№ 20 del 15 maggio 2015 · con Teleradio dal 17 al 23 mag.
MARIGNANO 1515
Una docufiction in programmazione il prossimo settembre alla rsi racconterà uno degli eventi fondanti della storia elvetica
Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–
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Offerta valida dal 12. 5 al 16. 5. 2015. Non cumulabile con altri sconti o riduzioni.
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16.04.15 13:38
Ticinosette allegato settimanale N° 20 del 15.05.2015
Media Televisione. Conti al ribasso Letture Diabete. Senza paura
Impressum
Marco Jeitziner ...........................................
4
roberto roveda ..............................................
6
redazione ...............................................
7
Francesca rigotti ..................................
8
giancarlo Fornasier ...........................
9
Agorà Sicurezza. Gli occhi su Lugano di
di
a cura della
Memorie Cibo e pensiero. Ginevra 1978
Tiratura controllata
Cucina Slow Food. Il salame di Coira
Chiusura redazionale
Vitae Nelda Bulloni
Editore
Reportage RSI. I giganti di Marignano
67’470 copie
Venerdì 8 maggio Teleradio 7 SA Muzzano
Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
Photo editor
di
di
a cura di
elisabetta bacchetta ..............................................................
10
n. Fioretti; Foto di F. leuenberger ............
35
gilberto luvini ..................................
40
Marisa gorza ...........................................
41
Svaghi ....................................................................................................................
42
di
Concorso fotografico La foto del mese Tendenze Fuorisalone. Abitare verde
di
di
Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook
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(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona
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In copertina
Massimo Foschi nei panni di Gian Giacomo Trivulzio Foto ©RSI, Flavia Leuenberger
L’erba del vicino... Alla fine di marzo l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (IARC), organo dell’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) che coordina gli studi in campo oncologico, ha classificato fra le sostanze indicate come “probabili cancerogene” il glifosato, noto come “il diserbante più usato nel mondo”. Oggi il principio attivo serve alla preparazione di almeno 750 erbicidi destinati all’agricoltura, ma anche al giardinaggio e alla cura del verde pubblico. Lo stesso principio è presente nel diserbante “Roundup” (sin dal 1975 prodotto dalla multinazionale di mais e soya geneticamente modificati Monsanto), tra i marchi in commercio più diffusi a livello mondiale. Naturalmente i risultati della ricerca condotta dallo IARC (e pubblicata sul prestigioso The Lancet Oncology) hanno fatto il giro del mondo, contrapponendo i rischi della salute e dell’inquinamento di acque e suolo agli interessi della Monsanto e delle colture geneticamente modificate: perché nello sviluppare le sue sementi, la multinazionale ha naturalmente modificato i geni delle piante per fare in modo che le stesse non subiscano danni nella fase di crescita e produzione una volta a contatto con gli erbicidi (che loro stessi producono). Si pensi che nei soli Stati Uniti nel 2012 sono state utilizzate per uso agricolo 127mila tonnellate di glifosato e in Francia nel 2011 oltre 8mila tonnellate. In un comunicato stampa del 4 maggio scorso (“Glifosato: sradichiamolo dai nostri giardini!”), l’Associazione consumatrici e
consumatori della Svizzera italiana (ACSI) e i loro colleghi dell’Alleanza delle organizzazioni dei consumatori (FRC, SKS) chiedono “ai distributori e agli Uffici federali competenti di ritirare dai reparti di giardinaggio i diserbanti a base di glifosato. L’ACSI invita pure i giardinieri amatoriali che si preoccupano della propria salute a non utilizzare più gli erbicidi a base di glifosato e a riportare nei punti di vendita quelli che hanno già in casa”. Anche in Svizzera il glifosato è presente in numerosi prodotti di giardinaggio disponibili nei maggiori negozi. Come fatto notare dagli stessi ricercatori e riportato nel comunicato dell’ACSI, sono “gli utilizzatori, che vengono in contatto diretto con questo prodotto i primi a essere toccati, in particolare i giardinieri amatoriali che utilizzano questi diserbanti, sotto forma di spray”. Tanto che, come dicevamo, le associazioni dei consumatori hanno scritto all’Ufficio federale dell’agricoltura (UFAG) e all’Ufficio della sicurezza alimentare e affari veterinari (USAV) “affinché ritirino, a scopo precauzionale, le autorizzazioni di vendita di questi prodotti”. Inoltre, hanno invitato distributori e grandi magazzini presenti in Svizzera affinché li “ritirino dal loro assortimento (...) e che riprendano i prodotti riportati dai consumatori per dimostrare concretamente il loro impegno in favore della salute dei consumatori e dell’ambiente”. Una lista (non esaustiva) di alcuni prodotti contenenti glifosato venduti in Svizzera è presente sul sito internet dell’ACSI (acsi.ch). Buona lettura, Giancarlo Fornasier
Gli occhi su Lugano Videosorveglianza. Come e perché è nato il progetto “SecurCity”? È stato discusso in modo democratico? Si basa su dati oggettivi? E la tecnologia è davvero affidabile come si vuol far credere? di Marco Jeitziner; elaborazione fotografica ©Matteo Fieni
D
a alcuni mesi è operativo a Lugano il progetto di videosorveglianza “SecurCity”, voluto per motivi di sicurezza nel 2009 dall’ex municipio a maggioranza leghista-liberale. In aprile è stato presentato dal comune e dalla polizia, e sembra che vi sia molta euforia e grandi aspettative a riguardo. Ma cosa dobbiamo davvero aspettarci? E come si è arrivati a questa decisione? E perché la Gran Bretagna, che ha il record mondiale di telecamere su suolo pubblico, già nel 2005 concludeva che “la videosorveglianza (…) è costata ingenti somme di denaro e non ha generato i vantaggi previsti”1, mentre a Lugano si pensa il contrario?
Agorà 4
La polizia ci crede Avevamo incontrato a metà dicembre il comandante della polizia comunale Roberto Torrente che ci ha detto: “abbiamo 68 telecamere per il traffico su Lugano, fino a Savosa e verso Vezia, rispettivamente 72 riservate soltanto per la sicurezza, di cui il 95% si trova in centro nella zona pedonale”. Verranno poi integrati i circuiti video di negozi, autosilo, immobili privati; installate delle “body-cam” sull’uniforme degli agenti e ci saranno “le telecamere anche sulle nostre macchine quando si inseriscono i fari blu di emergenza. Ci permettono così di poter disporre, in caso di necessità, di un documento sullo stato di quanto constatato al momento in cui la pattuglia è giunta sul luogo dell’intervento. Non da ultimo, se capitano degli incidenti, si può ricostruire qual è stata la dinamica e di chi è la colpa” ha spiegato Torrente. Secondo la polizia il sistema, costato 3,5 milioni di franchi, manutenzione esclusa, è utile e il numero di telecamere “è proporzionale all’obiettivo che si vuole raggiungere: se voglio essere efficace devo disporre di un sistema in grado di coprire le vie di accesso e di fuga, quindi per forza bisogna installare le telecamere che mi permettono di verificare cosa è successo”. Sempre più controllo Per Eric Töpfer dell’Università Tecnica di Berlino ci sono almeno tre motivi2 per cui anche Lugano crede in questo sistema: un “nuovo paradigma” (si pensa che il reato non dipenda più dal singolo, ma si generi presso gruppi o luoghi specifici), il “city branding” (si valorizza una città col tema della sicurezza), un “decentramento” di competenze (lo stato delega il compito ai comuni). Resta il problema della privacy e del controllo. Nel primo caso, Torrente ci ha detto che “abbiamo un regolamento, il municipio delega a me il compito di salvaguardarne l’uso corretto, cioè su richiesta del magistrato o della polizia cantonale a scopo d’inchiesta, oppure del servizio
giuridico della città per eseguire delle contravvenzioni municipali”. Questo regolamento venne abbozzato nel 2006: si parlò di 48 ore di tempo per conservare le immagini3, ma nel 2007 si decise per 100 ore4. Ora Torrente ci dice che sarebbero auspicabili persino 100 giorni… Per quanto concerne la “privacy”, la polizia non vede molta differenza tra spazi pubblici e privati. Dice Torrente: “se andiamo al casinò ci sono decine di telecamere che ci osservano, nei grandi magazzini altrettante, ai distributori di benzina, presso i bancomat, ecc. La nostra vita, su suolo privato, è già tutta videosorvegliata, ma se lo facciamo sulla pubblica via per garantire maggiore sicurezza, paradossalmente siamo criticati, quando nessuno critica le telecamere nei negozi”. Come dice Richard de Mulder, dell’Università di Rotterdam5, “sorvegliare i cittadini: nessun problema… ma chi sorveglia i sorveglianti?”. Una domanda opportuna in Ticino: questa figura indipendente è vacante dalla scomparsa dell’ex reponsabile Michele Albertini. Chi sta controllando i comuni e la polizia? A quando un sostituto? Dipingere un quadro L’accettazione di una minore libertà (maggiore controllo) in cambio di una maggiore (auspicata) sicurezza, crediamo dipenda dal grado di democrazia e di indipendenza del processo politico. “SecurCity” si basa tuttavia sulla consulenza di una “primaria società esperta del settore”6, quindi non indipendente. Domanda: avrà dipinto un quadro realistico o uno più pericoloso della realtà? Ce lo chiediamo perché nel testo municipale non c’era un solo dato criminologico serio, dato che “la statistica non ci permette di suddividere ancora i diversi reati per i singoli quartieri”, dirà l’ex municipio alla Commissione della gestione. Come poteva l’ex municipio dire che “è quindi possibile e probabile che i dati forniti (sui crimini, ndr.) possano solo essere ritoccati verso l’alto”? Oggi non a caso le sole “persone controllate” dalla polizia di Lugano dal 2010 al 2013 smentiscono questa tesi7. Così come viene contraddetta tale visione nel 2012 dallo stesso municipio, che definisce Lugano il “primo centro urbano più sicuro della Svizzera” e “la prima città ticinese con meno reati legati al consumo e spaccio di stupefacenti”8. E ancora, si disse9 di aver “affrontato e discusso in modo comune ed efficace” il tema, raccogliendo le “sollecitazioni” dei commercianti e prendendo atto del “sentimento di insicurezza espressa dai cittadini su fatti criminosi recenti (via Nassa, Loreto, Paradiso ecc.)”. Ma si fecero dei dibattiti pubblici o nei quartieri, come auspica la “Carta europea
per un utilizzo democratico della videosorveglianza”10? Se sì, vennero ascoltati tutti i cittadini o solo quelli delle vie e dei quartieri della cosiddetta “Lugano bene”? Libertà e democrazia Dei pochi dati sui reati in città, vennero forniti proprio quelli sulla centralissima via Nassa, sede di negozi e marchi di lusso. Dell’intera città si sapeva soltanto che, dal 2005 al 2009, ha conosciuto circa 15mila reati (aggressioni, furti, vie di fatto, rapine), di cui solo il 23% nel centro. Degli altri quartieri, nulla. Le paure dei commercianti furono quindi centrali. Infatti, mentre il consiglio comunale ancora cercava di capirci qualcosa del progetto, inviarono ai politici comunali una lettera11 assai perentoria. Vi si legge che, oltre al diritto di essere tutelati come contribuenti, poiché “riteniamo di vivere in un paese libero e democratico”, i negozianti “faranno il possibile affinchè il progetto SecurCity sia portato a termine”, perciò “sia chiaro a tutti i membri della Commissione della Gestione che, ostacolando il progetto SecurCity, si assumono una grossa e pesante responsabilità”. Ma a quale libertà e a quale democrazia si alludeva? Forse a quella che, sempre nel 2009 e con l’appoggio dell’ex sindaco, condusse all’allontanamento di alcuni profughi alloggiati in un albergo della via12? O forse a quella del 2014 che indusse un negozio a cacciare dalla pubblica via un suonatore ambulante13? Questioni di proporzione Di fatto le telecamere oggi sono quasi il triplo delle 35 di cui si parlava nel 2009 per la “sola area centrale della città”. La superficie della zona pedonale venne espressa in metri quadrati (“circa 180.000 mq”): forse perché 0,18 chilometri quadrati potevano dare l’idea di un’area esigua? Vorremmo capire di quale “proporzionalità” si sta parlando. Nel 2006 l’ex municipio affermava che “va evitata la rilevazione di dati in aree o attività che non sono soggette a reali e concreti pericoli”, ma poi questo concetto scomparve dal regolamento del 2007, ancora oggi in vigore. Perché? Forse perché così si sarebbe potuto sorvegliare, qualora lo si valutasse necessario, anche delle zone tranquille? Be’, è ciò che è avvenuto, malgrado la contrarietà del consiglio comunale, col piazzale delle ex scuole (dietro la pensilina dei bus) frequentato da diversi giovani, zona che per Torrente, ci ha detto, è “a rischio”. Ma quanto è democratico tutto ciò? Che senso può avere, infine, un “confronto” tra abitanti e numero di telecamere a Londra e a Milano con Lugano? Furono considerati dei fattori specifici come la densità abitativa, la dispersione urbana, l’architettura (la densità e la volumetria dell’edilizia) che – va da sé – influenza la visuale e quindi il numero di telecamere? Oppure le abitudini sociali, diurne e notturne, degli abitanti e dei vari quartieri?
Riconoscimento efficace? La tecnologia suscita grandi aspettative. A volte genera inconvenienti che spesso tendiamo a risolvere con altra tecnologia. Succede anche con la videosorveglianza e con le moltissime immagini registrate per analizzare le quali, ci ha detto Torrente, “devo poter disporre di un programma che non mi obblighi a guardare tonnellate di materiale, ore e ore di filmati”. Questo programma, afferma l’azienda fornitrice Dos Group, “(…) permetterà di identificare, classificare e archiviare immagini di persone e oggetti in movimento (…) in base alla richiesta degli agenti (…) e di restituire risultati di ricerca dall’archivio (p. es. «mostra tutte le vetture verdi transitate sulla via il 5 marzo»)”14. Ma quanto possiamo fidarci? La fondazione Electronic Frontier di difesa delle libertà civili, dice che la precisione del software (su base algoritmica e sulla vastità della banca dati) è più una questione di marketing dei fornitori che altro15. L’anno scorso la CBS News ha sollevato parecchi altri dubbi sul riconoscimento facciale in Canada16, e lo stesso ha fatto il Los Angeles Times sulle “body-cam” degli agenti17. Noi stessi abbiamo visto che certe telecamere possono essere inutili a causa di un albero o di un’insegna stradale. Per tutti questi motivi il criminologo inglese Peter Squires è scettico quando il tema finisce nelle mani dei soli politici o delle sole forze di polizia, perché “mostrano interesse a provare qualsiasi nuova tecnologia per il controllo della criminalità18”. Solo la pratica sul terreno dirà se “SecurCity” serve a qualcosa, ma una cosa è certa: con questo “non possiamo prevenire il reato al momento in cui si svolge, ma possiamo ricostruirlo e avere un’ottima chance per perseguire l’autore” dice Torrente. Ma è anche vero che, malgrado le immagini, ci sono parecchie inchieste di polizia irrisolte. note 1 Da “Cittadini, città e videosorveglianza”, Forum europeo di sicurezza urbana (Francia, 2010). 2 Ibid. 1 3 Dal Messaggio municipale 7275 (21.9.2006). 4 Si veda il Regolamento del 12.2.2007. 5 Ibid. 1 6 Dal Rapporto della Commissione della Gestione (14.12.2009). 7 Dati a Consuntivo 2009 e 2013. 8 Dal Consuntivo 2012 della Città di Lugano. 9 Dal messaggio municipale n. 7859 (7 maggio 2009). 10 Ibid. 1 11 http://www.cdt.ch/files/docs/9dae11e43214ffdbff2ea9cf7ac959d8.pdf 12 Ticinonews (31.1.2009). 13 RSI online (10.12.2014). 14 http://momentum.dos-group.com (settembre 2014). 15 “Biometrics: Who’s Watching You?”, eff.org (settembre 2003). 16 “How facial recognition technology is creeping into daily life”, CBC News (8.11.2014). 17 “Growing use of police body cameras raises privacy concerns”, LA Times (27.9.2014). 18 Ibid. 1
Agorà 5
Conti al ribasso
Onnipresente, “lampadato”, rassicurante e paternalistico: Carlo Conti è il re del nazional-banale in TV. Per lui nulla è epocale come la reunion canora di Albano e Romina ed emozionarsi significa stare vis-à-vis con Amanda Lear di Roberto Roveda
Tutto
Media 6
comincia con dubbi capaci di togliere il sonno a chiunque: “che scongelo per stasera? Tiro fuori dal freezer i Camaleonti oppure i Dik Dik? Riscaldo nel microonde Scialpi? Oppure tolgo dalla salamoia Paola e Chiara?”. Certo la sbobba della prima serata è sempre la stessa, ma Carlo Conti sa che gli “ingredienti” contano, che ce ne deve essere un po’ per tutti i gusti e che ogni generazione ha diritto al suo momento revival. Sa essere ecumenico il Nostro, ride a “sessantaquattro denti” a ogni tipo di battuta, scioglie peana in onore di ogni ospite, non dà mai scossoni e rispetta sempre le sue regole auree: mai novità, mai tocchi non dico di genio, ma nemmeno d’inventiva. Lo spettatore è abitudinario, placido e spaventato che qualsivoglia cambiamento riporti sugli schermi Pupo. Soprattutto non va risvegliato dal suo torpore post-prandiale, non deve essere mai illuso che esista qualcosa oltre qualche vecchia gloria – spesso più vecchia che vera gloria – e un gruppetto di sgallettate che si agitano al ritmo di un successo di Gloria Gaynor.
attuale marito”. Sinceramente preferisco non saperlo e deliziarmi con le immancabili giurie, che nei programmi di Carlo Conti portano la moda del riciclo fino alle vette del sublime: Cristian De Sica a confermarci che nonostante gli sforzi e gli anni che passano dal padre ha ereditato solo il cognome; Claudio Lippi sempre più bovino nella mole ed equino nello sguardo; e Loretta Goggi, ah Loretta… che a sessant’anni non ha ancora capito che spesso è meglio rimanere in silenzio e dare l’impressione di essere poco acuti piuttosto che aprire bocca e fornirne la certezza.
Faccia tostata In tutto questo Conti ci sguazza, è l’imbonitore per eccellenza, capace di trasformare tutto in luna park, con Platinette al posto della donna cannone e Mal a sostituire l’uomo forzuto. La sua televisione è una sorta di bolla sospesa nel nulla, dove tutto è fiction e solo così trova spiegazione il pubblico che si spella le mani per le battute da avanspettacolo di Nino Frassica oppure la standing ovation per Edoardo Vianello Immagine tratta da wikipedia.org (sempre a cantare i Watussi con “pinne, L’arte del riciclo Forte di questi dogmi Conti produce una stupefacente – fucili ed occhiali…”). Pura fiction. Più che TV di Conti, una anzi, narcotizzante – TV dell’usato sicuro, una televisione a televisione di sconti dove tutto è saldo di fine stagione, anzi impatto assolutamente zero: zero idee, zero creatività, zero liquidazione totale per chiusura… del cervello. rischi. Tutto è sempre uguale a se stesso nell’universo del Per farla ci vuole naturalmente faccia tosta, anzi tostata da “lampadato” per eccellenza e “tale e quale” non è solo il perenne abbronzatura ormai di colorito carciofo appassito. titolo di uno show ma un ideale di vita, un comandamento Nasconde il rossore naturale che non può non cogliere imprescindibile. Una calma piatta dove i “migliori anni” anche il Nostro, anche solo per riflesso incondizionato, nel ci tornano alla mente grazie alle canzoni di Christian momento in cui ripete la frase “le sue canzoni hanno fatto oppure di Orietta Berti, dove vediamo VIP fare imitazioni ballare intere generazioni” per poi far entrare Marcella Bella oppure danzare e volteggiare salvo poi scoprire tra queste oppure Sabrina Salerno. O “stasera abbiamo con noi un vero “celebrità” Riccardo Fogli o Gianni Nazzaro, gente così re della risata” ed entra naturalmente in pista Panariello in importante che l’avevamo tranquillamente dimenticata e una sorta di grande rito laico dove tutto è già stato visto senza alcun rimpianto. Puro antiquariato, insomma, da far ed è già annuncio del futuro. Per questo con Carlo Conti sembrare Paolo Limiti un dilettante della nostalgia e dove solitamente finisce l’anno televisivo – è sempre suo il anche il quiz preserale si chiama non a caso “L’eredità”… programma di San Silvestro – e ne comincia un altro: così nel senso che recupera giochi e giochini dell’epoca di Mike subito sappiamo di che morte catodica dovremmo morire anche nei successivi 365 giorni. Allora, scongeliamo AnBongiorno e di Corrado. Uniche concessioni alla modernità l’ignoranza da frequen- na Oxa oppure i Cugini di Campagna? Nel microonde ci tatori abituali di telefonini dei concorrenti e domande del mettiamo Luca Barbarossa? Dalla salamoia togliamo Pippo tipo “con quale espediente Mara Venier ha conquistato il suo Baudo? No, Baudo no… dai…
Letture Senza paura a cura della Redazione
In quanto ticinesi viviamo una condizione alimentare singolare e, senza dubbio, particolarmente interessante. Abbiamo infatti la possibilità di condividere molti dei piatti della tradizione padana e mediterranea e al contempo, sul versante più settentrionale, accediamo ad altrettante pietanze tipiche della cultura centroeuropea. In altre parole, siamo gente di burro, ma anche di olio extravergine, e sappiamo apprezzare il classico spezzatino zurighese di vitello, cucinato con panna e funghi, così come un buon piatto di pasta alla cacio e pepe o una bella parmigiana. Il vantaggio è evidente, inutile a dirsi… Ma cosa accade quando ci viene diagnosticato il diabete. Non è certo una bella notizia ma inutile farsi prendere alla sprovvista, soprattutto se si è amanti della buona tavola. Certo le restrizioni ci sono (e non sono poche) ma con qualche accortezza e l’aiuto di un esperto saremo pronti ad affrontare questa nuova sfida. Perché cambiare il modo di nutrirsi è più facile di quanto si tenda a pensare. Una
volta compresi i processi fisiologici connessi con l’alimentazione, e le problematiche che il diabete pone, è possibile crearsi da soli il proprio programma alimentare, a patto di controllare regolarmente i livelli di glicemia. Il volume qui presentato, che ha come principale autrice Fiona Hunter, nutrizionista, autrice di numerose pubblicazioni e da oltre 25 anni dietista nel Servizio Sanitario Nazionale inglese, rappresenta un buon punto di partenza. Le ricette raccolte nel volume sono infatti indicate per una cucina di tutti i giorni e possono essere realizzate facilmente. Ma il mangiare sano deve essere anche un piacere: l’approccio della Hunter non mira dunque a privarci del godimento di un buon pasto e include ricette di vario tipo – dai primi ai “famigerati dessert” – assecondando ogni preferenza. Ovviamente, per passare alla nuova alimentazione è fondamentale disporre di un programma settimanale dettagliato che dovrà essere rispettato. Solo un po’ più di disciplina e qualche accorgimento e il gioco è fatto, senza drammi!
Diabete, il grande libro delle ricette di F. Hunter ed H. Whinney Tecniche Nuove, 2012
Naturalmente efficace contro la diarrea – per il benessere della flora intestinale. <wm>10CAsNsjY0MDCx1LUwMDSwMAMACVjpOQ8AAAA=</wm>
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Leggere il foglietto illustrativo e chiedere consiglio al proprio farmacista o droghiere. sanofi-aventis (svizzera) sa, 1214 Vernier/GE
Per il benessere della flora intestinale.
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Ginevra 1978
Per quale ragione, di incontri con persone ai miei occhi prestigiose, ricordo quello che era in tavola quel giorno? Forse perché il tatto e l’olfatto sono sensi primitivi e le loro impressioni difficili da cancellare… di Francesca Rigotti
Memorie 8
R icordo un viaggio a Ginevra quando da poco avevo i cibi (fasola, per esempio) vengono dall’italiano perché iniziato l’attività accademica. Laureata in filosofia da qualche regina li fece importare dall’Italia. un paio d’anni, ero borsista presso l’Istituto per gli Studi Ma le emozioni culinar-culturali non erano finite. Disse Storici di Napoli. Avevo scritto e pubblicato due saggetti Baczko dopo le nostre conversazioni dotte di quella mattina di storia delle idee sul concetto di perfettibilità e sul pen- – parlava un francese squisito – :“ma lei deve assolutamente siero italiano del primo ottocento, quando uscì, nel 1978, conoscere il mio amico Starobinski”. Detto fatto, prende il l’imponente studio di uno storico polacco emigrato in telefono, lo chiama e mi fissa un appuntamento per il pomeriggio. Jean Starobinski era già Svizzera, Bronisław Baczko, sulle utoallora uno studioso illustre e io mi pie illuministe. Si intitolava Lumières recai a casa sua col batticuore. de l’utopie. Baczko era appartenuto a un gruppo di studiosi dell’università Vero lavoro di Varsavia i quali nel 1968, a causa Starobinski abitava in una villa che delle loro idee radicali antistaliniste, mi parve suntuosa; chi mi venne persero la libertà di insegnamento. ad aprire alla porta, dopo che ebbi Accolto in Svizzera, insegnava all’usuonato il campanello, mi fece acniversità di Ginevra. Mi entusiasmai comodare dicendo che il professore alla lettura del saggio e scrissi una sarebbe venuto da me dopo aver lettera all’autore chiedendo di poterminato di suonare al pianoforte terlo intervistare e conversare con una esecuzione a quattro mani col lui. Non solo Baczko mi rispose, ma figlio, su due strumenti diversi. Le mi invitò a Ginevra dicendo che note si udivano chiaramente. Di potevo soggiornare a casa sua. Emoquell’incontro ricordo bene che Stazionatissima, presi il treno e arrivai a robinski, raggiuntami nel salotto, Ginevra, dove Baczko abitava con la mi spiegò che nonostante avesse moglie in un appartamento ai piani Jean Starobinski (da pinterest.com) avuto problemi di cuore “lavorava alti di un brutto grattacielo tutto di cemento. La moglie era medico cardiologo e aveva i ancora ogni mattina quattro ore”. Lavorare, mi spiegò – e capelli bianchi raccolti sulla nuca. Parlai con Baczko, che la spiegazione ebbe su di me l’effetto della rivelazione era una persona minuta coi tratti del volto affilati come la fulminante di una verità che avrei adottato io stessa per sua mente. Al mio ritorno scrissi un saggio, poi pubblicato il resto della vita – voleva dire leggere, riflettere, studiare, pensare e mettere per iscritto i pensieri e i risultati delle dalla rivista Studi storici. ricerche. Tutto il resto, insegnare, fare esami e partecipare alle attività accademiche, non era lavoro vero e proprio, Una colazione memorabile Il saggio esiste e se ne può dedurre che veramente fui lì e non ne aveva la dignità e non richiedeva impegno e fatica veramente parlammo di utopia e di illuminismo; carta can- come la scrittura. ta, e adesso canta anche lo schermo perché lo si può leggere L’altra cosa che ricordo bene è che mi venne offerto il tè in rete. Ma perché i miei ricordi più vividi di quell’incontro in un meraviglioso servizio di porcellana, e che c’era la si riferiscono al fatto che a colazione, la mattina dopo il torta di mele, e io sorseggiai il tè e mangiai la torta di mele mio arrivo, dopo aver dormito nella camera di una delle sentendomi come Cenerentola al ballo del castello e non loro figlie, giovani adulte ormai fuori di casa, i signori so se mi stupii più di questa circostanza (a casa mia non si Baczko mi offrirono, e mangiai di gusto, formaggio bianco mangiava la marmellata col formaggio e nemmeno la torta fresco e marmellata? E perché oggi, ogni volta che vedo di mele nel pomeriggio di un giorno infrasettimanale) o una simile accoppiata – non frequente, e comunque mi del fatto che due studiosi di tale rilievo dessero retta a me basta anche soltanto un formaggio coi fiocchi bianchi – che ero poco più che una volonterosa studentessa. In quel mi trovo a ripensare a quella occasione? Apprezzai molto salotto, col tè e la torta di mele, il ricordo si chiude, e se la combinazione a me assolutamente ignota. Tra l’altro non ci fosse la testimonianza dell’articolo potrei credere madame Baczko mi spiegò che molti nomi polacchi per di essermi inventata tutto.
Cucina Il salame di Coira a cura di Giancarlo Fornasier
La
Fondazione Slow Food per la Biodiversità Onlus (fondazioneslowfood.com/it) è stata fondata da Slow Food Internazionale e da Slow Food Italia ed è l’organismo operativo per la tutela della biodiversità alimentare. Attiva in un centinaio di paesi nel mondo, la Fondazione coinvolge migliaia di piccoli produttori e promuove un modello di agricoltura basato sulla biodiversità locale, sul rispetto del territorio e delle culture, per una produzione in equilibrio con l’ambiente e al fine di garantire l’accesso per tutte le comunità a un cibo buono, sano e genuino. Tra i prodotti presidiati, quelli ticinesi non mancano: come le pastefrolle della valle Bedretto, il formaggio Zincarlin della valle di Muggio, la farina Bóna onsernonese oppure i formidabili “cicitt”, le sottili salsicce prodotte nelle valli del Locarnese. Il salame di gamba di Coira Tra i prodotti che appartengono alla cultura del vicino grigioni, spicca un insaccato noto come Churer Beinwurst, un salame originario di Coira. La ricetta è citata già all’inizio dell’ottocento: si preparava con alcuni ritagli del maiale, soprattutto della gamba, si consumava direttamente nelle
fattorie e, siccome era fatto con parti meno nobili, era servito di solito agli operai e ai braccianti agricoli. Oggi alcune di queste parti di maiale non sono più usate e il salume si caratterizza soprattutto per la presenza di speck di dorso, grasso di collo e talvolta estremità del maiale, (come il codino). Tutte le parti sono accuratamente mondate dalle nervature, tagliate grossolanamente al coltello e poi speziate con sale, pepe, noce moscata, coriandolo e cannella. L’impasto è lasciato macerare immerso nel vino per circa una settimana. Il vino usato è il bianco Veltliner (dal Grüner Veltliner, varietà diffusa in Austria e alto Adige): dopo il periodo di macerazione l’impasto è insaccato in un budello bovino e sistemato in cella di affumicatura dove rimane a bassa temperatura per circa otto ore, per acquisire le note di legno di faggio e di abete con cui viene aromatizzato. Una volta insaccato, il salame si conserva per poche settimane, un mese al massimo e si mangia dopo la cottura in acqua bollente. Fleischtrocknerei Bischofberger a Churwalden e la Metzgerei Mark/Pretigauer Spezialitäten Mark di Coira sono i due produttori più noti del salame di gamba grigionese, tra l’altro un alimento-presidio sostenuto da COOP Svizzera.
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avorare il vetro per me è anche una terapia. La mente è occupata e i colori, ne sono convinta, hanno un effetto su di me. Mi danno qualcosa in più. Forse sperimento qualcosa di simile alla cromoterapia. Mi impongo di lavorare anche se non ne ho voglia, perché so che una volta che sono nel mio atelier passa tutto. Quando inizio, vado avanti spinta dalla curiosità di vedere come si sviluppa il lavoro. A volte rimango a creare fin nel cuore della notte; in quei momenti mi scordo persino di mangiare ed è solo la stanchezza a fermarmi. Mi sono sempre piaciuti i lavori manuali come la pittura su seta o il patchwork, ma quando ho scoperto il vetro, in me è scattato qualcosa, perché ho capito di aver trovato il mio ambito espressivo. A una mia amica scultrice erano state commissionate anche le vetrate di una chiesa e di una cappella nel Gambarogno. Grazie a un corso intensivo ho appreso la tecnica per realizzare vetrate artistiche con il piombo. Sono stata fortunata perché ho avuto la possibilità di debuttare con un lavoro importante e impegnativo. Lo abbiamo realizzato nel mio garage di casa, trasformato in atelier. Abbiamo imbiancato i muri e preparato i tavoli su quali hanno preso forma le due vetrate da nove metri quadrati l’una. Un impegno durato diverse settimane, durante le quali, giorno dopo giorno le vetrate hanno preso vita. Ogni tanto vado a rivedere il frutto del nostro lavoro: è bello osservare i raggi del sole che, passando attraverso la vetrata, riflettono il disegno e i colori sul muro. Ancora oggi la vetrata artistica è la tecnica che mi piace di più, quella che mi dà più gioia. Il vetro è un materiale misterioso. All’apparenza è trasparente, freddo e liscio, ma può subire cambiamenti sorprendenti. Per entrare in questo magico mondo bisogna conoscerlo. Nella vetrofusione, una delle tecniche che ho imparato, i manufatti sono posti in uno speciale forno che può arrivare a 1200 gradi e a quella temperatura di cose ne possono succedere! Il vetro, se lo maltrattiamo, si stressa e si può rompere. Come le persone. E come noi, ha il suo carattere. Bisogna rispettarlo e non avere fretta. Altrimenti succede il patatrac. Da diversi anni insegno le tecniche di lavorazione del vetro ad adulti e bambini. Ai miei allievi dico che la manualità arriva con il tempo e che non bisogna aver paura di toccare
il vetro, anche se il pericolo c’è, soprattutto a causa delle schegge. Ma basta tenere pulito il tavolo di lavoro per evitare di farsi male. Mi scoraggia vedere che l’artigianato venga messo spesso in secondo piano. Tempo fa mi sono rivolta a diversi architetti suggerendo loro la possibilità di inserire elementi in vetro, per esempio nelle porte. Purtroppo non ho avuto nessun riscontro. So che chi costruisce una casa solitamente punta a risparmiare il più possibile, ma forse committenti con una maggiore disponibilità apprezzerebbero questo tipo di artigianato, se solo venisse loro proposto. Il mio unico rimorso è non aver seguito la formazione da giovane. Ho iniziato a lavorare il vetro dopo i quarant’anni. Forse se avessi iniziato prima, ora avrei più possibilità. Ma non mi scoraggio mai. Sono molto intraprendente e ho sempre ampliato le mie competenze frequentando corsi all’estero per imparare nuove tecniche. Ritengo comunque di aver raggiunto un livello da professionista, perché dal mio atelier non esce nulla che non sia di qualità. Piuttosto prendo il martello e… Concordo che l’artigianato non debba essere perfetto, ma non deve neppure avere dei difetti, anche quando sono solo io a vederli. Con il vetro, almeno in Ticino, non si mangia e per mantenermi lavoro in ufficio presso una cava di granito. Fra un anno e mezzo sarò in pensione. Sarà il momento di lasciarmi andare alle cose che amo. Al primo posto c’è naturalmente l’atelier. È lì che mi vedo trascorrere le mie giornate. Poi vorrei riprendere a camminare in montagna. La natura mi ispira. Mi piace portarmi a casa le foto di piante e fiori. Anche di quelli più insignificanti. Per poi lavorarci e sviluppare dei progetti. Ho un sogno che spero di realizzare: una piccola esposizione con oggetti che rappresentino tutte le tecniche nelle quali mi sono cimentata. Tutto ruoterà intorno al tema dell’acqua. A darmi la voglia di fare non c’è solo la mia passione, ma anche i complimenti delle persone e soprattutto c’è il mio compagno, che mi incoraggia ed è entusiasta di tutto ciò che faccio.
NELDA BULLONI
Vitae 10
Ha iniziato a lavorare il vetro a quarant’anni. Una passione più che un lavoro, fatto di sensibilità, ricerca tecnica e colori
testimonianza raccolta da Elisabetta Bacchetta fotografia ©Flavia Leuenberger
I GIGANTI DI MARIGNANO
«Diamine se mi ricordo i svizzeri! Eran guerrieri feroci e temutissimi, che vivevano una vita miserabile tra le loro montagne, dove quasi nulla cresceva fuorché erba per le bestie… Soldati e mercenari, si pensava fosser invincibili e tutti li sovrani li volevan nei loro eserciti…». Così Rebucco racconta gli svizzeri a una coppia di bambini in una fumosa locanda gremita di gente. È una grigia e piovosa giornata di inizio marzo e la troupe SSR sta girando la docufiction “Il cielo di Marignano” di Natascha Fioretti; fotografie ©
Flavia Leuenberger
in apertura e sopra: Piero Mega nei panni del pittore Bernardino de Conti
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i troviamo a Sant’Angelo Lodigiano, nel castello Bolognini risalente al XIII secolo, un edificio perfettamente conservato, pochi chilometri a sud di Milano. Gli attori si preparano, corrono avanti e indietro, chiamano i costumisti per gli ultimi ritocchi e… ciak, si va in scena nella fumosa locanda. A dirigere le scene e a parlare con gli attori c’è Ruben Rossello, autore e regista della docufiction televisiva nata nell’ambito della rubrica “Storie” della RSI e poi divenuta un progetto nazionale SRG SSR, in occasione del cinquecentesimo anniversario della battaglia di Marignano che ricorre quest’anno. Nel cast della docufiction, che vedremo sugli schermi della RSI, SRF e RTS nel mese di settembre, oltre all’attore ticinese Teco Celio compaiono Massimo Foschi, noto attore e doppiatore italiano nelle vesti di Gian Giacomo Trivulzio, Susanna Marcomeni nel ruolo di sua moglie e Aaron Hitz nella parte di Zwingli. Seduto di fronte a due bimbi con occhi sgranati come nocciole e orecchie attente a carpire ogni dettaglio, il fedele siniscalco del Trivulzio, conte di Mesocco e signore della Mesolcina, ricorda cosa accadde trent’anni prima, in quei giorni tra il 13 e il 14 settembre del 1515 “Uomini… uomini che parevano giganti. Perché quella di Marignano fu peggio di ogni altra battaglia. Decimila e decimila morti… corpi de suizzeri e corpi de franzesi per li campi, sventrati come porci… e poi li veneziani… E alla fine per tèra v’eran cavali e uomini, tuti sbudellati, senza mani e
Un selfie prima di un ciak
senza gambe… se caminava nel sangue fino ai zenochi…”. È la stessa scena che Urs Graf, pittore e mercenario arruolatosi nell’esercito svizzero, ha riprodotto nella sua tela Gli orrori della guerra, una stampa dai toni estremamente moderni, quasi contemporanei, che ricorda il Guernica di Picasso: l’urlo del cavallo sgozzato, mani e piedi da ogni parte, un paesaggio devastato e desolato. La nuova guerra “La battaglia dei Giganti”, come la ribattezzò Gian Giacomo Trivulzio (1440-–1518), fu sì memorabile per la statura sovraumana dei vincitori, e per aver gettato le basi per il mito della neutralità svizzera, ma passò alla storia anche per la violenza atroce che la contrassegnò: restarono uccisi sul campo 15mila uomini, di cui 10mila svizzeri. Il re Francesco I, in una lettera alla madre, (contenuta nella pubblicazione Marignano 1515–2015) descrive così l’ultima notte prima del verdetto “Gli svizzeri si accamparono così appresso a noi, ma così appresso che solo un fossato ci separava. Rimanemmo tutta la notte in sella con la lancia in pugno, l’elmo in testa e i nostri lanzichenecchi pronti a combattere. E per il fatto che io ero il più vicino ai nostri nemici, ho dovuto fare la guerra di modo che non fossimo sorpresi alla mattina, e dovete sapere che la battaglia durò dalle tre del pomeriggio fino alle undici o dodici della notte e si fecero una trentina di belle cariche. La notte ci divise
Teco Celio interpreta Giovan Antonio Rebucco, soldato e uomo di fiducia di Gian Giacomo Trivulzio
per ricominciare la mattina e, credete signora, che siamo stati 28 ore a cavallo, con l’elmo in testa senza mangiare né bere…”. E all’indomani sarà il suo esercito ad avere la meglio “alla fine da quella grande schiera che si trovava di fronte a me, inviarono cinquemila uomini, che travolsero alcuni miei gendarmi. Arrivarono fino ai lanzichenecchi, dai quali vennero accolti con così tante archibugiate, colpi di lancia e cannonate che non uno
ne sfuggì”. È la più sofisticata tecnologia bellica a trasformare questi scontri, nel Rinascimento, in vere e proprie ecatombe, le grandi guerre del passato impallidivano di fronte a quanto accadeva in quegli anni. Il vincitore di Marignano Lo stesso Massimo Foschi, parlando della sua interpre- (...)
Massimo Foschi durante una pausa nelle riprese
sopra: il regista Ruben Rossello con Ariel Salati, direttore della fotografia nella pagina seguente: Susanna Marcomeni interpreta Beatrice de Avalos dâ&#x20AC;&#x2122;Aquino, moglie di Gian Giacomo Trivulzio
tazione del personaggio di Gian Giacomo Trivulzio, si sofferma sulla litografia di Graf: “In primo piano si vedono dei cavalli a terra con le zampe tagliate. I soldati usavano aspettare, con degli spadoni affilatissimi, accucciati nell’erba. Quando arrivava la cavalleria si alzavano e tagliavano le gambe ai cavalli, facendoli crollare a terra in modo da far cadere anche i cavalli che seguivano… mamma mia, che cos’è l’uomo!”. Difficile dirlo, secoli di storia e di letteratura ancora non hanno saputo darci una risposta univoca. Ma, grazie alla docufiction e all’interpretazione di Foschi, abbiamo certamente elementi importanti per conoscere più da vicino Gian Giacomo Trivulzio detto il Magno, colui che da Marignano uscì vincitore. A riguardo Foschi prosegue; “il bello del regista Ruben Rossello è che ha scelto di raccontare non soltanto la battaglia o il rapporto del Trivulzio con Francesco I, ma anche l’uomo Trivulzio, la sua vita, la storia di una persona che perde il figlio, rischia di perdere il nipote ed è disposto a tutto pur di vederlo guarire. Un abile condottiero, un ricco signore perseguitato da un destino personale sfortunato”. Ce lo descrive più da vicino il suo Trivulzio? “Non essendoci sviluppi psicologici, basandoci su notizie storiche e avendo a disposizione solo il suo ritratto, l’ho avvicinato a me stesso in modo istintivo, attingendo a quella mia serietà abituale e cercando di essere oggettivo nel fare le cose, sempre equilibrato, mostrando un uomo che sa abbastanza. Bilanciato. D’altro canto, c’è una battuta rivelatrice della sua natura, quella in cui rispondendo alla domanda della moglie «Ma si farà la guerra?», lui risponde «La guerra è un male sovente necessario, a poterlo volentieri si evitaria». Qui egli rivela la sua forza di umanità nei confronti della vita: un uomo combatterà sempre ma, quando è possibile, sceglie un’altra strada”. Trivulzio aveva anche sensibilità e gusto per l’arte e, come ogni grande personaggio della storia, il desiderio di non essere dimenticato “si fa fare un ritratto perché i suoi discendenti un giorno lo riconoscano. Poi in generale, il suo senso per l’arte ci viene rivelato dai bellissimi arazzi che commissiona su disegno del Bramantino e oggi ritroviamo al Castello Sforzesco, considerati il più importante ciclo di arazzi italiani”. A dirci ancora qualcosa del Trivulzio, ma anche degli Svizzeri sono infine le cronache del Rebucco, “era un gentiluomo, un cavaliere, sarebbe andato nel fuoco per lui”, racconta Teco Celio che aggiunge “il siniscalco del Trivulzio è stato molto
contento di battere gli svizzeri, per lui erano gentaglia, barbari incivili, violenti assassini che scendevano dalle montagne per fare razzia di tutto ciò che trovavano”. Fra storia e fiction Nell’anno della commemorazione del cinquecentesimo della battaglia di Marignano non mancano gli eventi e le occasioni in calendario per ricordare e rivivere l’evento che segnò una sconfitta epica e al tempo stesso un nuovo inizio per i confederati e il loro rapporto con il resto del continente. Il merito e l’originalità della docufiction Il cielo di Marignano sta nella capacità di raccontare per la prima volta – grazie anche alla pubblicazione integrale che riporta i racconti di Albronio e Rebucco – la battaglia dei Giganti dal punto di vista di chi l’ha vinta e non di chi l’ha persa mettendo in luce la vicenda personale e storica di Trivulzio. La sfida invece è quella di realizzare una narrazione complessa nella quale i momenti fittizi e quelli documentaristici confluiscano in maniera armoniosa, senza che lo spettatore percepisca brusche cesure e tagli. E mentre la parte fiction è affidata alla ricostruzione data dall’interpretazione degli attori, la parte documentaristica prevede le testimonianze di voci ed esperti autorevoli quali, per esempio, le curatrici del Zürich Landesmuseum, Denise Tonella e Erika Hebeisen, che hanno in allestimento proprio una mostra su Marignano, oppure il parroco di Zivido, don Kübler, che ben conosce i luoghi della battaglia avvenuta in realtà proprio in quel borgo, e non a Marignano, che fu scelta dai cronisti dell’epoca perché più nota e riconoscibile. Ogni battaglia, ogni avvenimento storico porta con sé molteplici letture e significati, storie singole e collettive, e ogni qual volta li approfondiamo, entrando nel cuore e nella storia degli eventi con competenza e curiosità, abbiamo la possibilità di scoprire nuovi dettagli e frammenti importanti del mosaico che vanno ad aggiungersi alle conoscenze già in nostro possesso. Per saperne di più della battaglia di Marignano e dei suoi grandi protagonisti, delle loro vite, dei luoghi che sono stati teatro della battaglia, non ci resta che aspettare settembre, quando la docufiction andrà in onda sulla RSI. fonte bibliografica Marignano 1515–2015. Von der Schlacht zur Neutralität Verlag Merker im Effingerhof, Fondazione Pro Marignano
Concorso. La foto del mese
Pubblichiamo la quarta immagine selezionata tra quelle giunte in Redazione nell’ambito del concorso fotografico lanciato da “Ticinosette” ai lettori per il 2015. Il prossimo appuntamento è tra quattro settimane...
L’acqua di Gilberto Luvini
Tutti possono partecipare al concorso fotografico anche se, per ovvie ragioni sono, esclusi categoricamente i professionisti della fotografia (ma non gli apprendisti fotografi e altre persone in formazione). Nel corso del 2015 i partecipanti potranno inviare una sola foto per ogni sezione, anche in tempi diversi. Abbiamo definito quattro tematiche sulle quali potete sbizzarrirvi: “la memoria”, “il sogno”, “il corpo”,
“l’acqua”. Ricordiamo che in ogni invio deve essere specificata la sezione a cui si intende concorrere, oltre al proprio nome e cognome, l’indirizzo e un recapito telefonico. Come già indicato, le immagini – che saranno accettate solo se inoltrate in alta risoluzione (300/320 ppi) in modo da consentirne la pubblicazione – dovranno essere inviate al seguente indirizzo di posta elettronica: phototicinosette@gmail.com.
Mensilmente pubblicheremo un’immagine selezionata tra quelle giunte nell’arco delle quattro settimane, e ritenuta la più interessante dal comitato di Redazione. Tra un mese verrà dunque pubblicata la quinta immagine selezionata e alla fine del 2015 le migliori saranno raccolte in un reportage. Il vincitore finale, selezionato sempre dalla Redazione, riceverà un premio in contanti di ben 400 franchi.
Fuorisalone. Abitare verde Nato come una sorta di fratello minore, oggi attira tanti di quei visitatori che sorge il dubbio su chi sia mai il primogenito e chi il giovane cadetto. Si tratta del “Fuorisalone”, una serie di eventi, happening, incontri e presentazioni concomitanti al “Salone del Mobile” da poco concluso e alle esclusive, firmatissime proposte di “MilanoModaDesign” Tendenze p. 41 | di Marisa Gorza
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uelli del Salone del mobile sono giorni in cui l’intera Milano viene coinvolta da entusiasmi e fermenti di innovazione che vanno ben oltre le exhibition e le location ufficiali. Complice il fatto che le porte di queste performance sono aperte a tutti in una grande festa corale. In generale, la nuova filosofia dell’arredare è sempre più di colore verde, sempre più eco-sostenibile e amica dell’ambiente. Una tendenza che, ben lungi dall’essersi esaurita, cerca e trova nuove forme di espressione riguardanti l‘ottimizzazione di risorse inaspettate, il riutilizzo diverso e fantasioso di oggetti e suppellettili, magari obsoleti. Come pure di svariati scarti. Più o meno quello che suggeriva il caro, vecchio Platone? Intanto il pianeta ringrazia. Tra gli eventi più originali, locati nella centrale zona Tortona, c’è il progetto IOricicloTUricicli (presso l’Hotel Nhow), nato nel 2010 come occasione unica e straordinaria per dare visibilità a designer e architetti emergenti. Dalla nascita dell’evento, ideato e organizzato da Misuraca&Samarro, a oggi, sono circa 100 le proposte vagliate. Tutte simbolo di un certo modo di fare recycling, di elaborare utopie sostenibili e redesign rivoluzionari. Otto promesse L’edizione appena conclusa ha messo in mostra i lavori di otto giovani promesse con la passione dell’invenzione e della manualità. Per cominciare, cosa ne dite di un tavolino creato da Giorgio Caporaso con cartone riciclato e riciclabile che sotto il ripiano di vetro custodisce un microcosmo di licheni vivi e vegeti? Si tratta di un nuovo modo di deliziarsi, nei nostri spazi domestici, del contatto con la pura bellezza della natura. Ma non è tutto, tra la mini vegetazione è integrata una suggestiva illuminazione a led, così da legare una nostalgica ambientazione da déjeuner sur l’herbe a un tocco di tecnologia... non invasiva. Non è priva di accenni tecnologici la collezione di
borse e accessori realizzati da Francesca Ferrara con scarti del settore edilizio: coperture, isolamenti termoacustici, griglie d’areazione, rivestimenti vari ecc. diventano shopping a doppi manici, classici bauletti, eleganti pochette, come pure pratici pouf-contenitori da collocare in ogni stanza. E c’è un vero e proprio concetto “meccanicista” nelle panche e negli sgabelli totalmente smontabili di Fabrizio Alborno, dalla struttura portante in ferro, così lineare da ricordare il più essenziale e pratico dei barbecue. Recuperare componenti già esistenti, giusto prima che diventino rifiuti, è il concetto clou dei lavori di Sandra Faggiano che punta all’alleggerimento delle varie fasi della filiera. Così semplici scolapasta, rastrelli da giardino e ramazze, assemblati a mano con fascette e morsetti da elettricista e con l’aggiunta di lucine natalizie, diventano lampade, o meglio, aggregazioni luminose dal look post minimalista. Carta riciclata, macerata e lavorata con il gesso, è invece il materiale che compone i cache pot per fiori e altro di Silvia Donato, alcuni caratterizzati dal colore grezzo dell’impasto, altri da sfumature ottenute con materie prime naturali come caffè o cannella. Piccoli pezzi design per ricreare nella casa angoli verdi e conferire un quid campagnard anche all’appartamento cittadino. Sono decisamente non convenzionali i pezzi d’arredo ricreati da Lumaca Slow Design, con raffinati ritagli di velluto assemblati in un fantasioso patchwork. In particolare ci portano nel mondo delle fiabe la poltrona “Grimilde” dal lungo, aristocratico “collo”, ispirata alla regina cattiva di Biancaneve e la seduta “Cat’ò”, libera interpretazione dello Stregatto di Alice. E mentre frammenti di specchi, ricomposti ad arte da Mario Paisello, per scolpire uno splendente beneaugurante sole, Anna Kurgonowa trasmette sorriso e stupore con un anello fatto con un tappo di birra, un altro con un sassolino e un altro ancora con i semi dei soffioni... “From Trash to Jewels!” è il motto della lungimirante creativa.
La domanda della settimana
Per il suo alto contenuto di oli saturi, l’olio di palma è considerato dannoso alla salute. Controllate la sua eventuale presenza in un prodotto prima dell’acquisto?
Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 21 maggio. I risultati appariranno sul numero 22 di Ticinosette.
Al quesito “La presenza di una nuova maggioranza assoluta PLR/Lega in Gran Consiglio favorirà nei prossimi 4 anni la stabilità politica e un risanamento delle finanze cantonali?” avete risposto:
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NO
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Astri ariete Influenza di Mercurio dal 20 maggio in poi: sviluppo delle relazioni e delle comunicazioni. Viaggi ed escursioni. Momento giusto per esami e concorsi.
toro Situazioni emotivamente forti tra il 17 e il 18. La vita affettiva e relazionale si accinge ad affrontare nuove e vecchie responsabilità. Bene con il Cancro.
gemelli Intransigenza. Evitate di decidere in base all’orgoglio e a vecchie posizioni. Conflittualità nei rapporti storici. Prudenza tra il 18 e il 19.
cancro Tra il 21 e il 22 Luna nel segno. Sensibili per quanto riguarda i rapporti con il partner e le vostre aspirazioni professionali. Atmosfere romantiche.
leone Se avete degli affari da portare a termine questo è il momento giusto. Colpi di fulmine. Erotismo alle stelle. Possibili ansie tra il 17 e il 18.
vergine Plutone in trigono. Periodo ottimo per apportare cambiamenti alla propria vita. Favorite le attività ricreative. Disturbate le giornate tra il 19 e il 20.
bilancia Amori, colpi di fulmine e fidanzamenti. Una simpatia si trasforma in un’attrazione fatale. Incontri con Acquario, con Ariete e con Gemelli.
scorpione Momento felice per la vita sentimentale. Armonia e comprensione con il partner. Fortunate le professioni più creative. Evitate errori di giudizio.
sagittario Molte cose bollono in pentola e voi vi mostrate piuttosto aggressivi. Evitate polemiche inutili con il partner. Riposatevi di più. Prudenza tra il 18 e il 20.
capricorno Marte di transito nella vostra sesta casa solare vi rende particolarmente combattivi. Attenzione alle infreddature improvvise di mezza stagione.
acquario A partire dal 20 si apre un periodo di importanza straordinaria sia per gli affari che per gli affetti. Opportunità economica sostenuta da Urano.
pesci Incontri tra il 21 e il 22. Atmosfere romantiche in vicinanza dei corsi d’acqua. Spese esagerate per l’abbellimento dei vostri spazi domestici.
Gioca e vinci con Ticinosette
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Orizzontali 1. Squilibrato, demente • 10. Il nome della Fallaci • 11. La dea greca dell’aurora • 12. Vezzo nervoso • 13. Mosca soporifera • 15. Le immagini sacre del Pope • 17. La somma degli anni • 18. Stima, prezzo • 20. Andato per il poeta • 22. Scagiona l’imputato • 24. In mezzo al mare • 25. Il Calcio del chimico • 27. La Bella danzatrice • 29. Scocca quella ics • 31. Cerimonia • 33. Solca i mari • 35. Un rifugio fra i rami • 36. Strada cittadina • 38. Faccia, volto • 39. Le tredici sul quadrante • 41. Giaggiolo • 43. La tesse il ragno • 44. Andata e Ritorno • 45. Istituto Tecnico • 47. Zie… a Madrid • 48. Intrigo • 50. Pedina coronata • 52. Abitavano Cuzco • 53. Li chiedono i rapitori • 55. Con le Storie Tese • 56. Il Telamonio che fu re di Salamina. Verticali 1. Tema musicale ricorrente • 2. Arbusto montano • 3. Nome d’uomo • 4. Mezza tara • 5. Infiammazione della mucosa intestinale • 6. Il club dell’alpinista • 7. Li riparano i lattonieri • 8. Rapata • 9. Lo spinto del sarto • 14. Escursionisti Esteri • 16. Lo si paga all’armatore • 19. La coppiera degli dei • 21. È ghiotto di miele • 23. Scostumati, maleducati • 26. Variopinto pappagallo • 28. Intacca la vite • 30. Servirsi di • 32. Velenosa • 34. Dittongo in reità • 37. Assicurazione Invalidità • 40. Piccoli difetti • 42. La perla del collezionista • 46. Non le paga l’evasore • 49. Labile traccia • 51. Torna sempre indietro • 54. Articolo maschile.
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 22
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 21 maggio e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 19 mag. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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La soluzione del Concorso apparso il 2 maggio è: TESTARDO Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Silvia Rossetti 6900 Lugano Alla vincitrice facciamo i nostri complimenti!
Questa settimana in palio: cinque Carte Junior offerte da Arcobaleno Arcobaleno offre una Carta Junior da CHF 30.– a cinque fortunati concorrenti che comunicheranno la soluzione corretta del cruciverba.
Con la carta Junior i figli di età compresa tra 6 e 16 anni viaggiano a 30 franchi l’anno con i trasporti pubblici in compagnia di un genitore in possesso di un titolo di trasporto valevole. arcobaleno.ch/junior
Svaghi 43
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