№ 22 del 29 maggio 2015 · con Teleradio dal 31 mag. al 6 giu.
arTe sul brè
Per oltre un secolo la montagna sopra lugano ha ospitato artisti di talento. una tradizione che ancora oggi prosegue
Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–
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Ticinosette allegato settimanale N° 22 del 29.05.2015
Impressum
Società Modelli. Geniali Simpson Media Televisione. Arzilla Raffaella Vitae Evelyn Heusser Ghidinelli
Tiratura controllata 67’470 copie
Natascha Fioretti..............................
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Nicoletta BarazzoNi ..........................................
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roBerto roveda ...............................................
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Agorà Imprenditoria. Kim Nagel-Bernasconi
di
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simoN majek ......................................................
Reportage Monte Brè. Fra arte e natura
di
m. della BruNa; Foto di F. leueNBerger ..
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Sport Canottaggio. Funanboli sull’acqua
di
alessio loNgo; Foto di Natasha Quadri ..
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Svaghi ....................................................................................................................
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Chiusura redazionale Venerdì 22 maggio
Editore
Teleradio 7 SA Muzzano
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Redattore responsabile Fabio Martini
Coredattore
Giancarlo Fornasier
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook
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In copertina
Lugano vista dalle pendici del Monte Brè Fotografia ©Flavia Leuenberger
Un fiume d’arte Gentili lettori, ormai da sette anni sulle pagine di Ticinosette ogni settimana pubblichiamo l’autoritratto di un/una ticinese. Le persone non vengono semplicemente intervistate dal giornalista di turno ma invitate da quest’ultimo a parlare di sé, della propria vicenda personale o di particolari aspetti legati alle loro scelte di vita. In questo arco di tempo, centinaia e centinaia di nostri concittadini e concittadine ci hanno raccontato le loro storie, svelando passioni e interessi, esperienze dolorose o di grande gioia, slanci verso il prossimo e i più bisognosi in ogni parte del pianeta, ma anche attitudini, difetti, rimpianti, atti di coraggio. Un modo interessante per conoscersi e trasmettere agli altri la grande varietà umana che contraddistingue la nostra regione. A riguardo, un aspetto che mi ha sempre colpito e che ho trovato ricorrente in moltissime di queste brevi autobiografie, è rappresentato dall’interesse e dalla passione di molti ticinesi per l’arte, sia essa musica, pittura, fotografia, danza o teatro ecc. E non mi riferisco a coloro che queste discipline affrontano professionalmente, come vero e proprio mestiere, ma ai tanti che, pur svolgendo un lavoro “normale”, decidono di dedicare il proprio tempo libero all’espressione e allo sviluppo della loro personale creatività. Non di rado capita poi che queste passioni, nate come hobby, finiscano per trasformarsi in vere e proprie professioni. Spesso la lampadina per l’arte e lo sviluppo del proprio io creativo scaturisce da un episodio accaduto durante l’infanzia, da un incontro, da un’esperienza scolastica capaci di lasciare il segno fino a determinare, magari molti anni dopo, delle autentiche svolte esistenziali. Lo sviluppo dei propri
lati creativi diviene per molti di noi un mezzo, una via per arrivare a conoscersi meglio, approfondendo elementi della nostra personalità che altrimenti resterebbero nascosti. In tal senso, la scuola svolge un ruolo essenziale di sensibilizzazione e formazione all’arte. E gli esempi, all’interno delle programmazioni scolastiche non mancano di certo. L’ultimo di cui sono venuto a conoscenza coinvolge gli alunni dell’Istituto scolastico di Torricelle, Taverne e Bedano: un progetto avviato nel corso del 2014 e denominato “Museo d’argine”. A partire da una proposta del municipio di Torricella-Taverne, gli alunni dell’Istituto sono stati coinvolti direttamente nella decorazione degli argini da poco edificati del fiume Vedeggio (un tratto di circa 500 metri lineari di muri in cemento armato che va dalla zona di Ponte Vecchio alla zona di Cogesa). Il progetto, che prevede la realizzazione di riproduzioni di opere di artisti famosi studiate dai ragazzi sotto la guida degli insegnanti nel corso dell’anno scolastico, ha preso concretamente vita, attraverso l’utilizzo di materiali e tecniche differenti, a partire dallo scorso mese di aprile. L’iniziativa, che ha coinvolto anche artisti locali e allievi della Scuola di pittura di Casimiro Piazza – il 3 giugno 25 di loro dipingeranno ed esporranno le loro opere, che saranno acquistabili, lungo gli argini del fiume –, avrà il suo clou giovedì 4 giugno, giornata durante la quale, a partire dalle 10, saranno inaugurati gli argini. Un momento di festa, con artisti da strada e attività ricreative, che probabilmente non mancherà di segnare il destino e le scelte di qualche giovane e promettente artista ticinese. Cordialmente, Fabio Martini
Kim Nagel-Bernasconi Imprenditoria. Nel proseguire con i ritratti di donne svizzere che hanno raggiunto posizioni di rilievo, abbiamo incontrato Kim Nagel-Bernasconi, imprenditrice che sta dedicando il suo impegno e le sue conoscenze allo sviluppo delle tecnologie nel settore dell’energia pulita di Natascha Fioretti; fotografia ©Flavia Leuenberger
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Agorà 4
olto spesso sono le inclinazioni e le passioni che coltiviamo sin da bambini a indicarci quale potrà essere il migliore destino per noi. Crescendo qualche volta sbandiamo, cambiamo rotta ma se stiamo ad ascoltare “il fanciullo che è in noi” subito ritroviamo la nostra strada maestra. Non importa se ci porta controcorrente, se ci distingue dalla massa e ci rende un po’ speciali, l’importante è seguirla. È stato così per Kim Nagel-Bernasconi, nata e cresciuta nella campagna di Neuchâtel con una spiccata passione e attenzione per gli animali e per l’ambiente “andavo sempre nel bosco e passavo molto tempo a contatto con gli animali”. La sua mamma è stata tra le prime donne ingegnere della città e sicuramente un modello di riferimento. Così non stupisce l’interesse della giovane Kim Nagel-Bernasconi per le cose pratiche e concrete e nemmeno quella sua voglia di manualità e comprensione delle dinamiche tecniche. Dopo un primo tentativo al ginnasio rivelatosi troppo teorico, ha dirottato la sua scelta di studi sulla scuola tecnica di Le Locle: “mi è subito piaciuta, il nostro primo compito pratico è stato quello di montare una presa”, racconta ancora oggi con grande entusiasmo. Da lì ha intrapreso il percorso che l’ha portata a studiare ingegneria. Fino al giorno della fatidica domanda “che cosa farò da grande?”. La risposta non si è fatta attendere, dopo qualche esperienza e qualche soggiorno all’estero per imparare le lingue, e grazie a qualche fortunata coincidenza, Kim NagelBernasconi si è avvicinata all’ambito del fotovoltaico, la professione perfetta per coniugare le sue competenze tecnico-scientifiche e il suo amore per l’ambiente. Oggi fa parte di quella piccolissima percentuale di donne in Svizzera che opera nel settore STEM (science, technology, engineering, mathematics) o, detto anche, MINT (mathematics, informatics, natural sciences and technology).
tecnico è una condizione vitale per stare al passo con la competizione globale che oggi caratterizza la società del sapere (fonte bfs.admin.ch), per questo, attraverso programmi mirati (si veda il sito delle Accademie Svizzere delle scienze all’indirizzo akademien-schweiz.cho oppure il sito della Confederazione svizzera nella sezione “Obiettivo parità”) c’è il preciso intento di incentivare la partecipazione di donne nei corsi di studio scientifici così come il loro accesso alla professione. Nonostante, la domanda di personale qualificato nei diversi settori scientifici sia cresciuta in modo rilevante negli ultimi sessant’anni il numero delle donne iscritte a corsi di studio e attive professionalmente nei settori MINT rimane infatti molto basso. Come mostra il grafico sul sito della Confederazione, la quota di donne tra gli studenti iscritti a corsi di studio scientifici MINT nel 2013 era pari al 30,3%. Dal 2002 il numero delle studentesse è aumentato due volte più velocemente di quello degli studenti. Nel 2013, su un totale di 215.133 studenti (esclusa la formazione continua), 62.569 erano iscritti ai corsi di studio MINT. Il numero di studenti di sesso maschile iscritti a questi corsi ammontava a 43.602 quello delle studentesse a 18.967. Tra le cause, oltre alla scelta del percorso di studi, anche la mancanza di esempi femminili in questi settori, la bassa autostima delle donne nelle proprie competenze, attitudini e capacità in questi settori, l’idea che che le professioni nei settori MINT non consentano di conciliare lavoro e famiglia. Eppure, come molti studi da diverso tempo dimostrano, in un mercato del lavoro in rapida evoluzione e sempre più complesso, proprio per l’elevata richiesta e la scarsa competizione, le professioni MINT sono quelle che oggi offrono maggiori opportunità di lavoro e di carriera e stipendi più alti della media con una bassa percentuale di disparità salariale tra uomini e donne.
Quote rosa Diversi studi registrano una forte carenza in Svizzera di personale specializzato nelle materie tecnico-scientifiche e nell’edilizia, un dato allarmante per una piccola economia nazionale orientata all’esportazione come quella elvetica. La disponibilità di capitale umano qualificato nel settore
Ambiente e tutela dei beni storici In Svizzera insomma ci vorrebbero molte più donne come Kim Nagel-Bernasconi che, oltre ad aver maturato dieci anni di esperienza nel settore del fotovoltaico, è diventata esperto CECE® per l’elaborazione del Certificato Energetico Cantonale degli Edifici, ha partecipato a progetti di ricerca
ficativo il nostro paesaggio, soprattutto in quelle sue componenti antropiche che presentano contenuti di particolare valore storico-monumentale”.
svizzeri e internazionali, così come a varie attività legate allo sviluppo del fotovoltaico su tutto il territorio elvetico. Tra le esperienze, che professionalmente l’hanno più appassionata, sicuramente quella presso l’istituto ISAAC-SUPSI, dove ha creato e sviluppato il Centro di competenza svizzero per l’integrazione del fotovoltaico negli edifici – scopo del Centro è di combinare le competenze e creare sinergie tra architetti e specialisti nel settore fotovoltaico: bipv.ch – e ha lavorato su uno studio per integrare al meglio il fotovoltaico nei centri storici del Ticino “è stata una bellissima esperienza che mi ha permesso di occuparmi di architettura e fotovoltaico mettendo armonicamente in relazione questi due campi. C’era un bel team di uomini e donne nel quale mi sono resa conto di quanto le diverse sensibilità e competenze di ognuno apportino uno scambio e un valore aggiunto importante”. Insieme il team di ricerca ha elaborato un progetto di linee guida per il Dipartimento del territorio del cantone (www4. ti.ch) in merito all’utilizzo di pannelli solari nei nuclei storici, descrivendo e analizzando i criteri di posa così come i criteri per una valutazione paesaggistica. Se, infatti, si legge nel documento, “è nell’interesse della nostra società ridurre l’utilizzo delle energie fossili e contribuire attivamente alla riduzione della produzione di CO2” aiutando a diffondere l’uso di tecnologie volte a catturare e riutilizzare l’energia solare in particolare “in un cantone che dal profilo climatico gode di condizioni d’insolazione del tutto favorevoli”, d’altro canto bisogna tenere conto di come “la posa di pannelli solari termici e fotovoltaici” possa modificare “in modo signi-
Imprenditoria e indipendenza energetica Da questa eccezionale esperienza professionale e di vita, Kim Nagel-Bernasconi ha compiuto ancora un ulteriore pezzo di strada. Trasferitasi in Ticino per amore, ha deciso di mettersi in proprio aprendo una sua attività. A spingerla verso questa scelta la nascita di sua figlia e la necessità di trovare una formula che le permettesse di coniugare al meglio lavoro e famiglia “non è stato facile ma così ho trovato il modo di conciliare la mia vita di mamma con la mia vita professionale”. L’azienda si chiama Greenkey (greenkey. ch) e il campo nel quale opera naturalmente è quello del fotovoltaico. Si tratta di uno studio di ingegneria neutrale e indipendente che offre consulenza, analisi, progettazione e installazione di impianti fotovoltaici su tetto piano o montati sulla copertura del tetto. “Quello che più mi piace della mia attività è il contatto con i professionisti e gli artigiani con i quali lavoro, lo scambio di competenze con l’elettricista e il carpentiere, per conseguire insieme un impianto di qualità”. Se credete che lei si occupi solo di incontrare i clienti, di fare il sopralluogo, di preparare il progetto o l’offerta vi sbagliate. La giovane imprenditrice si reca anche sui cantieri per seguire in prima persona l’installazione dei pannelli così come la configurazione dell’impianto elettrico. Il suo pubblico di riferimento sono sia i privati sia le aziende, “in Ticino c’è una crescente attenzione e sensibilità ai problemi legati all’ambiente e le persone hanno voglia di fare qualcosa, di contribuire alla sua salvaguardia”. Con un impianto fotovoltaico siamo in grado di produrre autonomamente parte della nostra elettricità domestica e questo concetto di indipendenza, di una produzione autonoma decentralizzata “piace molto sia alle famiglie sia alle aziende. Quello del fotovoltaico è un discorso ampio e affascinante, che va oltre il discorso dell’energia”. Servirebbe una maggiore informazione e diffusione affinché nei cittadini e nell’opinione pubblica si crei una consapevolezza dei vantaggi che questo sistema energetico ecosostenibile ha per l’economia domestica e per l’ambiente, così com’è necessario spiegare il funzionamento dei sussidi previsti per chi sceglie di installare il fotovoltaico. Guardando indietro Kim si dice contenta e sa di avere compiuto la scelta giusta per sé e per la sua famiglia. Che cosa pensa invece della situazione delle mamme che lavorano nell’ambito delle professioni tecnico-scientifiche o dell’edilizia, ma non hanno una propria attività: è possibile per loro conciliare lavoro e famiglia? “Sempre di più, vedo tante donne ingegnere che hanno bambini e riescono contemporaneamente a dedicarsi alla loro professione. Probabilmente è dovuto a una riorganizzazione del concetto del lavoro per cui oggi si tende a dare più importanza a una professione orientata al raggiungimento degli obiettivi piuttosto che alla quantità di ore di presenza in ufficio”.
Agorà 5
Geniali Simpson
Il noto cartone animato non solo si distingue per la particolare costruzione e la graffiante dialettica, ma soprattutto per la capacità di ritrarre in modo incisivo la società contemporanea di Nicoletta Barazzoni
Società 6
L a serie The Simpson attinge alla cultura popolare ma allude continuamente anche alla cultura più alta. Non a caso il riscontro di pubblico di questo cartone animato, ritenuto il più pop del mondo, è vasto e variegato. Persone di ogni estrazione sociale ne sono affascinate. Considerata da molti un’opera narrativa, la serie ha indotto alcuni filosofi a scrivere un saggio dal titolo: I Simpson e la filosofia (Isbn Edizioni, 2005). Rifacendosi allo strutturalismo di pensatori come de Saussure, Claude Lévi-Strauss e Roland Barthes, gli autori, ricorrendo all’analisi semiotica, con i codici che denotano o connotano senso, interpretano la serie in chiave filosofica. Nella prefazione si legge, per esempio, che “è possibile che Bart rappresenti la perfetta incarnazione dell’ideale nichilista di Friedrich Nietzsche? Che il comportamento di Marge sia la realizzazione concreta della classificazione aristotelica delle virtù? Che la mentalità di Springfield sia frutto di un approccio decostruzionista al reale? Secondo William Irwin, Mark T. Conrad e Aeon J. Skoble, per capire l’epopea dei Simpson è più utile rivolgersi a Immanuel Kant, Karl Marx e Roland Barthes che non ai sociologi o ai critici televisivi. Diciotto saggi, diciotto possibili percorsi interpretativi che offrono letture originali dei personaggi, dei linguaggi e anche della scorrettezza politica della serie”. L’uomo aristotelico I Simpson incarnano la tradizionale famiglia americana, la classe lavoratrice appartenente al ceto medio: Homer Simpson, il padre, Marge Simpson, la madre, Bartolomeo J. Simpson (Bart), di dieci anni, Lisa, di otto anni (con le sue perle di saggezza), e Maggie che ha solamente due anni, i loro tre figli. Quest’ultima, essendo la più piccola, non parla e partecipa in modo semi passivo, salvando però parecchie volte
Rimandare di un mese il pagamento della rata in scadenza? <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2tzAwtAAA8dO73g8AAAA=</wm>
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la famiglia da situazioni rischiose. I Simpson non sono affatto cartoni animati destinati ai bambini perché delineano una satira pungente della società americana e del suo funzionamento, in cui le allusioni sono molto esplicite. La satira simpsoniana amplifica le storture della società, portandone in superficie l’assurdo e le incongruenze. Il cartone animato infatti non ha il carattere tipico del suo genere: non è né innocuo né inoffensivo ma al contrario contiene messaggi ficcanti per un pubblico adulto. Con Homer che è il protagonista principale della storia, si potrebbe pensare che la saga sia impostata su un concetto patriarcale mentre in realtà la persona più intelligente della famiglia è Lisa: l’acume all’interno del nucleo familiare è dunque donna. Bart è un diavoletto che ne combina di tutti i colori. Le imprese di Bart ci ricordano spesso perché le brave ragazze vanno in paradiso e le cattive dappertutto. Homer nella sua stupidità prima di tutto riesce sempre a cavarsela per poi trarne spesso qualche cosa di intelligente. Infatti, sono numerose le frasi di Homer che, malgrado all’apparenza demenziali, terminano con considerazioni poetiche e filosofiche. In una puntata Homer interpreta Amleto, sfoggiando anche una buona dose di cultura. Il fatto che Homer sia un bevitore incallito, un bugiardo patentato, e l’onestà gli faccia difetto, gli conferisce – secondo il parere di uno degli
autori del saggio – un carattere aristotelico. Homer viene infatti esaminato attraverso una lettura filosofica con le comparazioni riferite alle tipologie aristoteliche: il superuomo, la bestia, il virtuoso, il continente, l’incontinente e il vizioso. Una famiglia “bestiale” Ma in che senso questa sarebbe una parodia e una satira della famiglia americana? Perché dietro la risata, se si analizza il significato del messaggio, c’è una rappresentazione della realtà portata all’estremo, in cui le fobie e le manie sono sfruttate, enfatizzate e ridicolizzate. Homer lavora in una centrale nucleare come ispettore alla sicurezza ma beve, non ha un diploma e non ha studiato, a suggerirci che siamo nelle mani di incompetenti, in balia di personaggi irresponsabili. Una presa in giro per far capire da chi sia pericolosamente sorretta la nostra società. I colori sgargianti – il giallo è riconoscibile in quanto segno distintivo – e le immagini forti attenuano e distolgono in parte l’attenzione dal contenuto a volte drammatico e crudele. I Simpson hanno quattro dita come i primati, non essendo dunque degli umani possono comportarsi in modo “bestiale”. I protagonisti non sono né umani né animali, sono e non sono reali allo stesso tempo, generando una verosimiglianza che permette loro di fare e dire cose che altrimenti verrebbero loro negate. Non esistono le parolacce nei Simpson e la violenza
Senza costi aggiuntivi. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2tzAwMgQAljhKjA8AAAA=</wm>
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La famiglia Simpson al gran completo (da allon.it)
Si può fare? <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2tzAwMgYAullEYg8AAAA=</wm>
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spesso è smaliziata. Il rigetto della moralità tradizionale di Nietzsche e la cattiva condotta di Bart sono alcuni temi trattati nel saggio sui Simpson. Anche le riflessioni sull’ipocrisia, che non sempre deve essere espressione di immoralità, rientrano nell’analisi. La morte dell’urbanità Lisa nel saggio è ritenuta essere l’espressione dell’antintelettualismo americano, denotando il modo con cui la società americana ha un rapporto di amore e odio con gli intellettuali, e questo perché Lisa fa valere il suo diritto a un’opinione, mettendo in dubbio la parola degli esperti. Il filosofo Matteo Vegetti, docente di antropologia culturale, a proposito del concetto di urbanità ci dice che i Simpson “rappresentano la morte dell’ur-
banità perché quel modello di urbanizzazione (villette con giardino una in fila all’altra) elimina lo spazio pubblico. E infatti l’unico spazio esterno in cui le persone si incontrano è il Jet Market. Il «mostro-market», che ogni tanto compare è l’emblema dell’alienazione e della merce abbinato a ciò che Heidegger definiva «il gigantismo americano» (L’epoca delle immagini del mondo). Ma nella città non esistono piazze, marciapiedi frequentati (poiché non vi sono servizi), luoghi di cultura. Insomma, è il contrario di quel modello di urbanità – ricca di funzioni diverse, densa, socialmente variegata – difeso dalla Jacobs. Inoltre Springfield è una città che presume l’automobile: senza non esisterebbe neppure. Quel modello urbano è la triste realizzazione storica di un’utopia americana (la Broadacre City di Wright, che infatti odiava la tradizionale città industriale, e ne sognava una spread out nel verde). È comunque un’utopia insieme individualistica e paritaria, una forma etica del capitalismo del tutto estranea a noi europei”. Se ci addentriamo nel discorso legato alle notorietà che hanno dato la voce ai personaggi apriremmo un altro capitolo. Con la morte di Tonino Colla,
doppiatore di molti personaggi, che ha dato la voce a Homer, è iniziata la ricerca spasmodica del successore. Nell’ultima stagione, tradotta in italiano, con Liù Bosisio che fa la voce di Marge, la Fox ha deciso di non fornire più sostegni per la traduzione e il doppiaggio. Il doppiatore Harry Shearer ha inoltre di recente comunicato che smetterà di dare la sua voce a numerosi personaggi della serie proprio a partire dal prossimo anno.
Sì, con la nostra opzione di pro roga delle rate. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2tzAwMgcAo50pZQ8AAAA=</wm>
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Avviso secondo la legge: la concessione di crediti è vietata se conduce a un indebitamento eccessivo (art. 3 LCSI). CREDITnow è un marchio di prodotto di BANKnow SA, Horgen.
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Arzilla Raffaella
“Tutto scorre” sosteneva Eraclito, ma a smentire il filosofo greco è arrivata la Carrà. Con il suo universo immobile fatto da decenni di balletti, sigle tormentone e capelli biondi a caschetto di Roberto Roveda
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La Carrà mi fa paura. Ogni volta che compare sullo schermo mi aspetto che all’improvviso mostri l’ombelico urlando “Carràmba che sorpresa!”. Oppure sudo freddo al pensiero che si lanci in uno spudorato Tuca Tuca mentre canta “come è bello far l’amore da Trieste in giù, come è bello farlo sempre, io son pronta e tu?”. No, non sono pronto, lo ammetto. Quando vedo Raffaella simil sadomaso, tutta stivaloni, giubbotti in pelle e borchie mi inibisco, lo confesso. Me la ricordo quando ero bambino
duettare con Topo Gigio e me la ritrovo ora a rappare con J-Ax, a fraternizzare scambiandosi consigli sui tatuaggi con Piero Pelù e a duettare con Asia Argento, creatura assai più inquietante di suo padre Dario. È chiaro che qualcosa non torna, basta guardare come fa roteare ancora oggi il suo caschetto eternamente simile a una scopa di saggina per rendersene conto. Non può essere sempre lo stesso essere umano a tormentarci da quasi mezzo secolo con “ma che mu, ma che mu, ma che musica maestro…”, non può più essere Raffaella Carrà in carne e ossa. Chi ha clonato la Carrà? Non scherziamo, l’originale è nata prima della fine della seconda guerra mondiale e da allora è cambiato tutto: sono crollati muri, scomparsi imperi, si sono succeduti sette pontefici e sette versioni della Volkswagen Golf. La Carrà non può essere l’unico ente immutabile a questo mondo. Cioè, capiamoci, dello sfolgorante dopoguerra italiano fatto di Neorealismo, Dolce vita, boom economico, Ferrari, Fiat 500 e Olivetti Lettera 22 l’unica cosa rimasta intatta sarebbe Raffaella? Mi rifiuto di crederlo. È ovvio che quella che vediamo sgambettare cigolante e un po’ legnosa in TV è il frutto di una elaborazione digitale, un miracolo di Photoshop, un clone tipo pecora Dolly, solo un po’ più vitale. Anzi siamo probabilmente di fronte a un androide in cui sono stati riversati i testi delle milioni di sigletormentone cantate da Raffaella. La signorina Pelloni (questo il vero nome della Carrà) ora gioca a burraco con le amiche sulla riviera romagnola come conviene a una certa età. A volte però sorge un dubbio inquietante. E se quella che vediamo fosse veramente la Carrà? Un androide si rifiuterebbe quasi certamente di sfoderare nel 2015 gli stessi balletti che si facevano ai tempi del “bianco e nero”. Un’intelligenza artificiale, pro-
e giovanilistica fin che vuoi ma sempre con quel tono da zia che fa un po’ il predicozzo. Ultimamente ha parlato di pensione, forse perché il suo show “Forte, Forte, Forte” lo hanno visto solo parenti e non paganti come accadeva un tempo alle recite parrocchiali. Però io non mi fido: la Carrà torna sempre e mi aspetto tra una decina d’anni di vederla ballare la lap dance mentre nell’aere risuona “chissà se va, chissà se va, ma si che va, che va”. No, non va, Raffaella rimane e questo fa paura.
Raffaella Carrà ai tempi d’oro (da music-bazaar.com)
prio perché dotata di raziocinio, non sorriderebbe mai cantando a squarciagola “ballo, ballo ballo da capogiro, ballo, ballo ballo senza respiro”. Il dubbio è che dietro ci sia un patto col diavolo del tipo “io ti cedo l’anima di Sergio Japino e tu fai di me la gramigna della televisione”: soffocante, infestante, persistente. Questo spiegherebbe come sia riuscita a seppellire tutte le sue rivali, dalle gemelle Kessler alle sorelle Goggi, passando sopra come un Tir a tutte le possibili Lorelle Cuccarini. Spiegherebbe una longevità da fare concorrenza alla regina Elisabetta d’Inghilterra, che sul trono ci sta dal Cenozoico. Oppio catodico Nel frattempo, decennio dopo decennio, la Carrà è diventata la versione catodica dell’oppio dei popoli teorizzato da Karl Marx. Ci ha rintronato di canzoncine, ha inventato il quiz telefonico a base di “quanti fagioli ci sono in questo contenitore di vetro?”. Ha creato il tanto decerebrato linguaggio televisivo moderno, il “Pronto Raffaella? Sei brava, sei buona, sei bella! Complimenti per la trasmissione, non è che mi dai un aiutino?”. Un aiutino?! Per i fagioli?! Non ancora paga, ha introdotto la TV del dolore e del piagnisteo con le sue carrambate, gli abbracci in diretta, le lacrime, il rimmel che cola copioso assieme al cerone. Poi sono arrivati i talent show e si è messa a fare il coach, giovanile
… ma con dei campioni di merce è ancora più facile essere convincenti.
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S
Vitae 10
ono nata a Ginevra nel 1971 da genitori svizzero-tedeschi e all’età di quattro anni ci siamo trasferiti a Lugano per il lavoro di rappresentanza di mio padre. Come figlia unica ho goduto di molte attenzioni da parte dei miei genitori, che mi adoravano. Mia mamma è sempre stata un punto di riferimento e ancora oggi ho un ottimo rapporto con lei. Con un padre “anziano”, già 54enne quando sono venuta al mondo, ho subito un’educazione rigida, di vecchio stampo. Avevo più o meno tutto, tranne la libertà. In questa gabbia dorata, come mi piace definirla, sono sempre stata fin troppo ligia e brava. Quando poi ho iniziato a decidere della mia vita, il rapporto con mio padre si è incrinato ed è stato tenuto in vita dalle mediazioni di mia madre. Mio padre è morto pochi anni dopo e oggi, in certe situazioni, mi accorgo che si tratta di un capitolo aperto, non ancora superato. A 14 anni ho fatto l’apprendistato di commercio; con il senno di poi sarei volentieri andata al liceo, per la cultura generale, che è difficile recuperare in seguito. L’hockey su ghiaccio era una delle poche libertà che mio padre mi concedeva. Mi accompagnava alla Resega per vedere l’HC Lugano ed è proprio lì che a 14 anni ho visto per la prima volta quello che sarebbe poi diventato mio marito. Una volta “morosi”, Bruno non ha voluto entrare nella tipica dinamica delle coppie che si isolano dal mondo esterno e che stanno tutto il tempo insieme. All’inizio ci ho sofferto un po’ ma poi ho capito che mi stava facendo apprezzare la vera libertà, quella che non avevo mai avuto. Insoddisfatta del lavoro di impiegata di commercio, mi sono iscritta alla Scuola superiore alberghiera e del turismo. È stata dura tornare alla vita da studente perché a quel tempo convivevo già e le spese erano molte, ma è stato un buon esercizio per eliminare tutte quelle attività superflue che svolgiamo quando abbiamo uno stipendio regolare. Una volta in questa situazione, ti rendi conto che puoi fare a meno di tante cose e che quelle indispensabili sono immateriali, non le puoi acquistare. Ho sempre adorato viaggiare, soprattutto da sola, una passione importante che ho raramente condiviso con mio marito, ma una mia necessità che lui ha sempre rispet-
tato. Viaggiare da sola è un bel momento per sé stessi, per conoscersi. Il viaggio di maggior impatto emotivo è stato quello in Sudamerica nel 1998, l’anno dell’uragano El Niño. Arrivata all’aeroporto di Quito, in Ecuador, parlavo una specie di dialetto improvvisato con sonorità vagamente spagnole, ma mi son fatta capire comunque. Lo spagnolo l’avrei poi imparato a scuola e in strada, ma è stata un’avventura visto che la Panamericana e le altre strade erano molto dissestate o addirittura spazzate via dal maltempo. Due delle tappe più importanti della mia vita risalgono al 2004 e al 2007, ovvero la nascita delle mie figlie. Un momento magico durante il quale sei sopraffatto dalle sensazioni di amore, intimità e unità familiare e allo stesso tempo dalla forza che questo legame comporta. Ritengo che la famiglia sia il fulcro dell’esistenza e visto che i miei genitori hanno avuto una grossa influenza sul mio percorso di vita, sento una grande responsabilità nell’educazione e nella condivisione della realtà quotidiana con Cheyenne e Savannah. Da giovane non ho mai sentito un attaccamento particolare alla terra e avrei vissuto in capo al mondo, ma da quando sono madre ho cominciato a mettere radici e adesso non potrei immaginarmi di vivere altrove che a Novazzano. Quale responsabile per la Svizzera italiana di SOS Villaggi dei Bambini la componente familiare è un aspetto importante anche nella vita professionale. Un lavoro che mi appassiona e nel quale metto tutto il mio impegno, tra le altre cose anche per trovare i fondi necessari alla realizzazione dei progetti di sviluppo affinché i bambini, che hanno perso le cure genitoriali o sono a rischio di perderle, possano crescere comunque in un ambiente familiare. I bambini sono i più vulnerabili e i più colpiti dai problemi che affliggono la nostra società, specialmente quelli che non hanno i genitori o una persona di rifermento in grado di proteggerli. Per accrescere le mie competenze in merito sto frequentando una formazione postuniversitaria in Cooperazione e Sviluppo alla SUPSI.
EVELyN HEUSSER GHIDINELLI
Si ritiene molto fortunata e non può desiderare di meglio: ha un marito che la sostiene, due splendide figlie e un lavoro che le regala tante soddisfazioni
testimonianza raccolta da Simon Majek fotografia ©Sabine Biedermann
Mont e Br è
Fra arte e natura di Marco Della Bruna; fotografie ŠFlavia Leuenberger
S
pesso quando si pensa al Ticino si immaginano i nostri grandi laghi e le eleganti città che vi si affacciano, i suggestivi castelli del Bellinzonese, le colline coltivate a vite o ancora i tanti paesi arroccati sulle nostre montagne. Ed è probabilmente anche per queste sue bellezze che il nostro cantone nei decenni passati è stato scelto da tanti artisti, svizzeri e non, alcuni molto noti, altri forse un po’ meno, come luogo di residenza.
Dagli inizi del novecento, sia pure in periodi diversi, un folto numero di scrittori, scultori o pittori ha scelto di soggiornare sulla collina luganese del Monte Brè, unendosi a una insolita schiera di artisti locali. Oggi la presenza per lunghi anni di queste persone ha reso particolare il piccolo paese di Brè, da sempre borgo di contadini e piccoli allevatori, diventato una sorta di concentrato di arte e cultura. La storia di questo paese, le sue tradizioni rurali, ma anche le sue curiosità artistiche, ha deciso di raccontarle ai turisti o
in apertura: il nucleo di Brè domina dall’alto il Ceresio a sinistra: una riproduzione della Gioconda di Leonardo e alcuni oggetti di uso contadino davanti a una vecchia stalla nel nucleo di Brè, quasi a simboleggiare le due anime del borgo, quella artistica e quella rurale
ai semplici curiosi Alfio Prati, un ex docente che da queste parti è nato e vissuto e ha conservato un forte legame affettivo con i luoghi della sua infanzia. Memoria storica di Brè e dei suoi dintorni, il signor Prati ha scelto di regalare ad altri le sue conoscenze, proponendo una serie di “passeggiate” tra la storia, la cultura e le tradizioni di questi posti, ma anche alla scoperta delle ricchezze botaniche della zona, proponendo inoltre per i più piccoli un percorso dedicato all’acqua e alla sua importanza per il paese.
Un percorso di conoscenza Nei giorni scorsi abbiamo accompagnato il signor Prati in una di queste passeggiate per le strade del piccolo borgo insieme ad alcuni allievi della scuola elementare di Sonvico. Tra una piazza suggestiva, un vecchio lavatoio e una stalla riattata, Alfio Prati ci spiega che nella sua lunga attività di insegnante ha sempre privilegiato quello che una volta si chiamava “metodo attivo” di insegnamento, che significa toccare, osservare dal vivo le cose, per suscitare curiosità (...)
Alfio Prati, la nostra guida
sopra e accanto: antiche abitazioni riattate nel nucleo del paese
nell’allievo e creare uno stimolo nell’apprendere. Questa sua esperienza di insegnante “pratico” ha quindi pensato di riproporla in maniera diversa ma ugualmente coinvolgente una volta raggiunta l’età della pensione. Così, ha deciso di accompagnare alcuni suoi ex colleghi con le classi, in escursioni nella zona del Monte Brè sopra Lugano, spiegando le caratteristiche uniche del luogo. Visto l’interesse suscitato per queste sue passeggiate, ha deciso di offrire anche ad altri la possibilità di conoscere il passato e le curiosità di questi posti, proponendosi gratuitamente per queste visite guidate che spesso arricchisce leggendo alcuni versi dialettali del poeta e scultore locale Pasquale Gilardi e coinvolgendo i presenti in questa passione per i luoghi delle sue origini. “Nel paese vivevano alcuni artisti, pittori, scultori, poeti, che non erano molto affermati al tempo”, ci spiega Prati passeggiando nel piccolo borgo, “questi artisti sono stati rivalutati in seguito, solo dopo la loro morte. Gli abitanti del paese li vedevano come gente strana. Ricordo che all’inizio del secolo scorso a Brè vivevano circa 200 persone e oltre 250 capre, questo spiega anche perché un artista in un mondo di contadini fosse davvero visto in maniera particolare, non veniva capito e spesso non apprezzato. Artisti come il pittore argoviese
Wilhelm Schmid o l’ungherese Josef Biro solo negli ultimi anni della propria vita sono riusciti a vendere qualche tela”. Nel borgo è presente anche un piccolo ma suggestivo museo dedicato a Wilhelm Schmid, morto nel 1971, che, dopo un periodo di chiusura, riaprirà i battenti (le visite saranno organizzate su richiesta) grazie all’iniziativa congiunta fra vari enti e associazioni del territorio. Proseguendo tra le viuzze del paese, Alfio Prati ci fa notare le numerose opere esposte all’aperto realizzate da diversi artisti legati a questo luogo. Opere che fanno parte di un “arredo artistico” creato nel nucleo di Brè la cui realizzazione è stata promossa dal Circolo Pasquale Gilardi “Lelèn” in collaborazione con Visarte Ticino (per informazioni su viste guidate consultare il sito luganoturismo.ch). Flora e araldica Il percorso botanico che propone l’ex docente inizia uscendo dal nucleo del paese, lasciandosi alle spalle sculture, installazioni e dipinti affidati alle pareti delle case. “Faccio delle escursioni per ragazzi soprattutto per mostrare loro il tipo di vegetazione di questa zona, particolarmente ricca e variegata” racconta Alfio Prati mentre percorriamo una stradina in
Lo scultore e pittore Marco Prati nel suo atelier a Brè
salita che porta verso l’acquedotto comunale, “passeggiando da Castagnola al Monte Boglia è possibile vedere buona parte dei diversi tipi di vegetazione che si possono osservare in Europa: dalla macchia mediterranea, alla taiga e alla tundra. Lungo le rive del lago troviamo le piante tipiche della macchia mediterranea, dall’ulivo, all’agave, mentre risalendo il Monte Brè si incontra un bosco di latifoglie, con piante quali roverella, tiglio e poi più su castagno e faggio. Continuando a salire la vegetazione cambia ancora fino ad arrivare sulla cima del Monte Boglia dove non esistono più alberi, ma solo vegetazione bassa come erba e arbusti, tipici della tundra. Questo fa capire che la vegetazione cambia con l’altitudine e con il cambiamento di latitudine. Passeggiando in queste colline è facile incontrare, come detto in precedenza, la roverella, una piccola quercia, molto diffusa in questa regione”. Per ricordarci le caratteristiche rurali del paese di Brè, Prati ci racconta com’è nato lo stemma del piccolo borgo: “Quando a Josef Biro è stato chiesto di creare lo stemma del paese, ha pensato di disegnare quello che quotidianamente vedeva nel paesaggio: le capre e la roverella. Oggi Brè è solo un rione di Lugano, ma sul suo stemma e su quello del Patriziato c’è una capra, o meglio un becco, ed una pianta di roverella”.
Vita e arte Terminata la visita con i ragazzi delle elementari, ci si incammina verso il cimitero del paese, adiacente la piccola chiesa. Sono anche questi luoghi ricchi d’arte e di memoria per il borgo. Il cimitero, per esempio, conserva alcune opere di Pasquale Gilardi realizzate in età giovanile, come la grande scultura in basso rilievo denominata La dea della pace, o lo straordinario mosaico Der Heliand (La cena) di Wilhelm Schmid, che si trova sulla tomba dell’artista. La passeggiata si conclude alla chiesa di San Fedele, dove all’esterno si ammira un San Cristoforo dal pittore Luigi Taddei e all’interno i grandi affreschi e i quadri realizzati da Josef Biro che rappresentano momenti della Via Crucis, e che secondo alcuni ritraggono personaggi reali del paese contemporanei a Biro, ci confessa Alfio Prati, a testimoniare ancora una volta di quanto l’opera degli artisti che hanno vissuto a Brè si sia fortemente intrecciata con la vita quotidiana del piccolo borgo. per informazioni Per visite guidate è possibile contattare il signor Alfio Prati inviando una mail all’indirizzo: alfio.prati@gmail.com
Funamboli sull’acqua Remare, un esercizio fisico vecchio almeno quanto la nascita delle imbarcazioni e della navigazione. Ma anche uno sport che richiede un notevole impegno, fisico e mentale e la necessità di lavorare tutti per uno stesso fine di Alessio Longo; fotografie ©Natasha Quadri
educativo, in quanto il modo più efficace per remare è quello di coordinare tutti i rematori in uno sforzo corale al quale devono aderire unanimemente dando il massimo del loro potenziale. Inevitabilmente questo permette al vogatore di affrontare e relazionarsi in maniera intensa con il proprio orgoglio, il senso di responsabilità e di condivisione, rapportando il suo contributo a una serena fiducia nell’equipaggio e in chi lo governa. E questo è il motivo per cui in celebri università come Oxford e Cambridge il canottaggio rappresenti un simbolo così fortemente sentito e perpetuato sino a oggi (in tempi apparentemente “moderni”).
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Quella del canottaggio è una disciplina sportiva antica e
ricca di suggestioni... Ma partiamo dal principio: questa attività fisica si svolge naturalmente sopra uno specchio d’acqua, attraverso l’ausilio di un’imbarcazione e uno o due remi per vogatore. Dunque con la sola forza fisica si procede spostandosi liberamente sulla superficie di un bacino (il più possibile calmo e privo di correnti troppo “impetuose”).
Virgilio e l’origine del canottaggio Alcuni fanno risalire l’origine di questo sport all’Inghilterra, tuttavia quella della regata è una attività assai più antica. Sicuramente già attestata in età classica da Virgilio, il quale nell’Eneide descrive una regata alla quale presero parte quattro imbarcazioni della flotta di Enea. Ma l’inizio di tale attività si perde in quella ricca notte dei tempi da dove tutto ha origine… infatti già nell’antico Egitto si praticavano regate simili. La posizione del rematore è sempre la stessa, ovvero “appeso al remo”, nel senso che il modo per poter utilizzare al massimo la potenzialità del corpo è quello di volgere le spalle alla traiettoria e utilizzare tutto il corpo come una catena cinetica, che dai piedi puntati sulla barca esercita la forza di tutto il movimento riversandola in acqua attraverso la pala del remo. Oltre alla notevole prestanza fisica, uno dei motivi che ha portato nella storia a utilizzare il canottaggio come strumento e simbolo di forza morale, risiede nel concetto stesso di imbarcazione. Un modo di dire ancora largamente utilizzato è “essere nella stessa barca”, ovvero condividere un destino comune e collaborare allo sviluppo dello stesso. In questo senso, il canottaggio rivela tutto il suo potenziale
Espiare la pena, remando Nelle epoche antiche, in particolare nel Mediterraneo, contrariamente a quello che si immagina, lo spostamento a remi era una modalità essenziale, sia per il commercio sia in ambito militare. A tal proposito è interessante notare che in passato andare in “galera” significava, a seguito di un reato commesso e giudicato, finire incatenati a una galea dove si scontava la pena remando per il re. Il canottaggio è una disciplina olimpica fin dal 1900, ed è oggi uno sport moderno di alta condizione fisica, nel quale si utilizzano materiali e tecnologie all’avanguardia per realizzare barche sempre più veloci e performanti. Ma
come il canottaggio insegna, se non si immerge il remo sotto la superficie, non c’è la possibilità di un appoggio per muoversi; così al di la della nuova veste, la fatica fisica, la resistenza mentale e la capacità di “stare sulla stessa barca” restano ancora gli ingredienti fondamentali di una disciplina che se ben coltivata porta grandi soddisfazioni a chi la pratica, sia a livello agonistico che amatoriale. Riesce difficile spiegare a chi non ha praticato il canottaggio le sensazioni che si provano in certe tranquille e silenziose mattine, nelle quali l’unico rumore è il deciso entrare dei remi nell’acqua. E lo scivolare della barca col ritmo costante appare come una pulsazione, un cuore che batte, passo dopo passo verso la riva. PS. In molti sport la conclusione di una gara è l’arrivo, tuttavia è interessante notare come l’etimologia della parola “arrivo” (termine proprio della navigazione) significhi letteralmente “condurre, accostare alla riva”.
note bibliografiche G. Manetti, Sport e giochi nell’antichità classica, Mondadori, 1988 J. Merrien, La vita di bordo nel Medioevo, Mursia, 2008 ringraziamenti Si ringrazia la Scuola di canottaggio Caslano e Malcantone, società fondata nel dicembre 2010, per la collaborazione e la disponibilità nella realizzazione delle immagini presenti in queste pagine. Per informazioni, corsi e manifestazioni: scuolacanottaggio.ch
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Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 4 giugno. I risultati appariranno sul numero 24 di Ticinosette.
Al quesito “Per il suo alto contenuto di oli saturi, l’olio di palma è considerato dannoso alla salute. Controllate la sua eventuale presenza in un prodotto prima dell’acquisto?” avete risposto:
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Astri ariete Con Mercurio e Marte nella terza casa solare la mente tenderà a essere stimolata. Possibile rivoluzione dei rapporti sociali. Ambivalenza negli affetti.
toro Opportunità affettive per i nati nella terza decade: la vita sentimentale potrebbe prendere una nuova piega. Incontri e flirt con persone più giovani.
gemelli Non negatevi nulla. Grazie a Mercurio e a Marte siete lucidi e determinati. Risoluzione inaspettata di un antico problema. Sbalzi umorali tra il 2 e il 4.
cancro Grazie a Venere siete particolarmente seducenti. Approfittatene. Avete tempo fino al 5 giugno. Problemi di stagione per i nati nella prima decade.
leone Venere in Cancro vi rende assai romantici nell’esternazione dei sentimenti. Controllate di più il vostro egocentrismo. Opportunità professionali.
vergine Cambiamenti epocali influenzati da Saturno e Nettuno. Non abbiate paura di liberarvi da ciò che non vi appartiene. Viaggi e gite. Parlate meno.
bilancia Possibile risoluzione di una vertenza legale. Decisi e determinati sia nei colloqui di lavoro che nell’affrontare un esame. Lucidità mentale.
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sagittario Settimana di stress per i nati tra la prima e la seconda decade. Con Saturno alle spalle, Mercurio e Marte di transito, c’è il rischio di essere intransigenti.
capricorno Eros alle stelle. Possibile un ritorno di fiamma. State comunque attenti a non risollevare incautamente una vecchia questione coniugale.
acquario Momento propizio per l’inizio di un’attività. Sfruttate l’estro e la creatività. L’arrivo il 6 giugno di Venere in Leone risveglia antiche gelosie.
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La soluzione verrà pubblicata sul numero 24
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate lo 0901 59 15 80 (CHF 0.90/chiamata, dalla rete fissa) entro giovedì 4 giugno e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 2 giu. a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
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Orizzontali 1. Il canto dell’usignolo • 10. Messi in quarantena • 11. Nota Bene • 12. Due al cubo • 13. Sta nel gheriglio • 15. Il Calcio del chimico • 16. Il porto dal quale salpò Colombo • 17. Antica città dell’isola di Creta • 20. Altare pagano • 21. Il nome della Piccolo • 23. Il noto Marvin • 24. È vicino a Lodrino • 26. Ragioniere in breve • 27. La Silvia vestale • 28. Che ti appartiene • 30. Messaggero • 32. In mezzo al coro • 33. Dittongo in Coira • 34. Chiude la preghiera • 35. L’autore de “Il cugino Pons” • 38. Allettanti, ammalianti • 41. Assicurazione Invalidità • 42. I confini di Arogno • 43. Un cattivo fiabesco • 44. Un colore del croupier • 46. Gabbia per polli • 47. Essere degno, guadagnarsi • 50. Carme lirico • 51. Il noto Ventura • 52. Cono centrale. Verticali 1. L’antitesi del fondente • 2. Attimo • 3. Pari in incolto • 4. Annotazione interlineare • 5. Uruguay e Austria • 6. Ente Turistico • 7. La nota Turner • 8. Investire di dignità regale • 9. Grassa, adiposa • 14. L’onda nello stadio • 16. I pallini del sarto • 18. La Bella danzatrice • 19. Indolente, sfaccendato • 22. Grossa arteria • 25. La scienza dei poligoni • 29. Metallo radioattivo • 31. Fine inglese • 33. Dolce far niente • 36. Consonanti in lieve • 37. Mezza casa • 39. Segue la sera • 40. Il mitico aviatore • 45. Profonde, intime • 46. Proprio così! • 48. Il dio egizio del sole • 49. Pena nel cuore.
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La soluzione del Concorso apparso il 15 maggio è: REVOLVER
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Hanno comunicato la parola chiave corretta e sono stati sorteggiati: G. Zorzi (Chironico) T. Talleri (Gravesano) M. Di Carlo (Carabbia) M. Gianoni (Castione) C. Chiesa (Vacallo) Complimenti ai vincitori!
Premio in palio: due carte regalo per le Agenzie viaggi FFS Le Ferrovie Federali Svizzere offrono due buoni viaggio per un valore totale di CHF 100.– a due fortunati vincitori. Ulteriori informazioni visitando il portale ffs.ch/agenziaviaggi
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