per la quale Condorcet è più conosciuto, l’Abbozzo di un di allora, cioè con un veloce percorso di studi e di esami, e quadro storico dei progressi dello spirito umano, del 1794, della avevo appena discusso la tesi. La mia relatrice alla facoltà di quale Minerbi stesso aveva allestito qualche anno prima Filosofia dell’Università degli Studi una versione italiana annotata. di Milano – calcavamo l’accento su Feci anche una cosa che oggi mi quel “degli studi” perché fosse ben mette disagio confessare: fumai, chiaro che non eravamo della Catfumai più di una sigaretta mentre tolica – fu Maria Assunta del Torre, parlavo, e mi rivedo avvolta in brava e devota alla sua professione, quei fumi azzurrini. Era un’epoca che i suoi colleghi chiamavano Maassurda quella, in cui si fumava riella, ma noi studenti irriverenti, allegramente, tutti fumavano, in di nascosto, “la Sgarrambona”, che casa, nei locali pubblici, al cinema era un personaggio di Alto Gradie all’ospedale, medici e pazienti. mento, la mitica sconclusionata Come Dio volle la mattinata si trasmissione radiofonica di quegli concluse con le domande degli anni con Arbore e Boncompagni. studenti-coetanei cui cercai di riMi perdoni prof., ci perdoni il spondere, e poi il professor Minersoprannome, la prego; noi la stibi mi portò a pranzo a casa sua, mavamo e le volevamo bene e a Fiesole, con la sua automobile. lei era bravissima, giusto un po’ All’epoca aveva una quarantina corpulenta e con la voce arrochita d’anni, una moglie simpatica e dal fumo, e noi eravamo perfidi. ricciuta che si chiamava Anna Durante il mio ultimo anno di (Anna Minerbi Belgrado, anch’ella Statua del marchese De Condorcet, Parigi (copia bronzea università a Milano “la Del Torre” brillante studiosa) e due figlie, due dell’originale di J. Perrin andato distrutto nel 1941) aveva invitato nel suo corso di ragazzette educate e gentili, ricciuStoria della storiografia filosofica, te anch’esse. A pranzo con tutta la per tenerci una lezione extra, un docente dell’Università famiglia si mangiò alla buona, in una cucina che ricordo di Pisa, Marco Minerbi, studioso dell’età dei lumi. Avendo antica e spaziosa. Riso in brodo e pollo lesso, il pollo con saputo che io stavo scrivendo la tesi sul pensatore francese cui era stato fatto il brodo. Mai riso in brodo mi sembrò tardo illuminista Condorcet, Minerbi invitò me (me?!), una più buono, al pensiero mi si scioglie ancora sul palato. volta che avessi terminato gli studi, a tenere una lezione agli Dissi una sciocchezza, di cui poi mi vergognai al punto da studenti del suo corso all’ateneo pisano. non averla finora mai rivelata a nessuno. Chiesi se era riso Partii in treno da Milano coi fogli in cui avevo steso la mia “pilaf”; ignoravo che si trattava di una forma di cottura del prima in assoluto lezione ex cathedra. Sbarcai alla stazione riso, coperto con doppio equivalente di acqua messo nel di Pisa e mi recai all’albergo che era stato prenotato per me forno, e lo ignorava anche Marco Minerbi che mi rispose (per me?!) dall’università, l’Hotel Terminus, che forse esiste che era normalissimo riso, riso in brodo. Lo dissi perché ancora e magari è adesso un posto di lusso, ma che allora, mi era sembrato così buono che doveva corrispondere a quarant’anni fa, era un albergo vecchiotto, un po’ sgarrupato qualcosa di molto particolare, e io avevo letto quel nome diciamolo pure. Non ricordo la camera, soltanto il bagno, varie volte, in quei tempi remoti in cui si fumava a lezione in comune, in fondo al corridoio. Un locale immenso, così e alcuni mangiavano il misterioso riso “pilaf”. mi parve, col pavimento piastrellato a losanghe bianche e nere. Sicuramente c’erano anche un lavandino, e una vasca; Racconto tratto dal volume Manifesto del cibo liscio eppure l’unica cosa che ricordo era, in fondo in fondo, tutto di Francesca Rigotti, Interlinea, 2015 (per gentile concessione solo in un angolo della grande stanza, il WC. dell’autrice e dell’editore)


Il visionario

La storia del monaco taumaturgo Rasputin, un contadino che dalla profonda steppa russa raggiunse la corte degli zar. Una figura controversa che continua ad affascinare... di Fabiana Testori

“RA RA RASPUTIN / Lover of the Russian queen / There was magnetico e poi aiutò lo zarevic durante molte crisi, gli a cat that really was gone RA RA RASPUTIN” cantava alla si sedeva accanto, gli raccontava le favole russe e il picfine degli anni settanta il gruppo pop Boney M. e così colo si calmava, le ferite si rimarginavano. L’imperatrice riportava alla ribalta, anche in Unione Sovietica, la con- credulona gridava al miracolo conferendo a Rasputin tesa figura del monaco amico degli zar, Grigorij Rasputin. sempre più incarichi e trasformando il monaco contaSarà un caso ma il 30 dicembre 2010 a San Pietroburgo dino nell’eminenza grigia alla corte degli zar. moriva Bobby Farrell, il solista dei Boney M., proprio come Rasputin, lo stesso giorno Colui che non vuole morire e nella stessa città ottantaquattro Nel 1914 scoppiò la guerra, Rasputin anni dopo... pronosticò degli effetti nefasti su tutLa storia di Grigorij Efimovic Rasputa la Russia ma lo zar Nicola II decise tin – contadino, monaco, visionadi non ascoltarlo e nel 1915 partì per rio, mistico, guaritore, consigliere il fronte lasciando la moglie in balia della famiglia imperiale – a quasi del mistico guaritore. Alexandra, sotcent’anni dalla sua morte continua to l’influsso del monaco, imponeva ad affascinare. Lo dimostrano le continui cambi di governo innervoesposizioni, i saggi e i film realizzati sendo il resto dell’establishment. La nell’ultimo secolo; fra i più recenti stessa imperatrice madre di Russia, il Rasputin del 2011 interpretato Maria Fjodorovna, figlia della regina dall’ormai cittadino russo Gérard Luisa di Danimarca e madre di NicoDepardieu e un prossimo lungomela II, scriveva nei propri diari: “Me ne traggio impersonato probabilmente vado, perché non sopporto più lo spirito da Leonardo Di Caprio. maligno di Rasputin. Regna a corte, Nato nel villaggio di Pokrovskoe, insidia mia nuora, ha costretto Nicola situato a circa cento chilometri a ad assumere il comando dell’esercito. I est di Tjumen’ nel Governatorato nostri nemici vedranno così che a regnaRasputin nel 1914-16 (da wikipedia.org) di Tobol’sk (Siberia sudoccidentare è Rasputin”. Si giunse quindi alla le), si pensa, il 21 gennaio 1869 congiura per uccidere il taumaturgo, e morto assassinato il 30 dicembre 1916 nella capitale orchestrata dal granduca Pavlovic e dal principe Jusupov. dell’impero, il taumaturgo russo resta un personaggio Invitato a una cena a casa di Jusupov – il palazzo barocco controverso ed enigmatico sia nella propria terra sia è tutt’oggi presente sulle rive della Neva – lo avvelenarono all’estero. Bugiardo e volgare ciarlatano per alcuni, per- con il cianuro, ma sembra che il veleno non avesse nessun fino il nome lo suggerisce (“rasputni” in russo significa influsso sul monaco e fu necessario finirlo con diversi colpi imbroglione, dissoluto), mistico guaritore dagli influenti di pistola, prima di gettarlo nel fiume. Distrutti dal dolore, poteri psicologici per altri, il contadino semi analfabeta gli zar lo seppellirono nel parco di Carskoe Selo, dove si fece strada e dalla dura steppa russa arrivò fino alla corte trova il palazzo di Caterina. Dopo la rivoluzione del ’17, degli zar, conquistando la fiducia, e secondo le leggende, alcuni soldati violarono la tomba e gettarono benzina sul addirittura il cuore, della zarina Alexandra Romanova. cadavere. Si dice che i resti bruciarono per molte ore prima In città correva voce che un monaco compisse prodigi, di trasformarsi in cenere. in tanti accorrevano, fra loro gran parte dell’aristocrazia Con la morte di Rasputin e in seguito di tutta la famiglia e membri del governo. imperiale, sterminata dai bolscevichi a Ekaterinburg, termiFu così che perfino l’imperatrice di origine tedesca, non nò un’epoca e iniziò per la grande Russia una fase fatta di amata dai russi, gli aprì le porte dei palazzi imperiali nuove sofferenze. Va detto che leggende e santoni prolifenella speranza che potesse guarire suo figlio, il piccolo rano anche nella moderna Russia capitalista. Il popolo russo Aleksej, malato di emofilia, il “male dei re”. Una piccola è affascinato dall’intrigo, dal mistero e dalle maledizioni e le ferita, una caduta e l’emorragia si espandeva. Medici riproduce tutt’ora individuando confessori e guaritori anche e guaritori non ottenevano alcun risultato. Rasputin attorno all’attuale presidente Vladimir Putin: si tratta di invece, da subito, stregò la zarina con il suo sguardo folklore, oppure di un’altra storia?

Mundus 9


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ono un tipo molto ottimista, entusiasta, di mentalità aperta, timido ma allo stesso tempo socievole e disponibile. A 19 anni, seguendo la mia passione per gli astri, ho frequentato un anno al Poli di Zurigo in Fisica, ma non era la mia strada... Lo sport, da sempre al centro della mia vita, continuava a chiamarmi. Allora, ho lasciato gli studi per dedicarmi alla carriera da snowboard professionista. Ci ho provato per un po’, raggiungendo i primi traguardi a livello ticinese ma poi, la famiglia che mi spingeva a scegliere una strada più sicura e un infortunio hanno modificato la rotta portandomi a studiare scienze dello sport a Losanna. Il movimento è da sempre il mio mezzo espressivo… Dai 7 anni fino ai 15 ho fatto ginnastica artistica raggiungendo ottimi risultati a livello svizzero, con un terzo e un quarto posto. Prima, durante e dopo ho sempre praticato molti altri sport, dal pattinaggio artistico al nuoto, dal judo al tennis fino all’atletica e al basket. La ginnastica in particolare ha rappresentato una vera scuola di vita. È una disciplina dura che richiede fino a cinque allenamenti a settimana, in cambio però, forma il carattere e offre un approccio al movimento polivalente. Quando ho lasciato quella struttura, avevo 15 anni e mi sono sentito perso, e anche oggi so che con una struttura alle spalle riesco a dare il meglio. La mia passione per il movimento ha trovato un canale espressivo con la formazione in scienze dello sport che mi ha aperto le porte al mio ruolo attuale... Durante l’università infatti, ho iniziato a collaborare con la Nazionale svizzera di snowboard freestyle dedicando tutte le ricerche a una disciplina che amo. Da cosa nasce cosa e, da quattro anni, sono il preparatore atletico della Nazionale di snowboard. All’inizio non è stato evidente. Giungendo dal mondo della ginnastica, dove l’allenatore impartisce gli ordini e tutti eseguono, sono approdato tra i giovani talenti dello snowboard svizzero e mondiale che vogliono sapere il perché di tutto quello che gli fai fare e spesso hanno un carattere battagliero. Lo stesso carattere che, se gestito nel modo giusto, li porta sul podio. Non sono persone comuni e hanno anche un’attitudine artistica. Io li definisco super atleti perché oltre all’ottima forma fisica e alle capacità acrobatiche, per eccellere, devono anche avere un lato creativo

e libero. Oggi, a ogni discesa, l’atleta rischia la vita e quindi bisogna fare tutto il possibile perché sia al top della forma fisica e mentale. Come preparatore atletico mi sento molto responsabile in questo senso e ogni anno li rendo consapevoli dell’importanza di preparare il fisico al meglio. I primi tempi è stata una sfida lavorare con dei ragazzi che erano tesi a realizzare un sogno che io non avevo raggiunto. Ma poi, poco a poco, il fatto di poter contribuire ai loro successi si è trasformato in gioia. Se 14 anni fa pensavo solo allo snowboard ora in testa ho anche altri interessi… Mi sono avvicinato al surf e amo moltissimo l’arrampicata e il bouldering, che considero tra gli sport più completi. A livello fisico arrampicare stimola forza, resistenza e mobilità. A livello tecnico richiede grande coordinazione. L’arrampicata poi ti insegna a credere in te stesso, a essere determinato e a gestire in modo consapevole e maturo le emozioni. Anche l’aspetto meditativo è molto importante: quando arrampico ho la mente totalmente libera e sono qui e ora! Come amante della natura adoro gli sport praticabili all’aperto e il Ticino è pieno di falesie meravigliose e di settori di bouldering conosciuti a livello mondiale e non. Se penso ai miei progetti di vita a corto termine mi piacerebbe promuovere lo snowboard in Ticino ideando e coordinando gli eventi nelle diverse stazioni sciistiche. A lungo termine invece, vorrei far nascere un’azienda del movimento con l’obiettivo di creare e promuovere la cultura dello sport in Ticino. In questo momento tengo anche a esprimere la mia gratitudine verso le persone che hanno riempito il mio cammino di amore e allegria. Ringrazio i miei genitori che mi sostengono in tutte le mie scelte. Il mio primo allenatore di ginnastica artistica, Amodio de Respinis, che mi ha fatto crescere enormemente come persona. Marco Bruni, coach di Iouri Podladtchikov, e Pepe Regazzi, head coach della Nazionale di snowboard, per avermi sin da subito dato la loro fiducia e avermi voluto nel team. Iouri Podladtchikov per avermi permesso di vivere e condividere il sogno di ogni allenatore e preparatore atletico: la medaglia d’oro olimpica.

DIEGO SCHÜTZ

Vitae 10

Ha fatto dello sport e del movimento il suo mezzo espressivo, fino a diventare preparatore della Nazionale di snowboard freestyle

testimonianza raccolta da Keri Gonzato fotografia ©Flavia Leuenberger


di Keri Gonzato; fotografie ©Reza Khatir

“Il segreto del tango sta in quell’istante di improvvisazione che si crea tra passo e passo. Rendere l’impossibile una cosa possibile: ballare il silenzio” (Carlos Gavito)


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ue corpi, scivolano sinuosi nello spazio. Sono in simbiosi, il piede di lei segue quello di lui, i fianchi combaciano. Una musica struggente, malinconica e al contempo calda permea l’atmosfera. Il mio sguardo si perde e il mio cuore fonde in quel ritmo. Accade ogni volta che osservo una coppia ballare il suo tango. In quel momento, ogni altra cosa viene a cadere ed esiste solo la danza. Lo sguardo segue la luce e l’ombra di ogni movimento. In una serata di tango, che sia in Argentina o in Europa, la stessa magia si riproduce. Ricordo con emozione la Milonga, sala da ballo tradizionale dedicata al tango, che mi ha catturata proprio a Buenos Aires, i cui quartieri popolari assieme a quelli di Montevideo diedero vita al ballo all’inizio del novecento. Con lo stesso piacere, ricordo i ballerini degli incontri estivi organizzati sul lungo lago di Lugano. L’armonia di due corpi che si incontrano in un ritmo è universale.

Alchimia dei corpi Come la vita, un tango è fatto di “movimenti fluidi e mai uguali”, dice Grazia Tamagno. Sulla pista arriva la prima coppia a cui si unisce la seconda, poi la terza e via così… Ognuna è un mondo a sé stante, un dialogo intimo a due, in continua trasformazione. Al contempo, questi duetti, che sfrecciano uno a fianco all’altro senza mai toccarsi, paiono uniti in una coreografia spontanea. Un caleidoscopio di passi, forme, anime, desideri sussurrati e sogni arabescati. Un mondo che si articola tra la precisione e l’improvvisazione. Un disegno che rende l’invisibile manifesto, trasformando l’emozione in danza. (...)

note Le fotografie presenti in queste pagine, realizzate in un ambiente con luci soffuse e piuttosto buio, hanno richiesto un’elevata sensibilità (nello specifico a 12.000 ISO). ISO è l’unità di misura della sensibilità della pellicola; un valore di 12.000 è indispensabile in condizioni di scarsa luminosità. Le immagini sono state realizzate lo scorso sabato 28 marzo all’Asilo Ciani di Lugano, durante una serata di tango degli anni ’30 organizzata da Amitango Ticino.

Reza Khatir Nato a Teheran nel 1951 è fotografo dal 1978. Ha collaborato con numerose testate nazionali e internazionali. Ha vissuto a Parigi e Londra; oggi risiede a Minusio ed è, fra le altre cose, docente presso la SUPSI. khatir.com




Andrea

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Se ti fermi anche solo un attimo a osservare le movenze dei ballerini è già troppo tardi. Resti impigliato in un incantesimo. E l‘aspetto che ogni volta mi sorprende è che l’età dei ballerini, la loro esperienza, siano questi amatori o professionisti, non ha alcuna importanza. Il fascino dell’incontro di un uomo con una donna, due polarità che giocano con i ritmi, talvolta lenti altre concitati di un tango di Astor Piazzolla, ha sempre un potere magnetico. Anzi, oserei dire che… quanto più un tango nasce dal cuore dei due ballerini e racconta una storia di complicità, intimità e passione tanto più ti rapisce. I virtuosismi tecnici sono solo un màs. L’ingrediente imprescindibile è l’alchimia tra lei e lui che diventa visibile nel movimento… Perché, come spiega magnificamente Miguel Àngel Zotto, “il tango non è maschio, è coppia: cinquanta per cento uomo e cinquanta donna, anche se il passo più importante, l’«otto», che è come il cuore del tango, lo fa la donna. Nessuna danza popolare raggiunge lo stesso livello di comunicazione tra i corpi: emozione, energia, respirazione, abbraccio, palpitazione. Un circolo virtuoso che consente poi l’improvvisazione”. Un dialogo musicale Forse questa fascinazione, mia e non solo, ha una ragione specifica. Chissà… Di certo il sangue che scorreva nelle vene dei maggiori compositori di musica nei primi decenni del secolo scorso non era tanto diverso dal nostro. Da Osvaldo Pugliese a Francisco De Caro, i cui cognomi non lasciano spazio all’immaginazione, questi musicisti erano figli di italiani immigrati in Argentina. Il bandoneón invece, fu introdotto dagli emigranti tedeschi in Argentina dove era destinato a diventare il simbolo del tango. Le connessioni di questo mondo musicale con l’Europa sono molteplici. Il tango è nato dal fermento, dai sogni e dalle emozioni di una moltitudine di emigranti che si sono ritrovati a convivere nelle terre del sud. Italiani, tedeschi e spagnoli si mescolarono alla popolazione locale e alle comunità di origine africana arrivate dal Centro America dando origine a un dialogo musicale. Si dice che il tango fosse la loro ricerca d’identità, una ricerca percorsa a passi di danza… Un linguaggio fatto di corpo, ritmo e poesia dichiarato patrimonio mondiale dell’umanità dall’Unesco nel 2009: un riconoscimento ai tanti coreografi, parolieri, compositori, ballerini e appassionati di tutto il mondo che continuano a incantarci rinnovando, giorno dopo giorno, la magia di questa danza.

per informazioni In Ticino esistono per gli appassionati di tango, numerosi club e quattro scuole principali che offrono regolarmente corsi e altre occasioni di incontro. L’organizzazione Amitango raggruppa gli appassionati sul territorio (amitango.ch). Segnaliamo inoltre che dal 3 al 7 giugno si terrà il Festival LuganoTango 2015 (festivaluganotango.ch).

Manuela

scuole nel cantone vincenzoeadriana.ch (Losone e Giubiasco); tangozuppus.ch (Locarno); lacasadeltango.ch (Giubiasco, Lugano, Mendrisio, Porlezza); newstyledance.ch (Lugano-Besso)


La leggenda del bambù autore anonimo illustrazione ©Ursula Bucher

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i racconta che in un villaggio della Cina, tantissimi anni fa, venne un’alluvione catastrofica che distrusse case e raccolti. Una bimba senza casa, disperata per la fame e la povertà, inginocchiata in mezzo al suo piccolo campo devastato, invocò l’aiuto del Dio del Cielo. Questo apparve e le chiese: “Di cosa hai bisogno?” “Di tutto: non ho più nulla”, rispose la bimba. “Ma io posso farti un dono soltanto”, disse Dio. “Mi basta; a patto però che mi dia tutto il necessario.” Il giorno dopo, nel campo della bimba apparve una piantina mai vista prima. Come iniziò a crescere provocò molta delusione perché produceva soltanto esili cannucce. I contadini vicini di casa prendevano in giro la bambina: “Ma come, il Dio del Cielo ti ha fatto un così misero dono? A che può servirti?” Ma la bambina rispondeva sorridendo: “Io sono certa che quel dono soddisferà non solo i miei bisogni, ma anche tutti i vostri”. Infatti, in breve tempo, le esili cannucce della pianta diventarono robustissime e gigantesche. Su invito della bimba generosa, che subito donò getti della sua pianta a tutti, gli abitanti del villaggio usarono quelle canne per costruire i tetti delle case, i paraventi, le stuoie, i mobili. E poi gli aratri, i cappelli per ripararsi dal sole e dalla pioggia, i bastoni per sorreggere i secchi e gli anziani, le culle per i neonati, le ceste per trasportare il raccolto e altre mille cose. Infine la bimba scoprì che i germogli di quella pianta erano anche ottimi da mangiare.

Per questo ancora oggi i cinesi considerano il bambù “pianta nazionale”, indispensabile come il riso alla loro vita, in tutta l’Asia. La storia qui presentata è stata pubblicata in I lumi dei nonni (volume oggi esaurito), edito dalle edizioni Nonsolostorie nel 2007. Si ringrazia l’associazione ABBA - Abbastanza per tutti (abba-ch.org) per la gentile concessione. Tutti i diritti sono riservati.


Una faccenda di naso Tendenze p. 41 | di Marisa Gorza

È

tutta colpa della letteratura del secolo scorso se i nasini all’insù fanno parte di un certo canone estetico femminile. Pagine narrative che li hanno descritti irresistibili, benché impertinenti. Basti citare la signorina Anita delle Novelle per un anno di Pirandello con il suo nasetto capriccioso e volubile come il suo temperamento o le “donnine con un cappellino rosso in testa” capaci di rallegrare la grigia vita del pianista Z. ne La Sorella di Sàndor Màrai, oppure le spavalde protagoniste dei romanzi di Pitigrilli... Beh, sull’adagio “il naso delle belle guarda le stelle”, vero o meno che sia, molti chirurgi plastici ci hanno costruito dei bei patrimoni. Marlène Dietrich fu la vera pioniera dell’epoca: si fece operare nel 1929. Dopo di che ci fu un’invasione di nasi indistinguibili, tutti graziosissimi e perfettamente clonati, creati ad hoc per ragazze garrule e signore bene in cerca di connotati spiritosi e rivolti all’insù. Tutte uguali! Fin tanto che negli anni ottanta le donne si rivelano volitive e in carriera e i nasi diventano diritti, ma rimangono rifatti e... tutti uguali, per molto tempo. Ed ora? Finalmente è arrivata Amail Alamuddin Clooney, una bella donna con tanta classe e con un naso non precisamente minuscolo, aggiustato da un make up fatto di correttori su punta e dorso. Tanto un magnifico sorriso le illumina il volto adamantino. A pensarci bene nemmeno la mitica Sofia Loren ha un nasino omologato, ma con intelligente lungimiranza, si è tenuta il profilo aquilino, sapientemente smussato dal trucco. E come non ricordare in questa sede Barbra Streisand, apprezzatissima per l’incredibile voce, ma criticata qualche decennio fa per il naso autorevole che tutti volevano venisse scalpellato e ratificato. Lei niente, imperterrita esigeva che il successo le irridesse con i suoi veri lineamenti. I tempi le hanno dato ragione e tutto questo dovrebbe farvi desistere da propositi drastici e invasivi. Tuttavia se il vostro naso non vi fosse del tutto gradito perché non chiedere un aiutino a Morena Musi, make up artist di Olfattorio, sempre disponibile a elargire i suoi preziosi consigli beauty? “I nasi «troppo» rappresentano un problema risolvibile senza ricorrere all’esosa e impegnativa chirurgia plastica. Del resto i canoni estetici attuali puntano più sul carattere personale dei tratti del viso che sulla loro piatta omologazione”, conferma Morena che ci dà alcuni consigli per un effetto “naso ridimensionato”.

Qualche consiglio tecnico 1. Cominciamo con una cipria translucida per fissare ogni passaggio e uniformare la carnagione. Ottima la Poudre Libre Dermophile color Banane di T.LeClerc. 2. Poi della stessa maison una Poudre Compacte color Cannelle, perfettamente neutra, priva di toni dominanti rossi o gialli. 3. Quindi un correttore professionale illuminante in stick dal texture morbidissimo. Scegliamo la tonalità Clair. 4. È indispensabile uno speciale pennello piatto per sfumare meticolosamente la Poudre più scura. Va benissimo il Petite Modèle n°8, sempre di T.LeClerc. Nel caso di un naso aquilino, prima di procedere alla correzione dei lineamenti interessati si stende l’abituale fondo tinta su tutto il volto. Per questo tipo di prominenza è indispensabile un tocco di correttore illuminante (un tono più chiaro della tinta base) nella tipica zona rientrata e perciò in ombra, che si trova tra l’attaccatura del naso e le sopracciglia. Si fissa con una spolverata di Poudre Banane. Si agisce poi sul dorso, cioè sulla gobbetta ed eventualmente sulla punta con la Poudre Compatte color Cannelle (più o meno di un tono più scuro della base) cercando di sfumare bene con l’apposito pennellino. In caso di un naso un po’ largo, la zona da illuminare è il dorso, mentre vanno scurite le ali dello stesso. La strategia è quella di giocare con il chiaro-scuro, mimetizzando al massimo gli inestetismi. Per il naso asimmetrico o storto si deve creare una nuova linea diritta sfumando sull’irregolarità la Poudre Compacte scura, mentre la zona rientrante va schiarita con lo stick illuminante. Con questa tecnica, denominata contouring si affila pure quello troppo tondo, scurendone la zona delle narici. Perizia che può essere usata anche per le altre zone del viso. Per esempio, per assottigliare le guance o per mimetizzare un mento troppo pronunciato, o al contrario, per far risaltare gli zigomi con un tocco di luce. Riassumendo, il segreto è quello di illuminare le zone rientranti e di adombrare quelle sporgenti. Così il chirurgo estetico può attendere...


La domanda della settimana

I recenti fatti avvenuti nella partita tra Basilea e Zurigo ripropongono il problema del tifo violento in Svizzera. Secondo voi, le società sportive fanno sufficiente prevenzione?

Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro mercoledì 29 aprile. I risultati appariranno sul numero 19 di Ticinosette.

Al quesito “Negli ultimi 12 mesi avete frequentato e/o giocato in uno dei casinò presenti in Ticino?” avete risposto:

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Astri ariete Profonda metamorfosi evolutiva. Momento ideale per un’espansione della coscienza. Grandi opportunità professionali per i nati nella seconda decade.

toro Periodo favorevole a concorsi, esami, colloqui professionali e attività culturali in genere. Assai vivaci le giornate comprese tra il 29 e il 30 aprile.

gemelli Nuovo assetto per gli equilibri sentimentali. Ansie. Attenti a non esagerare con il cibo. Crescita dell’eros. Cautela per i nati nella prima decade.

cancro Il transito di Mercurio favorirà la risoluzione di una controversia grazie a un’accorta negoziazione. Frenetici i nati nella seconda decade.

leone Comunicazioni disturbate. Un mancato accordo in ordine alla gestione del patrimonio familiare potrebbe nuocervi nella quotidianità. Prudenza alla guida.

vergine Stravizi ed esagerazioni. Scarsa resistenza verso le tentazioni. Forte aumento degli appetiti sessuali. Particolarmente vivaci tra il 29 e il 30 aprile.

bilancia Evoluzione spirituale. Un incontro proveniente dal passato proietta una luce nuova sui vostri spazi oscuri. Novità e guadagni intorno al 27 aprile.

scorpione I rapporti familiari potrebbero essere disturbati da un fiorire di situazioni dettate dall’orgoglio. Particolarmente irascibili tra il 26 e il 27 aprile.

sagittario Stravizi sessuali per i nati nella prima decade stimolati dal transito di Venere e attratti da persone di età diversa. Spese per la casa. Bene tra il 26 e il 27.

capricorno Momento ideale per la vita sentimentale. Lusso e mondanità. Un’importante occasione in campo finanziario. Intuitivi i nati nella prima decade.

acquario I rapporti familiari con parenti e affini disturbati dal transito di Mercurio. Saturno favorisce la progettualità. Scatti d’orgoglio tra il 26 e il 27.

pesci Venere trasgressiva per i nati nella seconda decade. Cercate nuovi stimoli e distrazioni. Opportunità professionali. Sbalzi umorali tra il 28 e il 29.


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La soluzione verrà pubblicata sul numero 19

Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro mercoledì 29 aprile e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 28 aprile a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!

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Orizzontali 1. La benedizione pasquale del Papa • 10. Nulla • 11. Insieme a… • 12. Il nome di Celentano • 14. Poste e Telefoni • 15. Vivono in solitudine • 17. Starnazza • 18. Vi sosta la carovana • 19. Pira • 21. Uggia, noia • 23. La Grecia antica • 25. Il pupo dell’Iris • 26. Vocali in balocchi • 27. Li portano i Re Magi • 28. Fa palpitare il cuore • 30. Tiro centrale • 31. Oriente • 33. Quella Antonelliana svetta su Torino • 35. Vero, concreto • 37. Preposizione semplice • 39. Le iniziali di Montanelli • 40. Lo usa il pompiere • 43. Questa cosa • 45. Dittongo in cauto • 46. Atmosfera in breve • 47. Lo stato governato dalla Merkel • 50. Coccolano i nipotini • 52. Attori muti • 53. Camere mortuarie • 54. Gola centrale. Verticali 1. Noto film del 1994 di V. Schivazappa • 2. Buffo, comico • 3. Vessata, presa di mira • 4. Delfino di fiume • 5. Un idrocarburo • 6. Provate, arrischiate • 7. Responsabilità Civile • 8. Raul, poeta brasiliano • 9. Minacciare • 13. Son ghiotte di miele • 16. Intacca la vite • 20. Dittongo in boato • 22. Atomi • 24. È simile al cammello • 27. Foce • 29. I confini di Roveredo • 32. Chicchi fruttuosi • 34. Opera di Verdi • 36. Avverbio di luogo • 38. Istante • 41. Il liquore della Giamaica • 42. La posta in rete • 44. Ciascuno • 48. Pari in legnate • 49. Uncini da pesca • 51. Fiume russo.

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Questa settimana ci sono in palio 100.– franchi in contanti!

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La soluzione del Concorso apparso il 10 aprile è: UNGULATO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stato sorteggiato: Piercarlo Lazzaroni 6982 Agno Al vincitore facciamo i nostri complimenti!

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Tre secondi non hanno mai avuto un gusto così buono.

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