ticino7
VIVERE & ABITARE
Come ti rammendo una periferia
NUMERO 7 / 17 FEBBRAIO 2017 / CON PROGRAMMI RADIO & TV DAL 19 AL 25 FEBBRAIO
ROBOT TRA NOI
Fanno parte del nostro quotidiano con fattezze sempre più umane CORRIERE DEL TICINO / LA REGIONE
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Sommario
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STORIA DI COPERTINA
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04 UN MONDO DI ROBOT di Roberto Roveda
COME DOVE QUANDO
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07 SOCIETÀ COMPRARE A NASO di Elisabetta Lolli
PROTAGONISTI
08
08 SETTE DOMANDE LAURA SADIS di Roberto Roveda 10 ORE SETTE LUGANO, BIBLIOTECA CANTONALE di Giorgia Panzera
TV E RADIO
11 DADOMENICA19ASABATO25
Scopri la programmazione settimanale completa in Ticino e in Europa di tv e radio per rimanere sempre informato e non perdere i tuoi programmi preferiti.
IL PENSIERO DELLA SETTIMANA Vuoi sapere la differenza tra noi e le macchine? Noi seppelliamo i nostri morti. (Kyle Reese in «Terminator Salvation»)
TICINO E NON SOLO
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35 CINEMA Y BAMBINI PICCOLI SPETTATORI CRESCONO di Amanda Pfändler 36 SETTE CONTINENTI FRIBORGO, LA CATTOLICA di Farian Sabahi
TENDENZE
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38 VIVERE Y ABITARE LA CITTÀ RINATA di Francesca Ajmar
40 STILE TABARRO, UN CAPO SENZA TAGLIA di Tommy Cappellini
RELAX
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42 STELLE Y CURIOSITÀ ASTROPARADE di Betty L’OGGETTO a cura della Redazione ISTRUZIONI PER L’USO di Walter Mariotti 43 GIOCA QE VINCIS CON TICINO7 IL CRUCIVERBA
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PARLIAMONE
CONCORSO Campionati mondiali di sci St. Moritz 2017
Tra coloro che hanno scovato i 5 piccoli sciatori che si erano nascosti tra le pagine del n. 5 di Ticino7 sono state estratte: ANTONIETTA BARONI MENDRISIO
ROSALIA GAMBONINI MINUSIO
ELISABETH DECARLI LOCARNO
che vincono rispettivamente
100 70 50
FRANCHI IN CONTANTI Complimenti alle fortunate lettrici. Continuate a seguirci!
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DIRETTO DA Paride Pelli CONLACONSULENZADI WalterMariotti REDATTORE RESPONSABILE Fabio Martini COREDATTORE GiancarloFornasier PROGETTO GRAFICO Elena MontobbioperWMWorkshop GRAFICA RobertoDresti e Deborah Vaccaro SITO WEB www.ticino7.ch
Piccoli schermi di Giancarlo Fornasier Una volta era considerata la baby-sitter per eccellenza:economica,coinvolgente, sempre a disposizione. In verità, questo avviene ancora oggi nella maggior parte delle famiglie, e soprattutto in quelle ore che per i genitori sono le più calde e complicate della giornata: il pomeriggio quando i ragazzi rientrano da scuola o dall’asilo, e nei dopo cena (in quelle famiglie dove questa, fatta in comune, ancora resiste). Decenni di «cattiva maestra» non hanno dunque tolto alla TV la funzione di ancora di salvezza, un posto comodo tra le quattro mura domestiche dove parcheggiare i figli: hanno voglia i pediatri e gli psicologi dell’infanzia a porre (giustamente) limiti al suo consumo o a sconsigliare la visione di alcuni canali. Nella sala d’aspetto di un noto medico che opera nelle Tre Valli, i genitori vengono severamente ammoniti sulla visione di emittenti dedicate ai ragazzi che mandano in onda animazioni dai dubbi messaggi, sia visivi sia educativi. Lodevole, anche se dal sapore un po’ retrò: tra smartphone, connessioni internet, social e blog oggi un bambino di scuola elementare accede senza filtri a un universo tanto vasto quanto incontrollato, dove la violenza televisiva di supereroi e affini è forse il minore dei mali. «Meno peggio» di alcuni linguaggi, comportamenti e modelli educativi dilaganti tra gli adulti. 3
Storia di copertina
Un mondo di robot
Pratici, social e addirittura simpatici quasi fossero personaggi dei cartoon. Fanno sempre piĂš parte della nostra vita e sono pronti a conquistare nuovi e insospettabili spazi. Vediamo come. Scrive Roberto Roveda 4
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N
el 2015 il canton Berna ha deciso di sperimentare dei postini molto particolari: i droni. Questi robot volanti sono stati giudicati idonei a recapitare pacchi e farmaci nelle zone più impervie, soprattutto in caso di maltempo. Il test, frutto della collaborazione tra Swiss World Cargo, la divisione trasporti delle nostre linee aeree, e l’azienda californiana di robotica Matternet, ha dimostrato che i tempi non sono ancora maturi per la posta robotizzata, principalmente a causa della limitata autonomia dei droni. L’esperimento ha però aperto uno scorcio sul futuro in un momento in cui i dispositivi automatizzati sono ormai realtà quotidiana. Aziende come Amazon e Wallmart hanno, infatti, automatizzato parte dei loro processi lavorativi e i robot scorrazzano nelle nostre case, sempre più 3.0 grazie alla domotica, così come nei nostri giardini sotto forma di aspirapolvere e tagliaerba. Sembra quindi realizzarsi quanto scrisse Bill Gates in un articolo pubblicato una decina di anni fa: «Immagino un futuro nel quale i dispositivi robotici diventeranno quasi onnipresenti nella vita quotidiana». È questo il grande cambiamento degli ultimi anni: i sistemi automatizzati non sono più prerogativa dell’industria, della medicina e delle imprese spaziali, ma sono entrati a far parte della nostra quotidianità con fattezze sempre più realistiche. Siamo, del resto, nell’epoca della biorobotica e, ormai, esistono molti tipi di animali-robot: dagli insetti, ai cani, ai gatti ai cavalli. Si tratta in molti casi di prototipi o di piattaforme in via di sviluppo studiate come sofisticati giocattoli ma che potrebbero diventare gli strumenti per combattere le guerre del futuro come lo squalo-robot da ricognizione messo a punto dalla Marina statunitense. L’obiettivo dell’industria della robotica però è chiaro: vendere prodotti al grande pubblico e fare diventare questi moderni automi parte della nostra vita al posto di cani e gatti in carne e ossa.
Volume economico attuale e futuro del mercato robotico
150
in miliardi di franchi
I FAMILY ROBOT Non siamo ancora al robot-maggiordomo ma poco ci manca, anche perché questi dispositivi, grazie alla loro componente informatica, sono stati studiati per accrescere il proprio bagaglio di informazioni in base alle istruzioni date dai loro proprietari e al collegamento in rete con altri automi dello stesso tipo. Avremo macchine intelligenti sempre più simili a noi, capaci anche di apprendere dall’esperienza, come iCub, il robot bambino creato dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova, o Asimo, robot umanoide che corre e batte i calci
Numero di droni venduti per uso privato
16
in milioni
71 2015
AUTOMI PER TUTTI I GUSTI Ma gli pseudo animali domestici rappresentano solo una faccia della medaglia. La frontiera più recente è quella della robotica umanoide, cioè i cosiddetti robot da compagnia, i companion robot detti anche social robot o family robot. Automi sempre più sofisticati, progettati e realizzati per vivere nelle nostre case e migliorare la nostra vita. Non solo elettrodomestici-robot che puliscono o aiutano in cucina, spiega Enrica Battifoglia autrice del libro I Robot sono tra noi (Hoepli, 2016): «Nei prossimi anni saranno messi in commercio robot umanoidi sempre più sofisticati. Robot con testa, braccia e ruote al posto delle gambe per garantire la stabilità, ma soprattutto capaci di comunicare vocalmente oppure attraverso un display. Si tratti di dispositivi in grado di acquisire un gran numero di informazioni, programmati con app dedicate e collegati in rete con il wireless. Possiamo immaginarli come smartphone con le braccia in grado di assistere gli anziani, sollevare gli oggetti pesanti oppure ricordando loro di assumere i medicinali oppure somministrandoli direttamente. Robot che riconoscono i volti e le voci dei membri della “loro” famiglia e che possono intrattenere i bambini, raccontare loro delle fiabe, oppure ricordare appuntamenti e date, gestire la messaggistica, fare foto e video».
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2015
2020
RIVOLUZIONE ROBOTICA Tutti i confini della fantascienza
I robot sono tra noi, ma siamo all’inizio della rivoluzione robotica come spiega Gabriele Carpanzano, direttore del Dipartimento di tecnologie innovative della SUPSI: «Spesso si ha un’idea poco reale delle concrete applicazioni delle tecnologie. Si pensa che determinati dispositivi artificiali siano assimilabili all’uomo e ne migliorino addirittura le prestazioni. Questo è vero se guardiamo ad attività ben definite, ripetitive, che richiedono rapidità e precisione. Non è vero se sono richieste creatività e gestione dell’imprevisto». L’auto intelligente è una chimera? «Siamo ancora lontani. Nessuna casa automobilistica immetterà sul mercato un’auto che si guida da sola a meno che non sia sicura al 100%. E per ottenere questo deve essere in grado di gestire tutti i possibili imprevisti, un obiettivo assai complicato da raggiungere». E i droni per le consegne? «Non sarà semplice gestire il traffico di centinaia di droni che sfrecciano nel cielo, sia dal punto di vista tecnologico, sia sotto il profilo giuridico. Se un essere umano compie un errore e commette un danno la legge sa come gestire il caso, ma con i robot si dovranno adeguare le legislazioni. Se un drone cade di chi è la responsabilità? Di chi lo ha programmato? Del proprietario? E poi, banalmente, i droni sono rumorosi. Pensiamo ad avere sciami che ronzano sopra la nostra testa». La fantasia supera la realtà? «Si pone sempre l’accento sulle meraviglie della tecnologia e si dimenticano i suoi limiti. Il mondo digitale è un’approssimazione della realtà, una sua semplificazione. L’intelligenza artificiale non gestisce l’imprevisto e non esercita la creatività. Non va dimenticato». 5
Storia di copertina
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sta facendo per questo motivo passi da gigante: «Si sta evolvendo molto la tecnologia della “sensoristica”, che poi integra i robot e consente di raccogliere e acquisire dati (temperatura, pressione ecc.) utilizzati dai dispositivi», prosegue Carpanzano. «C’è tutta un’altra area di sviluppo che farà sì che questi dispositivi sembreranno sempre più “intelligenti” e in grado di fare in modo autonomo un crescente numero di operazioni. Avremo così elettrodomestici e automobili con funzioni sempre più avanzate, dispositivi media, televisione, radio sempre più interattivi, con funzioni o servizi sempre più interessanti anche per il tempo libero».
di rigore. Oppure ci confronteremo con quello che è oggi il personal robot più diffuso, Robot Pepper, di gran moda in Giappone. Pepper è il prototipo del robot emotivo perché capace di conversare, comprendere le emozioni e agire di conseguenza ma sulla sua scia si stanno inserendo molti concorrenti come Nao, robot educativo, Romeo, specializzato nella compagnia degli anziani, o i più semplici Alpha 2 e Robi Robot . Punto di forza di questa generazione di dispositivi il prezzo, estremamente concorrenziale se pensiamo che Pepper costa all’incirca 1.400 franchi. Ce lo conferma ancora Enrica Battifoglia: «Fino a pochi anni fa un robot umanoi-
TECNO MA SOFT MORBIDI E ADATTABILI
Una delle grandi sfide della robotica è introdurre sempre di più i robot nella vita reale, in un mondo quindi che cambia in continuazione e a cui bisogna adattarsi. Per questo scienziati e tecnici puntano sulla cosiddetta robotica soft, leggera, elastica, guidata dall’idea di semplificare sempre di più i congegni, in contrapposizione alla concezione rigida che ha ispirato i robot tradizionali. Nella robotica soft ci si ispira alla natura cercando di replicare ciò che l’uomo, gli altri animali e le piante riescono a fare. Le articolazioni dei robot allora imitano quelle naturali, i materiali in cui sono realizzati (per esempio il silicone) sono cedevoli, pieghevoli, deformabili come avviene con i corpi in natura. La cedevolezza è la caratteristica che consente ai corpi di adattarsi alla natura e i robot cercano di replicare questa qualità. Macchine capaci quindi di deformarsi e tornare allo stato originario, di schiacciarsi, per esempio, per superare una strettoia e individuare persone sepolte sotto delle rovine per poi tornare alle dimensioni originarie. 6
de poteva costare centinaia di migliaia di franchi, oggi invece si punta a creare robot molto più sofisticati di Robot Pepper al costo di un’utilitaria e già si pensa a fornirli in leasing. Questo grazie al fatto che alcune tecnologie legate alla miniaturizzazione e le materie plastiche con cui vengono costruiti sono oggi più economiche. Insomma, il mercato si sta evolvendo rapidamente come è accaduto per gli smartphone, un tempo costosissimi, oggi disponibili per tutti». LA RIVOLUZIONE MECCATRONICA A favorire questa rivoluzione in atto sono i progressi della meccatronica, quella branca della ricerca che mira a far interagire meccanica, elettronica e informatica al fine di automatizzare i sistemi di produzione e semplificare il lavoro umano. Un progresso, quella della meccatronica, che non stupisce gli esperti: «Molte tecnologie usate oggi, come l’Intelligenza artificiale, esistono da tempo anche se sono in continua evoluzione», ci dice Gabriele Carpanzano, direttore del dipartimento di Tecnologie Innovative della Supsi. «È cambiata la percezione che le persone hanno di queste tecnologie perché i dispositivi sono diventati disponibili nella quotidianità e la loro evoluzione è diventata più rapida. Questo grazie al fatto che molti fanno ricerca in questo settore e le opportunità di creare nuovi dispositivi, sempre più accurati, precisi e avanzati, sono veramente tante». La robotica è quindi diventata un’industria che muove capitali e ricerca e che
UNA NUOVA ALBA Resta un grande punto interrogativo: cosa rimarrà dell’uomo in questa deriva robotica. Stephen Hawking racconta a questo proposito una sinistra parabola «Viene creato il primo robot con intelligenza artificiale, di molto superiore a quella umana. Gli viene immediatamente fatta una domanda: “Dio esiste?”. “Adesso sì”, risponde quello, e per prima cosa distrugge il meccanismo con cui gli umani potrebbero disattivare il suo funzionamento». Senza però voler essere per forza apocalittici i robot da compagnia apriranno scenari nuovi nel rapporto tra uomo e macchina. Toccherà agli esseri umani decidere che atteggiamento tenere nei confronti dei robot con cui si troveranno a trascorrere la loro quotidianità come ci ricorda Enrica Battifoglia: «Ci vorrà prudenza. È necessario non dimenticare mai che anche se sono simpatiche, se ci “parlano”, sono macchine, qualcosa di molto diverso da noi. Si dovrà diffondere una nuova educazione nel rapporto con questi dispositivi che ci affascinano e e allo stesso tempo ci preoccupano anche perché capaci di sostituire l’uomo in molte attività. È vero che molti lavori spariranno ma, secondo molti esperti, ci sarà bisogno di sempre più persone per gestire i robot, creare le app, studiare i materiali, smaltire i materiali di scarto. Nasceranno nuove possibilità lavorative a mio parere». Insomma siamo solo all’alba del mondo dei robot ma per ora la dinamica è quella immaginata dal grande John Maynard Keynes circa un secolo fa: «scopriamo sempre nuovi sistemi per risparmiare forza lavoro, e li scopriamo troppo in fretta per riuscire a ricollocare quella forza lavoro altrove». Affideresti la tua vita a un robot? Dì la tua sulla pagina Facebook di Ticino7
Come dove quando
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SOCIETÀ
Comprare a naso Nell’ambito del marketing e della produzione dei beni di consumo si sta sempre più affermando l’importanza degli aromi e dei profumi come strumenti in grado di catturare l’attenzione del pubblico. Come? Emozionandolo. Scrive Elisabetta Lolli co o di alcune colle – resta saldo nella nostramemoria.Iricordiolfattivihannoinfatti la capacità di suscitare emozioni ma sono anche i più facili da riattivare. La loro forza si lega alla situazione in cui l’odoreèstatopercepitonelcorsodelprocesso di apprendimento.
N
ella lingua araba la parola tayyib è usata per indicare qualcosa di buono, di piacevole, ma anche di profumato.Ingiapponeselaparolakansei sintetizza, invece, concetti come sensibilità, sentimento, emozione, e il termine è spessoassociatoallacapacitàumana–del nostro cervello, e in particolare del sistema limbico, che presiede al senso dell’olfatto – di provare emozioni, per esempio, di fronte a un quadro, a un bel paesaggio, a una persona di aspetto piacevole. Laproduzioneindustriale diserieneidecenni passati si è contraddistinta per una scarsa attenzione alle preferenze individuali, optando piuttosto per l’omologazione percettiva e l’appiattimento dei meccanismi cognitivi connessi alla nostra capacità di scelta. Si è puntato sulla vista, sull’udito, sul tatto, più che sull’olfatto.Inrealtà,nonèstatosemprecosì,vistochealcuneaziendesisonoinconsapevolmente create un logo olfattivo: l’odore connaturato a certi prodotti – il legno di cedrodellematite,ilprofumodelborotal-
STIMOLARE E RILASSARE I profumi possono essere ripartiti in due grandi insiemi, gli stimolanti e i rilassanti. Le composizioni olfattive del gruppo stimolanti contengono solitamente aromi naturali che aiutano la concentrazione, l’aggregazione, la predisposizione alla trattativa, l’energia. Sono fragranze adatte a contesti in cui è essenziale mantenere elevata la concentrazione: sale congressi, sale riunioni, centri sportivi, scuole, cinema, punti vendita high tech (si citano fra questi fresh lemon, menthe poivree, happy orange, fleurs violette, ecc). Il gruppo delle sostanze rilassanti, invece, comprende gli aromi naturali che facilitano il rilassamento, lo svago e il buonumore. Si tratta cioè di profumi adatti soprattutto a contesti dove è importante diffondere un senso di benessere e di sicurezza emotiva.
IL FATTORE AFFETTIVO Questaconsapevolezzahacondottonegli ultimi anni allo sviluppo di ricerche per l’individuazionedeicosiddettiloghiolfattivi. Di che si tratta? Sostanzialmente di profumi e aromatizzazioni che vengono applicati non solo agli oggetti più diversi (dagli smartphone alle automobili, dagli elettrodomestici ai mobili, dalle scarpesportiveaglialimenti)maanchediffusi neinegozi,neglispaziespositivi,neicinema in cui vengono proiettati spot pubblicitari. L’obiettivo è quello di estendere i contenuti e le capacità di un prodotto oltre i campi visuale e uditivo, impiegando linguaggisinesteticipertrasmettereulterioriinformazionisensoriali.Sottomoltepliciaspetti,quindi,ilmarketingnonrappresentapiùunabattagliadiprodotti,ma di percezioni. Christian Derbaix, uno dei massimi studiosi dei comportamenti del consumo,giàdagliannisettantaconfutava la teoria basata sullo schema psicologico cognizione del prodotto-convinzionedecisione, in quanto non più rispondente alla realtà. Era piuttosto il fattore emotivo, affettivo, a essere determinante nel processo d’acquisto. Senza dimenticare che, rispetto a vista e udito, l’olfatto è un senso più antico, legato alle zone più remoteeistintualidelnostrocervello,eche fa leva su di un canale di comunicazione nonsaturatodamessaggiridondanti.Che ilsuccessodiApple,odialtrimarchidifama non dipenda in parte dal profumo dei loroprodottiedeiloroambientidivendita?Almomentononesistonoleggiatutela del consumatore contro l’uso subliminale degli odori. Il campo è ancora libero. Vedremo per quanto. 7
Protagonisti
SETTE DOMANDE
Laura Sadis
Senza politica ho più tempo libero, ma non chiedetemi di fare sport Dove è nata la sua passione politica? Mi ha sempre interessato il fatto che la politica consente di avvicinarsi alla vita delle persone e agli ambiti più disparati della società, ambiti che magari non si avrebbe la possibilità di conoscere altrimenti. Inoltre, la politica permette di confrontarsi con gli altri, di arricchire il proprio pensiero. Aiuta a guardare la realtà con occhi diversi. È un modo per essere vicini alla vita della comunità in cui si vive. Dà un senso di appartenenza. 1
2 Ma ha ormai lasciato la politica attiva. Si dedica ad altre passioni? Certamente da due anni a questa parte ho più tempo. Il lavoro mi impegna ancora, ma ho più occasioni per vedere i miei amici, per godermi la parte privata della mia vita e per dedicarmi alle altre mie passioni, che sono passioni un po’ «pigre». Non sono una sportiva nonostante sappia quanto sia positivo fare sport. Amo molto la lettura e il cinema. 3 I suoi scrittori preferiti? Leggo per lo più saggistica ma la mia predilezione va alla narrativa, ai romanzi. In generale, comunque, sono una lettrice disordinata e istintiva, non ho preclusioni se il libro è ben scritto. Un testo che trovo affascinante anche perché affronta un tema sempre attuale è Il grande inquisitore di Dostoevskij. Ho, per esempio, riletto e ancora mi è piaciuto Le affinità elettive di Goethe ma amo anche i romanzi gialli pubblicati da Sellerio. Seguo poi con grande curiosità gli scrittori svizzeri, molti dei quali sono poco conosciuti nell’area italiana per motivi linguistici. Per questo è fondamentale il lavoro svolto dalla Fondazione che opera nell’ambito delle traduzioni, un impegno che mi auguro continui in futuro. È un contributo fondamentale.
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IL PERSONAGGIO
Laura Sadis, nata a Bellinzona nel 1961 ma cresciuta a Lugano , si è laureata in economia politica all’Università di Zurigo. Membro del Partito Liberale Radicale, ha iniziato la sua carriera politica nel 1988 nel Consiglio comunale di Lugano. Dal 1995 al 2003 è stata deputata al Gran Consiglio e membro delle commissioni della gestione e delle finanze, tributaria ed energia. Dal 2003 al 2007 ha fatto parte del Consiglio nazionale e, nell’aprile del 2007, è stata eletta in Consiglio di Stato – organo che ha presieduto tra il 2011 e il 2012 – assumendo la direzione del Dipartimento delle finanze e dell’economia (DFE) sino al termine della sua seconda legislatura (2015), dopo di che ha scelto di non ripresentarsi. 4 E quali autori svizzeri predilige? Oltre a quelli già noti mi vengono in mente, per esempio, Lukas Bärfuss o Hansjörg Schneider e i suoi gialli con protagonista il commissario Hunkeler: romanzi molto svizzeri, pervasi di inquietudine, un po’ alla Dürrenmatt, scrittore che resta per me geniale. Recentemente ho letto un libro gustosissimo dello scrittore zurighese Thomas Meyer, Non tutte le sciagure vengono dal cielo. Insomma, è bello scoprire che ci sono bravi giovani scrittori e trovare piccole case editrici che si guardano attorno, scovando nuovi talenti e allargando lo sguardo. 5 Al cinema che cosa le piace vedere? Tanti registi. Me ne vengono in mente alcuni, un po’ «datati», come Tarkovskij, Kieslowski, oppure, forse il mio prediletto, Visconti. Seguo anche registi contemporanei, magari più difficili da vedere perché producono un cinema di nicchia, più impegnato rispetto alle pellicole che riempiono le
sale. Il cinema è una passione che ho coltivato fin da giovanissima: già a 1314 anni la mia paghetta si trasformava facilmente in un biglietto cinematografico. A Lugano, per esempio, al cinema Lux, facevano negli anni settanta delle belle rassegne. Per me il cinema non è solo una passione: è arte, al pari della letteratura e della musica. Ci può raccontare qualcosa di molto profondo. 6 Ma la politica non le manca mai? L’interesse e la curiosità rimangono, ma non posso dire che mi manchi la politica attiva. Ho sempre pensato che l’impegno politico debba durare un certo lasso di tempo. Poi servono persone nuove, idee nuove, nuovi entusiasmi. Anche da semplice cittadina comunque seguo la vita politica. Le passioni positive restano. 7 E da osservatrice è ottimista o pessimista per il futuro? Bisogna mantenere uno sguardo positivo e fiducioso verso le scelte e le azioni umane, coltivare le aspirazioni, nutrire obiettivi, valori e al limite anche utopie che ci possono guidare, anche se i traguardi sono lontani. Mai rinunciare. Non ci si può arrendere alla rassegnazione: ci sono grandi difficoltà, ingiustizie e sofferenze nel mondo e una comunità deve essere in grado di ragionare sulle questioni e riuscire a dare delle risposte, non solo individualmente, ma anche e soprattutto collettivamente. I problemi del presente pongono grandi sfide perché il mondo, con lo sviluppo tecnologico e la mondializzazione, sta cambiando. E le sfide richiedono impegno e speranza.
Intervista di Roberto Roveda Foto di ©Fiorenzo Maffi/CdT
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Protagonisti
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ORE SETTE
LUGANO, BIBLIOTECA CANTONALE, ORE 7 E ORE 19 DI LUNEDÌ 6 FEBBRAIO 2017.
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Foto di ©Giorgia Panzera
Ticino e non solo
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CINEMA & BAMBINI
Piccoli spettatori crescono (da soli)
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iorno della proiezione, prima del film: «Mamma, che bello, andiamo al cinema! Da soli! Senza grandi!». Giorno della proiezione, dopo il film: «Mamma, non mi è piaciuto per niente. Il film era strano, era tutto grigio, non ci ho capito niente». Qualche giorno dopo: «Mamma, sai, quel film che ho visto. Mi ha fatto un po’ piangere, sai. Era triste. Poverino quel signore, lui voleva solo dare da mangiare alla sua famiglia, era povero. Ma quando tu eri piccola i film erano tutti così… in bianco e nero?». Ladri di biciclette (1948) di Vittorio De Sica è considerato un classico del cinema ed è ritenuto uno dei massimi capolavori del neorealismo cinematografico italiano. Un film che forse non immagineremmo mai di far vedere ai nostri bambini di 6, 8 persino 12 anni. Alla «Lanterna Magica – Il club di cinema per bambini» i più piccoli vengono invece (e giustamente) considerati degli spettatori a tutti gli effetti. Anche se, con un po’ di aiuto: qualche giorno prima della proiezione, gli iscritti al club Lanterna Magica ricevono a casa un giornale illustrato che presenta loro il film: una sorpresa, visto che non si conosce il programma in anticipo. Inoltre, prima della proiezione, i piccoli spettatori vengono accompagnati nell’interpretazione e
DIVENTARE GRANDI La Lanterna Magica (per informazioni magiclantern.org/lang=it) esiste da venticinque anni e conta oltre un centinaio di club in tutto il mondo. È destinato a bambini tra i 6 e i 12 anni che ogni anno possono vedere 9 film. In Ticino sono circa 1.100 gli iscritti nei sei club presenti sul territorio: Acquarossa, Airolo, Bellinzona, Chiasso, Locarno e Lugano. La Lanterna s’impegna a promuovere l’educazione all’immagine in occasione di eventi speciali e nelle scuole. Ma la Lanterna magica non si ferma mai, così è in progetto «La Piccola Lanterna», che intende offrire un introduzione cinematografica ai più piccoli (4-6) accompagnati dai loro genitori. Per entrambi i cineclub l’associazione è sempre alla ricerca di volontari che vogliano partecipare a questo progetto di mediazione culturale.
nella comprensione del film da animatori e attori professionisti. SOMMERSI DALLE IMMAGINI Secondo l’American Academy of Pediatrics,asoli7anniibambinihannogiàpassato un anno della loro vita davanti a televisione, tablet, smartphone, videogame. Sono bombardati di immagini, nessuno però si preoccupa di prepararli a questo consumo. Di imparare a gestire le emozioni che suscitano in loro queste immagini, di capire cosa si nasconde dietro. La Lanterna Magica tenta di colmare una parte di questa mancanza. Ma non solo: i piccoli nativi digitali scoprono che una volta il cinema era muto, in bianco e nero. Che gli effetti speciali non erano quelli di oggi. Comprendono il concetto di evoluzione tecnologica. Scoprono ogni sfaccettatura della settima arte, comprendono che ogni epoca e ogni Paese hanno un proprio modo di fare cinema, di vedere e interpretare il mondo. E, ciliegina sulla torta, al cinema, con la Lanterna Magica, i bimbi vanno senza genitori. Assaporano unpo’diindipendenza,dilibertà,epossonoreagireinmanierapersonaleeautonomaalfilmproiettato,sviluppandounpropriosensocriticoesoprattutto,scoprendo a poco a poco i propri gusti. Scrive Amanda Pfändler 35
Ticino e non solo
SETTE CONTINENTI
Friborgo la cattolica
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ituata in un meandro della Sarina che separa la Svizzera romanda dalla Svizzera tedesca, Friborgo è una delle più affascinanti città svizzere. Di impianto squisitamente medioevale, è stata fondata nel 1157 dal duca Bertoldo IV di Zaehringen, la cui famiglia pose anche le fondamenta di Berna. Costruite su una roccia attorniata per tre quarti da un fiume, le due città hanno una topografia simile. Capitale dell’omonimo cantone, Friborgooggicontaquasi39milaabitanti, 80mila se si considerano gli agglomerati urbani. Con la parte medievale in basso e quellamodernainalto,èunpontetracultura latina e germanica, tra lingua francese e tedesco. E sono proprio i ponti sulla Sarina a caratterizzarne l’urbanistica. Peraltro,levetrate dellacattedrale di San Nicola valgono da sole il viaggio.
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L’UNIVERSITÀ DEI FEDELI Storicamente abitata da mercanti, ospita diecimila studenti di paesi diversi, iscritti nell’unico ateneo bilingue (francese e tedesco) della Confederazione. La loro presenza imprime alla città un respiro internazionale, anche perché recentemente il Politecnico di Losanna vi ha aperto un polo tecnologico (fribourg.epfl.ch/) e la facoltà di Teologia è rinomata a ogni latitudine (i domenicani furono chiamati a insegnarvi nel 1890). «Fondata dallo Stato di Friborgo, l’Università dei cattolici di Svizzera era inizialmente finanziata in modo significativo dai fedeli, mentre oggi vive di fondi pubblici e, solo per alcuni progetti, delle offerte raccolte nelle parrocchie della Confederazione un giorno l’anno. Nel 1989 il rettore la definì università sta-
LA PRIMA CHIESA Al momento della fondazione della città, venne subito eretta una prima chiesa in stile romanico, dedicata a san Nicola, il santo che attorno all’anno 300 d.C. era stato il vescovo greco di Myra nella provincia bizantina della Licia. Nel 1283 è stato dato avvio ai lavori per una chiesa più ampia (terminata nel 1490) in elegante stile gotico con tredici campane e una torre alta quasi ottanta metri accessibile attraverso 365 scalini. Il coro risale al 1630 ed è decorato con 32 scudi di famiglie e corporazioni locali. Splendide le vetrate, in art nouveau, realizzate tra il 1896 e il 1936 dal pittore polacco Josef Mehoffer. I temi trattati sono le vite dei santi, i dogmi della fede (la Santa Trinità, l’Eucarestia), i racconti biblici (l’adorazione dei Magi) e la Storia: l’ingresso di Friborgo nella Confederazione Elvetica (1481) e la vittoria svizzera nella battaglia di Morat (1476) contro Carlo I di Borgogna, il Temerario.
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Tempo libero / IL FATTO DI ESSERE UNA CITTÀ UNIVERSITARIA, PIENA DI GIOVANI E PER GIUNTA BILINGUE, FA SÌ CHE LA VITA NOTTURNA DI FRIBURGO SIA PIUTTOSTO VIVACE E ATTIVA. SCORDATEVI QUINDI L’IMMAGINE PACIOSA E TRANQUILLA DELLA TIPICA LOCALITÀ SVIZZERA: QUI SI FA FESTA TUTTE LE SERE.
LA CITTÀ IN SETTE MOSSE 1. Cattedrale
La cattedrale di San Nicola, la chiesa dei Cordeliers, la chiesa e il convento degli Agostiniani: tutte da visitare.
2. Festività
Due festività: giovedì 15 giugno la Fête-Dieu (Corpus Domini) celebra la presenza di Cristo nell’Eucarestia con processioni in abito tradizionale. L’8 dicembre (San Nicola) un giovane accompagnato da Père Fouettard il Castigamatti percorre, su un asino, il cammino dal Collège St. Michel alla Cattedrale dove satireggia sugli eventi dell’ultimo anno.
3. Arte
L’Espace (nella foto), dedicato allo scultore Jean Tinguely e alla moglie, l’artista Niki de Saint Phalle, è ricavato in un vecchio deposito di tram.
tale «di tradizione cattolica» e la croce, simbolo dell’ateneo, è ormai stilizzata», spiega lo studioso Jean-François Mayer dell’Institut Religioscope. Secondo il rapporto Les communautés religieuses dans le canton de Fribourg redatto da Mayer, la Chiesa cattolicoromana rappresenta il gruppo religioso più importante di Svizzera (38%). L’identità cattolica si spiega leggendo la Storia: se nel momento della Riforma le località intorno diventano protestanti, Friborgo resta l’avamposto della Controriforma. Dal 1580 vi insegnerà il gesuita olandese Saint Pierre Canisius: autore di un famoso catechismo, fonderà il prestigioso Collège St. Michel con lo specifico obiettivo di limitare il «contagio» del protestantesimo.
IDENTITÀ STORICA A distanza di secoli, «il panorama religioso è plurale, il multiculturalismo è percepibile soprattutto nel quartiere Schonberg», prosegue Mayer. «A Friborgo restano decine di congregazioni, alcune contemplative (i cistercensi), altre attive (i gesuiti, mentre le orsoline e le suore della Santa Croce Menzingen non sono più operative nelle scuole a causa dell’età avanzata). Le vocazioni scarseggiano, la metà dei preti è di origine straniera, proviene soprattutto da Polonia e Africa. L’identità cattolica resta ben definita nella facoltà di Teologia, i cui docenti devono ottenere il consenso delle autorità religiose». Una città cattolica, anche in termini di immigrazione: «Nel cantone il 10% dei cattolici è d’origine portoghese, tanti altri sono africani», aggiunge Mayer, «ma solo il 5-10% si reca alle celebrazioni regolarmente, e viene spontaneo chiedersi se nel lungo periodo persisterà una forte appartenenza religiosa senza una pratica assidua». I segni del cattolicesimo sono ovunque perché Friborgo non ha sperimentato né la Riforma, né rivoluzioni. Oltre alle facciate gotiche del XV secolo, sono le chiese ad attrarre l’attenzione del turista. Dalla cattedrale di San Nicola – sede del vescovo di Losanna, Ginevra e Friborgo – si passa all’antica basilica di Notre Dame e, lì vicino, alla chiesa dei Cordeliers (francescani) del 1256. Tre luoghi di culto che la domenica celebrano la messa in contemporanea. Un viaggio di Farian Sabahi
4. Funicolare
La funicolare del 1899 collega il centro con il quartiere Neuveville utilizzando l’energia creata dalle acque di scarico.
5. Ponte sì, teatro no
Il nuovo ponte (costato 40 milioni di franchi) libera il centro dal traffico ed è apprezzato dalla popolazione. Diversa la percezione del nuovo teatro: un anonimo blocco di cemento.
6. Bambole e formaggi
Nei dintorni, il paesino di Grouillère noto per le bambole; Gruyères e il suo caseificio (aperto al pubblico); il borgo medievale di Morat sulla riva sud-est dell’omonimo lago e la bella abbazia; e la cittadina di Avenches, che risale all’epoca romana.
7. Dove mangiare
Ottimo rapporto qualità-prezzo presso «Le Pingouin» in Grand-Places 18 a due passi dal parcheggio sotterraneo; il pluripremiato (di fascia alta) «Les trois tours» nel quartiere Bourguillon dove si trova la cappella, meta di pellegrinaggio, con la statua della Vergine Maria protettrice della città. 37
Tendenze
VIVERE & ABITARE
La città rinata Capannoni abbandonati, aree industriali dismesse, zone residenziali spopolate: tutte opportunità per mettere in atto strategie e tattiche di rigenerazione urbana di breve e lunga durata. Scrive Francesca Ajmar
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concetto di città come spazio di vita, lavoro e cultura sta attraversando una fase di rilettura estremamente interessante. In un intervento video a un convegno tenutosi nel 2015 a Bergamo («Rammendo e rigenerazione urbana», sponsorizzato dalla Fondazione Italcementi), l’architetto Renzo Piano si è espresso con la consueta lucidità a riguardo: «Sono le periferie la città del futuro,quelladovesiconcentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigan-
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tesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee». L’abbandono delle aree produttive e delle strutture manifatturiere annesse ai centri urbani, in gran parte a causa dei processi di delocalizzazione e globalizzazione, così come l’esodo residenziale verso le periferie, in risposta ai costi sempre più elevati degli spazi abitativi nei centri storici e ai crescenti flussi migratori, impone infatti una rilettura radicale della periferia. Periferia, come evidenzia lo stesso Piano, che è stata troppo a lungo associata ai concet-
ti di degrado e abbandono. Se, dunque, non ne servono di nuove (il caso dell’espansione senza alcun controllo di periferie prive di servizi e infrastrutture in una città come Roma è uno degli esempi negativi da tenere bene a mente), è invece indispensabile «costruire sul costruito, procedendo non per “esplosione” ma per “implosione”», per citare ancora Renzo Piano. Questa tendenza nell’ambito dell’urbanistica viene interpretata in modi molto diversi a seconda dei contesti. Vediamone, qui a fianco, un paio.
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AMSTERDAM Except è una cooperativa formata da ricercatori, designer e imprenditori che hanno deciso di attivarsi in campo sociale occupandosi di sostenibilità e urbanistica. In tale prospettiva, il gruppo ha trasformato un grande capannone abbandonato di Amsterdam in uno spazio da dedicare a uffici con l’inserimento di oasi verdi e completamente autonomo dal punto di vista energetico. Per la realizzazione del progetto e l’inserimento del verde gli operatori di Except hanno utilizzato una serie di vasche idroponiche che hanno permesso di creare dei veri e propri orti indoor i cui prodotti sono poi destinati al consumo interno. Le aree verdi sono irrigate con acqua piovana che viene raccolta e distribuita attraverso un’apposita rete. L’organizzazione dello spazio interno è strutturata con elementi modulari che possono essere aggiunti o rimossi a seconda delle diverse necessità. Si tratta di un sistema del tutto indipendente, adattabile ad attività differenti e che può essere esportato per la riqualificazione di spazi industriali e depositi abbandonati, anche di grandi dimensioni.
HANOI Lo Studio 102, un collettivo di architetti vietnamiti, ha trasformato un edificio residenziale mai completato e abbandonato, situato in un quartiere della città di Hanoi, in uno spazio per uffici accogliente e funzionale. La committenza, la Mein Garten, società specializzata in orticoltura e sviluppo paesaggistico, richiedeva spazi polivalenti per i propri uffici e uno spazio espositivo, ponendo particolare attenzione all’efficienza energetica e al riuso di materiali di recupero, in modo da ridurre sensibilmente i costi della ristrutturazione. Il complesso originario, quasi privo di aperture verso l’esterno, non si addiceva affatto al concetto di openspace aziendale. I progettisti hanno quindi deciso di rimuovere diverse partizioni in laterizio in modo da liberare lo spazio interno e creare, per tutte le stanze, ampie aperture sull’esterno. Il legame con il verde doveva diventare l’elemento primario del progetto. «L’atmosfera è estremamente importante, soprattutto per le aziende in settori creativi come quello del nostro cliente», afferma l’architetto Vuong Dao, uno dei progettisti, e prosegue: «Secondo noi le piante e la natura possono stimolare e aiutare la creatività umana con risultati eccellenti. La cosa insolita è che, invece di essere un elemento aggiunto alla costruzione, le piante sono parte integrante ed essenziale della struttura». E, in effetti l’aspetto dell’edificio muta assieme al verde, seguendo l’andamento delle stagioni nel corso dell’anno. 39
Tendenze
STILE
Un capo senza taglia La rivincita del tabarro, caduto in disuso per molti decenni a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale e che oggi torna in auge in precisi negozi di alta sartoria, a Mirano in primis. Scrive Tommy Cappellini
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na legge non scritta del giornalismo – pure di quello lifestyle – vuole che il bravo reporter non dicamai«io»echediacontodifattietendenze senza metter di mezzo il proprio ego. Non si sa in che misura questo modus operandi renda buon servizio alla realtàdellecose:peralcuninonentrarenel racconto in prima persona è sottilmente deresponsabilizzante (così la pensa il gonzo journalism), per altri è garanzia di oggettività. Questa volta, però, è faccenda d’amore: mi dichiaro dunque un irrevocabileamanteeindossatoreditabarro. È questo un capo d’abbigliamento fumista,grezzo,sognantedinebbia,cadutoin disuso per molti decenni a partire dalla fine della Seconda guerra e che oggi torna a far capolino in precisi negozi all’opposto del mass market. D’inverno, se si viaggia in climi gelidi, il tabarro offre un caldo riparo da neve e
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TRADIZIONE AI TAVOLI Lo staff del Gran Caffè Quadri di Venezia ha visto la propria divisa arricchirsi con una calda novità: il tabarro, appunto. La decisione di introdurre questo capo è stata presa da Raffaele Alajmo – conosciutissimo ristoratore e imprenditore italiano –, dopo aver considerato come «nessuno abbia mai trovato una soluzione alternativa al fatto che d’inverno, durante il servizio all’esterno, faccia freddo e il personale di tutti i caffè lavori solo in abito (mettendosi sotto tutte le protezioni possibili)». Ma oltre al lato squisitamente pratico, il tabarro assume anche un valore simbolico poiché, aggiunge Raffaele, «essere uno dei caffè storici di piazza San Marco, riuscire a riproporre in piazza le tradizioni, i costumi e le usanze veneziane di un tempo ci dà una grande soddisfazione». Una scelta intelligente e di classe che aiuta a tenere al caldo il personale del celebre locale negli umidi e non di rado freddi inverni veneziani.
ghiaccio; per chi va a cavallo è soluzione miglioredimoltibanaligiubbotti;incittà definisce subito, all’interno dei rapporti umani, sempre più promiscui e distrutti dall’ironia, una salubre geometria delle distanze.Purtuttavialeaziendecheproducono tabarri nella macroregione alpina son pochissime, in sostanza la migliore e più vicina al nostro cantone sta a 330 chilometri ed è il Tabarrificio Veneto: showroom e sede produttiva di Mirano, carichi di legni antichi e profondo artigianato, meritano una visita, prima di uno scotch & soda all’Harry’s di calle Vallaresso. GEOMETRIE E MATERIALI PREGIATI Il tabarro è una ruota, come la vita in talune visioni pagane. È fatto con cinque o sei metri di panno nobile, che è una mischia di lane in armatura a corda rotta (tessuto fatto con due battute a tela, co-
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PARLA CAMILLO LANGONE «Una volta era per tutti, oggi si onorano gli avi»
me le tovaglie, e due battute saia, come il denim),oppuredipannopastore(piùrustico, con lane «ignoranti ma vere», autoctone del Veneto) o ancora di panno laguna (il più avanzato tecnologicamente, conuntrattamentoimpermeabilizzante a vapore interno al tessuto). Il più leggero rimane il velour «alta uniforme», per tabarri da gran serata o per vanesi militari (nello stile del boat cloak della Marinastatunitense,foderatod’organzascarlatta).Ilvelourhaun’armaturaaraso:più lucente e di mano morbida, con lana Loro Piana in esclusiva per il Tabarrificio. Sembra quasi cashmere. Tutti i tabarri hanno un bavero alto che, aggiustato, permette di non preoccuparsi d’avere sciarpa: gran comodità. E persino i guanti, con addosso un tabarro, sono trascurabili. Per tacer dell’idrorepellenza: la pioggia vi scivola sopra senza fermarsi. Ve ne sono diversi modelli. Alcuni tabarri dal collo in velluto e mascheroni in argento (le placche di allacciatura sotto il mento) possono essere indossati pure da donne, sebbene resti l’uomo il proprietario per eccellenza di un tabarro, che è capo d’abbigliamento senza taglie, quasi una provocazione oggigiorno. Se s’ingrassa o dimagrisce, non occorre cambiarlo. Al momento dell’acquisto,invece,civuoleuncertoocchioriguardo l’altezza: se si è di statura media, meglio non scegliere un tabarro eccessivamente lungo. Capitolo accessori. Col tabarro, sotto la camicia si può indossare un fiocco. Esso
richiama alla memoria la cravatta Ascot o il cachecol ed è un simbolo, per chi vuole, politico: annodato alla Giuseppe Verdi denota l’anarchico, alla mazziniana il repubblicano. In mischia intima di seta e lino (quest’ultimo fa attrito e permette al nodo di non sciogliersi facilmente), lo si trova in commercio solo di colore nero opaco, perché così dev’essere. Vi sono poi copricapo che vanno col tabarro come il cacio sui maccheroni: il «cappellaccio» tipico della Laguna veneta e della Pianura padana resta il più azzeccato. Composto da un unico pezzo di feltro senza cuciture, impermeabile e dalla tesa molto larga, si può ripiegare e infilare nella bisaccia o in valigia. Dagli scartideltessutosiricavanoancheborse da pellegrino (secoli fa, a Venezia, nottetempo, furono le prime e più sicure precauzioniantiscippo)eghette(utilissime). E siccome le affinità elettive esistono, sebbene siano rari e anti-democratici miracoli, per pulire un tabarro occorre la sua «sorella neve», nient’altro: basta stenderlosuifiocchifreschiperunaquindicinadiminuti,lanevefadaaggrappantedellosporco.Perrapide«passate»quotidiane sono in commercio le brusche in setola, per lane rustiche, o in crine, per le delicate. Infine, la conservazione: cinque o sei metri di tessuto pregiato sono un invito a nozze per le tignole. Quando, con tristezza, si depone il proprio tabarronell’armadioinattesadelprossimoinverno, magari in Russia, non va scordato un buon antitarme.
Il saggista e giornalista Camillo Langone tesse sovente le lodi del tabarro nella sua «Preghiera» sul quotidiano Il Foglio ed è autore di un libro – Pensieri del lambrusco. Contro l’invasione (Marsilio, 2016) – che starebbe benissimo tra le mani di un indossatore di tabarro. Camillo, quanti tabarri possiede? «Tre, uno diverso dall’altro. I tabarri hanno mille sfumature e dettagli e chi li usa deve averne, di fatto, uno per ogni occasione. Ogni sera a Parma, girando a piedi, indosso quello lungo. Di pomeriggio, quando vado in bici, lo scelgo di misura media: non dà fastidio, non s’impiglia». Lei organizza una «tabarrata». «Sì, per molto tempo l’ho tenuta a Parma, quest’anno a Casalmaggiore, l’anno prossimo chissà, mi è cara Vicenza. Appuntamento informale: ci si vede, si va a passeggio sul corso, alcuni ci fermano, vogliono scattare una foto, poi a cena. Soprattutto, si onorano i nostri avi, nel mio caso il bisnonno Camillo Briaschi». Spieghiamola meglio... «Il tabarro è fine Ottocento, è inizio Novecento, è povero, come quello di Giovannino Guareschi. È un capo da lavoro. Cent’anni fa il tabarro, la cappa, il mantello, il gabbano venivano portati da tutti. C’è una canzone dell’epoca, Signorinella: “Porto il mantello a ruota e fo’ il notaio...”. I notai li abbiamo persi: oggi indossano il piumino griffato. A stretto giro, persi pure gli avvocati, sebbene nella loro categoria ci sia una ripresa del tabarro, almeno a Venezia. Gli ultimi a portarlo, a conti fatti, son stati i contadini». Esiste quindi una visione della civiltà associata al tabarro? «Preferirei parlare di un’estetica del tabarro. A me non viene in mente di indossarlo a Milano, ma quando sono a Venezia è d’obbligo. Ci sono architetture che lo chiamano. Così come è abbigliamento che stona su certi caratteri. Una volta ho dovuto respingere un tabarrista vegetariano. Il tabarro appartiene alla civiltà contadina, che è quella del maiale. Lo portavano i norcini, gli allevatori. Così come non si abbina ai nuovi grattacieli: preferisce le piccole città e allude a un modo di pensare conservatore, impossibile negarlo». 41
Relax
STELLE & CURIOSITÀ L’OGGETTO La carta di credito
Astroparade
di Betty
Con un balzo l’intraprendente Capricorno riconquista il podio, ben saldo sotto i piedi dell’Acquario, in vena di follie. Il Cancro pare ancora impantanato mentre i Gemelli ardono di desiderio Tutto inizia a cena. L’idea? Disporre di un aggeggio per pagare al ristorante senza estrarre dal portafoglio il vil danaro. Se poi si era accompagnati da una ragazza, la bella figura era assicurata. Da qui nasce il nome della prima carta di credito: Diners. L’altro vantaggio risiedeva nel fatto che il suo uso consentiva – e consente – di procrastinare il pagamento donandoci, per una settimana o due, l’illusione di aver acquistato dei beni gratis o di essere molto ricchi (ma la mazzata arriva, sempre). Da lì a divenire status symbol il passo è stato breve. Con la digitalizzazione le carte sono diventate multifunzionali: permettono di ritirare contante al bancomat, offrono servizi di assistenza e assicurativi durante i viaggi all’estero, consentono l’accumulo di punti dando diritto a regali e biglietti aerei e così via. Sono poi utilizzate come piattaforme pubblicitarie associate al brand di aziende che ne facilitano la diffusione fra i propri clienti. Per non parlare delle carte prepagate, ottime per tenere sotto controllo le spese dei figli – quando acquistano vi arriva un «piacevolissimo» sms –, e di quelle a rateazione, indicate per gli spendaccioni. Poi ci sono gli usi alternativi: i cocainomani le amano così come le mogli afflitte da shopping compulsivo, i detective ci aprono le porte (ma solo nei film), i soliti ignoti le clonano per fare spese a vostro carico. Insomma, un vero paradigma dei nostri travagliati tempi.
ISTRUZIONI PER L’USO Sette consigli sulle carte di credito
di Walter Mariotti
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ARIETE
«La vita è un arazzo di uomini e donne; la bellezza di questo arazzo e la qualità della nostra vita dipendono da quanta responsabilità ognuno di noi è disposto ad assumersi e quanto ognuno di noi è pronto a voltarsi e aiutare coloro che sono sfortunati». Sono parole della Lady di ferro. Ci credereste?
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CAPRICORNO
Momento caldo per i nati tra la seconda e la terza decade, mentre la prima di fatto ha già superato le fasi critiche dei periodi precedenti. Liberatevi da ogni manipolazione e da ogni costrizione. Puntate piuttosto sui vostri desideri. Si prospettano occasioni e situazioni inaspettate intorno al 23 febbraio.
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ACQUARIO
Lucidamente Roland Barthes scrisse: «Il mito del “colpo di fulmine” è talmente forte (la cosa mi cade addosso senza che io me l’aspetti, senza che io lo voglia, senza che io abbia fatto la benché minima mossa), che si resta sbalorditi se si sente qualcuno “decidere” d’innamorarsi». Tra il 19 e il 21 provateci.
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5 GEMELLI
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«Potete imparare a fare l’equilibrista, a ballare sulla fune, a fare l’acrobata, a correre sui chiodi, ma dare fascino alla parola con una certa collocazione, questo o lo sapete fare o non lo sapete», scrisse Gottfried Benn, poeta tedesco. «Se comprendiamo che la vera natura delle cose è transitoria, non saremo sconvolti dal cambiamento, quando avverrà, neppure da quello prodotto dall’invecchiamento e dalla morte» (Dalai Lama). Momento importante.
Cielo favorevole per chi vuole legalizzare un’unione o sposarsi. Le giornate migliori per l’amore sono il 19 e 20. Attenzione però: chi vive relazioni ambivalentideveentrarenell’otticadicompiere una scelta. E bando ai sensi di colpa.
1. Nel mondo globalizzato la carta di credito è indispensabile. Soprattutto per chi la riceve. 2. Il credito è un bel concetto e assai importante. Ma non dimenticate che andrà restituito. 3. Debito e credito e sono legati. Non c’è l’uno senza
«È lo stato dell’essere tentati ciò che in realtà desideriamo, non l’oggetto che la tentazione promette di consegnarci. Desideriamo quello stato, perché è un’aperturanellaroutine»(ZygmuntBauman). Attenti però a non confondervi le idee. Venere e Marte restano sempre con voi, ma dall’altra parte dello Zodiaco. «Nella mia vita io do tutto il tempo necessario alle cose ritenute noiose, ma non ne do nessuno a quelle effimere, che prima o poi ti stancano». Murakami docet.
Tra il 19 e il 21 la Luna transiterà nelvostro segno zodiacale. Questo aspetto tenderà ad amplificare le emozioni, creando qualche ansia e un po’ di instabilità. Amore alla grande per i nati della seconda decade. Incontri tra il 24 e il 25.
l’altro, con tutto quello che ne consegue (e che spesso non è piacevole). 4. Oggi si tende a dare la carta di credito ai figli. Scelta infausta e pericolosa. Meglio pagare loro lo psicologo. 5. Volete essere genitori politicamente corretti? Spiegate
Tra il 22 e il 23 il transito Lunare sarà sostenuto da Plutone. Momento proficuo per portare le persone dalla vostra parte. Potreste essere assai convincenti ma evitate di apparire insistenti, non giova mai. Svolte irrevocabili nella vita. Le buone intenzioni sono benvenute ma ricordate Honoré de Balzac: «Il matrimonio è un combattimento a oltranza prima del quale gli sposi domandano la sua benedizione al cielo, perché amarsi sempre è la più temeraria delle imprese». Ribellipergustodell’eccessotra il 24 e il 25. «Non vi è intelligenza senza emozione», ha scritto il poeta Ezra Paound. «Ci può essere emozione senza molta intelligenza, ma è cosa che non ci riguarda». E l’intelligenza certo non vi manca.
ai ragazzi che prima di poter prelevare del denaro è necessario mettercelo. 6. Alcune carte di credito hanno un codice: sono numeri ma non giocateli al lotto. 7. E infine, le carte di credito non sono biglietti da visita. Conservatele.
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ORIZZONTALI
1. La festa con i fiori d’arancio w 10. Sbagliare w 11. Si scarica da internet w 12. La bella Campbell w 13. Si sacrifica per la patria w 14. Due al cubo w 15. Si corre quello du Triomphe w 16. Il nome della Farrow w 17. Celebre (f) w 19. Nanni, noto regista w 20. I mobili più comodi w 23. Può essere mancino w 24. Epoca w 25. Torva, truce w 27. Processione w 29. Un’incognita w 31. Ungheria e Italia w 32. Le iniziali di Pozzetto w 34. Conto Postale w 35. Non oltre w 38. Dittongo in pietra w 39. A Carnevale sono allegorici w 40. Il bel Sharif w 42. Cantori epici w 44. Andata in poesia w 45. Lo zio d’America w 47. Vocali in triste w 48. Un graduato (abbr.) w 49. Cero centrale w 50. Ecogoniometro w 52. Procedura w 53. Tirchia, gretta
VERTICALI
1. Noto film del 2009 di L. Prieto interpretato da Claudia Gerini w 2. Preparati per la semina w 3. È ottima anche quella salmonata w 4. Propaggine vegetale w 5. Giorni pari w 6. Mezza mela w 7. Droghe, stupefacenti w 8. Si contrappone a iper w 9. Manovale w 13. Il messaggero degli dei w 15. Il fiume di Berna w 17. Le doline istriane w 18. Strappate, lacerate w 19. Malta e Thailandia w 21. Una droga w 22. Tribunale da ricorso w 26. Il pupo dell’Iris w 28. È vicino a Dongio w 30. È l’ultima a morire w 33. Devoto w 36. Veicolo pubblico w 37. Intacca la vite w 41. Arma a ripetizione w 43. La belva che ride w 46. Era in voga la Pop w 50. Consonanti in suora w 51. Cava centrale
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TIRATURA CONTROLLATA 63.212 copie CHIUSURA REDAZIONALE Venerdì 10 febbraio 2017 EDITORE Teleradio7SA,Muzzano AMMINISTRAZIONE viaIndustria,6933 Muzzano tel.091960 33 83 / fax.0919603155 DIREZIONE, REDAZIONE, COMPOSIZIONE E STAMPA CentroStampa Ticino SA viaIndustria, 6933 Muzzano tel.091960 33 83 / fax.0919682988 ticino7@cdt.ch www.ticino7.ch www.issuu.com/infocdt/docs ticino7è su Facebook STAMPA (cartapatinata) Salvioniartigrafiche SA Bellinzona TBS,LaBuonaStampaSA Pregassona PUBBLICITÀ PublicitasAG,Daniel Siegenthaler Muertschenstrasse39,Postfach 8010Zürich tel.058680 95 92 / 0796357222 daniel.siegenthaler@publicitas.com DATI PER LA STAMPA riviste@publicitas.com publicitas.ch/riviste ANNUNCI LOCALI PublicitasLugano tel.058680 91 80/ fax.0586809171 lugano@publicitas.ch IN COPERTINA Iosonovivo!(foto ©A.Spiri)
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La soluzione del Concorso apparso il 3 febbraio è: CANICOLA Tra coloro che hanno comunicato la parola chiave corretta è stata sorteggiata: Rosemarie Cereghetti (Morbio Inferiore) Alla vincittrice facciamo i nostri complimenti! 43
Fai della cena un viaggio al mare.
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