№ 40 del 2 ottobre 2015 · con Teleradio dal 4 al 10 ottobre
ARTE PIRATA
Speculazioni, falsi, commerci illeciti, riciclaggio. L'arte rappresenta un grosso giro d,affari per la criminalità. E la Svizzera non ne è immune
Corriere del Ticino · laRegioneTicino · Tessiner Zeitung · chf 3.–
Ora lui sta per spararmi, devo pensare velocemente.
Per le strade è il caos, probabilmente Matilde non può aiutarmi per questo motivo... Io sono intrappolato qui con questo pazzo, con una spalla ferita ed un ginocchio rotto.
Episodio 6 : SOLO IN GINOCCHIO Testi: Massimo Rosi | Disegni: Francesco Della Santa
E
agire!
Lo colpisco dove fa male, Lauper fugge via... … Per il momento.
Matilde. Urgh... Matilde ho bisogno del tuo aiuto, sono alla caserma del Monte Ceneri--
La mia testa si fa pesante, gli occhi bruciano e vedo i puntini nel vuoto... Sto svenendo.
Ho perso-Sangue, ferito, sono ferito.
… Ma prima--
fine espisodio
Ticinosette allegato settimanale N° 40 del 02.10.2015
Agorà Mercato. Il volto oscuro dell’arte
di
Silvano de Pietro ...................................
4
Kronos Profughi. Estetica della tragedia
di
Marco alloni ...........................................
8
Visioni Smoke. Più leggeri dell’aria
Impressum
10
laura di corcia................................................
12
reza Khatir ..................................
37
Patrizia Mezzanzanica ed elvin MonteSSino .............................
42
Chiusura redazionale
Reportage Mi importa di Te
Editore
Teleradio 7 SA Muzzano
Astrofood Bilancia
di
9
Keri Gonzato .........................................
Vitae Carlo Petrolo (alias Boratt)
Venerdì 25 settembre
Giulio carretti ...............................................
Mundus Viaggiare. Paradiso perduto...
Tiratura controllata 67’470 copie
di
di
di
teSto e fotoGrafie di
Redattore responsabile
Tendenze Autunno. Vacanze tardive
Keri Gonzato ............................................
44
Coredattore
Svaghi ....................................................................................................................
46
Fabio Martini
Giancarlo Fornasier
di
Photo editor Reza Khatir
Amministrazione via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 960 31 55
Direzione, redazione, composizione e stampa Centro Stampa Ticino SA via Industria 6933 Muzzano tel. 091 960 33 83 fax 091 968 27 58 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticinosette è su Facebook
Stampa
(carta patinata) Salvioni arti grafiche SA Bellinzona TBS, La Buona Stampa SA Pregassona
Pubblicità
Publicitas AG Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse 39 Postfach 8010 Zürich tel. 044 250 36 65 tel. 079 635 72 22 daniel.siegenthaler@publicitas.com dati per la stampa a: riviste@publicitas.com publicitas.ch/riviste
Annunci locali
Publicitas Lugano tel. 091 910 35 65 fax 091 910 35 49 lugano@publicitas.ch Publicitas Bellinzona tel. 091 821 42 00 fax 091 821 42 01 bellinzona@publicitas.ch Publicitas Chiasso tel. 091 695 11 00 fax 091 695 11 04 chiasso@publicitas.ch Publicitas Locarno tel. 091 759 67 00 fax 091 759 67 06 locarno@publicitas.ch
In copertina
Elaborazione grafica del ritratto di Carolus-Duran di John Singer Sargent (1856–1925)
Libere emissioni in liberi consumi Il “pasticciaccio” creato dai tecnici e dai dirigenti del gruppo Volkswagen per falsare le reali emissioni di alcuni motori diesel della casa sta sconcertando l’opinione pubblica e non pochi addetti del settore. Ma c’è veramente da gridare allo scandalo? Direi di no. Ma forse era necessario che fossero proprio gli statunitensi dell’EPA – paese rigoroso nei controlli, tra i maggiori produttori (GM, Ford e di recente FCA-Fiat) e utilizzatori di veicoli a motore... e questo non è un caso – a portare alla luce la malafede dei tedeschi, analogamente a quanto accaduto sempre negli USA in passato con altri marchi asiatici ed europei. Nei giorni dello scandalo e delle dimissioni dell’amministratore delegato di VW qualcuno si è ricordato di alcuni test compiuti in Svizzera dal Touring Club e diffusi nel marzo scorso: prove reali (e non fatte in laboratorio) che dimostravano come nell’impiego di tutti i giorni i consumi dei nostri veicoli si discostano in modo importante dai dati forniti da chi li costruisce e da chi li certifica. “Tutto a posto in Svizzera”, precisano i distributori dei marchi coinvolti. Sarà, intanto però l’UE promette una campagna a tappeto su tutto il mercato continentale: si controllerà, in attesa che le nuove procedure vengano introdotte già nel 2016. Pochi mesi fa sulle pagine di questo settimanale (“A consumo variabile”, Ticinosette n. 23 del 5 giugno) evidenziavamo come la truffa venuta a galla oggi in verità faccia parte di un complesso e originale “pacchetto” che molte case automobilistiche mettono in atto per dimostrare la “sostenibilità” ambientale e i bassi consumi dei loro motori. Nell’articolo veniva citato sia il TCS sia un ancora più complesso e antecedente studio elaborato da
un’organizzazione non governativa ambientalista, la Transport & Environment (“2014 Mind the Gap report”; transportenvironment. org). A dimostrazione che ciò che oggi è venuto alla luce in verità è noto in Europa da tempo, tanto che le critiche sugli standard applicati per misurare emissioni e consumi non sono mancate neanche in tempi meno sospetti (almeno dal 2008). E il meglio, per modo dire, potrebbe ancora arrivare. Secondo alcuni studi la VW non sarebbe tra i produttori che “eccellono” nella differenza tra dati ufficiali e dati osservati/ reali. Vi è infatti chi presenta discrepanze superiori al 25-30% nelle emissioni: tra questi altri due storici marchi europei che si distinguono per lusso e sportività. Ma il mercato, purtroppo, presenta altri lati poco chiari, che toccano in modo diretto sempre (e naturalmente) i consumatori/ automobilisti e la concorrenza fra marchi e modelli. Tra questi il peso a vuoto dei veicoli (maggiore) e la potenza dei motori (inferiore), valori sovente non in linea con quanto pubblicizzato. Un aspetto irrilevante? Visto che anche questi fattori incidono pesantemente sulle imposte di circolazione, lasciamo a voi le conclusioni. L’industria dell’auto e il suo indotto (ricambi, manutenzione ecc.) rappresentano settori fondamentali per l’economia di molti paesi. Evidenziare ciò che non funziona è sempre difficile e delicato perché, per esempio, proprio chi fa informazione vive della presenza pubblicitaria anche di auto e affini. Lo stesso dicasi per la politica, visti gli enormi interessi in gioco, il peso delle lobby e la rilevanza strategica del settore auto. Buona lettura, Giancarlo Fornasier
Il volto oscuro dell’arte Criminalità. La Svizzera è uno dei paesi più attivi nel campo del mercato delle opere d’arte. Un settore delicato, spesso lambito da attività speculative se non dichiaratamente illecite. Ne abbiamo discusso con Andrea Raschèr, esperto di diritto dei beni culturali di Silvano De Pietro; illustrazione ©Bruno Machado
L Agorà 4
a notizia diffusa dai media internazionali il 21 gennaio scorso era una di quelle che al momento fanno sensazione, anche se poi il pubblico dimentica presto: a Roma il reparto dei Carabinieri addetto alla tutela del patrimonio culturale aveva ritrovato un tesoro di oltre cinquemila eccezionali reperti archeologici provenienti da scavi clandestini, tra i quali moltissimi oggetti di assoluta rarità di epoca compresa tra l’VIII secolo a.C. e il III secolo d.C.. Si è trattato, per quantità e qualità, del più grande recupero di beni di questo genere mai effettuato in una sola operazione dalle autorità italiane, per un valore complessivo di oltre 50 milioni di euro. Altro particolare interessante: tutti i reperti venivano da Basilea. L’episodio illustra bene quanto sia centrale la posizione della Svizzera nel contrabbando internazionale di beni archeologici. In quel caso particolare le indagini erano partite dalla vendita, intorno al 1980, di un cratere della Magna Grecia (il Vaso di Assteas) al Getty Museum di Malibu (California), a opera di un intermediario italiano, Gianfranco Becchina, oggi ultrasettantenne. Becchina è un siciliano emigrato da giovane a Basilea, dove ha iniziato a lavorare come facchino all’Hotel Helvetia ed è divenuto poi titolare della galleria d’arte antica Palladion, con la quale si è arricchito. Il suo successo era riconducibile al traffico clandestino di reperti provenienti da una rete di “tombaroli” attivi nell’Italia centro-meridionale. A Becchina è stato sequestrato nel 2001 un imponente archivio contenente una straordinaria quantità di informazioni (13mila documenti, fra lettere e fatture), essenziali per ricostruire l’intreccio di relazioni e di affari illeciti nel commercio internazionale di antichità.
dello stato”, spiega Raschèr. “Questo è un principio generalmente riconosciuto. I beni trovati nel sottosuolo fanno parte della storia di quel territorio, perciò è lo stato a cui appartiene il territorio che decide cosa farne. Poi ci sono le opere d’arte prodotte per il mercato, che (soprattutto quelle dell’arte contemporanea) possono circolare liberamente. C’è infine una terza categoria, definita dalle legislazioni dei differenti stati, di opere messe sotto tutela perché prodotte da oltre 50 o 70 anni sul territorio di uno stato”. Ma non tutti gli stati agiscono con la stessa determinazione. Infatti, continua Raschèr, “gli stati anglosassoni o del nord dell’Europa hanno leggi piuttosto deboli riguardo al patrimonio nazionale: per loro, è di proprietà pubblica ciò che si trova nei siti archeologici, ma quanto all’arte figurativa sono molto liberali. Invece la Francia, l’Italia e altri paesi hanno adottato leggi molto restrittive”. Dunque, dove c’è abbondanza di reperti, il contrabbando prospera. Opere scomparse di enorme valore, tesori dell’arte italiana trafugati, persino una grande quantità di falsi che garantiscono comunque guadagni notevoli, movimentano un mercato redditizio che fa girare miliardi e che è fra i più ambiti dalla criminalità internazionale. E molto di questo mercato si svolge proprio in Svizzera. Dall’Italia risalgono i trafficanti che, per attraversare il confine elvetico, si affidano a “spalloni” capaci di escogitare mille trucchi e nascondigli per far passare vasi, statuette, monili, anfore, monete antiche, dipinti arrotolati, e così via. Superare la frontiera è tuttavia solo il primo passo. Seguono i filtri delle gallerie d’arte, dei consulenti di musei e case d’asta, delle perizie degli specialisti. Dopo di che si mette in moto un gran circo di contatti personali, trasferimenti, vendite all’asta, ma anche raggiri, pagamenti in contanti…
Una faccenda controversa Ma non è forse vero che l’arte è di tutti e i parchi archeologici sono patrimonio dell’umanità? Perché allora gli stati si danno tanto da fare per combattere il traffico di oggetti di valore culturale o artistico e tentano di trattenere tali beni entro i propri confini? Ne abbiamo parlato con il dottor Andrea Raschèr, specialista di diritto dei beni culturali ed ex direttore del servizio giuridico e affari internazionali dell’Ufficio federale della cultura. “I beni archeologici che si trovano nel terreno sono di proprietà
In buona posizione Tuttavia, buona parte dei reperti archeologici e dei beni artistici che arrivano al nord delle Alpi non si ferma in Svizzera: spesso finiscono su altre piazze, principalmente negli Stati Uniti, ma anche a Londra, a Parigi e sempre più spesso in Cina, in Giappone e negli Emirati Arabi Uniti, in particolare a Dubai. È a questi mercati, infatti, che si rivolge ormai l’attenzione dei Carabinieri italiani, il corpo anticrimine più attrezzato e con più competenze specifiche (...) nella lotta al contrabbando di beni culturali.
“Il problema per la Svizzera è che le sue regole sul riciclaggio non valgono per i beni culturali: il rischio di ripulire con le opere d’arte il denaro sottratto al fisco o proveniente dal crimine è molto alto” (Andrea Raschèr)
Agorà 6
In Europa, stando al rapporto 2014 di Artprice (la più grande banca dati in questo campo), la terza piattaforma di contrattazione di opere d’arte dopo Gran Betagna e Francia è, un po’ a sorpresa, la Germania. Ma la Svizzera, sempre secondo Artprice, è al sesto posto nel mondo. Una collocazione niente affatto trascurabile, se si considera che il mercato globale, valutato complessivamente in oltre 51 miliardi di euro, in base a stime della fondazione olandese TEFAF (organizzatrice dell’annuale fiera europea dell’arte di Maastricht) cresce a un ritmo medio del 7% all’anno ed è dominato per il 39% dagli USA, per il 22% dalla Cina e per un altro 22% dalla Gran Bretagna. Il commercio elvetico dell’arte ha comunque una sua lunga tradizione, che risale alla seconda metà del XVIII secolo. Si è poi sviluppato, come riporta il Dizionario storico della Svizzera, nel corso del XIX secolo con la vendita all’asta di gran parte del tesoro della cattedrale di Basilea e la liquidazione dei beni dei conventi secolarizzati, facendo presto sorgere numerose e prestigiose gallerie e case d’asta a Lucerna, a Basilea, a Zurigo, a Ginevra e a Losanna. Conti aperti Un’altra spinta alla crescita della piazza elvetica è arrivata durante la prima guerra mondiale e nel periodo tra le due guerre, favorita dalla relativa stabilità monetaria e politica del paese. Tuttavia, già allora il mercato si era fortemente intorbidito, tanto che nel 1923 venne creata l’Associazione per il commercio dell’arte, con lo scopo di contrastare le pratiche commerciali dubbie. Alla fine degli anni trenta, la Svizzera divenne luogo privilegiato per la vendita della cosiddetta “arte degenerata”, rifiutata dai musei tedeschi, nonché delle opere sottratte agli ebrei e di quelle confiscate nei paesi occupati dalle truppe del Reich. E qui si apre il capitolo della restituzione di tali beni. “L’accordo siglato a Washington nel 1998 stabilisce che tutti i beni confiscati dai nazisti devono essere restituiti”, spiega ancora Raschèr, “e i musei svizzeri hanno tutti aderito più o meno a questo principio, anche se non hanno ancora fatto tutte le ricerche sulla provenienza dei beni in loro possesso. Altro problema riguarda i beni venduti allora sottoprezzo dagli ebrei per finanziarsi la fuga: i musei dicono che è stata una vendita spontanea, quindi legale. Di beni di questo genere ce ne sono ancora molti in Svizzera. Diciamo che la questione non è ancora conclusa, e sono sicuro che nei prossimi anni si ripresenterà: ci sono ancora troppi conti aperti”. Per tutti gli altri aspetti relativi alle restituzioni, la Svizzera si è dotata nel 2005 di una legge abbastanza efficace sul
trasferimento internazionale dei beni culturali, che applica la Convenzione UNESCO in materia del 1970. Nel secondo dopoguerra, infatti, la piazza elvetica si è ulteriormente rafforzata e internazionalizzata e, specialmente a partire dagli anni settanta, ha sviluppato moltissimo il sistema delle aste, che spesso assume un carattere confidenziale. Attualmente, a Zurigo fa capo il 46% del mercato, grazie al dinamismo delle case d’aste Koller, Christie’s e Sotheby’s; ma un buon 37% delle vendite all’incanto si realizza a Berna e un 4,8% a Basilea. È un sistema, questo, che controlla il commercio delle opere più prestigiose e tende a specializzarsi sempre più nei settori dell’arte contemporanea (circa un terzo della quale, secondo Artprice, viene venduto in Svizzera) ma anche dell’archeologia e della gioielleria. Ogni tanto si assiste a dei veri e propri exploit dei prezzi. Fece notizia nel 2002 l’aggiudicazione da 10,8 milioni di dollari, presso una galleria di Berna, del quadro Le Village en fête di Marc Chagall, in precedenza stimato non più di 400mila dollari. Sensazionale sono state alcune vendite successive di opere di Giacometti, come Die Mutter, battuta nel 2007 da Christie’s a Zurigo per 2,8 milioni di dollari (molto meno, comunque, dei 90 milioni toccati l’anno scorso a New York da Chariot di Alberto Giacometti). Ma la vendita più spettacolare è stata quella realizzata in febbraio dalla Fondazione Rudolf Staechelin di Basilea, che per 300 milioni di dollari ha ceduto la celebre tela Nafea di Paul Gauguin alla famiglia degli emiri del Qatar. Poca trasparenza In tale contesto, dove i prezzi dei beni culturali esplodono e la trasparenza è poca, il sospetto è che questo paese possa essere centro di traffici anche fraudolenti. “Il mercato mondiale delle opere illegali”, commenta Andrea Raschèr, “oscilla tra i 6 e i 9 miliardi di dollari. Per la Svizzera, come dappertutto, non ci sono cifre. Si sa che, come mercato illegale, dopo le armi e la droga vengono i beni culturali. Ma bisogna dire che la Svizzera fino al 2005 era una piattaforma prediletta per i beni archeologici. Poi è subentrata la legge sul trasferimento dei beni culturali, in seguito alla quale la Svizzera ha stretto accordi bilaterali con la Grecia, la Turchia e l’Italia, i quali prevedono che ogni bene culturale importato illegalmente in Svizzera deve essere restituito”. Un mercato poco trasparente fa pensare che possa facilitare anche il riciclaggio di denaro proveniente da attività criminali o da corruzione. Un sospetto che Andrea Raschèr condivide: “Il problema per la Svizzera è che le sue regole sul riciclaggio non valgono per i beni culturali: il rischio di ripulire
con le opere d’arte il denaro sottratto al fisco o proveniente dal crimine è molto alto”. La legge sul trasferimento internazionale dei beni culturali non serve a parare anche un po’ il rischio del riciclaggio? “No”, risponde Raschèr, che tra l’altro ha anche contribuito a elaborare e scrivere quella legge. E spiega che la nuova disciplina regola le importazioni dei beni culturali (mediante autorizzazioni), detta le norme di diligenza dei mercanti d’arte (registrazione della provenienza e del prezzo) e fissa delle sanzioni penali. “Non è stato regolamentato il riciclaggio. Mi ricordo che il Dipartimento delle finanze non volle che questo tema venisse abbordato. E tuttora non esistono norme antiriciclaggio specifiche per il mercato dei beni culturali”. Come si fa, in concreto, a riciclare denaro con le opere d’arte? Il punto è, dice Raschèr, che “un bene culturale in sé non ha un valore di mercato, perché non è un prodotto industriale. Questo vale soprattutto per l’arte contemporanea: per un Caravaggio o un Picasso certi parametri di valutazione ci sono; per altri beni culturali, no”. E allora uno può fare uno scarabocchio, o un pupazzo, o un qualsiasi altro “capolavoro” e venderlo per un milione, e nessuno può dire che ciò sia illegale. Si può allora aprire, per esempio, una galleria fittizia o servirsi di una casa d’aste, per mettere in vendita oggetti di scarso pregio e riacquistarli a cifre elevatissime: il plusvalore così realizzato è capitale “pulito” e certificato. I buchi neri Inoltre, tra valutazioni superlative e opacità, un ruolo significativo lo giocano i cosiddetti punti franchi o depositi doganali che la Svizzera ha sviluppato per convenienza logistica già dalla metà dell’ottocento. Questi magazzini, opportunamente climatizzati e ben custoditi, sono ovviamente i depositi preferiti dai mercanti d’arte: vi si possono lasciare per un tempo indeterminato merci “in transito”, cioè esenti da dazi doganali e tasse. “Non occorre più”, spiega Raschèr, “portarsi il quadro a casa: lo si può lasciare lì, come le azioni e i titoli di credito rimangono depositati alla Six di Olten1. I punti franchi sono quindi il «buco nero»: anche se c’è teoricamente il dovere di fare l’inventario, i controlli sono pressoché inesistenti”. Ma chi sono in definitiva i grandi collezionisti d’arte che alimentano questo traffico? “Una volta erano membri dell’aristocrazia o dell’alta borghesia. Negli ultimi dieci anni sono subentrati soprattutto dei manager di hedge funds2; ma anche sceicchi del Dubai o del Qatar, che comprano dappertutto; e poi russi e giapponesi del mondo della finanza. Molto spesso oggi l’arte diventa veicolo di speculazione finanziaria”. Cosa potrebbe o dovrebbe fare la Svizzera per controllare meglio il mercato dei beni culturali? “Prima di tutto, sottometterli alla legge sul riciclaggio. In secondo luogo, aumentare i controlli nei punti franchi e alla frontiera, e terzo, imporre doveri di diligenza più severi per i mercanti d’arte, come quello di registrare non soltanto da chi acquistano, ma anche a chi vendono un bene culturale, in modo da ottenerne la completa tracciabilità”. note 1 La società che offre servizi di custodia alla piazza finanziaria. 2 Fondi speculativi.
Fatti, non parole n. 138
Ci occupiamo anche di genealogia. Alla riscoperta delle varietà antiche. Alcune delle antiche varietà di verdura stanno vivendo oggi una rinascita alla quale abbiamo dato anche noi un importante contributo. Insieme a ProSpecieRara ci impegniamo già dal 1999 per tutelare costantemente la varietà delle specie animali e vegetali. Per questo nei nostri supermercati sono circa 120 gli articoli contrassegnati con il label di qualità ProSpecieRara, che si distinguono inoltre per l’ottimo gusto. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TU2NzU1NgAAdyP3Fg8AAAA=</wm>
<wm>10CFWLKw6AMBAFT7TNe9suS1lJ6giC4GsImvsrPg4xGTOzLGEJH3Nb97YFwVIku1lGqDIRyhjzkFTBQKU_tomOgdTyG-RpHEB_E0EVeqcLTNS71ZKu47wBOu7yZnMAAAA=</wm>
fatti-non-parole.ch
Estetica della tragedia Le tragedie umane, nonostante la pressante visibilità mediatica attraverso la quale ci giungono, riescono a scuoterci solo quando attivano un processo di identificazione fra noi e le vittime di Marco Alloni
Kronos 8
Abbiamo tutti negli occhi l’immagine del bambino in maglietta rossa e pantaloncini riverso senza vita sulla spiaggia. Un’immagine diventata virale che ha raccontato il cuore della tragedia della migrazione più di ogni trattato. Eppure non tutti hanno razionalizzato questo sentimento di orrore. Non tutti si sono chiesti, tra tanta prevedibile retorica, perché proprio lui. E qualcuno ha osato, con involontario cinismo, una domanda persino più radicale: “Perché lui e non gli altri bimbetti morti senza scenografia?”. Non è facile dare risposte a un così delicato aspetto della nostra sensibilità. Certo, dipende tutto o in gran parte dalla nostra consolidata abitudine a ritenere vero solo ciò che è visibile, a considerare reale solo ciò che ha raggiunto lo statuto di immagine. Ma la questione non si esaurisce nella risaputa sudditanza della nostra sensibilità alla rappresentazione mediatica. Qualcosa di più sottile è accaduto con l’apparizione di quel bimbo: qualcosa che vorrei chiamare una tragica forma d’arte messa in scena dalla realtà.
quanto si vuole ma assolutamente naturale: Lui, quel bimbetto, non era un pericolo, lui non doveva morire. Vuol dire questo che gli “altri” potevano morire? Naturalmente no. Ma resta il fatto che la morte degli “altri” – e parlo degli adulti, in primo luogo – sembra iscritta in un destino crudele ma ineluttabile. Questa in un destino semplicemente e irriducibilmente ingiusto. Nessun margine, nemmeno il più remoto del più recondito cinismo di bassa lega, per il sospetto che vi sia alcunché di “meritato” in quella morte.
Una piccola “pietà” Ma il trasporto emotivo è scaturito anche da altro. Dalla posizione, soprattutto, che una perfetta e spietata scenografia ha voluto simile a qualcosa di simbolico. Non un corpo dilaniato, scomposto, deformato e già devastato dalla morte – ma un corpo dormiente. Un corpo la cui morte era profondamente permeata di vita. Un corpo che un colpo di tosse avrebbe potuto risvegliare. Un corpo che suggeriva la possibilità di un miracolo, l’ipotesi delirante che da quel sonno il piccolo si sarebbe Quel bambino siamo noi potuto destare. E poi quelle manine, Se osserviamo il fermo immagine di rivoltate all’insù, in una rilassatezza che quel fanciullo scopriamo infatti una richiamava la serenità. I braccini distesi, serie di elementi che, prima della suggemorbidi, quasi a cancellare ogni forma stione etica, richiamano una sorta di deImmagine tratta da padreluciano.it di violenza, di soprassalto violento terminismo estetico. E come dice Iosif Brodskij, l’estetica è madre dell’etica. Scopriamo che il suo della morte, quasi non fosse morto per annegamento ma corpicino è vestito. E non solo è vestito ma è ben vestito, scivolato in punta di piedi fuori dall’esistenza, senza traupersino con le scarpette ai piedi. Qualcosa di inconsciamen- mi né ondate, né soffocamento, né disperazione. La testa te mostruoso fa capolino dai nostri animi: quel bambino è rivolta al mare, non alla terra della speranza, a osservare come noi, non è un barbaro immiserito dalla traversata ma placidamente il proprio passato, la propria patria, la propria un delicato fanciullo che potrebbe essere nostro figlio, nostro morte. Come a dire: Volevo restare là. nipote, il nostro fratellino. Ci assomiglia maledettamente, Anche questo commuove. Sappiamo che è così: voleva e produce in noi quella opaca e inconsapevole solidarietà restare là. Infine quel vuoto intorno a lui, un vuoto omerico, arcaico, che si manifesta tra simili. Nella sua innocenza, nel suo essere ancora un virgulto, primordiale. Il vuoto di un tempo simbolicamente assente, ci suggerisce un pensiero che non riusciamo forse nemme- di un’umanità ritrattasi da ogni umanità, da ogni aiuto, no a mettere a fuoco: se fosse nato in Europa, sarebbe cresciuto da ogni solidarietà. Un vuoto che è il vuoto della nostra sano e forte in una scuola per bene. L’idea che potenzialmente storia. Lui solo, quel bambino solo in mezzo a una spiaggia non risulti assimilabile agli altri sventurati, spesso malvi- senza umani. Nemmeno una traccia di familiari. Un vuosti, talvolta respinti, comunque problematici, ci procura to terrificante. Il vuoto assoluto della nostra impotenza. un sentimento di maggiorata solidarietà. Raccapricciante E della nostra colpa.
Visioni Più leggeri dell’aria di Giulio Carretti
Scritto da Paul Auster nel 1990, periodo in cui non aveva ancora preso avvio la campagna salutista contro il tabagismo negli USA, Il racconto di Natale di Auggie Wren, è un storia perfetta. L’intera vicenda ruota intorno ad Auggie, proprietario di una tabaccheria a Brooklyn, e ad alcuni dei suoi clienti più affezionati fra cui uno scrittore, Paul Benjamin, rimasto da poco vedovo. Con questi ingredienti, Auster crea una intensa storia di persone che riescono a svelarsi, a conoscersi, a mostrare le proprie debolezze e i propri drammi, grazie alla capacità di ascolto e di interesse che ciascuno riserva al vissuto dell’altro. Persone che, in una grande città come New York, sarebbero forse rimaste all’oscuro dell’esistenza altrui se non fosse proprio per quella tabaccheria (un luogo di “vizio”) e per il suo proprietario, Auggie. Qualche anno dopo, nel 1995, il regista e sceneggiatore di origine cinese naturalizzato statunitense Wayne Wang, metteva in scena la vicenda creando uno dei film più originali degli anni novanta: Smoke. La qualità del
testo di partenza, la scelta azzeccata degli interpreti – grandi attori come Harvey Keitel, William Hurt, Forest Whitaker, Ashley Judd –, contribuirono al successo della pellicola che, per inciso, fu premiata al Festival del cinema di Berlino con l’Orso d’argento. Abbattuto e in crisi d’ispirazione a seguito della perdita della moglie, lo scrittore Paul si confida con Auggie, il tabaccaio, che gli narra della sua passione per la fotografia e degli eventi che hanno portato alla nascita di questo interesse (ogni giorno, il tabaccaio fotografa l’incrocio davanti al suo negozio e proprio in una di queste immagini Paul riconosce la moglie amata). Ne scaturisce una storia toccante che lo scrittore trasformerà in racconto e che il New York Times finirà per pubblicare (anche nella realtà, il racconto di Auster uscì sulle pagine di quel quotidiano). Un esempio mirabile di come la buona letteratura, così come il buon cinema, nascano dalla quotidianità delle persone comuni e dalle storie che tutti noi viviamo e segretamente custodiamo.
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDE3tQQAjxgZAA8AAAA=</wm>
<wm>10CFXLwQrCMBBF0S9KeDMmmcQsS1eWClpwORRNoYht0Qri14vuXNzduU2TvcWvqm67-pAJ5JzZRCc-ZZ-8ZQkI2VGyngWSkSgyyG8JiMwc3N9jmCEA9GsMkqGo0YjZQIlDEglifVtZwNmT7vphKOU635aylumtVX9_PmbtxvM4zceyrkWZ8CIXddRqb5fL8AHgD8EtswAAAA==</wm>
COMPETENZA IN MATERIA DI CAFFÈ DAL 1925. Da noi il caffè è tradizione: fin dall’inizio ha fatto parte del nostro assortimento base e si poteva trovare già sui primi camion di vendita Migros. Da allora, il caffè con i suoi molteplici aromi ci sta particolarmente a cuore e ancora oggi lo produciamo noi stessi. Il caffè Caruso è un ottimo esempio della nostra competenza e ti delizierà tazza dopo tazza grazie al suo autentico aroma italiano. Scopri il nostro assortimento completo su migros.ch/caffe
Smoke di Wayne Wang Stati Uniti, 1995
Paradiso perduto... Ogni uomo porta in sé una mappa fatta di sentieri percorsi per mare e per sogno, per fantasia e per terra. Un tracciato disseminato di creature meravigliose e fantasmi, memorie, nostalgie e futuri che brillano distanti come Venere in cielo. Ogni uomo ha sognato il suo paradiso... di Keri Gonzato
Paul Gauguin (1848–1903) ha rincor-
Mundus 10
so il suo paradiso tra le dolci curve delle isole polinesiane. La sua mappa lo ha portato a mille miglia dalla sua casa francese, trasformando la terra ferma in infinite distese di acqua oceanica punteggiate da piccoli atolli verdeggianti. Spiagge tahitiane adornate da cocotiers, foreste lussureggianti cariche di frutta e buoni presagi. Ma come una bolla di sapone quel sogno, che sembrava essersi fatto concreta realtà si è scontrato poi con la “realtà”… La quotidianità non era poi tanto dolce nemmeno in quelle lande nate in forma di paradiso che erano state danneggiate dalla colonizzazione. Paul Gauguin aveva proiettato su quei luoghi le sue aspettative di sognatore, troppo alte per reggere il confronto con l’umana quotidianità della vita. Così, deluso e amareggiato dall’aver perso la “sua” Polinesia iniziò a dipingerne un‘altra. Con i colori vibranti della sua pittura a olio andò colmando le lacune di quello che aveva davanti agli occhi, sublimandone il senso. Nelle sue opere si ritrova tutto questo, la nostalgia del paradiso che non c’è così come la ricerca continua di un paesaggio ideale. La poesia del sogno che rincorre il reale e viceversa. La realtà ferita Quest’estate, la mia mappa personale mi ha portata a camminare per gli ampi spazi della Fondation Bayeler di Basilea, viaggiando attraverso una cinquantina di capolavori dell’artista provenienti dalle più grandi istituzioni museali mondiali: dal Musée d’Orsay di Parigi all’Art Institute di Chicago, dalla Tate londinese alle maggiori collezioni private. Avanzando tra le fronde tropicali e l’intensità
Rimandare di un mese il pagamento della rata in scadenza? <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDUwMQcAKXVJQw8AAAA=</wm>
<wm>10CFWKOwqAMBAFT7Thvc1nN6YUO7EQ-zRi7f0rP4VgMQwMM88tB7yM07JNayOYkkTPSNbIGKKXz3BWBfNAg6FqSb9fVO8M9OcRuLB2mqCIeo_VwrkfF-C7oGlyAAAA</wm>
emotiva della sua arte potevo respirare in modo tangibile l’intensità afosa fatta di desiderio e disillusione. Sono rimasta affascinata dalla forza delle cromie, dalla bellezza delle forme, dal gioco morbido tra le figure che si combinano quando Gauguin, dipingendo, ci parla delle sue visioni isolane. È un percorso emozionante che va dal suo primo contatto con la Polinesia - dove immaginava di trovare, pur tra molte difficoltà, un mondo puro e incorrotto - alla realtà nuda e cruda delle isole Marquises della Polinesia francese dove in lui esplodono domande esistenziali e ossessive “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?”. Nelle tele del primo periodo si coglie una freschezza e una gioia espressa nei corpi sensuali, nella semplicità di un frutto appena colto, nell’esplosione lussureggiante della natura. Quando la realtà, con le ferite inflitte dai coloni, si scontra con il sogno, egli continuerà la sua ricerca, sublimando il reale. Durante il secondo soggiorno però la presenza dei fantasmi e dell’irrequietezza aumentano nella sua vita e fanno capolino qua e là anche nelle sue opere. Ciononostante, quell’angolo rimane per lui una mappa segreta per continuare a sperare che da qualche parte il paradiso possa essere raggiunto… Non è forse a questo che mira l’arte?
L’isola che non c‘è La rincorsa di un sogno, il non accontentarsi di quello che c’è per tendere a qualcosa di più grande è forse uno dei valori universali che accomuna l’uomo e lo distingue dalle altre specie. Questa visione-desiderio rappresenta, da un lato una forza motrice che spinge l’essere umano a evolvere, dall’altro una gigantesca trappola, un labirinto infinito e imbrigliante. Il mio paradiso perduto non è lontano da quello di Paul Gauguin. Ha la forma, in cui realtà e immaginazione si confondono, delle isole Hawaii. Potrà sembrare banale ma, in realtà, ha poco a che vedere con chi sogna di farsi la luna di miele a Waikiki. La mia Arcadia è frutto di una serie di eventi avvenuti negli anni tra l’infanzia e l’adolescenza, nel periodo in cui si forma il bagaglio di sogni da realizzare e si appunta la propria “isola che non c’è” sulla personale mappa interiore. Fu allora che feci amicizia con due bambini che sembravano sbucati, per l’appunto, da un quadro di Gauguin. Sbarcarono nel mio paesino ticinese sul cucuzzolo della montagna per portare una ventata esotica e avventurosa nella mia vita. Figli di una polinesiana e di un basilese erano il mio ponte verso l’isola che non c’è… Con loro abbiamo colorato un arcobaleno fatto di raggi di sole e piogge tro-
Senza costi aggiuntivi. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDUwMwMAPSd4Bg8AAAA=</wm>
<wm>10CFXKIQ6AMBBE0RNtM9N2uwuVpK5BEHwNQXN_RcAQxM83r_eqAW9LW_e2VYI5S3JFKZVMIfl3OKcI6kyDw0358xIjDMB4jMCF06AJTDKGeg7Xcd6btoM8cgAAAA==</wm>
picali, wahine danzanti, onde immense da cavalcare e surfer di cui innamorarsi al tramonto. Costruendo capanne nei boschi di Carona, giocando a volano fuori da casa, intessevamo una tela di sogni. Dentro di me si stava creando una mappa immaginaria, un tracciato segreto demarcato nel mio cuore che mi avrebbe portato al paradiso sulla terra… Vivere vicino all’oceano, facendo surf ogni giorno abbracciata dal sole che nasce, vivere una pura vida semplice fatta di natura, belle sensazioni, amore e amicizia. L’altro paradiso Ho avuto la fortuna di avere un primo assaggio di questo mio paradiso geografico molto presto. Avevo dodici anni quando sono andata a Maui con la mia famiglia. Fin lì tutto combaciava, i miei occhi e il mio cuore esultavano ubriachi della bellezza delle spiagge dorate, delle onde giganti in cui mi tuffavo con mio fratello. Poi ci sono
Si può fare?
Mundus 11
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDUwMwcAqxd_cQ8AAAA=</wm>
<wm>10CFWKuwqAMBAEv-jC7iXxLqaUdGIh9mnE2v-vfBSCxbADO_Ncc8DL1JatrZVgShI9Y7BKxhB9-BbOomAeabe6pvjrRRUGoD-NwIWl0wR2_11TCed-XN6bBalyAAAA</wm>
Paul Gauguin, Racconti barbari,1902 (da amclub.ch)
tornata, molti anni dopo. Durante l’università, andai a visitare la mia amica che nel frattempo si era trasferita lì. Di nuovo: wow! Un mese di batticuore. Yoga, surf, salti in paracadute, foreste, feste, pompelmi immensi dall’albero, incontri ed emozioni. Ma i miei occhi cresciuti, sull’isola di Oahu, iniziavano a notare anche delle crepe, la grande popolazione di senza tetto che stride con l’immagine perfetta delle sue spiagge, la scelta obbligata della macchina per andare ovunque e altre discrepanze. Decisi però di soffermarmi solo on the bright side. Anni dopo avevo in mente di buttarmi nell’avventura di andare a viverci per un periodo, per fare un verifica ma poi mi sono innamorata e la mia vita ha preso un nuovo corso trasformando quel piano a lungo termine in un soggiorno di due mesi tra Oahu, Maui e Kauai… Lì la crepa si è ingrandita e non ho più potuto arginarla. Il mio sogno ha iniziato a
scricchiolare e per me è stato come vivere il lutto del mio paradiso immaginario. Ho capito che il paradiso non esiste né là né altrove. Problemi sociali, povertà, abuso di sostanze, mancanza di sostegno da parte dello stato alle persone in situazione precaria, infelicità, l’isolamento di una manciata di isole distanti da tutto, una natura tenuta lontana dall’approccio americano che costruisce grandi strade per andare ovunque a discapito di biciclette e altri mezzi più affini a un’isola… Insomma, bam! un bel colpo in faccia e nel cuore, duro ma necessario. Da quel giorno ho iniziato a ricercare il paradiso dentro di me integrando la strofa di Bob Marley che dice “Open your eyes and look within. Are you satisfied with the life you’re living?”. Ho stracciato la vecchia mappa offrendone i pezzetti in dono all’oceano e ho iniziato a crearne una nuova che mi sta portando sempre più
dentro di me, a contatto con il mio cuore e la possibilità di essere davvero felice dovunque io mi trovi nel mondo.
Sì, con la nostra opzione di pro roga delle rate. <wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDUwswQArDrHlg8AAAA=</wm>
<wm>10CFXKqw7DMBBE0S9aa2b8WDsLo7AoIAo3qYr7_6htWMCVLjj7HjXhbt2OazuDYCmWe0UbQeaUewupJXcFOofAutB_K7E9vElwAPNvDN04Jt3gVjSre_q83l8OCHJDcgAAAA==</wm>
Avviso secondo la legge: la concessione di crediti è vietata se conduce a un indebitamento eccessivo (art. 3 LCSI). CREDITnow è un marchio di prodotto di BANKnow SA, Horgen.
C’
era una volta un un piccolo rustico in mezzo al bosco – il mio – con il tetto malandato. Volevo metterlo a posto, motivo per cui mi sono recato fiducioso in una segheria pensando che non ci sarebbe stato nessun problema, che avrei potuto aggiungere le due travi mancanti, senza sapere che ormai si era creata una faglia fra presente e passato e certe cose non esistevano più. La prima lezione che ho imparato è che per i tetti, anche se sono di legno, si usa il lamellare che arriva dall’Austria… ma io volevo il castagno, non volevo che un tetto di legno fosse rammendato con del materiale che “non c’entrava un tubo”. ALIAS La seconda lezione che ho appreso è che se volevo il castagno, nonostante la casina fosse immersa in un castagneto, avrei dovuto usare quello che arrivava dalla Croazia (ma io volevo usare le piante dei miei boschi). Niente da fare: io e il tizio della segheria parlavamo due idiomi diversi. Me ne sono andato confuso, ma già il giorno seguente tramite internet mi informavo e cercavo nuove soluzioni. Niente è davvero impossibile: mi sarei tagliato da solo il legname. Con questa convinzione ho seguito i corsi necessari, ho cercato i macchinari, partecipando perfino alla fiera forestale in Svezia. E ho iniziato a propormi. Così accanto a Carlo Petrolo, che lavora ancora oggi per una multinazionale americana e si occupa di vendere software in Africa, Oriente e Medio Oriente, è nato Boratt (dal dialetto “bora”, una parte, un pezzo del fusto della pianta), il mio alter ego: un personaggio che su Facebook conta migliaia di followers (e il 40% sono ticinesi) e che è un po’ un supereroe che salva le piante, e con esse i ricordi e le emozioni. Che cosa offre Boratt? Un servizio di segheria mobile. Perché se una persona deve tagliare una pianta per ragioni diverse, oggi ha una sola opzione: liberarsene. Ma quel noce o quel ciliegio, magari, il signor Piero (nome di fantasia, ndr.) l’aveva piantato con il nonno da piccolino, quindi il suo fusto non è solo legna, è anche ricordi, e con essi emozioni e affetti. In Ticino le segherie sono in via di estinzione: come fare per recuperare quel patrimonio, come evitare di buttare via non solo del legname con cui si può realizzare un armadio o un comò, ma anche il suo valore simbolico? L’operazione è diventata talmente complessa che si preferisce solitamente lasciar perdere. A quel punto
arriva Boratt con la sua segheria mobile, e tagliare quel materiale non è più un’incombenza, ma una festa, un evento memorabile al quale spesso e volentieri partecipano anche i figli e i nipoti. Quella giornata, speciale e quasi magica, probabilmente rimarrà impressa nei ricordi delle generazioni seguenti, come un talismano che si passa di nonna in nipote. Dopo aver respirato l’odore della corteccia e dopo aver tagliato in piccole parti l’albero, i clienti, che a volte immortalano l’evento fotografando, mettono da parte il legname che spesso lì rimane (ma non sempre). Ma non è tanto quello: l’importante è recuperare il valore della pianta. Ovviamente c’è anche chi ha uno scopo preciso, fare una staccionata o delle sedie. Negli ultimi quarant’anni abbiamo buttato via generazioni e generazioni di esperienza, manuale e artigianale. Ma la faglia non è ancora così grande, siamo ancora in tempo per fare un passo indietro, recuperare. Nelle nostre zone le piante sono ovunque, fanno parte del nostro DNA, e bisogna dar loro il giusto valore. Boratt, che in Italia e in Ticino è l’unico a promuovere questa attività, per molti è diventato un esempio. Per questo ha inventato un tour estivo in Italia, da Lodi alla Toscana, da Salerno al Piemonte: nelle piazze offre un servizio di taglio pubblico, dove chiunque può portare le piante da tagliare. La gente piano piano ha iniziato a crederci, a comprare i macchinari e a provarci, sono nate collaborazioni con artigiani per valorizzare il nostro legname. Sempre con lo scopo di trasmettere una cultura, è nato il “Boratt camp” in Leventina: vogliamo condividere esperienze in mezzo al bosco con artigiani e persone volenterose. Il mio scopo, al di là delle piante, è quello di far capire alla gente che un sogno si può realizzare, che tutti possiamo metterci in gioco, sia i giovani, che possono rispondere alla mancanza di prospettive future andando a recuperare i mestieri nelle tradizioni, sia chi ha già una professione, ma vuole arricchire la sua vita. Tutte queste cose, bellissime, le possiamo fare solo con l’aiuto della tecnologia, dei social, che ci permettono di comunicare con le persone e far conoscere la propria creatività. Come ha fatto Boratt.
CARLO PETROLO ( BORATT)
Vitae 12
Il legno è diventata la sua materia, che considera strumento di cultura e recupero della memoria e dei nostri affetti
testimonianza raccolta da Laura Di Corcia fotografia ©Simone Mengani
Mi importa di Te testo e fotografie ©Reza Khatir
Alcuni anni fa mi venne chiesto da parte di un partito politico di concepire e proporre una campagna elettorale, una combinazione di parole e immagini. Ingenuamente, e devo dire con una certa anacronistica nostalgia, sognavo politici che fossero lì per servire e tutelarci, di conseguenza proposi una serie di immagini delle persone di tutti giorni, persone come me o tanti di voi, con la scritta “Mi importa di Te“. La mia proposta non venne accettata. Oggi, per essere attraenti politicamente, bisogna apparire “competenti, professionali, manageriali e vincenti“. Ma allora, mi chiedo, parole come empatia, compassione o solidarietà che fine hanno fatto? Bisogna davvero sempre vincere? E cosa accade a coloro che sono più fragili e di conseguenza meno competitivi? Il rischio è l’emarginazione, una condizione
che ci rende trasparenti, inesistenti. E, continuo a chiedermi, ci sono ancora persone capaci di sostenerci nella nostra fragilità? Persone per le quali l’ “altro” non rappresenta una minaccia ma piuttosto qualcuno cui mostrare un volto sorridente e compassionevole nel momento in cui alza lo sguardo verso di noi? Ecco un piccolo viaggio per immagini nel mondo di alcune persone che si dedicano agli altri, in modo che tutti possano restare giovani e vitali, che si occupano dei nostri figli e dei nostri anziani, di coloro che hanno più bisogno. Persone che, infine, ci proteggono e portano un po’ del nostro benessere e della nostra felicità anche a chi non ne ha. Sono loro i veri vincenti, le vere celebrità sconosciute del nostro tempo e il loro premio non sarà mai quantificabile con numeri o beni materiali.
A ognuna delle persone qui ritratte sono stati posti due quesiti: A) Nello svolgere questo lavoro, che cosa dai e che cosa ricevi? B) Cosa è cambiato nella tua vita e nella tua crescita?
Maureen volontaria presso il reparto di oncologia dell’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio
A. Innanzi tutto non lo definirei un lavoro, almeno secondo me. Un lavoro è qualcosa che “devi” fare, anche se lo si può svolgere con piacere. Mi preoccupo principalmente di ascoltare le persone, che oggi giorno fanno fatica ad ascoltare. Questo è veramente importante, specialmente quando mi trovo in oncologia. Non tutti vogliono parlare dei propri problemi perciò non mi preoccupo dei momenti di silenzio. C’è chi desidera raccontare qualcosa e lo si ascolta senza necessariamente dover riferire qualcosa di sé. Cosa ricevo? Molto più di quanto non dia. A volte solo un grazie per aver offerto un caffè, ma quando arriva un nuovo paziente egli sa di trovare qualcuno che lo ascolta.
B. Che cosa sia cambiato nella mia vita è difficile da spiegare. Quando lavoravo al 50% ho iniziato a fare la volontaria in geriatria facendo un’attività di cucina con i pazienti. Avere iniziato prima di andare in pensione mi ha aiutata, poi una volta in pensione, ho avuto qualcosa che mi ha tenuta occupata. Tanti mi chiedono come faccia? Credo che, come ho detto all’inizio, il segreto risieda nella capacità di ascoltare, e non solo quando fai volontariato ma sempre nella vita quando si incontra qualcuno. All’ospedale mi trovo bene e ho conosciuto molte persone, da chi fa la pulizia, alle infermiere e ai medici. Siamo un bel gruppo sia in oncologia sia in generale come volontarie.
Gabriella fondatrice e responsabile dell’Associazione Pro Senegal
A. Questa domanda mi porta a ripercorrere i ricordi rimasti impressi indelebili di esperienze vissute e toccate con mano. Ora, provo la sensazione di avere sulle spalle il peso di queste testimonianze dopo anni di lavoro sociale in Italia, Svizzera, Europa dell’Est e Africa. Se ho potuto dare nella vita è grazie ai miei genitori: da mia madre ho ereditato lo spirito adatto ad affrontare le difficoltà e una certa resistenza alla fatica, come anche il senso del dovere e la responsabilità verso la famiglia. Da mio padre ho ereditato una certa caparbietà, un senso dell’impegno per la giustizia e i diritti umani. Ho sempre sentito il dovere d’impegnarmi a fondo, per quest’eredità e per l’educazione impartitami. Ho dato e ho ricevuto molto, basta il sorriso di un bimbo a riempirti di gratitudine e ritrovi la forza di andare e ricominciare. B. Ho iniziato questo cammino dopo aver vissuto in Sud Africa. Ho imparato ad amare e rispettare quel popolo durante un soggiorno di tre anni con la mia famiglia. Sono stata molto colpita dell’appartheid. A una trentina di chilometri da dove abitavamo c’era una missione cattolica. Grazie a questa missione ho incominciato a frequentare gli zulù che abitavano nelle capanne. E proprio lì mi son imbattuta nel primo caso di AIDS. Era il 1981. A quel epoca non si parlava di AIDS ma di una malattia misteriosa. Nel mondo ci sono milioni di persone che a causa delle guerre, la mancanza di lavoro e la povertà non hanno il
minimo per vivere e avere accesso alle cure. Non si può chiudere gli occhi su questa realtà sempre più drammatica. L’incontro con questo bimbo mi ha cambiato la vita. Rientrata in Europa mi sono impegnata partecipando a dei corsi di formazione a Milano, Roma, Friborgo e Neuchâtel. Informare per combattere l’ignoranza che regnava sull’AIDS è stato uno dei compiti che mi sono imposta. Da allora sono entrata nel mondo della cooperazione. L’esperienza più toccante sono stati i giorni passati in una bidonville Korogocho (nei dintorni di Nairobi, in Kenya): in kikuio significa “confusione”. Vi abitano più di 150mila persone, al limite della sopravvivenza che condividono un fazzoletto di terra. Padre Alex Zanotelli che viveva lì da dieci anni con l’aiuto dei volontari ha portato la speranza dove sembrava cancellata per sempre. In una situazione del genere il lavoro di squadra è fondamentale: condividere i pensieri, le energie, le conoscenze, rispettando la cultura del luogo per raggiungere e ottenere dei risultati. Poi c’è stata la Somalia, la Romania, Gerusalemme e il Senegal e il bel progetto di casa Faro. Tutto questo cammino lo devo ai miei grandi maestri: a don Ciotti per i bei momenti passati in comunità, a Fabio Sartori per il progetto di Casa Faro, a padre Alex Zanotelli, a Mino Damato in Romania, ai miei compagni di viaggio e al dr. Stefano Balestra.
Isabella responsabile dell’Ufficio della Svizzera italiana di HELVETAS Swiss Intercooperation
A. È una buona domanda. Vorrei iniziare da quello che ricevo. Senza dubbio una visione più ampia della vita e del mondo. Grazie a questo lavoro ho conosciuto delle persone straordinarie e ho imparato che non vi sono verità assolute. La percezione che abbiamo della realtà, ma dovrei dire delle realtà (plurali), dipende infatti dal nostro punto di vista. Lavorare assieme, cooperare significa saper ascoltare l’altro, tenendo a bada i propri pregiudizi e cercando di identificare le cornici che rinchiudono e limitano i nostri sguardi. Ho capito che io e l’altro siamo legati, la mia azione influenza la vita dell’altro e viceversa. Come ben scrisse Rainer Maria Rilke: “Vado incontro a te con tutto il mio andare / poiché chi sono io e chi sei tu / se non ci comprendiamo?”. E cosa do? Metto a disposizione molto del mio tempo e della mia passione e cerco di offrire uno sguardo critico e autocritico sulle politiche dell’aiuto e della cooperazione.
B. Credo di essere diventata più umile. Ho più dubbi. Spesso mi chiedo se la mia interpretazione delle cose sia quella buona e quella “giusta” in quel momento e in quel luogo. Mi sono interrogata e tuttora mi chiedo cosa significhino le parole “sviluppo” ed “essere in via di sviluppo”? Non sono sicura che il nostro vivere, con sempre più consumi, spesso soli, arrabbiati e quasi sempre stressati, rappresenti un reale “sviluppo”. Attraverso questo lavoro ho imparato a chiedermi che cosa sia veramente essenziale e importante nella vita. Ho imparato a ridimensionare i miei problemi personali e a contenere di più le mie “paturnie”. E soprattutto ho capito che siamo una sola umanità, che la mia vita è connessa a quella degli altri e che sono responsabile, insieme agli altri, di come sta andando il mondo. Non posso non occuparmi di tutto ciò. Credo che ognuno di noi abbia il compito, nel suo piccolo e con le sue possibilità, piccole o grandi che siano, di agire per creare un mondo migliore, un mondo in cui tutti possano vivere con dignità e in sicurezza, prendendosi cura delle persone e dell’ambiente.
Sarah portavoce di Amnesty International
A. Concretamente il mio lavoro non è diverso da quello di molti altri: email da smistare, appuntamenti e telefonate, giornate tranquille contrapposte ad altre segnate da un rapido susseguirsi di piccole/grandi urgenze. Ma lavorare come portavoce di Amnesty International mi dà la certezza di lavorare per contribuire (nel mio piccolo) a far sì che il messaggio del rispetto dell’altro – diverso per colore della pelle, religione, lingua, credo politico o orientamento sessuale – e dei suoi (anzi, nostri!) diritti fondamentali possa avere una risonanza anche nella Svizzera italiana. Metto a disposizione delle competenze, ma soprattutto la convinzione profonda che questi diritti vanno difesi, ovunque e per ogni cittadino del mondo. In cambio ricevo il sentimento forte di far parte di un movimento mondiale di persone pronte a fare qualcosa per sostenere un prigioniero di coscienza sconosciuto in un paese lontano, dire un forte e convinto NO alla pena di morte e alla tortura, o a difendere il diritto di tutti noi di chiedere e ottenere asilo a un altro paese in caso di bisogno. Fortunatamente ricevo anche belle conferme, quando, per esempio, vengo a sapere della liberazione di una persona per la quale i volontari di Amnesty, in Ticino e altrove nel mondo, si sono impegnati.
B. Dal punto di vista personale e professionale questo lavoro mi ha dato molto: incontri, sfide, emozioni forti, progetti portati a termine con successo o abbandonati per un motivo o per un altro. Ma soprattutto far parte della grande comunità di Amnesty mi ha ancor più convinta della necessità di ribadire un discorso di apertura e empatia, tenendo sempre presente che è solo il destino, la fortuna, ad avermi fatto nascere nella sicura e stabile Svizzera, invece che in Siria, Eritrea, Corea del Nord o in una favela brasiliana.
Massimo racconta storie ed è volontario nelle colonie estive
A. Certe emozioni sono difficili da spiegare, ma penso che con un esempio qualcosa si possa intuire. Quando inizio a raccontare delle storie spesso non conosco le persone a cui mi rivolgo, salvo quel paio di amici che mi hanno invitato a farlo. Quindi arrivato in quel luogo ci troviamo praticamente fra estranei e c’è anche un po’ di imbarazzo. Poi ci si riunisce in un spazio particolare, ci si accoccola per terra, si accende una candela e parte il racconto. Se l’atmosfera è adatta in poco tempo si crea un grande silenzio, gli occhi dei bambini, ma anche dei grandi, si accendono di stupore e la storia sembra avere una vita propria. Dopo poco ci sentiamo come una grande famiglia, come se ci fossimo conosciuti da sempre. Certo, queste semplici ed ancestrali attività non cambieranno il mondo, ma penso che lo rendano un po’ più magico e questa magia, per me, ha un valore incommensurabile.
B. Era il 1977 vivevo ancora in Toscana, avevo dieci anni e mio padre era scomparso da poco. Una cara zia in Svizzera mi aveva accolto a casa sua per l’estate e per renderla più interessante mi aveva iscritto a una colonia integrata. Fin dal primo momento che vi entrai mi resi conto di trovarmi in un mondo incantato dove tutto ero possibile. Giravo un angolo e trovavo un monitore napoletano intento a cantare, mi fermavo a un tavolo e le mie mani creavano qualcosa, andavo a letto e una fiaba sembrava piovermi dal cielo. Insomma, era il paese delle favole, dove ognuno poteva essere se stesso e liberare tutta la creatività senza paura del giudizio degli altri. Da quella prima esperienza il mondo delle colonie, dell’animazione e delle fiabe sono sempre state la mia isola felice: è il rifugio incantato che mi dà l’energia per tutto il resto dell’anno. Lì ho incontrato quasi tutti i miei migliori amici: quando si lavora fianco a fianco, giorno e notte, con il medesimo ideale, non si può fingere e ci si conosce in profondità. Non è però una fuga dalla realtà, anzi quando torno alla quotidianità mi porto dietro l’energia di quei momenti indimenticabili e, penso, che finisca per contagiare un po’ anche gli altri.
Astrofood
Bilancia p. 42 – 43 di Patrizia Mezzanzanica ed Elvin Montesino
È la costellazione dell’equilibrio, dell’armonia, dell’estetica e del rigore. Sicurezza di gusto, austerità e un forte senso della giustizia sono, infatti, le qualità che le permettono di svolgere il compito che la sua corrispondenza stagionale le ha affidato: la selezione del seme, quel seme puro e perfetto che deve resistere all’inverno per germogliare in primavera
Astrofood - Bilancia
Accurata, prudente, attenta allo sfruttamento delle risorse
la Bilancia è, però, anche diplomatica, sofisticata, amante del bello e della vita sociale, dei viaggi e delle relazioni umane. I suoi gusti culinari sono raffinati e la sua cucina è un trionfo di design dove tutto è in ordine e ogni oggetto ha un suo spazio dedicato per soddisfare al massimo il suo senso estetico, oltre che quello pratico. Estro e creatività ispirano i suoi piatti che sono curati anche nella presentazione. Pur di raggiungere quell’eleganza da cui non può prescindere è disposta a “torturare” qualsiasi cibo che non si presenti abbastanza raffinato, fino a trasformarlo in qualcos’altro. E, per far questo, è pronta a dedicargli tutto il tempo necessario. Vellutate dai colori brillanti di zucca, carote o piselli, rigogliosi soufflé di rape o cavolfiore, ricche mousse di salumi, magari guarnite con foglioline di menta o fiori di rosmarino, imbandiranno la sua tavola facendo dimenticare a qualsiasi convitato l’origine rustica e plebea dei loro ingredienti. Il loro sapore sarà sublime quanto il loro aspetto. Difficile, infatti, che a un occhio attento passi inosservato come il colore di ogni pietanza si intoni perfettamente al piatto di portata, alla fantasia della tovaglia e a quello della candela che si consuma lentamente nel candelabro a centrotavola. Preparazione liturgica La preparazione della tavola è, per la Bilancia, quasi un rito. Un piacere a cui non si sottrae neppure se costretta dai tempi di cottura che, piuttosto, tende a ridurre. Con pochi tocchi riesce, come nessun altro nello Zodiaco, a trasmettere il suo stile misurato, perfettamente calibrato alla ricorrenza, fatto di pochi e preziosi dettagli. I sapori delicati e gli accostamenti equilibrati sono quelli che preferisce. Nulla disturba la Bilancia quanto l’estremismo, anche culinario. Le porzioni sono contenute, mai abbondanti: “troppo” è tanto volgare quanto indigesto. Non pensate, però, che questo rigore non abbia prezzo. Golosa ed edonista, la Bilancia è capace di enormi sacrifici e rinunce pur di mantenere la sua compostezza. Abbinamenti sapienti e consistenza morbida e burrosa sono richieste sia nel pesce, che nelle carni, spesso abbinate alla frutta. Anatra alla melagrana, tacchino alle pesche, filetto in crosta di mele sono solo alcune delle proposte che potrebbe capitarvi di assaggiare alla sua tavola. Amanti dei vini, i nativi del segno, preferiscono decisamente i bianchi ai rossi, a meno che non siano giovani e leggeri. Ma ciò che decisamente apprezzano è lo Champagne, con il quale amano anche pasteggiare. Non è necessaria una ricorrenza particolare per stapparne una bottiglia e la loro proverbiale moderazione, in questa occasione, è messa a dura prova.
Qualche ricetta Vellutata di rape, broccoli e zenzero (4 persone) 300 g rape bianche; 300 g di broccoli; 1 patata; olio extra vergine di oliva; sale; 5/10 cm di radice di zenzero fresca; qualche foglia di menta Lavare e tagliare le rape e il broccolo a pezzetti, quindi metterli a cuocere in acqua leggermente salata. Aggiungere la patata tagliata a fette. Lasciare cuocere per circa 15/20 minuti, testando di tanto in tanto con una forchetta se la rapa è ben cotta. Frullare il tutto. Grattugiare lo zenzero sbucciato e aggiungerlo alla vellutata. Decorare con la menta tritata e con un filo di olio extra vergine.
Anatra alla melagrana (4 persone) 500 g di petto d’anatra; 30 g di olio extra vergine di oliva; qualche foglia di prezzemolo; 3 melagrane; sale Sgranare due melagrane e passare i chicchi in uno schiacciapatate per ottenere il succo senza semi, quindi sgranare la terza melagrana e conservare i chicchi. In un tegame friggere i pezzi d’anatra nell’olio e aggiungere il succo facendolo evaporare a fuoco alto per alcuni minuti. Togliere la carne dal fuoco, tagliare i petti a fette sottili, aggiungere dell’acqua, il sale e cuocere a fuoco lento fino a che il sugo si restringe. Prima di spegnere aggiungere i chicchi di melagrana rosolando per qualche minuto. Servire con il prezzemolo tritato.
Cachi al cioccolato (4 persone) 4 cachi; 100 g di crescenza; 100 g di cioccolato fondente; 1 bicchierino di Passito di Pantelleria Pelare i cachi e mettere la polpa in una terrina con la crescenza. Con un cucchiaio di legno mescolare fino a ottenere una crema omogenea. Aggiungere il Passito quindi grattugiare sopra il cioccolato.
Vacanze tardive Autunno. Una fase dell’anno mite e dolce. Un tempo perfetto per rallentare i ritmi e contemplare la natura, cogliendone i succosi frutti e godendo della sua bellezza e dei suoi colori. Magari distesi su un’amaca, persi nell’abbraccio con il tramonto. Un momento poetico nei modi e nelle sfumature di cui i vacanzieri tardivi amano approfittare, concedendosi un momento “off”, fuori dal caos e dal traffico estivo Tendenze p. 44 – 45 | di Keri Gonzato
C
on l’inizio dell‘autunno la luce si ammorbidisce e con essa le temperature. Le spiagge non assomigliano più al formicaio umano delle settimane appena trascorse. Le temperature sono certo meno calde, ma l’acqua è ancora piacevolmente calda e nutre l’anima di chi vi si immerge. Le città di costa, da fornaci tropicali, si trasformano in romantici dedali in cui perdersi. Endless summer, un lembo di tempo perfetto che si apre tra il tempo della t-shirt e quello del cappotto… Il principio dell’autunno, come un pullover di cotone, è confortevole e leggero. Leggero anche dal punto di vista economico, dato che iniziano i prezzi della bassa stagione. E, ammiccante, ci invita a viaggiare. By all the lovely tokens (tra tutti i migliori doni) / September days are here (i giorni di settembre sono giunti) / With summer’s best of weather (con il più bel tempo dell’estate) / And autumn’s best of cheer (e dell’autunno il meglio dell’allegria). (“September” di H. Hunt Jackson)
Inno alle vacanze tardive, tendenza tra i furbi che rifuggono le prenotazioni affollate dei mesi estivi… Una categoria di vacanzieri senza fretta. “Ad agosto la città è più vivibile”, dice una
di loro, “almeno nel mio caso, lavorare ad agosto è meno pesante che nel resto dell’anno” (da unamammagreen.com). E al momento di partire… “La fatica di attendere per dei lunghi mesi viene ricompensata con un godimento altrettanto intenso”. Nei mesi estivi ne approfittano per viversi la pace di casa, le strade dove il traffico scorre più fluido e gli aperitivi a due passi capaci di farti sentire in vacanza senza il bisogno di comprare un biglietto aereo. E poi, nel tempo del raccolto, quando nell’aria inizia a sentirsi la fibrillazione elettrica della ripresa, quando all’affacciarsi di settembre iniziano le scuole, uffici e officine riprendono a girare a pieno ritmo… Lontano o vicino, per ritrovarsi I tardivi, silenziosamente, prendono il treno, la macchina, la bicicletta e volano lontano. “C’è una sottile soddisfazione nel fare i bagagli mentre la maggior parte della gente che conosci è in preda al trauma del rientro. Sai che poi toccherà anche a te, ma per il momento… godi”. Quando la frutta matura gronda dagli alberi questi viaggiatori, con l’aria rilassata di chi ha appena passato una tranquilla estate casalinga, colgono il loro frutto dirigendosi verso il proprio destino. Un paio di settimane in un’isoletta greca (Amorgos o Koufu-
nissia), sette giorni alla scoperta delle città ricche di storia e delle spiagge della Sicilia, con un’eventuale salto nelle acque cristalline di Linosa, coccolando corpo e anima con paste alla norma, granite sgrumate e cannoli. Un lungo fine settimana per tornare a innamorarsi… a Venezia, a Praga o a Stoccolma. Qualche giorno intenso di vita diurna, notturna e cultura per le strade di Berlino e di Londra. Una crociera tra i verdissimi fiordi scandinavi o tra i geyser sbuffanti dell’Islanda. La fuga “modern hippy” a Ibiza o verso la sua vicina e più pacifica Formentera, in fase di allontanamento dalle orde barbariche e festanti dei mesi fully booked. La pace e il fascino ritirato di un agriturismo toscano, annidato tra le colline di un’uva matura che si avvia verso il periodo della vendemmia, a godersi il pecorino di Pienza, il fico dalla pianta e il Brunello di Montalcino dal calice. O ancora, un festival di cinema o uno sfizioso pellegrinaggio culturale a tappe. Una fuga lungo la costiera amalfitana… Le onde della costa atlantica e le sue immense spiagge dorate da esplorare con le emozioni del surf, per i più coraggiosi, prima che arrivino i mesi freddi! Da Lisbona, passando per la Cantabria, su su fino ai Paesi Baschi, San Sebastian, Biarritz, Hossegor. Buon viaggio!
La domanda della settimana
I consumi reali e quotidiani della vostra auto corrispondono alle indicazioni fornite dal costruttore (e indicate nel manuale del veicolo)?
Inviate un SMS con scritto T7 SI oppure T7 NO al numero 4636 (CHF 0.40/SMS), e inoltrate la vostra risposta entro giovedì 8 ottobre. I risultati appariranno sul numero 42 di Ticinosette.
Al quesito “Il nuovo centro Lugano Arte e Cultura (LAC) permetterà di rilanciare anche il sempre più sofferente settore turistico cantonale?” avete risposto:
SI
55%
NO
45%
Svaghi 46
Astri ariete Momento propizio per ricevere favori da parte di una persona importante. Possibili contatti con persone originali. Sbalzi umorali tra il 4 e il 6.
toro Il 9 settembre potrete vivere un momento importante all’interno di una relazione sentimentale. Promozioni, riconoscimenti e guadagni.
gemelli Vi sentiti pronti a competere. Ma se volete vincere dovete imparare ad affrontare una situazione per volta stabilendo delle priorità. Gelosie.
cancro Possibili gelosie in ambito professionale. Riconoscimenti professionali per i nati tra la prima e la seconda decade. Spese per la vita sociale.
leone Incontri durante una rappresentazione artistica. Date spazio alle soluzioni più creative. Tra il 7 e l’8 sarete al centro di un’inaspettata sorpresa.
vergine Sviluppo passionale di una relazione sentimentale. Decisioni improvvise. Fortuna professionale per creativi e sportivi. Eventi insoliti tra il 9 e il 10.
bilancia Nuova energia mentale. Sfruttatela per portare a termine un progetto o una negoziazione. Valutate con maggior cura la forza dei vostri alleati.
scorpione Momento decisivo per la vostra vita professionale, dopo le difficoltà degli ultimi mesi. Fortuna e guadagni. Agite in occulto. Lingua a freno.
sagittario Nuova fase più edonistica e dinamica dei vostri rapporti sentimentali. Colpi di fulmine e nuovi amori grazie a Urano. Bene tra l’8 e il 9 ottobre.
capricorno Momento magico per la vostra vita erotica. Possibile incontro con uno straniero. Opportunità professionali per i nati nella prima decade.
acquario Viaggi e avventure. Controllate maggiormente l’alimentazione. Opportunità professionali per i nati nella prima decade. Colloqui professionali.
pesci Atteggiamenti anticonvenzionali mascherati da un velo di paradossale perbenismo. Soddisfazioni da parte dei figli. Instabilità tra il 9 e il 10.
Gioca e vinci con Ticinosette
1
2
3
4
5
6
7
8
9
La soluzione verrà pubblicata sul numero 42
Risolvete il cruciverba e trovate la parola chiave. Per vincere il premio in palio, chiamate il numero 0901 59 15 80 (CHF 0.90) entro giovedì 8 ottobre e seguite le indicazioni lasciando la vostra soluzione e i vostri dati. Oppure inviate una cartolina postale con la vostra soluzione entro martedì 6 ottobre a: Twister Interactive AG, “Ticinosette”, Altsagenstrasse 1, 6048 Horw. Buona fortuna!
10
11 8
2
12
13
14
15
16
17
18
20
21
19
22
Verticali 1. Noto film del 1994 di G. Tornatore con G. Depardieu e R. Polanski • 2. Eletti • 3. Andata per il poeta • 4. Subisce soprusi • 5. Il nome di Greggio • 6. Mezza riga • 7. Quelli ammoniacali hanno un odore pungente • 8. Giaggiolo • 9. Zia spagnola • 10. Grossa arteria • 16. Motivetto orecchiabile • 19. Non ha eguali • 22. Bettole • 24. Serratura • 26. Il Ticino sulle targhe • 27. Il mitico re di Egina • 29. Si lavava nel sangue! • 31. Dittongo in pietra • 34. Vaccinati • 35. Smoderatezze • 38. Torna sempre indietro • 40. Quel che abbaia non morde • 42. Vale a dire • 44. Competizione • 45. Il no del moscovita • 48. Sud-Est • 51. Mezza mela • 52. Consonanti in siero.
6
23
24
25
28
26
27
29 1
30 33
32
31
34
35 4
36
37
39
38 41
40
43
44
Orizzontali 1. La frequentano i goliardi • 11. Radiogiornale • 12. Adorati • 13. Il re di Shakespeare • 14. Cuor di tapino • 15. Metallo radioattivo • 17. Grassi, oleosi • 18. Né mia, né tua • 20. Il dio egizio del sole • 21. Leggenda, fola • 23. Idonea • 25. Particole • 28. Lo paga il reo • 29. Erba irritante • 30. Le calza il sub • 32. Pari in forca • 33. Reiterare • 36. Mamma senza pari • 37. Bimba fiabesca • 39. Assicurazione Militare • 41. Città lombarda • 43. La perla del Ceresio • 46. La dea greca dell’aurora • 47. Incapaci • 48. Le iniziali di Savoia • 49. Grosso camion • 50. Divulgati, emanati • 53. Maestria • 54. Rabbia.
42
45
Soluzioni n. 38
46 3
47
1
D
10
48
I
12
Q
2
O N U
50
51
16
52
A
20
D
5
23
A
27
54
53
L
32
A
35
R
La parola chiave è:
39
A
43
1
2
3
4
5
6
7
8
D
17
P
L I
S
54
O
I
5
A
11
T
T
I
A
T
O
A
G
O
T
O
A
N
D
O 34
A
E
N
47
E
I
T
C
A
R
T
E
I
R
A
A
T
S
T I
A
U
T
D
E
E
45
R
55
T
L
P
L
A R
N
R
I O 26
G
29
T
I
T
O R
S
N
B
A
A R
53
O
O
49
A
9
C 15
38
48
O
I
O 42 46
O
52
O
R R 41
N
E
22 25
8
19
S
T
40 44
A
28
D
E
31
37
S
O
A
I
36
7
G
C
G
G A
18
N
6
N
13
21
33
51
C
I
24
I
R
E A
I
30
A
4
A
A
I 50
I
R
P
7
D
14
U
49
3
L A
D
R
I
N
E
O
La soluzione del Concorso apparso il 18 settembre è: RACCOLTA Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stato sorteggiato: Dionigi Giudice 6514 Sementina Al vincitore facciamo i nostri complimenti!
Premio in palio: buono per le offerte del tempo libero di RailAway FFS RailAway FFS offre 1 buono del valore di CHF 100.– per le sue offerte del tempo libero. Un esempio è l’offerta “Cardada-Cimetta” che include il viaggio in treno e la risalita in funicolare, funivia e seggiovia a Cimetta con il 20% di sconto.
Con RailAway FFS a Cardada/Cimetta. Sapevate che sopra Locarno vi è un punto panoramico dal quale si può osservare il punto più basso (sul Lago Maggiore) e il punto più alto (la cima Dufour del massiccio Monte Rosa) della Svizzera? Cardada e Cimetta vi aspettano! Maggiori informazioni su ffs.ch/cardada
Svaghi 47
Le marche Migros rinfrescano i ricordi d’infanzia.
<wm>10CAsNsjY0MDQx0TW2MDUxNAEACng-oA8AAAA=</wm>
<wm>10CFXLqxICQQxE0S_KVHdnkg1EUuu2EBR-DIXm_xUPh7ju3OPoGPh12a_3_dYE5zSvmJwdpxjaEtnlOSTAG6UUGGcWXQzy77GP2gCsrzGUKRfTSJu1qFDJMV6P5xsQt1jcewAAAA==</wm>
Urs Buchegger, responsabile sviluppo gelati, Midor
www.noifirmiamo-noigarantiamo.ch